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Alcesti,
la donna che visse due volte
Amore e amicizia
Fra i miti greci, la leggenda di Alcesti e Admeto una di quelle che contiene pi
elementi fiabeschi. Essa rappresenta una fase di transizione dalla fiaba popolare al mito
letterario, che si presti a una rielaborazione colta. Sebbene il mito sia molto antico (ne
troviamo cenno nellIliade di Omero), come per altri miti una tale rielaborazione arriva
puntuale con la tragedia attica. Ben poco ci rimasto di unAlcesti di Frinico. Nelle
Eumenidi, Eschilo accenna a un antefatto importante, quando una delle Furie o Erinni in
procinto di convertirsi in benigne Eumenidi rimprovera in questi termini il dio Apollo:
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Altrettanto facesti nella casa di Ferete, forzando le Moire a rendere immortali i mortali.
[] Sovvertisti gli antichi ordinamenti, col vino raggirando le vecchie dee.[1]
Le vecchie dee sono le Moire ovvero le Parche, preposte a far rispettare i destini
umani. Apollo le aveva ingannate facendole ubriacare, in modo da far loro mutare la sorte
dellamico Admeto figlio di Ferete, predestinato a una morte prematura per aver dimenticato
di sacrificare alla dea Artemide in occasione delle sue nozze con Alcesti. Le Fate per
antonomasia avevano concesso che Admeto potesse sottrarsi a tale morte, se altri si fosse
offerto in vece sua. Di tanto ci informa Apollo in persona, nel prologo dellAlcesti di
Euripide, tragicommedia rappresentata per la prima volta ad Atene nel 438 a. C., pare allora
con scarso successo. Ci comprensibile, se si pensa che il rispetto dellautore per il mito
originale doveva risultare pi che altro formale. Nel caso, anche lalternanza di toni aulici e
grotteschi poteva provocare sconcerto nel pubblico pi tradizionalista.
Qual era la leggenda tradizionale? Con qualche variante fra loro, ce ne danno
ragguagli mitografi quali il greco Apollodoro e lellenizzante Eliano, i latini Igino e
Fulgenzio (e perfino lo storico greco Diodoro Siculo, nel sesto libro della sua Biblioteca).
Cominciamo con quanto riguarda Admeto, giovane re della Tessaglia. In principio cera
Asclepio, figlio di Apollo. Semidio della medicina, egli aveva osato resuscitare degli umani.
Perci era stato letteralmente fulminato da Zeus, re degli dei. A sua volta, Apollo si vendica
uccidendo certi Ciclopi che avevano forgiato le folgori di Zeus. Per punizione, questi
condanna il figlio Apollo a servire un mortale, per un anno o pi. Si d il caso che il mortale
in questione fosse Admeto. La sua generosa ospitalit gli guadagna lamicizia del dio caduto
in disgrazia, che se ne ricorder una volta reintegrato nelle sue funzioni.
Tale gratitudine si concretizza in un primo favore, da parte di Apollo verso Admeto.
Questi aveva deciso di affrontare la prova imposta da Pelia re di Iolco, ai pretendenti di sua
figlia Alcesti, consistente nel presentarsi a lui su un carro trainato da bestie feroci. Apollo
aiut Admeto ad aggiogare al suo carro un leone e un cinghiale. In tal modo, labile e
fortunato auriga pot ottenere la consenziente principessa in sposa. Questo episodio sar
largomento della prima parte di un cosiddetto centone virgiliano (poemetto latino
composto con espressioni riprese dalla poesia di Virgilio), intitolato Alcesta e dedicato
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allintera vicenda di Alcesti e Admeto. Per inciso, da notare che lAlcesta si discosta non
poco dalla versione del mito adottata da Euripide. La principale variante che la storia si
conclude tristemente, col sacrificio altruistico e la morte di Alcesti.[2]
Al greco Plutarco nel suo dialogo Sullamore, e al latino Tibullo nelle sue Elegie,
secondo un gusto ellenistico piacque immaginare che tra Apollo e Admeto vi fosse stato
qualcosa di pi che una semplice amicizia: Pavit et Admeti tauros formosus Apollo,/ nec
cithara intonsae profueruntve comae,/ nec potuit curas sanare salubribus herbis:/ quicquid
erat medicae vicerat artis amor./ (Perfino il bellApollo pascol i tori di Admeto,/ non
potendo giovargli la cetra e i riccioli intonsi;/ n egli pot sanare le sue pene con erbe
salutari,/ avendo lamore vinto ogni ritrovato dellarte medica./ ).[3] Apollo, come
Asclepio, qui proposto quale esperto di medicina. Ma nessuna terapia dellanimo si rivela
pi efficace dellamore. Plutarco vi aggiunger Eracle, pure lui legato ad Admeto da un
sentimento pi affine allamore che allamicizia, anche lui pratico dellarte medica.
