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© 2016 Adriano salani editore s.u.r.l. dal 1862


Gruppo editoriale Mauri Spagnol, Milano

ISBN 978-88-6918-772-8

Prima edizione digitale 2016


Quest’opera è protetta dalla legge sul diritto d’autore.
È vietata ogni duplicazione, anche parziale, non autorizzata.
Presentazione

Nell’ottobre del 2014 la copertina di Dabiq, il periodico dello Stato


islamico, sconvolse il mondo civile, pubblicando un fotomontaggio nel
quale la bandiera dell’Isis sventolava sull’obelisco dinanzi alla basilica di
San Pietro. Sessantanove anni fa, nell’apparizione romana delle Tre
Fontane, una simile profezia era già stata proposta dalla Vergine della
Rivelazione a Bruno Cornacchiola: «Vi saranno giorni di dolori e di lutti.
Dalla parte d’Oriente un popolo forte, ma lontano da Dio, sferrerà un
attacco tremendo, e spezzerà le cose più sante e sacre, quando gli sarà dato
di farlo». Cornacchiola è morto nel 2001, dopo una vita romanzesca segnata
dapprima dall’intenzione di uccidere il papa, da lui considerato il capo della
'sinagoga di Satana', e successivamente dalla fulminea conversione al
cattolicesimo, a seguito della straordinaria esperienza del 12 aprile 1947.
Quel giorno, insieme ai suoi tre figli, vide una ragazza di grande bellezza,
scura di pelle e di capelli, con un manto verde e un libro fra le mani; e da
quel momento per tutta la vita continuò a ricevere da lei messaggi spirituali
e annunci profetici. Il veggente consegnò i segreti ricevuti dalla Madonna al
Vaticano, che non ha mai ritenuto opportuno pubblicarli. Si tratta di sogni e
di visioni che anticipavano in maniera inquietante drammatici eventi
dell’ultimo secolo: dalla tragedia di Superga nel 1949 all’elezione di Paolo
VI nel 1963, dalla guerra dello Yom Kippur nel 1973 al rapimento e
all’assassinio di Aldo Moro nel 1978, dal ferimento di Giovanni Paolo II
nel 1981 all’esplosione del reattore di Chernobyl nel 1986, dall’attentato
alla basilica di San Giovanni in Laterano nel 1993 alla caduta delle Torri
Gemelle nel 2001. Per ordine della Vergine, Cornacchiola custodì una copia
personale delle testimonianze dal 1947 al 2001, anno della sua morte: oggi,
dopo anni di studi e di analisi, Saverio Gaeta – l’unico giornalista che ha
avuto accesso ai diari di Bruno Cornacchiola custoditi presso l’associazione
dei fedeli da lui fondata – ne svela integralmente i contenuti.

Postfazione del Cardinale José Saraiva Martins.

Saverio Gaeta è caporedattore dei settimanali della San


Paolo Famiglia Cristiana e Credere. In passato è stato redattore
dell’Osservatore Romano e caposervizio del mensile Jesus. Specializzato in
tematiche religiose, ha pubblicato una sessantina di libri su santi, miracoli e
devozioni. Ha collaborato in qualità di esperto a diverse trasmissioni
giornalistiche; per Salani ha già pubblicato Effetto Bergoglio (con padre
Livio Fanzaga, 2014).
Prologo

