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I.I.S.. P. P.

PASOLINI
Milano
_____________________________________________

FILOSOFIA
CLASSI TERZE - INDIRIZZO LINGUISTICO

La filosofia antica
introduzione, filosofia presocratica, sofisti
Socrate, Aristotele
cenni sul pensiero ellenistico
questionari di ripasso
appendice sull Apologia di Socrate
(prof. Fabio Maria Pace)

anno scolastico 2013-2014


1

PREMESSA
La nascita della filosofia e lo thuma
Nel primo libro della Metafisica Aristotele presenta un quadro storico della filosofia, fornendo
importanti notizie sui filosofi pi antichi. Ma non fa solo questo: spiega anche come e perch
(cio da che cosa) la filosofia sia nata (e precisa altres quale sia la finalit, lo scopo della
filosofia). Scrive dunque Aristotele:
Infatti gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della

meraviglia ( thuma ): Ora, chi prova un senso di dubbio e di meraviglia riconosce di non
sapere; ed per questo che anche colui che ama il mito , in certo qual modo, filosofo: il
mito, infatti, costituito da un insieme di cose che destano meraviglia. Cosicch, se gli
uomini hanno filosofato per liberarsi dall'ignoranza, evidente che ricercarono il conoscere
solo al fine di sapere e non per conseguire qualche utilit pratica (Aristotele, Metafisica, I, 2,
982b, trad. Giovanni Reale).
Aristotele, quindi, afferma che: a) alla base della filosofia c la meraviglia (thuma); b) gli
uomini hanno iniziato a filosofare al solo scopo di sapere, senza aspirare al conseguimento di
nessuna utilit pratica ( questo il carattere teoretico della filosofia, che infatti un sapere

fine a se stesso1). Aggiunge pi avanti che che la meraviglia non solo ci da cui la
filosofia nasce, ma anche ci da cui essa, nascendo, si libera: sempre nel libro primo
della Metafisica, Aristotele precisa infatti che il possesso della filosofia permette alluomo di
raggiungere uno stato contrario a quello in cui egli era allinizio della ricerca (cio allo stato
della meraviglia, da cui la filosofia nasce).
Quindi, riassumendo: la filosofia ha origine dal thauma, ma con il suo nascere e svilupparsi
permette alluomo di liberarsi dal thauma e di raggiungere la condizione opposta al thauma.
Per comprendere adeguatamente quello che Aristotele vuole dire, tuttavia essenziale fare
una precisazione lessicale: tradurre con meraviglia il termine greco thauma improprio,
perch rende solo uno dei possibili significati di questa parola, che invece molto pi
complessa, come sottolinea Emanuele Severino: (E) improprio interpretare il thauma
aristotelico come meraviglia. Si perde completamente di vista la tragica grandezza della
nascita della filosofia. Thauma infatti, innanzitutto, l'angosciato stupore, lo
stordimento e il terrore dell' uomo dinanzi al divenire della vita, cio dinanzi al
dolore e alla morte. Lo dice la stessa struttura etimologica di questa parola potente e
terribile. Solo scorgendone il significato autentico ci si spiega perch Aristotele affermi che il

1 Per questo punto, vedi pi avanti la definizione di filosofia di G. Reale.

possesso della filosofia conduce nello stato contrario a quello costituito da thauma; ossia
conduce alla felicit che sorge dal risolvimento dei problemi intorno al senso del mondo2.
Sempre Severino, nella sua opera La filosofia dai Greci al nostro tempo spiega pi
ampiamente il significato di thauma e quello che Aristotele dice sulla nascita della filosofia (Il
termine thauma) - scrive Severino - indica lo stupore attonito di fronte a ci che
strano, imprevedibile, orrendo, mostruoso. Se infatti non si conoscono le cause di
ci che accade - se ci che accade non rientra nella spiegazione del mondo della quale l'uomo
di volta in volta si trova in possesso -, allora l'accadimento delle cose diventa la fonte di
ogni terrore e di ogni angoscia. E anche di ogni dolore, perch la sofferenza insopportabile
quando non spiegabile e si avventa sull'uomo, imprevedibile e senza ragioni. Affermando
che la filosofia nasce dalla meraviglia, Aristotele intende dire che la filosofia nasce dal
terrore provocato dall'imprevedibilit del divenire della vita. Conoscendo le cause del
divenire, la filosofia rende prevedibile l'imprevedibile, lo inserisce nella spiegazione stabile del
senso del mondo, e quindi appronta il rimedio contro il terrore della vita. La filosofia greca
() stata il primo formidabile strumento con il quale l'uomo dell'Occidente ha proceduto a
soddisfare il proprio fondamentale interesse: la liberazione dal terrore della vita3.
Proviamo schematicamente a spiegare:
-

la realt caratterizzata dal fatto di essere molteplice e mutevole: molteplice


perch costituita da una pluralit di oggetti e, di conseguenza, possiamo dire che
manca di unit;

mutevole - e questo ne laspetto qui pi sconcertante - perch tutto nasce, si


sviluppa e muore e, di conseguenza, possiamo dire che la realt manca di
permanenza, nel senso che tutto prima o poi scompare. Quindi, la realt, proprio
per la sua mutevolezza, sembra essere costantemente aggredita dal nulla, anzi
assorbita nel nulla: le cose non permangono, niente resta in eterno, niente sfugge alla
corruzione: tutti gli esseri appaiono, vivono e scompaiono. Il nulla li risucchia
inevitabilmente, li distrugge;

da tutto questo deriva il thauma, lo sgomento delluomo di fronte al divenire delle


cose, al loro continuo scomparire, scivolando ineluttabilmente nel nulla;

luomo sente perci il bisogno, di fronte allangosciante molteplicit e mutevolezza


della realt, di trovare una spiegazione, di trasformare questo caos in un ordine,
cio di dare un senso al mondo, di conferirgli un valore;

2 E. Severino, Mito e meraviglia crearono la filosofia, in Corriere della sera, 14.12.2000


3 E. Severino, La filosofia dai Greci al nostro tempo, vol 3. La filosofia contemporanea, cap. 1, ed.
BUR, Milano 2004

questo ci che anche miti e religioni sempre hanno fatto: Aristotele stesso lo dice
proprio nel brano che abbiamo letto: i miti danno una spiegazione della realt, le
danno un significato e un valore, mostrandoci innanzitutto che essa frutto
dellazione degli di, che impongono con le loro azioni un valore, un ordine e un
significato alla realt4;

tuttavia i miti (e le religioni) non sono verit assolute, almeno non nel senso che il
concetto di verit ha per la filosofia: infatti essi vengono accettati e creduti da alcuni
uomini, da altri no (infatti le mitologie e le religioni sono tante e differenti, cambiano
da una civilt allaltra: popoli diversi hanno miti e religioni diversi). E vengono creduti
per rispetto della tradizione o delle sacre scritture, sono accettati per fede, non
sulla base di un ragionamento, di una dimostrazione. La filosofia, invece, aspira a
raggiungere una conoscenza che sia assolutamente vera, indiscutibile, innegabile, che
sia universale, valida per tutti: questa conoscenza non pu che derivare dalla ragione.5
E qui la novit straordinaria della filosofia: la sua volont di trovare con la ragione le
risposte che permettono alluomo di liberarsi dal thauma, lo sgomento che lo assale di
fronte al divenire della realt, alla sua apparente caoticit e mancanza di senso, al suo
continuo scomparire nel nulla. In questo modo, pur nascendo da thauma, la filosofia
col suo stesso nascere se ne libera e conduce alla condizione opposta a thauma. E
questa condizione consiste nella felicit, come Aristotele spiega in unaltra sua celebre
opera, lEtica Nicomachea: luomo che si dedica alla filosofia felice perch
contemplare la verit, che quanto la filosofia consente di fare, porta gioia agli
uomini: la filosofia, quindi, nasce dallo sgomento ma conduce alla felicit.

4 Aristotele - scrive sempre Severino - osserva che anche il philmythos (alla lettera: "colui che ama il
mito", ossia che costruisce i miti e crede e vive in essi) in qualche modo filosofo, perch anche la
costruzione dei miti scaturisce dalla "meraviglia", cio dal terrore che il divenire della vita produce
nell'uomo. Anche il mito, infatti, raccoglie gli eventi del mondo all'interno di una spiegazione unitaria:
predispone un'interpretazione stabile dell'universo e attende, preparato da essa, l'irrompere degli
eventi, i quali dunque perdono la loro imprevedibilit terrorizzante e si adeguano all'ordine cosmico
enunciato dal mito. Anche la conoscenza mitica delle cause e degli eventi un rimedio contro il terrore
dellimprevedibile.
5 Infatti uno dei termini che il pensiero filosofico greco utilizza per definire questa conoscenza
indubitabile epistme, solitamente tradotto come scienza: etimologicamente esso significa stare
sopra, indicando perci un sapere che stando sopra la molteplicit delle opinioni (che sono tante e
diverse), risulta fermo, certo, indiscutibile, si pone cio al di l e al di sopra di ogni possibile dubbio.
Anche lo stesso termine filosofia interessante sul piano etimologico: esso significa letteralmente,
come vedremo, amore del sapere (philo-sophia); tuttavia la parola sopha si collega molto
probabilmente alla radice di phos, vocabolo che indica la luce: allora filosofia significa amare quel
sapere che, proprio perch si trova nella luce, non pu essere in alcun modo negato, messo in dubbio.
Del resto, la parola greca aletheia, che significa verit, letteralmente indica qualcosa che non
nascosto: la sapienza della filosofia, certezza assoluta e chiara come la luce: propriamente un
sapere non nascosto, un sapere che da nessuno e in nessun modo pu essere negato.

1 - NOTE INTRODUTTIVE
Il vocabolo greco filosofia deriva dai termini greci philin, amare, e sopha, sapienza: significa
dunque amore per la sapienza. La tradizione attribuisce la creazione del termine a Pitagora (VI
sec. a. C.): si tratta di unattribuzione verosimile, perch il vocabolo di certo stato coniato da
una personalit profondamente religiosa che presupponeva come possibile solo agli di una

sophia come possesso certo e totale, mentre rilevava come alluomo sia possibile solo un tendere
alla sophia, un continuo avvicinarsi, un amore mai del tutto appagato di essa, donde appunto il
nome filo-sophia, amore di sapienza (G. Reale). Caratteristico quindi della filosofia il ricercare,
giacch si cerca quel che si ama (e non si podssiede). Poich il filosofo ama il sapere, il suo
compito ricercarlo (cosa che non fanno n gli di, che non ne hanno bisogno perch possiedono
gi il pieno sapere, n gli animali, perch non ne sono in grado).
Volendo dare una definizione generale della filosofia, che vada al di l della sola etimologia,
possiamo riprendere quella formulata da Nicola Abbagnano: indagine critica e razionale intorno
agli interrogativi di fondo che luomo si pone circa se stesso e le realt che lo circondano;
-

il termine critico indica un sapere che nulla d per scontato, sottoponendo al giudizio
della ragione (krnein = distinguere, giudicare) ogni affermazione e principio; va
sottolineato che questo esame riguarda anche gli stessi poteri della ragione, della quale la
filosofia vuole definire al contempo i limiti e e le condizioni di validit;

di fondo sta ad indicare problemi e domande che riguardano tutti gli esseri umani, non
quindi una particolare categoria di persone, ma luomo in quanto tale;

razionale ovviamente significa che il solo strumento di cui la filosofia si avvale la


ragione, rifiutando dogmi e imposizioni di qualsiasi genere (diversamente dalle religioni).

Come abbiamo visto, sul piano delletimologia filosofare significa ricercare la sapienza; ma di
quale sapienza si tratta, quali prerogative caratterizzano questo sapere rispetto agli altri?
Possiamo schematicamente indicare tre caratteri distintivi della filosofia, precisati fin dal momento
in cui nasce, cos come li illustra nella sua definizione di filosofia Giovanni Reale. Riguardano: a) il
contenuto, b) il metodo, c) lo scopo della filosofia. a) Quanto al contenuto: la filosofia si propone
di spiegare tutta la realt, senza escluderne nessuna parte o nessun momento, distinguendosi in
tal modo dalle scienze particolari, che indagano specifici settori del reale, gruppi particolari di cose
e di fenomeni. Gi il primo dei filosofi, Talete, si propone di ricercare il principio di tutte le cose. Si
noti che la realt totale su cui indaga la filosofia non la somma delle singole realt, come se la
filosofia non fosse altro che la somma di tutte le conoscenze sulla realt. La filosofia non la
somma delle conoscenze acquisite dalle scienze particolari, come la fisica, la chimica, lastronomia:
si risolverebbe cos in una sorta di mare magnum che si occupa di tutto e non approda mai a nulla.
La realt di cui il filosofo si occupa la totalit delle cose come tale; la filosofia non tratta cio di

tutto, ma del tutto. Si tratta dunque non di una universalit di estensione, ma di una universalit
di sguardo. b) Quanto al metodo: come abbiamo visto spiegando la definizione di Abbagnano, la
filosofia vuol essere una spiegazione puramente razionale di quella totalit che costituisce il suo
oggetto di indagine. In filosofia vale dunque soltanto largomento di ragione, la motivazione
logica, il logos. Non le basta accertare dati di fatto, deve andare oltre il dato e lesperienza per
ricercare ragioni, cause, principi. In questo uguale alle altre scienze, che - tutte - ricercano al di
l del mero dato il piano dei significato e delle spiegazioni. Le differenzia per dalla filosofia come detto - la settorialit del loro terreno di indagine: cercano s cause e significati, ma di realt
particolari, mentre la filosofia indaga la globalit del reale. La filosofia dunque, come si legge
nella definizione di Abbagnano riportata pi sopra, indagine critica e razionale, intendendo la
criticit come rifiuto di qualsiasi pregiudizio o presupposto di qualsiasi tipo. Analisi critica significa
analisi radicale che di tutto pu servirsi ma che tutto, senza timori reverenziali, sottopone
allanalisi e al controllo della ragione, compresi i poteri della ragione. c) Quanto allo scopo: la
filosofia ha carattere puramente contemplativo, teoretico6, cone sottolinea Aristotele, mira cio
alla ricerca della verit per se stessa, prescindendo da tutte le utilizzazioni pratiche (tecniche ed
economiche). La ricerca filosofica non tende a nessun vantaggio che sia ad essa estraneo: si
risolve nella pura contemplazione della verit. Si spiega cos - ci pare - il nome stesso della
filosofia, come amore duna sapienza ricercata in quanto tale, una sapienza del tutto fine a se
stessa. Scrive Aristotele, che meglio di ogni altro ha definito questo carattere della filosofia: Se
gli uomini hanno filosofato per liberarsi dallignoranza, evidente che ricercarono il conoscere solo
al fine di sapere e non per conseguire qualche utilit pratica () E evidente dunque che noi non
la ricerchiamo per nessun vantaggio che sia estraneo ad essa; e, anzi, evidente che, come
diciamo uomo libero colui che fine a se stesso e non asservito ad altri, cos questa sola, tra
tutte le altre scienze, diciamo libera: essa sola, infatti, fine a se stessa7.
Pu essere utile a questo punto confrontare la filosofia greca con le sapienze delle antiche
civilt orientali: si spesso infatti sostenuto che i Greci non sarebbero stati i creatori della
filosofia, ma che avrebbero invece recuperato e trasmesso allOccidente un sapere pi antico,
originatosi nelle civilt pre-elleniche dellOriente. E indubbio che, prima del nascere della filosofia
in Grecia (VI secolo a. C.) si siano sviluppate in Oriente - India, Cina, Persia - esperienze di
straordinaria ricchezza culturale e spirituale, ma la tesi che fa derivare da queste (in particolare da
quelle indiane) la filosofia non regge, per diversi motivi:

6 Il filosofare - scrive Di Napoli - nobile azione dello spirito umano, che vuol comunque penetrare se

stesso nella realt, anche se non muove di un dito le cose della natura e non fornisce le comodit della
vita Carattere essenziale del filosofare la teoreticit come puro e indipendente sguardo sulla realt. In
tal senso la filosofia teoria (= concezione universale e critica) della realt nei suoi princpi supremi.

7 Metafisica, A2, 982b 11 ss.

a) il pensiero indiano appare concentrato soprattutto su problematiche di tipo esistenziale e


religioso, mentre la filosofia greca, al suo primo apparire, ha come oggetto primario di
ricerca la natura, il cosmo e i loro princpi.
b) La conoscenza orientale concepita non come sapere fine a se stesso (teoretico) ma in
funzione della salvezza o della liberazione delluomo (per. es. dal ciclo delle rinascite); il
filosofo orientale, se cos vogliamo chiamarlo, un illuminato, in santo che segue un
itinerario di salvezza e non un disinteressato e scientifico ricercatore della realt.
c) La tesi della derivazione orientale della filosofia greca non affermata da nessun autore di
et classica. Sono s menzionate le conoscenze matematiche o astronomiche di Egizi e
Babilonesi, ma nessuno mai sostiene che quelle civilt abbiano influito in modo decisivo
sulla nascita della filosofia greca.
d) E pressoch certo che i primi filosofi greci non abbiano avuto nessuna conoscenza delle
dottrine orientali e nessun contatto con le civilt che le hanno sviluppate; solo con la
spedizione di Alessandro Magno lOccidente si apre alle civilt della Persia e dellIndia.
Prima di allora i greci hanno contatti soprattutto con le culture dellEgitto e della
Mesopotamia, le quali avevano tuttavia una tradizione di sapienza mitico-religiosa lontana
dal pensiero filosofico.
e) Infine, il sapere orientale pre-ellenico, di carattere, come detto, essenzialmente religioso, si
esprime attraverso un linguaggio mitico, facendo ampio uso di elementi fantastici e
simbolici. Fin dal suo esordio, invece, la filosofia si struttura come sapere razionale fondato
unicamente sulla forza del pensiero, come indagine critica e argomentata, libera da ogni
vincolo di tradizione o sacralit e utilizza un linguaggio di tipo scientifico, assai diverso
da quello del mito e della poesia.
Va peraltro segnalato che temi di natura mitica relativi allorigine del mondo sono sicuramente
transitati dal mondo vicino-orientale a quello greco: se ne trovano chiare tracce, per esempio,
nella Teogonia di Esiodo e nei poemi omerici. Peraltro, anche ammettendo che dallOriente la
Grecia abbia tratto qualche dottrina o qualche tema mitico, questo non significa evidentemente
che la filosofia greca abbia origine orientale. Al contrario, proprio il confronto con la sapienza
orientale evidenzia le caratteristiche peculiari della filosofia greca: le dottrine orientali sono infatti
di tipo religioso e tradizionalistico, sono privilegio di caste sacerdotali, sono ritenute sacre e di
conseguenza immutabili. La filosofia invece, in quanto ricerca razionale, nasce e si sviluppa proprio
da un essenziale atto di libert di fronte alla tradizione e ad ogni credenza accettata come tale.
Dunque la filosofia una creazione originale della cultura greca, una peculiarit di quella civilt e
di quel popolo. Viene quindi spontaneo chiedersi quali condizioni storiche, politiche, culturali
abbiano favorito il nascere della filosofia in Grecia. Va tuttavia premesso che non corretto

pensare che una serie di cause, per il fatto stesso di esistere, avrebbero necessariamente
determinato la nascita della filosofia: si tratta piuttosto di condizioni, di elementi che hanno

favorito e permesso (non determinato automaticamente) questo particolare evento. Possiamo


schematicamente indicare due di queste condizioni: a) le civilt pre-greche e orientali sono nella
quasi totalit monarchie stataliste e accentratrici, con un carattere decisamente statico: tendono
a conservare la cultura in modo immutabile, presentando la tradizione come sacra e perci
intoccabile. E chiaro che societ di questo tipo non presentano un quadro favorevole per la
nascita di una indagine libera, critica e razionale come quella filosofica. Si tratta di regimi
assoluti, dove il singolo tenuto alla cieca obbedienza al potere politico e religioso. In Grecia la
situazione diversa: innanzitutto, manca uno stato accentratore: in sua vece si ha una
molteplicit, estremamente diversificata, di citt-stato. Inoltre, gi in epoca omerica le monarchie
antiche lasciano il posto a regimi aristocratici in uno sviluppo che prosegue (non uniformemente e
senza travagli) verso forme di organizzazione democratica dello stato, che sono le pi antiche
nella storia. Ebbene, democrazia significa scambio di idee ed opinioni, dibattito, confronto: questo
sviluppa progressivamente una mentalit libera, non disposta ad accettare passivamente il
dettato della tradizione, ma propensa a ricercare attivamente idee e modelli di comportamento
convincenti sul piano intellettuale, imparando a distinguere ci che appare ragionevole da ci
che non lo . In una situazione di questo tipo, dinamica, libera, aperta al futuro e capace di critica
nei confronti del passato si verificano le condizioni pi favorevoli per la nascita del pensiero
filosofico. b) In Grecia manca una casta sacerdotale depositaria dun sapere tradizionale
dogmatico e immutabile. Il sacerdote considerato in Grecia un servitore del proprio dio,
collegato strutturalmente al tempio in cui officia, senza mai conseguire prerogative di sacerdozio
universale, senza cio acquisire una vera e propria condizione sacerdotale. Non gli viene nemmeno
richiesta una formazione teologica o dottrinale specifica: essenzialmente un esecutore degli atti
di culto, non il depositario duna dottrina codificata. Si tratta, se cos si pu dire, duna sorta di
tecnico della religione, al quale tanto lo stato quanto le famiglie si rivolgono quando devono
offrire sacrifici o celebrare riti. Nulla di paragonabile alle potenti caste sacerdotali di molte civilt
pre-elleniche orientali e non. In Grecia mancano poi libri sacri: non c nessuna codificazione scritta
(come non c orale) della religione, che definisca dogmi e credenze, che fissi una ortodossia
assoluta e imprescindibile. Mancano cio le formulazioni di carattere dottrinale, morale e rituale
che caratterizzano le religioni fondate (per esempio il cristianesimo) ed anche religioni etniche
(come, per esempio, quella dellIndia antica)8. E ovvio che anche questo elemento configura
condizioni favorevoli allo sviluppo della ricerca e alla libera espressione del pensiero.

8 La religione greca caratterizzabile come etnica e non fondata, perch non deriva la sua origine da

un fondatore storico, come, invece, accade per il cristianesimo o lislamismo.

Appare opportuno a questo punto proporre qualche annotazione sulle forme religiose che
caratterizzano la civilt greca antica, perch molti temi della filosofia sono caratteristici anche del
pensiero religioso e perch alcune dottrine religiose hanno certamente influenzato la filosofia.
Nella religione greca, considerata come complesso di credenze, istituti, mentalit, atteggiamenti
religiosi, si riscontrano due tendenze fondamentali, storicamente non separate n separabili, anzi
diversamente intrecciate, ma pur fornite ciascuna di un suo particolare timbro (Ugo Bianchi).
Queste due tendenze possono essere definite rispettivamente olimpica e misterica (o
mistica). Caratteristico della prima il netto distacco che separa - pur nella somiglianza
evidente delle forme esteriori9 - il mondo degli di da quello degli uomini: gli di sono immortali,
felici, dotati di vita e potenza al massimo grado; gli uomini, al contrario, sono per definizione i
mortali soggetti alle pene della vita, estrema e pi caratteristica delle quali la morte, con il
soggiorno tenebroso e vacuo nellAde (ivi). Tra i due ambiti, quello umano e quello divino,
separati da tanto netta differenziazione, non v possibilit di contatto intimo e permanente, per
quanto gli di intervengano nelle vicende umane: anzi, luomo che in un modo o nellaltro pretenda
di ridurre la distanza che lo separa dagli di si macchia della colpa peggiore, resa dal termine
greco, hybris, difficilmente traducibile (tracotanza, superbia). A questa religiosit si affianca,
spesso nei medesimi ambiti, una serie di forme religiose strutturalmente differenti, definibili come

mistiche o misteriche, il cui carattere essenziale proprio la possibilit per luomo di stabiire un
contatto diretto con il divino. Per avere unidea generale del primo tipo di religiosit si pensi alla
poesia di Omero ed Esiodo, dove costantemente viene ribadita la precariet della condizione
umana e sottolineata la distanza che separa il mondo degli di da quello degli uomini.
Laltra dimensione della religiosit greca, quella mistico-misterica, appare invece incentrata
sullidea che luomo possa accedere al contatto diretto con il divino, concezione questa del tutto
estranea al mondo omerico. Un esempio pu essere dato dai culti dionisiaci, nei quali veniva
indotta dalla danza, dallebbrezza e dal delirio collettivo, una condizione di estasi, vale a dire un
essere fuori di-s (ek-stasis), che significava proprio il superamento dei limiti normali della
dimensione umana, in una comunione totale con il divino: luomo e il divino si congiungono.
Tra le forme della religiosit mistica greca una riveste particolare rilievo in relazione alla storia
della filosofia: lorfismo. Orfeo una figura molto nota del mito greco, che ne celebra la
straordinaria capacit di ammaliare gli animali e perfino le pietre con la poesia e la musica: riesce
ad ammansire le belve e perfino alberi e pietre si muovono per seguirlo, incantati dalla melodia. Si
tratta dunque di un eroe assai diverso dagli altri, che sono quasi tutti guerrieri, protagonisti di
9 Come noto, infatti, gli di greci sono in tutto e per tutto simili agli uomini, sia nellaspetto fisico, sia

nel carattere e nel comportamento.

straordinarie lotte e drammatici combattimenti: il valore di Orfeo diverso, risiede tutto


nellinteriorit, nello spirito e trova espressione nellarte10. A questo eroe fa riferimento, come
al proprio fondatore, la corrente religiosa detta appunto orfismo, nella quale, come vedremo, il
ruolo dellinteriorit e della spiritualit decisivo. Il mito centrale dellorfismo non ha tuttavia
Orfeo come protagonista, ma il dio Dioniso: un mito essenziale per gli orfici, perch definisce gli
elementi di base della loro dottrina, fonda letica e le norme rituali che essi seguono. In questo
mito, Dioniso , figlio illegittimo di Giove, talmente amato dal padre da suscitare lira della moglie
Hera, che lo fa uccidere dai Titani. Essi ne fanno a pezzi il corpo e poi lo divorano. Segue la
rinascita del dio, le cui membra sono ricomposte da Rea (o da Demetra) e resuscitate. Con le
ceneri dei Titani Zeus crea il genere umano: negli uomini si associano quindi una componente
dionisiaca, divina e immortale, e una titanica, malvagia e negativa. Su questo mito si fondano
le verit essenziali della religione orfica, al centro della quale sta certamente la promessa dun
destino beato dopo la morte, destino riservato per solo agli iniziati, ai membri della confraternita.
Centrale nellorfismo quindi la sua antropologia dualistica 11: luomo composto di due
parti antitetich, opposte: lanima, di natura divina, e il corpo, fatto di materia e quindi malvagio.
Pper via duna colpa primordiale lanima precipita nel corpo, dove giace imprigionata come in una
tomba (sma, corpo, sma, tomba). Luomo deve quindi liberare la sua parte spirituale (il

daimon, lo spirito) dal carcere del corpo. E questo il fondamentale concetto orfico della
purificazione (ktharsis): lanima deve purificarsi, se vuole essere liberata. Se non lo fa, la attende
la reincarnazione in corpi inferiori (il cosiddetto ciclo delle rinascite, che gira inesorabile come
una ruota, simbolo orfico per eccellenza). Qual la strada che conduce invece alla salvezza, che
opera la purificazione? La via da percorrere quella della cosiddetta vita orfica (orphik bis),
caratterizzata dal rispetto di rigide norme di comportamento e divieti rituali. Lorfico non pu
uccidere animali n cibarsi della loro carne, perch nel ciclo delle rinascite essi possono essere
anime reincarnate. E altres proibito avere qualsiasi contatto con cadaveri e cimiteri e - pi in

10

l pi conosciuto mito di Orfeo senza dubbio quello del suo amore per Euridice. La vicenda
notissima: nei pressi di Tempe, in Tracia, Euridice viene insidiata da Aristeo e, mentre fugge per evitarlo,
inciampa ed morsa da un serpente. Il morso si rivela mortale e la giovane viene condotta agli inferi.
Lamore spinge Orfeo a tentare la pi disperata delle imprese: strappare Euridice al suo destino di morte.
E la sua arte a venirgli in soccorso: riesce infatti ad incantare il traghettatore Caronte, il cane Cerbero e i
giudici dei morti; le torture dei dannati sono sospese e perfino il terribile Ade, signore delloltretomba, e la
sua consorte Persefone sono mossi a commozione. Concedono cos ad Orfeo di riavere la moglie, a
condizione, che - sulla via del ritorno - non si volti a guardarla finch non siano giunti alla luce del sole.
Quando per i due sposi sono prossimi a raggiungere la superficie della terra, Orfeo non sa resistere alla
tentazione e, spinto dallamore, si gira per accertarsi che Euridice lo segua. Questo gesto sciagurato
produce subito il suo effetto ed Euridice di colpo piomba al suolo, ineluttabilmente prigioniera della morte.

