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Gli uomini che hanno scritto la storia della finanza

A cura del Dott. Andrea Castiglione andrea.castiglione@inwind.it

Gli uomini che hanno scritto la storia della finanza

Indice
pag.

1. Premessa 2. I Pionieri
Louis Bachelier Alfred Cowles Sir John Burr Williams Frederick R. Macauley

III IV

3. La Moderna Teoria di Portafoglio


Harry M. Markowitz James Tobin William F. Sharpe

VIII

4. La Teoria delle Opzioni


Fisher Black e Myron S. Scholes John C. Cox, Stephen A. Ross, Mark E. Rubinstein

XX

5. Finanza Aziendale
Myron J. Gordon Franco Modigliani e Merton Miller

XXIX

6. La Teoria del Mercato Efficiente


Eugene Fama

XXXV XXXVII

7. Conclusioni

Dott. Andrea Castiglione

II

Gli uomini che hanno scritto la storia della finanza

1. Premessa
Osservando levoluzione attraversata negli ultimi secoli dalla scienza economica si pu affermare agevolmente che lo spazio occupato dalla teoria della finanza nellambito della storia degli studi economici sorprendentemente esiguo. Questo fatto potrebbe apparire inspiegabile, se solo si pensasse a come gli economisti abbiano da sempre avuto a che fare con lanalisi dei mercati e di uno di questi in particolare: il mercato del credito. Concentrando lattenzione sulla data di fondazione dei pi antichi istituti di credito e mercati finanziari, ci si accorge di come la precedente questione appaia ancor pi inspiegabile: la pi antica banca del mondo, il Monte dei Paschi di Siena, fu fondata nel 1472 mentre il pi antico mercato di borsa del mondo, quello di Anversa, fu fondato nel 1531. Ad una lettura pi attenta della storia delle dottrine economiche si potrebbe per notare che nel corso degli ultimi secoli diversi furono i tentativi, seppur spesso estemporanei, di impostare lo studio dei mercati finanziari su basi scientifiche. In particolare, si rilevano almeno due aspetti: 1. Diverse ipotesi riguardanti le regole che sottendono al funzionamento dei mercati finanziari vennero formulate, assai prima della loro successiva riscoperta da parte di docenti ed accademici, come frutto del lavoro di operatori del settore ed erano basate per lo pi su geniali intuizioni; 2. Tali intuizioni furono per molto tempo ignorate o addirittura derise dagli esperti studiosi delle materie economiche, i quali consideravano gli operatori nientaltro che una sorta di bassa manovalanza del ramo. Partendo da tali presupposti, appare spontaneo chiedersi quale sia stato il percorso che ha portato alle bizzarrie della realt odierna: mentre la diffusione del lessico tipico del mondo della finanza presso il vasto pubblico dei risparmiatori farebbe pensare ad una semplificazione dei mercati, la crescente complessit dei prodotti finanziari fa apparire sempre pi il mondo della finanza come il regno di pochi eletti alchimisti. Il presente articolo, lungi dal voler essere un trattato sintetico ed esaustivo della storia della teoria finanziaria, intende rendere omaggio ad alcuni di quegli uomini che, con le loro geniali intuizioni o con la loro altissima capacit di modellizzare il comune buon senso, poich su concetti di semplice buonsenso spesso si basano le teorie pi importanti, hanno contribuito a far giungere la teoria finanziaria ai livelli odierni.

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III

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2. I Pionieri
Louis Bachelier (1870-1946)

Nel 1900 il francese Louis Bachelier scrisse a Parigi, nellambito dei suoi studi di dottorato in economia, una dissertazione dal titolo Theorie de la Spculation. In questopera Bachelier anticipava molti concetti oggi comunemente accettati dagli studiosi di finanza: movimento random walk dei prezzi delle azioni, moto browniano e processo di martingala, questi ultimi concetti addirittura in anticipo rispetto alle successive teorie di Einstein e Wiener. Tuttavia, come sempre accade ai geni incompresi, le idee di Bachelier vennero irrise dai suoi contemporanei: la dissertazione fu valutata negativamente e Bachelier, umiliato, fu relegato nel sottobosco di una grigia carriera da insegnante che condusse in totale anonimato nella cittadina di Besanon. Il lavoro di Bachelier rimase nellombra fino al 1964, quando il professor Paul Cootner del MIT pubblic una ponderosa raccolta di 500 pagine di studi sul movimento dei prezzi azionari dal titolo The Random Character of Stock Market Prices. In questopera fu pubblicato, tradotto per la prima volta in inglese, il contributo di Louis Bachelier che Paul Cootner ebbe a presentare con le seguenti parole: Il suo lavoro cos eccezionale da poter affermare che lo studio dei prezzi speculativi ha il suo momento di massima gloria al momento della stesura di questopera.

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IV

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Alfred Cowles (1891-1984)

Lincapacit dimostrata dagli studiosi di economia nel prevedere la crisi economica del 1929 convinse Alfred Cowles, affermato uomo daffari del Colorado, dellimportanza di un miglioramento delle metodologie quantitative utilizzate in ambito economico. Fu cos che Cowles fond, nel 1930, la Econometric Society ed il suo giornale Econometrica e successivamente, nel 1932, la Cowles Commission for Economic Research col motto Science is measurement. La Commissione, che fu trasferita presso luniversit di Chicago nel 1938 e successivamente presso luniversit di Yale ha avuto tra i suoi collaboratori quasi tutti i vincitori statunitensi del Premio Nobel per lEconomia. La necessit di avere dati misurabili port Cowles, nel 1938, a creare un indice dei prezzi azionari che rappresent la base dellodierno Standard & Poors 500: il suo obiettivo divenne quello di stabilire, su solide basi quantitative, se fosse davvero possibile, per qualcuno, battere sistematicamente il mercato. Alfred Cowles analizz circa 12.000 raccomandazioni effettuate, in quattro anni, dalle venti societ leader nel ramo dellassicurazione contro il rischio dincendio e pubblic le sue conclusioni nel 1933. La risposta alla domanda che egli stesso poneva nel titolo del suo articolo Can Stock Market Forecaster Forecast? fu: Its doubtful. Cowles giunse alle stesse conclusioni nei suoi studi successivi ma rimase comunque convinto del fatto che i risparmiatori avrebbero continuato a credere agli stregoni che prevedono landamento dei mercati semplicemente perch gli uomini hanno bisogno di credere che qualcuno possa prevedere il futuro.