«Vieni, o Madre, in mezzo a noi; vieni, Maria, quaggiù». Ogni volta che,
durante la Messa, mi capita di intonare questo canto, che chiunque abbia
frequentato una chiesa negli ultimi decenni certamente conosce, sento come
un nodo alla gola. Sono innumerevoli queste invocazioni, alle quali la
Madonna ha costantemente risposto con le tante sue manifestazioni in giro
per il mondo. Ciò nonostante, sono relativamente pochi quelli che hanno
colto tali segni. Normalmente si tratta dei fedeli più semplici e umili,
mentre le autorità ecclesiastiche in genere si comportano con una cautela
estrema, che rasenta l’incredulità.
Una volta, ragionando in confidenza con un autorevole cardinale su
un’apparizione non ancora riconosciuta, gli chiesi quale fosse la principale
ragione della sua perplessità. Mi rispose: «Be’, la ripetitività quotidiana non
depone a favore. Per proporre i suoi messaggi, a Lourdes Le sono state
sufficienti diciotto apparizioni, e a Fatima ancor meno, soltanto sei...»
Replicai: «Ma se oggi ci fosse una nuova Lourdes, con una adolescente
analfabeta e poverissima che durante l’estasi bacia la terra e mangia l’erba
perché le è stato chiesto di farlo come penitenza per i peccatori, voi
approvereste la soprannaturalità dell’evento, oppure invochereste un
trattamento sanitario obbligatorio per la ragazza? E a Fatima, non è forse
vero che le più importanti richieste della Madonna – dalla consacrazione
della Russia alla stesura dei segreti – furono fatte a Lucia molti anni dopo il
1917, in apparizioni che formalmente non hanno mai avuto un
riconoscimento?»
L’eminentissimo commentò con un forzato sorriso, rendendosi
perfettamente conto del paradosso in cui si era ficcato.
Amare riflessioni come queste mi sono tornate più volte alla mente nei
tanti fine-settimana trascorsi nella sede dell’associazione catechistica
Schiere Arditi di Cristo Re Immortale (Sacri), fondata da Bruno
Cornacchiola, il veggente che – a partire dal 1947, nella località delle Tre
Fontane a Roma, e praticamente fino alla morte – ebbe decine di
apparizioni della Madonna che gli si presentava con il titolo di Vergine della
Rivelazione.
Per una serie di fortuite circostanze, innescate dalle sollecitazioni di un
amico molto devoto della Madonna, ero entrato in confidenza con gli eredi
spirituali di Cornacchiola, che avevano apprezzato alcuni miei lavori sulle
manifestazioni mariane e su altri eventi soprannaturali. Con molta
disponibilità, mi avevano autorizzato a consultare gli archivi di Bruno:
annotazioni vergate su migliaia di fogli sparsi, decine di block notes con
l’accurata descrizione dei suoi tanti viaggi di testimonianza, agende
fittamente annotate dal 1936 al 2001.
Francamente, pensavo che ne avrei ricavato soltanto qualche notizia in più
per realizzare una attualizzazione della storia di quelle ormai lontane
apparizioni e per proporre una rilettura dei pochi brani resi pubblici del
lungo messaggio pronunciato dalla Vergine il 12 aprile 1947. Non avevo il
benché minimo sospetto che mi sarei imbattuto in rivelazioni esplosive e
del tutto inedite, che in questo libro vengono presentate integralmente. E
non lo immaginavano nemmeno i custodi degli scritti di Bruno
Cornacchiola.
In effetti, dopo la morte del veggente, il 22 giugno 2001, i discepoli ne
perpetuano la memoria e l’impegno nell’associazione Sacri, la cui
fondazione gli era stata sollecitata direttamente dalla Madonna, curando
soprattutto la preparazione catechetica di quanti partecipano agli incontri
settimanali e ai ritiri mensili, dove la Bibbia viene letta in sequenza e
commentata con le ispirate parole del fondatore. È questo il motivo per cui
l’attenzione dei pochi responsabili è rivolta essenzialmente ai testi di
carattere meditativo, mentre l’archivio dei diari e degli appunti era
praticamente rimasto inesplorato.
Via via che procedevo nella lettura, mi rendevo sempre più conto del filo
che collega i messaggi ricevuti da Cornacchiola con gli altri donati dalla
Madonna nelle sue diverse apparizioni degli ultimi due secoli, a partire
