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AUTOSTIMA

Migliorare la fiducia in se stessi. Impara a stare bene e gestire le emozioni


con l'intelligenza emotiva e sviluppa una mentalità vincente

Sommario
Capitolo 1 – Cosa è l’autostima?

1.1 – Le critiche come causa della riduzione dell’autostima

1.1.1– Cosa sono le critiche manipolative

1.1.2 – Il ruolo dell’assertività nella determinazione dell’autostima

1.1.3 – Come migliorare l’assertività

1.1.4 – Critiche manipolative e critiche costruttive: le principali


differenze e gli effetti più comuni

1.2 – Costruire la propria autostima

1.2.1 – Il primo passo: affrontare i propri problemi

1.2.2 – Stabilire degli obiettivi realistici e possibili

1.2.3 – Le conseguenze dei problemi emotivi

Capitolo 2 – Le principali problematiche che possono incidere


sull’autostima
2.1 – Lo stress

2.1.1 – I sintomi dello stress

2.1.2 – Come superare lo stress e le sue cause

2.2 – L’ansia

2.2.1 – I sintomi dell’ansia e gli attacchi di panico

2.2.2 – L’intervento di un esperto può aiutare ad affrontare i propri


disturbi

2.3 – Le fobie

2.3.1 – Le fobie più comuni

2.3.2 – Le fobie sociali: ossessioni e compulsioni

2.4 – La psicoterapia come metodo di gestione dei sintomi

2.4.1 – La terapia di gruppo

2.4.2 – La terapia cognitiva

Capitolo 3 – Le dimensioni dell’autostima

3.1 – Il bagaglio culturale

3.1.1 – Conoscenze generali

3.1.2 – Conoscenze personali

3.2 – L’importanza dei sentimenti e degli elementi affettivi


3.2.1 – La vicinanza dei familiari

3.3 – La società può incidere sulla propria autostima

3.3.1 – Seguire dei modelli e rivivere la propria storia nella vita degli
altri

3.3.2 – L’insofferenza per il cinismo del mondo

Capitolo 1 – Cosa è l’autostima?

L’autostima può essere definita come la valutazione positiva che ciascun


individuo ha di sé. Naturalmente per costruire una valutazione di questo
genere, in grado di reggere e affrontare le problematiche quotidiane, più o
meno importanti, è necessario molto tempo. Non si tratta infatti di una
stima apparente di sé stessi, ma di una coscienza vera e propria delle
capacità possedute, che rimane solida nel tempo.
Naturalmente per poter costruire un’autostima stabile l’individuo dovrà
riuscire ad osservarsi obiettivamente da un punto di vista esterno, in modo
tale da conoscere la propria reputazione all’interno della famiglia e
dell’intera società e di conseguenza imparare a comprendere realmente sé
stesso. Come detto la valutazione dovrà essere del tutto imparziale,
altrimenti si rischia di costruire una reputazione carente e lacunosa, che
rischia di crollare al primo problema affrontato.
È pertanto complicato riuscire a costruire un’autostima adeguata,
specialmente nel mondo contemporaneo, nel quale la vita di un essere
umano dipende sempre più dal giudizio altrui, anche a causa dell’utilizzo
sempre più assiduo dei social network, e nel quale diventa sempre più
difficili riuscire ad estraniarsi da sé stessi per valutarsi obiettivamente.
L’autostima dipende inoltre dai cliché e dagli stereotipi che caratterizzano la
vita, dai modelli e dagli idoli ai quali ci si ispira, ma dai quali non è
possibile assimilare tutto: la positività della valutazione di sé stessi si
scontra infatti con la realtà dei fatti che non sempre corrisponde con l’idea
di sé che l’individuo è riuscito a crearsi. Proprio per questo è importante
che l’autostima sia frutto di una valutazione obiettiva e imparziale.
In particolare, la difficoltà di costruire un’autostima solida dipende dalla
moltitudine di fattori ed elementi negativi che si presentano nell’arco della
vita, provenienti sia dal proprio ego, sia dall’ambiente esterno.

1.1 – Le critiche come causa della riduzione


dell’autostima

Tra i fattori negativi che possono incidere riducendo la stima che un


individuo ha di sé rientrano le critiche. Queste sono considerate forse come
la causa principale di un crollo della propria autostima, specialmente
quando vengono fatte con cattiveria e aggressività. Si tratta di
comportamenti che oltre a ferire la personalità di un individuo, riescono a
creare una situazione nella quale diviene sempre più difficile avere fiducia
nelle proprie capacità e avere una coscienza delle proprie potenzialità.
È comunque importante distinguere tra quelle critiche che in qualche modo
distruggono la reputazione dell’ego, e quelle invece effettuate con lo scopo
di apportare un miglioramento caratteriale e personale di una persona.

1.1.1 – Cosa sono le critiche manipolative

Se le critiche vengono effettuate con lo scopo di abbattere l’ego altrui,


queste prendono il nome di critiche manipolative. Si tratta principalmente di
offese rivolte in maniera tale da creare imbarazzo e mettere in risalto i
caratteri deboli di un individuo, ferendo il suo animo e la sua psiche. Le
conseguenze di un comportamento di questo genere è la generazione di uno
stato di ansia, di un senso di colpa e persino di eventuali crisi di panico, che
non fanno altro che ridurre ulteriormente la stima che l’individuo colpito ha
di sé.
Si parla appunto di critiche manipolative in quanto tali offese hanno la
capacità di mutare il carattere di una persona al punto di manipolare i suoi
comportamenti e la sua vita quotidiana. Un soggetto in possesso di
un’autostima solida, invece, riesce a difendere il proprio ego da tali critiche
e persino a replicare alle stesse.
Le critiche manipolative incrementano il loro potenziale distruttivo se
vengono rivolte in contesti medio-piccoli, come ad esempio l’ambito
familiare o quello lavorativo. Nel primo caso gli effetti delle critiche si
ripercuotono persino sulla dignità del soggetto, che si sente afflitto e allo
stesso tempo tradito da un suo consanguineo.
Esistono persino degli esercizi psicologici che agiscono appunto sulla
psiche di un individuo che possono aiutare lo stesso ad affrontare
determinate situazioni, ma che non rappresentano sicuramente la soluzione
al problema, che è molto più radicato nella personalità di un soggetto.
Inoltre è importante pensare ai casi nei quali le critiche manipolative
vengono portate avanti costantemente per lunghi periodi di tempo: in queste
situazioni riuscire a creare delle barriere psicologiche difensive diviene
davvero difficile e talvolta è necessario affidarsi ad un esperto per reggere
l’onda d’urto emotiva creata dalle offese continue.
Un individuo con scarsa stima di sé può reagire alle critiche manipolative
anche in maniera brusca e aggressiva, adottando comportamenti violenti e
arrivando persino ad arrecare danni nei confronti di coloro che pronunciano
le offese e le denigrazioni. Altre volte si tende a tagliare definitivamente i
rapporti con la persona o le persone che inducono alla sfiducia, anche se
queste rappresentano figure importanti all’interno della vita di un soggetto,
come ad esempio quelle di genitori, figli o fratelli e sorelle.

1.1.2 – Il ruolo dell’assertività nella determinazione


dell’autostima

All’interno del concetto di autostima assume grande importanza


l’assertività, che riveste un ruolo chiave nella reazione nei confronti dei
comportamenti lesivi subiti.
È però complicato offrire una definizione precisa di assertività, che si
colloca a metà tra un comportamento passivo e un comportamento
aggressivo. Un soggetto si comporta dunque in maniera assertiva nel
momento in cui è conscio della propria dignità, della propria personalità,
dei propri diritti e dei propri obiettivi: la sua sfera personale però non andrà
ad intaccare la sfera personale altrui, con comportamenti lesivi o aggressivi,
anche se questi siano difensivi. Ciò però non significa adottare un
comportamento passivo, in quanto si è comunque consapevoli della propria
forza. Il comportamento assertivo però implica un certo equilibrio, sia nelle
decisioni da intraprendere per il proprio futuro, sia nelle scelte che
inevitabilmente coinvolgono altri soggetti.
In questa ottica l’assertività riveste una funzione davvero importante,
specialmente se immaginata all’interno di un tessuto sociale, che coinvolge
continuamente sentimenti passivi e aggressivi: l’equilibrio nella valutazione
consente di ottenere un equilibrio anche a livello etico e comportamentale,
che garantisce una reazione adeguata, né nulla né eccessiva. Naturalmente
alcune situazioni mettono a dura prova l’individuo assertivo, specialmente
in ambito lavorativo e familiare. Le critiche devono essere affrontate
adeguatamente e se queste si presentano come manipolative, dovrà essere
tenuta in considerazione esclusivamente la parte costruttiva delle stesse, in
modo tale da portare un giovamento al proprio essere. Solo in questo modo
un individuo riuscirà a ricoprire con efficacia una posizione da leader, sia
nella società che all’interno della famiglia, amalgamando autorevolezza e
comprensione.
Effettuare le proprie scelte con decisione, esprimere in maniera diretta i
propri sentimenti, riuscire ad accettare i complimenti e a declinare
determinate richieste sono tutti sintomi della presenza di un buon grado di
assertività, che consentirà di affrontare tutte quelle problematiche che
rischiano di minare l’autostima. Inoltre grazie all’adozione di un
comportamento assertivo le persone che circondano un soggetto saranno più
inclini a fidarsi di lui, migliorandone così l’intera sfera personale e il suo
mondo, sia interno che esterno.