11

Il termine antropologia significa concezione delluomo, indica cio il particolare modo che una
dottrina, religiosa o filosofica, ha di concepire la realt umana; per dualismo si intende invece ogni
concezione filosofica o religiosa che affermi lesistenza, nel cosmo o nelluomo, di due princpi opposti,
uno benefico e laltro malvagio. Nel primo caso (cosmo) si parla di dualismo cosmologico, nel secondo
(uomo) di dualismo antropologico. Nellorfismo troviamo un chiaro dualismo antropologico.

10

generale - con tutto ci che attiene al mondo dei morti: cos lorfico non pu mangiare legumi,
che sono lofferta specifica che si fa ai morti, e deve mantenersi lontano da tombe e sepolcri. Non
inoltre consentito indossare abiti di lana, perch essa stata il mantello di un animale ed
prescritto di fuggire la generazione di mortali, cio il parto, ritenuto fonte di impurit. Nelle
sepolture sono collocate vicino al morto piccole laminette doro che servono da amuleto e
lasciapassare per il viaggio nellaldil. Liniziato che rispetta questo complesso insieme di norme,
ottiene la completa purificazione (puro fra i puri lespressione caratteristica che si incontra
sulle laminette) e vede dischiudersi un destino privilegiato dopo la morte. Fonti essenziali per la
ricostruzione della dottrina orfica sono proprio le laminette doro ritrovate in varie zone di
influenza greca: queste lamelle, lunghe pochi centimetri, contengono formule brevi che esprimono
la fede e la speranza dimmortalit degli orfici in termini spesso oscuri e di difficile interpretazione.
Schematizzando, le dottrine orfiche possono essere riassunte come segue:
- nelluomo ci sono un principio divino, lo spirito, e uno malefico, il corpo; lo spirito, preesistente al
corpo, viene in esso rinchiuso come in un carcere per espiare una colpa primordiale (dualismo
antropologico);
- il fedele deve purificarsi per potere liberare lo spirito dal carcere corporeo; la purificazione
ottenuta attraverso il rispetto di rigide regole di vita e, verosimilmente, la partecipazione a riti e
sacramenti;
- se la purificazione realizzata, lorfico dopo la morte pu liberare la sua componente divina e
vivere la vita perfetta e beata degli di;
- se questa purificazione non viene ottenuta, lo spirito costretto a reincarnarsi, cio ad essere
nuovamente incarcerato in un corpo.
Con lorfismo viene capovolta la tradizionale concezione greca delluomo, per la quale il destino
umano si gioca tutto nellaldiqua: nella religione omerica laldil infatti un regno desolato di
tenebra, dove ai morti, ridotti a misere ombre, tocca un triste destino di sofferenza e privazioni
(si legga, per esempio, il celebre canto XI dellOdissea). In una prospettiva di questo genere i valori
primari non possono che essere quelli della vita presente: bellezza, valore, amore, piacere.
Radicalmente diversa , come abbiamo visto, la concezione dellorfismo.
2 - LA FILOSOFIA JONICA
Premessa: presocratici e presofisti
- Si definiscono abitualmente presocratici i filosofi che - pur proponendo dottrine anche molto
diverse tra loro - concordano nel soffermare lattenzione sul problema della natura e della realt
fisica, diversamente da quanto far in seguito Socrate, che concentrer il suo pensiero sulluomo

11

e i suoi problemi12. A dire il vero, la pi recente storiografia, preferisce parlare di presofisti


piuttosto che di presocratici, perch i primi pensatori che hanno spostato linteresse della
filosofia dal cosmo alluomo sono stati appunto i Sofisti. Si dovrebbero quindi definire gli autori di
cui di seguito ci occuperemo presofisti, ma la tradizionale dicitura presocratici talmente
entrata nelluso che la si pi comunque mantenere.
- I filosofi presocratici fioriscono dal sesto secolo avanti Cristo in avanti e non costituiscono un
insieme compatto e omogeneo, ma si distinguono in numerose scuole e tendenze:
a) la scuola jonica di Mileto, i cui principali esponenti sono Talte, Anassimndro e Anassmene;
b) la scuola pitagorica (Pitagora e seguaci);
c) la scuola eraclitea (Erclito e seguaci);
d) la scuola eleatica, che ha come fondatore Parmnide e come esponenti pi significativi, oltre a
lui, Senfane e Zenne;
e) i fisici pluralisti: Empdocle, Anassgora, Demcrito.
- Questi autori - va sottolineato - operano in una primo periodo nelle colonie greche dellAsia
Minore (Jonia) e dellItalia meridionale (Magna Grecia); solo con Anassagora la filosofia arriva ad
Atene. I fisici pluralisti vivono pi tardi, sono contemporanei dei Sofisti e di Socrate.
La scuola di Mileto
- Come detto, questa prima scuola filosofica si sviluppa nella zona costiera dellAsia Minore
colonizzata dagli Joni, dove fiorisce una civilt ricca e raffinata, i cui centri principali sono Mileto,
Efeso, Colofone, Clazomene, Samo e Chio. In queste citt domina una intraprendente classe di
mercanti che, alla ricerca di sbocchi commerciali e di materie prime, crea potenti flotte mercantili,
il cui raggio dazione si estende dal Mar Nero allEgitto, dalla Magna Grecia alla Spagna.
- Siamo di fronte a una civilt molto dinamica, che offre condizioni estremamente favorevoli al
nascere del pensiero filosofico, come sottolinea Nicola Abbagnano: Infatti, il rapido sviluppo di
forme politiche democratiche, il rigoglio delle tecniche, i contatti con le civilt del Vicino Oriente,
lallargarsi della mentalit media delle popolazione, abituata allestrema variet delle usanze e delle
credenze, sono tutti fattori che, sommandosi fra di loro, contribuiscono allelaborazione di una
nuova cultura, impegnata a liberarsi delle credenze magiche, mitiche e religiose, e tesa ad
unosservazione pi attenta e razionale dei fenomeni naturali. Da ci lemergere, nella Jonia, di una
figura di intellettuale che ha in s i tratti del filosofo, dello scienziato e del tecnico13.

12 Si parla a questo proposito di un passaggio dalla problematica cosmologica (cio relativa al cosmo) a

quella antropologica (cio relativa alluomo). Va detto, comunque, che anche questi primi autori
manifestano interesse per ll mondo delluomo, pur privilegiando il tema cosmologico.

13 N. ABBAGNANO, G. FORNERO, Filosofi e filosofie nella storia, 1, Torino 19922, 34.

12

- Questi autori, che la storia della filosofia tradizionalmente presenta come i primi filosofi,
concentrano la loro attenzione sul problema della sostanza primordiale. Ai loro occhi il mondo
in cui viviamo si presenta come una realt che: A) cambia in continuazione ( mutevole); B) si
compone di uninfinit di cose diverse ( molteplice). Questi due caratteri, la mutevolezza e la
molteplicit, richiedono per questi filosofi una spiegazione (si ricordi quanto scritto nella premessa
sul nascere della filosofia da thauma): deve dunque esistere una realt che sia immutabile ed

unica, di cui quanto vediamo nel mondo la manifestazione esteriore e provvisoria. In altre parole:
il mondo in cui viviamo e che i nostri sensi ci fanno percepire mutevole e molteplice, quindi privo
di stabilit e permanenza (cio di senso) ma alla sua base c una sostanza prima che - al
contrario - immutabile e unica. Si tratta quindi di ricondurre ad un unico principio di spiegazione
e dordine lapparente caoticit del mondo.
- Questa sostanza unica e immutabile che sta alla base della realt chiamata dai filosofi jonici

arch , che in greco significa principio. Secondo Abbagnano esso la materia da cui tutte le
cose derivano e la forza o legge che spiega la loro nascita e morte14. Giovanni Reale ne propone
la seguente definizione: (Il principio) una realt che permane identica nel trasmutarsi delle sue
affezioni, cio una realt che continua ad esistere immutata, pur attraverso il processo
generativo (cio il mutare) di tutte le cose. Quindi larch : a) fonte o scaturigine delle cose; b)
foce o termine ultimo delle cose; c) permanente sostegno delle cose, ci che le alimenta e le fa
vivere. In breve, ci da cui le cose vengono, ci per cui sono, ci in cui vanno a finire15.
TALETE di Mileto il fondatore della scuola jonica; vive tra la fine del VII secolo a. C. e la met
del VI; uomo politico, matematico, astronomo, fisico e viene solitamente considerato il primo
filosofo della storia; di lui non ci restano scritti e la sua dottrina menzionata da Aristotele, che
scrive: Talete, iniziatore di questo tipo di filosofia, dice che quel principio lacqua (per questo
afferma anche che la Terra galleggia sullacqua), desumendo indubbiamente questa sua
convinzione dalla constatazione che il nutrimento di tutte le cose umido, e che perfino il caldo si
genera dallumido e vive nellumido. Ora, ci da cui tutte le cose si generano , appunto, il
principio di tutto. Egli desunse dunque questa convinzione da questo fatto e dal fatto che i semi
di tutte le cose hanno una natura umida e lacqua il principio della natura delle cose umide.
Dunque Talete identifica larch, la sostanza primordiale, nellacqua, forse perch vede che
soltanto dove c acqua c vita. Si tratta, occorre sottolinearlo, di unidea antichissima, che
ricorre nei miti e nelle credenze di molti popoli. Anche i miti greci pi antichi pongono lacqua
allorigine della realt: Teti e Oceano - due divinit acquatiche sono, per esempio, presentati da

14 Ivi.
15 Cfr. G. REALE, Storia della filosofia antica, 1, Milano 19762, 54-55.

13

Omero

come

princpi

della

generazione16.

Analoghe

personificazioni

acquatiche

caratterizzano i miti delle origini di altri popoli dellantichit: dalla Mesopotamia allEgitto, dalle
culture della costa siro-palestinese e quelle dellAsia Minore il tema delle acque primordiali
costantemente attestato. Va rilevato, tuttavia, che Talete, pur proponendo un tema noto,
abbandona il linguaggio simbolico del mito adottando termini e concetti razionali.
ANASSIMANDRO concittadino e contemporaneo di Talete e come lui si dedica non solo alla
filosofia, ma anche allastronomia e alla politica. E lui, stando alla tradizione, che adotta il termine

arch per definire la sostanza primordiale.


- Per Anassimandro larch non pu consistere in una sostanza definita, come lacqua, laria o il
fuoco, perch, se cos fosse, non si spiegherebbe come da essa derivi linfinita complessit del
reale. In altre parole, dato che larch il principio di tutte le (diversissime) cose che esistono,
non pu essere qualcosa di specifico: come potrebbe, infatti, una realt umida derivare dal fuoco
o una secca dallacqua? Per risolvere questa difficolt, Anassimandro afferma che il principio,
larch, una sostanza indefinita, indeterminata: solo ci che indeterminato pu infatti acquisire
tutte le determinazioni. Con termine greco, essa si chiama peiron: che letteralmente significa
senza confine, cio indefinito. Da questo principio primo indeterminato traggono origine,
secondo Anassimandro, tutte le cose; in esso tutte si dissolvono quando si conclude il tempo loro
assegnato dalla legge suprema e immutabile che governa la realt del cosmo.
- Anassimandro si anche posto il problema di come la realt derivi dallarch, cio di come vada
concepito il processo di generazione di tutte le cose dal principio primo. E, secondo lui, un
processo di separazione di contrari: dallunica sostanza originaria, lpeiron, si distaccano coppie
di contrari (caldo e freddo, secco e umido, ecc.) dalle quali trae progressivamente origine tutta la
realt. Si generano cos mondi infiniti che si succedono in un ciclo eterno. Ogni mondo nasce, dura
un certo tempo e quindi muore: tutto definito da una legge cosmica immutabile. Anassimandro,
in un suo celebre e misterioso frammento, parla di una colpa che tutti gli esseri devono espiare:
Tutti gli esseri devono, secondo lordine del tempo, pagare gli uni agli altri il fio (che significa
espiare la colpa) della loro ingiustizia. Di quale ingiustizia

e di quale colpa parla qui

Anassimandro? Qual lingiustizia che tutti gli esseri commettono e devono perci espiare? E
probabile che essa si colleghi alla nascita stessa degli esseri, che, come abbiamo visto, avviene
per separazione di contrari dalla sostanza primordiale: Evidentemente - scrive Abbagnano -

16 Omero chiama Oceano origine degli di (Iliade, 14, 201) (ovvero che di tutti i numi fu origine, ivi,

246). Oceano era concepito come un fiume, che, situato agli estremi confini della terra, rifluisce su se
stesso, in un cerchio ininterrotto, alimentando tutti i fiumi e tutti i mari. Ad Oceano Omero affianca Teti,
che chiama madre (ivi, 201): la sua compagna, madre dei suoi figli (i tremila fiumi e le tremila
oceanine; cfr. ESIODO, Teogonia, 337; 367); cfr. K. KERENYI, Gli di e gli eroi dei Greci, 1, tr. it. Milano
1963; 19863, 21-2.

14

questa separazione la rottura dellunit, che propria dellinfinito; il subentrare della diversit,
quindi del contrasto, l dove erano lomogenit e larmonia.17
- Anassimandro propone anche alcune dottrine sulla natura del cosmo curiose ma interessanti:
innanzitutto afferma linfinit dei mondi, non solo nel tempo (infiniti mondi si susseguono in un
ciclo eterno), ma anche nello spazio (essi sono infiniti anche contemporaneamente nello spazio);
dice che la terra di forma cilindrica e sta sospesa nel mezzo delluniverso senza nessun
sostegno che la regga; pensa infine che gli uomini non siano gli esseri originari della natura, perch
- diversamente dagli animali - quando nascono non sono autosufficienti: traggono quindi origine
da altri animali, in particolare dai pesci (una sorta di anticipazione della dottrina dellevoluzione
delle specie ); si vedano a questo proposito i testi citati nellappendice.
ANASSIMENE di Mileto, forse discepolo di Anassimandro, vive verso la met del VI secolo a. C.
Secondo lui, come gi per Talete, larch una sostanza determinata e specifica: non si tratta
per dellacqua, ma dellaria. Spiega Anassimene: Come la nostra anima, che aria, ci sostiene,
cos il soffio e laria circondano il mondo intero. Come lpeiron di Anassimandro, laria di
Anassimene infinita e in perenne movimento. Il mondo appare quindi come una sorta di grande
essere vivente. Dallaria traggono origine tutte le cose che esistono e questo avviene attraverso
un duplice processo di rarefazione e condensazione: la prima d luogo al fuoco, la seconda al
vento, poi alle nuvole e quindi allacqua, alla terra, alle pietre. Come Anassimandro, anche
Anassimene ritiene che il mondo segua un processo ciclico di nascita, morte e rinascita:
periodicamente esso si discioglie nel principio originario - laria - da cui ha tratto origine, dal
quale poi nasce un altro mondo e cos via in eterno.
3 LA SCUOLA PITAGORICA
- E difficile, per non dire impossibile, distinguere Pitagora dai pitagorici, cio dalla sua scuola,
innanzitutto perch egli non scrive nulla e di lui non sappiamo quasi niente di preciso; le notizie
che abbiamo, infatti, sono in gran parte tarde e condizionate dal fatto che, dopo la sua morte (e
forse gi negli anni conclusivi della sua vita), viene venerato dai suoi seguaci quasi come un dio e
questo fa fiorire intorno alla sua figura leggende, per esempio quelle dei suoi viaggi in paesi lontani
(soprattutto in Egitto) presso i saggi di vari popoli18.
17 Cit. 36. E bene sottolineare che qui il concetto di colpa non ha nulla a che fare con luomo, come

noi siamo abituati a ritenere quando lo utilizziamo (per esempio nel racconto biblico del paradiso con il
peccato, quindi la colpa, di Adamo ed Eva): si dovrebbe piuttosto intendere questa colpa nel senso di
evento negativo, dato che lesistenza delle cose possibile sono se si frantuma loriginaria unit
dellapeiron, che, come abbiamo detto, era concepita da Anassimandro (e dal pensiero greco antico in
generale) come perfezione. In sostanza, il mondo esiste solo perch qualcosa di perfetto (il principio,
lapeiron) che esisteva, unico e completo, allorigine venuto meno, si spezzato nelle coppie di
contrari, che, al contrario, non possiedono la caratteristica dellunicit (e quindi della perfezione).

18 Scrive in proposito Diogene Laerzio: Essendo giovane ed amante dello studio, emigr dalla patria e fu

iniziato in tutti i misteri greci e barbari. Fu in Egitto [...]. e poi presso i Caldei ed i Magi. Poi a Creta, con

15

Pitagora nasce a Samo verso il 570 a. C. e lapogeo della sua vita si ha verso il 530; emigra poi in
Italia meridionale dove fonda (Crotone, Locri, Taranto, Metaponto) delle scuole che non hanno
come scopo principale la ricerca filosofico-scientifica, ma linsegnamento di una dottrina di
salvezza, rispetto alla quale scienza e filosofia sono non il fine ma il mezzo; la scuola pitagorica
appare dunque come una vera e propria confraternita di tipo religioso, obbligata al rispetto di
precise regole di convivenza e di comportamento, simile quindi alle associazioni degli orfici; le
dottrine che vi vengono insegnate sono segrete, fatto questo che ne impedisce la divulgazione e
la conoscenza (diversamente da quanto accade per le altre scuole filosofiche).
- Il principio che i filosofi ionici avevano identificato nellacqua, nellaria o nellpeiron viene
identificato dai pitagorici nel numero e negli elementi che lo costituiscono: Pensarono - scrive
Aristotele - che gli elementi del numero fossero gli elementi di tutte le cose, e che tutto luniverso
fosse armonia e numero; questa affermazione si collega al fatto che i Pitagorici sono stati i primi
cultori della matematica (possiamo dire gli inventori della matematica come scienza): ecco perch
sono stati anche i primi a notare che unamplissima serie di fenomeni e realt naturali sono
riconducibili a rapporti numerici e perci esprimibili in linguaggio matematico. Notano in primo
luogo come la musica sia traducibile in matematica (e la coltivano come strumento di
purificazione) quindi evidenziano lincidenza del numero in molti fatti naturali: lanno, le stagioni, i
giorni, i ritmi della natura, ecc. Ma ascoltiamo la testimonianza di Aristotele: Poich i numeri sono
per natura primi nelle matematiche, e nei numeri essi credevano di trovare, pi che nel fuoco e
nella terra e nellacqua, somiglianze con le cose che sono e che divengono, e poich inoltre
vedevano espresse dai numeri le propriet e i rapporti degli accordi numerici, poich insomma
ogni cosa nella natura appariva loro simile ai numeri, ed i numeri apparivano primi tra tutto ci che
in natura, cos pensarono che gli elementi dei numeri fossero elementi di tutte le cose che sono
e che il mondo intero fosse armonia e numero19. Riassumendo, i pitagorici, cultori della
matematica, poich avevano notato che molti aspetti della realt sono riconducibili al numero,
ritengono che esso sia larch.
- Va per precisato a questo punto, per comprendere appieno la dottrina pitagorica, che il numero
veniva concepito diversamente da come lo concepiamo oggi: per noi esso infatti unastrazione
mentale, frutto delle operazioni della nostra mente; per i pitagorici invece qualcosa di reale, di
concreto e proprio per questo pu essere - come lacqua di Talete - il principio di tutte le cose;
- Tuttavia, per i Pitagorici, il numero non il principio primo assoluto: deriva infatti da qualcosa di
pi primario, da princpi pi elementari: gli elementi costitutivi del numero. Secondo la
testimonianza del pitagorico Filolao (V secolo a. C.), i principi supremi del numero sono lillimitato
(o indeterminato) e il limitante (o determinante); dato che, come detto, il numero ritenuto dai

Epimenide [...] e in Egitto conobbe glimpenetrabili (misteri) e fu istruito nei segreti circa gli Dei (Vite dei
filosofi, VIII, I, 1-3).
19 Citato in M. DAL PRA, Sommario di storia della filosofia, 1, Firenze 197514, 9.

16

pitagorici il principio primo e della realt, questi elementi, che stanno allorigine del numero, sono i

princpi supremi di tutte le cose.


- Dunque il numero generato dal combinarsi di una componente indeterminata e da una

determinante; si tratta cio, come dice Reale, di un imbrigliamento dellillimitato o indeterminato


nei confini del limite e della determinazione; I due elementi sono presenti in ogni numero, ma nei
numeri pari prevale lelemento illimitato, nei dispari il limitante;
- Questa affermazione pu essere compresa se si pensa al modo in cui venivano rappresentati i
numeri, cio come insieme di punti disposti in modo geometrico; se infatti rappresentiamo in
questo modo un numero pari vediamo come il processo di divisione non incontra nessun limite:
invece rappresentiamo i numeri dispari, la divisibilit incontra un punto di arresto. Si vedano in
proposito i disegni riportati sul libro di testo a pag. 17.
- Dunque illimitato e limitante sono i princpi primi della realt; da essi tra origine il numero che
proprio una sintesi dei due elementi, sintesi che vede prevalere nel pari lelemento illimitato, nel
dispari il limitante
- La concezione pitagorica del numero come essenza delle cose conduce a concepire luniverso in
un modo del tutto nuovo rispetto alla scuola di Mileto: si tratta infatti dun universo in cui gli
elementi contrastanti si pacificano in una superiore armonia; infatti un universo costituito
secondo armonie numeriche; in questo universo, interamente dominato dal numero, regna il pi
perfetto ordine ( un vero e proprio cosmo, secondo il significato greco del termine kosmos,
che significa, appunto, ordine); il mondo non dunque governato da forze oscure e misteriose,
e nemmeno il campo dazione del cieco e indecifrabile destino: un ordine razionale, che la
mente umana, razionale anchessa, pu serenamente indagare; lordine dice numero e numero
dice razionalit, conoscibilit e permeabilit al pensiero (Reale); qui vediamo uno degli aspetti
storicamente pi importanti del pitagorismo: molti secoli dopo, la scienza moderna riprender
lidea che luniverso sia nella sua struttura pi profonda governato da leggi matematiche e che
pertanto luomo possa, attraverso la matematica, comprenderlo.
- Come si diceva, per i pitagorici, la scienza non concepita come fine per luomo, ma come

mezzo in vista di ulteriori fini; occorre ora spiegare quali fini. E opportuno a questo proposito
ricordare che Pitagora insegnava - come gli orfici

(dai quali la riprende) - la dottrina della

metempsicosi: lo spirito deve, come punizione di una colpa originaria, incarnarsi pi e pi volte in
differenti corpi, non solo umani, ma anche animali; lo spirito dunque esiste prima del corpo e
continua a vivere dopo la morte di questultimo ( cio immortale); la sua unione al corpo non
per conforme alla sua natura, ma , al contrario, la punizione di una misteriosa colpa originaria.
Bisogna perci vivere non in funzione del corpo (come pensavano tradizionalmente i Greci) ma
dello spirito: questo significa che, nel corso della vita, bisogna impegnarsi per purificare lo
spirito, cio per scioglierlo dal legame che lo incatena al corpo, in modo che, alla morte, esso
possa liberarsi e vivere nella beatitudine senza pi reincarnarsi.