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Sir John Burr Williams (1902-1989)


Sir John Burr Williams era in piena salute quando scomparve, alla veneranda et di ottantasette anni, nel 1989 lasciando dietro di s un vuoto incolmabile ed una impronta indelebile sulla teoria della finanza. Williams inizi ad interessarsi di economia relativamente tardi, nel 1930: nel suo percorso da undergraduate student ad Harvard, infatti, i suoi studi si erano concentrati soprattutto sulla matematica e sulla chimica. Dopo la laurea, conseguita nel 1923, Williams inizi a collaborare dapprima con la Harvard Business School e, in seguito, con una importante agenzia di brokeraggio col ruolo di analista. Diversi anni dopo, Williams ricorder queste esperienze con le seguenti parole: La stima del valore corretto di un titolo era un vero puzzle. Lesperienza mi aveva insegnato che per essere un buon analista, occorreva anzitutto essere esperti economisti. Fu cos che Williams decise di iscriversi alla Graduate School of Arts and Sciences di Harvard nel 1932 per prendere un Ph.D in economia. Al momento di redigere la sua tesi di dottorato, Williams discusse con uno dei pi grandi docenti di Harvard, Joseph Alois Schumpeter al fine di scegliere un tema appropriato. Schumpeter sugger a Williams di studiare il valore intrinseco delle azioni, anche in considerazione delle passate esperienze professionali di Williams. In realt Schumpeter, suggerendo tale argomento, fece una sorta di favore a Williams: gli diede, cio, loccasione di sfidare i preconcetti tipici dellambiente accademico di Harvard, il quale si era sempre mostrato ostile alle sue idee in tema di investimenti finanziari. Williams complet la sua tesi nel 1937, e, ancor prima di aver conseguito il proprio dottorato, la sped alla casa editrice Macmillan per la pubblicazione. Il manoscritto fu respinto poich conteneva simboli algebrici: la McGraw-Hill oppose lo stesso diniego. Il lavoro fu finalmente pubblicato, dietro parziale copertura delle spese di stampa da parte dello stesso Williams, nel 1938 dalla Harvard University Press col titolo The Theory of Investment Value. Williams discusse la sua tesi solo nel 1940: nella commissione, oltre a Schumpeter, sedevano Wassily Leontief e un John Hansen particolarmente disturbato dal fatto che il lavoro fosse stato pubblicato prima di essere discusso. Solo dopo un intenso dibattito a Williams fu concesso il Ph.D. The Theory of Investment Value pu essere ragionevolmente considerato come il lavoro dal quale tutta la moderna teoria finanziaria trae spunto. Williams anticip concetti che vennero ripresi diversi anni dopo da autori come Markowitz, Modigliani-Miller e Fama.

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VI

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Frederick R. Macauley
Il prezzo di un titolo obbligazionario pu essere espresso, cos come quello di una qualunque attivit finanziaria, come valore attuale dei flussi di cassa futuri. In formula:

Nellaccingersi a selezionare i titoli nei quali investire il risparmiatore oculato dovrebbe, non potendo essere sicuro a priori di condurre linvestimento fino a scadenza, valutare la reattivit del prezzo del titolo ad eventuali variazioni del tasso di interesse, onde avere unidea delle possibili perdite in conto capitale in caso di dismissione anticipata. Nel caso di scelta fra emissioni che non abbiano caratteristiche comuni e, quindi, confrontabili tale scelta sarebbe pressoch impossibile. In un lavoro del 1938 dal titolo Some Theoretical Problems Suggested by the Movement of Interest Rates, Bond Yields and Stock Prices in the US since 1856, Frederick R. Macauley propose, quale indicatore sintetico della reattivit dei prezzi dei titoli obbligazionari al variare dei tassi di interesse la duration. In formula:

La duration, nota in italiano come Durata Media Finanziaria", non altro che la media ponderata della durata di un titolo, dove i pesi per la ponderazione sono dati dal rapporto fra i flussi di cassa attualizzati e il prezzo:

La duration di Macaulay uno strumento che ha avuto un crescente successo a partire dagli anni settanta quando, cio, alla fine di un lungo periodo di stabilit i tassi di interesse iniziarono ad oscillare notevolmente. La duration risulta essere uno strumento assai utilizzato in virt della relativa facilit di calcolo e dellimmediata leggibilit delle informazioni che essa fornisce. Se, ad esempio, la duration di un generico bond fosse pari a tre ci significherebbe che, al variare dei tassi di interesse di un punto percentuale, il prezzo del titolo subirebbe una variazione, di segno opposto alla variazione di tasso, di circa il tre percento.

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VII

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3. La Moderna Teoria di Portafoglio


Harry M. Markowitz (1927), Premio Nobel per lEconomia 1990
Don't bet the ranch. Get more bang for your buck. Maximize output relative to input. Nothing ventured, nothing gained. Diversify instead of striving to make a killing. Don't put all your eggs in one basket; if it drops, you're in trouble. High volatility is like putting your head in the oven and your feet in the refrigerator."

La filosofia di Harry M. Markowitz, pu essere agevolmente riassunta da queste semplici frasi di comune buonsenso che lo stesso Markowitz, giovane studente di 25 anni, pare abbia annotato sul proprio block notes mentre leggeva The Theory of Investment Value di Sir John Burr Williams allinterno della libreria della Chicago University. Markowitz concentrando la sua attenzione sulla comune pratica della diversificazione di portafoglio dimostr nel suo articolo Portfolio selection del 1952, che gli varr il Nobel 38 anni dopo, come fosse possibile ridurre lo scarto quadratico medio dei rendimenti del portafoglio scegliendo azioni che hanno andamenti non perfettamente correlati. Il contributo di Harry Markowitz non si ferm a questo punto ma si spinse oltre fino a formulare i principi base della costruzione di un portafoglio e della relazione fra rischio e rendimento. I principi base della teoria di Markowitz Lo studio di Markowitz si basa sullanalisi del processo che genera la domanda e lofferta di attivit finanziarie in funzione del rapporto rischio/rendimento da esse espresso. Il principio base che governa la teoria di Markowitz che al fine di costruire un portafoglio efficiente occorre individuare una combinazione di titoli tale da minimizzare il rischio e massimizzare il rendimento complessivo compensando gli andamenti asincroni dei singoli titoli. Per far s che ci accada, i titoli che compongono il portafoglio dovranno essere incorrelati o, meglio, non perfettamente correlati.

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VIII

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Gli assunti fondamentali della teoria di portafoglio secondo Markowitz sono i seguenti: 1. Gli investitori intendono massimizzare la ricchezza finale e sono avversi al rischio. 2. 3. 4. Il periodo di investimento unico. I costi di transazione e le imposte sono nulli, le attivit sono perfettamente divisibili. Il valore atteso e la deviazione standard sono gli unici parametri che guidano la scelta.