1.1.3 – Come migliorare l’assertività


Esistono metodologie etiche e psicologiche che consentono di portare un
miglioramento nell’adozione di un comportamento assertivo, che può essere
così ottimizzato fino ad arrivare al saper gestire magistralmente anche le
situazioni più complicate e problematiche. Naturalmente questi esercizi non
possono andare contro il carattere e la personalità di una persona, che
rappresenta comunque la struttura di base sulla quale dover lavorare. La
timidezza, ad esempio, non può essere superata e rimarrà una caratteristica
che contraddistingue un individuo non espansivo.
Per apportare un miglioramento nel livello di assertività posseduto è
importante valutare obiettivamente quali siano i momenti nei quali la stima
di sé cala e si verifica un black-out mentale o una semplice crisi
psicologica, che non consente di ragionare adeguatamente e che porta
dunque all’adozione di un comportamento passivo o aggressivo. Attraverso
questa valutazione, che può essere costruita anche su critiche costruttive e
su diagnosi esterne, un soggetto può scoprire ad esempio di essere più
assertivo di ciò che credeva, e su questa constatazione può fondare la base
per un miglioramento costante del proprio carattere. Inoltre lo stesso
soggetto può scoprirsi fragile nei confronti delle critiche manipolative che
gli vengono rivolte da una figura autoritaria, come il datore di lavoro o un
genitore, e può tentare di colmare questa lacuna emotiva migliorando
ulteriormente la propria assertività.

1.1.4 – Critiche manipolative e critiche costruttive: le principali


differenze e gli effetti più comuni

Contrapposte alle critiche manipolative vi sono le critiche costruttive. Si


tratta di due concezioni simili, ma diametralmente opposte proprio per lo
scopo per il quale vengono pronunciate. Infatti, come si è visto
precedentemente, le critiche manipolative vengono effettuate proprio per
mettere a nudo le difficoltà e i punti deboli di un soggetto. Generalmente le
critiche manipolative vengono pronunciate dinanzi ad altri soggetti, come
ad esempio colleghi o altri componenti del nucleo familiare, proprio per
creare ancora di più una situazione di disagio nell’individuo al quale le
stesse sono rivolte. Generalmente il soggetto manipolato non reagisce,
mostrando un atteggiamento passivo, che evidenzia uno stato di ansia o un
senso di colpa generalizzato, spesso non veritiero. Talvolta invece la
reazione può essere aggressiva, frutto di una rabbia repressa per lungo
tempo a causa delle costanti umiliazioni subite. L’individuo passivo inoltre
è incline a ricordare spesso la critica manipolativa subita, adornandola con
conseguenze possibili ma mai accadute e con ulteriori umiliazioni che non
si sono mai verificate. Il ricordo però si fonderà su queste convinzioni, che
non fanno altro che ridurre ulteriormente la propria autostima e aumentare
l’umiliazione. Il tono della voce è un altro elemento identificativo delle
critiche manipolative. Generalmente la voce è irrisoria e pungente, e può
ferire ulteriormente il soggetto.
Le critiche costruttive, viceversa, vengono pronunciate in tutt’altro
contesto. Generalmente, ma non sempre, vengono riferite esclusivamente al
soggetto al quale sono rivolte. Lo scopo è quindi di far capire a
quest’ultimo gli errori commessi oppure il comportamento che avrebbe
dovuto adottare. Si cerca dunque di coinvolgere il soggetto, in modo tale da
indurlo a migliorare nell’attività oggetto di critica. Il tono in questo caso è
quasi confidenziale, talvolta protettivo, anche se le critiche vengono
pronunciate dalle medesime figure autoritarie che potrebbero effettuare
critiche del primo genere. Anche la reazione del soggetto è dunque
differente: egli non verrà pervaso dal senso di colpa, ma più da una voglia
di rivincita che induce a voler dimostrare le sue capacità e le sue
potenzialità. È importante però mantenere sempre un comportamento
assertivo anche in questo, in quanto una reazione eccessiva potrebbe indurre
tale soggetto a strafare, compiendo dunque azioni e attività non adeguate.
Naturalmente le critiche costruttive presuppongono una relazione di fiducia
tra colui le pronuncia e il soggetto colpito, relazione che invece viene
completamente a mancare nelle critiche manipolative.

1.2 – Costruire la propria autostima

L’autostima non deve essere considerata come un concetto innato, bensì


come una considerazione di sé che può variare nel corso della vita a
seconda degli eventi che si verificano. La costruzione dell’autostima ha
inizio nel momento in cui l’essere umano inizia a prendere coscienza di sé,
in quanto durante i primi anni di vita è impossibile valutare le proprie
potenzialità e la fiducia nei propri mezzi. Il bambino tende infatti a costruire
un’immagine di sé, che è pari a tutto ciò che gli viene detto dagli adulti e
dai compagni di gioco, ma naturalmente la sua opinione non viene
influenzata ancora da tutti i fattori societari e familiari.
È però importante che sin dalla giovane età un soggetto venga orientato alla
curiosità e stimolato alla consapevolezza. Le trasgressioni devono essere
certamente punite, ma mai in modo eccessivamente severo: è importante far
capire che esistono gesti da evitare e alternative ai comportamenti messi in
atto, in modo tale che il bambino inizi ad assumersi le proprie responsabilità
e si abitui a effettuare scelte, anche se ancora non troppo importanti.
Il bambino metterà a dura prova la sua idea di autostima nel momento in cui
entrerà in un contesto sociale ben delineato, come la scuola, all’interno
della quale si troverà di fronte figure autoritarie, come maestri e professori,
e compagni, con i quali può relazionarsi in maniera positiva, instaurando
un’amicizia, o in maniera negativa. In quest’ultimo caso è possibile che
alcune offese possono fungere da critica manipolativa, ed è importante che
il bambino le affronti iniziando a generare un comportamento assertivo.
Naturalmente questo è molto più difficile in età adolescenziale, in quanto
non si ha coscienza di sé e delle conseguenze delle proprie azioni. Proprio
in questa età, inoltre, gli effetti ormonali potrebbero provocare un eccesso o
un crollo dell’autostima.
Raggiunta la maturazione, l’individuo deve prefissarsi come obiettivo
principale il raggiungimento dell’assertività. Questo processo evolutivo
psicologico è naturalmente minato da una serie di eventi, più o meno gravi.
Le malattie, le perdite di persone care, che appartengono al proprio nucleo
familiare o a quello sociale, il mancato superamento di esami o test
fondamentali, possono incidere negativamente sulla malattia, generando
anche stati di ansia, di stress o di vero e proprio panico. Ogni momento però
deve essere affrontato con il solito equilibrio. Senza l’assertività, infatti, si
potrebbe dubitare di qualunque cosa: si potrebbe pensare che la nascita di
un’amicizia o di un amore celi in realtà un secondo fine. Questo pensiero
scaturisce naturalmente perché non si ha fiducia nelle proprie capacità e
quindi viene naturale immaginare che i rapporti di questo genere nascano
per ragioni differenti rispetto all’amicizia e all’amore.
L’assertività rappresenta dunque la base per poter incrementare l’autostima,
anche nel momento in cui non vi siano caratteristiche quali la bellezza,
l’intelligenza, la cultura o il potere economico. Nel momento in cui un
soggetto è riuscito ad adottare un comportamento assertivo, la costruzione
dell’autostima può proseguire, naturalmente seguendo determinati passaggi.
1.2.1 – Il primo passo: affrontare i propri problemi

