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Studio biblico: La Santa Cena Relatore: Nicola Pascuzzi Chiesa di Potenza

La Santa Cena

Nell’ultima cena prima di essere tradito ed arrestato Gesù compie dei gesti importanti spezzando il
pane e benedicendo il calice del vino, distribuendoli ai Suoi come simboli della Sua carne e del Suo
sangue perché ne mangiassero e ordinando loro di fare questo in Sua memoria.
La Santa Cena insieme al battesimo sono ordinamenti lasciati dal Signore per la Sua Chiesa, poiché
sono stati ordinati con chiare disposizioni da parte del Signore Gesù (Matteo 28:19; 1 Corinzi
11:24-25).

1. Definizione della cena del Signore


La narrazione della Santa Cena è riportata dai Vangeli sinottici (Matteo 26:26-29; Marco 14:22-25;
Luca 22:19-20) e ancora nell’esposizione di Paolo nella prima epistola ai Corinzi (1 Corinzi 11:23-
29). Nei Sinottici troviamo lo scorrere della narrazione storica di quella notte dove Gesù istituì la
cena e nella prima epistola ai Corinzi troviamo la regolamentazione di essa in una comunità.

1.1. La terminologia biblica


Scrivendo ai Corinzi l’apostolo Paolo parla di “cena del Signore” in gr. kuriakÕn de‹pnon
(Kyriakon deipnon) (1 Corinzi 11:20). Questi termini esprimono il significato di un banchetto o un
pasto, generalmente una cena serale affine all’idea di mensa (1 Corinzi 10:21). Questo non è un
pasto qualsiasi bensì è la “cena del Signore”, questo “del Signore” indica che è quella cena istituita
dal Signore in quella notte precisa, distinguendola e separandola da altre forme di banchetto o
pasto. Con questa distinzione si esprime anche che essendo la cena del Signore deve essere svolta
e celebrata come il Signore Gesù l’ha lasciata alla Chiesa ed è stata trasmessa nella Sua Parola.
Scrivendo ai Corinzi l’apostolo utilizza ancora due espressioni che indicano la cena del Signore:
“comunione” gr. koinwn…a (koinonia) (1 Corinzi 10:16-17) indica la partecipazione, cioè l’aver
parte a ciò che i simboli rappresentano ovvero il sacrificio di Cristo e la partecipazione alla
comunità cristiana di chi si accosta ai simboli del pane e del vino;
“mensa del Signore” gr. trapšzhj kur…ou (trapeza kyriou) (1 Corinzi 10:21) essa esprime l’idea di
una tavola e nel caso specifico indica una tavola apparecchiata o un luogo deve si mangia, si nota
l’affinità con l’espressione comunione perché chi partecipa ad una mensa ha parte dei cibi di
quella tavola, sono inoltre evidenziati gli aspetti di pace e gioia che caratterizzano la
partecipazione ad una tavola imbandita e la comunione espressa con il padrone di questa tavola.
Nel libro degli Atti degli Apostoli troviamo altre due espressioni simili tra loro che mostrano la
celebrazione della cena del Signore nelle comunità: “rompere il pane” (Atti 2:42), e “spezzare il
pane” (Atti 20:7). In questo caso la cena del Signore è espressa dal gesto compiuto nella
celebrazione.

1.2. Una definizione concisa


La cena del Signore è:
• un ordine del Signore Gesù (1 Corinzi 11:24-25; Luca 22:19);
• il ricordo della morte del Signore (1 Corinzi 11:24-25; Luca 22:19);
• un momento di comunione con Cristo e con i fratelli (1 Corinzi 10:15-22).

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2. La notte in cui la cena fu istituita


Gesù istituì la Santa Cena in un momento preciso del Suo ministerio e in un luogo in
particolare. Questi elementi sono importanti e vogliamo osservarli più da vicino.