5. Il mercato perfettamente concorrenziale. Il rendimento di unattivit finanziaria viene definito come il rapporto tra il capitale iniziale e gli utili prodotti da operazioni di investimento o di compravendita in un periodo di tempo specificato. Il rischio pu essere definito come il grado di incertezza che il mercato esprime sulla effettiva realizzazione dei rendimenti attesi. Tanto il rendimento, quanto il rischio, possono essere oggetto di misurazione ex-ante ovvero sono ex-post. Il rendimento di un titolo azionario misurato ex-post su un periodo T, pu essere espresso come: (1.1)

dove P(t) e P(t+T) sono i prezzi di mercato negli istanti t e t+T e DT il dividendo per azione riconosciuto dallemittente. Lassunzione della (1.1) presuppone che il dividendo DT, sia percepito allistante T e che non sia reinvestito, che i costi di transazione siano nulli, che sia nulla la ritenuta fiscale sui dividendi e, infine, che T sia listante di valutazione. Il rendimento ex-ante quello stimato allinizio del periodo di investimento T. Poich per i titoli azionari le variabili P(t+T) e DT non sono note con certezza necessario, per quantificare il rendimento atteso ex-ante, fare delle previsioni sul loro valore futuro. Lapproccio classico considera RT, valutato ex-ante, come una variabile casuale caratterizzata da un valore medio (), che misura il rendimento atteso sul titolo, da un livello di varianza (2), assunto come misura attendibile dellincertezza che venga perseguito quel livello di rendimento atteso e da una distribuzione di probabilit che identifica statisticamente il processo generatore dei prezzi.

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IX

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In formula il rendimento atteso viene definito come: (1.2)

dove p(Ri) la probabilit che il rendimento atteso, per il titolo i-esimo, sia Ri. La probabilit definita come limite del rapporto tra il numero degli eventi favorevoli (Ni) e il numero totale di osservazioni (N):

(1.3) La (1.2) richiede, per essere calcolata, la stima di p(Ri) ottenibile dai modelli di analisi delle serie storiche o dallanalisi fondamentale. Avendo a disposizione un campione di N osservazioni sotto forma di serie storica dei rendimenti, si potr dunque considerare la media aritmetica delle osservazioni come uno stimatore attendibile del rendimento atteso . Il rendimento atteso dunque in questa ipotesi definito dalla relazione:

(1.4) Nellambito della moderna teoria del portafoglio unattivit finanziaria si considera tanto pi rischiosa quanto pi elevata risulta la probabilit che i rendimenti futuri si disperdano rispetto al valore medio stimato. Una valida misura statistica di questo effetto rappresentata dalla varianza, definita come somma degli scarti dalla media al quadrato pesati per le rispettive probabilit di realizzazione ed espressa dalla relazione:

(1.5) La funzione 2 assunta come una stima attendibile della rischiosit finanziaria del titolo, viene valutata mediante modelli matematico-statistici. Considerando la varianza campionaria come una stima attendibile della varianza dellintera

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popolazione e indicato con N il numero di osservazioni delle quali si dispone, il rischio di unattivit finanziaria si calcola utilizzando la formula seguente:

(1.6) Unassunzione fondamentale del mondo markowitziano, riguarda la distribuzione delle

probabilit sulla quale si regge il meccanismo di formazione dei rendimenti, la quale si ipotizza essere di tipo Gaussiano. Ci significa considerare che i prezzi siano generati da un processo casuale che esprime un valore medio atteso uguale a e una varianza pari a 2, assunzione assai utile dato che le variabili casuali distribuite normalmente sono descritte in modo completo dalle sole funzioni media e varianza. Per calcolare il rischio e il rendimento di un portafoglio costituito da N titoli necessario fare riferimento alla correlazione esistente tra i titoli e al rapporto tra la frazione di ricchezza investita su ciascun titolo e quella totale di portafoglio wj = Wj/W. Si pu dimostrare che per un portafoglio composto da n attivit rischiose le espressioni del rendimento e della varianza ex-ante sono le seguenti:

(1.7)

(1.8) dove wi il rapporto tra la quantit di ricchezza investita sul titolo i-esimo e quella totale a disposizione dellinvestitore, Cij e ij sono rispettivamente la covarianza e il coefficiente di correlazione tra il titolo i-esimo e il titolo j-esimo. E importante sottolineare che i rendimenti e le varianze attese per i singoli titoli che compongono il portafoglio sono considerate variabili casuali, governate da una distribuzione

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XI

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di probabilit condizionata che tiene conto del legame esistente tra un titolo e la rimanente parte del mercato. Nel caso di un portafoglio composto da due titoli si avr:

(1.9) (1.10)

La (1.10) pu essere riscritta come: (1.11) sostituendo alla funzione di covarianza la sua espressione in termini di coefficiente di correlazione lineare, cov(R1,R2) = 1 2 . La (1.11) ci dice che il rischio associato allassunzione di un portafoglio composto da due titoli dipende anche dalla correlazione lineare esistente tra essi. Si riconosce che, se nullo la varianza del portafoglio uguale alla media ponderata delle varianze dei singoli titoli, pesate dalla percentuale di ricchezza in essi investita. In pratica se non c alcuna correlazione tra i due titoli il rischio di assunzione di un portafoglio analogo a quello che caratterizza i singoli titoli. Se positivo allora alla crescita del rendimento di un titolo corrisponde laumento del rendimento del secondo titolo, la variabilit del portafoglio, in questa situazione, maggiore di quella che caratterizza ciascun titolo. Se negativo, il termine 2w1 w2 1 2 ha segno negativo e la varianza del portafoglio risulta minore di quella di ciascun titolo. Si deduce che nel caso di andamenti contrapposti dei rendimenti dei titoli, il rischio di detenzione di un portafoglio si riduce.

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XII

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Alle equazioni (1.9) e (1.10), nellipotesi che tutta la ricchezza a disposizione sia investita nelle attivit rischiose, necessario aggiungere anche la condizione:

(1.11) che definisce il vincolo nel processo di ottimizzazione del rapporto rendimento/rischio.

La costruzione della frontiera efficiente Se si considerano n alternative rischiose, allora possibile, a partire dalle equazioni (1.9) e (1.10), definire nel piano rischio/rendimento una regione ammissibile (opportunity set), calcolando per ogni suddivisione possibile degli n pesi wi i corrispondenti valori di rendimento (p) e di rischio (p) di portafoglio attesi. Si definisce frontiera efficiente l'insieme di quei portafogli, cosiddetti dominanti, che a parit di rendimento sono i meno rischiosi oppure che a parit di rischio sono quelli pi redditizi. Tale insieme di portafogli coincide con l'estremo superiore della regione ammissibile sul piano ().

