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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SALERNO

Dipartimento di Scienze Umane, Filosofiche e


della Formazione

PERCORSI DI FORMAZIONE PER IL CONSEGUIMENTO


DELLA SPECIALIZZAZIONE PER LE ATTIVITÀ DI SOSTEGNO
DIDATTICO AGLI ALUNNI CON DISABILITÀ DELLA SCUOLA
SECONDARIA DI I GRADO

ELABORATO FINALE

"ATTIVITA’ MOTORIO-SPORTIVE E
DISABILITA’ VISIVA: INCLUSIONE E WELL-
BEING"

Relatore: Candidato/a
Ch. Prof. Vanni Villecco… …
Felice Corona… Matricola: Sos_med00679

Anno Accademico 2021/2022


Sommario
PREMESSA...................................................................................................................................3
CAP 1 L'importanza dello sport come attività sociale, inclusiva e di benessere...........................4
1.1 Lo sport come strumento di inclusione sociale per le persone con disabilità....................6
1.2 La pratica dello sport per le persone con disabilità: l'importanza sociale dell'inclusione e
della partecipazione attiva........................................................................................................8
CAP 2 La cecità nella storia: tra mito e realtà.............................................................................10
2.1 ICF: un modello Bio-Psico-Sociale..................................................................................15
2.2 La minorazione visiva......................................................................................................18
2.3 L'importanza del contesto sociale nella vita delle persone con disabilità visiva...............23
Cap 3 Gli sport praticati dai non vedenti......................................................................................26
3.1 Processi di autonomizzazione: dal raggiungimento dell'autonomia all'empowerment. . .32
3.2 L'importanza dello sport nella promozione dell'autonomizzazione..................................38
CONCLUSIONI...........................................................................................................................44
Bibliografia...................................................................................................................................45
Sitografia......................................................................................................................................45
PREMESSA
"Educare attraverso lo sport significa educare al rispetto delle regole, all'accettazione
delle sconfitte, all'importanza della collaborazione e dell'amicizia, alla conoscenza e al
rispetto di se stessi e degli altri." - Papa Francesco
Personalmente, condivido pienamente questa visione e credo che lo sport possa essere
un mezzo estremamente efficace per migliorare ogni aspetto della vita.
Lo sport offre innumerevoli benefici per la salute fisica e mentale, aiutando a sviluppare
la determinazione, l'autostima, la fiducia in sé stessi e l'ottimismo. Credo che ogni
persona, indipendentemente dal genere, dall'età e dalla salute, abbia il diritto
fondamentale di accedere all'educazione fisica e allo sport.
L'educazione motoria e il movimento sono essenziali per lo sviluppo della personalità,
delle attitudini, della volontà e della padronanza di sé. Attraverso lo sport, si può
imparare la disciplina, la pazienza e la perseveranza necessarie per raggiungere i propri
obiettivi.
Inoltre, lo sport può essere uno strumento potente per unire le persone e superare le
barriere culturali, linguistiche e religiose. Può creare un senso di comunità e solidarietà,
incoraggiando la cooperazione, il rispetto reciproco e l'empatia. In un mondo in cui
ancora esistono molte ingiustizie e disuguaglianze, credo che lo sport possa essere
utilizzato come un mezzo di cambiamento sociale per promuovere la pace, la giustizia e
l'uguaglianza. Durante il mio percorso di specializzazione per il sostegno didattico, ho
avuto l'opportunità di approfondire la conoscenza delle diverse tipologie di disabilità,
tra cui quella sensoriale. In particolare, la disabilità visiva ha suscitato in me grande
interesse e curiosità. Spesso, nella società odierna, le sfumature che caratterizzano una
limitazione importante come quella della vista passano in secondo piano, mentre
stereotipi e pregiudizi legati a vecchi schemi di pensiero persistono ancora. Pertanto,
ritengo importante descrivere la disabilità visiva e il contributo che la pratica
dell'attività sportiva può apportare alle persone non vedenti. Nel primo capitolo del
presente elaborato finale, si esplorerà l'importanza dello sport come fattore sociale e di
benessere inclusivo. Nei capitoli successivi, verrà descritta la minorazione visiva in tutte
le sue forme storiche, dalla sua origine fino alla definizione attuale del nuovo modello
ICF. Infine, si analizzerà l'interazione tra l'attività sportiva e il processo di autonomia
delle persone con minorazione visiva, che rappresenta la tappa finale di un lungo e
faticoso percorso finalizzato al raggiungimento della piena autonomia.

CAP 1 L'importanza dello sport come attività sociale, inclusiva e di benessere


Lo sport ha radici antiche e si è sviluppato nel corso dei secoli, fino ad assumere
l'importanza che oggi gli attribuiamo. La sua definizione è ampia e comprende molte
sfaccettature, ma la sua accezione più completa è forse quella delineata dal Consiglio
d’Europa a Rodi nel 1992 con la Carta Europea dello Sport. Secondo questa definizione,
lo sport è qualsiasi forma di attività fisica che, mediante una partecipazione organizzata
o meno, ha come obiettivo il miglioramento delle condizioni fisiche e psichiche, lo
sviluppo delle relazioni sociali o il conseguimento di risultati nel corso di competizioni
a tutti i livelli. Lo sport non è solo esecuzione di attività fisica con finalità amatoriali o
professionali, ma anche uno svago che permette di formare e educare i giovani
attraverso valori e principi che sono alla base di questa forma di divertimento. Quattro
sono le sue dimensioni: agonistica, preventiva, educativa e ricreativa. Lo sport ha la
capacità di trasmettere valori quali il rispetto per gli altri, il lavoro di squadra, ma aiuta
anche ad acquistare autostima, a credere in sé stessi e nelle proprie capacità e a
migliorarsi continuamente. Inoltre, lo sport svolge un ruolo sociale importante, poiché
permette di creare relazioni positive tra individui e tra comunità diverse, contribuendo
alla costruzione di una società inclusiva1. Infatti, può essere un mezzo per promuovere
l'integrazione sociale di persone con disabilità o provenienti da contesti socioeconomici
svantaggiati. In questo modo, lo sport diventa un'opportunità per favorire l'accesso a
nuove esperienze, acquisire competenze sociali e migliorare la qualità della vita 2

In sintesi, lo sport rappresenta un'attività fondamentale per il benessere fisico e


psicologico delle persone, ma anche per la costruzione di una società inclusiva e
solidale. Lo sport può essere classificato in diverse categorie a seconda delle sue
caratteristiche. Innanzitutto, si può distinguere tra sport individuale, in cui l'atleta
gareggia e svolge gli esercizi da solo, e sport di squadra, in cui i componenti
collaborano per raggiungere un obiettivo comune e competono contro un'altra squadra.
Inoltre, il tipo di ambiente in cui si svolge lo sport può influenzare la sua tipologia. Ad

1
"Sport and Social Exclusion" di Mike Collins (2004)
2
"Sport and Social Inclusion: Evidence-Based Policy and Practice" di Fred Coalter (2013)
esempio, si possono distinguere sport nautici, come la vela e il windsurf, sport in
montagna come l'arrampicata e lo sci alpino, sport estivi come il calcio e il tennis e
sport invernali come lo snowboard e il pattinaggio su ghiaccio. Le condizioni climatiche
possono quindi rappresentare un'ulteriore variabile nella classificazione degli sport.
1.1 Lo sport come strumento di inclusione sociale per le persone con disabilità

La definizione delle persone disabili da parte dell'Organizzazione delle Nazioni Unite


afferma che sono soggetti con minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a
lungo termine che possono impedire la loro piena e efficace partecipazione nella società
su una base di eguaglianza con gli altri, in interazione con varie barriere. Questa
definizione rappresenta un importante passo avanti rispetto all'indifferenza e al
disprezzo che le persone disabili hanno subito nel passato, promuovendo invece
l'inclusione sociale.

Nell'antichità, le persone con disabilità venivano negate nella loro umanità e allontanate
dalla vita sociale. Con il tempo, tuttavia, la società ha sviluppato un interesse sempre
maggiore verso la disabilità, portando a una svolta culturale che ha permesso di
considerare le persone con disabilità come soggetti che conservano la loro dignità
umana e che possiedono delle qualità che possono essere sviluppate attraverso un
progetto educativo.Secondo gli studiosi di Pedagogia Speciale, uno dei primi a tentare
l'educazione di un bambino "selvaggio" fu il medico francese Jean Itard, il quale
contribuì in modo significativo all'elaborazione della modalità di pensiero che
costituisce la base della visione contemporanea delle persone con disabilità. Oggi,
associare lo sport al mondo della disabilità rappresenta un importante passo avanti verso
la considerazione del soggetto disabile come unico e irripetibile, dotato di potenzialità
ma anche di limitazioni in alcune aree della vita.

Lo sport per le persone con disabilità è una pratica relativamente recente.. Ludwig
Guttmann è stato il precursore nell'osservare l'importanza dell'esercizio fisico per le
persone con disabilità motorie. Nel 1944, all'interno del centro di riabilitazione motoria
di Stoke Mandeville, Guttmann ha iniziato a promuovere programmi di allenamento
personalizzati per incentivare la partecipazione attiva dei disabili. Nel 1948, un altro
evento storico si è verificato quando sono stati organizzati i primi giochi dedicati agli
atleti disabili a Stoke Mandeville. L'iniziativa ha avuto un grande successo, tanto che
dal 1960 i giochi sono diventati internazionali. Infatti, proprio in quell'anno si tenevano
le Olimpiadi a Roma e così sono state organizzate anche le prime Paralimpiadi.
In Italia, la figura del medico chirurgo Antonio Maglio è stata fondamentale nella storia
dei Giochi Paralimpici. Maglio si è interessato fin da subito alla riabilitazione dei
disabili attraverso lo sport, focalizzandosi sul recupero dell'autostima e delle attività
motorie. 3Grazie alla sua metodologia, ha ottenuto grandi risultati, riducendo il tasso di
mortalità e diminuendo gli stati depressivi dei pazienti. Il suo contributo ha permesso di
promuovere l'idea che lo sport possa essere uno strumento efficace per migliorare la
qualità della vita delle persone con disabilità,4 consentendo loro di partecipare
attivamente alla vita sociale e di sentirsi parte integrante della società.

3
Maglio, A. (1971). Sport per i disabili: una metodologia. Torino: Società Editrice Internazionale

4
Vignoli, F., & Zucchetti, G. (2011). Sport, disabilità e inclusione sociale. Milano: FrancoAngeli.
1.2 La pratica dello sport per le persone con disabilità: l'importanza sociale
dell'inclusione e della partecipazione attiva.

L'importanza sociale dello sport è innegabile. Questa pratica rappresenta un'occasione di


formazione fondamentale per lo sviluppo psicofisico dell'essere umano. Lo sport, infatti,
non è solo un'attività fisica ma è anche un fatto sociale che coinvolge diversi ambiti, che
spaziano da quello puramente sportivo fino ad arrivare alla politica. La pratica sportiva
è capace di trasmettere modelli di vita e pratiche di comportamento virtuose,
rappresentando così un importante momento di formazione, sia da un punto di vista
motorio che psicologico-emotivo.