I due eroi avevano partecipato alla spedizione degli Argonauti, insieme a Orfeo.
Questultimo era stato in seguito protagonista di un altro mito famoso. Sceso da vivo
nelloltretomba, grazie alla musica e al canto egli aveva persuaso le divinit dei morti
Persefone e Ade a rendergli lamata Euridice, appena deceduta. Tuttavia, un errore fatale o
una beffa del destino aveva vanificato lesito dellimpresa, sulla via del ritorno al mondo dei
vivi. Nellopera di Euripide, proprio a Orfeo si riferir Admeto, rivolto ad Alcesti ormai
morente: Se avessi la voce e il canto di Orfeo, da ammaliare la figlia di Demetra e il suo
regale marito, allora scenderei gi agli inferi, deciso a riportarti indietro.[4] Che si tratti di
commuovere gli dei inferi o di vincere la Morte stessa, secondo questa interpretazione
lamore riuscir l dove medicina e arte avevano fallito.
Un male oscuro
Nel dialogo Il convito, Platone cos commenta il sacrificio di Alcesti: Soltanto gli
amanti giungono a morire per laltro. Non solamente uomini, anche donne. Figlia di Pelia,
Alcesti ne ha dato ai greci un esempio luminoso. Lei sola acconsent a morire al posto dello
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sposo, che pure aveva padre e madre. Grazie alla forza dellamore la sua figura si elev
talmente, da far apparire quelli estranei a loro figlio, senza legami con lui se non di nome.
Cos avendo agito, il suo gesto risultato stupendo agli occhi degli uomini, ma anche degli
di. A ben pochi essi concedono che le loro anime vengano richiamate in vita dal profondo
Ade, dopo la morte. Fra tanti eroi distintisi per le loro imprese, tale privilegio fu accordato
ad Alcesti, in virt dellammirazione destata dal suo atto. Fino a tal segno, sono in onore tra
gli dei dedizione e coraggio al servizio dellamore.[5]
Per bocca del personaggio Fedro, lentusiasmo del filosofo si spinge ad anteporre
Alcesti al mitico Orfeo. La prima avrebbe offerto la propria vita in cambio di quella
dellamato, col duplice risultato di salvare Admeto e se stessa. Disceso nellAde per
sottrarre la sua Euridice alla morte con lincanto della propria musica, Orfeo non solo
avrebbe infine fallito, ma sarebbe andato incontro a una maggiore disperazione e alla
personale rovina. Non mancher chi esprime un parere alquanto diverso. Questo qualcuno
Plutarco, nellopera su citata: Si narra che Eracle, esperto in medicina, intervenne a salvare
Alcesti quando la donna era in condizioni disperate, per far cosa gradita ad Admeto. Questi
infatti, se da un lato amava la moglie, dallaltro era lamato di Eracle. Stando al mito, pure
Apollo divenne lamante di Admeto e si pose al suo servizio, per un anno intero.[6]
Qui lautore razionalizza e un po banalizza la leggenda di Alcesti, inserendola in un
quadro di relazioni affettive particolari, che non doveva punto scandalizzare i greci
dellepoca. Ancor pi interessa la menzione delle condizioni disperate, da cui le
cognizioni mediche di Eracle avrebbero salvato Alcesti (nella versione del mito adottata da
Euripide, Eracle racconta di aver affrontato la Morte/Thanatos, lottando col demone e
riuscendo a strappargli lanima delleroina). Di che male avrebbe sofferto Alcesti, tale da
indurre leroe a esercitare su lei presumibili capacit taumaturgiche? Probabilmente Plutarco
allude a un disagio di natura psichica, per esempio una forma di isteria che simuli una morte
apparente. Ovviamente per assurdo, il mito stesso ci consente di indagare i trascorsi
personali, in cerca di indizi che possano corroborare unipotesi del genere.