17

- Si tratta di dottrine che certamente il pitagorismo riprende dallorfismo; la differenza sta nel
fatto che per gli orfici la via che conduce alla purificazione (e liberazione) dello spirito costituita
da riti, pratiche religiose e norme rigorose di vita; i pitagorici invece, pur avendo anchessi regole
rigorose di condotta (il vegetarianismo, per esempio) ritengono che lo strumento primario di
purificazione-liberazione sia la conoscenza: sono dunque la scienza e la filosofia la via principale
che permette alluomo di liberare il suo spirito, la strada primaria della purificazione;
- Le pratiche pitagoriche di purificazione dello spirito pongono al primo gradino la musica, che
(come detto) lespressione pi immediata dellarmonia numerica che costituisce il cuore stesso
della realt; in sostanza, se la realt armonia di numeri, la musica il modo pi semplice,
immediato ed efficace per percepire questa armonia, e quindi per avviarsi alla piena comprensione
delle cose. Non un caso che i novizi, appena ammessi nella scuola pitagorica, debbano tacere ed
ascoltare, considerate come le cose pi difficili da imparare; solo in un secondo tempo loro
concesso fare domande sulla musica, poi sullaritmetica e la geometria, infine sul cosmo e le realt
naturali; il maestro parla loro nascosto dietro una tenda, per separare il pi possibile il sapere, la
verit, dalla persona che la comunica fisicamente; di qui la celebre formula auts fa (ipse dixit,
lha detto lui): Pitagora lautorit assoluta, il depositario del sapere supremo.

4 - ERACLITO
- Eraclito nasce ed Efeso, nella Jonia, intorno al 540 a. C., da una famiglia di nobili origini. Scrive
unopera composta di aforismi di tono misterioso e oracolare, che difficile interpretare con
certezza: di qui il soprannome loscuro che sin dallantichit associato aL suo nome20. Della
sua vita si sa pochissimo: legato alle tradizioni aristocratiche della sua famiglia, entra in conflitto
con la citt, che non riconosce pi il diritto dei re e dei nobili e sviluppa forme di organizzazione
democratica. Contro i democratici e il popolo, Eraclito polemizza, con tono superbo e altezzoso:
disprezza la gente comune, il dmos e lo fa oggetto di ironia e scherno spesso assai aspri21.
- A suo avviso, gli uomini comuni non sanno elevarsi fino alla verit: vagano nellerrore e, anche
quando la verit viene loro indicata, si comportano come se non la conoscessero. La massa, i
pi, gli appare come composta di dormienti, cio di uomini incapaci di andare oltre le apparenze e
di capire le leggi autentiche del mondo. Solo ai filosofi, agli svegli, concesso accedere al nucleo
pi profondo delle cose, alla verit che sta al di l della apparenze.
- Il vero filosofo sa superare le idee comuni, le false certezze e, scandagliando in solitudine la
propria anima, riesce a scoprirne linfinita complessit (Tu non troverai i confini dellanima - scrive
Eraclito - per quanto vada innanzi, tanto profonda la sua ragione). E proprio linfinit dellanima
20 Secondo la tradizione, Eraclito deposit il suo libro nel tempio di Artemide, chiedendo che non fosse

reso pubblico prima della sua morte.

21 Si narra che, ammalatosi gravemente, Eraclito rifiut le cure dei medici profani e, cosparsosi il corpo di

sterco, si lasci sbranare dai cani sulla piazza centrale.

18

rende senza fine la ricerca del filosofo, che ricerca della verit. Il vero filosofo sa giungere ad
una visione globale della realt, mentre i cultori delle discipline specialistiche e delle tecniche non
sanno uscire da unottica settoriale e quindi parziale. Il vero filosofo sa definire e seguire un
codice di comportamento e di vita indipendente, spesso divergente dai gusti e dalle inclinazioni
della massa; disprezza per es., i piaceri del corpo, che giudica propri degli animali e non delluomo.
- Nella storia della filosofia Eraclito celebre come il filosofo del divenire: per lui la realt
infatti caratterizzata dal perenne fluire, dal continuo, incessante cambiamento, proprio come un
fiume, le cui acque sono sempre diverse (Non possibile discendere due volte nello stesso

fiume, n toccare due volte una sostanza mortale nello stesso stato). Dunque tutto cambia,
(pnta ri, tutto scorre, la celebre affermazione di Eraclito), tutto in perenne mutamento,
perch tutto soggetto al tempo e al divenire; anche ci che appare statico, fermo, in realt
dinamico perch immerso nello scorrere del tempo.
- Immagine per eccellenza del divenire universale il fuoco, che di tutti gli elementi naturali
lunico incessantemente in movimento. Ecco perch Eraclito afferma che proprio il fuoco il
principio di tutte le cose: vuole indicare con ci che questo elemento, distruttore e trasformatore
per eccellenza, rappresenta in modo esemplare la natura pi profonda della realt, caratterizzata
prorio dal continuo mutamento, dalla perenne trasformazione.
- Questo incessante cambiare delle cose, questo loro divenire, , secondo Eraclito, frutto della
contrapposizione dei contrari: tutta la realt infatti caratterizzata dalla presenza di elementi
opposti, in conflitto permanente tra di loro. Ecco cosa intende Eraclito quando afferma, in un altro
celebre frammento, che plemos, la guerra, padre di tutte le cose: La contraddizione, il
divenire, il mutamento universale - scrive F. Vegetti - vanno riconosciuti come caratteri essenziali
e insopprimibili del mondo in cui viviamo. La realt in perpetuo fluire e trasformarsi, nel
reciproco conflitto di tutte le cose; la Guerra, dice Eraclito, il padre del mondo. C conflitto
tra gli uomini, e c conflitto nella natura, i cui elementi - acqua, aria, terra, fuoco - lottano per la
supremazia, si trasformano luno nellaltro, si sottomettono a vicenda () In ogni cosa, in ogni
fase ed aspetto della realt si cela la lotta implacabile degli opposti, che premono
incessantemente verso la trasformazione degli equilibri raggiunti22. Tutto quindi cambia, tutto
diviene e questo determinato dallopposizione dei contrari, che il cuore stesso della realt.
- I contrari, per, che sono il motore del divenire universale, sono s opposti tra di loro, ma
anche complementari, cio incapaci di esistere luno senza laltro: lottano quindi fra di loro, ma
ognuno ha bisogno dellaltro, si completano e si integrano a vicenda. Emerge cos un quadro
armonico della realt: essa pu apparire caotica e disordinata, dato che lotta di tutto contro
tutto, ma, guardata in profondit, rivela un perfetto ordine interiore, in cui tutti gli elementi hanno
la loro ragion dessere, in cui ogni cosa non pu esistere senza il suo contrario.

22 M. VEGETTI, Filosofia e sapere della citt antica, in AA.VV., Filosofie e societ, 1, Bologna 1975, 48.

19

- Eraclito afferma quindi che c nel mondo, al di l del suo perenne e conflittuale divenire, una
profonda razionalit, che determina la superiore armonia del tutto. Il fatto che ovunque nella
realt dominino lotta e scontro non significa perci che il caos sia signore del mondo, anzi, vero
il contrario: in questa lotta ogni elemento indispensabile, tutto segue un ordine definito in una
superiore, perfetta armonia23.
- In uno dei suoi pi celebri (e discussi) frammenti Eraclito afferma: Il tempo della vita (= la
realt) un fanciullo che gioca, gioca con le tessere (della scacchiera): il regno di un fanciullo.
E possibile che il fiosofo voglia qui affermare che nella realt, come nel gioco di un bambino, non
c un fine, non c uno uno scopo. Il gioco del bambino fine a se stesso e cos la realt
delluniverso, casuale e priva di finalismo. Il che, ovviamente (come si spiegato sopra) non
significa che la realt sia caos, ma soltanto che essa non attua alcun piano, alcun progetto.
5 - PARMENIDE
- Con la scuola eleatica, che deve il suo nome alla colonia greca di Elea, in Campania (presso
Paestum), la filosofia intraprende unindagine diversa da quella che caratterizza la scuola jonica di
Mileto: gli Jonici, infatti, avevano ricercato la sostanza

primordiale, il principio fisico (arch)

capace di spiegare la complessit mutevole e molteplice della realt naturale; gli Eleati, invece,
incentrano la loro riflessione sulla ricerca dellessere vero, della realt perfetta che sta dietro
quella - ingannevole - che ci mostrano i sensi24. Infatti, i sensi non ci presentano la realt vera, ma
unapparenza falsa e ingannevole; solo la ragione in grado di condurre alla verit.
- Fondatore della scuola eleatica Parmenide di Elea, vissuto tra il 550 e il 450 a. C. Illustr la
sua dottrina in unopera in versi intitolata Intorno alla natura, il cui proemio (ne restano 154 versi)
certamente una delle pi famose e discusse pagine dellintera storia della filosofia.
Esaminiamone brevemente I temi principali:
- Parmenide immagina di trovarsi in compagnia di fanciulle divine, le figlie del sole, su un carro
trainato da cavalle focose. Le ragazze indicano la via da seguire, una via che conduce alle case
della notte e di qui verso la luce, fino a raggiungere una misteriosa porta, dalla quale si
dipartono gli opposti sentieri della notte e del giorno. La porta, munita di architrave, ha una
soglia di pietra ed chiusa da grandi battenti: le chiavi che li aprono sono nelle mani della dea
Giustizia (Dike), che molto punisce. A lei le figlie del sole rivolgono parole soavi, convincendola
ad aprire la porta. Il carro pu allora procedere e cos Parmenide giunge al cospetto duna

23

Eraclito esprime questo fondamentale concetto con unaltra celebre metafora: gli opposti che sono
presenti nella realt sono s luno contro laltro, ma il loro contrapporsi genera una sostanziale armonia,
proprio come accade nellarco e nella lira, strumenti in cui il contrasto degli elementi genera larmonico
funzionamento del tutto.

24

La domanda di fondo della filosofia jonica : qual il principio che permette di spegare la realt
naturale? La domanda dei filosofi di Elea invece: come si caratterizza lessere vero? Qual il vero essere:
quello che ci mostrano i sensi o quello che ci presenta la ragione?

20

misteriosa Dea25, che gli rivolge queste parole: O giovane, tu che, insieme a immortali guidatrici,

con le cavalle che ti portano, giungi alla nostra dimora, rallegrati, poich non uninfausta sorte ti
ha condotto a percorrere questo cammino infatti esso fuori dalla via battuta dagli uomini ,
ma legge divina e giustizia. Bisogna che tu tutto apprenda: sia il solido cuore della Verit ben
rotonda sia le opinioni dei mortali, nelle quali non c vera certezza.
- Il proemio parmenideo un testo molto complesso, ricco di simboli e allegorie che non facile
decifrare. Schematicamente, si pu affermare quanto segue:
a)

il viaggio che porta il filosofo al cospetto della Dea lavventura di un essere umano che
oltrepassa i confini dellesperienza terrena abituale e che, proprio per questo, abbisogna
dellaiuto divino; un viaggio verso la verit, il cammino di ricerca del sapiente,
guidato dalla rivelazione della dea cos come gli antichi naviganti erano guidati dalla stella
polare26. E il viaggio che porta al sapere, a quello che la dea chiama il solido cuore della
Verit ben tonda, un viaggio che Parmenide ha compiuto e che invita il suo lettore ad
intraprendere.

b) Le figure e gli oggetti che compaiono nel testo hanno sicuramente un valore simbolico,
che gi gli antichi si sono sforzati di decifrare. Scrive in proposito Carlo Sini: Tutto
questo esordio o proemio del poema stato interpretato sin dallantichit (per es. da
Sesto Empirico) in modo allegorico. Le cavalle simboleggerebbero gli impulsi e i desideri
irrazionali dellanima; la via delle Dee la via del pensiero e della saggezza (filosofia); le
fanculle sono le sensazioni () La giustizia e le sue chiavi che aprono e chiudono stanno
per la ragione che giudica del vero, dicendo s e no 27.
c)

La dea che rivela a Parmenide la verit dellessere potrebbe essere la grande dea-madre
caratteristica delle culture mediterranee e vicino-orientali; essa, diversamente dagli di
olimpici, molteplici e diversi tra loro, unica, come unico lo vedremo lessere
parmenideo.

- A Parmenide la Dea dice che ci sono due strade per luomo che ricerca: quella della verit,

altheia, che si fonda sulla ragione e conduce alla conoscenza dellessere vero; quella
dellopinione, doxa, che si fonda sui sensi e porta alla conoscenza dellessere apparente. Solo la
prima strada veritiera; la seconda inevitabilmente fallace e ingannevole. In altre parole: luomo

25

Il tono misterioso e oracolare dei versi di Parmenide fa pensare che egli appartenesse a una cerchia
aristocratica nella quale si credeva che il sapere fosse riservato a pochi eletti. Non un caso che, in
questa celebre pagina, Parmenide presenti il suo messaggio filosofico come una rivelazione divina: Il
sapere ha per Parmenide unorigine divina ed una sanzione celeste, proprio come voleva la tradizione
religiosa e sacrale; ma il suo contenuto nuovo e razionale (DAL PRA, cit., 19).

26
27

E. FAGIUOLI, in AA. VV., Dal senso comune alla filosofia, 1, Milano 2001, 475.
C. SINI, I filosofi e le opere, 1, Milano 1986, 48.

21

deve decidere se affidarsi alla ragione o ai sensi: nel primo caso potr raggiungere la verit, nel
secondo rimarr invece prigioniero delle opinioni ingannevoli e false.

- Domandiamoci ora, finalmente, dove conduce la via della ragione, a quale verit assoluta porta
chi la segue. Ascoltiamo ancora le parole del filosofo, leggendo due frammenti del suo proemio:
Fr. 2: Orbene, io ti dir e tu ascolta e ricevi la mia parola - quali sono le vie di ricerca che sole

si possono pensare: luna che e che non possibile che non sia ( il sentiero della Persuasione,
perch tien dietro alla Verit) laltra che non e che necessario che non sia. E io ti dico che
questo un sentiero su cui nulla si apprende. Infatti, non potresti conoscere ci che non , perch
non cosa fattibile, n potresti esprimerlo; Fr. 6: necessario il dire e il pensare che lessere
sia: infatti lessere , il nulla non : queste cose ti esorto a considerare.
- Dunque la via della ragione mostra alluomo in tutta la sua evidenza la verit fondamentale:
LESSERE E E NON PUO NON ESSERE, IL NON-ESSERE NON E E NON PUO IN ALCUN MODO
ESSERE. Questo significa che soltanto lessere vero, reale, pensabile, esprimibile, mentre il non-

essere falso, irreale, non-pensabile e non pu in nessun modo essere espresso.


- Spiega Giovanni Reale: Lessere la sola cosa pensabile ed esprimibile; qualsiasi pensare, per
essere tale, pensare lessere, al punto che si pu dire che pensare ed essere coincidono, nel
senso che non c pensiero che non esprima lessere; viceversa, il non essere del tutto
impensabile, inesprimibile, indicibile e quindi impossibile28. Scrive Giovanni Di Napoli: Parmenide
dice che di tutto, nei nostri giudizi, si afferma che ; quindi in ogni giudizio c lessere; lessere

in tutto, tutto, e tutto lessere. Chi pensa o parla, pensa e dice sempre lessere, mai il nulla;
solo lessere quindi pensabile ed esprimibile; il nulla o non-essere impensabile e inesprimibile29
- Dunque la verit suprema che la Dea rivela a Parmenide e che egli pone al centro del suo
pensiero che soltanto lessere esiste, pensabile, esprimibile, mentre il non-essere (cio il

nulla) impensabile, inesprimibile e quindi inesistente.


- Da questa affermazione fondamentale Parmenide trae con estremo rigore logico importanti
conseguenze: deduce infatti una serie di attributi dellessere, di caratteri che lo qualificano e
lo definiscono. In altri termini: partendo dalla certezza che solo lessere esiste ed pensabile,
Parmenide deduce le caratteristiche o propriet dellessere. Queste caratteristiche devono
escludere in modo categorico tutto quello che implica il non-essere30:
a) lessere ingenerato: infatti, se fosse generato, dovrebbe derivare o dallessere, e in tal caso
esisterebbe gi, o dal non-essere, il che impossibile (visto che, come si detto, il non essere
non esiste);

28 Storia della filosofia antica, 1, cit., 122.


29 G. DI NAPOLI, Storia della filosofia, 1, Brescia 1967, 40.
30 In sostanza: dato che solo lessere pensabile e reale, tutto quello che, in un modo o nellaltro,

implica, richiede, rende necessario il non-essere va scartato, va considerato inaccettabile.

22

b) lessere imperituro e incorruttibile: perch se si corrompesse e morisse dovrebbe diventare


non-essere, il che , nuovamente, impossibile31;
c) lessere immutabile, senza passato n futuro, fuori del tempo, eterno: infatti, se cos non
fosse, se cio lessere fosse sottoposto al tempo e avesse un passato e un futuro, significherebbe
che non pi quello che era nel passato, e non ancora quello che sar in futuro; ma entrambe
queste affermazioni implicano il non-essere e quindi sono false;
d) immobile, perch se si muovesse non sarebbe pi dovera prima;
e) unico: se infatti ce ne fosse un altro luno non sarebbe laltro e di nuovo ci troveremmo di
fronte ad unaffermazione che implica il non-essere;
f) finito, perch secondo da mentalit greca, solo ci che finito perfetto: La finitudine
sinonimo di compiutezza e perfezione e Parmenide per esemplificare tale compiutezza usa
limmagine della sfera, intesa appunto come una sorta di pieno assoluto da cui risulta assente il
non-essere32.
- Da tutto quanto precede derivano conseguenze rilevantissime e decisive per la storia della
filosofia: il mondo in cui viviamo, infatti, cos come ce lo mostrano i sensi, non corrisponde alle
caratteristiche del vero essere definite dalla ragione (ed elencate da Parmenide). E infatti un
mondo: a) in perenne cambiamento, b) nel quale si trova uninfinit quantit di cose diverse: in
sostanza, mentre la ragione ci dice che lessere vero immutabile ed unico, i sensi ci testimoniano

che la realt mutevole e molteplice. Si apre cos un dissidio tra sensi e ragione, dissidio che
Parmenide affronta e risolve con logica ferrea: il mondo che ci mostrano i sensi, dice, non
vero, ma solo unillusione, una ingannevole apparenza; solo il perfetto essere definito dalla
ragione (immutabile e unico) esiste ed assolutamente vero33. La ragione, quindi, contraddice
31

Dice Parmenide: Lessere ingenerato e imperituro, infatti un intero nel suo insieme, immobile e
senza fine. N una volta era, n sar, perch ora insieme tutto quanto, uno, continuo n il nascere n
il perire concesse a lui la Giustizia, sciogliendolo dalle catene, ma saldamente lo tiene. E pi oltre: E
come lessere potrebbe esistere nel futuro? E come potrebbe essere nato? Infatti, se nacque, non ; e
neppure esso , se mai dovr essere in futuro.
32
ABBAGNANO, FORNERO, cit., 51. Scrive Parmenide: E rimanendo identico e nellidentico, in s
medesimo giace, e in questo modo rimane l saldo. Infatti, Necessit inflessibile lo tiene nei legami del
limite, che lo rinserra tuttintorno, poich stabilito che lessere non sia senza compimento: infatti non
manca di nulla; se, invece, lo fosse, mancherebbe di tutto () Inoltre, poich c un limite estremo, esso
compiuto da ogni parte, simile a massa di ben rotonda sfera, a partire dal centro uguale in ogni parte:
infatti, n in qualche modo pi grande n in qualche modo pi piccolo necessario che sia, da una parte o
da unaltra.
33 Parmenide dunque costretto dalla sua riflessione filosofica a negare sia la molteplicit sia il
divenire, due caratteri della realt che invece i sensi ci testimoniano costantemente. Ricordo che:
molteplicit significa che la realt del mondo composta da un gran numero di cose diverse tra loro,
divenire che la realt del mondo in perenne mutamento. Il mondo che ci sta dinnanzi scrive Emanuele
Severino nella sua infinita variet di aspetti (molteplice, ndr.) e nella sua incessante mutazione
(mutevole, ndr.) non ha alcuna Verit (sunque non ): soltanto una gigantesca apparenza illusoria in
cui I mortali ripongono ogni fiducia i mortali, che sono appunto coloro che non seguono il sentiero
della Verit. Con Parmenide la filosofia si presenta come la sfida pi radicale rivolta al comune modo di
pensare degli uomini (La filosofia dai Greci al nostro tempi, cit., p. 73).

23

quello che noi percepiamo tramite i sensi: la realt ci appare (come la mostrano I sensi) in un
modo ma il vero essere in un altro modo (come ci attesta la ragione). Percezione sensibile e
conoscenza razionale divergono: la cosiddetta aporia34 eleatica, che apre un vasto dibattito
nella filosofia successiva e segna una linea di demarcazione fondamentale nella storia della
filosofia antica (e di tutta la filosofia occidentale).
- Completare lo studio di Parmenide leggendo il paragrafo La problematica identificazione
dellessere parmenideo, a pag. 34 del libro di testo.
Tra i seguaci di Parmenide spicca la figura di Zenone di Elea, suo successore alla guida della
scuola, di circa 25 anni pi giovane del maestro e quindi nato probabilmente verso il 490 a. C. La
tradizione ce lo descrive come uomo di grande coraggio: Poich volle abbattere il tiranno Nearco
scrive Diogene Laerzio fu messo in prigione Allora, sottoposto ad interrogatorio circa i suoi
complici e intorno alle armi che aveva portate a Lipari, denunzi tutti gli amici del tiranno, poich
si era proposto di ridurlo allisolamento; poi gli disse che intorno a certe persone aveva da
comunicargli alcuni particolari nellorecchio, glielo morsic e non lasci la presa finch non fu
trafitto35
- La dottrina parmenidea, con le sue conclusioni drastiche, suscita subito grandi discussioni,
sembrando a molti assurda e paradossale perch contrastante con i dati dellesperienza. Zenone si
assume il compito di difendere linsegnamento del suo maestro da questi attacchi e lo fa usando
un metodo originale: cerca di sostenere le tesi di Parmenide confutando quelle dei suoi critici.
Nasce cos scrive Reale quel metodo di dimostrazione che, invece di provare direttamente
una tesi, partendo da determinati princpi, cerca di provarla riducendo allassurdo la tesi
contraddittoria36. In questa difesa Zenone abilissimo: i suoi ragionamenti stringenti, la sua
logica ferrea, il rigore straordinario delle sue argomentazioni lo rendono celebre presso i
contemporanei e pi tardi Platone stesso dir di lui che parlava con unarte da far sembrare agli
uditori le medesime cose nello stesso tempo simili e dissimili, una e molte, immobili e mobili
- Come si visto, la dottrina di Parmenide nega sia il movimento sia la molteplicit e proprio
questa negazione al centro delle obiezioni dei suoi avversari. Zenone cerca di dimostrare che
ammettere movimento e molteplicit comporta pi problemi e assurdit che non negarli; lo fa con
i suoi celebri paradossi. I pi interessanti sono senza dubbio i quattro che riguardano il

34

Il vocabolo greco apora significa difficolt, incertezza, da poros, luogo impervio, luogo dal
quale non c via duscita; nel suo significato filosofico il termine indica un problema per il quale
difficile trovare una soluzione razionale, poich tutte le soluzioni appaiono possibili. E sinonimo di dubbio
razionale e di coscienza problematica; cfr. F. P. FIRRAO, Dizionario dei termini e delle correnti
filosofiche, Firenze 1995, 22. Le aporie sono i dubbi della ragione, scrive L. MAIORCA, Dizionario di
filosofia, Napoli 1999, 20.

35 Citato in REALE, 1, cit., 132.


36 Ivi, 133.

24

movimento: con argomenti rigorosi, Zenone dimostra che il movimento assurdo (e che quindi
bene ha fatto Parmenide a negarne lesistenza):
a)

argomento dello stadio: Per percorrere uno stadio necessario percorrerne prima la
met; ma prima occorre percorrerne la met della met, e cos di seguito fino allinfinito; e
siccome linfinita divisibilit dello spazio non pu venir esaurita, il movimento sar
impossibile37;

b) argomento dellAchille, cos illustrato da Aristotele: Esso dice che il pi lento non sar
mai raggiunto nella corsa dal pi veloce. Infatti necessario che chi insegue giunga prima
al punto da cui partito chi fugge, cosicch il pi lento si trover sempre
necessariamente un po pi avanti del pi veloce38. Quindi Achille, il pi veloce degli
uomini, non raggiunger mai una tartaruga che si muova un passo davanti a lui, perch ad
ogni avanzamento di Achille ne corrisponde uno della tartaruga;
c)

argomento della freccia: quando vediamo una freccia scoccata dallarco pensiamo che si
stia muovendo, ma in realt in ogni singolo momento occupa un punto nello spazio e in
ogni punto la sua valocit pari a zero39; ma la somma di stati di quiete non pu produrre
movimento (0+0=0), quindi esso soltanto apparente;

d) argomento delle masse nello stadio: In uno stadio un punto mobile va ad una certa
velocit, e simultaneamente al doppio di essa, a seconda che sia rapportato ad un punto
immobile oppure ad un punto moventesi in senso contrario alla stessa velocit, generando
in tal modo lassurdo logico che la met del tempo uguale al doppio40.
- Con questi argomenti, destinati a conoscere un successo straordinario nella storia del pensiero,
Zenone vuole fornire un sostegno indiretto alle tesi del suo maestro: vuole cio dimostrare che
Parmenide ha ragione nel negare la realt del movimento, perch chi la ammette cade in
contraddizioni logiche insormontabili. Si noti bene: Zenone non vuole negare il fatto che il
movimento si veda, che si colga coi sensi (sarebbe unassurdit): vuole invece dimostrare che
esso razionalmente inspiegabile, con questo concermando le tesi di Parmenide.
La tradizione indica come fondatore della scuola eleatica non Parmenide, ma Senofane, nato a
Colofone nella Jonia verso il 570 a. C., ma presto trasferitosi nellItalia meridionale, dove, girando
di citt in citt, vive molto a lungo, superando i centanni di et. Oggi questa teoria viene respinta
sia perch il pensiero di Senofane affronta problematiche diverse da quelle degli Eleati sia perch
non documentato nessun rapporto tra questo autore e la citt di Elea.

37 DI NAPOLI, cit., 41.


38 Citato in REALE, 1, cit., 135.
39 La freccia spiega Aristotele - non si muove dal momento che nulla si muove nellistante.
40 ABBAGNANO, FORNERO, 1, cit., 54.