dalla prima dei tempi moderni, quella a rue du Bac a Parigi nel 1830 (dove
la Vergine donò la diffusissima medaglietta miracolosa), fino alle ultime
riconosciute di Amsterdam, in Olanda, fra il 1945 e il 1959 (nelle quali
vennero profetizzati per esempio il concilio Vaticano II e lo sbarco sulla
Luna) e di Kibeho, in Rwanda, fra il 1981 e il 1983 (dove ai veggenti
furono mostrate le terribili stragi di hutu e tutsi nella zona dei Grandi
Laghi).
Per non parlare delle profezie che caratterizzano altre manifestazioni
mariane tuttora in corso, e in attesa perciò del giudizio della Chiesa, nelle
quali le risonanze ‘apocalittiche’ dei messaggi delle Tre Fontane si
intrecciano con eventi che tutti noi oggi siamo purtroppo in grado di vedere
e di giudicare: dalla nuova guerra fredda tra Russia e Stati Uniti alle guerre
locali, dagli attentati di stampo islamico ai conflitti religiosi in corso in
Oriente, fino agli scandali che hanno turbato in questi ultimi anni la Chiesa
cattolica. Ed è impressionante notare come quel che viene detto in una
apparizione divenga ancor più comprensibile in un’altra, in un susseguirsi
di comunicazioni che – seppur senza un sigillo di definitività, per consentire
in pieno a ogni uomo la libertà di credere o di non credere – aprono però
spiragli sempre nuovi.
Un giorno, spulciando fra i dépliant e i bollettini disposti su un tavolo
nella sala riunioni della Sacri, la mia attenzione venne colpita da una
colorata cartolina. Sul retro erano indicate la data e la ricorrenza che ne
avevano motivato la realizzazione, voluta esplicitamente da Cornacchiola:
12 aprile 1997, nel cinquantenario esatto della prima apparizione da lui
avuta alle Tre Fontane. Ma a inquietarmi fu in particolare il soggetto
dell’immagine sul davanti: un fotomontaggio con alcuni grattacieli sullo
sfondo e la statua della Vergine della Rivelazione in primo piano.
A dimostrazione dei misteriosi intrecci fra le manifestazioni mariane, il
pensiero mi corse immediatamente a un articolo pubblicato l’8 ottobre 1995
sul settimanale Epoca, dove era riportato il racconto di Simona, una delle
veggenti delle presunte apparizioni a Ischia, attualmente al vaglio di una
commissione ecclesiastica. Dall’ottobre del 1994, nel bosco di Zaro, situato
a metà strada tra Lacco Ameno e Forio, alcuni ragazzi e ragazze dicono di
ricevere messaggi e visioni di forte impatto emotivo. E, in quell’intervista,
Simona narrava: «Ho visto dei grattacieli che venivano giù; poi ho visto la
Statua della Libertà in frantumi e ho capito che doveva essere New York».
Riferendomi alla cartolina, chiesi perciò spiegazioni all’avvocato Gabriele
Gatti, uno degli attuali responsabili della Sacri, e ne ricevetti una singolare
confidenza: «A Pasqua del 2000 mi recai negli Stati Uniti con mia moglie
per una visita turistica. Al rientro passai a salutare Bruno e, quando gli dissi
dove ero andato, si arrabbiò moltissimo. Mi fece promettere che, da quel
momento, lo avrei sempre avvertito prima di partire per l’estero. Sul
momento non ne compresi le ragioni, ma l’11 settembre 2001 – dopo
l’attentato alle torri gemelle – intuii a che cosa si riferisse Bruno e mi
divenne improvvisamente chiaro il motivo per cui aveva fatto stampare
quella cartolina. Purtroppo, però, Cornacchiola era morto il 22 giugno
precedente, e così non ho mai potuto verificare con lui che cosa avesse
ricevuto in visione qualche anno prima».
In ogni caso, come il lettore scoprirà, i messaggi soprannaturali, le visioni
mistiche e i sogni profetici di Bruno Cornacchiola che vengono presentati in
queste pagine hanno molto da dire sul nostro presente e, ancor più, sul
nostro futuro. Nessun obbligo di crederci. Le apparizioni mariane, anche se
ufficialmente riconosciute e degne di fiducia, non sono dogmi e si può
essere ottimi cattolici senza credere in esse. Ma indubbiamente la
sollecitazione che deriva dalle parole della Vergine è quella di prendere sul
serio i rischi che abbiamo dinanzi e, senza alcuna inutile paura, di
affrontarli alla luce del Vangelo e nella dimensione della fede.
1.