Dal punto di vista formale, un portafoglio pu dirsi efficiente solo se il vettore dei pesi wp risulta essere soluzione del seguente problema di minimizzazione quadratica:

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XIII

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(1.12)

dove e denota il vettore a n componenti dei rendimenti attesi, con E[rp] il rendimento atteso per il portafoglio p e con 1 il vettore unit. La soluzione del sistema di equazioni (1.12) definisce sul piano rischio/rendimento un insieme infinito di portafogli ottimali, nel senso che ognuno di essi massimizza il rapporto rendimento/rischio. Con riferimento alla figura seguente, pertanto, si riconosce che la scelta del portafoglio A piuttosto che B dipende dalla propensione al rischio dell'investitore.

Un investitore maggiormente propenso al rischio si ritrover a scegliere il portafoglio B, perch esprime un rendimento atteso maggiore, mentre per un investitore meno propenso al rischio la scelta ricadr, presumibilmente sul portafoglio A.

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XIV

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James Tobin (1918-2002), Premio Nobel per lEconomia 1981

Il contributo di James Tobin allo sviluppo della Moderna Teoria di Portafoglio talvolta ingiustamente trascurato, essendo lo stesso Tobin ricordato solo per una fra le sue tante invenzioni, cio la Tobin Tax. In realt, lallievo di Wassily Leontiev e Joseph Alois Schumpeter presso la Harvard University, partendo dallidea di Markowitz che la diversificazione di attivit rischiose riducesse il rischio allinterno del portafoglio contribu ad un notevole perfezionamento della teoria chiedendosi: cosa succede in termini di rischio e di rendimento se si combinano attivit rischiose con attivit risk-free quali la moneta o i bond? Tobin present il risultato dei suoi studi in un articolo del 1958, il quale gli valse il Nobel diversi anni dopo, dal titolo Liquidity Preference as Behavior Towards Risk. I concetti che egli descrisse in questarticolo sono conosciuti come Teorema di Separazione: separazione dallapproccio di Markowitz, il quale separava nettamente la scelta se investire in attivit rischiose o attivit risk-free.

Il modello di Tobin Se tra le opportunit di investimento si ha a disposizione un'attivit priva di rischio allora la frontiera efficiente deve tenere conto del punto Rf sull'asse delle ordinate. Questo evento, che allarga la regione ammissibile, fa s che la combinazione efficiente di portafogli sia determinata dalle tangenti alla frontiera efficiente ricavata per le attivit rischiose.

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XV

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La frontiera efficiente 1 definita dal tasso di rendimento (risk-free) Rf e dall'attivit rischiosa A, mentre se il tasso privo di rischio dato da Sf allora la frontiera efficiente la 2 e il portafoglio costituito da tutte le attivit rischiose coincide con B. I punti sulla retta 2 che giacciono a sinistra di B definiscono portafogli che possono essere composti combinando con le dovute percentuali il tasso risk-free e il portafoglio B. I punti sulla retta 2 che giacciono a destra di B definiscono portafogli che possono essere composti finanziandosi al tasso risk-free e comprando una quantit maggiore rispetto alla ricchezza iniziale di titoli rischiosi.La differenza tra il rendimento privo di rischio e il rendimento espresso dall'attivit rischiosa efficiente denominato premio al rischio.

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William F. Sharpe (1934), Premio Nobel per lEconomia 1981

Il Single Index Model Un importante contributo alla moderna teoria del portafoglio stato fornito, negli anni sessanta, da William F. Sharpe con lo sviluppo di un modello di mercato, il Single Index Model, basato sullidea di scomponibilit del rischio in due dimensioni: la prima legata all'andamento generale del mercato (rischio sistematico), l'altra legata alla variabilit del rendimento del singolo titolo (rischio non sistematico). Verso il rischio non sistematico si interviene diversificando il portafoglio, cio ricercando titoli con coefficiente di correlazione negativo. Nei confronti del rischio sistematico necessario, invece fare delle scelte. La variabile considerata da Sharpe per misurare il rischio sistematico il beta del titolo che coincide con la pendenza della retta di regressione espressa dai rendimenti del titolo e del mercato. Il modello di Sharpe ipotizza un meccanismo di generazione dei rendimenti che fa riferimento ad un unico fattore comune a tutto il mercato. Il rendimento atteso per il generico titolo definito dallequazione: (1.1) essendo a sua volta (1.2) Nella (1.1) e nella (1.2) si indicato con Rit il rendimento del titolo i-esimo, con Rmt il rendimento del mercato di borsa, con i la componente costante del rendimento del titolo iesimo, con i il beta del titolo i-esimo e con eit la componente erratica del rendimento di periodo indipendente dall'andamento del mercato.

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XVII

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Nell'ambito del modello di Sharpe il rischio di portafoglio viene definito dalla espressione: (1.3)

nella quale si assume che tutte le componenti di rischio residuale rispetto al mercato abbiano lo stesso peso. E facile constatare che il rischio residuale medio si riduce all'aumentare dei titoli in portafoglio. La conseguenza pi immediata che per portafogli di grandi dimensioni il rischio non sistematico nullo, mentre risulta rilevante il rischio sistematico.

Il significato del Il coefficiente beta () inteso, nel modello di Sharpe, come misura del rapporto tra il grado di variabilit del rendimento di un'azione rispetto alle variazioni del mercato azionario nel suo complesso. In formula:

(1.4)

dove Cov(Rm , Rj) esprime la covarianza esistente tra il rendimento espresso dal portafoglio di mercato (Rm) e quello del titolo j-esimo (Rj), Var(Rm) rappresenta la varianza espressa dai rendimenti del portafoglio di mercato, jm indica il coefficiente di correlazione lineare esistente tra il rendimento del titolo j-esimo e quello espresso dal portafoglio di mercato e, infine, rappresenta la deviazione standard dei rendimenti. Dalla (1.4) si deducono facilmente le fondamentali implicazioni del modello di Sharpe: 1) Il portafoglio di mercato ha un =1, in quanto il rapporto covarianza/varianza calcolato rispetto allo stesso mercato. Il valore 1 segna anche la linea di demarcazione fra due diversi tipi di titoli; 2) I titoli con >1 esprimono una variabilit maggiore rispetto a quella del portafoglio di mercato e per questo sono definiti in gergo aggressivi: questi titoli battono sempre il mercato, tanto in positivo quanto in negativo cio guadagnano pi del mercato in caso di rialzi, perdono pi del mercato in caso di ribassi;

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XVIII

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3) I titoli con <1 sono caratterizzati da una variabilit minore rispetto a quella del portafoglio di mercato e per questo sono definiti in gergo difensivi: questi titoli sono sempre battuti dal mercato, cio guadagnano meno del mercato in caso di rialzi e perdono meno del mercato in caso di ribassi.