25

- Senofane poeta, autore di elegie e satire, ma anche filosofo, forse autore dun trattato
intitolato Della natura. Il tema di fondo che sviluppa nei suoi carmi la critica della concezione
tradizionale degli di, codificata nei poemi di Omero ed Esiodo. A Senofane questa concezione
appare inaccettabile per via del suo antropomorfismo, cio della convinzione che gli di abbiano
aspetto, forma e sentimenti uguali a quelli degli uomini. Scrive:
-

Omero ed Esiodo hanno attribuito agli di tutto quanto oggetto di onta e di biasimo:

rubare, fare adulterio e ingannarsi reciprocamente


-

Ma i mortali credono che gli di siano nati e che abbiano abito, linguaggio e aspetto come

loro. Ma se i se i buoi, i cavalli e i leoni avessero mani e potessero con le loro mani
disegnare e fare ci appunto che fanno gli uomini, i cavalli disegnerebbero figure di di
simili ai cavalli e i buoi simili ai buoi, e farebbero corpi foggiati cos come ciascuno di loro
foggiato
-

Gli Etiopi dicono che I loro di sono neri e camusi, i Traci dicono invece che hanno occhi

azzurri e capelli rossi.


- La critica di Senofane prende dunque di mira la tradizionale concezione greca del divino e i poeti
che lhanno avallata e incoraggiata. Secondo lui, Dio non assomiglia in nulla agli uomini, n
nellaspetto esteriore n nel pensiero; questo Dio si identifica alluniverso, un di Dio-tutto,
eterno, immutabile, che non nasce e non muore41, sempre uguale a se stesso. Cos Senofane lo
descrive: Uno, dio, tra gli di e tra gli uomini il pi grande, n per aspetto simile ai mortali, n per
intelligenza. Tutto intiero vede, tutto intiero pensa, tutto intiero ode. Ma senza fatica con la forza
del pensiero tutto scuote. Sempre nellidentico luogo permane senza muoversi per nulla, n gli si
addice recarsi or qui or l42.
- Alcuni hanno ritenuto di poter qualificare la dottrina di Senofane come monoteistica, ma, come
ben sottolinea Reale, uninterpretazione antistorica: Infatti, in primo luogo, essa contraria allo
spirito di tutta le grecit, al quale rimasto sempre del tutto estraneo il problema se Dio sia uno
o sia molti, perch non ha affatto colto la contraddittoriet fra laffermazione che Dio uno e Dio
molti, ma ha ritenuto del tutto naturale che il divino, per la sua stessa natura, avesse molteplici
affermazioni o manifestazioni di varia specie () In secondo luogo, il verso di Senofane,
nellistante stesso in cui parla di Dio al singolare, lo compara e lo pone al di sopra degli Di al
plurale. Inoltre egli parla di Dio al singolare e di Di al plurale alternativamente senza
discriminazione in tutti I frammenti () Dunque il Dio uno di cui parla Senofane il Dio-cosmo che
non esclude ma ammette altri Di o enti divini (siano essi parti del cosmo o forze del cosmo o
altre cose che dagli scarsi frammenti non si riesce a determinare43

41 Ricordo che gli di greci, compreso Zeus, sono immortali ma non eterni.
42 SINI, 1, cit. 47.
43 Cit., 113- 114.

26

6 PLURALISTI: Empdocle e Anassgora


- I filosofi che vengono dopo lElatismo scrive Abbagnano - tornano ad interessarsi del
problema della natura. Tuttavia, anche per essi, Parmenide non passato invano. Anzi, la loro
filosofia rappresenta un primo tentativo di sintesi fra lEraclitismo e lEleatismo (come vedremo, il
secondo tentativo sar fatto da Platone). Da Eraclito e dalla scuola ionica essi accettano lidea del
divenire incessante delle cose. Da Parmenide accolgono invece il concetto delleternit ed
immutabilit dellessere. Ma come conciliare le opposte affermazioni del divenire delle cose e
delleternit e immutabilit del vero essere? Questi filosofi risolvono il problema distinguendo nella
realt i composti (mutevoli) e gli elementi (immutabili). Essi ritengono, infatti, che le cose del
mondo siano costituite di elementi eterni, ad esempio gli atomi (Democrito), che unendosi tra di
loro danno origine a ci che noi chiamiamo nascita e disunendosi provocano ci che noi
chiamiamo morte. In tal modo essi finiscono per giungere al principio secondo cui, in natura,
nulla si crea e nulla si distrugge veramente, ma tutto si trasforma soltanto. Tali filosofi vengono
anche detti Fisici pluralisti, in quanto ritengono che i princpi della natura siano molteplici44
- Dunque dopo Eraclito e Parmenide la filosofia torna ad occuparsi, come nella scuola jonica, del
problema cosmologico, cio della realt fisica, ma deve comunque fare I conti con il pensiero dei
due grandi filosofi. Deve cio cercare di conciliare la dottrina eraclitea del divenire con quella
parmenidea dellessere: Parmenide dice che lessere immutabile ed eterno, Eraclito che la realt
in perenne cambiamento. Come mettere daccordo queste due tesi opposte? E, daltro canto,
come conciliare quello che ci dice la ragione (lessere e non pu non essere, come afferma
Parmenide) con quello che attestano i sensi (la realt cambia di continuo, come dice Eraclito)? La
soluzione adottata dai filosofi pluralisti semplice e geniale: la realt composta da elementi che

sono, come lessere di Parmenide, eterni e immutabili; cambia invece il loro modo di combinarsi,
che d origine a tutte le cose sensibili45. E un po quello che accade in un caleidoscopio: le perline
che esso contiene non cambiano mai, a cambiare sono invece le loro combinazioni, che danno
origine a figure sempre diverse. Alla base della realt, secondo i pluralisti, ci sono alcuni elementi
(non uno solo come pensavano gli ionici) che non mutano mai; essi, combinandosi tra loro,
originano tutte le cose. Queste combinazioni sono variabili, di qui la mutevolezza della realt.
EMPEDOCLE: nasce verso il 492 ad Agrigento e vive circa sessantanni; oltre che filosofo
medico, guaritore, scienziato, mago, mistico. Uomo dalla fortissima personalit, partecipa anche
alla vita politica nel partito democratico. Sulla sua morte circolano molte leggende, la pi celebre
delle quali afferma che sia caduto nel cratere dellEtna. Scrive due opere, Sulla natura e Carme

lustrale, delle quali restano numerosi frammenti.


44 ABBAGNANO, FORNERO, 1, cit., 57.
45 Pluralismo2 la concezione per la quale il principio delle cose non unico, ma molteplice; diversamente

da Talete, Anassimandro e Anassimene, che avevano identificato un solo arch, i pluralisti pensano infatti
che i princpi siano molteplici (quattro per Empedocle, infiniti per Anassagora e Democrito).

27

- E scrive Reale il primo pensatore che cerca di risolvere laporia eleatica, tentando di salvare,
da un lato, il principio che nulla nasce e nulla perisce e che lessere sempre permane e, dallaltro, i
fenomeni che lesperienza ci attesta46. Empedocle ritiene, accogliendo la dottrina di Parmenide,
che nascere e perire intesi come venire dal nulla o andare al nulla siano impossibili47: essi
devono perci venire interpretati come un mescolarsi e un dissolversi di elementi eterni. Se una
cosa nasce perch gli elementi che la compongono si associano, se muore perch si
dissociano: Unaltra cosa dir scrive -: non v nascita dalcuna delle cose mortali, n termine di

morte funesta; ma solo il mescersi e dissolversi di sostanze commiste v fra gli uomini e ha nome
nascita48. Dunque il nascere e il morire delle cose sono in realt il mescolarsi e il disgiungersi
degli elementi che le compongono.
- Gli elementi che compongono la realt sono secondo Empedocle quattro: fuoco, aria, terra,

acqua49. Tutte le cose esistenti, dunque, derivano dal mescolarsi e dal disgiungersi di questi
quattro elementi che sono dunque le radici (rizmata) della realt; cambia il loro modo di
combinarsi, e di conseguenza cambia la realt sensibile, ma essi sono eterni, indistruttibili e
immutabili.
- I quattro elementi si uniscono e si disgiungono continuamente, dando cos luogo a tutte le
manifestazioni della vita, ma cosa li spinge a congiungersi e separarsi? Unione e divisione sono
determinate, secondo Empedocle, da due forze cosmiche opposte, una che unisce e laltra che
disgiunge: le chiama, antropomorficamente, Amore e Odio. Esse sono eterne, come gli elementi e
prevalgono ora luna ora laltra secondo cicli costanti determinati dal Destino.
- C una fase in cui prevale completamente Amore e gli elementi sono tutti congiunti e raccolti
insieme in ununit indifferenziata, senza potersi distinguere luno dallaltro e quindi senza che
possa esistere il mondo in cui viviamo. Empedocle chiama questa unit Sfero: ricorda molto la
sfera di Parmenide. Quando prevale lOdio gli elementi invece si disgiungono, senza nessuna
possibilit di incontrarsi: ovviamente anche in questo caso non esiste la realt del mondo.
Perch essa possa costruirsi devesserci alternanza di Amore e Odio: il primo determina il nascere
del cosmo, il secondo il suo distruggersi per dar vita a un altro cosmo. Ovviamente la perfezione
data dallimmobile, originaria unit dello Sfero.

46 REALE, 1, cit., 151.


47 Fanciulli! Breve volo hanno i loro pensieri, essi credono che possa nascere ci che prima non era, o

che alcuna cosa perisca e si distrugga del tutto. Poich non v mezzo che nulla sorga da ci che prima
non era, e che ci che perisca vana cosa sarebbe senza termine alcuno; infatti (lessere) sempre sar l
ovunque ci si debba sempre arrestare; ivi, 151-152.
48 Citato ivi, 152.
49 Perch Empedocle abbia creduto che gli elementi di base della realt siano proprio quattro non si sa
con esattezza: Da un lato spiega Reale egli pot essere suggestionato dalla tetrade pitagorica, cio
dalla convinzione della natura privilegiata del numero quattro: ma fu certamente determinante la
costatazione dellesperienza, che sembra appunto attestare che tutto deriva da aria, acqua, terra e
fuoco (cit., 153).

28

- Di grande interesse sono le riflessioni di Empedocle sul problema della conoscenza, uno dei pi
importanti della filosofia50. Secondo lui, dalle cose che ci circondano si sprigionano effluvi che
colpiscono i nostri organi di senso, i quali li riconoscono in base al principio per cui il simile
conosce il simile. Infatti tutta la realt, come sappiamo, fatta di acqua aria terra e fuoco, e
anche luomo si compone di questi elementi: orbene il fuoco che in noi conosce quello che viene
(per effluvio) dalle realt esterne e lo stesso accade con gli altri tre elementi: onde con la terra

scorgiamo la terra, con lacqua lacqua, con letere letere divino, con il fuoco il fuoco struggitore
con lAmore lAmore, con la Contesa la Contesa dogliosa51.
- Quanto alluomo e al suo destino, Empedocle riprende le dottrine orfico-pitagoriche: lanima
delluomo uno spirito divino cacciato per una misteriosa colpa dal mondo beato degli di e
incarcerato nel corpo e nel ciclo delle rinascite. Solo chi si sa purificare durante la vita pu
aspirare ad una nascita migliore nella vita futura e, infine, alla totale liberazione che porta al
ricongiungimento con gli di.
ANASSGORA: nasce a Clazomene, nella Jonia, verso il 500 a. C. e muore forse nel 428. E lui
che introduce la filosofia ad Atene, citt in cui vive per circa trentanni. Uomo di grandissima
sapienza ed erudizione, autore di unopera in prosa intitolata Della natura, della quale ci sono
giunti alcuni frammenti. La sua libert di pensiero, le sue tesi innovative, il suo metodo
indipendente e moderno di ricerca, il suo nitido razionalismo suscitano la diffidenza degli ateniesi
conservatori, che lo giudicano un pericoloso rivoluzionario e riescono a promuovere contro di lui
un processo, accusandolo di empiet, per aver negato gli di e diffuso teorie empie sulla natura
dei corpi celesti. Condannato, Anassagora fugge a Lampsaco dove poco dopo muore.
- Anassagora vuole, come Empedocle, conciliare la dottrina parmenidea dellimmutabilit
dellessere con quanto ci testimoniano i sensi (cio che la realt in perenne cambiamento). La
soluzione che propone analoga a quella di Empedocle: Nessuna cosa scrive - nasce e muore,

ma a partire dalle cose che sono si produce un processo di composizione e divisione; cos dunque
dovrebbero correttamente chiamare il nascere comporsi e il morire dividersi52. Dunque, anche
per Anassagora la realt composta di elementi immutabili ed eterni, che danno vita a
combinazioni sempre diverse, dalle quali deriva il mutare continuo della realt. Diversamente da
Empedocle, per, ritiene che questi elementi di base della realt non siano solo quattro, ma
infiniti in quantit e numero. Li chiama semi (sprmata)53 e afferma che sono infiniti perch

50

Il problema della conoscenza riguarda il modo in cui luomo arriva a conoscere la realt che lo circonda
e raggiunge il possesso della verit. E detto anche, con termine greco, gnoseologico, da cui il termine
gnoseologia, che indica la branca della filosofia che se ne occupa e che pu essere definita come segue:
branca della filosofia che si occupa della conoscenza, di come luomo la acquisice e del valore che ha.

51 REALE, 1, cit., 157.


52 Ivi, 161.

53 Infatti da essi sono generate tutte le cose che esistono, come dal seme generata la pianta.

29

infinite sono le qualit delle cose che esistono. Si tratta quindi di piccolissime particelle di materia,
invisibili, illimitate quantitativamente e qualitativamente diverse tra loro: I semi sono dunque
infiniti e ci sono semi di ogni sostanza che esiste (oro, pietra, carne, osso, ecc.). I semi sono
infinitamente divisibili perch la materia, secondo Anassagora, pu essere divisa in parti sempre
pi piccole senza che si arrivi mai al nulla54.
- I semi di Anassagora sono stati chiamati da Aristotele omeomere, che significa parti simili,
perch hanno gli stessi caratteri del tutto che entrano a costituire. Loro, per esempio,
costituito in prevalenza da semi di oro; in esso per ci sono anche, in minore quantit, semi di
tutte le altre sostanze55. Ogni realt che esiste quindi costituita da una mescolanza di
omeomerie: la sua qualit (che noi percepiamo) determinata dal prevalere di questo o quel tipo
di omeomeria: se ci sono pi omemerie di oro avremo un oggetto doro, se ce ne sono pi di
legno avremo un oggetto di legno. In ogni cosa ci sono per, anche se in quantit piccolissima,
tutti i tipi di seme; di qui la nota affermazione di Anassagora Tutto in tutto.
- Questa presenza in ogni cosa degli elementi costitutivi di tutte le cose permette ad Anassagora
di spiegare come sia possibile il nascere, il crescere e lo svilupparsi della realt: dato che tutto
in tutto possibile che tutto nasca da tutto. E una risposta precisa alla dottrina eleatica che
negava il mutamento della realt sostenendo che esso implica il non-essere (perch una cosa che
cambia non pi quella che era prima).
- In origine le omeomerie sono tutte mescolate insieme e nessuna cosa perci distinguibile dalle
altre; da questa mescolanza caotica e confusa si generano poi tutte le realt del mondo a causa
del movimento. Questo movimento, turbinoso e potente, impresso alla indifferenziata materia
originaria da una divina intelligenza (Nous): Lintelligenza, secondo Anassagora, ha prodotto nel
caos primordiale dei semi un movimento turbinoso che per la sua rapidit ha fatto dividere le
sostanze secondo lopposizione del caldo e del freddo, della luce e delloscurit. Lo stesso
movimento turbinoso ha fatto staccare, dalla terra, masse che si sono infiammate e, divenute cos
luminose, hanno formato gli astri e lo stesso sole56
- Anassagora, come gi Empedocle, affronta anche il problema della conoscenza, arrivando per a
conclusioni opposte a quelle del suo predecessore: ritiene infatti che a produrre la sensazione non
siano le cose simili, ma quelle dissimili: noi conosciamo dunque il caldo con la nostra componente
fredda, il secco con la nostra componente umida, il dolce con lamaro, ecc.

54 Anassagora dice espressamente, riprendendo la dottrina parmenidea, che ci che non pu mai non

essere.

55

ABBAGNANO, FORNERO, 1, cit., 59.


Ivi, 60. Il fatto che a muovere I semi sia lazione di un intelletto divino fa ritenere che Anassagora
ammettesse lesistenza di un finalismo nella realt (cfr. pi avanti)

56

30

7 - DEMOCRITO
- La filosofia atomistica di Demcrito certamente una delle pi importanti nella storia del
pensiero greco e ha un ruolo assai rilevante sia per la storia della filosofia sia per quella della
scienza. Per questo, pur trattandosi di un sistema pluralistico, merita una trattazione separata
- Democrito nasce ad Abdra, in Tracia, verso il 460 a. C., dove succede a Leucippo nella
direzione della locale scuola filosofica. Ha una vita molto lunga: muore infatti verso il 370, dopo
avere stando a quanto dicono le fonti antiche viaggiato moltissimo, dallEgitto alla Persia,
dallEtiopia allIndia. Soggiorna anche ad Atene, dove per non riceve particolare considerazione;
egli stesso afferma che l nessuno lo riconobbe. Democrito incarna in modo perfetto la figura
del sapiente: stando a quanto affermano gli autori antichi, vive completamente assorto nelle sue
ricerche, al punto, ironizza Orazio, da non badare al fatto che il bestiame entri nelle sue terre e
danneggi le contivazioni.
- Anche Democrito propone la distinzione cara a Parmenide tra realt vera e apparenza: pensa
infatti (come anche Eraclito) che sia compito del filosofo andare al di l di quanto mostra
lesperienza comune, cercando la pi profonda (e inevitabilmente nascosta) verit dellessere.
Non afferma per, come gli Eleati, una divergenza inconciliabile tra sensi e ragione; pensa, al
contrario, che esperienza e ragionamento si integrino e si completino vicendevolmente. La
conoscenza parte infatti dai sensi, che forniscono i dati essenziali, e si perfeziona con la ragione,
che rielabora quei dati approdando a una teoria capace di spiegare ci che i sensi si limitano a
mostrare. Di conseguenza spiega Abbagnano -, diversamente dal razionalismo estremo degli
Eleati,

secondo

cui

la

ragione,

senza

tenere

conto

dei

dati

forniti

dai

sensi,

anzi

programmaticamente ignorandoli, pu arrivare a conoscere la verit, latomismo ritiene che il


compito dellintelletto consista nel dar ragione di ci che I sensi si limitano ad attestare57.
- Come Empedocle e Anassagora, Democrito ritiene che i princpi della realt siano molteplici, ma,
diversamente dagli altri due filosofi, afferma che sono qualitativamente uguali: sono dunque tutti
fatti della stessa materia, tutti della medesima qualit. Non esistono cio elementi di carne o di
osso come riteneva Anassagora, n acqua, aria, terra e fuoco come pensava Empedocle: alla
base della realt stanno elementi qualitativamente tutti identici. Questi princpi sono chiamati da
Democrito atomi, che significa indivisibili (a-tomos, lett. senza parti); secondo lui infatti
assurdo pensare che la materia possa essere divisa allinfinito, come invece riteneva Zenone.
- E opportuno sottolineare che Democrito arriva a formulare questa teoria non su base
sperimentale, come accade per la moderna scienza dellatomo: non disponeva infatti degli
strumenti scientifici necessari per osservare la struttura profonda della realt. La sua
affermazione ha dunque una base puramente razionale, filosofica: nasce infatti dalla critica, a cui
si accennava pocanzi, della dottrina zenoniana dellinfinita divisibilit della materia. Secondo
Democrito e i suoi seguaci, dividere la materia allinfinito significherebbe, alla fine, dissolverla nel
57 ABBAGNANO, FORNERO, cit., 64.

31

nulla, il che assurdo. Devono quindi esistere degli elementi di base assolutamente indivisibili,
delle particelle minime che non possano essere ulteriormente scomposte (e che costituiscono il
fondamento ultimo di tutta la realt).
- Oltre ad essere tutti uguali sul piano qualitativo gli atomi hanno, secondo Democrito, altre
importanti caratteristiche: sono pieni, immutabili, eterni e ingenerati.
- Dato dunque che gli atomi sono fatti tutti della stessa materia, le differenze qualitative che noi
riscontriamo nella realt58 derivano da differenze di forma, grandezza e disposizione degli atomi.
In altre parole, se abbiamo oro e acqua non perch esistano atomi doro o di acqua (sono
infatti tutti uguali per qualit), ma perch la forma, la grandezza e la disposizione degli atomi
(cio i loro elementi quantitativi) ci fanno percepire in un caso lacqua e in un altro loro. Le
differenze qualitative della realt sono cos ricondotte a differenze quantitative59.
- Proviamo a confrontare le concezioni di Anassagora e Democrito su questo punto. Ammettiamo
di avere davanti agli occhi due oggetti, uno di legno e uno di metallo: per Anassagora in entrambi
sono presenti tutti i tipi di seme, ma nel primo prevalgono i semi di legno, nel secondo quelli di
metallo e questo spiega la loro diversa natura. Per Democrito, invece, gli atomi che compongono I
due oggetti sono uguali, dato che non esistono, come abbiamo visto, atomi di legno, di metallo, di
pietra. La differenza tra i due oggetti dipende dalle caratteristiche geometrico-matematiche degli
atomi che li compongono: potremmo dire, per esempio, che gli atomi che compongono loggetto
di legno hanno peso x e quelli che compongono loggetto di metallo hanno peso y. La
differenza (qualitativa) tra loggetto di legno e quello di metallo non dipende dunque dal fatto che
essi siano composti da elementi anchessi qualitativamente diversi (di legno o di metallo), ma dal
fatto che siano composti da elementi (qualitativamente identici) con caratteristiche geometricomatematiche differenti: diverso peso, o volume, o spessore, o disposizione, ecc.
- Gli atomi sono eterni, increati ed eterno e increato , secondo Democrito, anche il loro
movimento: un movimento caotico in tutte le direzioni60, grazie al quale le particelle si uniscono
e si disgiungono originando i molteplici oggetti che costituiscono la realt. Dato che gli atomi
58 Cio, per esempio, il fatto che una cosa sia oro e unaltra sia acqua o ferro, che una sia rossa e

laltra gialla, che una profumi e laltra no, ecc.

59

Prende qui corpo una distinzione che avr grande importanza nella storia della filosofia, quella tra
qualit primarie e qualit secondarie. Le prime sono le propriet effettive (realmente esistenti) della
realt, che si riconducono agli aspetti quantitativi (e quindi misurabili) di essa: estensione, forma, peso,
superficie, disposizione, ecc.; le seconde sono invece gli aspetti qualitativi (e quindi non misurabili) della
realt: colore, odore, sapore. Ebbene, secondo D., le qualit che noi percepiamo nei corpi - le secondarie
nella realt non esistono, esistono solo le primarie. Se noi percepiamo nelle cose colori, sapori ecc.
differenti perch in esse esistono differenze nelle qualit primarie. In altre parole, il fatto che noi
vediamo un corpo come rosso o giallo non deriva dal fatto che esso sia realmente rosso o giallo, ma dalla
diversa forma, misura, disposizione ecc. degli atomi che lo compongono (essi sono del resto tutti uguali
sul piano qualitativo: non esistono atomi rossi o gialli, esistono solo atomi di diversa forma, misura o
disposizione). Questa concezione di grande importanza perch implica che la realt pu essere
interamente ricondotta a dati misurabili (come detto, la qualit viene ricondotta alla quantit).
60
Le fonti antiche assimilano questo movimento degli atomi a quello del pulviscolo atmosferico che
vediamo volteggiare, per esempio, quando i raggi solari filtrano da una finestra.

32

sono infiniti, infinite sono anche le loro possibilit di aggregazione e combinazione: ecco perch,
secondo Democrito, esistono infiniti mondi, che continuamente nascono, si sviluppano, muoiono e
rinascono: pensare che esista un unico mondo come credere che in una pianura ci sia ununica
spiga, afferma Metrodoro di Chio, discepolo di Democrito. Anche luniverso infinito, secondo
Democrito, perch impossibile immaginare un limite oltre il quale non si possa procedere61.
- Il movimento degli atomi, secondo Democrito, non obbedisce a nessun disegno razionale: questo
significa che nella vita e nel divenire continuo del mondo non c una logica, non c un progetto
razionale, non c ness un finalismo o piano provvidenziale: ogni fenomeno ha una causa, ma non
uno scopo. Tutto determinato dal fortuito associarsi degli atomi62.
- Secondo Democrito gli di non hanno nessun ruolo nellorigine deluniverso; da quanto si sa, pare
anzi che egli pensasse che gli di sono solo la personificazione dei pi impressionanti fenomeni
naturali.
- Questa particolare concezione del mondo e del divenire universale fa dellatomismo la prima
dottrina materialistica e meccanicistica della storia. Leggiamo in proposito quanto scrive Nicola
Abbagnano: (Il materialismo ) la concezione secondo cui la materia (insieme con il vuoto)
costituisce lunica sostanza e lunica causa delle cose. Connesso a tale materialismo lateismo.
Pur ammettendo in qualche modo gli di, Democrito ritiene che alla base del mondo non vi sia
alcuna Intelligenza Parte integrante di tale materialismo ed ateismo il meccanicismo. In
generale, si dice finalistico o teleologico il metodo che consiste nello spiegare la realt mediante la
nozione di fine, scopo, progetto divino, ecc. Si dice invece meccanicistico o naturalistico il
metodo che consiste nello spiegare le cose in virt delle cause efficienti naturali che le
producono, indipendentemente dal concetto di scopo. Per il finalismo comprendere un oggetto
significa dunque chiedersi: per quale scopo o progetto esiste o funziona in quel modo? Per il
meccanicismo spiegare un oggetto significa invece chiedersi: in virt di quale causa o legge di
natura esiste o funziona in quel modo? Ritenendo che le uniche realt del mondo siano la
materia, il movimento e le loro leggi, gli atomisti sono stati i primi a voler interpretare la natura
con la sola natura, contrapponendo il concetto filosofico di necessit meccanica alle nozioni

61

E bene precisare che lidea di un universo infinito e quella di infiniti mondi simili alla terra sono in
ambito greco decisamente rivoluzionarie (anche se gi presenti in Anassimandro). Per i Greci, infatti solo
ci che finito perfetto. Un altro aspetto decisamente rivoluzionario dellatomismo democriteo
laffermazione del moto originario degli atomi: essi sono in movimento per loro stessa natura, cio il
movimento parte della struttura stessa della materia, non occorre ipotizzare cause specifiche per
spiegarlo.