Il movimento è una delle esigenze primarie dell'uomo, poiché il corpo ha bisogno di


esprimersi. Lo sport consente di soddisfare questa necessità, ma non solo. Uno dei suoi
fondamenti è quello di obbligare i ragazzi a vivere in un gruppo, per poi sentirsi parte di
un determinato contesto sociale. Secondo molti sociologi, lo sport è considerato un
bisogno primario per ogni individuo, in quanto permette di vivere in uno stato di
normalità e armonia con se stessi. Grazie alla pratica sportiva, è possibile migliorare le
proprie capacità fisiche, potenziare le funzioni cognitive e psichiche e, soprattutto,
sviluppare competenze sociali e relazionali di grande valore.

Grazie allo sport, si impara a rispettare le regole, a lavorare in squadra, a collaborare, a


fare i conti con la sconfitta e a gestire le emozioni. Tutte queste competenze si riflettono
positivamente nella vita quotidiana, migliorando la capacità di relazionarsi con gli altri e
di affrontare le difficoltà della vita.

Ancora, l’attività fisica rappresenta una fonte di inclusione sociale per le persone con
disabilità e per tutti coloro che si trovano in condizioni di svantaggio. Infatti, lo sport
per i disabili è diventato una pratica sempre più diffusa, grazie anche alla sua capacità di
promuovere l'integrazione e di abbattere le barriere sociali e culturali.

Quindi si nota come rappresenti un'attività fondamentale per lo sviluppo psicofisico


dell'essere umano e per la sua formazione sociale. Grazie alle sue potenzialità, l ‘
esercizio può rappresentare un'opportunità di inclusione sociale e di promozione della
salute, favorendo così la crescita di individui consapevoli e responsabili.
Lo sport rappresenta un’importante opportunità per l’inclusione sociale, l’aggregazione
e la partecipazione attiva alla vita della comunità. La pratica sportiva, infatti, può
promuovere l’integrazione di persone con disabilità, di differenti etnie, culture e
provenienze sociali, favorendo il superamento di barriere fisiche e culturali e il
rafforzamento delle relazioni tra i membri della società.

L’esperienza sportiva permette di sviluppare importanti abilità sociali e relazionali,


come la capacità di lavorare in team, di comunicare efficacemente, di gestire conflitti e
di rispettare le regole. Queste competenze, acquisite all’interno del contesto sportivo,
possono essere utilizzate in molti altri contesti della vita quotidiana, favorendo lo
sviluppo di una personalità equilibrata e di una cittadinanza attiva.

La pratica sportiva rappresenta un’opportunità di crescita personale e di


autoconsapevolezza. Infatti, si possono sperimentare limiti e potenzialità, acquisire
fiducia in sé stessi, imparare a gestire le emozioni e ad affrontare le sfide con
determinazione e resilienza. Tutto ciò contribuisce a costruire una forte identità
personale e a sviluppare un senso di appartenenza alla propria comunità.Esso promuove
la disciplina e il rispetto delle regole, sia quelle formali dell'attività sportiva che quelle
informali della convivenza in un gruppo. Rispettare le regole significa anche accettare il
giudizio dell'altro, rispettare l'avversario e impegnarsi nell'allenamento e in partita per il
raggiungimento di un obiettivo comune. , la pratica sportiva promuove la costruzione di
relazioni positive all'interno del gruppo, dove ogni membro è dipendente dagli altri per
il raggiungimento dello scopo comune.L'agonismo è un aspetto essenziale dell'attività
sportiva, che spesso si riflette anche nella vita di tutti i giorni. Tuttavia, l'agonismo non
deve essere confuso con la competizione sleale o con il disprezzo dell'avversario. Al
contrario, l'agonismo può diventare uno strumento per mettere sullo stesso piano
persone con diverse capacità, come ad esempio persone normodotate e persone con
disabilità, favorendo l'inclusione e l'integrazione sociale. In questo senso, lo sport
diventa uno strumento per promuovere la cultura dell'accettazione e del rispetto delle
diversità.
CAP 2 La cecità nella storia: tra mito e realtà

Nella mitologia greca, il dio Apollo è spesso associato alla vista e alla luce. In una
leggenda, Apollo accecò il gigante Tizio per punirlo per aver tentato di sedurre la madre
del dio. In un'altra leggenda, Apollo accecò il cieco Tiresia per aver visto la dea Atena
mentre si faceva il bagno. Dopo averlo reso cieco, Apollo gli concesse il dono della
profezia .

Tiresia appare in diverse opere della letteratura greca, tra cui l'Odissea di Omero, dove
viene consultato dal protagonista, Ulisse, durante il suo viaggio di ritorno a Itaca.
Tiresia prevede il futuro di Ulisse e gli dà consigli su come evitare i pericoli che lo
attendono. La sua saggezza e la sua abilità divinatoria sono particolarmente importanti
nella mitologia greca, e molte volte viene visto come un mediatore tra gli dèi e gli
uomini.

Un altro personaggio della mitologia greca che è stato descritto come cieco è il ciclope
Polifemo. Nell'Odissea, Ulisse e i suoi compagni si imbattono in Polifemo, che li tiene
prigionieri nella sua caverna. Polifemo è descritto come un gigante con un solo occhio
al centro della fronte, e la sua cecità è un fattore cruciale nella sconfitta di Ulisse.
Infatti, Ulisse e i suoi compagni ciecarono Polifemo, e poi lo colpirono con una astuzia,
quando lo stomaco del gigante era gonfio di vino e cibo, e poi fuggirono.

In generale, la cecità nella mitologia greca è spesso vista come un dono o una
maledizione divina, ma viene anche utilizzata come un simbolo di saggezza e
conoscenza.

Nella Bibbia cristiana, la cecità è un tema che appare in diversi racconti, molti dei quali
raccontano della guarigione miracolosa di persone cieche. Uno di questi racconti è
quello di Gesù che ridona la vista a un uomo cieco.

Il racconto si trova nel Vangelo di Giovanni, nel capitolo 9. Qui, Gesù incontra un
uomo che è nato cieco e che viene considerato un peccatore dalla società dell'epoca.
Gesù, tuttavia, non condivide questa visione e decide di guarirlo dalla sua cecità.
Per fare ciò, Gesù prende del fango, lo spalma sugli occhi dell'uomo cieco e gli dice di
andare a lavarsi nel fiume Siloe. L'uomo fa ciò che gli viene detto e, dopo aver lavato i
suoi occhi, recupera la vista.

Il racconto di Gesù che ridona la vista a un uomo cieco ha molteplici significati


simbolici e teologici. In primo luogo, può essere visto come un esempio della capacità
di Gesù di compiere miracoli e guarire le persone. In secondo luogo, può essere
interpretato come un'illustrazione della fede e della conversione: l'uomo cieco passa
dall'essere un peccatore emarginato a diventare un credente che adora Gesù come il
Figlio di Dio.Il racconto può essere visto come un esempio della capacità di Gesù di
mostrare compassione e misericordia verso coloro che sono emarginati o sofferenti. La
guarigione dell'uomo cieco rappresenta quindi un segno della presenza e della grazia di
Dio nella vita delle persone.In generale, la Bibbia cristiana utilizza la cecità come una
metafora per descrivere la mancanza di conoscenza o la mancanza di comprensione
spirituale. La guarigione miracolosa di persone cieche, quindi, rappresenta la capacità di
Gesù di portare la luce e la conoscenza divina nella vita delle persone e di trasformarle.

In molte culture indigene delle Americhe, la cecità era vista in modo molto diverso
rispetto alla visione prevalente nella cultura occidentale. In queste culture, i ciechi erano
spesso considerati persone speciali e dotate di poteri mistici e spirituali. La cecità era
vista come una benedizione, piuttosto che come una disabilità.

In alcune tribù delle Americhe, i ciechi erano considerati saggi o veggenti, in grado di
vedere le cose in modo diverso rispetto alle persone con la vista. Spesso, i ciechi erano
in grado di percepire cose che gli altri non potevano vedere, come gli spiriti, i sogni e le
visioni. La loro mancanza di vista era considerata una sorta di dono, che permetteva loro
di accedere a un mondo di conoscenza e percezione più profondo e spirituale.

In alcune culture indigene delle Americhe,erano anche considerati guaritori o sciamani,


in grado di curare le malattie e di comunicare con gli spiriti. Erano rispettati e venerati
per la loro capacità di connettersi con il mondo spirituale e di offrire guarigione e
conforto alle persone.

In altre culture indigene, i ciechi erano considerati esseri speciali che avevano il potere
di vedere al di là del velo della realtà fisica.
Riassumendo, molte culture indigene delle Americhe hanno sempre avuto una visione
molto diversa della cecità rispetto alla cultura occidentale. I ciechi erano considerati
persone dotate di poteri mistici e spirituali, e la loro mancanza di vista era vista come
una benedizione che permetteva loro di accedere a una conoscenza più profonda del
mondo spirituale e metafisico.

La cecità è stata un tema importante nella storia moderna della letteratura e dell'arte.
Molti scrittori, artisti e filosofi hanno utilizzato la cecità come una metafora per
descrivere la condizione umana, la mancanza di comprensione o la perdita di
percezione. Ecco alcuni esempi significativi.

"Il Paradiso dei Ciechi" di H.G. Wells è un racconto fantascientifico che immagina una
società governata da persone cieche. Nella storia, un vedente arriva in questa società e
scopre che i ciechi sono in grado di vivere una vita piena e soddisfacente, mentre i
vedenti sono emarginati e incapaci di adattarsi alla vita senza la vista. Il racconto è una
critica alla società basata sull'apparenza e sulla visione, che esclude coloro che non
possono vedere.

"L'Inferno" di Dante è una delle opere letterarie più importanti della storia. Nella prima
cantica del poema, Dante descrive il Limbo, il regno dei morti che non sono stati
battezzati. Tra questi morti ci sono anche i ciechi, che sono privati della visione della
luce divina. La cecità, in questo caso, è una metafora della mancanza di conoscenza e di
fede.

"Il Borges" di Borges è un racconto breve che descrive un uomo che scopre di essere
cieco e che deve imparare a vivere senza la vista. L'uomo scopre che la cecità non lo
limita, ma anzi gli apre nuove possibilità di conoscenza e di esperienza.

"In the Country of the Blind" di H.G. Wells è un altro racconto fantascientifico che
immagina un uomo che arriva in un villaggio dove tutti sono ciechi. L'uomo, che ha la
vista, crede di poter dominare gli abitanti del villaggio, ma scopre invece che sono loro
a essere superiori grazie alla loro capacità di percepire il mondo in modo diverso.

"Blindness" di José Saramago è un romanzo che immagina un'epidemia di cecità che


colpisce una città intera. Nel romanzo, la cecità è una metafora della disumanizzazione
e della perdita di valori umani, mentre la guarigione dalla cecità rappresenta la speranza
e la possibilità di un futuro migliore.

In generale, la cecità è stata utilizzata nella letteratura e nell'arte come una metafora
della condizione umana, della mancanza di comprensione o della perdita di percezione.
Le opere che hanno affrontato questo tema hanno spesso cercato di esplorare il
significato della cecità e di trasformarla in un simbolo di speranza o di fede.

Molte persone cieche hanno fatto grandi contributi alla società attraverso la loro arte, la
loro scienza, la loro filosofia, la loro attivismo e la loro ispirazione. Ecco alcuni esempi
significativi:

Denis Diderot (1713-1784) è stato un filosofo, scrittore e critico letterario francese,


nonché uno dei principali autori dell'Encyclopédie, una vasta enciclopedia dell'epoca
illuminista. Diderot era cieco negli ultimi anni della sua vita, ma ha continuato a
scrivere e a lavorare con l'aiuto di assistenti e amici.