2.1. Il tempo della cena del Signore


Ora osserviamo il tempo in cui la cena del Signore fu istituita e si svolse.
Scrivendo ai Corinzi Paolo identifica il momento della cena con queste parole: “nella notte in cui fu
tradito” (1 Corinzi 11:23). I vangeli sinottici individuano quella notte in cui Gesù fu tradito nella
notte della Pasqua ebraica1 (Matteo 26:17-19; Marco 14:12-16; Luca 22:7-13, 14).
L’ambito della Pasqua non fu casuale ma faceva parte del determinato consiglio di Dio per mezzo
del quale Suo Figlio Gesù sarebbe stato dato in offerta per i peccati dell’umanità. Infatti Giovanni il
battista ben identificò Gesù dicendo: “Ecco l’Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”
(Giovanni 1:29). Così come nell’esodo gli agnelli pasquali morirono per la redenzione d’Israele
Gesù come l’Agnello di Dio morì per la redenzione dei peccatori (1 Pietro 1:18-20).

2.1.1 La Pasqua ebraica


La Pasqua ebraica ricordava il giorno in cui il popolo d’Israele fu redento: liberato dalla schiavitù
d’Egitto scampando al passaggio dell’angelo distruttore per mezzo del sangue dell’agnello
pasquale. Ciò mette in relazione la cena del Signore con la Pasqua ebraica. Quest’ultima infatti
risulta essere prefigurazione dell’opera di Cristo. La cena ricorda l’opera della redenzione
compiuta da Cristo sulla croce. Osserviamo perciò la redenzione dell’esodo che nella graduale
rivelazione del piano di salvezza di Dio era figura tipologica della redenzione dell’umanità in Cristo
Gesù.
La Pasqua ebraica (Esodo 12; Levitico 23:4-8; Numeri 28:16-25; Deuteronomio 16:1-8) ha delle
caratteristiche che raffigurano l’opera di Cristo:
1) un agnello veniva messo a parte ed era sacrificato il giorno della Pasqua (Esodo 12:5-6);
Gesù è l’Agnello di Dio messo a parte e sacrificato per l’umanità (Giovanni 19:14; 1 Pietro
1:20);
2) il suo sangue era sparso sull’architrave e gli stipiti della porta della casa (Esodo 12:7); il
sangue di Gesù è sparso per il nostro riscatto (1 Pietro 1:18-19);
3) la sua carne era mangiata con pane azzimo e erbe amare (Esodo 12:8); Gesù senza aver
conosciuto il peccato soffri per i peccatori (1 Pietro 3:18);
4) l’agnello pasquale era cotto per intero (Esodo 12:9, 46); nessuna delle ossa di Gesù fu
spezzata (Giovanni 19:31-36);
5) la Pasqua era consumata con i fianchi cinti, con i calzari ai piedi e il bastone in mano (Esodo
12:11); Pasqua letteralmente significa “passaggio, passare oltre”, era la liberazione di
Israele, per noi l’offerta di Cristo è la liberazione dalla schiavitù del sistema malvagio di
questo mondo (Galati 1:4).

2.1.2 Il termine della Pasqua ebraica


Oggi la cena del Signore non è la celebrazione della Pasqua. Perché la Pasqua era una istituzione
della Legge Mosaica che raffigurava ciò che Cristo doveva compiere. Perciò come ogni altra