62 Ecco perch Dante definisce Democrito colui che il mondo a caso pone (cosa peraltro falsa perch

escludere il finalismo non significa affatto affermare che le cose accadano a caso: per Democrito tutto
ha una causa, anche se non ha un fine, e quindi la realt non certo dominata dalla casualit); evidente
la differenza con Anassagora, che sembra affermare lesistenza di un finalismo nella realt.

33

popolari di volont degli di o alle nozioni empedoclee e anassagoree, giudicate semi-mitiche, di


Amore e Discordia e di Nous63.
-

Come si diceva pocanzi, la concezione democritea esclude che il divenire delluniverso

obbedisca ad un disegno razionale, sia cio lo svolgimento di un progetto tendente a un fine


specifico. In questo senso si giustifica laccusa di Dante dianzi ricordata. Tuttavia, va ribadito che
Democrito non ritiene che gli eventi siano privi di causa, anzi, ognuno di essi rigorosamente
determinato da una causa. Insomma, tutto ci che accade ha una precisa causa, ma non tende al
conseguimento di alcun fine programmato o predeterminato.
- Anche luomo, come tutte le cose che esistono, per Democrito formato di atomi; lo stesso
vale per lanima, anche se gli atomi che la compongono sono particolari (di natura ignea e di
forma sferica); tutto ci che esiste quindi materia; lanima materiale, come il corpo, e alla
morte si dissolve ( quindi mortale anchessa).
- Sulla teoria degli atomi Democrito imposta anche il problema della conoscenza: le sensazioni
dipendono a suo avviso dallazione esercitata sulluomo da effluvi di atomi: dai corpi di
distaccano questi effluvi, composti di particelle simili ai corpi che le rilasciano, colpiscono i
nostri organi di senso e di qui deriva la nostra conoscenza della realt64.
8 - NASCITA DELLA FILOSOFIA MORALE
- Come abbiamo visto, dal suo nascere fino alla prima parte del V sec. la filosofia dominata dal
problema cosmologico: da Talete a Democrito essa si incentra sulla ricerca di un principio che
permetta di spiegare la realt del cosmo. Solo il pensiero di Parmenide e della sua scuola fa
eccezione, perch pone al centro del suo interesse una riflessione sulla natura dellessere, sul
problema dunque ontologico (e non su quello propriamente cosmologico) Resta comunque in
ombra in questo primo periodo della filosofia greca la realt delluomo: tutti i problemi che
riguardano specificamente luomo (la virt, le leggi, le norme dellagire umano) sono
sostanzialmente assenti65. Non quindi ancora nata una vera e propria etica filosofica (o filosofia

morale)66.

63 Cit., 67. Il termine meccanicismo deriva dal greco mechan, che significa macchina; esso designa

dunque ogni concezione che fa del cosmo una macchina in cui ogni evento deriva da un altro (come negli
ingranaggi degli orologi meccanici) .
64 Facciamo un esempio: se io vedo (cio conosco) un pezzo di legno perch un effluvio di atomi

del legno colpisce lorgano del mio senso visivo. Lo stesso accade per gli altri quattro sensi.
Ovviamente queste problematiche non sono del tutto ignorate, come testimoniano ad esempio le
dottrine pitagoriche sullanima, il destino ultramondano delluomo, la metempsicosi (condivise da altri
filosofi, come Eraclito o Empedocle). Si adottano tuttavia spesso soluzioni legate al pensiero religioso
(orfico): il tema uomo non viene ancora posto al centro della riflessione pi specificamente filosofica.

65

66 Letica o morale quella parte della filosofia che studia il nostro comportamento e le norme cui

esso obbedisce, sia descrivendo come di fatto agiamo sia prescrivendo come dovremmo agire
(ABBAGNANO, FORNERO, Le basi del pensiero, vol I, cit., 9). Dunque letica da un lato descrive il
comportamento umano, cercando di spiegare perch luomo agisce in un certo modo, dallaltro definisce
un codice di comportamento che deve gudare le azioni umane (come dovremmo comportarci).

34

E ovvio che tutti i popolli e le culture hanno convinzioni morali, norme di comportamento,
regole di convivenza. Tuttavia, di filosofia morale in senso vero e proprio si pu parlare solo
quando si esce dallanalisi dei casi particolari per cercare nessi e collegamenti universali e
necessari (Reale). In altre parole, non basta definire delle regole che stabiliscano cosa si pu e
cosa non si pu fare in una specifica circostanza o in un determinato contesto perch si possa
parlare di filosofia morale: occorre che si individuino dei criteri di valore universali (validi cio
sempre, ovunque, per ogni uomo) e necessari (cio sicuri perch argomentati, derivanti da
dimostrazioni e ragionamenti) dei quali le regole e i codici di comportamento siano la conseguenza
logica e argomentata. Per, per stabilire criteri di questo tipo indispensabile sviluppare prima
una riflessione sulla natura delluomo, sulla sua essenza. Infatti, per stabilire che cosa sia la virt
(e cosa, al contrario, sia il vizio) bisogna prima analizzare luomo in quanto tale e definirne
lessenza. Si intende per essenza ci che rende una realt quella che , differenziandola da ogni
altra (lessenza delluomo ci che fa s che luomo sia uomo, differenziandolo da ogni altro
essere; lo stesso vale per qualsiasi altra realt: lessenza ci che la definisce, ci per cui essa
quella che e non unaltra). La virt delluomo la realizzazione dellessenza delluomo. Per
definire la virt delluomo occorre quindi definirne preliminarmente lessenza.
In sintesi: a) filosofia morale = determinazione della virt; b) virt = realizzazione da parte
delluomo della sua essenza; c) filosofia morale = deve definire lessenza delluomo e sulla base di
questa definizione pu determinare cosa per luomo sia bene e cosa sia male (stabilendo cos delle
norme di comportamento).
- Assai prima che nasca la filosofia, in Grecia presente una profonda riflessione morale: i poemi
di Omero, per es., presentano un preciso ideale delluomo e delle sue virt (eroismo, coraggio,
saggezza, audacia,); Esiodo nelle Opere e giorni, propone unanaloga riflessione, ponendo al
centro tuttavia valori diversi, come la benevolenza, la mitezza, la disponibilit al sacrificio. Tutto
questo per differisce radicalmente dalla filosofia morale: si tratta infatti di riflessioni di carattere
intuitivo, basate sul buon senso, sulla tradizione, in altri casi sul vincolo della religione (si pensi alle
norme della vita orfica). Non c un discorso organico, non c una fondazione razionale di
quanto si afferma. La filosofia morale nasce solo quando al centro della riflessione filosofica viene
posto luomo e razionalmente si cerca di derivare dallanalisi delluomo (cio dalla definizione della
sua essenza) il concetto di virt e la conseguente tavola di valori. Con la sofistica luomo si
pone al centro della riflessione filosofica e nasce la filosofia morale67.
9 - SOFISTI
- Il termine sofista significa letteralmente sapiente; oggi, invece, ha assunto un valore
negativo e indica chi, con ragionamenti capziosi, cerca di offuscare la verit e, allo stesso tempo,
di dare valore a ci che falso, facendolo artificiosamente apparire vero. In sostanza, il sofista
67 In altri termini si pu dire che la questione antropologica prende il posto di quella cosmologica.

35

una persona che usa abilmente il ragionamento per imbrogliare gli altri. In realt, i sofisti hanno
grandissimi meriti dal punto di vista storico, perch hanno per primi posto il problema-uomo al
centro della riflessione filosofica, sostituendolo al problema-cosmo. Quali sono i motivi di questo
spostamento dellinteresse? Innanzitutto la filosofia cosmologica era giunta ad un punto morto:
era in pratica stato detto tutto e il contrario di tutto (monismo, pluralismo, essere, divenire,
meccanicismo, finalismo, ecc.) Inoltre, nel V sec. a. C., maturano nuove condizioni sul piano
storico, sociale e politico: laristocrazia in crisi, cresce il potere del popolo, entrano in crisi i
valori tradizionali (insieme alla classe che ne portatrice, appunto laristocrazia). E soprattutto
rilevante la possibilit, che si apre a cerchie pi ampie della popolazione, di accedere al potere:
emerge di conseguenza lidea che la virt non sia per forza legata alla nascita (alla nobilt) ma
che possa essere imparata (e quindi anche insegnata). Il sofista proprio il maestro di coloro che
vogliono emergere nella vita politica, nella nuova realt politica in cui ci che conta non pi la
nobilt della nascita, ma sapere efficacemente esprimere (e far valere) per proprie opinioni. Il
sofista, quindi, non pi un ricercatore solitario: un pedagogo, un maestro, un educatore, che
viaggia di citt in citt per offrire (e vendere) i suoi servigi.
- Come si diceva, nel linguaggio corrente, sofista ha un valore negativo, mentre in origine il
significato era assai positivo poich indicava un uomo sapiente. Laccezione negativa diventa
popolare forse gi a partire da Socrate, certo con il suo discepolo Platone (al quale pi tardi si
aggiunge nella condanna Aristotele). Di che cosa sono accusati i sofisti? a) Di proporre un sapere
apparente, non vero; b) di lucrare, professando la loro filosofia per amore di denaro e non di
verit. Anche lopinione pubblica non li vede molto bene, perch li giudica un pericolo per la
religione e valori morali tradizionali. Oggi la storia della filosofia li ha ampiamente rivalutati e, anzi,
considera il loro contributo essenziale per la storia del sapere.
- I sofisti operano dunque una vera rivoluzione nella filosofia greca; la filosofia naturalistica,
quella dei fisici era ormai bloccata nelle sue contraddizioni: ai sofisti va il merito di avere
spostato il discorso dal cosmo alluomo. Nasce quindi con loro il periodo umanistico della
filosofia greca: in primo piano vengono poste infatti le scienze delluomo: etica (morale), politica,
retorica, arte, educazione (pedagogia). Non cercano pi larch, il principio della vita cosmica, ma
concentrano la loro attenzione sui problemi della virt, dello Stato, delle leggi, della religione,
delleducazione. Sono, sotto ogni punto di vista, figli del loro tempo, dellAtene del V secolo, una
citt che, uscita trionfalmente dalle guerre persiane, avvia la straordinaria esperienza della
costruzione (unica nel mondo antico)

di uno stato democratico. E lAtene in cui emerge la

borghesia, mentre perde potere laristocrazia, unAtene aperta ai traffici ai commerci, dinamica e
orgogliosa di se stessa. La democrazia il presupposto imprescindibile della sofistica e lambiente
entro il quale essa ha modo di nascere ed esprimersi. Democrazia vuol dire innanzitutto esprimere
le proprie opinioni: in assemblea: ovvio che essere capaci di farsi valere nel dibattito, di
argomentare efficacemente, diventano doti essenziali e ricercatissime per emergere. Soprattutto i

36

giovani delle famiglie pi in vista cercano qualcuno che insegni come fare carriera nel mondo della
politica, che insegni cio la politik tchne, la tecnica (o meglio larte) della politica, che in
democrazia consiste nella capacit di dibattere (dialettica) e nellarte oratoria (retorica). A
questo provvedono i sofisti, che sono in primo luogo quindi degli insegnanti: per questo devono
farsi pagare, non avendo altre possibilit di guadagno.
- Apparentemente lo studio nelle scuole sofistiche si riduce alle tecniche per far prevalere la
propria opinione su quella degli avversari. Ma fin dallinizio chiaro che linsegnamento della

politik tchne comporta una serie di problemi di grande importanza filosofica. Le tecniche di
convincimento, che vengono elaborate, mettono in crisi il concetto stesso di verit oggettiva; si
scopre il potere persuasivo della parola nei rapporti umani, mentre la radicalizzazione delle
posizioni e del dibattito porta alcuni fino al pessimismo gnoseologico (non possibile conoscere
nulla) e al nichilismo ontologico (nulla esiste). Ecco che la sofistica diviene qualcosa di pi del
semplice insegnamento della dialettica e della retorica: diviene riflessione sulla natura stessa della
verit, sulla conoscibilit del reale, sullesistenza stessa delle cose. Il pi importante dei sofisti
Protagora (V sec. a. C.)
PROTAGORA afferma che Luomo misura di tutte le cose, delle cose che sono in quanto

sono, delle cose che non sono in quanto non sono. Il significato di questa celebre massima
molto discusso: alla lettera sembra voler dire che luomo lunico giudice di ci che reale e di
ci che non lo , del vero e del falso; per questo Protagora ritenuto il fondatore del
relativismo occidentale68. Egli sembra dunque affermare che non esiste un criterio assoluto per

distinguere il vero dal falso e il bene dal male, per discriminare cio i valori: il criterio solo
luomo, il singolo uomo. P. ha anche affermato che intorno ad ogni cosa ci sono due ragionamenti

che si contrappongono fra loro: questo significa nuovamente che la verit non esiste perch su
qualsiasi cosa possibile dire e contraddire. Probabilmente si tratta di uno strumento tecnico
che P. usava nel suo insegnamento: addestrava gli allievi a produrre argomenti favorevoli e
contrari su uno stesso argomento, allenandoli soprattutto a sostenere le tesi pi deboli.
Insomma, cercava di rendere i suoi allievi capaci di far prevalere nella discussione anche
largomento meno fondato. Non dobbiamo per concludere da quanto precede che P. sia arrivato
ad

una

filosofia

che,

perch

relativistica,

giustificasse

tutto,

ammettendo

qualsiasi

comportamento. P. credeva infatti in un criterio di scelta, quello dellutilit, intesa come il bene
del singolo e della societ. Buono sar dunque quello che giova alla comunit, cattivo ci che
le nuoce. Ci che, nel corso del tempo, si dimostrato utile per gli uomini il bene: alla

68 Il termine relativismo ha ambiti di applicazione differenti: in senso generale esso significa negare che

esista una verit assoluta, o meglio che esistano criteri assoluti per definire cosa sia vero e cosa no, cosa
sia bene e cosa male. In senso etico, relativismo significa affermare che non ci sono valori assoluti sul
piano morale, cose assolutamente buone o cattive: tutto relativo a chi giudica e quindi condizionato a
un certa situazione, a una certa cultura, educazione, ecc.

37

concezione tradizionale del bene come una realt assoluta, data e definita una volta per sempre,
P. oppone dunque la concezione del bene come qualcosa che va verificato nel concreto della
storia e della vita dei gruppi umani. E chiaro che questa concezione presenta un limite: pu valere
solo per ci che nel passato si gi verificato, non per qualcosa di completamente nuovo.
10 - SOCRATE (470-399 a. C.)
S. non scrisse nulla69. Ci che di lui si sa proviene da testimonianze di autori contemporanei o
che dai contemporanei le traggono ( questa la cosiddetta questione socratica). Le
testimonianze sono per assai contraddittorie. Questo pone gravi problemi interpretativi.
Testimoni principali (e loro limiti):
-

Aristofane, Le Nuvole: accusa violentemente S. di avere un influsso nefasto sui giovani

Platone: S. il protagonista della maggior parte dei suoi dialoghi ma occorre cautela perch:
a) Platone mitizza S. facendone il perfetto ideale di umanit (spesso sembra pi un simbolo
che un uomo reale); b) Platone fa esprimere a S. la sua dottrina, della quale buona parte non
va invece riferita a S. ma alla personale riflessione platonica.

Senofonte: manca di spessore speculativo. Il suo S. assai ridotto.

Aristotele: non contemporaneo

Occorre dunque tenere criticamente conto di tutte le fonti e, soprattutto, porre in rilievo quelle
dottrine che prima di S. non sono attestate e dopo s. Ci sono infatti novit di enorme portata
nella filosofia post-socratica
Socrate si oppone al relativismo sofistico, ponendo la domanda che cosa ?, che implica
lesistenza di una verit oggettiva al che cosa per te? dei sofisti, che presuppone invece il
relativismo. Con questa domanda Socrate d un significato nuovo alla dialettica: se per i sofisti
essa era uno strumento per far prevalere unopinione sullaltra, con Socrate diventa strumento di
ricerca e fonte di conoscenza della verit.
S. condivide tuttavia latteggiamento critico dei Sofisti nei confronti della filosofia cosmologica
della scuola ionica. I risultati contrastanti ai quali ha portato la speculazione dei fisici
dimostrano, secondo lui, che quella filosofia al di fuori delle possibilit umane. Il vero problema al
quale la filosofia deve dedicarsi , per S. come per i Sofisti, luomo.
I Sofisti sono caduti in grosse contraddizioni, secondo S., perch hanno voluto parlare delluomo
senza definirne lessenza. S. si pone quindi alla ricerca di questa essenza e alla domanda cos
luomo? risponde: luomo e la sua anima. Infatti lanima che distingue luomo dagli altri
viventi. Anche prima di S. in Grecia si era parlato di anima (psych), tuttavia nessuno intendeva
69 Rifiutava la scrittura perch fossilizza la ricchezza e la dinamicit del pensiero umano e sottrae

alluomo la possibilit del dialogo e della trasformazione (Ardiccioni).

38

con questo termine ci che S. e, dopo di lui, tutto il pensiero occidentale hanno inteso. Qualche
esempio: per Omero lanima solo un fantasma, una larva che vaga inconsapevole e desolata
nellAde; per lOrfismo s il dimon, principio divino imprigionato nel corpo, ma non si identifica
con la coscienza, anzi reale e libera solo se si allontana da essa, se si distacca completamente
dallindividuo; per i filosofi fisici solo un impersonale frammento dellarch, una sua parte. La
novit assoluta del concetto socratico dellanima che essa coincide

con

la

nostra

coscienza, col nostro io pensante (intelletto) ed operante (volont-azione).


I Sofisti, come s detto, non avevano saputo indicare quale fosse lessenza delluomo, quindi
non avevano neanche saputo identificare il fine delluomo, la sua virt (aret)70 Socrate invece,
definendo lessenza delluomo, in grado di precisarne anche la virt. Se lessenza delluomo
lanima, la virt ci che permette allanima di realizzarsi, di svolgere al meglio la sua attivit
propria. Abbiamo visto che per Socrate lanima coincide con lio cosciente, pertanto risulta ovvio
che la virt la conoscenza ed il vizio la non-conoscenza, cio lignoranza.
Riassumendo: a) essenza delluomo = anima; b) anima = coscienza; c) virt = realizzazione della
natura propria di una cosa (che nel caso delluomo lanima); d) virt delluomo = conoscenza.
Dunque la conoscenza ci che permette allanima, essenza delluomo, di realizzarsi, dato che
anima = coscienza. Con queste affermazioni, S. ribalta la tradizionale tavola dei valori greca: veri
valori non sono quelli del corpo (bellezza, forza, piacere) o quelli comunque esteriori ( ricchezza,
potere), ma quelli dellanima. Non c per ancora la contrapposizione radicale tra anima e corpo
che troveremo in Platone (e che gi presente nellorfismo).
Dunque per S. virt conoscenza e vizio ignoranza; ci implica che chi fa il male lo fa perch

non sa cosa fa, non perch vuole fare il male pur sapendo che tale. In altre parole, nessuno
malvagio volontariamente. S. disconosce quindi il ruolo che nellazione morale ha la volont
(bisogna infatti voler fare il bene, non basta sapere che cosa il bene per farlo; esistono
componenti irrazionali che possono farci agire in modo diverso da quello indicatoci dalla ragione).
Che conoscere il bene sia condizione necessaria per farlo vero, ma non , come ritiene S.,
condizione sufficiente: nellazione morale la volont ha lo stesso peso della conoscenza. La
volont anzi la cosa pi importante (come, per es., il cristianesimo chiaramente afferma). Tutta
letica greca intellettualistica, sopravvaluta cio limportanza e il potere della ragione. Si parla
dunque per letica socratica di Intellettualismo etico (che ne costituisce il limite maggiore).

70 Il termine greco aret solo impropriamente tradotto dallitaliano virt, esso indica infatti ci per cui

ogni cosa disimpegna nel modo migliore lattivit che le peculiare: ogni cosa ha una sua attivit
specifica (p. es. coltello = tagliare) laret di una cosa il miglior modo che quella cosa ha per esplicare la
sua attivit specifica: laret del coltello tagliare bene (Reale)

39

Nonostante questa difficolt di fondo, letica di S. propone alcuni concetti che poi resteranno
fondamentali nello sviluppo del pensiero morale:
-

concetto di autodominio (enkrteia); indica il dominio di s, vale a dire il saper rendere la


ragione padrona degli istinti, degli impulsi pi bassi e materiali, legati al corpo.

solo luomo che possiede lenkrteia libero; nuovo concetto della libert (eleuthera): non
pi intesa in senso giuridico e politico, ma in senso morale. Libert come dominio sulle
passioni.

S. mette in rilievo anche il concetto di autarchia (autrchia). Lo uomo virtuoso


autarchico perch non dipende dai suoi bisogni fisici, che controlla con la ragione. Chi si
abbandona alle passioni non autosufficiente, dipende dagli altri, dalloggetto dei suoi
desideri. Solo il saggio ha il completo totale controllo di s. Lideale delleroe che con le sole
sue forze riesce in grandi imprese, proprio della tradizione greca (come Ercole) viene cos
interiorizzato.

Il concetto socratico di felicit (eudaimona) deriva da tutto ci che s detto: felice solo il
saggio, colui cio che, obbedendo solo alla ragione, consegue il pieno dominio delle passioni. Non
in ricchezze e onori sta la felicit, ma nel possesso di un patrimonio tutto interiore.
Di fondamentale importanza nella storia del pensiero occidentale il METODO socratico: S.
vuole contrapporre un nuovo metodo di ricerca filosofica a quello dei sofisti, i quali insegnavano
come si potesse convincere lascoltatore praticamente di qualsiasi cosa, aggirandolo con discorsi
gonfi di retorica (con citazioni di poeti e saggi del passato) e con ragionamenti capziosi e
ingannevoli. Secondo S. il compito del filosofo ben diverso: non deve arringare lascoltatore
per convincerlo di presunte verit prefabbricate: deve invece aiutarlo a giungere da s alla
verit, favorendone in tal modo lo sviluppo spirituale. Questo obiettivo non si raggiunge con
grandi discorsi, ma con un ricerca comune, nella quale sono coinvolti sia il maestro che lallievo:
essa si basa quindi sul dialogo, un procedere per domande e risposte alla ricerca della verit, che
non un dato a-priori (cio gi pronto), ma il risultato di un lungo e faticoso cammino. E
questa la dialettica socratica.
Alla base della dialettica di S. si pone laffermazione di non-sapere. Da essa S. prende sempre
le mosse: non vuole infatti (come si detto) essere un maestro che si ritiene gi in possesso della
verit e la fa perci discendere dallalto sullallievo che si deve limitare ad accoglierla (come fanno
i sofisti); S. premette ad ogni suo discorso di non sapere, di essere solo una guida per chi
vuole intraprendere il cammino che porta alla verit e non il depositario della verit stessa. E
chiara qui la polemica con i sofisti che si ritenevano depositari del vero assoluto71.
71 La consapevolezza di non sapere la premessa di qualsiasi ricerca della verit: solo chi sa di non

sapere ricerca il sapere; chi convinto di possederlo non ha motivo di ricercarlo.