Helen Keller (1880-1968) è stata una scrittrice, attivista e conferenziere americana,


famosa per la sua capacità di superare la sua cecità e la sua sordità fin dall'infanzia.
Keller ha imparato a comunicare attraverso il linguaggio dei segni, ha scritto diversi
libri e ha difeso i diritti delle persone con disabilità.

Louis Braille (1809-1852) è stato un educatore e inventore francese, noto per aver
inventato il sistema di lettura e scrittura in braille per le persone cieche. Braille era cieco
fin dall'età di tre anni a causa di un incidente in cui si era ferito gli occhi mentre giocava
con gli attrezzi di suo padre.

Stevie Wonder (nato nel 1950) è un musicista, cantautore e produttore discografico


americano, noto per il suo stile di soul e R&B. Wonder è stato cieco fin dall'infanzia a
causa di una malattia prematura della retina, ma ha continuato a suonare e cantare con
grande successo, vincendo numerosi premi e riconoscimenti.

Andrea Bocelli (nato nel 1958) è un tenore italiano, noto per la sua voce potente e il suo
repertorio di musica classica e pop. Bocelli è stato cieco fin dall'età di dodici anni a
causa di un incidente sportivo, ma ha continuato a cantare e a registrare album di
successo in tutto il mondo.
Questi sono solo alcuni esempi di persone cieche che hanno fatto grandi contributi alla
società attraverso la loro creatività, la loro innovazione e la loro ispirazione. La loro
esperienza di vita e la loro capacità di superare le sfide della cecità sono state fonte di
ispirazione e di speranza per molte altre persone.
2.1 ICF: un modello Bio-Psico-Sociale

Nel 1980 l’OMS pubblicò un primo documento dal titolo International Classification of
Impairments, Disabilities and Handicaps (ICIDH), con il quale veniva fatta l’importante
distinzione tra: - menomazione: come ; “Anomalia" come una deviazione dalla norma,
una condizione insolita o atipica che riguarda una struttura o una funzione psicologica,
fisiologica o anatomica. "disabilità" come una limitazione o una perdita della capacità di
eseguire un'attività in modo o entità considerati normali per un essere umano, una
condizione che impedisce o rende difficoltoso il completamento di una determinata
azione o attività. - handicap: come "condizione di svantaggio conseguente a una
menomazione, o a una disabilità, che in un certo soggetto limita o impedisce
l’adempimento del ruolo normale per tale soggetto in relazione all’età, al sesso e ai
fattori socioculturali". la "disabilità" può essere vista come una condizione personale di
svantaggio, mentre l'"handicap" si riferisce al suo svantaggio sociale, ovvero alle
barriere e alle limitazioni che la società impone a causa della sua disabilità. L'ICDH
prevede la sequenza: Menomazione – Disabilità - Handicap, che, tuttavia, non è
automatica, in quanto l’handicap può essere diretta conseguenza di una menomazione,
senza la mediazione dello stato di disabilità. L’handicap è una condizione relativa e non
un’assoluta, al contrario di ciò che si può dire per il deficit. In altri termini,
un’amputazione non può essere negata ed è quindi assoluta; lo svantaggio (handicap) è
invece relativo alle condizioni di vita e di lavoro, in una parola della realtà in cui
l’individuo amputato è collocato. L’handicap è dunque un incontro fra individuo e
situazione è uno svantaggio riducibile o aumentabile. La "menomazione" può essere
vista come una condizione permanente di danno fisico o mentale, mentre la "disabilità"
può essere influenzata dal tipo di attività che la persona deve svolgere.

L'"handicap" rappresenta il disavvantaggio che la persona con disabilità può avere


rispetto agli individui senza disabilità in diversi contesti sociali e non solo nei confronti
di coloro che si definiscono "normodotati". Nel tempo, l’ICDH ha mostrato una serie di
che hanno condotto, negli anni 90, l'OMS ha a riformulare la classificazione e nel 2001
è stato pubblicato uno strumento di classificazione innovativo, multidisciplinare e
dall’approccio universale. 16 La Classificazione Internazionale del Funzionamento delle
Disabilità e della Salute (ICF), è uno strumento di classificazione e descrizione che
definisce lo stato di salute delle persone piuttosto che le limitazioni, dichiarando che
l'individuo "sano" si identifica come "individuo in stato di benessere psicofisico",
ribaltando di fatto la concezione di stato di salute. Con il nuovo documento, si segna il
superamento dei concetti: menomazioni, disabilità e del termine handicap; vengono
introdotti termini come: “funzioni corporee”, “strutture corporee”, “attività e
partecipazione”, “fattori ambientali”. Se, nel vecchio modello, la catena
eziopatogenetica aveva un paradigma di tipo lineare, nel nuovo modello si adotta quello
della complessità. Per la prima volta questo modello di classificazione, allarga gli
orizzonti, non è più caratterizzato da una logica di medicalizzazione, per assumere una
nuova lente che è quella che va declinata nell'ambito del linguaggio pedagogico -
didattico antropologico - sociale. L’ ICF è un modello antropologico – sociale -
culturale che parla di funzionamento, attività e partecipazione. Valorizzando il singolo,
ponendo al centro l’attività, che può essere più o meno sviluppata in rapporto sia alle
condizioni dell’individuo che a quelle ambientali. Per la prima volta vengono usate più
chiavi di lettura, finalmente un cambiamento che muta la concezione della diversità e
quindi della disabilità. La rivoluzione contenuta nell’ICF è quella di valorizzare
diversità. La diversità non è solo una mancanza, un difetto, un guasto da riparare, ma
una risorsa, una crescita. Per la prima volta, si parla dell'incidenza dei fattori contestuali,
della condizione di disabilità associata ai micro - macrocontesti sociali come la
famiglia, il territorio, il coetaneo. Le potenzialità, capabilities approach, sottolinea la
possibilità che le persone disabili hanno di sviluppare il proprio potenziale in presenza
di un contesto adeguato. L’ICF spostando il focus sul diritto alla salute quale diritto di
ogni persona sottolinea quanto ognuno di noi possa trovarsi in una situazione di non
adeguata partecipazione, di non adeguato riconoscimento civile, non solo etico e
valoriale. Nel modello di classificazione precedente, la salute coincideva con un’assenza
di malattia, con un assenza di patologia di evento invalidante, nell’ ICF si parla di
condizioni di benessere, che vanno oltre la salute, oltre l'assenza di malattia, perché una
persona può stare bene fisicamente ma può stare male con se stessa. Lo stare bene con
se stessi dipende da una molteplicità di fattori che non sono solo anatomo - funzionali
ma, che non potevano trovare posto nel vecchio. Nella parte relativa alle attività
personali, che nel vecchio 17 sistema di classificazione erano le difficoltà nella vita
quotidiana, nell'eseguire un compito che ci viene richiesto, nell’ICF vengono elencate le
sette aree più importanti della vita: saper comunicare, potersi muovere, prendersi cura
della propria persona, interagire con gli altri, saper apprendere. Il livello di
partecipazione, di inclusione, di interazione sociale a ribadire che il funzionamento di
una persona dipende da una serie di fattori non soltanto da l’assenza di una malattia
invalidante.Le persone con disabilità sono soggette di diritto come tutti i cittadini e
hanno diritto a un'istruzione, a un lavoro e all'accesso alla stessa qualità di vita degli
altri. La loro indipendenza e autonomia sono importanti e quando si parla di autonomia
nel mondo della disabilità, non si intende solo la capacità di fare le cose da soli, ma
anche la capacità di sapere a chi chiedere aiuto, quando chiedere aiuto, come chiedere
aiuto e dove trovare la rete di sostegno e di aiuto più efficace e funzionale alle proprie
necessità. Questa è la rivoluzione fondamentale del modello ICF, che si concentra sulla
qualità della vita delle persone con disabilità.
2.2 La minorazione visiva

Il termine «minorazione», adoperato dalla Costituzione (all’articolo 38) e dalla Legge n.


104 del 5 febbraio 1992 (all’articolo 3), è sinonimo di «menomazione». Quando la
«minorazione» è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione
lavorativa determina un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. Secondo
vari studiosi, la "minorazione" può essere definita come la riduzione dell'efficienza
psico-fisica dell'individuo, in un'accezione ampia del termine. Questa riduzione può
essere causata da lesioni di varia natura, tra cui anche patologie che determinano una
menomazione permanente dell'anatomia o della funzione del corpo.

Il termine "minorazione visiva" si riferisce a una serie di situazioni in cui la capacità


visiva dell'individuo non può essere corretta e riportata a ciò che viene considerato "la
norma", ovvero a uno standard di funzionalità visiva che è considerato comune nella
popolazione generale.. Qui viene usata per indicare una perdita di capacità visiva che
rende difficile, o impossibile, effettuare i compiti connessi con la vita quotidiana, senza
fare ricorso ad adattamenti speciali. Spesso, la minorazione visiva è causata dalla
perdita di acuità visiva, ovvero la capacità dell'occhio di identificare i dettagli, ma può
anche essere dovuta alla perdita del campo visivo, ovvero alla superficie totale che può
essere percepita senza bisogno di muovere gli occhi o la testa.

Ci sono tre possibili cause di minorazione della vista:

1) Danni che interessano una o più parti dell'occhio essenziali per la visione possono
interferire con il modo in cui l'occhio riceve ed elabora le informazioni visive.

2) Le dimensioni del bulbo oculare possono non essere proporzionate correttamente,


rendendo più difficile la messa a fuoco degli oggetti.

3) La regione cerebrale deputata all'elaborazione dell'informazione visiva potrebbe non


funzionare correttamente, causando una condizione in cui l'occhio è perfettamente
normale, ma il cervello non è in grado di analizzare e interpretare l'informazione visiva.

La minorazione visiva può essere presente fin dalla nascita o può svilupparsi durante
l'infanzia o la giovinezza. Esistono diversi tipi di minorazione visiva, alcuni dei quali
peggiorano nel corso degli anni, altri che rimangono stabili e altri ancora che possono
migliorare nel tempo.

.Considerato che ogni condizione è soggettiva, anche in presenza dello stesso quadro
clinico e della medesima forma di minorazione visiva, due soggetti possono avere una
capacità visiva molto diversa fra loro.
Per una valutazione della vista si procede alla:

A) Misurazione dell’acuità visiva (ossia quanto chiaramente vede un soggetto)


L’espressione “visus di 20/20” rappresenta una misurazione di quanto bene un soggetto
è capace di leggere una scheda contenente determinate lettere e/o numeri, di diverse
grandezze.
B) Misurazione del campo visivo
La valutazione della minorazione visiva prevede l'uso della scala di valutazione del
campo visivo, che misura la porzione di spazio circostante che il soggetto riesce a
vedere senza muovere gli occhi e la testa. Nei bambini piccoli, tuttavia, può essere
difficile mantenere il capo in posizione eretta e fissare lo sguardo verso un punto stabile,
rendendo l'esame più complicato.