1
Nota d’approfondimento: a tal proposito è necessario evidenziare come nei sinottici è chiaro che Gesù consumi la Pasqua con i
suoi discepoli, invece Giovanni dice che essa precedeva il giorno della Pasqua giudaica, questo perché con molta probabilità come ci
fanno sapere Giuseppe Flavio, la Mishnah e altri testi giudaici vi erano in Palestina diversi modi di calcolare le giornate. Al nord,
quindi anche in Galilea, le giornate iniziavano all’alba e terminavano all’alba successiva; invece al Sud, e quindi a Gerusalemme
dove risedevano la maggioranza dei Sadducei, essi computavano le giornate da tramonto a tramonto. Così Gesù poté consumare la
Pasqua con i suoi discepoli e pure morire il giorno di Pasqua mentre si sacrificavano gli agnelli pasquali.
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istituzione della Legge era di carattere transitorio, cioè destinato a durare fino alla venuta di Cristo
(Ebrei 9:9-10; 10:1), e circostanziale all’ambito ebraico, essendo parte della Legge cerimoniale per
il popolo d’Israele.
La Pasqua aveva uno scopo illustrativo che preannunciava profeticamente l'opera di Cristo come
un’ombra dei beni futuri che si sarebbero ottenuti con la venuta e l’opera di Cristo. La Pasqua
precede e termina con la morte e resurrezione di Cristo mentre la cena del Signore viene
introdotta dal comando di Gesù: “fate questo in memoria di me”. Essa non sostituisce soltanto
rimpiazzando la prima ma la abroga introducendo il nuovo (Ebrei 7:18-22; 10:8-10). Oggi la nostra
Pasqua è Cristo afferma Paolo, ma questa affermazione non è altro che la spiegazione della figura
tipologica della Pasqua ebraica (1 Corinzi 5:6-8).

2.2. Il luogo della Cena del Signore


Il luogo della cena ci parla di una intima e profonda comunione con il Signore Gesù. Il cenacolo
raccoglie i discepoli fedeli a Cristo insieme Lui in quell’ambiente intimo. In questo luogo non vi
partecipa tutta la folla che lo aveva seguito e poi abbandonato (Matteo 26:20). Così
comprendiamo con maggiore chiarezza che la cena del Signore è qualcosa che riguarda i discepoli
di Gesù, perché è un momento:
• di comunione con il Signore per godere della Sua presenza e commemorare la Sua morte,
ricordando si la sofferenza ma anche il valore spirituale della Sua morte (1 Corinzi 10:15-
16);
• di comunione fraterna, realizzando la comune partecipazione all’opera e alla vita di Cristo
(1 Corinzi 10:17).

3. Gli elementi della cena del Signore


Gli elementi della Cena del Signore sono: Il pane e il calice di vino.
Gli elementi ricordano il corpo di Gesù spezzato e il Suo sangue versato.

3.1. Dottrine errate sulla cena del Signore


Nella celebrazione della cena del Signore le specie del pane e del vino non cambiano sostanza, ma
restano semplici simboli. Tre eresie riguardo a ciò sono la Transustanziazione, la
Consustanziazione e la presenza spirituale di Cristo nel pane e nel vino.
La prima nasce nell’ambito della teologia medievale (la prima documentazione ufficiale si ha nel
Concilio Lateranense IV del 1215) il quale esprime il dogma della Chiesa Cattolica circa la presenza
reale di Cristo nell’Eucarestia. Secondo detto dogma Cristo è presente nell’Eucarestia per
transustanziazione cioè per cambiamento dell’intera sostanza del pane e del vino nel suo corpo e
nel suo sangue. Cambiamento che viene in virtù delle parole della consacrazione e del pane e del
vino non rimarrebbero che le apparenze.
La seconda nasce nell’ambito della chiesa riformata, è chiamata anche la dottrina di Lutero.
Questa insegna che il corpo di Cristo coesista contemporaneamente con il pane.
La terza anch’essa sviluppata nell’ambiente riformato, vede nel pane e nel vino dei semplici
elementi ma nei quali al momento della celebrazione è presente spiritualmente Cristo, del quale i
fedeli si nutrono spiritualmente.
Bisogna invece ribadire che il pane e il vino non sono altro che simboli che ricordano ciò che Cristo
ha fatto, l’erronea comprensione nasce dell’idea sacramentale della Santa Cena come se nelle
specie del pane e del vino ci siano elementi mistici atti a fornire grazia. Ma nel pane e nel vino non
c’è altro che quello che essi mostrano d’essere. La grazia di Dio invece si trova ai piedi della croce
di Cristo.