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Dunque S. si professa ignorante, ma si tratta, evidentemente, di uno stratagemma grazie al


quale vuole in qualche modo disorientare il suo interlocutore. Infatti, per costruire un vero sapere,
bisogna prima di tutto sgomberare il campo da ogni falsa conoscenza e da ogni pregiudizio:
proprio questo che S. si propone di fare con la prima parte del suo metodo, lironia. Possiamo
chiamare questa prima parte del metodo socratico pars destruens, ovvero parte distruttiva,
perch con lironia S. vuole appunto distruggere le pretese conoscenze dellascoltatore,
dimostrandone la falsit. Va sottolineato che in greco eironia (da cui deriva ironia) vuol dire,
dissimulazione, finzione, scaltrezza, con un significato quindi diverso dallitaliano corrente: il
termine indica pertanto la finzione messa in atto da S.: facendo finta di non sapere e di essere
interessato alle tesi del suo interlocutore, con una lunga e mirata serie di domande il filosofo ne
scardina le convinzioni, conducendolo a riconoscere la propria ignoranza.
Ovviamente, alla pars destruens deve fare seguito una pars costruens: dopo avere distrutto il
falso sapere bisogna cio costruire quello vero. Purificata da ogni falso sapere, lanima pronta
per raggiungere la verit, ma questa verit non pu essere qualcosa che il maestro comunica al
discepolo: spetta a lui trovarla dentro di s. La dialettica di S. quindi propone un nuovo approccio
alla ricerca: allironia (distruttiva) deve fare seguito la maieutica (costruttiva). Il verbo greco

maiuomai, da cui deriva questo termine, indica lopera della levatrice, dellostetrica che aiuta la
donna a partorire. Orbene, proprio come una levatrice aiuta la donna a partorire (ma non
partorisce al suo posto) cos S. si propone di aiutare il discepolo a partorire la verit da solo,
ritrovandola dentro di s. Eliminate grazie allironia le false credenze, la verit pronta per venire
a galla: il maestro si limita quindi a stimolare lallievo con domande a ripetizione finch egli, da
solo, non raggiunge la verit. S. appare cos come un vero e proprio ostetrico dellanima. Tutto
ci implica, ovviamente, che ogni uomo sia gravido di verit e che quindi la verit esista e sia
universale ed unica, contrariamente a quanto affermavano I sofisti.
11 - ARISTOTELE (384-322 a. C.)
Dalle prime posizioni ancora platoniche A. si distacca progressivamente; la critica che egli
muove al suo maestro concerne soprattutto la dottrina delle idee. Platone concepiva le idee
come essenze delle cose SEPARATE dalla realt sensibile, viventi cio in un mondo distinto (il
Mondo delle idee o Iperuranio) A. dice che queste essenze separate non possono spiegare
lesistenza delle cose di cui sono in realt solo un inutile doppione.
Quindi A. concorda con Platone sul fatto che esistono essenze eterne ed immutabili delle cose (e
che non c conoscenza se non di ci che eterno ed immutabile), ma questo elemento
universale, questa essenza delle cose deve esser posta nelle cose stesse non al di fuori di esse. Il

41

principio che fa s che una cosa sia ci che (cio la sua essenza) deve essere nella cosa, non
al di fuori di essa; di pi: se non unita alla cosa, tale essenza non ha senso. Perci: no alla
separazione tra cose ed essenze: le essenze sono dentro le cose, non fuori di esse.
A. chiama lessenza non idea come Platone, ma FORMA e dice che tutta la realt
costituita da forma + materia. Ogni oggetto reale (con la sola eccezione di DIo, come si vedr)
dunque lunione (sinolo) di forma e materia. Questa concezione detta ilemorfismo, dai
termini greci hyle (= materia) e morhp (forma). La forma dunque lessenza, la materia il
substrato costitutivo della realt: la forma ci per cui una cosa quella che (lessenza), la
materia invece ci di cui una cosa composta.
Centrale in A. la classificazione delle scienze. Egli distingue SCIENZE TEORETICHE,
SCIENZE PRATICHE e SCIENZE POIETICHE:
- Le scienze teoretiche sono le conoscenze puramente contemplative, quelle cio fini a se stesse:
sono il sapere per sapere.
- Le scienze pratiche sono invece quelle conoscenze finalizzate a guidare le nostre azioni, volte
cio ad indicarci cosa bene e cosa male: sono il sapere per agire. Scienze pratiche sono
letica e la politica.
- Le scienze poietiche riguardano anchesse lazione, ma lazione volta alla produzione di qualcosa
di concreto (mentre le scienze pratiche concernono lazione in se stessa): si tratta delle ARTI e
delle TECNICHE (A. analizza una sola arte, la POETICA).
La forma suprema del sapere la teoretica, perch pura, disinteressata contemplazione del
vero, conoscenza ricercata in quanto tale, prescindendo da qualsiasi (eventuale) applicazione
pratica. E, cio, la conoscenza che luomo ricerca per il puro piacere di conoscere, di contemplare
la verit.
Scienze teoretiche sono:
-

la METAFISICA (o FILOSOFIA PRIMA)

la FISICA

la MATEMATICA

La metafisica ha come oggetto le cause prime, ci senza di cui le cose non sarebbero, ci che
resta immutabile nel mutare continuo della realt ( studio dellessere immutabile). E quindi lo
studio della realt che sta al di l del mondo fisico, la realt sovrasensibile. Essa si pone al vertice
delle scienze perch non ha un oggetto particolare ma ha per oggetto lessere in quanto essere.
La fisica studia invece la realt mutevole, cio quella sensibile, caratterizzata in primo luogo
proprio dal movimento: il suo oggetto dunque lessere come movimento.

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La matematica scienza di ci che , come la realt metafisica, immutabile ma che non ha


esistenza propria, poich unastrazione della mente. Il suo oggetto infatti lessere come

quantit.
Dunque solo la metafisica si occupa dellessere in quanto essere: tutte le altre scienze analizzano
aspetti particolari dellessere.
Nello schema appena visto, in base a quale A. classifica le scienze, manca la LOGICA: essa
infatti non ha come oggetto qualcosa di particolare, di diverso dalle altre scienze: suo oggetto il

discorso, il ragionamento, pi precisdamente la forma che un ragionamento deve avere, a


prescindere dal suo contenuto, per essere corretto (e quindi dimostrare qualcosa). Pi che una
scienza a s stante, dunque, la logica lo strumento di cui si servono tutte le scienze. Ecco
perch Alessandro di Afrodisia ORGANON (cio strumento)linsieme degli scritti logici di A: essa
infatti studia la struttura del ragionare in quanto tale e perci alla base di qualsiasi scienza, di
qualsiasi discorso scientifico: senza logica nessuna scienza possibile.

La logica definisce innanzitutto i principi fondamentali del ragionamento, comuni a tutte le

scienze. Si tratta di quei principi di base che ogni ragionamento, qualsiasi argomento tratti, deve
rispettare per essere corretto, per funzionare. A. ne individua tre: principio di IDENTITA,
principio di NON CONTRADDIZIONE, principio del TERZO ESCLUSO. Identit: AA (ogni concetto
equivale a se stesso). Non-contraddizione: non possibile affermare e negare somultaneamente
la medesima cosa (ANON A). Terzo escluso: di due giudizi (vedi pi sotto la definizione di
giudizio) contraddittori, uno per forza vero, non c una terza possibilit. Questi principi primi
sono condizioni fondamentali di ogni ragionamento: sono quindi indimostrabili, perch ogni
possibile dimostrazione li presuppone.

In secondo luogo la logica definisce gli elementi da cui il ragionamento formato: il

ragionamento si basa innanzitutto sui concetti, ai quali corrispondono nel discorso i termini.
Perch ci sia ragionamento, per, i termini-concetti devono essere posti in relazione tra loro:
termini isolati non costituiscono ragionamento. La connessione dei termini costituisce il giudizio:
in esso si predica qualcosa (predicato) di qualche altra cosa (soggetto) tramite un verbo che
nega o afferma. Esempio: cane animale = termini staccati; Il cane un animale = giudizio72

72 Si definisce giudizio, quindi, ogni proposizione nellaquale vi siano un soggetto e un predicato, nella

quale si assegni (o si neghi) un predicato ad un soggetto. Non sono pertanto giudizi gli ordini, le
imprecazioni, le preghiere, ecc. (ovvero tutte le proposizioni in cui non vi sono soggetto e predicato).

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Secondo A., ogni termine del giudizio riconducibile a dei generi supremi, che chiama

CATEGORIE: ogni termine infatti indica o la sostanza o una delle altre categorie: qualit, quantit,
relazione, dove, quando, essere in una posizione, avere, fare, partire.
Prima categoria la SOSTANZA perch di ogni cosa sulla quale esprimiamo un giudizio diciamo
innanzitutto che essa , che essa una realt. La predicazione poi comporta che alla sostanza si
attribuiscano ulteriori determinazioni (= attributi) riconducibili alle altre categorie:
es: il cane : nero (qualit) grosso (quantit) pi veloce di una lumaca (relazione) qui a casa mia
(luogo), ecc. Gli accidenti quindi sono tutti i predicati attribuibili ad un certo qual soggetto (che
invece la sostanza). Questo sul piano logico, sul piano cio del pensiero.
Molto importante per ricordare che per A. la distinzione tra sostanza e accidente (quindi le
categorie) non ha valore solo sul piano del pensiero, ma anche sul piano della realt, dellessere
(cio cul piano ontologico); le categorie, sostanza e accidente, non sono infatti soltanto le classi
a cui sono riconducibili i termini del discorso: esse SONO ANCHE I MODI GENERALI DELLESSERE,
DELLA REALTA. Hanno cio un valore non solo logico, ma anche ontologico. In altre parole, non
sono solo il modo in cui noi pensiamo la realt, ma modi di esistere della realt stessa. La
sostanza ci che esiste autonomamente, ci che non necessita di altro per esistere; laccidente
invece ci che esiste solo in funzione di altro, cio della sostanzaPer esempio, l essere cane sostanza, esiste autonomamente, lessere nero, invece,
accidente perch esiste soltanto in funzione di una sostanza a cui si appoggia (lessere nero del
cane, di un muro, di un oggetto, ecc.; si tratta di una qualit e la qualit sempre qualit di

qualche cosa, cio della sostanza).


- Riassumendo: alla distinzione sul piano logico, per cui in un giudizio individuiamo il soggetto
(sostanza) e il predicato (accidenti) corrisponde sul piano ontologico analoga distinzione tra
sostanza (lessere autonomo) e accidente (lessere che esiste solo in funzione di altro, cio della
sostanza). SOSTANZA quindi ci che ha una propria sussistenza, ci che in s e per s, che
autonomo, che esiste senza bisogno di nientaltro; ACCIDENTE invece ci che esiste solo in
riferimento a qualcosaltro, che non autonomo, essendo una determinazione di qualcosaltro <il
qualcosaltro la sostanza>. Sono questi I primi due due modi fondamentali dellessere:
SOSTANZA e ACCIDENTE. Sostanza ci che sussiste da s, accidente ci che inerisce alla
sostanza.
Un altro esempio: sostanza loro, accidenti sono tutte le sue propriet: colore, sapore (se ne ha
uno ...), temperatura, posizione, forma delloggetto, peso, ecc. Posso dunque avere un anello
doro, posso averlo in tasca o sul comodino, pu essere freddo o caldo, ecc. E evidente che gli
accidenti sono propriet che possono esserci o no (sono, casuali, accidentali, some dice il
nome), mentre la sostanza lessenziale ci che non pu non esserci. Tornando allesempio,
loro la sostanza perch ci che fa da base a tutte le altre propriet. Lessere oro ha una

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sussistenza autonoma, lessere giallo, freddo, caldo, sul comodino, in tasca, ecc. Sussiste solo in
relazione ad una sostanza che sia gialla, fredda, calda e cos via.
Se noi ci limitiamo a formulare giudizi, a negare cio o affermare qualcosa di qualcosaltro non
ragioniamo ancora (n del resto ragioniamo quando formuliamo un elenco di giudizi sconnessi tra
loro, non collegati). Ragionare passare di giudizio in giudizio seguendo un nesso logico,
collegando cio tra di loro le proposizioni in modo tale che le une siano premesse delle altre. Il
sillogismo il ragionamento perfetto, quello in cui la conclusione scaturisce necessariamente
dalle premesse. Nella sua forma pi elementare, il sillogismo formato da tre giudizi, dei quali I
primi due sono le premesse (note) il terzo la conclusione (non nota): dati i primi due giudizi, il
terzo scaturisce automaticamente, senza bisogno di ulteriori passaggi. Nella conclusione
vengono collegati tra di loro quelli che A. chiama gli estremi; sono i due termini presenti nelle
premesse separatamente ed uniti nella conclusione. Tale unione degli estremi nella conclusione
resa possibile dalla presenza in entrambe le premesse di un termine comune, detto medio.
Un esempio:
tutti gli uomini sono mortali= premessa 1 (premessa maggiore)
Socrate uomo = premessa 2 (premessa minore)
Socrate mortale = conclusione
termini estremi = mortale e Socrate
termine medio = uomo
*******************************************************
S detto che A. contesta la dottrina platonica delle idee perch essa pone le essenze come
realt staccate delle cose: A. nega che le essenze (forme) abbiano unesistenza separata dalla
materia; nega anche che la materia possa esistere senza forma. Tutto ci che esiste quindi

sinolo (cio unione) di materia e forma. Ne deriva che la realt non n sola forma n sola
materia ma lunione delle due, il sinolo (tranne Dio, che pura forma, priva di materia).
La materia, in quanto sostrato indefinito, capace di ricevere una forma pu anche essere
definita ENTE IN POTENZA: la forma che interviene a determinare la materia costituendo cos il
sinolo invece ENTE IN ATTO. Ecco la coppia POTENZA/ATTO a fianco di quella
materia/forma. E questa una delle pi importanti dottrine di A.: abbiamo quindi due ulteriori modi
dellessere (prima avevamo menzionato lessere come sostanza e lessere come accidente):
lessere in potenza e lessere in atto. Essere in potenza ci che una cosa pu diventare,
essere in atto ci che una cosa effettivamente . Per esempio, un pezzo di legno in atto

45

quello che , in potenza un tavolo o una sedia. Un seme in atto un seme, in potenza un
germoglio; un bambino in atto un bambino, in potenza un uomo adulto.
Abbiamo detto pi volte che tutto ci che esiste unione di materia e forma. E dunque anche
unione di potenza e atto, dato che Aristotele collega la materia alla potenza e la forma allatto:
ci significa che tutto ci che esiste per un verso gi qualcosa di definito (in atto), ma per un
altro tende a diventare qualcosa di diverso (in potenza). Quindi in ogni realt c un potenzialit
da realizzare (tranne che in Dio, puro atto privo di potenza; essendo la perfezione suprema, Dio
non ha alcuna potenzialit da attualizzare; del resto, Dio forma priva di materia, come abbiamo
detto pi sopra e, essendo la materia collegata alla potenza, si comprende come Dio sia privo di
potenza e quindi atto puro). Nellintero universo si evidenzia cos una tensione finalistica73: tutto
ci che esiste, tranne DIo, tende ad attuare la sua potenzialit a realizzare un fine.
La dottrina della potenza e dellatto alla base della spiegazione aristotelica del divenire: il
divenire non passaggio dal non essere allessere o viceversa (come dichiara Parmenide, che in
quanto tale lo nega)74 ma dellessere in potenza allessere in atto, dal poter-essere allessere.
Viene cos superata laporia eleatica75. Potenza (materia) e atto (forma) sono dunque il
presupposto di base del divenire, del movimento, del cambiamento della realt. Per questo A. li
pone come prime due CAUSE DEL DIVENIRE:
a) causa materiale (= ci di cui fatta una cosa)
b) causa formale (= essenza di una cosa)
In altre parole: perch una cosa possa mutare, deve prima di tutto esistere; tutto ci che esiste
per composto di materia e forma. Ecco perch, secondo A., le prime due cause del divenire
sono materia e forma.
Per spiegare il divenire, per, A. ricorre ad altre due cause, che affianca alla causa materiale e a
quella formale
c) causa efficiente (= ci che determina il mutamento, che lo provoca)
d) causa finale (= ci a cui tende il mutamento, lo scopo).
Quindi perch vi sia il divenire occorrono quattro cause: materiale, formale, efficiente, finale. La
dottrina delle quattro cause del divenire uno dei fondamenti del sistema aristotelico.
73 Finalismo: concezione per cui il mondo organizzato in vista di un fine ed ogni evento si spiega in

base al fine a cui esso diretto (Firrao).

74

Parmenide, come si ricorder, nega la possibilit del divenire perch ritiene che esso implichi il nonessere (una cosa che cambia non--pi ci che era). Quindi, la certezza che lessere e non pu non
essere, rende impossibile ammettere il divenire.

75 Chiamiamo aporia eleatica la conseguenza del pensiero di Parmenide, che, negando il divenire, aveva

condotto la filosofia a una drammatica crisi: la verit attestataci dalla ragione, infatti, si pone in contrasto
con levidenza (apparente) di quanto mostrano i sensi.

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Va sottolineato che nel pensiero di A. ogni divenire, ogni passare cio dalla potenza allatto
possibile solo in virtu di qualcosa che gi in atto. Tornando allesempio fatto pi sopra, si pu
capire che cosa intenda A. con questa affermazione: perch il legno possa diventare tavolo (cio
perch la sua potenza di diventare tavolo si possa attualizzare) occorre una realt gi in atto che
determini questo passaggio (possiamo vederla nel falegname). Potenza pi potenza, infatti, non
determina nessun cambiamento: perch il cambiamento avvenga occorre che la potenza di un
oggetto incontri latto di un altro.
Questo comporta, nellottica aristotelica, che tutto il divenire, il mutare, il muoversi della realt
(cio il suo passare dalla potenza allatto) richiede una causa prima incausata, un atto assoluto
privo di potenzialit. Infatti, A. ritiene che non sia possibile procedere allinfinito nella catena delle
cause: devesserci una causa prima, altrimenti nulla sarebbe spiegato. In altre parole: tutto ci
che muta passa dalla potenza allatto, ma questo passaggio richiede qualcosa di gi in atto che lo
determini. Ma tutto ci che esiste fatto di forma e materia, quindi di atto e potenza. E quindi
c sempre una potenzialit da realizzare, un passaggio dalla potenza allatto. Ebbene, A. ritiene
che questo processo non possa andare allinfinito: bisogna arrivare per forza a qualcosa che sia
atto puro privo di qualsiasi potenzialit, forma pura priva di materialit, causa prima del divenire
di tutto luniverso ma estranea al divenire.
La stessa dottrina pu essere espressa partendo dal concetto di causa: ogni movimento (o
mutamento) ha una causa; ma nella realt del mondo tutto in perenne movimento (e
mutamento). Quindi se A causa del mutare di B, a sua volta richiede una causa per il proprio
mutamento e via di seguito. Si deve allora giungere ad un motore di tutto il movimento
delluniverso, che non sia per esso stesso soggetto al movimento, al divenire: dunque un
Motore immobile. Cos Aristotele definisce Dio.
Ogni divenire mosso da questo atto puro, nel senso che tutta la realt tende ad esso come
suo fine supremo (carattere finalistico della concezione aristotelica della realt). Va sottolineato
che la causalit del Motore immobile non di tipo efficiente ma di tipo finale: esso infatti
muove il mondo come loggetto damore muove lamante. Qualsiasi

altra forma di causalit

implica infatti movimento (e allora non si tratterebbe pi dun motore immobile). Si noti che in
questa concezione Dio causa finale, non causa efficiente, cio non creatore. Il concetto di
creazione estraneo al pensiero greco: un concetto invece presente nella Bibbia, quindi nel
pensiero ebraico (e poi cristiano). Forma pura, il Motore immobile pensiero puro che pensa se
stesso (se pensasse altro ne verrebbe condizionato e ci implica imperfezione): dunque
PENSIERO DI PENSIERO. E un Dio che non crea, non ama, non provvede al mondo: solo il fine cui

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tutto tende, la suprema perfezione che attrae a s tutto luniverso, senza per prendersene in
alcun modo cura. Non ha un rapporto con gli uomini, non pensa altro che se stesso. E oggetto
damore, ma non soggetto, cio non ama (non crea infatti il mondo). Ignora gli uomini. E anche
definito privo di volont: volere significa infatti mancare di qualcosa (si vuole ci di cui si privi):
non mancando di nulla, Dio non possiede volont. Si tratta, ripetiamo, di una concezione del
divino molto diversa da quella biblica: nella Bibbia Dio dotarto di volonr ed essa si esprime
innanzitutto nella creazione del mondo, frutto appunto di un libero atto della volont di Dio.

La metafisica dunque la disciplina che analizza la realt sovra-sensibile, caratterizzata

dallassenza di movimento (realt immutabile, come abbiamo gi detto); la FISICA ha invece


come oggetto la realt sensibile, la cui caratteristica principale proprio il movimento. La fisica
dunque la scienza che studia il movimento che caratterizza la realt sensibile, cio il suo divenire.
La fisica aristotelica avr importanza enorme nella storia della cultura occidentale, restando in
auge fino alla rivoluzione scientifica dei secoli XVI-XVII. Essa ha due caratteristiche generali: a)
una fisica delle apparenze, perch vuole spiegare la realt per come appare; b) una fisica
qualitativa, perch non fondata su calcolo e misura matematici, come la fisica moderna.
Ne riassumiamo di seguito schematicamente le dottrine fondamentali.
a) DOTTRINA DEI QUATTRO ELEMENTI: la realt del mondo terrestre costituita da quattro
elementi, acqua, aria, terra e fuoco (si ricordi Empedocle). Esiste per un quinto elemento
chiamato tere, che costituisce i cieli, cio tutta la realt fisica che sta sopra la terra (pianeti,
astri, luna, sole, ecc.) Dunque per Aristotele ci sono nel mondo fisico due livelli di realt: quella
terrestre (sublunare, cio posta sotto la luna), composta dai quattro elementi, e quella
celeste (sopralunare), composta dalltere. Il carattere dualistico di questa concezione si coglie
appieno se si pensa che i quattro elementi terreni sono considerati imperfetti (opachi, ruvidi,
mutevoli), mentre letere una sostanza perfetta, per quanto perfetta possa essere la materia
(luminoso, liscio, immutabile). Per il mondo sopralunare valgono quindi leggi diverse da quelle che
governano il mondo sublunare: ci sono dunque due fisiche, una per la terra e una per il cielo, con
leggi diverse (diversamente da quanto afferma la fisica moderna).
b) DOTTRINA DEI LUOGHI NATURALI: ad ogni elemento compete un luogo naturale, cio un
luogo in cui quellelemento tende a stare (o ad andare se si trova altrove): gli elementi che
Aritotele definisce leggeri (cio aria e fuoco) hanno come luogo naturale lalto (cielo), quelli
definiti pesanti (terra e acqua) hanno come luogo naturale il basso (terra). Ltere ha come
luogo naturale il mondo sopralunare, dove gi si trova.

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c) DOTTRINA DEL MOTO NATURALE E DEL MOTO VIOLENTO: Il moto naturale quello
con il quale un corpo si muove verso il suo luogo naturale; esso rettilineo per i quattro elementi
terrestri (dallalto al basso per acqua e terra, dal basso allalto per fuoco e aria), circolare
invece per letere (questo perch: a: il moto circolare il pi perfetto perch non ha un inizio e
una fine; b: letere non pu che muoversi circolarmente perch si trova gi nel suo luogo
naturale). Il moto violento quello per cui un corpo si muove in una direzione diversa da quella
del luogo naturale (es.: un corpo pesante, come un sasso, tirato in alto o in avanti). Il moto
violento, secondo A., richiede sempre una causa e questa causa (motore) pu agire solo per
contatto, deve essere cio in contatto con il corpo che fa muovere. Si noti che il moto violento
richiede una spiegazione (una causa), il moto naturale no.
d) DOTTRINA DEI CIELI (COSMOLOGIA ARISTOTELICO -TOLEMAICA): il moto naturale
proprio dei cieli , come abbiamo gi detto, quello circolare. Va specificato che cieli non sono per
A. tracciati geometrici, ma sfere solide fatte di tere cristallino, in cui sono inseriti i corpi celesti.
Le sfere trascinano I corpo celesti, determinandone il movimento. A. pensa che le sfere siano
55 (molte di pi dei corpi celesti76). Lultimo dei cieli detto delle stelle fisse, perch esse si
muovono (di moto apparente: come sappiamo, in realt la terra a muoversi) tutte insieme,
cio senza modificare la posizione delluna rispetto allaltra. Al centro delluniverso sta la terra,
che, essendo composta di materia pesante, non potrebbe mai stare altrove, ed immobile.
Attorno ad essa ruotano il sole, la luna e i pianeti (sistema geocentrico). Il mondo unico,
contrariamente a quanto credeva Democrito (mondi infiniti) ed finito (linfinito, infatti,
imperfetto, secondo A.). Dato che ogni moto richiede un motore, anche i cieli hanno un motore:
ciascuno ha un suo motore, ma non potendosi andare allinfinito nella catena dei motori, ci
deve essere un motore primo che non sia a sua volta in movimento, che sia cio immobile. La
fisica di A. si fonde con la metafisica.
12 - INTRODUZIONE ALLELLENISMO
Esiste una vera e propria cesura tra la cultura greca dellepoca classica e quella
successiva, solitamente - e convenzionalmente - indicata come ellenismo77, una cesura che
76 Gli astronomi aristotelici dellantichit dovettero moltiplicare il nunero delle sfere per poter spiegare

tutti i moti, anche quelli anomali, dei corpi celesti.

77

Il termine risale ai fondamentali studi di J. G Droysen, in primo luogo alla sua Geschichte des
Hellenismus del 1877-8. In realt Droysen riprende un termine - ellenisms - che i greci utilizzavano
genericamente per indicare la lingua e la cultura greca in contrapposizione alle altre e gli conferisce un
diverso significato. Volendo essere fedeli allaccezione che i Greci davano al termine nel I sec. d. C.,
bisogna intendere per ellenismo il periodo in cui la storia del popolo greco diviene gradatamente la
storia di tutti coloro che parlavano e pensavano in greco, qualunque fosse la loro origine, di qualunque
popolo essi si ritenessero figli (Pasquali, citato in G. GIANNELLI, Trattato di storia greca, Bologna
19837, 488). Resta peraltro corretto designare con questa parola la grecit un quello stadio in cui
essa va via via assumendo certi nuovi caratteri peculiari che la distinguono dalla grecit classica; fra
questi da porre in prima linea il superamento del pensiero politico particolaristico e la sua
subordinazione al senso della comune civilt greca (GIANNELLI, ivi, che cita Laqueur).

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caratterizza ovviamente anche la religione. Siamo di fronte ad una svolta decisiva nella storia
della civilt greca, al punto che si pu parlare della nascita duna nuova civilt. Per quanto
pi direttamente concerne la religione, le forme che essa assume in Grecia allinizio dellepoca
ellenistica di fatto rimangono immutate fino alla definitiva crisi della religione greca che, tra il
IV e il V sec. d. C., deve cedere il passo al cristianesimo trionfante. Elemento determinante in
questo radicale mutamento la nuova situazione politica venutasi a creare con lascesa al
potere di Alessandro il Macedone. Questi riesce ad imporre il suo dominio su tutta la Grecia e
quindi conduce le sue armate (che vedono per la prima volta tutti i Greci uniti) verso Oriente,
arrivando di conquista in conquista fino in India.
Considerati globalmente, questi fatti risultano con evidenza tanto grandiosi da giustificare
ampiamente una rivoluzione culturale senza precedenti: di essa per opportuno segnalare
alcuni aspetti specifici:
a) In primo luogo (e con grande rilievo per la religione) va sottolineato che il nuovo quadro
politico determina per le citt-stato la perdita totale di ogni autonomia: il nuovo organismo
statale unitario assorbe la polis, che tramonta definitivamente e con essa tramonta anche il
substrato essenziale della religione greca pi antica.
b) Altro evento decisivo lespansione greca verso Oriente e il conseguente incontro con
civilt diverse. Non che in precedenza i Greci ignorassero le culture orientali, anzi, i contatti
commerciali e culturali erano da sempre vivacissimi; tuttavia, a partire da questo momento,
popolazioni greche e orientali si trovano sempre pi spesso a convivere insieme, in una
situazione del tutto nuova, nella quale i processi di interscambio e interpenetrazione culturale
appaiono pi rapidi e profondi78.
c) Un ulteriore elemento di grande rilievo che caratterizza let ellenistica costituito dalla
costante instabilit delle condizioni di vita, come sottolinea Mircea Eliade: Sin dal periodo
dellinutile resistenza alla potenza macedone, attraverso le lotte, su scala ecumenica, tra le
dinastie discendenti dai successori immediati di Alessandro, attraverso le lotte con la
nascente potenza romana, fino alla perdita totale dellindipendenza, i Greci non hanno pi
conosciuto un sufficientemente lungo periodo di stabilit e sicurezza politica.