Nella diagnosi della minorazione visiva, viene considerata anche la capacità del
soggetto di distinguere la presenza o l'assenza di luce, senza necessariamente riuscire a
identificarne la provenienza. Inoltre, si valuta la capacità di distinguere la provenienza
della luce stessa.Esistono diverse classificazioni quantitative per descrivere la risorsa
visiva di cui dispone il soggetto con minorazione visiva, ma la terminologia e le
definizioni sono ancora oggetto di dibattito per garantire una descrizione precisa
dell'abilità visiva dell'individuo. Per comprendere come un bambino usa la vista, è
necessario osservarlo sistematicamente nei diversi contesti di vita e coinvolgere sanitari,
familiari, insegnanti e chiunque si occupi del bambino stesso. Questa osservazione aiuta
a identificare i fattori che influenzano la sua abilità visiva e a monitorarli nel tempo.
Alcuni bambini con minorazione visiva possono avere una "vista fluttuante", che può
essere influenzata da fattori come i cambiamenti di illuminazione, il grado di familiarità
o complessità di un compito, la stanchezza, nonché da aspetti clinici.Per quanto riguarda
il ruolo delle diverse parti dell'occhio nella visione, si possono distinguere tre gruppi: il
sistema ottico, il sistema nervoso e il sistema dei movimenti oculari, che interagiscono
per consentirci di vedere.Il processo della visione inizia quando il sistema che gestisce i
movimenti oculari dirige gli occhi per fissare un oggetto e il sistema ottico mette a
fuoco l'immagine. I raggi luminosi attraversano la cornea, la pupilla e il cristallino per
colpire i recettori retinici, che trasformano i raggi luminosi in impulsi nervosi. Gli
impulsi nervosi vengono poi inviati al cervello attraverso il nervo ottico e l'immagine
viene elaborata e interpretata. Se un bambino ha un difetto strutturale nel sistema visivo,
può essere dovuto a fattori ereditari, malattia, trauma o altri fattori. È importante
identificare il difetto visivo il prima possibile e adottare le misure necessarie per
minimizzare le conseguenze sullo sviluppo e sull'apprendimento del bambino. La Legge
3 aprile 2001 n. 138 definisce e classifica le minorazioni visive in base al residuo visivo
e al residuo perimetrico binoculare. Sono definiti ciechi totali coloro che hanno totale
mancanza della vista in entrambi gli occhi, o che hanno solo la percezione dell'ombra e
della luce o del moto della mano, o il cui residuo perimetrico binoculare è inferiore al
3%. I ciechi parziali hanno un residuo visivo non superiore a 1/20 in entrambi gli occhi
o nell'occhio migliore, o un residuo perimetrico binoculare inferiore al 10%. Gli
ipovedenti gravi hanno un residuo visivo non superiore a 1/10, o un residuo perimetrico
binoculare inferiore al 30%, mentre gli ipovedenti medio-gravi hanno un residuo visivo
non superiore a 2/10, o un residuo perimetrico binoculare inferiore al 50%. Gli
ipovedenti lievi hanno un residuo visivo non superiore a 3/10, o un residuo perimetrico
binoculare inferiore al 60%. La valutazione del campo visivo è importante per
determinare il grado di invalidità e i relativi emolumenti economici.

La parola "ipovisione", così come altri termini come subvisione, deficit visivo,
subefficienza visiva, ecc., può essere interpretata in vari modi poiché non fornisce
indicazioni precise sull'entità della visione residua.

L'ipovisione può generare condizioni percettive e psicofisiche diverse e talvolta


contrastanti, a seconda delle cause e del grado di limitazione della capacità visiva.

Uno dei maggiori ostacoli che gli adulti ipovedenti e non vedenti devono affrontare è
l'elaborazione dei loro vissuti in relazione alla propria invalidità e l'accettazione della
propria condizione. Per quanto riguarda l'impatto emotivo della cecità, Hollins (1989)
ha notato come esso varia notevolmente in base all'età in cui la cecità si manifesta.Nella
progettazione dell'intervento didattico a scuola, è importante creare un percorso
preferenziale adattato in aula, con passamani lungo le pareti, percorso in rilievo sul
pavimento, angoli smussati o ricoperti, e utilizzare materiali riconoscibili al tatto.
Inoltre, è necessario predisporre aule con illuminazione non violenta e banchi vicini alla
lavagna. È importante anche predisporre sussidi, ausili e materiali didattici adeguati,
come testi in Braille, materiali in rilievo, fotocopie ingrandite, dattilobraille, video
ingranditore, sedie e banchi ergonomici, ecc.
Nell'azione didattica, è importante utilizzare giochi per sensibilizzare i compagni e per
stimolare l'esplorazione degli spazi utilizzando tutti i sensi. Inoltre, è possibile utilizzare
l'utilizzo vicariante di tutti gli altri sensi per mediare i concetti da apprendere e attività
in cui si utilizzano gli altri canali espressivi, come la musica, la scultura, la
manipolazione, la cucina, la "profumeria", ecc. Infine, è importante rinforzare l'uso del
linguaggio e le attività di memorizzazione..
Un’agevolazione sicura, che tuttavia comporta l’anticipazione della spesa di acquisto, è
costituita altresì dalla legge n. 30/97 che, all’art. 1, comma 1 lettera a), introduce nel
Testo Unico delle imposte dirette, approvato con DPR 917/86, una ulteriore
agevolazione.
Il costo dell’acquisto di ausili tecnici e informatici per l’autonomia è detraibile in
misura pari al 19% dall’ammontare dell’Irpef da pagare nell’anno in cui si sia effettuato
l’acquisto.
Inoltre la legge 449/97 all’art. 8 per l’acquisto di questi ausili riduce l’IVA al 4%.
Le istituzioni scolastiche, in presenza di alunni disabili della vista, devono effettuare le
adozioni dei libri di testo entro il 31 marzo nei termini e nei modi indicati dalla circolare
che viene emanata ogni anno dal MIUR. La C.M. 16 del 10 febbraio 2009, relativa
all’adozione dei libri di testo per l’anno scolastico 2009-2010, recita “Per gli studenti
con disabilità sono previsti libri di testo e strumenti rispondenti alle specifiche esigenze,
sia sotto forma di testi trascritti in Braille per allievi non vedenti o con caratteri
ingranditi per allievi ipovedenti, sia in forma digitale con prodotti che rispettino i
requisiti previsti dalla normativa vigente ed in particolare il DPCM 30 aprile 2008
(pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 2008), concernente le Regole
tecniche disciplinanti l’accessibilità agli strumenti didattici e formativi a favore degli
alunni disabili”.
Il termine previsto per l’adozione è anticipato, rispetto alla scadenza fissata per fine
maggio, per consentire agli operatori specialisti che devono procedere alla
predisposizione qualificata di trascrizione dei testi di approntarne le versioni in braille o
in caratteri ingranditi e alle stamperie del settore di procedere alla riproduzione dei testi.
A tale proposito il dirigente scolastico è invitato a collaborare con la famiglia
dell’alunno disabile nella ricerca di agenzie e stamperie qualificate per la trascrizione,
avvalendosi anche del supporto delle sezioni locali dell’Unione italiana ciechi.
2.3 L'importanza del contesto sociale nella vita delle persone con disabilità visiva

È essenziale prestare grande attenzione al contesto sociale quando si considera la


condizione di una persona cieca. Non si può pensare al "cieco" come a un individuo
isolato dal mondo circostante, ma come parte di un sistema di relazioni sociali in cui la
cecità è una condizione di minoranza.Il contesto sociale si riferisce all'ambiente di vita
che circonda una persona cieca, che include la famiglia, la scuola, l'ambiente di lavoro,
il gruppo di coetanei e il rapporto che l'individuo stabilisce per affermarsi come persona
nella società. Il contesto sociale è quindi un luogo importante su cui intervenire per
evitare di accentuare l'handicap della cecità.

Il processo di crescita di una persona con disabilità visiva si sviluppa attraverso sfide
emancipative, che vengono rese competenze all'interno del mondo in cui viviamo.
Attraverso tali competenze, le persone cieche sperimentano i loro limiti e quelli del
mondo circostante. Gli elementi handicappanti possono nascere ed evolvere già
all'interno della famiglia, che ha una grande responsabilità nel processo di crescita ed
emancipazione dei giovani con disabilità visiva.

Il modo in cui i genitori accolgono il figlio non vedente influisce sulla percezione di sé
stesso e sulla maniera di porsi in relazione agli altri e alla vita. È fondamentale che i
genitori, di fronte alla disabilità del figlio, non si limitino a offrire un illusorio rifugio
domestico ma che propongano anche modalità di protezione, soddisfazione del bisogno,
dipendenza, norme, limiti, rinunce e spinte emancipative , per permettere al figlio di
costruire la sua vita sociale in maniera autonoma. E’ importante considerare il contesto
sociale di una persona cieca e intervenire in modo appropriato in ogni fase del suo
percorso di crescita ed emancipazione per evitare di accentuare l'handicap della cecità.
Per intervenire efficacemente sulla persona con disabilità visiva e sul suo contesto di
vita, diventa indispensabile adottare una prospettiva di lavoro di rete, coinvolgendo la
famiglia come punto di partenza e di arrivo di ogni situazione educativa, e la scuola o
l'ambiente di lavoro, luoghi privilegiati in cui l'integrazione può avvenire e compiersi.

Questi presupposti di rete devono costituire il progetto di vita della persona con
disabilità visiva, tenendo in considerazione sia l'individuo, sia i vari aspetti della sua
vita. Tuttavia, è spesso difficile coinvolgere e valorizzare le risorse interne alle famiglie
poiché le barriere culturali possono essere più difficili da superare rispetto a quelle
architettoniche. Lavorare per la riduzione dell'handicap nei contesti sociali significa
concentrarsi sulle opportunità possibili senza creare false aspettative. La mancanza di
conoscenza può causare paura, confusione e discriminazione, mentre l'informazione
graduale, appropriata e aggiornata può prevenire questi problemi e migliorare la
comunicazione, aprendo nuove possibilità di integrazione e individuando risorse umane
ed economiche utili. Come è stato osservato e detto più volte, la cultura e la società
odierna non sembrano essersi spogliate dei pregiudizi, nonostante la rapida evoluzione
del sapere e dell'informazione. Questi pregiudizi rivelano il timore di confrontarsi con
aspetti della disabilità visiva ritenuti inquietanti o, al contrario, la tendenza a enfatizzare
nei ciechi la presenza di talune doti particolari presunte, coinvolgendo due ambiti della
persona non vedente: l'agire e la sfera delle emozioni.

La cecità, come disabilità visiva, può influenzare in vari modi l'esperienza dell'individuo
e la sua interazione con l'ambiente circostante. Molti pensano che i non vedenti non
possano agire da soli, curare la propria igiene personale o riconoscere oggetti familiari,
ma la realtà dimostra che i ciechi possono svolgere queste attività e molte altre con
successo, a volte suscitando sorpresa e ammirazione. Tuttavia, c'è ancora l'idea diffusa
che la cecità possa impoverire la spontaneità e l'immediatezza delle emozioni, in quanto
si crede che lo sguardo svolga un ruolo importante nella comunicazione non verbale.

Le modalità di deambulazione, di letto-scrittura, la gestualità e altri comportamenti


tipici dei non vedenti sono facilmente osservabili, il che può portare ad aspettative
ridotte rispetto alle reali capacità di queste persone. Ciò potrebbe scoraggiarli nella
scoperta e nello sviluppo delle loro potenzialità, limitandone le possibilità di crescita
personale.

L'impatto della cecità sull'individuo e sul suo ambiente può dipendere da numerosi
fattori, tra cui l'età di insorgenza della disabilità. Ad esempio, le persone che diventano
cieche dopo aver vissuto molte esperienze potrebbero avere maggiori difficoltà ad
adattarsi al loro nuovo status e al nuovo modo di interagire con l'ambiente.