L'uomo

Su una parete dell’associazione Sacri sono appesi quarantacinque


quadretti, dipinti dall’artista dilettante Felice Menicucci nello stile un po’
naïf dei cantastorie siciliani, che narrano i più significativi momenti della
vita di Bruno Cornacchiola. Una ventina di grandi album fotografici
raccolgono le immagini che lo ritraggono da giovane: penetranti occhi
marroni, mediamente alto, belloccio, con baffi da simpatica canaglia; e poi
uomo maturo, con lo sguardo che sprizza tranquillità e magnetismo, fino
agli ultimi anni, vecchio dalla barba bianca e l’espressione saggia.
È una storia romanzesca quella di Cornacchiola, sin dal suo primo giorno
di vita; nacque il 9 maggio 1913 a Roma, in un contesto che non avrebbe
avuto niente da invidiare alla grotta di Betlemme. Dalle agende – scritte
fittamente in ogni pagina fino al giorno della sua morte – riemergono
episodi e aneddoti del passato.
«Abitavamo in un casale in via Cassia vecchia vicino a ponte Milvio, dove ora c’è la chiesa
intitolata alla Gran Madre di Dio. Mentre era nella stalla dei buoi e cavalli, a lavare i panni dentro
il fontanile, [mia mamma] fu presa dalle doglie. La misero su una carriola e la spostarono da un
altro lato, dove c’era della paglia pulita».

Al momento della nascita di Bruno, la madre Giuseppa Guadagnoli e il


padre Antonio Cornacchiola avevano già due figli, Tullio e Mario. La
famiglia viveva in condizioni difficili e in più Antonio Cornacchiola si
ubriacava, picchiava moglie e figli, urlava e bestemmiava. Anche nel giorno
del battesimo del neonato la mente del padre era in preda ai fumi dell’alcol:
la cerimonia era stata fissata il 15 agosto, festa di Ferragosto e
dell’Assunzione della Vergine, nella basilica di Sant’Agnese lungo la via
Nomentana. Il motivo per cui il sacramento era slittato di ben tre mesi dopo
la nascita è insieme buffo e grottesco: era stato necessario attendere il
rilascio dalla prigione di un certo Mario Carnevale, conosciuto da Antonio
nel carcere romano di Regina Cœli durante uno dei suoi soggiorni per rissa,
e da lui nominato padrino del piccolo Bruno.
Quando il sacerdote gli chiese che nome volesse dare al neonato, il padre
rispose: «Giordano Bruno, come quello che voi preti avete bruciato vivo a
Campo de’ Fiori. E se non vi va bene, lo battezzo io con questo fiasco di
vino». Il parroco, ovviamente contrario al nome di un eretico, per quanto
illustre, provò a dissuaderlo; alla fine Antonio acconsentì a tralasciare
Giordano (che secondo lui era il cognome del celebre filosofo) e a utilizzare
solo Bruno.
Il suo più antico ricordo, probabilmente il primo legato alle visioni che
poi lo accompagneranno, risale a quando aveva circa tre anni, anche se lo
descrisse molto più avanti, il 18 gennaio 1980:
«Ho rivisto un fatto di quando ero bambino, sui 3 anni. Spesse volte venivo preso dal letto [un letto
con coperte di juta e foglie di pannocchie di mais] e posto a terra sopra una coperta piegata, e degli
esseri vestiti di bianco mi danzavano attorno cantando: ‘Gloria a Dio, gloria a Dio’. Chiamavo
mamma che accendesse la luce a petrolio e lei mi rimetteva a letto, dicendomi che erano gli
angeli».

Qualche anno dopo, la famiglia si trasferì nei pressi della via Appia, in
un’unica stanza piena di mosche d’estate e sporca di fanghiglia d’inverno.
Per guadagnarsi un tozzo di pane e qualche spicciolo, Bruno ballava davanti
alla vicina osteria sulle note della fisarmonica di un suonatore ambulante:
«Abbandonati a noi stessi, circondati dalla più squallida miseria fisica e morale, noi bambini
trascorrevamo una fanciullezza molto triste».