Il primo passaggio successivo al raggiungimento di un buon livello di


assertività è quello della risoluzione dei propri problemi. Le crisi
psicologiche e i crolli dell’autostima sono infatti dovuti alla presenza di
alcune problematiche, che variano dalla difficoltà nel compiere determinate
attività, in campo scolastico e lavorativo, fino al convincimento di essere
degli incapaci. È dunque essenziale affrontare i problemi che affliggono
l’essere e superare ogni difficoltà, in modo tale da essere più consapevole
del proprio ego adottando quanto disposto dalla disciplina del Problem
Solving.
L’implementazione di un piano che consenta ad un soggetto di trovare delle
soluzioni ai problemi che gli si presentano viene oggigiorno insegnato in
vari ambiti scolastici e lavorativi. In particolare questa abilità rientra tra le
attitudini possedute dai manager aziendali, che devono riuscire
costantemente a ottimizzare la propria posizione e quella dell’impresa per la
quale lavorano.
In linea generale, a prescindere dal livello di assertività posseduto, i
problemi si vengono a generare ogniqualvolta un soggetto stabilisce degli
obiettivi. Infatti, una volta stabilito un obiettivo da raggiungere si viene a
generare un percorso e i problemi rappresentano dunque gli ostacoli che
normalmente si contrappongono tra il soggetto stesso e il suo scopo. Per
quanto possa essere ben definito, infatti, un progetto evolutivo non potrà
mai considerare tutti gli eventi ordinari e straordinari che potrebbero
capitare e che potrebbero provocare un rallentamento nel percorso
intrapreso. Per ogni ostacolo esiste però una soluzione, più o meno efficace,
che consente di superare il problema, sia in maniera diretta, ossia
affrontandolo e superandolo, sia in maniera indiretta, ossia individuando
percorsi alternativi che consentono di aggirare il problema stesso.
Ogni strategia di Problem Solving prevede una fase di studio e analisi del
problema, una fase di individuazione di un piano di risoluzione del
problema, la fase di applicazione del piano ideato e la fase di verifica
dell’efficacia della strategia attuata. Ciascuna fase varia a seconda del
carattere e del livello di assertività posseduto dal soggetto ed esprime il suo
livello di equilibrio e la sua capacità di giudizio e di valutazione obiettiva
delle situazioni.

1.2.2 – Stabilire degli obiettivi realistici e possibili

Affinché l’implementazione di una strategia di Problem Solving sia


efficace, gli obiettivi che ciascun soggetto si prefigge devono essere
assolutamente realistici, determinabili e soprattutto possibili. Stabilire degli
obiettivi irrealistici e irraggiungibili sarebbe invece controproducente:
l’individuo tende infatti a demoralizzarsi nel momento in cui un obiettivo
non viene raggiunto o comunque diviene impossibile realizzarlo, e di
conseguenza l’autostima si riduce notevolmente.
Per far sì che l’autostima possa crescere in maniera costante gli obiettivi,
oltre ad essere possibili e realistici, devono essere raggiungibili nel breve
periodo. Anche in questo caso prolungare eccessivamente il tempo di
raggiungimento degli obiettivi potrebbe indurre ad un calo, anche se non
drammatico, dell’autostima. Il raggiungimento degli obiettivi viene vissuto
in maniera positiva sotto il punto di vista psicologico e può generare un
benessere maggiore nel soggetto. È bene che gli individui si concedano un
premio materiale e simbolico nel momento in cui uno degli obiettivi viene
raggiunto, per vivere anche emotivamente questo evento. Il premio funge
anche da incentivo e comporta un incremento anche nel livello di
assertività.
Il consiglio è quello di stabilire, almeno inizialmente, obiettivi che siano
piuttosto semplici da raggiungere, proprio per testare le proprie capacità,
iniziare una valutazione obiettiva sui propri progressi e incrementare
gradualmente l’autostima.

1.2.3 – Le conseguenze dei problemi emotivi

L’implementazione di una strategia di Problem Solving deve basarsi sui


medesimi criteri anche se gli ostacoli sono rappresentati dai problemi
emotivi. Naturalmente però la strategia deve adeguarsi alla tipologia di
problema ed essere integrata in maniera tale da risultare comunque
efficiente. L’apparato cognitivo umano è infatti notevolmente complesso e
soffre di un’influenza maggiore, essendo legato indissolubilmente anche
all’autostima. Il Problem Solving in questo ambito svolge dunque una
funzione differente: non si tratta del semplice superamento di un ostacolo,
ma della trasformazione di un problema emotivo in un vantaggio.
Affrontare e superare positivamente un problema emotivo, infatti, consente
di migliorare la fiducia nelle proprie capacità, consente di scoprire virtù mai
conosciute prima e persino di intraprendere una nuova vita, nella quale si è
più forti dal punto di vista cognitivo e ci si sente in grado di poter superare
qualsiasi ostacolo. Naturalmente è necessario sempre mantenere un
comportamento assertivo per far sì che ci sia sempre la garanzia che non
venga superata l’assertività, che deve rappresentare in ogni caso la propria
base psicologica. L’essere umano infatti tende a mettere in atto una
riorganizzazione emotiva nel momento in cui si trova dinanzi ad una
difficoltà di questo genere; talvolta è anche possibile però che si tenti di
aggirare il problema, senza che vi sia dunque alcun cambiamento
caratteriale. In quest’ultimo caso l’autostima non subisce alcuna variazione,
ma l’assertività tende ad assumere le sembianze di un comportamento
passivo, almeno in alcune circostanze, che non consentono di mantenere il
giusto equilibrio emotivo.
È importante che un individuo sia in grado di riavviare il proprio processo
cognitivo, e questo può avvenire solamente attraverso la psicoterapia. Per
poter effettuare un riavvio di questo genere, infatti, è necessario rivivere le
proprie paure, delineare l’andamento della propria vita e osservarsi da un
punto di vista esterno, per capire realmente quali siano i problemi veri e
propri che non consentono all’autostima di aumentare come si vorrebbe.
Senza questo riavvio il Problem Solving diverrebbe un vero e proprio
circolo vizioso, con il procedimento di risoluzione delle difficoltà che
diventa esso stesso un problema da risolvere.
Per riuscire ad evitare questo vizio strategico è dunque importante
concentrare la propria attenzione sui bisogni e sulle necessità pure, siano
esse emotive che esclusivamente fisiologiche. In questo modo un individuo
sarà sicuro che la strategia implementata sia volta a incrementare il proprio
benessere, sia fisico che psichico. Solamente seguendo ciò che più consente
all’uomo di stare bene si è certi che il processo evolutivo, che comprende
anche quello della stima di sé stessi, sia rivolto verso la direzione corretta.
Spesso però anche queste necessità appaiono come offuscate e non sono
note: proprio per questo motivo è fondamentale valutare sé stessi prima di
costruire la propria autostima. L’individuazione dei bisogni e del welfare
personale può essere effettuata attraverso il Problem Solving, che in questo
caso si rivelerà decisamente più efficiente e più efficace.
Capitolo 2 – Le principali
problematiche che possono incidere
sull’autostima

Oltre alle critiche manipolative esistono altre cause, complementari o meno


alle critiche stesse, che possono incidere negativamente sull’autostima. Tra
queste cause rientrano sia gli elementi caratteriali dell’individuo, sia le
conseguenze ad eventi significativi o addirittura traumatici, che sono stati
vissuti dal soggetto in prima persona.
Si tratta dunque di problemi generici, che hanno però effetti anche sull’ego
delle persone, e che possono provocare un crollo nella fiducia nei propri
mezzi e quindi nell’autostima.
Un individuo potrebbe inoltre sentirsi sfiduciato nel momento in cui
vengono meno una o più fasi della personale costruzione dell’autostima.
Infatti se tale soggetto non dovesse riuscire ad affrontare i propri problemi e
neanche ad aggirarli, ma solamente ad ignorarli, o nel caso in cui gli
obiettivi stabiliti diventino impossibili da raggiungere o ancora nel caso in
cui i problemi emotivi diventino più grandi dell’ego stesso, allora
l’autostima non potrà mai basarsi sui concetti di equilibrio e assertività e
non potrà mai raggiungere un buon livello.
Ma oltre a questo vi sono casi in cui l’autostima varia a seconda della
condizione psichica dell’individuo, che è legata alla sua salute. Come detto
gli eventi traumatici potrebbero incidere su questa condizione, ma anche lo
stress, l’ansia e le fobie possono avere effetti negativi sulla sfera personale
del soggetto. Esistono però dei metodi che consentono di superare tutte
queste difficoltà e riportare il processo di costruzione dell’autostima sulla
via corretta.