Le persone affette da cecità congenita o che l'hanno contratta in tenera età possono
avere un patrimonio di immagini limitato o inesistente, ma potrebbero invece sviluppare
capacità di compensazione attraverso altri sensi. In ogni caso, è importante prestare
attenzione alle diverse esigenze e possibilità di ogni individuo e garantire il sostegno e
l'adeguata educazione e riabilitazione per favorirne il pieno sviluppo.
Cap 3 Gli sport praticati dai non vedenti

La regolazione della locomozione umana, come la corsa e la camminata, richiede


movimenti ritmici del corpo e una precisa regolazione dei movimenti e delle posture per
adattarsi alle volontà della persona e alle condizioni ambientali. Le informazioni
provenienti dall'ambiente esterno sono fondamentali per il controllo motorio e sono
raccolte da due tipi di recettori:

-i propriocettori, che trasmettono informazioni sulla posizione dei segmenti corporei


nello spazio e nel tempo,

-esterocettori, che trasmettono informazioni sull'ambiente esterno attraverso i sensi


come la vista, l'udito, l'olfatto, il tatto e il gusto.

L'integrazione di queste informazioni è necessaria per il controllo motorio efficace,


poiché nessuna di esse da sola è in grado di garantire una completa consapevolezza
dell'ambiente esterno e del proprio corpo. L'informazione visiva è particolarmente
importante in quanto consente di stimare distanze, dimensioni, peso, caratteristiche e
posizione degli oggetti, nonché la loro velocità e direzione nello spazio, e contribuisce
al mantenimento dell'equilibrio, alla coordinazione occhio-mano e al processo di
apprendimento.

Le informazioni somato-sensitive, vestibolari e visive-motorie sono fondamentali per il


controllo motorio e devono essere integrate per consentire una locomozione efficiente e
adattabile alle condizioni ambientali.

Se la capacità visiva è limitata o assente, le funzioni visive menzionate in precedenza


possono essere compromesse, ma non del tutto perse, poiché il sistema nervoso centrale
integra le informazioni sensoriali provenienti da altri tipi di recettori e le utilizza per
svolgere queste funzioni. Ad esempio, una persona con disabilità visiva che si muove in
un ambiente con scarsa illuminazione o in una stanza buia con oggetti sul pavimento,
procederà con cautela utilizzando principalmente il tatto e l'udito, ma una volta che si è
abituata all'ambiente, adatterà le proprie movenze di conseguenza. È importante
sottolineare che le persone ipovedenti o cieche, nonostante la carenza o assenza di
informazioni visive, possono comunque svolgere attività motorie e sportive sfruttando i
sensi residui e le altre fonti di informazione disponibili, unitamente all'aiuto degli
istruttori/docenti.

Inoltre, praticare sport e attività fisica presenta gli stessi benefici di carattere generale
per tutte le persone, come ad esempio il miglioramento delle capacità coordinative e
della propriocezione. Tuttavia questi benefici assumono un particolare valore,
migliorando la prontezza di riflessi, l’elasticità e la percezione del proprio corpo. Ciò
consente di acquisire certi automatismi utili anche nelle attività quotidiane, come ad
esempio salire o scendere le scale, fare passi più lunghi per salire o scendere dai mezzi
pubblici, appendere un oggetto, sostenere o riporre dei pesi in modo corretto, reagire
tempestivamente a un dislivello o un inciampo, e così via, con notevoli vantaggi per la
sicurezza e l’autonomia di movimento.

"Lo sport per le persone con disabilità è un veicolo potente per abbattere le barriere, per
superare i pregiudizi e promuovere l'inclusione sociale" (Ban Ki-moon, ex Segretario
Generale delle Nazioni Unite)

Nelle competizioni ufficiali gli atleti non vedenti sono classificati in base alle loro
capacità funzionali residue in modo da garantire una competizione equa tra i
partecipanti. L’International Blind Sport Association ha elaborato una classificazione
degli atleti ciechi ed ipovedenti che comprende tre categorie: B1: ciechi totali ovvero
non vi è la percezione della luce in entrambi gli occhi; B2: ipovedenti gravi ovvero
persone che sono in grado di riconoscere oggetti contorni degli oggetti e che presentano
un residuo visivo non superiore a 2/60 e/o con un campo visivo non superiore a 5°; B3:
ipovedenti lievi ovvero persone che presentano un residuo visivo compreso tra 2/60 e
6/60 e/o con un campo visivo compreso tra 5° e 20°.

Il primo sport per non vedenti è stato il goalball, inventato nel 1946 dallo studente
austriaco Hanz Lorenzen e dal suo amico di collegio Sepp Reindle come forma di
riabilitazione per i veterani della Seconda Guerra Mondiale che erano diventati ciechi a
causa di lesioni durante il conflitto. Il goalball è uno sport di squadra che si gioca su una
superficie rettangolare e che prevede l'utilizzo di una palla sonora di gomma che deve
essere lanciata in direzione della porta avversaria. I giocatori non vedenti indossano
maschere opache per garantire che tutti i partecipanti siano alla pari in termini di
visione, e la partita si svolge in silenzio per garantire che i giocatori possano sentire la
palla in movimento attraverso il suono prodotto dai campanelli interni. Il goalball è stato
incluso nel programma Paralimpico a partire dal 1976.

-Il calcio a 5 : è uno sport praticato da persone con disabilità visiva, che si svolge su un
campo di gioco di dimensioni ridotte (20x40 metri) e con una palla sonora, cioè dotata
di un dispositivo che emette un suono per facilitare la localizzazione da parte dei
giocatori. La squadra è formata da 5 giocatori non vedenti o ipovedenti (con acuità
visiva non superiore al 10% in entrambi gli occhi o un campo visivo inferiore a 20 gradi
di diametro), ai quali si aggiunge un portiere che può avere la vista normale. I giocatori
non vedenti o ipovedenti indossano una benda sugli occhi per garantire la parità di
condizioni tra i membri della squadra. Lo scopo del gioco è segnare gol nella porta
avversaria, utilizzando la palla sonora e la propria capacità di orientamento e di ascolto
dell'ambiente circostante. Il calcio a 5 per non vedenti o ipovedenti è uno sport molto
competitivo e coinvolgente, che richiede una buona coordinazione, un'ottima capacità
uditiva e una grande velocità di riflessi. È stato inserito nel programma paralimpico a
partire dalle Paralimpiadi di Atena del 2004 e viene praticato in molti paesi del mondo.

L'equitazione :In questo sport, la comunicazione tra il cavallo e il cavaliere è


fondamentale e avviene principalmente attraverso il contatto fisico e l'ascolto di segnali
acustici.

Le persone non vedenti o ipovedenti che praticano l'equitazione hanno bisogno di una
maggiore concentrazione e di una conoscenza più approfondita del cavallo, in modo da
essere in grado di interpretare i suoi movimenti e reazioni.Gli istruttori possono
utilizzare una serie di tecniche specifiche per aiutare le persone non vedenti o
ipovedenti a praticare l'equitazione in sicurezza e a raggiungere i loro obiettivi. Ad
esempio, possono essere utilizzati dei campanacci sulle staffe del cavallo per aiutare il
cavaliere a sapere in che momento il cavallo sta per saltare. Inoltre, esistono anche
competizioni equestri dedicate alle persone non vedenti o ipovedenti, come ad esempio
il Dressage para-equestre. Queste competizioni prevedono delle categorie specifiche per
le persone con disabilità visive e si basano sulla valutazione della capacità del cavallo e
del cavaliere di eseguire determinati movimenti in modo preciso e coordinato.
-Il nuoto è uno sport che può essere praticato anche da persone non vedenti o
ipovedenti, grazie alla sua natura acquatica che elimina l'importanza dell'aspetto visivo.

Le gare di nuoto per atleti non vedenti o ipovedenti vengono organizzate con l'uso di
speciali segnali sonori e tattili, ad esempio un segnale acustico al posto del segnale
visivo per l'inizio della gara o per la fine di ogni lunghezza. Inoltre, gli atleti non
vedenti o ipovedenti possono essere assistiti da guide che nuotano accanto a loro e li
guidano con l'uso di comandi vocali o di contatto fisico.

Esistono diverse categorie di competizione per nuotatori con disabilità visiva, che sono
divisi in base al grado di ipovisione o cecità e al loro livello di abilità. In competizioni
ufficiali, gli atleti possono essere obbligati a indossare maschere che impediscono la
visione, al fine di garantire che tutti gli atleti abbiano le stesse condizioni di gara.

-La scherma : gli atleti non vedenti o ipovedenti utilizzano delle maschere speciali che
coprono gli occhi e che sono dotate di sensori acustici. Quando la lama tocca la
maschera, i sensori emettono un segnale sonoro che indica la posizione della lama. In
questo modo, gli atleti possono identificare la posizione del loro avversario e difendersi
o attaccare di conseguenza.Le regole della scherma per non vedenti e ipovedenti
prevedono alcune modifiche rispetto alla scherma tradizionale. Ad esempio, il campo di
gioco è più piccolo e viene delimitato da corde che segnalano i bordi. Inoltre, gli atleti
devono sempre mantenere il contatto con il terreno di gioco e non possono effettuare
salti o altri movimenti che potrebbero essere pericolosi. La scherma è uno sport che
richiede forza, velocità, agilità e una grande capacità di concentrazione. Grazie
all'utilizzo della tecnologia e all'adattamento delle regole, anche gli atleti non vedenti o
ipovedenti possono praticare questo sport e competere a livello internazionale.

-Il tiro con l'arco per non vedenti o ipovedenti segue le stesse regole del tiro con l'arco
tradizionale, con alcune specifiche modifiche.

In generale, la competizione è divisa in due categorie: non vedenti e ipovedenti. Per


partecipare come non vedente, il concorrente deve essere completamente privo di vista,
mentre per partecipare come ipovedente, deve avere una ridotta capacità visiva.

Il campo di tiro viene delimitato da una barriera acustica per consentire ai concorrenti di
individuare la propria posizione, la posizione dei compagni di squadra e del bersaglio.
Inoltre, il bersaglio è dotato di sensori sonori che emettono un segnale acustico quando
la freccia lo colpisce. I concorrenti hanno a disposizione un tempo limitato per eseguire
i propri tiri, che varia a seconda della competizione e della categoria di appartenenza.
Inoltre, la distanza dal bersaglio varia a seconda della categoria: per i non vedenti, la
distanza è di 18 metri, mentre per gli ipovedenti è di 30 metri. Per consentire ai
concorrenti di orientarsi e di eseguire i tiri in sicurezza, è possibile utilizzare delle guide
tattili poste sulla base dell'arco, in modo da stabilire l'orientamento dell'arma rispetto al
bersaglio.

-Arrampicata sportiva:è uno sport che richiede una buona vista, ma esistono alcune
varianti di questo sport che consentono a persone con disabilità visive di praticarlo. Una
di queste varianti è l'arrampicata sportiva paralimpica, in cui gli atleti con disabilità
visive salgono una parete di arrampicata guidati da un compagno di squadra che gli
indica la via da seguire. Il compagno di squadra può essere posizionato sotto la parete, a
terra o su un'altra parete vicina. Inoltre, esistono anche gare di arrampicata per disabili
visivi in cui gli atleti utilizzano una tecnica chiamata "touch climbing", che prevede
l'utilizzo di piccoli rilievi tattili sulla parete per guidarsi durante la salita. Infine,
esistono anche programmi di arrampicata terapeutica per disabili visivi, che consentono
loro di sperimentare l'arrampicata in modo sicuro e supportato da istruttori specializzati.