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XIX

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4. La Teoria delle Opzioni


Fisher Black (1938-1995) Myron S. Scholes (1941), Premio Nobel per lEconomia 1997

Il mondo della finanza si presenta spesso come un mondo difficile da comprendere ai non addetti ai lavori, un mondo in cui dominano regole astruse, termini incomprensibili e modelli matematici impossibili da decifrare. Tuttavia, fra le equazioni utilizzate dagli uomini di finanza ne esiste una estremamente semplice: Teoria delle Opzioni = Black & Scholes. Ci in quanto il contributo di Black e Scholes allo sviluppo della teoria e della pratica finanziaria stato epocale: il loro modello di formulazione del prezzo per le opzioni su azioni di tipo europeo, ovvero non esercitabili prima della data di scadenza, ha influenzato le metodologie di definizione del prezzo di qualsiasi strumento finanziario. I modelli di pricing delle opzioni sono spesso considerati fra i pi complessi dal punto di vista matematico tra quelli applicati in finanza. Tali tecniche, pur essendosi sviluppate in epoca recente, derivano in realt da idee proposte sin dal 1877 da Charles Castelli nel suo libro The Theory of Options in Stocks and Shares. Lopera di Castelli, pur avendo il pregio di aver introdotto i principi di hedging e di speculazione presso il vasto pubblico mancava di solide basi teoretiche. Ventitr anni pi tardi, Louis Bachelier propose il primo approccio analitico di valutazione delle opzioni nella sua "Theorie de la Spculation". Bachelier era sulla strada giusta: il suo errore consistette nellutilizzare un processo matematico di generazione dei prezzi che dava luogo a prezzi negativi del sottostante nonch prezzi dellopzione che eccedevano il prezzo del sottostante, ipotesi ovviamente inaccettabili. Al lavoro di Bachelier si interess il professor Paul Samuelson del MIT il quale, nel 1955, scrisse un articolo non

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pubblicato dal titolo "Brownian Motion in the Stock Market". Nello stesso anno uno studente di Samuelson, Richard Kruizenga, cit il lavoro di Bachelier nella sua dissertazione intitolata "Put and Call Options: A Theoretical and Market Analysis". Nel 1962, una nuova dissertazione, stavolta di A. James Boness, intitolata "A Theory and Measurement of Stock Option Value" proponeva un modello di pricing che costitu un grande balzo in avanti rispetto ai lavori precedenti. Nel 1969 Fischer Black era un ricercatore a contratto di 31 anni e Myron Scholes era un assistente di finanza di 28 anni, entrambi presso il MIT. Black lavorava presso Arthur D. Little a Cambridge, Massachussets, quando si imbatt nel lavoro di un suo collega per stimare il prezzo di azioni ed altri titoli: fu la scintilla che risvegli il Ph.D in Matematica Applicata di Fischer Black e che lo spinse a concentrare la sua attenzione sulla valutazione delle opzioni. Il primo passo verso la realizzazione del modello consistette nel cercare di comprendere la dinamica del tasso di sconto di un warrant in relazione al trascorrere del tempo ed al variare del prezzo dellazione sottostante. Black not subito la somiglianza fra lequazione risultante dai suoi studi e lequazione del calore: era il primo passo verso la soluzione. Poco tempo dopo Myron S. Scholes si un a Black: i due, traendo ispirazione dal modello proposto da A. James Boness, arrivarono ad una prima bozza del loro modello agli inizi del 1973. Il lavoro fu proposto al Journal of Political Economy per la pubblicazione ma venne prontamente rigettato. Convinti della bont delle loro idee, Black e Scholes proposero larticolo alla Review of Economics and Statistics, ottenendo un nuovo diniego. Dopo alcune revisioni in parte basate sui preziosi suggerimenti di Merton Miller e Eugene Fama, entrambi della University of Chicago, Black e Scholes riproposero il lavoro al Journal of Political Economy. Nel numero di maggio-giugno 1973 del JoPE venne finalmente pubblicato The pricing of options and corporate liabilities: iniziava una nuova era per la finanza. Il lavoro di Black e Scholes ha aperto la strada ad una nuova generazione di studiosi: fra questi, si distinse in particolare Robert Merton, il quale apport non pochi correttivi al modello originario di Fisher Black e Myron Scholes. Merton fu insignito del premio Nobel per lEconomia assieme a Scholes nel 1997. Fisher Black, scomparso prematuramente nel 1995, non fece in tempo a godere della fama derivante dalla sua scoperta.

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Il modello Black-Scholes
Lobiettivo del modello quello di valutare al tempo t il prezzo di una opzione call di tipo europeo avente scadenza in T, con un prezzo di esercizio pari a K, scritta su unattivit sottostante, tipicamente unazione, di valore S nellambito di un mercato in cui sono presenti oltre ad attivit rischiose quali le azioni attivit prive di rischio quali i bond, il cui tasso di rendimento risk-free pari a r. La bellissima costruzione di Black e Scholes si fonda su alcune ipotesi di base: assenza di costi di transazione e di imposizione fiscale; tasso di interesse privo di rischio costante; distribuzione simmetrica delle informazioni fra gli operatori che implica impossibilit di arbitraggio; possibilit di vendere allo scoperto; non c distribuzione di dividendi. A queste ipotesi si aggiunge quella per cui il rendimento dellattivit rischiosa S (il nome ed il valore dellattivit vengono confusi) sia caratterizzato da una duplice componente, una S tendenziale ed una aleatoria. Ne consegue che il rendimento del titolo S pu essere scomposto in una componente tendenziale t, dove t esprime laccrescimento medio nel tempo, ed in una componente aleatoria dX che assume tanto maggior peso quanto pi grande . A variazioni infinitesimali di rendimento corrisponder una dinamica del prezzo spiegabile come: dS S = t + dX dove dX un movimento browniano standard, un processo stocastico che vanta, tra le altre propriet, quella per cui E(dX2)=dt. Caratteristiche del derivato Il prezzo della call C, scritta sul sottostante S, dipende da S e da t. Sviluppando C(S,t) in serie di Taylor limitata, ignorando quindi i termini di ordine superiore a dt (dt2, dt3,..), si avr:

con e

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si otterr

Caratteristiche del portafoglio P Consideriamo adesso un generico portafoglio P, lungo di una opzione e corto di titoli sottostanti:

per cui

Cercando di rendere P insensibile alle variazioni del titolo S si ottiene la copertura :