2.1 – Lo stress

Il termine stress viene ad oggi utilizzato a sproposito, anche per situazioni


cliniche che non rientrano all’interno del significato di questa patologia.
Generalmente lo stress si presenta nel momento in cui l’essere umano è
coinvolto da una serie di sollecitazioni, esterne e interne, che provocano
uno squilibrio nella sua psiche. Queste sollecitazioni spingono il fisico e la
psiche di un soggetto ad un adattamento rapido e intenso, attraverso un vero
e proprio sforzo, che richiede molte energie.
Generalmente lo stress è accompagnato da una serie di pressioni, che
provengono dalla consapevolezza delle proprie responsabilità e dalla
stanchezza accumulata, che derivano sia dal mondo lavorativo che da quello
familiare.
Naturalmente è necessario scindere le situazioni di stress particolarmente
gravi da quelle meno allarmanti: in entrambi i casi è importante seguire un
periodo di riposo più o meno duraturo e talvolta è richiesto anche
l’intervento di un esperto per superare le difficoltà e migliorare il proprio
approccio agli impegni della vita.

2.1.1 – I sintomi dello stress

È comunque errato pensare allo stress come una vera e propria patologia,
ma allo stesso tempo non è corretto sottovalutare questa condizione fisica,
che può arrecare molti svantaggi ad un individuo. Un essere umano
stressato è decisamente più vulnerabile e la sua autostima è debole e
lacunosa.
Per riconoscere una situazione di stress è necessario individuare alcuni
sintomi, che accomunano i soggetti affetti da questo disturbo. In linea
generale un soggetto stressato appare come disorientato, mostra un disagio
più o meno evidente a seconda dei casi e, nelle situazioni più gravi, è
possibile notare un disturbo mentale vero e proprio, che può persino
provocare casi di schizofrenia. I sintomi sono visibili solamente dopo che il
livello di stress ha superato la cosiddetta soglia di vulnerabilità, che viene
determinata sulla base di valori standard.
Nel caso in cui il disturbo da stress si protrae per un periodo di tempo
piuttosto lungo, il soggetto può sviluppare il cosiddetto disturbo post
traumatico da stress, o comunque un qualsiasi altro genere di disturbo a
esso correlato. In questi casi il soggetto può rivivere il trauma causato dallo
stress durante il sonno, sviluppando persino stati depressivi e timori
preventivi nei confronti di qualsiasi elemento legato al trauma.

2.1.2 – Come superare lo stress e le sue cause


Il disturbo legato allo stress non può essere risolto facilmente. Infatti
l’evento che ha generato lo stress e il l’eventuale disturbo traumatico è già
avvenuto: l’unico metodo di intervento riguarda dunque la possibilità di
agire sulla memoria dell’individuo in modo tale da ridurre l’impatto che tale
evento ha sulla sua psiche. Questo intervento è naturalmente più complicato
da effettuare nel caso in cui l’evento in questione sia stato ripetitivo e abbia
causato vari traumi nella persona. Infatti un soggetto afflitto da uno stress
decisamente elevato mostra con una frequenza sempre maggiore segnali di
disagio e sintomi di un disturbo vero e proprio.
Generalmente la frequenza con la quale si manifestano questi sintomi
incrementa all’aumentare della pressione alla quale è sottoposto il soggetto.
È dunque importante agire con l’intento di ridurre il fattore traumatico e di
ridimensionare la causa che ha provocato il disturbo. Contemporaneamente
il soggetto deve agire sulla sua capacità di affrontare lo stress e di superarlo,
in modo tale che il suo impatto sia meno rilevante a livello psichico.
La psicoterapia è sicuramente uno dei metodi maggiormente efficaci per
affrontare adeguatamente le cause dello stress, le proprie problematiche e le
proprie difficoltà, con lo scopo di superare il proprio disturbo e dedicarsi
completamente all’incremento dell’assertività e dell’autostima.

2.2 – L’ansia

Un secondo fattore in grado di incidere negativamente sull’assertività e


sull’autostima è l’ansia. Questo disturbo è in grado di scatenare sintomi più
o meno gravi, a seconda della causa e della reazione del corpo: si tratta
infatti di un vero e proprio allarme che anticipa un evento o un possibile
pericolo e che intasa il sistema cognitivo personale, riducendo la fiducia nei
propri mezzi e di conseguenza l’autostima. L’ansia dunque comporta
conseguenze negative a livello sanitario, in quanto produce effetti a livello
circolatorio, respiratorio, nervoso centrale e a periferico.

2.2.1 – I sintomi dell’ansia e gli attacchi di panico

Come detto, l’ansia non è altro che un vero e proprio allarme che si attiva
dinanzi ad un pericolo, che induce all’attacco oppure alla fuga: infatti il
corpo umano per fronteggiare il pericolo incrementa automaticamente il
battito cardiaco e il ritmo respiratorio; contemporaneamente il sangue
fluisce verso i muscoli, che ottengono l’energia giusta per attivarsi
nell’immediato; infine il sistema centrale nervoso aumenta il livello di
attenzione e prepara la mente all’azione. Tutto questo consente di tutelare la
propria incolumità e tende addirittura alla sopravvivenza, ma comporta un
dispendio di energie ingente. L’ansia inoltre non consente di mantenere un
comportamento assertivo, in quanto il soggetto perde di vista la ragione e
l’equilibrio.
I sintomi sono tra i più vari e passano dai tremori alla tachicardia, dalla
nausea alla sudorazione, dalle vertigini alla sensazione di soffocamento, dal
nervosismo all’irrequietezza. Questi sintomi possono presentarsi
singolarmente o meno, e nen caso di una situazione generica ossessiva si
può parlare di ansia generalizzata.
Se l’ansia non viene monitorata o viene comunque sottovalutata può portare
nel medio termine a conseguenze ancora peggiori, scatenando veri e propri
attacchi di panico. In questo caso il soggetto disturbato perde
completamente il controllo di sé, l’assertività lascia spazio alla pazzia e a
pensieri estremamente pessimistici, che non consentono di vedere una via di
fuga in una situazione apparentemente drammatica, ma che in realtà appare
abbastanza tranquilla. Gli attacchi di panico sono inoltre accompagnati da
un malessere generico molto intenso, che può portare persino allo
svenimento.
I sintomi che accompagnano un attacco di panico sono i medesimi previsti
per il disturbo di ansia, ma molto più repentini e violenti, tali da far
immaginare al soggetto di perdere completamente il controllo di sé. Man
mano che il tempo passa, la sensazione di panico svanisce, esaurendosi
definitivamente nel giro di qualche minuto.
Gli attacchi di panico possono essere trasmessi geneticamente, e quindi
erediti dai propri genitori o dai propri nonni. Inoltre un evento traumatico
vissuto in età infantile o in età adolescenziale può favorire la formazione di
disturbi da panico, specialmente se tale evento viene soppresso
interiormente dal soggetto per lunghi anni. Le esperienze infantili
traumatiche necessitano infatti di essere rivissute e affrontate con l’aiuto di
un terapeuta esperto: è infatti fondamentale che il soggetto riesca a sentirsi
prima rassicurato e poi incoraggiato, al fine di superare definitivamente il
trauma.
Talvolta gli attacchi di panico sono invece legati allo stile di vita effettuato,
considerando sia l’ambito lavorativo che quello familiare. In questo caso è
importante capire quali siano le cause che possono provocare l’ansia e,
nelle situazioni più gravi, il panico.