Bruno non ebbe, di fatto, nessuna istruzione: ripeté la prima elementare per
tre anni di seguito per poi essere trasferito ‘per anzianità’ in seconda, mai
finita.1 Da bambino era sempre affamato:
«In casa si mangiava male, se mangiavi: spesso papà, ubriaco, gettava tutto dalla finestra e noi,
come cagnolini, si correva giù per raccogliere qualcosa; si attendevano i bigonci con la raccolta dei
rifiuti dei ristoranti per darli ai maiali, ma noi prendevamo i pezzi più grossi e si mangiavano;
oppure si rubavano le carrube ai cavalli... [Nell’Epifania] qualche volta mamma metteva noci e
qualche torroncino, ma spesso gli altri avevano automobiline, trenini, cavallucci, noi niente.
Prendevo i tappi delle bottiglie e scatolette di lucido e le attaccavo una con l’altra e ci facevo il
trenino legato con lo spago. Una volta una troupe del cinematografo mi riprese, dove ora è piazza
Tuscolo, con questo trenino e scalzo».
A dieci anni ottenne il primo impiego fisso come garzone di bottega di un
carbonaio: ogni giorno doveva andare dal deposito alle abitazioni degli
acquirenti per consegnare sacchi di carbone del peso di dieci chili. Ma il
ragazzino aveva il vizio di ‘arrotondare’ le mance rubando ogni volta
qualcosa, e il carbonaio lo cacciò. Di quel periodo conservò sempre un
volume rilegato del Catechismo di Pio X, prelevato con destrezza dalla
libreria di una cliente.
Nel 1925, a dodici anni, cominciò a lavorare nella pensione Calcagni in
via Veneto, dove puliva le stanze e aiutava in cucina. Ogni sera si recava in
via Laurina, nei pressi di piazza del Popolo, per portare la cena alla mamma
della proprietaria della pensione. E un giorno, scendendo per la scala del
Pincio, ebbe un incontro che in seguito riconobbe come il prologo delle
esperienze mistiche che avrebbe avuto a partire dal 1947:
«Ai piedi della scala c’era una specie di nicchia addossata al muro. Mentre passavo mi sento
chiamare in questo modo: ‘Neppure mi guardi, figlio di Dio?’ Mi volto e vedo un vecchio
accovacciato nell’angolo, tutto lacero, con una fluente barba bianca, con due occhi che gli
brillavano. Mi avvicino e gli dico: ‘Scusi, non avevo fatto caso che ci fosse lei qui’. ‘Vieni qui,
accostati a me’. Mi avvicino a lui e mi invita a sedermi. ‘Mettiti qui, dove vai tutte le sere di
corsa?’ Gli spiego cosa vado a fare. ‘Riposati un poco, poi vai’. Mi metto seduto vicino al vecchio
che mi dice: ‘Non pensi mai che devi lavorare pure per il Signore? Guarda, leggi qui’. Sapevo
leggere poco a quel tempo, ma potevo leggere balbettando piano piano. Più leggevo, più non
capivo niente. Ricordo soltanto che mi diceva: ‘Questo lo ha scritto san Paolo e io mi chiamo
Paolo’. Mi piaceva sentirlo parlare e mi spiegava molte cose che ora capisco».

Ogni sera Bruno metteva da parte metà della propria cena e la portava a
Paolo, che mangiava contento mentre il ragazzino leggeva il libro della
Parola di Dio. La sera di Natale il vecchio gli spiegò cosa fosse quella festa:
«Sappi che noi stiamo nelle tenebre. Il Bambino è nato 1900 anni fa da Maria sempre Vergine e
senza peccato. Lei ha dato alla luce un Figlio che è la luce e ci fa tutti luce per illuminare il mondo.
Un giorno vedrai quella luce e sarai un missionario della luce».

In quel periodo, il ragazzo cominciò a vivere fuori casa e spesso dormiva in


qualche cappella del cimitero del Verano, dove si nascondeva la sera per
riemergerne al mattino presto, oppure sotto il cosiddetto Triclinio leonino,
in piazza di Porta San Giovanni, di fronte alla basilica e accanto alla Scala
Santa:
«Cartoni sotto e giornali sopra, solo, e, prima di dormire, lacrime, fame e tanta rabbia contro tutti
perché li vedevo contenti e ricchi».
In una gelida alba del gennaio 1927, la signora Maria Farsetti, una vedova
sessantenne morta nel 1953 in concetto di santità che ogni giorno andava a
Messa nella cappella della Scala Santa, svegliò dolcemente Bruno,
chiedendogli perché dormisse lì e quanti anni avesse. Poi il dialogo prese
una piega surreale:
«Hai fatto la comunione?» chiese la signora.
«Che cos’è la comunione?» replicò Bruno.
«Come, non lo sai? E tua madre non la fa la comunione?»
«Mamma delle volte ce fa la pastasciutta, er minestrone..., ma ’sto pranzo
non ce l’ha cucinato mai!»
Cornacchiola in seguito commentò:
«La brava signora comprese la mia spaventosa ignoranza e l’urgente dovere di aiutarmi, e mi
invitò a seguirla in chiesa, promettendomi, per dopo, un pezzo di pizza per colazione. Affamato
com’ero, non potevo immaginare un regalo più grande. Di tutto il discorso avevo capito soltanto la
pizza».