78 In un primo momento, dopo lepoca di Alessandro, si assiste ad una massiccia emigrazione di Greci

verso Oriente, con la conseguente diffusione della lingua e della cultura greche. Il greco comune (koin)
viene correntemente parlato e scritto dallEgitto allIndia, leducazione greca viene adottata dai ricchi di
ogni paese, ovunque si edificano templi, teatri e ginnasi, le filosofie dominanti (stoica, epicurea, cinica)
si impongono nelle citt di tutto loikoumnen. In un secondo momento invece lOriente ad esercitare
il suo influsso potente, soprattutto in ambito religioso. Si diffondono cos culti e credenze orientali e
lOriente viene sempre pi esaltato come patria di sapienti, maghi e iniziati, depositari di millenarie
tradizioni esoteriche e di segrete dottrine. Ecco perch - per esempio- si narra che Alessandro abbia a
lungo conversato con sacerdoti ed asceti indiani, alimentando la leggenda della sapienza indiana che
fiorir per lungo tempo, fino in epoca cristiana.

50

Da questi fatti discendono importanti conseguenze:


1) in primo luogo, i Greci si aprono a un pi significativo confronto con le culture orientali,
che per la prima volta rivelano tutto il loro splendore, il prestigio della loro antichit
(superiore in molti casi a quella della civilt greca), la ricchezza delle loro tradizioni, la solidit
delle loro istituzioni. Ormai genti greche vivono sempre pi spesso a diretto contatto con
quelli che in passato erano stati brutalmente qualificati come barbari, iniziano ad
apprezzarne la cultura e a comprenderne la mentalit. Non per loro pi possibile considerare
tutto ci che non greco come primitivo e incivile79: le lingue, le istituzioni, le filosofie e non ultime - le credenze religiose dei popoli dOriente li attirano e li affascinano sempre di pi.
I sovrani greci di epoca ellenistica (e g Alessandro) accettano la qualifica di divinit,
proprio come i monarchi orientalix. E questo un esempio rilevante del decisivo interscambio
culturale tra Grecia e Oriente che caratterizza lellenismo: la progressiva adozione in Grecia
delle forme e delle concezioni caratteristiche delle monarchie orientali. Alessandro - e pi
ampiamente i posteriori sovrani ellenistici - fanno propria senza eccessive difficolt lideologia
della regalit sacra, unideologia che rapidamente prende piede in tutto il mondo greco.
NB) Occorre qui ricordare che, nella prospettiva greca tradizionale, rendere onori divini a un
mortale una pura assurdit: divini sono solo coloro che dagli di ricevono ispirazione,
come poeti, sapienti, indovini. Certi uomini possono ricevere un vero e proprio culto come
eroi, ma solo dopo la morte: cos che poeti, atleti, fondatori di colonie, combattenti per la
patria, diventano talora oggetto di culto, esattamente come gli antichi eroi del mito. Peraltro
alcuni personaggi acquisiscono meriti straordinari che li pongono - gi in questa vita - su un
piano decisamente superiore a quello degli altri esseri umani: capita cos, per esempio, che i
vincitori degli agoni sportivi e alcuni capi militari (come lo spartano Lisandro allinizio del IV
sec. a. C.) ricevano onori prossimi al culto. Ci nondimeno il netto confine tra la condizione
umana e quella divina rimane per secoli uno dei tratti pi significativi e caratterizzanti del
pensiero religioso greco, quindi lideologia ellenistica della monarchia sacra appare senza
79

I Greci avevano sempre ritenuto se stessi superiori a tutti gli stranieri, che con disprezzo
chiamavano barbari, cio balbuzienti, deridendone con ci il modo di esprimersi. Di pi, essi
consideravano solo il Greco come uomo per natura libero, mentre il barbaro era - sempre per natura
- schiavo, perch costituzionalmente incapace di produrre cultura, libera attivit, valori. Questa
concezione trova piena espressione, per esempio, nel pensiero di Aristotele, secondo il quale gli schiavi
sono tali per natura e i barbari sono naturalmente schiavi (cfr. fr. 658; Rose). La parificazione tra
Greci e barbari, anzi la loro assimilazione, viene avviata (e non senza successo) gi da Alessandro, che
pure di Aristotele discepolo: nel 331 egli ordina che migliaia di stranieri siano istruiti nella cultura
greca e addestrati militarmente cos da entrare a pieno titolo nellesercito. Tre anni dopo, in Siria, vuole
che diecimila soldati macedoni e un gruppo di ufficiali sposino con rito persiano donne persiane. Egli
stesso sposa a Susa due principesse achemenidi. Con la fine del pregiudizio razzistico nessun uomo pu
pi essere considerato schiavo per natura: cadono dunque i presupposti teorici del sistema
schiavistico, come confermano anche le filosofie del tempo. Epicuro tratta gli schiavi con familiarit e
apre a loro le porte della sua scuola; per gli Stoici vera schiavit solo quella dellignoranza e la
conoscenza accessibile tanto allo schiavo che al suo padrone. Non a caso i due ultimi grandi filosofi
stoici sono uno schiavo, Epitteto, e un imperatore, Marco Aurelio. Cfr. G. REALE, Storia della filosofia
antica, 3, Milano 19772, 10 ss.

51

dubbio come un rilevante elemento di novit. Alessandro, capace di portare i Greci dal caos
delle lotte intestine alla conquista dun impero immenso, non pu non apparire alle masse
come un vero e proprio salvatore; la sua divinizzazione, che egli stesso promuove, incontra
cos il pieno favore del popolo. Del resto, il culto degli dei tradizionali da tempo decaduto: la
fine delle citt-stato significa, come detto, anche la crisi del politeismo antico che a quella
specifica struttura socio-politica intimamente legato. Si sente inoltre il bisogno di divinit
pi vicine alluomo, capaci di dare risposte soddisfacenti ai suoi problemi esistenziali, pronte
cio ad agire da salvatrici, intervenendo direttamente nella vita dei singoli.
2) Una seconda conseguenza determinante della nuova situazione politica e sociale
maturatasi con lEllenismo lo sviluppo di istanze al tempo stesso individualistiche e
cosmopolitiche.
: Lindividuo si sente staccato dagli organismi sociali e dalle strutture politiche che ne
avevano inquadrato la vita in epoca classica: si spezza la secolare identificazione tra uomo e
cittadino, un intero sistema di valori di fatto viene meno80 e luomo si trova a fronteggiare i
problemi essenziali della sua esistenza da solo. Lanelito alla salvezza individuale, la ricerca
della saggezza che fa vivere meglio, lideale del sapiente che - conseguito il suo interiore
equilibrio - assiste con distacco alle vicende del mondo (atarassia), sono aspetti
caratterizzanti delle religioni e filosofie del tempo. Vivi nascosto, proclamano i seguaci di
Epicuro, immaginando il saggio come colui che sta accuratamente lontano dal consorzio
umano e dalla vita pubblica.
) Solo apparentemente contraddittorio con questo ideale individualistico il cosmopolitismo
ellenistico: anchesso deriva infatti direttamente dai radicali mutamenti politici dellepoca. Il
singolo infatti non ha pi modo di partecipare alla vita dello stato, le decisioni politiche vengono
prese senza interpellarlo, in nessun modo pu sentirsi coinvolto nella gestione della cosa
pubblica; non pi un cittadino, un suddito che sente il potere come qualcosa di lontano e di
estraneo: ad amministrare la cosa pubblica sono i funzionari, a difendere lo stato i mercenari.
Lorganismo statale della polis non esiste pi e luomo, svincolato dal legame con esso, si sente
sempre pi cittadino del mondo (cosmopolita), parte di un tutto che travalica i limiti della patria
e della tradizione. Questo ideale trova compiuta e nobile espressione soprattutto nello
stoicismo81.
80

Reale sottolinea che lEllenismo separa per la prima volta in Grecia letica dalla politica: Letica
classica, che conosciamo, era sostanzialmente basata sul presupposto dellidentit delluomo col
cittadino e, perci, essa era impiantata sulla politica, o, addirittura, subordinata alla politica. Per Platone
e per Aristotele sono impensabili sia una etica non politicamente finalizzata, sia una politica non
eticamente fondata. Ebbene, per la prima volta nella storia, la filosofia morale, nellet ellenistica, grazie
alla scoperta dellindividuo, si struttura in modo assolutamente autonomo, basandosi sulluomo come
tale, considerato nella sua singolarit; ivi, 9 s.

81 Scrive W. W. TARN, parlando del fondatore dello stoicismo, Zenone: Nel suo stato ideale, Zenone

presentava una speranza abbagliante che, dopo di allora, non ha pi lasciato luomo; egli sognava un
mondo non pi diviso in stati separati, che former una sola grande citt, sotto una sola legge divina,

52

TESTI
1 - Talete, il primo filosofo

Aristotele, dopo essersi soffermato sulle caratteristiche della filosofia delle origini, accenna al
pensiero di Talete, liniziatore di questo tipo di filosofia. Naturalmente il far iniziare la filosofia
con Talete e con gli altri fisici della Ionia risponde a specifiche esigenze di Aristotele, il quale si
pone il problema della causa di tutte le cose. Platone, invece, interessato alla definizione
dellEssere, era convinto che la filosofia avesse inizio con Parmenide e con Eraclito.
(Aristotele, Metafisica, 983b)
1

La maggior parte di coloro che primi filosofarono pensarono che princpi di tutte le cose
fossero solo quelli materiali. Infatti essi affermano che ci di cui tutti gli esseri sono costituiti
e ci da cui derivano originariamente e in cui si risolvono da ultimo, elemento ed principio
degli esseri, in quanto una realt che permane identica pur nel trasmutarsi delle sue
affezioni. E, per questa ragione, essi credono che nulla si generi e che nulla si distrugga, dal
momento che una tale realt si conserva sempre. E come non diciamo che Socrate si genera
in senso assoluto quando diviene bello o musico, n diciamo che perisce quando perde questi
modi di essere, per il fatto che il sostrato ossia Socrate stesso continua ad esistere, cos
dobbiamo dire che non si corrompe, in senso assoluto, nessuna delle altre cose: infatti deve
esserci qualche realt naturale (o una sola o pi di una) dalla quale derivano tutte le altre
cose, mentre essa continua ad esistere immutata.

Tuttavia, questi filosofi non sono tutti daccordo circa il numero e la specie di un tale principio.
Talete, iniziatore di questo tipo di filosofia, dice che quel principio lacqua (per questo
afferma anche che la Terra galleggia sullacqua), desumendo indubbiamente questa sua
convinzione dalla constatazione che il nutrimento di tutte le cose umido, e che perfino il
caldo si genera dallumido e vive nellumido. Ora, ci da cui tutte le cose si generano ,
appunto, il principio di tutto. Egli desunse dunque questa convinzione da questo fatto e dal
fatto che i semi di tutte le cose hanno una natura umida e lacqua il principio della natura
delle cose umide.

2 - Anassimandro e l apeiron

Simplicio di Cilicia, studioso del VI secolo d.C., sintetizza gli elementi essenziali del pensiero di
Anassimandro, rifacendosi alla testimonianza di Teofrasto, scolarca del Liceo, successore di
Aristotele. Si noti che se il problema rimane sempre quello della ricerca dellarch, la soluzione

dove tutti i cittadini saranno riuniti non da leggi umane, ma dal loro consenso volontario o, come dice
Zenone, dallAmore; Hellenistic Civilization, London 19523, 79.

53

prospettata da Anassimandro mette in evidenza le capacit di astrazione della ragione, che


emergeranno in modo ancora pi netto nei filosofi successivi, con importanti conseguenze.
(SIMPLICIO, Fisica, 24, 13)
Tra quanti affermano che [il principio] uno, in movimento e infinito, Anassimandro, figlio di
Prassiade, milesio, successore e discepolo di Talete, ha detto che principio ed elemento degli
esseri linfinito, avendo introdotto per primo questo nome di principio. E dice che il principio non
n lacqua n un altro dei cosiddetti elementi, ma unaltra natura infinita, dalla quale tutti i cieli
provengono e i mondi che in essi esistono. [...]
3 - Anassimene e Anassimandro

Ancora Simplicio, riportando un brano di Teofrasto, ci pone dinanzi a un interessante confronto


fra Anassimandro e Anassimene. bene ricordare che questa fonte tardiva di circa mille anni,
con tutti i problemi, soprattutto interpretativi, che una tale distanza nel tempo comporta.
(Simplicio, Fisica, 24, 26; 22, 9,ed. cit., 109)

a.

Anassimene, figlio di Euristrato, milesio, fu amico di Anassimandro. Anchegli dice che una la
sostanza che fa da sostrato e infinita, come laltro, ma non indeterminata come quello, bens
determinata la chiama aria. Laria differisce nelle sostanze per rarefazione e condensazione.
Attenuandosi

diventa

fuoco,

condensandosi

vento,

poi

nuvola,

e,

crescendo

la

condensazione, acqua e poi terra e poi pietre e il resto, poi, da queste. Anchegli suppone
eterno il movimento mediante il quale si ha la trasformazione.
b.

Bisogna sapere che altro linfinito e il limitato quanto al numero, il che proprio di coloro
che ammettono molteplicit di princpi, altro linfinito e il limitato quanto a grandezza, il che
<...> conviene ad Anassimandro e ad Anassimene, i quali ammettono s un unico elemento,
ma infinito per grandezza. [...]

4 - Pitagora: una vita fra varie culture

Diogene Laerzio fornisce interessanti notizie su Pitagora, capostipite della filosofia italica. Egli,
originario dellisola di Samo, vicino alle coste dellAsia Minore, aveva viaggiato molto, recandosi
anche in Egitto, paese in cui era conservata una sapienza antica, profonda e misteriosa, prima di
approdare definitivamente nella Magna Grecia, dove fond la sua scuola a Crotone e in seguito la
trasfer a Metaponto. La sua filosofia arricchita da influssi provenienti da varie culture. Con lui la
Magna Grecia giunger a detenere per un certo tempo il primato di creativit e vivacit
intellettuale nel campo della filosofia. Ferecide di Siro, ricordato in questo brano, fu un mitografo
e cosmografo del VI secolo a.C.
Parliamo ora della filosofia italica che fu iniziata da Pitagora figlio di Mnesarco incisore di anelli,
come dice Ermippo, nato a Samo o, secondo Aristosseno, tirrenio, di una delle isole che gli

54

Ateniesi occuparono avendone scacciato i Tirreni [...]. Si procur tre coppe dargento ed in Egitto
le diede in dono a ciascuno dei sacerdoti [...]. Fu uditore di Ferecide Siro e, dopo la morte di lui,
torn a Samo [...]. Essendo giovane ed amante dello studio, emigr dalla patria e fu iniziato in
tutti i misteri greci e barbari. Fu in Egitto [...]. e poi presso i Caldei ed i Magi. Poi a Creta, con
Epimenide [...] e in Egitto conobbe glimpenetrabili (misteri) e fu istruito nei segreti circa gli Dei.
Tornato a Samo, ed avendo trovato la patria sotto la tirannide di Policrate, part per Crotone in
Italia ed ivi, dando leggi agli Italici, sal in alta fama con i suoi discepoli ed in trecento
amministravano egregiamente le cose pubbliche, in certo modo con regime aristocratico.
(DIOGENE LAERZIO, Vite dei filosofi, VIII, I, 1-3)

5 Eraclito: frammenti

Gli svegli e i dormienti


- Avendo senza comprendere ascoltato a sordi assomigliano; lo attesta loro il detto che
presenti sono assenti
- Perch, qual la mente o il senno loro? Credono ai cantori popolari e si valgono per maestra
della folla, non sapendo che cattivi sono i pi, pochi i buoni

La vera nobilt delluomo


- Se la felicit fosse nei diletti del corpo, dovremmo dire felici i buoi, quando trovano foraggio
da mangiare.
- Perch una sola cosa preferiscono contro tutte quante gli ottimi, fama perenne contro
mortali cose; ma i molti se ne stan satolli come bestie.
- A tutti gli uomini spetta dei conoscere se stessi ed essere assennati

Il divenire
- Tutto scorre (pnta re) e nulla permane (oudn mnei).
- Nello stesso fiume non possibile scendere due volte n toccare due volte una sostanza
mortale nello stesso stato.

I contrari
- Plemos [la guerra] padre di tutte le cose, di tutte re; e gli uni li mostra come di e gli
altri come uomini, gli uni fa schiavi gli altri liberi.
- E dentro di noi presente unidentica cosa: vivente e morto, e lo sveglio e il dormiente, e
giovane e vecchio: di fatti queste cose, una volta rovesciate, sono quelle, e quelle dal canto
loro, una volta rovesciate, sono queste.

55

Lordine del mondo e il caso


- Non comprendono come quanto diverge concorde con se stesso: armonia contrastante,
come quella dellarco e della lira.
- Questordine universale, che lo stesso per tutti, non lo fece alcuno tra gli di o tra gli
uomini, ma sempre era e sar fuoco sempre vivente, che si accende e si spegne secondo
giusta misura.
- Il tempo della vita (= la realt) un fanciullo che gioca, gioca con le tessere (della

scacchiera): il regno di un fanciullo

QUESTIONARI
Origini della filosofia - mito - religione greca
1. Qual lorigine etimologica del termine filosofia?
2. Chi, secondo la tradizione, lo avrebbe coniato e con quale intento?
3. Dai una definizione di filosofia (Abbagnano Reale) e spiegane il significato.
4. Cosa si intende per analisi critica?
5. Come si caratterizza la filosofia dal punto di vista del contenuto, del metodo e delle finalit
(definizione di Reale)?
6. In che cosa consiste il carattere teoretico della filosofia?
7. E possibile che la filosofia derivi dalle dottrine orientali? Quali argomenti vi sono a favore e
quali contrari rispetto a questa tesi?
8. Quali condizioni favoriscono il nascere della filosofia in Grecia?
9. Cosa si intende, nellambito della religione greca, per religioni mistiche (o misteriche)?
10. Cos lorfismo e quali sono le sue dottrine principali?
Scuola jonica, Pitagora, Eraclito, eleati, pluralisti
SCUOLA IONICA
- quale problema al centro della filosofia ionica? che cosa ricercano i filosofi della scuola di
Mileto? qual il tema di fondo della loro filosofia?
- come si pu definire larch? qual la necessit logica della sua esistenza?
- come caratterizza Talete larch? perch lo identifica nellacqua?
- come caratterizza Anassimandro larch? perch lo identifica nellapeiron (ovvero: perch
deve trattarsi di una sostanza indefinita?) come deriva la realt dallapeiron?

56

- commenta il suo frammento che dice: Tutti gli esseri devono, secondo lordine del tempo,
pagare gli uni agli altri il fio (espiare la colpa) della loro ingiustizia
- come immagina Anassimandro la forma della terra? e come a suo avviso hanno avuto
origine gli esseri umani?
- come caratterizza larch Anassimene? in quale modo dal principio derivano gli elementi
della realt?

PITAGORA
- in che cosa identificano i pitagorici larch? come si motiva questa loro concezione?
(ovvero: perch pensano che il numero sia il principio della realt?)
- come concepiscono il numero i pitagorici? quali ne sono, secondo loro, gli elementi
costitutivi?
- quali rilevanti conseguenze ha lidentificazione pitagorica dellarch nel numero? (ovvero:
che immagine delluniverso discende dalla concezione pitagorica del numero come arch e
perch di grandissima importanza nella storia della cultura occidentale?)
- come concepiscono i pitagorici il ruolo della filosofia e della scienza?
ERACLITO
- che cosa intende Eraclito distinguendo gli svegli dai dormienti? quali sono, secondo
Eraclito, le caratteristiche del vero filosofo?
- spiega i fondamenti del pensiero eracliteo partendo dalla massima panta rei
- che cosa afferma la dottrina eraclitea dei contrari?
- cosa intende Eraclito con la sua concezione dellarmonia?
** preparare anche un commento ai frammenti distribuiti in fotocopia
SCUOLA ELEATICA - PARMENIDE
- come cambia la filosofia con la scuola eleatica? quale nuova problematica emerge? (ovvero:
quali sono i caratteri essenziali della scuola eleatica?)
- come sviluppa Senofane la sua critica dellantropomorfismo religioso?
- quali sono e come si caratterizzano le due vie che, secondo Parmenide, si aprono di fronte
alluomo? che cosa afferma la via della verit?
- commenta laffermazione parmenidea: Lessere e non pu non essere, il non essere non
e non pu essere
- quali sono gli attributi dellessere che Parmenide deduce dalla sua affermazione
fondamentale?
- in base a quale criterio Parmenide deduce gli attributi del vero essere?

57

- che cos laporia eleatica?


- a che cosa mirano gli argomenti di Zenone (i paradossi)? che cosa si propone cio di
dimostrare con questi argomenti paradossali?
PLURALISTI
- perch i filosofi di questa corrente sono definiti pluralisti?
- come cercano i pluralisti di risolvere laporia eleatica?
- quali sono gli elementi secondo Empedocle?
- come spiega Empedocle il movimento degli elementi?
- come spiega Empedocle la conoscenza?
- quali dottrine sono attribuite a Empedocle a proposito delluomo e del suo destino? che
origine hanno?
- come caratterizza Anassagora gli elementi?
- come spiega il moto dei semi?
- corretto affermare che il pensiero di Anassagora prevede il finalismo?
- come si carattwerizzano gli atomi di Democrito?
- cosa significano i termini materialismo e neccanicismo?
- analogi e differenze tra il pensiero di Anassagora e quello di Democrito

Sofisti/Socrate
1) come cambia la filosofia con il V secolo? verso quali problemi orienta il suo interesse?
quali sono i motivi di questo cambiamento?
2) come si caratterizza la filosofia morale (rispetto alle concezioni morali di carattere non
filosofico, per es. tradizionali o religiose)?
3) prima che nasca la filosofia morale vera e propria presente in Grecia una riflessione
morale? come e dove si esprime? sapresti fare qualche esempio? in che cosa si differenzia
questa riflessione da quella della filosofia morale?
4) che cosa indica nel linguaggio corrente il termine sofista? a che cosa dovuta
laccezione negativa corrente del termine? quali accuse vengono mosse ai sofisti (e da chi)?
5) come considera la moderna storiografia filosofica la sofistica? conferma o smentisce il
giudizio negativo della tradizione?
6) qual il maggior merito dei sofisti (ovvero quale rivoluzione operano nella storia della
filosofia greca)? quali problematiche vengono poste in primo piano dalla scuola sofistica?
come si spiega lemergere di queste problematiche (ovvero in che contesto politico e sociale
si inquadra lo sviluppo della scuola sofistica)? quali sono le discipline che i sofisti privilegiano
nel loro insegnamento?

58

7) che cosa significa laffermazione protagorea per cui luomo misura di tutte le cose?
che cosa significa laltra affermazione intorno ad ogni cosa ci sono due ragionamenti che si
contrappongono fra loro? in che cosa identificheresti il cuore della dottrina di Protagora?
che cosa si intende per relativismo? la filosofia di P. davvero del tutto relativistica? P. non
ha indicato proprio nessun criterio per distinguere il bene dal male?
8) perch Socrate non ha scritto nulla? che problemi comporta per la storiografia filosofica
questo fatto? come si pu accedere al pensiero socratico in mancanza di scritti? quali cautele
impongono le fonti disponibili (e come le si deve utilizzare)?
9) che cosa critica S. dei sofisti e in che cosa concorda con loro? quali sono le critiche di
fondo che S. rivolge alla sofistica?
10) in che cosa identifica S. lessenza delluomo? perch essenziale questa identificazione
per lo sviluppo della sua filosofia? che cosa intende S; per anima?
11) in che cosa identifica S. la virt? cose si deve intendere esattamente per virt (anche in
relazione al significato del termine greco aret)? come motiva S. la sua dottrina della virt
come conoscenza? come si pone questa dottrina nei confronti del pensiero greco
tradizionale?
12) che cosa implica la dottrina socratica della virt come conoscenza (ovvero in che cosa
consiste lintellettualismo delletica socratica)?
13) quali concetti essenziali articolano letica socratica (e divengono patrimonio del pensiero
morale successivo)? che cosa si intende per autodominio, libert, autarchia?
14) illustra il metodo socratico (che cosa intende S; per dialettica? quale compito assegna
S. alla filosofia? perch S. pone alla base del suo filosofare laffermazione del non-sapere? che
cos lironia socratica? che cos la maieutica?)
15) perch S. stato condannato a morte? quale accusa gli stata rivolta? cosa si celava in
realt dietro laccusa? quali sono le cause storiche e politiche del processo? quali sono i
rapporti di S. con la rinata democrazia ateniese?
Platone
- in quale situazione politica matura la riflessione di P.? che analisi fa P. della decadenza che
caratterizza la sua epoca? come ritiene debba essere affrontata?
- perch la maggior parte delle opere do P. scritta in forma di dialogo?
- quali sono gli interessi e le motivazioni fondamentali del pensiero platonico?
- che cosa rappresenta per P. la morte di Socrate? quali conseguenze ha per il suo impegno
filosofico e politico?
- che cosa sono le idee? in che cosa differisce la concezione platonica dellidea dalla nostra
abituale maniera di intendere il termine?