P quindi adesso un portafoglio senza rischio, insensibile alle variazioni di S che dovr avere un rendimento pari al tasso risk free r, pena la possibilit di arbitraggio : dP = rPdt ovvero C P = C - S = C - dS S da cui dP = r C -

C S S

) dt

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XXIII

Gli uomini che hanno scritto la storia della finanza

Semplicemente Black & Scholes Sostituendo a dP la sua espressione ottenuta dalla (3) e tenendo conto della (4), si ottiene lequazione di Black e Scholes:

La soluzione analitica o numerica della precedente equazione permette di ottenere il prezzo di una call europea su un titolo che in t ha prezzo S, da esercitare alla scadenza T, con prezzo di esercizio K, in presenza di un tasso di interesse privo di rischio r, ed una volatilit annua del titolo pari a :
Call = S N (d1 ) K e r (T t ) ) N (d 2 )

dove
log S K + r + 1 2 (T t ) 2 d1 = T t d 2 = d1 T t

( )(

Per lopzione put, sulla base della put-call parity, si avr:


Put = K e r (T t ) ) N ( d 2 ) S N ( d1 )

Le greche Delta
Misura la variazione istantanea del prezzo dellopzione per ogni variazione unitaria del prezzo del titolo:

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XXIV

Gli uomini che hanno scritto la storia della finanza

Theta
Misura la sensibilit del prezzo dellopzione al trascorrere del tempo:

Rho
Misura la variabilit del valore dellopzione al variare del tasso di interesse.

Vega
Misura la variabilit del prezzo dellopzione al variare della volatilit:

Gamma
Misura la variabilit del valore dellindice delta al variare del prezzo del sottostante:

Omega
Misura la sensibilit dellopzione in rapporto al sottostante:

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XXV

Gli uomini che hanno scritto la storia della finanza

John C. Cox, Stephen A. Ross, Mark E. Rubinstein

Nel settembre del 1979 John C. Cox, Stephen A. Ross e Mark E. Rubinstein proposero, in un articolo pubblicato sul Journal of Financial Economics dal titolo Option Pricing: A Simplified Approach un metodo di valutazione delle opzioni europee alternativo a quello proposto sei anni prima da Fisher Black e Myron Scholes. Il ragionamento sottostante al modello di Cox, Ross e Rubinstein tanto semplice quanto geniale: per ottenere il valore della Call sufficiente costruire un portafoglio composto da azioni e da zero coupon risk free che replichi la dinamica del valore dellopzione nel tempo. Ipotesi base del modello sono che la dinamica del valore del sottostante S segua una legge lognormale e che da un istante allaltro S possa assumere un valore alto (h) o basso (b): proprio per questo che il modello di Cox, Ross e Rubinstein conosciuto come modello binomiale. Conseguentemente, sar come se S venisse moltiplicato per h (S(1) = hS(0) con h > 1) oppure per b (S(1) = bS(0) con 0 < b < 1). La probabilit che il valore sia alto (h) sar p, quella che il valore sia basso (b) sar (1 - p). Ogni rialzo/ribasso annuller quindi il precedente ribasso/rialzo cio: hb = 1 (1) Il modello binomiale Sia C il valore di una call europea iscritta sullattivit S e P il portafoglio lungo di una opzione e corto di titoli sottostanti:

Il calcolo di fondamentale al fine di rendere P insensibile alle variazioni di S tra t0 e t1, ricordando che t lintervallo temporale fra tra t0 e t1.

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XXVI

Gli uomini che hanno scritto la storia della finanza

I valori corrispondenti ad un rialzo di S si indicheranno con il segno (+), quelli corrispondenti ad un ribasso di S si indicheranno con un segno (-). Affinch non esistano delle possibilit di arbitraggio senza rischio, il rendimento del portafoglio P dovr essere esattamente pari al tasso risk free R. Conseguentemente, varr lequazione:

dove

Dalla (3) e dalla (4) si deduce C, ovvero il valore dellopzione in t0:

Rimangono quindi da valutare i valori h e b. Essendo t lintervallo temporale fra t0 e t1, la media ed la varianza dei rendimenti di S per unit di tempo, si avranno le seguenti relazioni:

Utilizzando la (1) si otterr :

Le equazioni (5), (6) e (7) permettono di ricavare il valore dellopzione C al tempo t0 dai valori della stessa opzione al tempo t1, t2, , tn. Ci possibile dal momento che, ad ogni istante successivo, il valore del titolo sottostante potr assumere solo due valori, alto o basso. Procedendo a ritroso, di nodo in nodo, sar quindi possibile risalire al valore dellopzione al

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XXVII

Gli uomini che hanno scritto la storia della finanza

tempo t0. In generale, se tn la data di scadenza dellopzione, il problema sar risolto facilmente, giacch il valore della Call in tale data dato da max(S - K, 0). Lalbero binomiale pu essere cos rappresentato :

Valore Sottostante HhS hS S C bS CBbS C+ HbS

Valore Call max(hhS-K,0) Max(S-K,0) max(bbS-K,0)

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XXVIII

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5. Finanza Aziendale Myron J. Gordon

Il problema della definizione del valore di mercato di una qualsivoglia azienda fu affrontato in maniera sistematica per la prima volta da Sir John Burr Williams, il quale nel suo The Theory of Investment Value del 1938 elabor un sistema per lepoca rivoluzionario. Williams introdusse per la prima volta lidea che il valore di unazienda dovesse essere calcolato sulla base dei dividendi attesi in futuro. Egli, inoltre, ben conscio delle difficolt di stima dei dividendi futuri e, soprattutto, del tasso di incremento degli stessi, arriv ad ipotizzare dei modelli con differenti tassi di crescita. Sebbene con Williams si ebbero dei notevoli passi in avanti verso un efficiente modello di valutazione degli investimenti, occorrer attendere la pubblicazione, nel 1956, di un articolo a cura di Gordon e Shapiro Capital Equipment Analysis: the Required Rate of Profit e la successiva sistematizzazione della teoria ad opera di Gordon nellarticolo The Investing, Financing and Valuation of the Corporation del 1962 per poter parlare di un vero e proprio Modello dei Dividendi Scontati. Il Dividend Discount Model (DDM) anche noto, in lingua italiana, come Modello a Crescita Costante: ci in quanto il prezzo di una attivit finanziaria ottenuto come somma dei flussi dei dividendi futuri attualizzati ad un tasso di sconto costante.