Per un paio di mesi, ogni mattina, il ragazzo fu preso in consegna da padre


Luigi dell’Addolorata, un passionista (ovvero membro della Congregazione
della Passione di Gesù Cristo) che faceva catechismo ai più derelitti alla
Scala Santa; da lui ricevette gli insegnamenti religiosi basilari, comprese le
preghiere del buon cristiano (come, per esempio: Padre nostro, Ave Maria,
Gloria al Padre, Angelo di Dio e L’eterno riposo). E anche la colazione
offerta dalla Farsetti non mancava mai. Il 7 marzo 1927 ricevette la prima
comunione e la cresima insieme con un gruppo di ‘discoli’, come venivano
popolarmente chiamati i minorenni reclusi nel riformatorio di Porta Portese.
Ma lui era l’unico senza accompagnatori, cosicché il vescovo Gisleno
Veneri, che presiedeva la cerimonia, gli assegnò come padrino il proprio
segretario, don Dante Ferri, mentre la tradizionale fascia bianca con la croce
ricamata a filo d’oro, che si poneva attorno alla fronte, gli venne prestata,
per il tempo strettamente necessario, da un altro dei cresimandi.
Nel ritiro di preparazione che aveva preceduto il rito, il parroco Salvatore
De Angelis aveva incentrato la meditazione sull’amore verso la Madonna,
invitando tutti i ragazzi presenti a inginocchiarsi dinanzi al quadro di Maria
posto sull’altare. Cornacchiola ricordò:
«Guardavo la Vergine Madre, pensavo al suo amore e lo confrontavo con quello di mia madre.
Come erano diversi, e quanto doveva essere felice un figlio di tale Madre».
In quell’attimo, uno slancio irrefrenabile del cuore produsse in Bruno un
pensiero nettissimo, cristallino:
«Se sei veramente Madre... prendimi con te».

Al termine della cerimonia, con in mano il libretto delle Massime eterne di


sant’Alfonso Maria de’ Liguori e la corona del rosario che gli erano stati
donati come ricordo, si avviò verso casa con il proponimento di mettere in
pratica le belle cose che aveva appreso.
«Trovai mamma in capo alle scale, in mezzo a una nuvola di fumo, affaccendata davanti al
fornello, che preparava da mangiare a papà. Appena mi vide, giustamente, mi rimproverò, perché
da quando ero scappato di casa non mi ero fatto più vedere. ‘Il confessore mi ha detto che non
devo più disubbidire a te e a papà e che devo chiedervi perdono. Perciò ti chiedo perdono del male
che ti ho fatto, dei pugni, degli schiaffi e dei morsi che ti ho dato. Ti chiedo perdono del dito che ti
ho rotto, quando ti mandai all’ospedale’. ‘Ancora pensi a queste cose? Ma dammi una mano,
piuttosto!’ e mi dette un calcione che mi fece rotolare per le ripide scale. Mi alzai infuriato e tornai
il Bruno di prima. La riempii di parolacce e le tirai addosso il libretto e la coroncina perché non
avevo sassi a portata di mano. E partii per Rieti in cerca di un lavoro».

Furono anni di continua provvisorietà, trascorsi nelle campagne e nei


paesetti del reatino, impegnato periodicamente a raccogliere la legna nei
boschi e a produrre la calce in una fornace, a condurre le pecore al pascolo
e a cucire nella bottega di un materassaio. Per un po’ di tempo lavorò anche
nei circhi Cavalca e Preziosi:
«Pieno di pidocchi, abbandonato e maltrattato, saltavo al trampolino, facevo cascate per far ridere,
legato con la catena mi scioglievo, mi si rompeva una pietra sul petto con due mazze».