59

- che cosa significa dualismo? Perch la dottrina platonica definibile come dualistica (sia
sul piano antropologico sia su quello ontologico)?
- quali gradi della conoscenza distingue P. e a quali ambiti della realt fanno riferimento?
- in che modo la filosofia platonica riesce a conciliare la dottrina eleatica dellessere
(Parmenide) con quella eraclitea del divenire?
- quale rapporto esiste tra le idee e le cose? Come cerca P. di spiegare tale rapporto?
- come va intesa laffermazione platonica che pone le idee nellIperuranio (ovvero come e
dove esistono le Idee)?
- come pu luomo conoscere le idee? come si caratterizza la dottrina platonica della
conoscenza? come fonda, argomenta ed articola P. la sua gnoseologia? che cosa intende P.
per reminiscenza?
- perch la dottrina platonica definibile come innatistica?
- come fonda P. laffermazione dellimmortalit dellanima? in quale dialogo viene affrontato il
tema e con quali argomenti? come si collega la dottrina dellanima immortale con la teoria
platonica della conoscenza?
- perch (come) la dottrina platonica delle idee confuta il relativismo sofistico? (in che cosa
consiste l assolutismo della dottrina platonica delle idee? A che cosa mira?)
- qual la finalit politica della dottrina delle idee?
- su quale principio fondamentale si incentra il modello platonico dello Stato? (cosa intende P.
per giustizia?)
- quali parti dellanima (e quali virt) corrispondono alle diverse classi sociali? - Come viene
determinata lappartenenza dei singoli individui alle classi? Perch lo stato platonico diverso
da quelli orientali basati su un sistema chiuso di caste?
- che cosa e come viene motivato il comunismo platonico?
- come concepita la vita delle classi superiori della societ?
- perch guardiani (governanti) sono felici, secondo P.?
- come pu essere classificato il modello politico platonico in rapporto alla democrazia?
- qual il ruolo delleducazione nello Stato platonico? Come risponderebbe Platone alla
domanda: Chi controller i custodi?
- Come si articola leducazione dei governanti?
- Cosa narra il mito della caverna? Quale ne il significato?
- Perch Platone condanna larte?
Aristotele
1: quale critica muove A. a Platone? (perch A. critica la dottrina platonica delle idee?) Su
che cosa invece concorda con il suo maestro?
2: spiega i concetti di forma materia e sinolo (che cosa significa ilemorfismo?)

60

3: illustra la classificazione aristotelica delle scienze


4: perch, secondo A., le scienze teoretiche sono le pi eccellenti?
5: quali sono e che oggetto hanno le scienze teoretiche?
6: perch la logica non rientra nella classificazione aristotelica delle scienze?
7: quali sono i principi logici fondamentali? Illustra iI principio di non-contraddizione (piano
logico e piano ontologico)
8: che cosa un giudizio?
9: che cosa intende A. per categorie?
10: che cos la sostanza? illustra la differenza tra sostanza e accidente (piano logico piano
ontologico)
11: che cosa un sillogismo? come articolato il sillogismo?
12: illustra la dottrina aristotelica della potenza e dellatto
13: come spiega A. il divenire? in che modo supera laporia eleatica?
14: illustra la dottrina aristotelica delle quattro cause del divenire
15: come dimostra A. lesistenza di Dio (cio del Motore Immobile)?
16: illustra la dottrina aristotelica del Motore Immobile (quali sono gli attributi di DIo, quale
rapporto ha con il cosmo, cosa lo differenzia dal Dio biblico)
17: di che cosa si occupa la fisica aristotelica?
18: quali sono le dottrine fondamentali della fisica aristotelica?
19: illustra la dottrina aristotelica dei quattro elementi
20: spiega che cosa intende A. per moto naturale e moto violento (e cosa li differenzia)
21: che cos, nella fisica aristotelica, il luogo naturale?
22: illustra la dottrina aristotelica dei cieli (cosmologia)
23: perch la fisica di A. dualistica?
24: confronta la dottrina aristotelica dellarte con quella platonica
********************************************************************

Appendice - NOTE SULLA APOLOGIA DI SOCRATE


(PLATONE, APOLOGIA DI SOCRATE, Introduzione DI Giovanni Reale, Milano 200082)
- Apologia di Socrate (da ora AS) e Fedone sono forse le opere pi lette e note di Platone;
in entrambe il protagonista Socrate (da ora S), ma viene presentato in modo diverso: nel
Fedone rappresenta limmagine del filosofo per eccellenza e Platone gli fa esprimere
dottrine non sue, usando la figura del maestro per illustrare temi essenziali del proprio
pensiero (che certo traggono spunto da istanze socratiche, ma sviluppandole molto oltre le
prospettive di S). NellAS, invece, Platone presenta un S reale e non una maschera
82 Dove non specificato, le citazioni sono tratte dallintroduzione a questa edizione dellApologia.

61

teatrale. Lo conferma anche il fatto che Platone stesso espressamente affermi di non
essere stato presente alla morte di S (narrata nel Fedone), ma di avere invece presenziato
al processo (narrato nellAS). LAS si pone quindi sul piano della pura oggettivit, sul piano
della verit storica. Del resto, il processo ebbe molti giudici e molti testimoni: nessuna
falsificazione o manipolazione dei fatti sarebbe stata possibile.
- Il processo, intentato contro S nel 399 a. C., aveva un preciso atto daccusa, cos
illustrato da Platone: Socrate colpevole di corrompere i giovani e di non credere in
quegli di in cui crede la citt e di introdurre nuove divinit. Senofonte conferma
laccusa, praticamente con le stesse parole.
E unaccusa non di carattere privato, ma pubblico, unaccusa di Stato: per le leggi allora
vigenti ad Atene, accuse del genere portavano a un processo di Stato, perch questioni
riguardanti gli di e il culto competevano alla citt. Offendere gli di della citt voleva
dire offendere la citt stessa; ecco perch accusa e processo erano in questi casi una
questione di Stato.
- Ma in quali di S non credeva? Negli di della tradizione mitologica. Essi, infatti: a) gli
sembravano incompatibili col concetto del divino per i comportamenti che i miti
attribuivano loro (contese tra divinit, lotte tra padri e figli, adultri, spergiuri,
favoritismi, vendette, invidie, lussuria e molte altre immoralit83); la natura del divino,
secondo S, va concepita in tuttaltro modo, cio in stretta relazione con la giustizia e il
bene. b) La religione tradizionale rendeva impossibile fondare una morale ordinata e
santa: qualsiasi malefatta umana, qualsiasi vizio, infatti, poteva essere giustificato dal
comportamento degli di. Non cera colpa per luomo, se ogni sua azione, anche la
peggiore, trovava conferma nelloperato degli di.
- S viene anche accusato di introdurre nuove divinit: a che cosa fa riferimento questa
imputazione? Molto probabilmente non alla critica socratica degli di tradizionali, ma alla
voce divina (daimon) che S affermava di sentire dentro di s fin da quando era bambino:
... In me si manifesta qualcosa di divino e di demonico, proprio quello che Meleto,
facendo beffe, ha scritto nellatto di accusa. Ci che si manifesta in me come una voce,
che, allorch si manifesta, mi dissuade sempre dal fare quello che sono sul punto di fare, e
invece non mi incita mai a fare qualcosa (AS, 31 c-d)84. E chiaro - scrive Reale - che il
83 Dice Socrate nellEutifrone di Platone: E proprio questa la ragione per cui sono accusato: perch

quando uno mi narra cose simili intorno agli di, io non me la sento di accettarle (6a)

84

Il termine greco daimon ha vari significati: dio, potenza divina, sorte, destino, genio (buono o
cattivo), spirito tutelare o tormentatore (F. P. FIRRAO, Dizionario dei termini e delle correnti filosofiche,
Firenze 1995, 85.

62

daimonion era giudicato da Socrate una sorta di divina rivelazione a lui concessa, un
privilegio elargitogli dalla Divinit del tutto eccezionale, e, insomma, unesperienza che,
in qualche modo, trascendeva i limiti dellumano85.
Occorre precisare che il termine solitamente utilizzato da S, daimnion, un neutro e
quindi non sembra possibile che indichi uno spirito-persona (qualcosa di simile a un angelo,
per intenderci), ma piuttosto un evento, un fenomeno divino non meglio specificato.
E un fatto fuori dellordinario e di natura sovrumana86, un segno divino, una voce
interiore ammonitrice che guida la coscienza di S, impedendogli di fare determinate azioni
(scelta che in seguito sempre si rivela vantaggiosa). Non abbiamo dunque a che fare con
una nuova divinit, come sostenevano gli accusatori di S, ma con un rapporto speciale di
S con il divino: la voce che S sentiva era s nella sua interiorit, ma a lui appariva come
proveniente da qualcosa di superiore, di trascendente la sua stessa coscienza. Insomma,
quel daimonion socratico esprimeva il punto di incontro dellumano col divino, in una
dimensione del religioso del tutto straordinaria nel mondo ellenico. Nella misura in cui S
comunicava ai suoi discepoli tutto questo, che non rientrava in alcun modo nel credo
religioso della citt, gli si imputava di corrompere i giovani e coloro che lo
frequentavano.
- E tuttavia legittimo chiedersi se furono davvero questi motivi religiosi a muovere gli
accusatori di S; appare evidente che le cose non stanno cos e che le accuse religiose erano
solo una copertura per mascherare i veri motivi dellostilit contro il filosofo, di natura
sostanzialmente politica. Occorre dunque inquadrare il processo nel contesto storicopolitico del tempo, come sottolinea Abbagnano: Dopo la sconfitta subita nella guerra del
Peloponneso, ad Atene si afferm, nel 404, il regime oligarchico e filospartano dei Trenta
Tiranni (capeggiato da Crizia). Sembra che Socrate non si compromettesse con il governo,
nonostante la sua opposizione a talune scelte extralegali del nuovo corso politico. Il regime
oligarchico fu rovesciato dalla reazione popolare, e fu proprio la restaurata democrazia
che volle, nel 399, il processo del filosofo. Laccusa ufficiale che il nuovo governo
rivolgeva a Socrate, quella di corrompere i giovani insegnando dottrine contrarie alla
religione di stato, va posta in relazione alla fisionomia conservatrice assunta dalla rinata
democrazia. Dopo la sconfitta subita ad opera degli Spartani, Atene, pur recuperando dopo
i Trenta Tiranni le istituzioni assembleari, guardava al passato glorioso come a un
patrimonio da conservare e perci tendeva a chiudersi alle novit rivoluzionarie di ogni
tipo, facendo inoltre dellantica religione un baluardo di coesione sociale e ideale. Di
conseguenza, un uomo come Socrate, indipendente in fatto di religione, e spregiudicato
85 Storia della filosofia antica, 1, Milano 1976, 347.
86 Ivi, 349.

63

in filosofia, poteva apparire un elemento politicamente pericoloso87. Cera comunque


ostilit nei confronti di S da parte della fazione democratica anche per motivi pi
profondi: pare infatti che S sostenesse una concezione aristocratica della politica,
ritenendo che il governo dovesse venire affidato a poche persone solidamente preparate e
competenti (al contrario di quanto pensavano gli ideologi della democrazia, come
Protagora). Inoltre, S era in rapporti di amicizia con alcuni esponenti della corrente
aristocratica che aveva ordito il colpo di stato dei trenta Tiranni88.
Comunque Meleto, che present la formale accusa contro S, era soltanto una pedina nelle
mani dei veri nemici del filosofo. Poeta fallito, pens, denunciando S, di farsi pubblicit e
raggiungere il successo e la fama che aveva cercato inutilmente. Veri ideatori
delloperazione furono in realt Anito e Licone, esponenti politici della nuova fazione
democratica, avversa, come si visto, a S.
- Un breve accenno alla dinamica del processo: secondo le leggi di Atene, esso doveva
svolgersi in un solo giorno quando prevedeva la pena di morte; i giudici erano cinquecento.

87 N. ABBAGNANO, G. FORNERO, Filosofi e filosofie nella storia, 1, Torino 1992(2), 112


88 un fatto che per molto tempo si ritenuta inspiegabile la morte di Socrate. Come mai in un

regime di restaurata democrazia, nella quale per di pi si era affermata pi volte la volont di non
esacerbare gli animi, di conciliare le fazioni e i partiti opposti all'interno di una citt che usciva
abbastanza provata da un lungo periodo di guerre e di agitazioni interne si pot mandare a morte un
cittadino cos esemplare e dotato di tutte le virt come Socrate? Questa inspiegabilit, per, era dovuta
principalmente alle versioni che della sua morte ci hanno tramandato Platone e gli altri esaltatori di
Socrate, e specialmente aI fatto che gli uni e gli altri ci dicono anche che gli Ateniesi subito si pentirono
di questa loro decisione. In realt oggi la critica pi attenta ha dimostrato che il processo e la morte di
Socrate non furono affatto degli eventi strani ed in indecifrabili, ma che si inscrivevano pienamente
proprio nella logica di regime democratico che voleva ricostruire un'unit politica e spirituale all'interno
della citt. Uno studioso inglese scrive che fu principalmente "la diffidenza suscitata dai rapporti di
Socrate con i "traditori" che spinse i capi della restaurata democrazia a sottoporlo a processo nel 400399. Alcibiade e Crizia erano morti entrambi, ma i democratici non si sentivano aI sicuro finch l'uomo
che s'immaginava avesse ispirato i loro tradimenti esercitava ancora influenza sulla vita pubblica"
(Taylor). Certo che Socrate non fu affatto quell'uomo "al di sopra delle parti, dedito unicamente alla
ricerca della verit, come suoi difensori tentarono poi di descriverlo ... Possiamo essere certi che la
critica radicale alla democrazia, all'incompetenza dell'assemblea, ai principali esponenti della politica
ateniese (Milziade, Temistocle Cimone, Pericle, ecc) fosse gi propria di Socrate" (Giannantoni). Un
Socrate dunque che, se non era un capo politico in senso stretto, era tuttavia strettamente legato al
partito oligarchico, ai suoi capi pi importanti, come Alcibiade e Crizia ... Si pu supporre, comunque,
ragionevolmente, che n gli accusatori n il tribunale volessero la morte di Socrate. In base alle stesse
notizie che ci offre Platone ed alle norme che conosciamo del diritto attico, Socrate avrebbe potuto
avere salva la vita se avesse riconosciuto la sua colpa, avesse pagato un'ammenda simbolica e fosse
andato in esilio da Atene. Ma questo Socrate non volle: anche se la sua difesa non fu una deliberata
provocazione del tribunale, come vorrebbe Senofonte, il suo discorso (una riaffermazione dei principi
ispiratori della sua vita) ed il suo atteggiamento (rifiuto di usufruire della difesa di un "avvocato" e di
ricorrere ad espedienti per commuovere i giudici, come non solo era consueto, ma era ammesso dalla
stessa procedura penale) furono oggettivamente una sfida ai giudici. Se coerente fu Socrate, lo fu
infatti anche in questo suo non riconoscere alle istituzioni democratiche alcun diritto di giudicare;
probabilmente, egli volle anche "consegnare il suo cadavere sulle braccia dei democratici che lo avevano
condannato (Storia delle Filosofie a cura di G. Casertano, A. Montano, G. Tortora, disponibile nel sito
internet: http://www.filosofia.unina.it/sdf/ant/capV/par3.htm)

64

La procedura prevedeva che innanzitutto si illustrasse laccusa, poi limputato parlava per
difendersi; seguiva una prima votazione: se i giudici decidevano di condannare (a morte),
la legge voleva che il condannato proponesse una pena alternativa. A tal fine faceva un
secondo discorso, al quale seguiva una seconda e definitiva votazione. Nel caso di S, nella
prima votazione i voti a favore furono 220 contro 280, nella seconda 140 contro 360.
Questo perch S non solo non chiese nessuna pena alternativa, ma pretese addirittura un
premio, come si vedr. Dopo il verdetto definitivo, il condannato di solito non poteva pi
parlare, ma S lo fece, tenendo un ultimo discorso di commiato.
Platone, nell AS ha sorvolato su tutti i particolari, concentrando lattenzione sui tre
discorsi di S, che, anzi, ha praticamente unito insieme, tanto che si potrebbe pensare, non
sapendo come andarono in realt le cose, a un discorso unico.
- Nel primo discorso, il pi ampio e complesso, S espone la sua difesa. Possiamo
individuarne quattro momenti: a) innanzitutto chiama in causa i suoi primi accusatori, non
coloro che hanno promosso il processo, ma coloro che hanno creato i presupposti da cui
esso nato; sono persone che hanno a lungo diffamato S, diffondendo di lui tra la gente
unimmagine negativa. b) In secondo luogo, chiama in causa coloro che lo hanno portato in
tribunale, primo tra tutti Meleto, e ne confuta le accuse. c) In terzo luogo illustra gli
elementi centrali della sua dottrina, spiegando il senso della sua missione di filosofo. d)
Infine mostra le conseguenze del suo operato e delle sue dottrine sul piano sociale e su
quello educativo. Il discorso si chiude con una richiesta ai giudici non di piet (come si
usava), ma di giustizia.
a) I primi accusatori dicevano che S. con la sua sapienza confondeva le comuni
opinioni degli uomini a proposito delluniverso (come fosse stato un filosofo naturalista, sul
tipo di quelli jonici di Mileto) e, ancor peggio, che insegnava a formulare abili discorsi per
dimostrare valide le opinioni peggiori e viceversa (come un sofista). In realt, la
sapienza di S di tuttaltra natura, ben cosciente dei propri limiti e della propria
fragilit: lunica cosa che S ritiene di sapere infatti di non sapere! Allora, stando cos le
cose, perch S giudicato un sapiente? Perch loracolo di Delfi, interpellato da
Cherefonte, lo ha definito il pi sapiente di tutti gli uomini? S, parlando ai suoi giudici,
cerca di rispondere a questa domanda, prendendo in considerazione le tre categorie di
persone che comunemente sono ritenute sapienti: i politici, i poeti e i tecnici. Con la sua
analisi stringente, S dimostra che nessuna delle tre categorie possiede la vera sapienza e
che quindi, rispetto a quegli uomini, lui certo pi sapiente: Si dava il caso, infatti sostiene S a proposito di un celebre uomo politico - che n luno n laltro di noi due
sapesse niente di buono n di bello, ma costui era convinto di sapere mentre non sapeva, e
invece io, come non sapevo, neppure credevo di sapere. In ogni caso, mi parve di essere

65

pi sapiente di questuomo, almeno in questa piccola cosa, ossia per il fatto che ci che io
non so, neppure ritengo di saperlo (21d). Analogo ragionamento viene fatto per i poeti e
per i tecnici. E allora loracolo che cosa voleva dire affermando la sapienza di S? Che
lunica vera sapienza possesso degli di, mentre quella umana ha poco o nessun valore:
quindi il vero sapiente solo colui che, come S, si rende conto della limitatezza e della
fragilit del sapere umano.
b) Contro i secondi accusatori, S replica alle accuse di corruzione dei giovani ed empiet
(con le quali lo avevano portato in tribunale). Circa la prima questione, S dice che per
accusare qualcuno di corrompere i giovani, occorre conoscere benissimo la natura umana e
sapere che cosa veramente educhi luomo e cosa invece lo corrompa. Invita allora
Meleto a rispondere a queste domande, ma quello si rivela subito incapace di farlo. Cade
cos la sua accusa
Quanto allaccusa di empiet (cio di non credere negli di della citt e di volerne
introdurre di nuovi), S per ovvi motivi non esprime fino in fondo il suo pensiero (che, come
abbiamo visto, contesta la concezione tradizionale della divinit), ma chiede a Meleto se
lo accusi di ateismo. Meleto risponde di s e allora S ha buon gioco nel dimostrare che si
contraddice: accusa S di essere ateo e allo stesso tempo di voler introdurre nuovi di!
c-d) Lintero pensiero di S affonda le sue radici nella fondamentale scoperta dellanima
come essenza delluomo e nella conseguente fondazione della filosofia morale. Lobiettivo
che S si prefigge con la sua filosofia, con il suo insegnamento dimostrare che lessenza
delluomo sta nella sua anima (nella sua (psych), ossia nella sua intelligenza, vale a dire
nella sua capacit di intendere e di volere .... Luomo troppo spesso preferisce occuparsi
di ci che ha piuttosto che di ci che , ma per essere veramente se medesimo luomo
non deve occuparsi in prevalenza del suo corpo, dei suoi possessi e del suo potere, ma
appunto della sua anima, al fine di renderla migliore il pi possibile, perch da essa
dipende tutto ci che nella vita vale. Il concetto di anima e quello della cura dellanima
costituiscono il cardine del socratismo. NellAS questi concetti sono chiaramente
affermati da S davanti ai giudici: Infatti io vado intorno facendo nientaltro se non
cercando di persuadere voi, e pi giovani e pi vecchi, che non dei corpi dovete prendervi
cura, n delle ricchezze n di alcunaltra cosa prima e con maggiore impegno che
dellanima, in modo che diventi buona il pi possibile, sostenendo che la virt non nasce
dalle ricchezze, ma che dalla virt stessa nascono le ricchezze e tutti gli altri beni per gli
uomini, e in privato e in pubblico (29b-30b). Come preciseremo pi avanti, S intende per
anima (per la prima volta nella storia della civilt occidentale) lio cosciente delluomo,
lio che ragiona, che quindi in grado di intendere e di volere (cio di conoscere il
vero e di guidare le scelte dellagire).

66

Il primo discorso di S si conclude non con una supplica ai giudici perch abbiano piet
(come si usava allora, portando in tribunale anche moglie e figli), ma con la richiesta di
giustizia89.
- Nel secondo discorso, come detto, limputato solitamente proponeva una pena
alternativa a quella di morte che era stata decisa dai giudici nella prima votazione. S si
comporta in modo molto diverso: chiedere una pena alternativa significava ammettere di
essere colpevoli, ma S non si ritiene tale, anzi convinto di avere svolto unopera
meritoria, seguendo le indicazioni della divinit che in lui fa sentire la sua misteriosa
voce. Merita quindi un premio e non una pena, un premio, sottolinea, che sia adatto alla
sua persona: Che cosa conviene a un uomo che povero, che un vostro benefattore, e
che chiede solo di avere tempo libero per potervi esortare? Non c nulla che si addica di
pi o cittadini ateniesi, se non che un uomo come questo venga nutrito a pubbliche
spese....
Il discorso provocatorio di S ha un effetto negativo sui giudici, che votano nuovamente, e
stavolta a grande maggioranza, di condannarlo a morte. Sperano probabilmente che egli
chieda come pena alternativa lesilio, in modo da soddisfare i politici che volevano solo
farlo tacere. Ma S rifiuta questa prospettiva e preferisce andare incontro alla morte.
- Nel terzo, breve discorso (successivo alla votazione definitiva dei giudici), S si rivolge sia
a chi ha votato contro di lui sia a chi ha votato a favore. Ai primi dice che sfuggire alla
morte meno difficile che sfuggire alla malvagit, perch essa corre molto pi veloce
della morte: gli accusatori sono giovani e veloci, eppure la malvagit li ha raggiunti, la
morte ha invece raggiunto S, ch vecchio e lento; chi stia meglio per evidente: Io me
ne vado, condannato alla pena di morte; mentre questi se ne vanno condannati dalla verit
per iniquit e ingiustizia. Io sto alla mia punizione, e questi alla loro (39b). Uccidendo un
uomo, dice S, non si uccidono le sue idee: anzi, se quelle idee toccano la verit pi
profonda, la morte di chi le ha sostenute le rafforza, non le vanifica.
A coloro che lo hanno assolto S propone una riflessione sulla morte e il suo significato: la
nostra ragione ci dice che la morte o andare nellassoluto nulla o passare a unaltra
vita, una vita in cui, divenuti immortali, si trovano tutti gli uomini che sono gi morti, una
vita serena e felice. In entrambi i casi la morte rappresenta dunque un vantaggio: nel
primo caso cessa ogni cosa, quindi anche ogni sofferenza, nel secondo caso si aprono le
porte di una vera e piena beatitudine. In questo senso vanno lette le ultime, celebri parole
89

Cittadini, non credo sia giusto supplicare il giudice e schivare la condanna con suppliche, ma mi
sembra giusto fornirgli spiegazioni e persuaderlo. Infatti il giudice ha la funzione non di fare regalo della
giustizia, ma di giudicare secondo giustizia. Ha giurato non gi di fare grazia a chi sembri a lui
opportuno, ma di fare giustizia secondo le leggi (35 b-c).

67

dellApologia: E ormai venuta lora di andare: io a morire, e voi, invece, a vivere. Ma chi
di noi vada verso ci che meglio, oscuro a tutti, tranne che al dio. Poco prima, per, S
esprime con parole profetiche il suo pi intimo convincimento: ... a un uomo buono non
pu capitare nessun male, n in vita n in morte. Le cose che lo riguardano non vengono
trascurate dagli di (41d).
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
Annotazioni sulla concezione greca dellanima:
Nella storia della cultura greca, in primo luogo di quella filosofica, il termine psych
riveste un ruolo e unimportanza fondamentali. Come per altri termini greci (arch, physis,
per esempio), difficile trovare un esatto corrispondente moderno, anche se solitamente
si fa riferimento al concetto (e al termine ) anima. Scrive Reale: Anima resta il termine
moderno meno inadeguato, in quanto mantiene le valenze fondamentali delloriginale, ma
perde tutta una sere di risonanze che il termine ha via via assunto nella cultura greca e,
per giunta, rischia di richiamare alla mente delluomo moderno una problematica
prevalentemente religiosa, mentre nella cultura greca la psych gioca un ruolo essenziale
praticamente a tutti i livelli: dalla metafisica alla filosofia della natura, dalla cosmologia
alla antropologia, dalla morale alla politica, dalla gnoseologia alla morale90.
Possiamo ricostruire schematicamente le tappe della concezione greca dellanima fino a
Socrate come segue:
- per Omero essa o il soffio vitale che lascia luomo al momento della morte, o, pi
profondamente, una sorta di fantasma, che sopravvive alla morte, triste e desolato,
vagando nellAde macerato dal rimpianto della vita perduta, privo di coscienza e
conoscenza (una concezione dunque del tutto negativa). In questa prospettiva il vero
uomo solo quello vivente di carne ed ossa.
- lorfismo ha una concezione opposta a quella omerica: lanima un principio divino,
perfetto e immortale, incarcerato nel corpo e ad esso vincolato a meno che la vita orfica
non operi la purificazione necessaria ad evitare una nuova nascita (dualismo, dottrina della
metempsicosi; cfr. la dispensa). Va detto per che nemmeno gli orfici riferiscono
allanima-daimon conoscenza e coscienza.
- per i fisici presocratici lanima si collega allarch; in qualche autore questo conduce a
stabilire un legame tra anima e intelligenza-coscienza (Eraclito, Anassagora)
- solo con Socrate si afferma la concezione che identifica lanima allio intellettuale e
morale ed alla personalit delluomo. Lanima diviene cos la sede dellintelligenza, della
conoscenza e dei valori morali; di conseguenza in essa viene identificata lessenza
delluomo, la sua pi profonda e vera natura.
90 Storia della filosofia antica, 5, cit, 226.

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