-Lo sci :è possibile grazie alla guida di un istruttore o di un compagno di squadra che si
posiziona di fronte allo sciatore e lo guida lungo la pista.Esistono diverse modalità di
guida, tra cui la guida vocale, in cui l'istruttore fornisce indicazioni vocali
sull'andamento della pista e sulla posizione dei punti di riferimento, e la guida tattile, in
cui l'istruttore utilizza dei bastoncini o dei cordeletti per guidare lo sciatore lungo la
pista.Esistono anche attrezzature specifiche per lo sci per ciechi o ipovedenti, come ad
esempio gli sci con un sistema di guida a crocetta, che consentono una maggiore
stabilità e sicurezza durante la discesa.Lo sci per ciechi o ipovedenti è una disciplina
sportiva molto emozionante e stimolante, che consente a persone con disabilità visive di
sperimentare la bellezza della neve e delle montagne in modo sicuro e supportato.

-Il golf : è possibile grazie all'utilizzo di alcune attrezzature specifiche e alla guida di un
accompagnatore o di un istruttore. Esistono delle palline da golf sonore che emettono un
segnale acustico quando vengono colpite, consentendo ai giocatori con disabilità visive
di localizzarle con l'udito. Inoltre, esistono anche dei bastoni da golf con un manico più
lungo e con una testa più grande, che facilitano l'impugnatura e la precisione nei
colpi.La guida dell'accompagnatore o dell'istruttore è fondamentale per consentire ai
giocatori con disabilità visive di orientarsi sul campo e di individuare la posizione della
buca. L'accompagnatore fornisce indicazioni verbali sull'andamento del percorso e sulla
posizione della palla, aiutando il giocatore a scegliere la giusta direzione per i suoi
colpi.

Attualmente in Italia il comitato paralimpico ha demandato alla FISPIC la gestione ,


l’organizzazione e lo sviluppo dell’attività sportive per ipovedenti e ciechi per le
discipline: Goalball, Torball, Judo, Calcio a 5 e Showdown. Gli altri sport vengono
gestiti e organizzati dalle federazioni olimpiche
3.1 Processi di autonomizzazione: dal raggiungimento dell'autonomia all'empowerment

Lo sviluppo e la crescita psicoaffettiva di una persona avviene attraverso un percorso


graduale che parte dalla dipendenza, caratterizzata da una fusione-indifferenziazione, e
arriva all'autonomia, caratterizzata da una maggiore differenziazione e separazione.
Questo percorso inizia con la relazione madre-bambino, detta anche unità duale, e si
sviluppa attraverso la dialettica tra le realtà di identità e relazione, due componenti
strettamente correlate tra loro e appartenenti all'individuo sia come singolo che come
membro di una comunità.Secondo il Modello Strutturale Integrato di Giovanni Ariano,
l'essere umano è costituito da livelli intrapsichici come il linguaggio corporeo, emotivo,
fantastico e razionale, e livelli interpersonali come la capacità intersoggettiva, la libertà
e la responsabilità. Ogni individuo costruisce la propria personalità e il proprio modo di
essere a partire dal riconoscimento che le figure parentali, in particolare quella materna,
operano nei suoi confronti.La famiglia, come complessa rete di rapporti in cui un
individuo è inserito, influisce significativamente sul grado di differenziazione del suo Sé
rispetto a quello degli altri. La crescita e lo sviluppo psicoaffettivo sono quindi il
risultato di un insieme di fattori interni ed esterni, e del costante processo di costruzione
della propria identità attraverso la relazione con gli altri e il mondo circostante. Il
raggiungimento dell'autonomia non rappresenta un traguardo finale, ma un processo
continuo di autonomizzazione e di empowerment, che consente all'individuo di
sviluppare sempre di più la propria consapevolezza, la propria capacità di scelta e la
propria autodeterminazione.Come sostiene l'autrice Alice Miller, "l'esperienza infantile
condiziona e determina il futuro del bambino, poiché l'impronta familiare è così
determinante che il livello di autonomia individuale può essere definito molto
precocemente nell'infanzia e previsto rispetto alla storia futura sulla base del grado di
differenziazione dei genitori e del clima emotivo prevalente nella famiglia
d'origine".****L'autonomizzazione dell'individuo dalla famiglia di origine è un
processo fondamentale per la sua crescita psicologica ed emotiva. Secondo la psicologia
dello sviluppo, l'adolescenza è l'età in cui questo processo inizia a manifestarsi in modo
evidente, con la persona che cerca di costruire la propria identità e il proprio spazio di
vita autonomo rispetto alla famiglia.
In particolare, come sottolinea la psicologa Laura Boella, "l'autonomia è un processo
graduale che si sviluppa nell'arco dell'intera vita e che si basa sulla costruzione di una
propria identità, di un proprio senso di agenzia e di controllo sulla propria vita" 5 (Boella,
2015).

L'importanza dell'approvazione dei genitori e del loro ruolo nella definizione del ruolo
dell'adolescente è stata sottolineata anche da numerosi altri autori. Ad esempio, secondo
il sociologo Francesco Alberoni, "l'adolescente cerca di costruire la propria autonomia e
la propria identità, ma lo fa all'interno di un quadro di relazioni e di
approvazioni/disapprovazioni dei genitori e degli altri adulti significativi" 6 (Alberoni,
1994).Anche la psicologa Elisabetta Amici sottolinea l'importanza del ruolo dei genitori
nell'autonomizzazione dell'individuo, ma sottolinea anche l'importanza del confronto
con altri coetanei: "gli adolescenti cercano di costruire la propria identità in modo
autonomo, ma lo fanno anche attraverso il confronto con i loro pari, attraverso
esperienze di gruppo e di socializzazione che consentono loro di sviluppare competenze
relazionali e di confrontarsi con il mondo esterno" (Amici, 2006).7

Il processo di autonomia, che è comune a tutte le persone, disabili e non, non è lineare
ma piuttosto punteggiato da tensioni, conflitti e lacerazioni che inevitabilmente
caratterizzano la separazione dalle figure genitoriali, che non sempre accettano la
volontà dei propri figli di diventare adulti. Il processo di autonomizzazione risulta
spesso ancora più difficile e tormentato per le persone con disabilità visiva, a causa
degli atteggiamenti genitoriali cui sono esposte.8

Ci sono diversi ostacoli che le persone con disabilità visiva possono incontrare
nell'elaborazione del distacco dalle figure parentali e nel raggiungimento dei propri
obiettivi per realizzare il proprio progetto di vita indipendente e la propria autonomia.
Essi devono fare i conti con le ansie dei propri familiari, che spesso adottano
atteggiamenti castranti, come:

5
Boella L. (2015). L'autonomia: un processo graduale che si sviluppa nell'arco dell'intera vita. In L. Boella,
S. Lo Verso (a cura di), La costruzione dell'autonomia. Dall'adolescenza alla terza età (pp. 11-24). Franco
Angeli.
6
Alberoni F. (1994). La rivoluzione dei figli. Il Mulino.
7
Amici E. (2006). Adolescenza e sviluppo: le tappe della crescita. Carocci.
8
De Leo G., "L'autonomia come risorsa", Franco Angeli, Milano, 2012.
-Iperprotezione, che le rende incapaci di acquisire strumenti di confronto autonomi con
la realtà esterna;

-Sostituzione, in cui i genitori o altri familiari risolvono i loro problemi quotidiani,


agendo al loro posto e impedendogli di sviluppare capacità di risoluzione autonome;

-Mortificazione delle capacità, dettata dalla paura di riconoscere le loro reali capacità,
ingigantendo i limiti derivanti dalla disabilità e sottovalutando le abilità e le capacità di
adattamento.9 È stato ampiamente dimostrato quanto sia fondamentale l'educazione
ricevuta nei primi anni di vita per lo sviluppo dell'autonomia e dell'indipendenza delle
persone, soprattutto per coloro che presentano una minorazione della vista. Gli
atteggiamenti iperprotettivi dei familiari possono negare alla persona il diritto di
diventare adulta, impedendole sin dalla più tenera età di sviluppare appieno la propria
capacità di conoscere e interagire con il mondo circostante, con ripercussioni negative
sulla formazione della personalità e della capacità di costruire relazioni sociali al di
fuori della famiglia (Bölte et al., 2019; Enderby & Emerson, 1996).10

Tuttavia, una famiglia "ideale" per una persona minorata della vista è quella che cerca
di investire sull'autonomia del proprio figlio, adattando le proprie strategie educative
alle specificità di ogni fase della crescita 11(Sharma & Gupta, 2016). Ciò significa che i
genitori devono imparare a riconoscere e rispettare i limiti e le capacità del proprio
figlio, fornendo il supporto necessario per sviluppare la propria indipendenza senza
sostituirsi completamente alla persona (Bölte et al., 2019).12

È noto quanto sia importante per tutti ed a maggior ragione per la persona minorata
della vista l’educazione ricevuta nei primi anni di vita; da questa dipenderà la capacità
di sviluppare le autonomie e l’indipendenza necessarie a vivere la propria vita una volta
diventati adulti (J. Antonietti, 2010). Gli atteggiamenti iperprotettivi della famiglia
negano alla persona minorata della vista il diritto di diventare adulta, impedendole sin
9
Santinello M., Vieno A., "I giovani e le sfide dell'autonomia", Il Mulino, Bologna, 2011
10
Enderby, P., & Emerson, J. (1996). Management of Communication Needs in People with a Visual
Disability. Routledge.

11
Sharma, S., & Gupta, A. (2016). Understanding and addressing the needs of visually impaired children.
Indian journal of pediatrics, 83(5), 460-464.

12
Bölte, S., Westerwald, E., Holtmann, M., Freitag, C., Poustka, F., & Constantino, J. N. (2019). Autismus-
Spektrum-Störungen im Erwachsenenalter: Diagnostik, Intervention und Versorgung. Hogrefe Verlag.
dalla più tenera età di “sviluppare integralmente la propria capacità di conoscere e di
gustare la realtà del mondo circostante nei suoi aspetti naturali e sociali negando di fatto
la possibilità di organizzare la propria soggettività intenzionale” (C. Di Rienzo, 2012).
Tali atteggiamenti e comportamenti incidono in maniera rilevante sulla formazione della
personalità e del carattere di una persona non vedente, nonché sulla sua capacità di
costruire relazioni esterne alla famiglia. Sebbene tali comportamenti da taluni punti di
vista siano comprensibili, non si può non sottolineare quanto essi abbiano ripercussioni
negative sulla crescita della persona per la quale sarà difficile quanto conflittuale
distaccarsi dal “limbo in cui è vissuta” per diventare una persona adulta ed autonoma
(A. Pratesi, 2005).

La famiglia “ideale” è quella che cerca di investire sull’autonomia del proprio bambino
minorato della vista rendendo superfluo l’aiuto fisico; i genitori per condurre
all’autonomia e all’indipendenza il proprio figlio devono ammettere che ogni età ha una
sua specificità (E. Bandini, 2018).