Il 30 settembre 1951 stilò sul diario un elenco dei tanti mestieri fatti:
elettricista, calzolaio, muratore, falegname, tappezziere, materassaio,
spazzacamino «e infine ho fatto anche lo strillone di giornali, che mi ha
temprato la voce per fare meditazioni e conferenze». Dormiva dove
capitava, in base alle stagioni, e mangiava quando poteva, in una
successione di giornate senza futuro, mosso unicamente dalla volontà di
sopravvivere.
«La squallida miseria nella quale ero costretto a vivere, senza poter intravedere il benché minimo
barlume d’uscita, e la convinzione che la società borghese era l’unica responsabile della mia
miseria e infelicità, furono il fervido terreno sul quale una campagna atea clandestina, piena di
odio e di volontà di vendetta, abbondantemente seminò e ancor più abbondantemente raccolse».
Nell’aprile del 1934, dopo aver passato la visita di leva che si faceva a
vent’anni, venne arruolato nell’esercito per il servizio militare di diciotto
mesi. Conciato da pezzente, con un paio di scarpe rimediate in una discarica
e tenute insieme dal fil di ferro, partì come fante per Ravenna. E qui, nel
cortile della caserma, gli si spalancò dinanzi agli occhi il ‘paese di
cuccagna’:
«Il primo paio di scarpe vere, il primo vestito e cappotto nuovi. Più volte chiesi al furiere, che mi
elencava e consegnava diligentemente indumenti e accessori, se tutto quel ben di Dio, che non
avevo visto mai, fosse mio!»

La prontezza di riflessi sviluppata durante la sua vita randagia lo rese un


ottimo tiratore, tanto che, con i gradi di caporal maggiore, fu inviato alle
gare nazionali di moschetto nel poligono della Farnesina e ottenne buoni
risultati, alla presenza anche di Benito Mussolini. E approfittò di quel
ritorno a Roma, nel settembre del 1935, per fidanzarsi con Iolanda Lo
Gatto, figlia di una guardia carceraria che Antonio Cornacchiola aveva
conosciuto a Regina Cœli e che abitava vicino a loro, nella zona delle Tre
Madonne (l’attuale piazza Tuscolo).
Iolanda era nata nel 1909 e Bruno la conosceva sin da piccolo. Sul diario
riportò in seguito un ricordo risalente al 1918:
«Mi prende in braccio per portarmi su a casa, perché ero caduto: aveva un vestito largo e lungo,
con le trecce tirate che, tese, le stavano dietro le spalle, sembravano due stanghe del carro».

La moglie invece raccontò agli amici impressioni decisamente negative:


«Sempre sporco, spettinato, con abiti sdruciti, era sveltissimo e dispettoso. Quando lo vedevo, ero
terrorizzata. Mi tirava sempre le trecce, fino a farmi piangere. Un giorno, mentre tornavo a casa
con la bottiglia del latte in mano, la centrò da lontano con la fionda e la ruppe. I pianti che feci...»

Agli inizi del 1936, la decisione di sposarsi li vide su sponde ideologiche


contrapposte:
« 2 marzo 1936: Io voglio che il matrimonio sia al Campidoglio, Iolanda non vuole... lite. 4 marzo
1936: Iolanda vuole matrimonio in chiesa; ’sti preti, pussa via! 5 marzo 1936: Prete accetta
sposarci in sacrestia. Va bene, accetto pure io».