Stando ai mitografi, e alle Metamorfosi del latino Ovidio, certi trascorsi delleroina
sono in effetti inquietanti.[7] Bench inizialmente o del tutto dissenziente, Alcesti risulta
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essere stata coinvolta con le sorelle nelluccisione del padre Pelia, ordita con linganno da
Medea. Per vendicare il marito Giasone di alcuni torti subti, la celebre maga aveva
convinto le ingenue figlie dellanziano re di poterlo ringiovanire e sanare, immergendolo
smembrato in un calderone pieno di un filtro bollente da lei stessa preparato. Va da s, ci
aveva causato la morte del malcapitato. Se si tiene conto del truculento antefatto, che quanto
meno Alcesti non aveva saputo impedire, in partenza abbiamo un personaggio il quale
doveva essere gravato da forti sensi di colpa in ambito familiare.
Tali sensi di colpa da espiare riguarderebbero la figura paterna. Ma possibile che
essi fossero slittati su quella del marito, in quanto sostituto a livello inconscio. Immolarsi
per salvare la vita di Admeto potrebbe ben essere una fantasia espiatoria e compensatoria.
Senza lintervento di Eracle/Ercole, Alcesti avrebbe potuto lasciarsi morire o scivolare in
uno stato irreversibile di catatonia. In tal caso, ella verrebbe a essere un corrispondente
femminile della pi famosa figura mitica e psicologica di Edipo. In qualche misura, al tanto
discusso complesso di Edipo potrebbe affiancarsi una sindrome di Alcesti. Dopo la
scoperta della sua uccisione del padre e dellincesto con la madre, una delle reazioni di
Edipo quella dellauto-accecamento. Di fronte al riemergere e al drammatizzarsi di colpe
certo minori, una reazione di Alcesti quella della perdita della parola.
In base ai sintomi dei disturbi psichici pi noti, sembra invece potersi escludere la
dissociazione della personalit. Se davvero personalit differenti emergono in Alcesti, esse
non interferiscono in contemporanea; intervengono prima e dopo lepisodio morboso. Lo
stesso Euripide in due o tre occasioni parla di pi anime, anzi vite. Ma il riferimento
generico e in negativo. Nel primo caso, Apollo rinfaccia a Thanatos che non gli spetta pi di
unanima, presto o tardi che la morte venga a carpirla. In un altro caso, Ferete protesta al
figlio Admeto che tutti hanno una vita da vivere, non due ( , ). Solo per
antitesi il gioco di parole intraducibile pu anticipare leccezione rappresentata da Alcesti,
anima con due vite da spendere.[8]
Il velo e il silenzio
Viene da chiedersi chi sia il vero terapeuta, se Eracle oppure Alcesti. E chi il
paziente, Alcesti o piuttosto Admeto. Bench Ferete, nellAlcesti di Euripide, maligni su una
follia di Alcesti e malgrado le funebri allucinazioni di questultima, era stato proprio
Admeto a innescare lintero processo morboso, con le sue manie di fatale predestinazione.
Una risposta intermedia che entrambi, Eracle e Alcesti, sembrano aver condiviso
unesperienza misterica e catartica. come se letteralmente avessero visto la morte in
faccia. Comunque, Alcesti resta la pi direttamente coinvolta. Riconosciuta infine da
Admeto ma ancora sconosciuta a se stessa, difficilmente ella potr essere la stessa di prima.
Ben poco sappiamo di una nuova Alcesti. Con un silenzio simmetrico a quello delleroina,
mito e tragedia stendono un velo, con giusto un paio di vaghe eccezioni.
Una di tali eccezioni accenna a un nuovo figlio, avuto dalla coppia di sposi. Laltra
quella autorevole di Omero. Egli ci informa che Eumelo, figlio di Admeto e Alcesti signori
della citt di Fere, sbarca davanti a Troia al comando di undici navi per partecipare alla
guerra dei greci contro i troiani. In particolare di lei si aggiunge che si tratta di una divina
fra le donne, la pi avvenente tra le figlie di Pelia ( ,
), a sua volta figlio di Posidone. plausibile che la ridotta divinit
attribuita ad Alcesti sia da porre in relazione col suo mito personale, gi noto quindi
allepoca, ancor pi che con una discendenza dal dio del mare. Ebbene, n Euripide n il suo
pubblico potevano ignorare i versi dellIliade in questione.[12]
Lomerico Eumelo il bambino che piangeva la madre morente, nel dramma
euripideo. Rispetto ai suoi figli, Alcesti cos pregava rivolta alla dea Estia: Che non
periscano anzitempo come la madre, ma vivano in patria una vita piena e felice. Se
accostata ai versi omerici, in questa preghiera traspare lamara ironia di Euripide. Essa getta
una luce sulla crisi di Alcesti. Vano dedicarsi alla casa, alla famiglia, alla patria, in un
mondo sospinto verso una cieca deriva. Anche ogni velleit di riscatto destinata a essere
frustrata. Tutto ci rimarcato dallambiguit dei versi finali del dramma, recitati da un
coro di anziani: Gli dei compiono molte cose nonostante le nostre speranze: quanto ci si
aspetta non si avvera; la divinit realizza ci che non ci aspettavamo.[13]
morte,/ a lui vivente.[23] Del resto, quale tramandata dai versi di Virgilio e di Ovidio,
anche la leggenda di Euridice si concludeva con un insuccesso. Lunica vera catabasi
femminile a lieto fine, da potersi paragonare a quella dellAlcesti di Euripide, resta quella di
Psiche. La favola platonizzante del latino Apuleio ad alta densit allegorica, a partire dal
nome delleroina, che rappresenta lanima umana. Il viaggio di Psiche nellaldil
laffabulazione di un itinerario interiore di redenzione, non privo di sottintesi mistici o
misterici, in cerca dellautentica realizzazione personale. Ai fini della riuscita dellimpresa,
e del compimento della metafora, lassistenza del divino Eros determinante.