La via per l’autodeterminazione è faticosa e si arriva alla meta solo quando lo sforzo è
condiviso e riconosciuto da tutta la famiglia e comunità di appartenenza. “L’autonomia
riguarda le nostre modalità di partecipazione alla vita sociale, mentre l’indipendenza
riguarda le nostre capacità di separarci dagli altri e di agire per nostro conto, senza
confidare nella protezione di qualcuno” (J. Antonietti, 2010). I genitori del giovane
minorato della vista devono favorire le autonomie del figlio sostenendo le sue scelte,
spingendolo a partecipare alla vita della comunità a cui appartiene, sostenendone quindi
il distacco dalla famiglia (A. Pratesi, 2005).

La persona cieca, il più delle volte, vive in un mondo ovattato per cui, quando si
relaziona con persone al di fuori della famiglia, ha molta paura di esporsi e risulta più
facile e più comodo delegare altri per svolgere determinate azioni. Deve inoltre fare i
conti con il pregiudizio sociale che la vuole sempre dipendente da qualcuno innescando
in essa un livello di autostima molto basso, limitandola fortemente nelle possibilità di
fare esperienze e di misurarsi non solo con gli altri, ma anche con se stessa (A. Galdi,
201.Le esperienze hanno un ruolo nodale nell’affrontare “questo mondo” in cui regna la
logica della produttività, dell'efficienza e dell'efficacia, rispetto alla quale il lavoratore
disabile può essere non è ritenuto in grado di poter garantire le prestazioni richieste.
Negli ultimi anni si sta assistendo sempre più ad un minor numero di persone cieche che
raggiungono la loro autonomizzazione e autonomia, anche la percentuale di cechi che si
laureano, sta diminuendo (Kusserow, 2020). E’ deludente osservare come una persona
cieca che investe nella propria formazi13one raggiungendo brillantemente i traguardi di
una laurea, un master, un dottorato, spesso si trovi a ricoprire ruoli in cui non sono
richieste particolari qualifiche. Tale situazione comporta un doppio danno per la società,
il posto preso dalla persona non vedente altamente specializzata poteva essere occupato
da una persona non specializzata e qualificata, non vanificando l’investimento
economico fatto (es. borse di studio, premi e quant’altro). L'esclusione e la
marginalizzazione dal mondo del lavoro ha comportato il rafforzamento della logica
assistenzialistica e dato luogo a situazioni di reclusione e grave emarginazione,
favorendo forme di violazione dei diritti umani (Rizzo, 2019). Si potrebbero ipotizzare
percorsi di empowerment per evitare la marginalizzazione delle persone più fragili e
favorire il raggiungimento di obiettivi coerenti con le proprie aspettative.
L'empowerment immette la persona in un processo che innesca motivazioni, mobilita
risorse ed indirizza verso la costruzione di possibilità, competenze e strumenti; è un
percorso che la colloca in una dimensione di valutazione e scelta tra diverse opzioni,
considerate da lei stessa praticabili e raggiungibili (Rizzo, 2019).14

Secondo quanto affermato da A. M. Riccio, "La persona disabile ha bisogno di


comprendere i fattori (dalla propria condizione fisica alle situazioni sociali e familiari)
che hanno condizionato e favorito il sorgere di tutta una serie di incapacità apprese, le
quali sono frequentemente determinanti nel portarla a rinunciare a delle possibilità
anche quando le situazioni potrebbero venire affrontate con successo." (Riccio, 2014, p.
34).15

E' importante, quindi, per il minorato della vista intraprendere processi di crescita,
grazie ai quali prendere consapevolezza sia dei propri limiti che delle proprie abilità.
Questo vuol dire entrare in relazione con pensieri, fantasie, emozioni, sensazioni, legati
all'esperienza della propria disabilità, e costruire la propria identità a partire da questa
diversità, senza alienarla.Il giovane minorato della vista deve imparare a gestire le
13
: Kusserow, S. (2020). Education and employment for visually impaired people in the era of
digitalisation. British Journal of Visual Impairment, 38(2), 162-175.
14
L’empowerment come strategia di emancipazione delle persone con disabilità. Vita e pensiero.
15
Riccio, A. M. (2014). La sfida dell'autonomia: la disabilità visiva. Orthotes Editrice.
proprie risorse in modo autonomo che, da una parte vuol dire gustare l’ebrezza della
libertà e dall’altra prendere le misure con se stessi. Non potendo ricorrere a magici
sortilegi, Il giovane non vedente non può far altro che costruire il proprio futuro su una
educazione e un’istruzione solide (Gagliano, 2016, p. 67). 16 Poiché se l’istruzione e la
cultura rappresentano gli elementi che consentono ad un uomo di essere veramente tale,
ciò è ancor più vero per la persona non vedente che aspiri a confrontarsi da pari alle
varie componenti della società. Lo stesso Augusto Romagnoli aveva sostenuto che i
ciechi, per compensare la propria minorazione, necessitavano di un istruzione anche
superiore a quella dei vedenti (Romagnoli, 1902, p. 18)17. Quindi, una istruzione e una
formazione adeguate costituiranno la base solida di roccia su cui potrà fondarsi il
processo di autonomizzazione.

16
Gagliano, A. (2016). Disabilità visiva e processi di autonomia: l'empowerment tra mito e realtà. Franco
Angeli.
17
Romagnoli, A. (1902). Della educazione dei ciechi. Sandron.
3.2 L'importanza dello sport nella promozione dell'autonomizzazione
E’ necessario in primo luogo pensare all’autonomia, a quel percorso ricco di istanze
personali da acquisire, colmo di abilità individuali da affinare, ma anche fortemente
capace di proiettare la persona disabile in una prospettiva di vita adatta alle sue
possibilità. Occorre puntare sull’autonomia, un cieco in grado di essere autosufficiente è
una persona che avrà maggiori opportunità di essere integrato nel mondo e più
possibilità di essere accettato dagli altri. Le sfere dell’autonomia sono diverse. Tra
queste l’autonomia di movimento è una delle conquiste più importanti che un ragazzo
può assaporare nella sua vita. E’ molto importante apprendere le abilità necessarie per
essere autonomi negli spostamenti a piedi per strada o nell’uso dei mezzi pubblici.
Significa camminare per la città senza angeli custodi, senza genitori, senza qualcuno che
vegli sulla persona. Essere autonomi sul piano dei movimenti significa gustare la libertà
personale, fare e gustare le scelte prese autonomamente, crescere e maturare nel mondo
(Salvatori, 2006).18

La motricità è il mezzo fondamentale per esplorare il mondo. Nel bambino non vedente
la carenza sensoriale porta ad un’esplorazione motoria più lenta ed il suo sviluppo sarà
dunque in ritardo rispetto a quello di un normodotato. Come sottolinea Bower (1977) 19
si riscontra un ritardo nei due schemi psicomotori di base: la prensione e la
deambulazione. Questo perché il bambino cieco non utilizza le mani per esplorare
l’ambiente, ma la conoscenza è rivolta maggiormente verso se stesso ed il proprio
corpo. “La prensione avviene tardi non per la cecità in sé, ma per il fatto che la cecità
obbliga a far riferimento al sistema uditivo, che si coordina più tardivamente della vista
con la motricità globale” (Hatwell,1966). 20 In pratica il bambino può afferrare solo un
oggetto di cui sente il suono ed il sistema prensione-udito si sviluppa più tardi di quello
prensione-vista anche nel normodotato.

Anche la deambulazione autonoma si verifica in ritardo nei bambini non vedenti. Infatti,
la mancanza di stimoli visivi può renderli meno incuriositi o addirittura spaventati
dall'ambiente circostante. In questo contesto, le percezioni uditive, tattili e olfattive
18
Salvatori, P. (2006). Autonomia e vita quotidiana del cieco. In P. Salvatori (a cura di), Ciechi. Psicologia
e pratica psicologica (pp. 119-142). Milano: Raffaello Cortina Editore
19
Bower, T.G.R. (1977). Development in infancy. San Francisco: Freeman.
20
Hatwell, Y. (1966). The development of prehension in the child. In F. J. Smith, G. A. Romney, & N. J.
Smelser (Eds.), Motor development in children: Aspects of coordination and control (pp. 225-237).
Washington, DC: National Academy of Sciences.
assumono una funzione vicariante rispetto alla vista. È importante stimolare il bambino
fin dalla nascita affinché raggiunga buone capacità di autonomia, partendo dalla
partecipazione all'ambiente in cui vive. L'educazione fisica diventa quindi un momento
fondamentale dell'educazione completa del non vedente, in quanto può favorire la
normalizzazione del soggetto e migliorare la sua integrazione sociale.

Secondo Romagnoli, il principio fondamentale dell'educazione dei ciechi 21consiste nel


riconoscere che l'uomo è sensorialità e che ogni educazione dell'anima deve partire dal
corpo. Solamente dopo aver rieducato il cieco al movimento, è possibile indirizzarlo
all'apprendimento scolastico. L'autore distingue tra educazione fisica, che interessa tutto
il corpo, e educazione sensoriale, che si occupa di una parte soltanto di esso.
L'educazione fisica può suscitare un'azione psicopedagogica che apporta numerosi
benefici, come una migliore conoscenza dello schema corporeo, una migliore
coordinazione immaginativa della realtà oggettiva e la possibilità di organizzare
interventi correttivi efficaci.Le persone affette da cecità assoluta congenita devono
costruire un’idea della luce e del colore attraverso rappresentazioni individuali,
chiamate da Romagnoli "fantasmi individuali", che non sono comunicabili. Queste
rappresentazioni dipendono dall'educazione ricevuta dalla persona e sono indispensabili
per il vivere quotidiano.La percezione tattile o aptica, come preferiva definirla Révész,
psicologo della Gestalt, è fondamentale per conoscere gli oggetti. Le mani e il tatto
devono essere educati a toccare e osservare per consentire al bambino di conoscere gli
oggetti come i suoi coetanei vedenti.L'udito gioca un ruolo nodale nell'organizzazione
delle informazioni provenienti dal mondo esterno e può offrire un importante contributo
alla persona minorata della vista per definire gli oggetti. Secondo Romagnoli e
Lusseyran, 22le persone minorate della vista ottengono attraverso i suoni una percezione
dei contorni, delle distanze e delle forme degli oggetti. Inoltre, l'udito è uno dei mezzi
che pone il bambino in relazione con la madre fin dai primi momenti di vita.

Secondo Romagnoli,23 l'udito è più attento nel cieco, tanto da permettergli di


riconoscere le persone dalla voce, dalle forme e dalle sonorità degli ambienti. Le
21
(Romagnoli, G. (1961). L'educazione fisica dei ciechi. Milano: Franco Angeli; U.I.C. (1981). Cieco e
autonomia.)
22
Lusseyran, J. (1963). And there was light: The Extraordinary Memoir of a Blind Hero of the French
Resistance in World War II. Random House
23
Romagnoli A. (1974). Pagine vissute di un educatore cieco. La Nuova Italia Editrice.
immagini del cieco sono colte in modo diverso rispetto ai vedenti ma possono dare le
medesime sensazioni. Gli studi sull'esperienza spaziale dei non vedenti si sono
concentrati su come le persone con disabilità visiva si orientano nello spazio e come
sviluppano la capacità di percepire e rappresentare gli oggetti e gli eventi attorno a loro.

Una delle principali aree di ricerca riguarda l'importanza del tatto e della percezione
aptica nella comprensione dello spazio. Poiché le persone non vedenti non possono
utilizzare la vista per percepire la profondità e la distanza, si ritiene che il senso del tatto
diventi molto più sviluppato. Ad esempio, le persone non vedenti possono utilizzare le
loro mani per esplorare gli oggetti e determinare la loro forma, dimensione e texture.