Il valore attuale del flusso dei dividendi attesi pu essere espresso come:

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XXIX

Gli uomini che hanno scritto la storia della finanza

1 2 t P0 = (1+r) + (1+r)2 + ... + (1+r)t = (1+r)n

E(D )

E(D )

E(D )

E(Dn)

dove: P0 = prezzo corrente dellazione E(Dt) = dividendo atteso per lanno t n = numero degli anni di attivit dellimpresa r = tasso di attualizzazione aggiustato per il rischio. Questa equazione ipotizza che linvestitore detenga il titolo per tutta la durata della vita dellazienda. Essendo tale ipotesi assai irrealistica il modello prevede che il valore del titolo possa venir calcolato anche nel caso in cui il titolo sia detenuto per periodi inferiori. Se, ad esempio, il titolo detenuto per due anni il prezzo sar calcolato come:
1 2 2 P0 = (1+r)1 + (1+r)2 + (1+r)2

E(D )

E(D )

E(P )

dove: E(P2) = prezzo atteso alla fine del secondo anno. Ad una prima lettura si potrebbe obiettare che il prezzo dellazione non sembra essere spiegato dai dividendi attesi. In realt possibile dimostrare che la (2) sia uguale alla (1): baster supporre che un ipotetico investitore, alla fine del secondo anno, offra un prezzo basato su i dividendi futuri ( D3, D4,) e che le aspettative sui dividendi e sul tasso di sconto siano uguali a quelle precedenti. Il prezzo atteso dopo il secondo anno sar:

Sostituendo questo valore allE(P2) nellequazione (1), avremo:

1 2 P0 = (1+r)1 + (1+r)2 + (1+r)2

E(D )

E(D )

E(D3) E(D4) E(Dn) (1+r)1 + (1+r)2 + + (1+r)n-2

]
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che uguale alla (1). E possibile concludere, quindi, che tutti gli investitori si preoccupano solamente del prezzo di acquisto, dei dividendi ricevuti durante il periodo di detenzione del titolo e del prezzo di vendita. Lequazione (1) stima tutti i dividendi pagati nella vita dellazienda: in realt quanto visto finora solo una introduzione al modello di Gordon vero e proprio. Il Dividend Discount Model assume tre ipotesi di base: 1. 2. 3. il flusso dei dividendi perpetuo i dividendi crescono sempre ad un tasso costante g il tasso di sconto maggiore del tasso di crescita (r > g)

Partendo dalle prime due ipotesi lequazione (1) diverr:

P0 = D0 =

[( ) ( )
1+g 1+r 1+ 1+g 1+r

2++

( )]
1+g 1+r

Si tratta di una equazione in forma geometrica, in cui il fattore geometrico (1 + g)/(1 + r). Ricostruendo la (4) secondo la progressione geometrica, otterremo:
1 P0 = r-g

dove: D1 = dividendo da riscuotere E facile notare come D1 sia uguale a D0(1 + g): questultima equazione rappresenta il succo del modello di Gordon. Sebbene lipotesi di un tasso costante nel tempo risulti alquanto forte, lequazione si pone come un ottimo strumento per analizzare le principali determinanti dei prezzi e dei rendimenti. Lequazione (5) pu essere riscritta come:

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XXXI

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r = P1 + g 0
Si pu quindi concludere che il rendimento complessivo pu essere scomposto in due componenti, il tasso di dividendo D1/P0 e il tasso di crescita g: se il tasso di capitalizzazione, r, costante, la crescita del prezzo dellazione sar uguale al tasso di crescita dei dividendi.

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Franco Modigliani (1919), Premio Nobel per lEconomia 1985 Merton Miller (1923-2000), Premio Nobel per lEconomia 1990

Per gli uomini di finanza M&M non un prodotto dellindustria dolciaria o una catena di supermercati ma bens il richiamo ad uno dei modelli fondamentali della teoria finanziaria: il modello di Modigliani & Miller pubblicato nel 1958 nellarticolo The Cost of Capital, Corporation Finance and the Theory of Investment. Il lavoro di Modigliani e Miller era stato in un certo senso anticipato, ancora una volta, da Sir John Burr Williams in The Theory of Investment Value del 1938 e da D. Durand in Cost of Debt and Equity Funds or Business: Trends and Problems of Measurement del 1952. Modigliani e Miller riuscirono, per, a fornire pi solide basi teoriche alle idee dei loro predecessori aprendo cos la strada al filone di studi sulla creazione del valore nelle imprese. Il modello M&M dimostr, in particolare, come il valore di mercato non dipenda n dallutile contabile, n dalla politica dei dividendi, ma dalla capacit di selezionare investimenti di capitale che rendono pi di quanto costano. I destini di Franco Modigliani, italiano emigrato negli Stati Uniti nel 1939 in seguito alla promulgazione delle leggi razziali in Italia, e Merton Miller, originario di Boston, Massachussets, si incrociarono nel 1954 al Carnegie Institute of Technology (ora Carnegie Mellon University). Dalla loro collaborazione nacque, oltre ad altri numerosi contributi, il modello M&M. Entrambi sono stati premiati con il Nobel per lEconomia: Modigliani per la Teoria del Ciclo Vitale nel 1985, Miller per i suoi studi sui mercati finanziari nel 1990.

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Il Modello M&M
La risorsa pi ricca di unimpresa costituita dai flussi di cassa generati dalle proprie attivit: se limpresa completamente finanziata con capitale azionario tutti questi flussi appartengono agli azionisti; se, invece, limpresa si finanzia in parte con capitale obbligazionario, occorre distinguere i flussi azionari da quelli obbligazionari. Linsieme dei titoli emessi da una qualsivoglia impresa detta struttura finanziaria: Modigliani e Miller dimostrano che in mercati perfetti la politica dei dividendi e le decisioni di finanziamento sono irrilevanti. La proposizione I Se si fosse responsabili finanziari di una qualsivoglia impresa e ci si ponesse il problema di trovare la combinazione di fonti di finanziamento che massimizzano il valore dellimpresa ci si chiederebbe: come fare? Modigliani e Miller risponderebbero che questo non un problema, visto che in mercati perfetti le scelte di finanziamento sono tutte equivalenti. Immaginiamo due imprese, A e B, che generano lo stesso flusso di reddito e che sono tra loro diverse solo per la struttura finanziaria. Limpresa A non indebitata, per cui il valore del suo capitale netto EA coincide col valore globale dellimpresa VA . In formula: EA = VA Per limpresa B, indebitata, il valore delle azioni EB sar uguale al valore dellimpresa VB meno il valore del debito DB : EB = VB - DB A prima vista limpresa nella quale converrebbe di pi investire sembrerebbe limpresa non indebitata, cio limpresa A: ebbene, Modigliani e Miller dimostrano che ci non vero e che visto che entrambi gli investimenti debbono avere lo stesso costo, si pu concludere ( proprio questa la famosa proposizione I) che il valore di mercato di qualsiasi impresa indipendente dalla struttura finanziaria. La proposizione II La seconda proposizione di Modigliani e Miller afferma che il tasso di rendimento atteso delle azioni ordinarie di una impresa indebitata aumenta in proporzione al rapporto debito/capitale netto (D/E) espresso a valori i mercato. Il tasso di aumento dipende dalla differenza fra rA , il

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tasso di rendimento atteso di un portafoglio comprendente tutti i titoli dellimpresa, e rD, il rendimento atteso del debito.Se limpresa non indebitata si avr rA = rD.