2.2.2 – L’intervento di un esperto può aiutare ad affrontare i


propri disturbi
Come detto in precedenza, l’ansia e gli attacchi di panico possono essere
superati solamente con l’ausilio di un soggetto esterno, ossia di uno
psicoterapeuta che sia in grado di far compiere al soggetto affetto dal
disturbo un viaggio all’interno del proprio ego. Rievocare un trauma
infantile, analizzarlo insieme al paziente e valutare tutte le strade possibili
per superarlo è infatti il compito che grava sullo psicoterapeuta, che aiuta i
soggetti a migliorare la propria vita, evitando la formazione di disturbi che
potrebbero incidere sul benessere fisico e psichico.
In tanti sottovalutano il ruolo che può assumere un esperto di questo genere
nella vita di una persona: gli eventi traumatici, infatti, condizionano il
carattere di un individuo, anche quando non comportano, almeno
apparentemente, la generazione di disturbi quali l’ansia e gli attacchi di
panico.
È importante però che venga seguito un rigoroso percorso, costante ma mai
eccessivamente veloce, e che vengano attivate solamente alcune aree del
sistema nervoso centrale, per poter riuscire a superare in maniera efficiente
il trauma e, di conseguenza, il disturbo. Tentare di risolvere il problema da
sé o affidandosi a soggetti terzi non esperti può invece non produrre alcun
effetto o addirittura peggiorare le conseguenze. In questi casi, infatti, la
reazione della psiche nei confronti delle cause che hanno provocato il
trauma potrebbe essere ancora più significativa, da un punto di vista
negativo, e potrebbe generare disturbi di stress o ansia ancora più critici. Un
altro rischio è quello di saltare delle tappe terapeutiche fondamentali, non
consentendo in questa maniera, il completo superamento della
problematica.
In tanti pensano, erroneamente, che affidarsi ad uno psicoterapeuta sia
solamente una perdita di tempo e di denaro, ma ciò è completamente
infondato: la psicologia è una disciplina che non consente un intervento
diretto e rapido, ma tende ad aggirare il vero problema, sia per capire
quanto sia grave il disturbo, sia per avere un approccio meno d’impatto sul
paziente. Il compito dello psicoterapeuta, infatti, è anche quello di ottenere,
in maniera graduale ma costante, la fiducia del soggetto affetto dal disturbo,
in modo tale che lo stesso riesca ad aprirsi sempre più fino a riuscire ad
esprimere completamente i suoi timori e le sue paure.

2.3 – Le fobie

Tutti gli esseri umani, chi più e chi meno, presentano nel proprio
subconscio un senso di rifiuto verso alcuni oggetti oppure verso alcune
situazioni. Nel momento in cui tali rifiuti diventano vere e proprie paure,
allora è possibile parlare di fobie. La fobia è appunto la manifestazione più
incontrollata di una paura interiore, che può essere definitiva come
primitiva, in quanto insita nella mente di un soggetto anche se non vi sono
stati degli eventi traumatici che l’hanno causata. Questa manifestazione può
essere accompagnata da tutte le altre problematiche precedentemente
elencate, ossia dallo stress, dall’ansia e dagli attacchi di panico.
Nel momento in cui si è consapevoli di essere portatori di una determinata
fobia, si tende naturalmente ad evitare sia l’oggetto che la situazione che
potrebbero provocarne la manifestazione. Se invece la situazione non
consente la fuga da quel determinato oggetto o evento, allora il soggetto
viene pervaso in maniera sempre maggiore da un senso di ansia e di panico.
L’insicurezza dettata dalla presenza di questa problematica incide
sicuramente sull’autostima, che diviene inevitabilmente fragile. Per questo
motivo è importante capire a fondo cosa comporta la presenza di una fobia
e come può essere combattuta, in modo tale da proseguire nella costruzione
della stima di sé stessi.

2.3.1 – Le fobie più comuni

Il numero di persone che soffrono di attacchi di panico causate dalla


presenza di fobie è più alto di quanto si possa immaginare. Esistono infatti
alcune fobie piuttosto comuni, che possono indurre gli individui a perdere
completamente il controllo delle proprie azioni.
La fobia che accomuna il maggior numero di persone è la cosiddetta
agorafobia, che si può tradurre come la paura dei luoghi e degli spazi aperti.
Molte persone che si trovano all’interno di treni, aerei, al di sopra di un
ponte o nel centro di un mercato possono infatti perdere completamente il
controllo delle proprie azioni e impazzire letteralmente per un periodo di
tempo più o meno lungo. Per questo motivo i soggetti affetti da questo
disturbo tendono a viaggiare e a spostarsi quasi sempre in compagnia,
proprio per avere un supporto mentale. Generalmente le manifestazioni di
panico incrementano se si è in presenza di una folla, o se si deve aspettare
per un intervallo di tempo piuttosto lungo in coda ad una fila di persone.
Una seconda fobia molto diffusa, anche se in tanti non sono nemmeno
consapevoli di esserne affetti, è la cosiddetta glossofobia. Si tratta della
paura incontrollata di pronunciare un discorso o semplicemente di parlare
ad un gruppo di persone, sia che si tratti di poche persone che di una folla
vera e propria. I glossofobici tendono quindi ad evitare di attirare su di sé
l’attenzione generale, in quanto non è raro che vengano colti da nausee
improvvise e appunto panico. In realtà questa fobia può essere superata con
facilità attraverso un percorso terapeutico ben preciso che però risulta
essere piuttosto efficace.
L’aerofobia è invece la classica paura di volare attraverso dei mezzi quali
l’aereo e l’elicottero. Questa fobia è correlata alla fobia di risiedere in spazi
stretti, ossia la claustrofobia. La sensazione provata dagli aerofobici è di
non riuscire ad avere abbastanza ossigeno e, dunque, soffocare. Inoltre il
soggetto viene pervaso da una sudorazione consistente, da tachicardia e
vertigini con conseguenti attacchi di panico.
La claustrofobia, come già detto in precedenza, è invece la paura degli spazi
stretti e chiusi: si manifesta generalmente, oltreché negli aerei, anche negli
ascensori, nelle cripte e nei cunicoli, sia naturali che artificiali. La fobia
nasce proprio nella concezione della mancanza di libertà fisica e
respiratoria, che è la causa che genera il panico. Molti claustrofobici
tendono a paralizzarsi completamente o addirittura a svenire, perdendo i
sensi. Per riuscire a superare questa fobia gli individui vengono messi in
connessione, gradualmente, con gli spazi stretti e chiusi, in modo tale
riuscire a superare il panico creato da questa situazione.
Esistono tante altre fobie, ma in linea generale queste, oltre ad essere tra le
più diffuse, sono le situazioni che possono incidere con maggiore intensità
sulla formazione dell’autostima.