Si obietter che Psiche compiva la sua catabasi da viva, diversamente da Alcesti e a
maggior ragione da Euridice. Ma, nel caso di Alcesti, c poi stata una vera catabasi? E,
se c stata, in che cosa essa consiste? Nel dramma di Euripide leroina rediviva tace;
quindi, nulla dice in proposito. N si hanno le fantastiche descrizioni dellaldil che
troviamo in Virgilio, in Ovidio e in Apuleio. Abbiamo solo un paio di suggestivi cenni
verbali, nel delirio di Alcesti che precede il presunto evento luttuoso. Essi sono improntati
alla tradizionale rappresentazione dellAde nellantichit greca, rispetto alle note figure
infernali di Caronte e di Thanatos. I loro tratti terribili presentano qualche connotazione
puerile, tale da accreditare un carattere regressivo della sindrome di Alcesti. La pittura
vascolare etrusca recepir questi particolari, adattandoli alla propria cultura.
Admeto a definire le visioni di Alcesti unamara , alla lettera
navigazione, alludendo alla barca del demone traghettatore. Pi semplicemente, leroina
parla di , via infelicissima lungo la quale il demone della morte la trascina.[24] Fatto
sta che si tratta di un intimo, imperscrutabile percorso. N il mito n Euripide forniscono
elementi, che autorizzino a sostenere uno sdoppiamento della personalit. Ma gli indizi sono
sufficienti, per percepire una cesura coincidente con lincidente in questione. A una brusca
regressione fa seguito una redenzione da opinabili sensi di colpa, e lauspicabile presa di
coscienza di unautonomia personale. In tal senso, la storia di Alcesti pu essere considerata
la prima eco di una crisi dellidentit femminile, che ci proviene dallantichit. Nel caso
specifico, nonostante tutto, da una condizione privilegiata.
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Contro facili apparenze, questa crisi lo anche della centralit dell, casafamiglia cuore delletica antica, omerica dimensione di un eterno ritorno ormai troppo
angusta e ripetitiva per i nuovi tempi. LAlcesti di Euripide anticipa altres una crisi della
tragedia classica, che in quella dimensione era profondamente radicata. Personaggi quali
Eracle, con le sue iniziali anti-eroiche intemperanze, e Ferete, con le sue poco paterne
meschinit, competono pi alla commedia che alla tragedia. Essi attraversano il dramma e,
nel caso di Eracle, lo portano a felice compimento. Nello stesso tempo, riducono la
dismisura tragica a unironica misura quotidiana. Perfino lesordio dialettico fra Apollo e
Thanatos non privo di una pensosa comicit, che ne fa un umano, troppo umano apologo
sulla contrastante tensione fra libert dello spirito e necessit dellesistenza.[25]
La soglia e la via
In certe raffigurazioni antiche del mito, compaiono insieme Admeto, Eracle e Alcesti
velata. Alle loro spalle, una porta incombente viene di solito interpretata dagli studiosi come
quella dellAde. In particolare il mosaico pavimentale di una modesta tomba nella Necropoli
di Porto, vicina a Ostia Antica, riduce la scena allessenziale. Sulla sinistra di chi guarda,
dallo sfondo bianco emergono le sagome scure di uno scudiero e di Admeto, entrambi
armati di lancia. Sulla destra, Eracle munito dellinseparabile clava affianca linerme
Alcesti. Dietro di loro, specialmente di lei, un arco a tutto sesto poggia su esili stipiti o
colonne, sormontate da uno schematico capitello.[26]
Nulla ci dato scorgere oltre quella soglia, se non uno spazio vuoto (in raffigurazioni
analoghe, si ha un portone chiuso o socchiuso, coronato da un timpano). Fatto sta che il
particolare lunico disegnato indipendentemente dai personaggi, a conferma della sua
importanza e di un valore archetipico nel contesto narrativo, da cui la scena tratta. In
effetti, pi che lingresso della casa-reggia di Admeto, esso sembra adombrare il limite fra
la vita e la morte, simbolicamente rappresentato. la soglia che Eracle e Alcesti avrebbero
appena varcato, per tornare dallaldil al mondo dei vivi. Admeto e il testimone ristanno
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ancora increduli, forse anche timorosi. Ma il gesto eloquente della mano di Eracle, protesa
verso il mancato vedovo, mostra unintenzione persuasoria.