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XXXV

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6. La Teoria del Mercato Efficiente


Eugene F. Fama (1939)

Agli inizi degli anni sessanta, un giovane studente universitario di Boston, Eugene Fama, di chiare origini italiane, lavorava per una piccola casa editrice col compito di analizzare i dati dei mercati finanziari e cercare di trarre delle indicazioni di buy o sell sui titoli. La frustrazione derivante dalla difficolt nellinterpretare i segnali lanciati dai mercati spinse Fama a buttarsi a capofitto negli studi di economia presso la University of Chicago ed a conseguire un Ph.D nel 1965. E proprio alla tesi di dottorato di Eugene Fama che si deve la definizione della Teoria del Mercato Efficiente: Nel gennaio del 1965 il Journal of Business pubblic lintera tesi di dottorato di Fama, un lavoro di ben 70 pagine, con il titolo The Behavior of Stock Market Prices mentre nove mesi dopo una sintesi del lavoro venne pubblicata sul Financial Analysts Journal col titolo "Random Walks in Stock Market Prices". Nel suo lavoro Fama sosteneva che stante lutilizzo di ingenti risorse da parte delle societ di brokeraggio al fine di condurre studi sui trend nellindustria, sugli effetti delle variazioni dei tassi, sui bilanci delle aziende e sulle aspettative di managers e/o politici gli analisti delle stesse societ avrebbero dovuto essere in grado di battere sistematicamente un generico portafoglio titoli con le stesse caratteristiche di rischio. Poich, secondo Fama, in ogni situazione lanalista professionista ha il cinquanta percento di probabilit di battere il mercato, anche se le sue capacit specifiche non esistessero egli non batterebbe di molto il mercato. Lanalista di fatto aiuta il mercato a restare efficiente: se tutti gli investitori, infatti, detenessero portafogli costituiti da indici azionari, si aprirebbero notevoli opportunit per i traders professionisti di avvantaggiarsi della situazione. Ma proprio il movimento dei traders verso tale nuovo mercato vergine farebbe s che il vantaggio scompaia, confermando ancora una volta, quindi, la Efficient Market Theory di Fama.

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Lanalisi di Fama tendeva a confermare, quindi, la Random Walk Theory dei prezzi azionari gi investigata da autori quali Louis Bachelier nel 1900, Holbrook Working nel 1934, Alfred Cowles nel 1937, Clive Granger e Oskar Morgenstern nel 1963 e Paul Samuelson nel 1965. Alla loro opera Fama aggiunse un pi rigoroso approccio statistico-matematico ed una maggiore forza nellesposizione: si trattava di una nuova rivoluzione per la finanza. Fama formula tre diverse ipotesi in merito allefficienza dei mercati. Weak Hypothesis Secondo Fama un mercato efficiente in forma debole laddove i prezzi incorporino tutte le notizie che possono essere tratte dal mercato: se, ad esempio, esiste un andamento stagionale dei prezzi, il mercato capta immediatamente il fenomeno e vi si adegua. Se il mercato efficiente quindi il passato nel prezzo. Semi-Strong Hypothesis Lefficienza in forma semi-forte allarga il campo dellanalisi alle informazioni pubbliche quali ad esempio i profitti conseguiti o i dividendi distribuiti dalla societ. Nel momento in cui tali notizie divengono di pubblico dominio, il prezzo le ha gi incorporate. Scegliere, quindi, i titoli sulla base di queste informazioni non permette di battere il mercato. Strong Hypothesis Lefficienza in forma forte assume che tutti gli investitori dispongano dello stesso set informativo e che nessuno possa beneficiare di informazioni privilegiate: linformazione giunge quindi a pioggia sul mercato.

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7. Conclusioni
Il viaggio virtuale condotto nella storia della finanza ci ha portato ad analizzare, nei limiti del possibile, la vita e lopera di persone non troppo comuni che hanno lasciato in eredit a noi tutti un patrimonio inestimabile di conoscenza. Molti altri studiosi, oltre a quelli da noi considerati, hanno contribuito allo sviluppo della teoria finanziaria. E doveroso ricordarne almeno il nome: Irving Fisher, John Maynard Keynes, Sir John R. Hicks, Nicholas Kaldor, Jacob Marschak, Benjamin Graham, Samuel Eliot Gould, William J. Baumol, John Lintner, Richard Roll, Roy Radner, Oliver D. Hart, David M. Kreps, Darrell J. Duffie, Chi-Fu Huang, Jonathan E. Ingersoll Jr., Michael C. Jensen, Jacques H. Drze, Sanford J. Grossman, Joseph E. Stiglitz, Paul R. Milgrom, Douglas Gale, Holbrook Working, Oskar Morgenstern, Paul A. Samuelson, Benoit B. Mandelbrot, Hendrick S. Houthakker, Robert E. Lucas Jr., Burton G. Malkiel, Robert Shiller. Le idee di questi uomini hanno avuto un peso rilevante nel plasmare la societ nella quale tutti noi oggi viviamo: una societ che propone agli uomini, giorno dopo giorno, nuove sfide da affrontare con strumenti ancora pi nuovi. Ci si domanda sempre pi spesso, a ragione secondo noi, se la corsa continua verso il progresso, verso il miglioramento della performance, possa davvero protrarsi ad infinito. Noi risponderemmo, consci della modestia del nostro contributo, che la corsa non pu continuare allinfinito semplicemente perch gli uomini hanno dei limiti, limiti che non si pu pensare di superare con un uso distorto degli strumenti a nostra disposizione. La conoscenza, le tecnologie, la quasi totale mancanza di limiti alla mobilit delle persone, delle cose e dei capitali, altro non sono, infatti, che degli strumenti a nostra disposizione: a noi il compito di usare lo strumento nella giusta maniera.

Dott. Andrea Castiglione

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