2.3.2 – Le fobie sociali: ossessioni e compulsioni

Accanto alle fobie precedentemente elencate occorre considerare altre fobie


molto importanti, in quanto altamente correlate ai concetti di assertività e di
autostima. Queste situazioni prendono il nome di fobie sociali.
È possibile definire la fobia sociale come il timore che la propria
reputazione possa crollare a causa di una situazione che potrebbe rivelarsi
imbarazzante. La paura fa riferimento appunto al caso in cui la situazione
possa portare giudizio e attenzione nei propri confronti, unendo dunque
anche ulteriori fobie precedentemente elencate, come ad esempio quella
della glossofobia.
Inoltre le fobie sociali sono collegate al cosiddetto disturbo da ansia sociale,
che non deve essere considerato come timidezza, ma come vero e proprio
timore di instaurare delle relazioni sociali di qualsiasi tipo. Questo non solo
non consente di essere sé stessi nel momento in cui un individuo si
relaziona con un altro soggetto, ma incide persino sulla propria sicurezza e,
di conseguenza, sull’assertività. Le frasi dette sono sempre di circostanza e
non si offre mai un’apertura totale nei confronti degli altri, ma si tende ad
assumere un atteggiamento di protezione del proprio ego che scaturisce
proprio dalla presenza di questa fobia. Ma instaurare rapporti sociali sta alla
base del processo di creazione dell’autostima, che generalmente si mostra
all’esterno di sé e non solamente all’interno.
Anche il disturbo in questione può provocare effetti davvero invalidanti, in
quanto si ripercuote in tutti gli aspetti della vita, dallo svolgimento delle
lezioni scolastiche alla ricerca di un lavoro, dalle relazione con gli amici
all’instaurazione di un rapporto amoroso.
Se questa fobia si protrae per un intervallo di tempo lungo, può assumere le
sembianze di disturbo critico e quindi evolvere nelle ossessioni e nelle
compulsioni. I comportamenti ossessivi e compulsivi rappresentano tutte
quelle azioni che vengono effettuate in maniera costante e ripetitiva, fino a
che non evidenziano la presenza di un vero e proprio disturbo sanitario.
Rientrano in queste categorie tutti gli atteggiamenti scaramantici che
vengono effettuati in maniera eccessivamente ripetitiva, le programmazioni
effettuate al minimo dettaglio, le pulizie maniacali e così via. Se il soggetto
non compie queste azioni nelle modalità che intende può perdere la ragione
ed è possibile che venga a manifestarsi un attacco di panico.
Uno tra gli atteggiamenti ossessivi più frequenti deriva dal timore di
imbattersi in superfici sporche e non disinfettate. Questo timore nasce
nell’idea che i germi presenti su tali superfici possano in qualche modo
penetrare all’interno del corpo e covare in esso una colonia batterica che
possa provocare, col tempo, la morte dell’individuo. Da questo concetto
nasce appunto il comportamento ossessivo che tende a pulire
maniacalmente e costantemente le superfici, ma che può portare il soggetto
a chiudersi progressivamente sempre più all’interno della propria
abitazione, in quanto lo stesso considererà il mondo esterno come un
ambiente insicuro e contaminato.
Le compulsioni invece si manifestano attraverso la messa in atto di
atteggiamenti ripetitivi, come ad esempio quello lavarsi continuamente le
mani, o la generazione di pensieri costanti, come ad esempio la ripetizione
continua di formule o conteggi nella mente. Nel momento in cui questi
comportamenti non possono essere attuati, a causa della presenza di altri
soggetti che distolgono l’attenzione dalle compulsioni o perché impossibili
da mettere in pratica in determinate situazioni, allora il soggetto tende a
perdere gradualmente il controllo di sé.
È possibile superare le ossessioni e le compulsioni adottando alcuni
accorgimenti. In primo luogo un soggetto riesce a ridurre le manifestazioni
delle sintomatologie legate a questo disturbo nel momento in cui trova la
rassicurazione e il conforto di un altro soggetto, specialmente se
quest’ultimo è un individuo conosciuto e fidato, possibilmente prima che lo
stesso disturbo prenda il sopravvento. Generalmente i soggetti affetti dal
disturbo ossessivo-compulsivo tendono infatti ad uscire in compagnia di
amici e familiari: il motivo è appunto quello di lenire costantemente le
proprie preoccupazioni.
In secondo luogo, un soggetto che potrebbe manifestare esplicitamente il
proprio disturbo attraverso ansia, stress e attacchi di panico tende ad evitare
ad esporsi a situazioni che possono incrementare le probabilità che tali
manifestazioni avvengano. Questo però non significa chiudersi
completamente nella propria abitazione, bensì limitare le uscite, evitare i
luoghi eccessivamente affollati o gli ambienti stretti e chiusi e ridurre
l’esposizione del soggetto alle cause di preoccupazioni. Naturalmente
questa metodologia è basata sull’idea di aggirare l’ostacolo, e non di
affrontarlo. Tale idea è però concettualmente errata: l’individuo sarà in
questo modo incentivato ad individuare sempre alternative alle situazioni
potenzialmente pericolose, ma tenderà allo stesso tempo ad accentuare
sempre più le sue preoccupazioni, diventando sempre più minuzioso e, di
conseguenza, aumentando il proprio disturbo.
Il problema del disturbo ossessivo-compulsivo, infatti, è che se esso non
dovesse essere trattato adeguatamente, potrebbe sfociare in patologie e
disturbi ancora più gravi, come ad esempio il bipolarismo. Per questo
motivo è importante fornire al soggetto disturbato un costante apporto
emotivo, per lenire le sue preoccupazioni, ma allo stesso tempo lavorare dal
punto di vista psicologico al fine di consentire allo stesso individuo il
superamento totale del disturbo e non abituarlo a convivere con i suoi
timori. Solamente così infatti si potrebbero successivamente ottenere dei
benefici che possano incidere positivamente sul livello di assertività e su
quello di autostima.
2.4 – La psicoterapia come metodo di gestione dei
sintomi

Ciascuna delle problematiche indicate, dunque, mostra un’unica soluzione


realmente efficace, ossia la psicoterapia. Questo non significa che ansia,
stress e fobie non possano essere superate anche affrontando il problema
personalmente, ma che tale superamento potrebbe non essere consono allo
scopo prefissato, ossia al raggiungimento di un alto livello di autostima. La
psicoterapia, dunque, non consente solamente di superare i singoli disturbi,
ma permette al soggetto di costruirsi un metodo per affrontare queste
problematiche anche se questo dovessero nuovamente presentarsi anche in
futuro.
In questo modo un individuo affetto da un qualsiasi disturbo emotivo,
potrebbe trasformare la patologia in un vero e proprio punto di forza,
lavorando su di essa, affrontandola e superandola. Riuscire a rialzare la
testa dopo un periodo di difficoltà emotiva, lavorativa, familiare o sociale
potrebbe infatti giovare enormemente all’autostima e garantirebbe un
enorme apporto di energie psico-fisiche all’individuo.
Esistono due differenti modalità di trattamento dei disturbi psico-emotivi, la
prima delle quali fa riferimento al contatto umano e alla condivisione delle
proprie esperienze e la seconda che invece analizza dettagliatamente i
comportamenti e le reazioni di ciascun soggetto.

2.4.1 – La terapia di gruppo


La terapia di gruppo offre numerosi vantaggi per coloro che stanno
affrontando un momento difficile, a causa della presenza di un disturbo,
come ansia, stress o fobie. L’esternazione delle proprie difficoltà, che
vengono rivolte e confidate a soggetti che stanno nelle medesime
condizioni, consente di svuotare gran parte del peso che ogni soggetto
affetto da questi disturbi si porta dentro per lunghi periodi. Inoltre è
importante ascoltare le esperienze altrui, per capire se vi sono metodi che
consentono il superamento delle problematiche nella maniera più semplice
possibile, anche se ogni trattamento adottato è colmo di insidie e di ostacoli.
La terapia di gruppo, inoltre, favorisce la formazione di nuove amicizie e
allo stesso tempo incoraggia l’intraprendimento di percorsi in piena
autonomia, esponendosi naturalmente ai rischi ma con la consapevolezza di
poterli affrontare e superare. Proprio questo stimolo consente a coloro che
partecipano alla terapia di gruppo di riuscire a velocizzare il proprio
processo terapeutico, grazie anche alla maggiore intensità presente in
questo genere di trattamento.
Infine, un ultimo vantaggio non trascurabile risiede nel fatto che la terapia
di gruppo è decisamente più economica rispetto a qualsiasi altro metodo di
trattamento.
Il filo logico che caratterizza la terapia di gruppo è rappresentato dall’idea
che ogni soggetto apprende maggiormente dalle esperienze altrui, piuttosto
che dall’essere costretto a rivivere le proprie difficoltà e i propri traumi.
Durante una seduta di terapia di gruppi un soggetto parlerà meno di sé
stesso, anche se ciò che esternerà sarà una vera e propria liberazione, e allo
stesso tempo riuscirà a capire che egli non è solo nel mondo e che in tanti
sono nella sua stessa situazione. Questa idea gli permetterà di valutare in
maniera meno grave il problema che lo affligge e gli consentirà di
individuare vie alternative che lo aiuteranno a risalire la china e migliorarsi
nella vita.

2.4.2 – La terapia cognitiva

Un altro genere di trattamento molto noto e molto utilizzato in questo


ambito è quello della terapia cognitiva e comportamentale, ossia una terapia
individuale che focalizza l’attenzione sia sulle cause che sulle conseguenze
che riguardano il paziente.
Questo genere di terapia si fonda su tre fasi. Il primo passaggio analizza
approfonditamente tutte le cause di condizionamento che possono avere
un’influenza sul soggetto, sia quelle di desensibilizzazione che quelle di
rinforzo.
La seconda fase invece focalizza l’attenzione sulla costruzione di alcune
mappe cognitive che caratterizzano la mente. Attraverso queste mappe è
possibile intuire come un soggetto interpreta il mondo che lo circonda, ed è
dunque possibile effettuare un primo intervento per tentare di modificare le
modalità di definizione della realtà.
La terza e ultima fase, invece, considera due fattori fondamentali nella vita
di un uomo, ossia la consapevolezza e l’accettazione. Si tratta di due
elementi che possono essere rivolti in una doppia direzione: sia verso il
mondo interno, rappresentato dall’ego, sia verso il mondo esterno,
rappresentato dalla società, ma anche dalla famiglia e dall’ambito
lavorativo. In particolare il soggetto deve accettare e condividere i propri
pensieri e i propri sentimenti, in modo tale da ottenere delle conseguenze
positive a scopo terapeutico. L’accettazione di questi elementi però non è
sufficiente: essi per poter rientrare pienamente a far parte dell’ego di un
soggetto devono essere capiti dallo stesso e valutati obiettivamente.
Solamente così queste emozioni e questi pensieri possono partecipare al
processo di accrescimento dell’autostima.
La terapia cognitiva ha una durata molto variabile, che è legata al carattere
e alla personalità del soggetto affetto dal disturbo. La sua efficacia è
indiscussa, ma richiede un dispendio enorme di energie per il soggetto, che
comunque uscirà più forte e consapevole nelle proprie capacità dal processo
terapeutico.