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3.2. Il significato del pane e del calice


Gli elementi hanno valore simbolico e narrano della Sua morte vicaria ed espiatrice.
”Questo è il mio corpo che è dato per voi...” (Luca 22:19), ovvero al posto vostro, ciò narra di una
morte vicaria;
“Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è versato per voi” (Luca 22:20), il sangue di
Cristo versato sulla croce ha un valore espiatorio, espia il peccato e rende propizio Dio (1 Giovanni
2:2), come l’antico patto fu inaugurato dall’aspersione del sangue che parlava di purificazione
(Esodo 24:8) così il credente oggi ricorda che accede alla presenza di Dio e ad un rapporto
personale con Dio grazie alla purificazione del Suo sangue.
Il pane usato da Gesù era pane azzimo perché Gesù stava celebrando la Pasqua ebraica e non
avrebbe trovato e potuto usare del pane lievitato, ma oggi non vi è alcuna prescrizione riguardo al
tipo di pane. Anche nella Scrittura successivamente si parlerà sempre di semplice pane, usando un
termine generico (Atti 2:42; 20:7; 1 Corinzi 10:16-17; 11:23, 26-28).
Del vino invece, bisogna ricordare che non si parla semplicemente di vino, ma di un calice (Matteo
26:27-28; Marco 14:23-24; Luca 22:20; 1 Corinzi 10:16; 11:25-28). Il calice ha un significato, indica
il nuovo patto con il sangue di Cristo, è uno perché tutti i credenti si accostano e hanno parte a
quell’unico patto fatto col sangue di Cristo.

4. La celebrazione della cena


Infine osserviamo gli aspetti che riguardano la celebrazione della cena nella comunità.

4.1. La ricorrenza della cena del Signore


Gesù non lascia un cadenza precisa nella ricorrenza della cena del Signore. Ciò che egli ordina e di
fare la cena in Sua memoria. Nella Scrittura troviamo alcuni passaggi che ci mostrano come la cena
del Signore fosse celebrata frequentemente (Atti 2:42), più avanti nella narrazione ma anche
cronologicamente con l’indicazione che a Troas la celebrarono nel servizio domenicale (Atti 20:7),
ovvero il primo giorno della settimana perché la settimana ebraica terminava il sabato. Queste
indicazioni sono poche per far una regola ferrea a favore del celebrare la cena del Signore ogni
servizio domenicale. Ma esprimono la realtà che la cena sia una ricorrenza frequentemente
celebrata dalla Chiesa, perché possa ricordare la morte del Signore fino al Suo ritorno, e celebrata
in una riunione principale che possa raccogliere la comunità.

4.2. Gli atti della celebrazione


La celebrazione della cena del Signore ha delle azioni che vengono compiute in base
all’insegnamento che Gesù ci ha lasciato:
• spezzare il pane e benedirlo (Matteo 26:26; Marco 14:22; Luca 22:19)
• prendere il calice e benedirlo (Matteo 26:27; Marco 14:23; Luca 22:20)
• distribuire e mangiare del pane e bere del vino (Matteo 26:26-27; Marco 14:22-23; Luca
22:19-20).

4.3. I requisiti richiesti per la Cena del Signore


Per prendere parte alla cena del Signore vi sono dei requisiti che essa richiede:
• L’aver esperimentato la salvezza e testimoniato di essa con l’ubbidienza al battesimo
cristiano. Ciò in forza della semplice realtà che la cena del Signore esprime, una comunione
con l’opera che i simboli esprimo, la morte vicaria ed espiatrice di Cristo Gesù.
• Accostarsi in modo degno (1 Corinzi 11:27):
- vivendo una vita in comunione con il Signore e sul sentiero della santificazione;
- in comunione con la Chiesa;
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- e degna ed onesta davanti alla società.


Accostandosi ai simboli del sacrificio del Signore il credente avrà un sentimento di pio timore.
Nell’accostarsi egli si esaminerà (1 Corinzi 11:28), questo esame sarà fatto con un’attitudine di
preghiera che guiderà l’intera celebrazione. Il credente con questa celebrazione sta ricordando la
morte del Suo Signore, il momento in cui realmente il Figlio di Dio prese il nostro posto soffrendo i
patimenti fisici della croce e spirituali portando il peso e la condanna dei nostri peccati.

Nicola Pascuzzi

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