Egli somiglia a un Sofista, intento a convincere dellinconsistenza dellantitesi fra
essere e non-essere. O ancor pi a un filosofo eleate, il quale predichi che quanto stato e
sempre sar, malgrado le apparenze. Se si tiene presente lambiente cimiteriale in cui il
mosaico qui preso ad esempio collocato, meglio si comprende come lintenzione
persuasoria delleroe raffigurato si fonda con una consolatoria da parte dellanonimo artista.
Alla sapiente rappresentazione euripidea subentra una raffigurazione compendiaria pi
ingenua e popolare, non per questo meno commovente ed efficace. Tutto ci spiega pure
lampia fortuna che liconografia relativa ad Alcesti incontr soprattutto nellarte funeraria
della tarda latinit, fino ad epoca ormai cristiana.
Si tratta di unAlcesti stilizzata, emendata di ogni euripidea arguzia di contorno,
affine a quella di coevi poemetti quali Alcesta dellAnthologia Latina e il Carmen de
Alcestide o Alcesti di Barcellona. Se c un autore del Novecento congeniale con tale
impostazione, questi tuttavia Rilke. lui che scriveva, nei Sonetti a Orfeo: Mai a lungo
assenti dal mio cuore/ io vi saluto, antichi sarcofagi./ Lacqua spensierata dei giorni romani/
come un canto sinuoso vi attraversa. [] Superstiti a ogni dubbio/ io vi saluto, o bocche
daccapo dischiuse,/ gi edotte sul senso del silenzio (Euch, die ihr nie mein Gefhl
verliet,/ gr ich, antikische Sarkophage,/ die das frhliche Wasser rmischer Tage/ als
ein wandelndes Lied durchfliet. [] alle, die man dem Zweifel entreit,/ gr ich, die
wiedergeffneten Munde,/ die schon wuten, was schweigen heit).[27]
Fra le rivisitazioni moderne, nellAlkestis di Rilke la soglia tra la vita e la morte viene
a coincidere con quella dell, della casa-famiglia-reggia: Admeto, vacillante, li
rincorse/ per aggrapparsi, come in sogno. E loro/ erano gi dove le donne in pianto/
gremivano luscita. Quelli che lo sposo delira di voler trattenere sono Thanatos e Alcesti.
Ma chiaro che qui il decesso si gi verificato, attestato dalle donne in lutto. N ci fu
contrasto fra Apollo e Thanatos, perch entrambi sono uno stesso dio, sordo alle istanze
umane. Pure, fin dallinizio un nume cos insensibile ha mirato allindifesa Alcesti. In
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qualche modo, egli lha prescelta: Gli altri non sono che la strada a lei/ che viene, viene
(e subito sar/ tra le braccia che saprono al dolore).[28]
Nellintuizione del poeta, laltruismo delleroina s una debolezza, che lespone
allalienit assoluta. Ma anche una forza capace di convertire tale alienit in alterit,
addirittura di comunicare con essa e di farsi sofferto tramite cio Gasse, , via di
una comunicazione altrimenti impensabile. Sia gli artisti funerari romani, sia la loro
committenza, dovettero avvertire qualcosa del genere. Parafrasando Sigmund Freud o
Martin Heidegger, il personaggio insieme heimlich e unheimlich, familiare e
spaesante a un tempo. tuttaltro che univoca espressione dell, soggezione al
culto in fondo subordinato del focolare domestico: Admeto attende, ed ella non a lui/ si
volge. Parla al dio che la comprende,/ e tutti la comprendono nel dio.[29]
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