Altri studi hanno esaminato l'importanza dell'udito nella percezione dello spazio. Le
persone non vedenti possono utilizzare il suono per orientarsi nello spazio e localizzare
gli oggetti circostanti. Alcuni studi hanno anche suggerito che le persone non vedenti
possano sviluppare una mappa mentale degli spazi circostanti utilizzando le
informazioni sonore.

Inoltre, gli studi hanno anche esplorato come le persone non vedenti rappresentano
mentalmente le informazioni spaziali. Molti hanno scoperto che le persone non vedenti
sviluppano strategie cognitive uniche per rappresentare lo spazio, ad esempio
utilizzando la memoria verbale e l'immaginazione per creare immagini mentali. Infine,
gli studi hanno anche esaminato come l'esperienza spaziale dei non vedenti sia
influenzata dall'educazione e dall'ambiente circostante. Ad esempio, alcune ricerche
hanno dimostrato che le persone non vedenti che crescono in ambienti rurali sviluppano
maggiori capacità di orientamento rispetto a quelle che crescono in ambienti urbani,
dove i suoni e gli odori possono essere più difficili da distinguere. In generale, gli studi
sull'esperienza spaziale dei non vedenti sono importanti per comprendere come le
persone con disabilità visiva si orientano nello spazio e sviluppano rappresentazioni
mentali degli oggetti e degli eventi circostanti. Questa conoscenza può essere utilizzata
per sviluppare migliori strategie di insegnamento e di supporto per le persone con
disabilità visiva, migliorando la loro capacità di navigare e partecipare attivamente alla
vita quotidiana.

Secondo Piaget, la prima tappa dell’organizzazione dello spazio nel bambino


normodotato è quella topologica, seguita da quella metrica insieme a quella proiettiva.
Per il raggiungimento della prima tappa è indispensabile la formazione dello schema del
corpo e degli schemi delle relazioni del corpo con gli oggetti; nel primo caso gli schemi
utilizzati sono di natura propriocettiva, cioè costituiti con l’esperienza cinestesica e con
il movimento; nel secondo vengono utilizzati schemi di natura esterocettiva, che si
costituiscono con l’esperienza legata agli oggetti che ci circondano. Il cieco non
possiede lo schema dello spazio visivo e quindi non potrà costruire quegli schemi
spaziali che si ricollegano al senso della vista, ma con una buona educazione potrà
sostituirli con acquisizioni spaziali di altra natura (Terzi, 1983). Nella localizzazione di
un oggetto è necessario metterlo in relazione con una serie di altri punti, che servono da
sistema di riferimento. Per l’orientamento nello spazio sono necessari una serie di
prerequisiti: conoscenza della corporeità, acquisizione dello schema corporeo,
l’educazione del senso tattile; conoscenza dei rapporti topologici, proiettivi ed euclidei;
capacità di localizzazione uditiva, olfattiva ed anemestesica; capacità attentiva e di
memoria; conoscenza del linguaggio per identificare gli oggetti. “L’orientamento è
sempre dinamico e consiste nella capacità di rappresentarsi mentalmente percorsi e
realtà e nel localizzarli” (Alliegro, 1991). Nell’orientamento è fondamentale la
rappresentazione mentale, che è la capacità del soggetto di riprodurre a livello mentale
le impressioni sensoriali provenienti dal mondo esterno: è, dunque, fondamentale una
buona educazione dei sensi, soprattutto di quello tattile e uditivo. La costruzione
immaginativa dello spazio è fondamentale per l’autonomia motoria e per la
deambulazione, infatti un corretto orientamento è fondamentale per muoversi
nell’ambiente. Dal momento che l’ambiente cambia mano a mano che il bambino
cresce, la scoperta dello spazio inizia dalla scoperta del proprio corpo. Il primo mezzo di
comunicazione per il bambino fin dalla nascita è il corpo; Il concetto di schema
corporeo fonda la distinzione di sé dall’altro, ed è il primo nucleo del processo di
costituzione dell’identità personale, tappa fondamentale per il processo di
autonomizzazione del giovane non vedente. La costruzione di questo segue una
evoluzione che incomincia dalla nascita sino al raggiungimento della coscienza di sé,
che avviene quando il bambino è in grado di riconoscere la propria immagine allo
specchio. Lo schema corporeo si trasforma costantemente grazie alle nostre esperienze
relazionali con il mondo esterno, quindi è in continua evoluzione. Nel bambino non
vedente la formazione dello schema corporeo avviene tramite sensazioni corporee
egocentriche; ma senza la vista le percezioni non riescono ad essere organizzate in un
tutt’unico e per questo lo schema corporeo è disorganico (Schilder, 1950). “Il bambino
non vedente impiega un tempo più lungo rispetto al coetaneo vedente per raggiungere la
stabile percezione di se stesso come individuo in una realtà di altri individui” (Galati,
1992).Il concetto di schema corporeo è fondamentale per la costituzione dell'identità
personale del bambino non vedente (Schilder, 1950). 24 La formazione dello schema
corporeo avviene tramite sensazioni corporee egocentriche e la costruzione di esso
segue un processo che inizia dalla nascita fino al raggiungimento della coscienza di sé,
che avviene quando il bambino è in grado di riconoscere la propria immagine allo
specchio (Galati, 1992). 25Tuttavia, nel bambino non vedente la costituzione del sé è più
lenta, poiché egli non ha la possibilità di esplorare l’ambiente come il normodotato e
quindi di distinguersi da esso (Galati, 1992).26

Il gioco è un importante momento sia per il bambino che per l’adulto, perché ha un
significato psicofisico e anche sociale. Nel caso dell'handicap, il gioco è inoltre un
ottimo strumento terapeutico e riabilitativo perché agevola la relazione soggetto-
ambiente (Piccolo, 2008).27 I giochi di gruppo che permettono ai ciechi di interagire con
soggetti vedenti favoriscono l'associazionismo, mentre lo sport ha un ruolo rilevante
nella struttura psicofisica dei minorati della vista .28

Romagnoli affermava che i bambini ciechi 29hanno bisogno di muoversi per esplorare
l'ambiente che li circonda e che è necessario stimolarli con giochi nuovi e adattare le
difficoltà al loro sforzo. I primi giochi da proporre erano la corsa, inseguendo qualcuno
o essendo inseguiti, e tutte quelle attività che favorivano l'orientamento, miglioravano il
senso degli ostacoli e la localizzazione dei suoni (Romagnoli, 1957). 30 L’attività
sportiva contribuisce all’acquisizione e al miglioramento: della motricità, dello schema

24
Schilder, P. (1950). The image and appearance of the human body. New York, NY: International
Universities Press.
25
M. Galati, Aspetti psicologici della cecità infantile, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 1992.
26
Galati, D. (1992). La disabilità visiva. Aspetti psicologici, educativi, sociali. Il Pensiero Scientifico
Editore.
27
Piccolo, L. (2008). L'integrazione dei minorati della vista. Diritto o circostanza fortuita. Aracne.
28
L. Piccolo, L’integrazione dei minorati della vista. Diritto o circostanza fortuita, FrancoAngeli, Milano,
2005.
29
A. Romagnoli, Ragazzi ciechi, Edizioni Centro Studi Erickson, Trento, 1995.

30
Romagnoli, G. (1957). I bambini ciechi nella scuola e nella vita. Casa Editrice Nazionale.
corporeo, degli aspetti coordinativi-motori, sensoriali, percettivi; fondamentali per i
ragazzi non vedenti. Il raggiungimento di questi obiettivi aiuta il ragazzo minorato della
vista a non essere più visto con “occhi di pietà”, di “protezione”, ma ad essere
considerato indipendente, maturo e adulto. Il giovane, un tempo bambino, ha necessità
di affermare il proprio ”nuovo” sé nel contesto familiare, scolastico, sociale attraverso
processi di adattamento e autoregolazione che gli permettano il confronto con gli altri.
Solo così potrà trovare il giusto equilibrio tra autonomia e indipendenza, conquistando
uno status valoriale adulto e autonomo, fondato non più sull'approvazione da parte dei
genitori, ma su credenze, convinzioni ed opinioni costruite personalmente nel suo
percorso per completare il processo di autonomizzazione, considerato la tappa finale di
un lungo e faticoso percorso finalizzato al raggiungimento della piena autonomia e
indipendenza del giovane non vedente. Inoltre, la pratica sportiva può migliorare la
salute mentale del giovane non vedente, riducendo i sintomi di ansia e depressione e
aumentando l'autostima e la fiducia in se stessi. Infatti, l'attività sportiva offre
l'opportunità di confrontarsi con sfide personali e di gruppo, di sperimentare la propria
capacità di superare ostacoli e di raggiungere obiettivi, favorendo l'acquisizione di
abilità di problem-solving e di gestione dello stress. Inoltre, la pratica sportiva può
favorire l'inclusione sociale del giovane non vedente, offrendo l'opportunità di interagire
con coetanei vedenti e di partecipare a competizioni sportive che valorizzano le loro
capacità e non solo la loro disabilità.31

31
F. Petrignani, Lo sport per i disabili visivi: esperienze e prospettive, CISV - Comitato Italiano
Paralimpico per gli Sport per i Ciechi e gli Ipovedenti, 2007.
CONCLUSIONI
Lo sport è un elemento importante nella vita di ogni individuo, ma per le persone con
disabilità, offre vantaggi psicofisici e una considerevole valorizzazione sociale.
Purtroppo, l'importanza dell'educazione fisica e dello sport nel processo di crescita
individuale non viene sempre riconosciuta. Spesso, l'attività fisica e sportiva viene vista
come un passatempo o una cura estetica, mentre per le persone con menomazioni fisiche
o sensoriali, si crede che non siano idonee per lo svolgimento di qualsiasi attività
ginnico-sportiva.Solo nella prima metà del Novecento, alcuni medici capirono
l'importanza che lo sport poteva dare alle persone con difficoltà dal punto di vista
riabilitativo e motivazionale. Lo sport è un veicolo di inclusione, partecipazione e
aggregazione sociale, uno strumento di benessere psicofisico e di prevenzione, e un
modo di educazione e formazione che permette lo sviluppo di capacità socio-relazionali
e abilità essenziali per la crescita equilibrata di ogni individuo. Per le persone non
vedenti, lo sport offre benefici diretti sul piano fisico e muscolare e contribuisce a
migliorare l'autonomia. Combatte gli stereotipi e i pregiudizi che ancora pervadono la
nostra società e dimostra che le persone con disabilità possono diventare atleti capaci di
impegno, rispetto, lealtà, forza e coraggio.

Oggi, la partecipazione alla educazione fisica nelle scuole e ai molti sport più comuni è
garantita anche alle persone con disabilità. Tuttavia, è importante considerare che il
percorso che ha condotto a ciò è strettamente collegato con una visione della disabilità
che non deve essere accettata passivamente. Continuare ad abbattere le barriere che
ancora impediscono la piena integrazione di tutti ed ognuno richiede un approccio
inclusivo e attivo.
Bibliografia

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"Sport and Social Inclusion: Evidence-Based Policy and Practice" di Fred Coalter (2013)
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Sitografia

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<http://www.meetinability.net/disabilita-e-progressi/disabilita-e-sport>
<http://www.jstor.org/stable/26145108 > F. Levi, journal article “La cecità nella cultura”,
Leo S. Olschki.
<http://www.unric.org/html/italian/pdf/Convenzione-disabili-ONU.pdf

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