Capitolo 3 – Le dimensioni
dell’autostima

Dopo aver elencato tutte le problematiche che potrebbero incidere in


maniera negativa sull’autostima, naturalmente facendola crollare e
riducendo la reputazione anche all’esterno di sé, è necessario capire come
invece l’autostima possa essere incrementata. Per farlo è importante
stabilire quali siano le dimensioni dell’autostima, ossia tutti i canali che la
stessa deve percorrere per poter essere considerata più solida e più
resistente agli eventi che potrebbero ridurla.
La costruzione dell’autostima deve essere parallela al proseguimento della
vita: man mano che un soggetto diviene più maturo e maggiormente
consapevole di sé e delle sue doti e abilità, proporzionalmente l’autostima
viene consolidata, grazie all’incremento dell’esperienza e delle nozioni
culturali, grazie al riconoscimento dei sentimenti provati e grazie
all’importanza all’interno di un gruppo sociale più o meno ampio.
È importante focalizzare la propria attenzione sulla costruzione di tutti
questi percorsi, in modo tale da riuscire ad implementare un’autostima che
risulti essere completa sotto ogni punto di vista e appunto resistente ad ogni
possibile problematica.
Questo processo di implementazione può essere portato avanti sia
consapevolmente che inconsciamente. Nel primo caso però l’autostima
risulterà più efficiente, in quanto la costruzione ha valutato tutti gli aspetti
necessari ed è stata messa a punto in maniera quasi strategica; nel secondo
caso, invece, l’autostima può essere frutto di un processo piuttosto
fortunoso, ma mostra comunque alcune lacune, che non consentirebbero di
garantire un’efficacia generica della stessa e una resistenza totale.

3.1 – Il bagaglio culturale

La prima dimensione dell’autostima è rappresentata dal bagaglio culturale,


vale a dire da tutte le conoscenze di cultura generale o che riguardano la
propria persona. Generalmente il bagaglio culturale inizia a formarsi in età
scolastica, con l’adolescente che gradualmente diviene più maturo,
apprende sempre più nozioni e comincia a conoscere la propria personalità
e il proprio carattere. La maturità definisce il momento in cui si ritiene che
un adolescente diventa adulto e sia consapevole delle sue possibilità.
Naturalmente è da questo momento in poi che il soggetto inizia a svolgere
le sue prime esperienze lavorative che comportano un incremento del
proprio bagaglio culturale. Generalmente però il soggetto deve continuare a
reperire informazioni e nozioni, in modalità simili a quelle che avvenivano
nel periodo scolastico, spinto sia dalla curiosità che dalla necessità.
La cultura è dunque una dimensione importante, in quanto consente al
soggetto di partecipare a discorsi di vario genere all’interno di un gruppo
sociale, evidenziare alcuni aspetti noti ed altri meno noti, in modo tale da
mettere in risalto le proprie competenze, e di conseguenza accrescere
l’autostima e la consapevolezza che il proprio bagaglio culturale è
abbastanza capiente. Allo stesso tempo questa motivazione deve incentivare
il soggetto a reperire sempre più informazioni di carattere generale.

3.1.1 – Conoscenze generali

Bisogna dunque distinguere il bagaglio culturale che fa riferimento alla


nozioni e alle conoscenze generali da quelle invece riferibili strettamente
alla persona. Le conoscenze di cultura generale sono quelle che
maggiormente vengono reperite in ambito scolastico e lavorativo. Nell’arco
della vita, infatti, un soggetto entra necessariamente in contatto con
informazioni relative a varie discipline, quali la storia, la letteratura, la
matematica, che rappresentano la base sulla quale creare il proprio bagaglio
personale. Questo bagaglio deve essere appunto riempito il più possibile
anche dopo che si è concluso il percorso scolastico, compresi gli anni
universitari. La curiosità e la sete di conoscenza deve dunque spingere gli
individui ad informarsi su qualsiasi aspetto. Come detto questo non sarà
positivo solamente a livello sociale, ma in primis su quello personale, dato
che l’autostima ne gioverà sicuramente.
3.1.2 – Conoscenze personali

Il secondo aspetto del bagaglio culturale è invece rappresentato dalle


conoscenze personali. Infatti, contemporaneamente al reperimento delle
nozioni dall’ambiente esterno che riguarda in modo diretto o indiretto la
propria sfera individuale, è importante portare avanti un approfondimento
delle proprie doti e delle proprie abilità. È infatti inopportuno e
controproducente mostrarsi esperto in determinate discipline, sempre in
rapporto con un gruppo sociale, quando non si ha alcuna conoscenza. Tale
comportamento è invece tipico di chi possiede un’autostima apparente e
molto poco consolidata. Ogni individuo è infatti portatore di una o
comunque di alcune determinate abilità, che lo contraddistinguono dagli
altri soggetti, e che lo rende unico al mondo. Mostrarsi abile e competente
in altre materie non porta ad altro se non a mostrarsi poco esperto della
disciplina trattata.
Per questo è importante focalizzare l’attenzione su ciò che si è certi di
conoscere e su tutte le lacune possedute. L’obiettivo potrebbe in questo caso
essere differente a seconda del carattere posseduto dall’individuo: è
possibile infatti incrementare e approfondire le nozioni possedute in un
ambito specifico oppure tentare di colmare le proprie lacune, focalizzando
la propria attenzione nelle discipline meno note.
In linea generale, un bagaglio culturale che amalgama ottime conoscenze
generali e una buona conoscenza personale, consente di gestire in maniera
magistrale difficoltà e problematiche, sia in ambito sociale che in ambito
lavorativo e familiare. La cultura consente infatti di ottimizzare le basi sulle
quali poter prendere decisioni e individuare alternative eccellenti rispetto
alla difficoltà riscontrata.
3.2 – L’importanza dei sentimenti e degli elementi
affettivi

Oltre al bagaglio culturale riferito alle conoscenze personali è importante


che ciascun individuo approfondisca la conoscenza del proprio carattere e
fondi la sua autostima sulla propria personalità, che naturalmente si lega
all’aspetto emotivo di ciascun essere umano.
Capire il proprio carattere, dunque, significa dare la giusta importanza ai
sentimenti. Questi ultimi, infatti, hanno effetti devastanti nella vita di un
uomo, sia in positivo che in negativo. Trovare l’amore della propria vita, ad
esempio, favorisce notevolmente la formazione di un’autostima che risulti
solida e ben strutturata; viceversa terminare negativamente un matrimonio,
potrebbe provocarne un crollo, con tutte le ripercussioni in ambito
lavorativo e sociale.
Per questo motivo è determinante dare la giusta importanza ai propri
sentimenti e ai propri affetti, anche se in un momento positivo della propria
vita questi potrebbero apparire meno importanti. La vita familiare deve
necessariamente basarsi su elementi quali la fiducia e la sincerità e allo
stesso tempo essa rappresenta il primo passo verso la vita sociale, essendo
la famiglia stessa un gruppo sociale ristretto.
Inoltre i familiari e i parenti sono in grado di assorbire le difficoltà
possedute da un individuo e di trattarle quasi come avviene in psicoterapia:
il soggetto che affronta le problematiche rivela al proprio partner, ai propri
genitori o agli altri parenti i propri dubbi e tutti i timori provati, in modo
tale da affrontare le stesse difficoltà e riuscire a superarle con il sostegno
dell’intera famiglia. Questo passaggio è fondamentale in ottica
dell’incremento dell’autostima ed è dunque necessario non sottovalutarlo.
In ogni caso è molto complicato riconoscere i propri sentimenti e valutarli
in maniera obiettiva. Spesso la ragione entra in contrasto con la propria
parte emotiva e si tende a negare, anche a sé stessi, la formazione di nuovi
sentimenti e di nuovi affetti. La difficoltà è inoltre superiore per i soggetti
meno empatici, che invece tendono a chiudersi in sé stessi e a non esternare
mai ciò che provano realmente. In realtà questo non porta altro che
all’incremento delle proprie insicurezze, anche se apparentemente il
soggetto appare volenteroso e emotivamente stabile. Inoltre, un trattamento
di questo genere riservato alle proprie emozioni può facilitare la
generazione dei disturbi precedentemente elencati, che naturalmente
danneggiano l’autostima. Valutare obiettivamente i sentimenti e dar loro la
giusta importanza è infine fondamentale per determinare un ottimo livello
di assertività.

