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Alcuni spunti sulla lingua, il professional blogging e la comunicazione "globale"

Scritto da MarioEs
domenica 11 febbraio 2007

Nel libro bianco della Edelmann sulla Blogosfera, che mi sono scaricato dopo la segnalazione di Mauro Lupi di qualche tempo fa, devo dire che ci sono molti dati
ed analisi interessanti, ma uno in particolare su cui si è catalizzata la mia attenzione è quello della percentuale di post per tipo di lingua estrapolato, però, dal
Sifry's Alert di ottobre 2006 .

Insospettatamente, almeno per me, ho scoperto che il 33% dei post è in LINGUA GIAPPONESE, che se sommati al 10% in cinese rappresentano il 43% dei post
MONDIALI.

A questo punto, tra l'altro, mi chiedo che fine ha fatto l'INDIA, che non mi pare proprio "messa male" nel settore dell'Information Technology (forse non usano
Technorati).

India a parte, direi innanzittutto che per chi vuole farsi leggere per cercare di avere una comunicazione globale emagari interculturale l'unica possibilità è
avere due versioni del proprio blog di cui una nella lingua madre ed una in inglese.

In questo devo dare atto a Robin Good di avere operato una scelta estremamente intelligente (il suo sito oltre in italiano è anche in spagnolo ed in inglese) e
lungimirante.

Infatti, a mio parere per chi vuole fare del "professional blogging" una fonte di reddito accettabile, anche se non esclusiva, ma anche per chi vuole bloggare con
persone di altri paesi, deve necessariamente considerarsi come mercato "il mondo intero" e in particolare il mondo che parla o che almeno comprende
l'inglese (quindi giapponesi compresi).

Un altro esempio è il blog di Paolo Valdemarin . Ma ce ne sono diversi e non posso citarli tutti.

A livello nazionale, infatti, e qui parlo per l'Italia, forse l'unico blog che è ai vertici della Technorati 100 è quello di Beppe Grillo, ma è un caso più unico che raro per
tanti motivi intuibili.

In sostanza dobbiamo attrezzarci per diventare BILINGUE se vogliamo veramente comunicare con il mondo ed essere veramente nel network globale.

Fonte: Technorati State of Blogosphere, October 2006

Ma torniamo ai nostri giapponesi, che hanno questa fetta del 33% dei post globali IN LINGUA MADRE a fronte di una popolazione che rappresenterà si e no il 2% di
quella mondiale e soprattutto considerando il fatto che il giapponese non è certo una lingua per le comunicazioni internazionali.

Ebbene, ci potremmo chiedere cosa avranno tanto da dirsi questi giapponesi?

Technorati tags:
blog 2 brain, brain 2 brain, comunicazione interculturale, edelman white paper, giapponesi, lingua, professional blogging, state of blogosphere

Ce lo spiega Takashi Kurosawa, senior account manager della Edelman di Tokyo, in maniera molto semplice:

"just 4.7% of the Japanese bloggers surveyed said that the primary reason they blog is to “raise their visibility as an authority in my field,” whereas 33.9% said this
was the primary reason that they blog in a similar Edelman / Technorati study of English-speaking bloggers in 2005. Meanwhile, about 70% of the Japanese
bloggers said that they blog “to create a record of their thoughts.”

Proprio così! I giapponesi si aprono un blog per scrivere davvero un diario personale, anche se questo poi se lo leggono altri 100 milioni di persone.

Non hanno, cioè, lo scopo di diventare "famosi" o, almeno, autorevoli nel proprio campo.

Inoltre, aggiunge, Takashi, i giapponesi sono in genere anche molto timidi (o abbastanza timidi...) per cui difficilmente postano commenti ai blog che
frequentano e leggono anche assiduamente.

"Anonymity is more popular among bloggers in Japan than those in Europe and the United States, and there arefewer comments and trackbacks".

Questo ovviamente non implica che non ci siano blog di qualità...

Inoltre, il 74% dei giapponesi legge blog ed il 91% dei cosiddetti INFLUENCERS legge blog.

Negli Stati Uniti, che sono come sempre un buon termine di paragone, le percentuali sono le seguenti: il 27% legge i blog e di questi "solo" il 34% degli influecers.

In Italia le percentuali sono il 16% ed il 30% (gli influencers diciamo che rispettano la media statunitense e questo potrebbe essere un indice del fatto che le elite
occidentali hanno comportamenti simili a prescindere dalla nazione di appartenenza, tanto per parlare di alcuni effetti della globalizzazione).

Tornando ai giapponesi l'analisi di Kurosawa conclude dicendo che però nonostante questa grande diffusione del blog le aziende giapponesi non ne hanno ancora
colto a pieno i benefici :

"There is a tremendous commercial opportunity in Japan’s blogosphere, but only if companies understand the uniqueness of this country’s online
environment and craft campaigns accordingly".

Direi che questo potrebbe valere anche per le aziende di tutto il mondo: se si capisce quale è lo "spirito della blogosfera" di una certa nazione si può tentare di
trarne delle utili occasioni di business.

Che ne dite?

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