3.2.1 – La vicinanza dei familiari

Un soggetto ha la necessità di sentire il sostegno dei propri familiari in ogni


fase della propria vita. Naturalmente per un individuo questa necessità
diviene fondamentale specialmente nei momenti difficili, caratterizzati da
alcune problematiche che non consentono allo stesso di vivere a pieno la
propria vita e che allo stesso tempo ne riducono il benessere; i rapporti, sia
con i familiari che con gli amici e gli affetti in generale, devono però essere
curati e coltivati anche durante i periodi considerati vantaggiosi. È
importante infatti condividere i bei momenti con i propri familiari, in modo
tale da ottenerne un maggiore godimento, piuttosto che invece vivere la
gioia del momento in totale solitudine.
Anche questa condivisione, sia dei momenti negativi che ti quelli positivi,
influenza in maniera indiretta l’autostima, che si rafforza durante i primi e
si esalta durante i secondi.
Gli elementi emotivi e quelli affettivi rappresentano dunque una seconda
dimensione dell’autostima, nonostante in molti non riescano a individuare
un collegamento diretto tra questi due concetti. È però evidente quanto la
condizione emotiva possa condizionare lo stato psichico e fisico di un
individuo e quale sia il suo giovamento per il sostegno ottenuto e percepito
dai propri familiari.

3.3 – La società può incidere sulla propria


autostima

La terza dimensione dell’autostima è invece rappresentata dalla società. È


noto che l’ambiente esterno, ossia la società, è caratterizzato sia da elementi
negativi che elementi positivi, che quotidianamente alterano il proprio
status assertivo. Il termine società può rappresentare diverse realtà, alcune
formate da un gruppo ristretto di individui, come ad esempio un ambiente
lavorativo piuttosto ridotto, altre invece formate da un ampio insieme di
soggetti, come può essere un paese o una città.
Come è stato detto precedentemente, un soggetto che si rende protagonista
di un evento imbarazzante può veder crollare la propria reputazione
all’interno della società e della propria autostima. Riuscire a riconsolidare
l’assertività a seguito di un evento del genere non è affatto semplice, ma
comunque non è neanche impossibile.
Per poter incrementare l’autostima è dunque necessario selezionare e
reperire solamente i fattori positivi che provengono dalla società e
dall’ambiente esterno. Tale selezione, che naturalmente deve essere molto
rigorosa, è frutto di una valutazione obiettiva di tutti gli aspetti che
potrebbero provocare conseguenze reali e non apparenti o potenziali, sulla
propria vita.

3.3.1 – Seguire dei modelli e rivivere la propria storia nella vita


degli altri

La società è inoltre in grado di fornire dei modelli di vita, degli idoli che
alcuni soggetti decidono di seguire, per raggiungere un benessere superiore
e un più alto grado di autostima. I soggetti ambiziosi, infatti, tentano di
ripercorrere le strade solcate da persone maggiormente autorevoli e famose,
in modo tale da avere sempre un idolo da seguire. Si tratta di una
metodologia molto utile che rientra pienamente all’interno della dimensione
societaria e che consente talvolta di velocizzare il proprio processo di
crescita. Inoltre seguire un modello migliora anche l’assertività, grazie alla
quale il soggetto riesce a godere di un equilibrio maggiore in tutti gli
ambiti. Generalmente un modello di questo tipo viene preso in
considerazione in ambito lavorativo, ma può capitare anche che l’idolo
venga scelto per il suo stile di vita, per il compimento di qualche gesto
significativo o semplicemente per le sue scelte. Non è inoltre detto che il
soggetto al quale si fa riferimento sia per forza di cose un personaggio noto,
ma potrebbe anche essere un semplice conoscente molto stimato.
Lo scopo di questo concetto è che un soggetto possa accrescere il proprio
ego, in maniera assertiva, in modo tale da riuscire a diventare egli stesso a
diventare un modello da seguire. Il benessere di una persona aumenta
incredibilmente nel momento in cui quest’ultima rivive la propria storia
nella vita degli altri. Questo aspetto per molti rappresenta l’apice
dell’autostima, il culmine di un percorso che ha condotto verso il successo.
È però fondamentale mantenere alto il livello raggiunto per potersi ritenere
realmente soddisfatti, senza cedere alle illusioni e senza sentirsi mai
arrivato al traguardo. Fermare il proprio percorso di crescita, infatti,
significherebbe rovinare quanto di buono costruito fino ad allora, e perdere
ogni traccia di assertività che era stata guadagnata con fatica e impegno
nell’arco della vita.
Dunque è fondamentale che venga mantenuto un certo equilibrio, che viene
rappresentato da un comportamento ambizioso nel caso in cui il soggetto
tende a seguire un modello e da un comportamento umile nel caso in cui lo
stesso sia consapevole che altri soggetti tentano di ripercorrere la strada da
egli stesso solcata.

3.3.2 – L’insofferenza per il cinismo del mondo

Ma rapportarsi con la società significa anche rapportarsi con fattori o con


persone che possono compromettere l’autostima e la propria reputazione in
tutto l’ambiente esterno. Alcuni individui tendono a sviluppare un vero e
proprio disturbo la cui causa è da identificare proprio nel cinismo della
società e nel male del mondo. Alcuni eventi tragici nei quali si sono resi
protagonisti in negativo gli esseri umani possono infatti provocare delle
ripercussioni nella psiche e nell’animo di un soggetto, come un senso di
colpa e una totale sfiducia nei confronti dei propri simili, che naturalmente
altera il livello di autostima.
Purtroppo manifestare ed esprimere questa sorta di depressione emotiva può
causare il coinvolgimento dei propri familiari, specialmente se gli eventi in
questione sono improvvisi e sconvolgenti. La società è infatti cinica e
imprudente: l’essere umano riesce a rendersi espansivo nei momenti di
felicità, ma molto chiuso ed introverso nel momento in cui intuisce che un
altro soggetto sta inviando segnali di richiesta di aiuto. La depressione
emotiva coinvolge in particolare i soggetti maggiormente empatici, ossia
tutti quei soggetti nei quali l’apparato emotivo riesce a prendere il
sopravvento sulla ragione con maggiore frequenza.
L’essere umano è così incentivato a creare intorno a sé una sorta di barriera
emotiva che gli consenta di estraniarsi dal resto del mondo. Se però questa
reazione venisse adottata da ogni individuo presente sul pianeta, allora il
rischio di veder trasformare il genere umano in un insieme di semi-automi
sarebbe veramente alto. In realtà una reazione del genere viene messa in
pratica da tutti coloro che adottano un comportamento passivo, e dunque
anche in questo caso diventa fondamentale la ricerca dell’assertività.
Naturalmente l’adozione di una reazione di questo genere rappresenterebbe
un caso limite nella vita di un individuo, ma sarebbe comunque possibile.
Un individuo che intende accrescere la propria autostima, però, non deve
risultare completamente indifferente ai fatti che caratterizzano il mondo e
allo stesso tempo non deve reagire in maniera alterata ed eccessiva. La
reazione, in linea generale, dovrà essere proporzionale all’evento, che dovrà
essere valutato e capito, in modo tale da riuscire a prendere decisioni e
scelte sulla base di esso.
Altre volte, nonostante il possesso di un buon livello di assertività e
equilibrio, un carattere eccessivamente empatico potrebbe richiedere
l’intervento di un esperto, che consenta al soggetto di riportare nel breve
tempo il proprio comportamento sulla strada corretta, garantendo in questo
modo il proseguimento della costruzione della propria autostima.
È dunque importante riuscire ad addentrarsi nella società e, allo stesso
tempo, riuscire ad estraniarsi da essa. Un insediamento efficace in un
ambiente differente da quello familiare e da quello lavorativo richiede
infatti molto tempo, ma è importante non farsi coinvolgere completamente
da questo mondo, che potrebbe sconvolgere il proprio carattere e
minimizzare la propria personalità. In fin dei conti, infatti, il mantenimento
di una linea equilibrata è ciò che ha consentito a molti soggetti di riuscire ad
affermarsi nel proprio settore e diventare in questo modo individui di
spicco, noti soprattutto per la fiducia nei propri mezzi e per la
consapevolezza di essere importanti e necessari per gli altri individui.

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