E così, intorno alle 7 di sera del 6 marzo (ma l’annotazione sul registro fu
effettuata con la data del giorno seguente), il parroco di Sant’Elena, sulla
via Casilina, li unì in matrimonio nella sacrestia. Al loro fianco, i due
testimoni: Luisa Lo Gatto, sorella della sposa, e il marito Giuseppe Colace.
Al termine della sbrigativa cerimonia, Bruno passò a casa del suocero
Saverio, per portare via il baule di Iolanda con un po’ di lenzuola e
indumenti. Poi, come viaggio di nozze, i due novelli sposi andarono a piedi
dalla circonvallazione Casilina fino al Quadraro dove i genitori di Bruno e
la famiglia di suo fratello Mario vivevano in due baracche adiacenti. Fra le
due costruzioni c’era un’intercapedine con una tettoia di un metro e mezzo
di larghezza e due di lunghezza, in cui era stato allestito per gli sposi un
letto fatto di un paio di tavole di legno ricoperte con un saccone imbottito di
foglie di granoturco. Iolanda e Bruno vissero lì fino all’agosto successivo,
quando Antonio li scacciò perché aveva deciso di vendere la baracca e di
ritornare a Rieti: lei rientrò nella casa paterna e lui andò a dormire nella sala
d’aspetto della stazione Termini.
Nel frattempo Bruno aveva cominciato a frequentare il Partito comunista
clandestino. I compagni, sapendo che era senza lavoro, gli proposero una
vera e propria operazione di spionaggio: arruolarsi come volontario nella
Missione Militare Italiana in Spagna, che il governo fascista stava
organizzando a supporto delle forze nazionaliste di Francisco Franco, per
passare informazioni ai combattenti repubblicani del Fronte popolare.
Il 10 novembre Bruno prestò giuramento davanti al commissario politico
comunista Antonio Pettinelli. Dopo un rapido corso come motorista, si
arruolò a Firenze e il 28 dicembre 1936 giunse a Cadice con la Missione
Militare Italiana. Insieme al sergente Tieri e al caporalmaggiore Gattel, era
assegnato a una stazione radio al seguito dei falangisti. In questo modo
riusciva a passare informazioni al fronte repubblicano, presso cui era noto
con il soprannome di Gonzales.
Partecipò a moltissime battaglie, che annotò diligentemente al suo rientro in
Italia. Un itinerario bellico che lo aveva portato dal sud al nord del Paese,
da Malaga a Santander, e poi verso est, fino a Saragozza e a Barcellona.
Combatté anche nella celebre battaglia dell’Ebro, il più sanguinoso scontro
dell’intera guerra civile, nella seconda metà del 1938. E per tutto il resto
della vita, dopo la conversione, nutrì un profondo rimorso per le violenze
commesse contro la popolazione, e per aver tradito ripetutamente Iolanda.
A Saragozza, Bruno aveva stretto amicizia con Otto, un soldato tedesco
che nel tempo libero portava sempre con sé un libro sotto il braccio:
«Incuriosito, gli domando che cosa fosse, e lui mi risponde: ‘È la Parola di Dio’. Da questa
conversazione, pian piano, siamo andati a finire che mi catechizzava, mi parlava d’amore, di Gesù,
di vita eterna».
Un giorno, passeggiando, i due arrivarono sino alla basilica della Vergine
del Pilar, la patrona della città. Molti devoti erano schierati in processione
con stendardi e croci, per ringraziare la Madonna di aver preservato il
santuario dai bombardamenti. Bruno raccontò l’episodio con molto
trasporto:
«Nel sentire questo, mi entusiasmo e vado da Otto: ‘Entriamo in chiesa, è molto che non mi
confesso e non faccio la comunione. Tu mi hai persuaso nella verità’. Ma Otto si volta verso di me
con aria alquanto meravigliata e mi chiede: ‘Ti ho parlato qualche volta della Chiesa cattolica?’
‘No’ rispondo. Prosegue: ‘Ebbene, non te ne ho parlato perché io dentro quella sinagoga di Satana
non ci sono entrato mai. Non entro in quel teatro di burattini dove ci sono uomini che dicono di
essere inviati da Dio e sono nella falsità. Inventano tante cose stupide e le danno da bere al popolo
che, ignorante, ci crede e si perde’».

A Bruno queste frasi risultarono incomprensibili, per bocca di uno che gli
aveva detto di credere in Gesù Cristo:
«Ma come parli? Dici le stesse cose che sentivo in casa mia da ragazzo: bestemmie e insulti ai
preti, che chiamavamo bacarozzi».

E la spiegazione giunse subito:


«Io sono un protestante. Noi siamo contrari alle affermazioni della Chiesa cattolica, incominciando
dalla confessione, che è invenzione dei preti per fare la spia, e poi siamo contro la Messa,
l’Eucaristia, l’Immacolata...»

Fino alla rivelazione conclusiva:


«Lo sai chi è che paga questa guerra che noi stiamo combattendo? È la Bestia dell’Apocalisse, il
numero 666. Questa Bestia, che alimenta l’idolatria, che è responsabile dell’ignoranza dei poveri,
che procura la miseria alle genti e paga le guerre e rivoluzioni, sta a Roma, nel Vaticano. È il Papa,
che si siede sul trono di Dio mostrando se stesso, dicendo d’essere lui Dio».

Concluse Cornacchiola:
«Sentii un brivido dietro la schiena ed ebbi un pensiero assassino: ‘Se è lui il responsabile di tanto
male, io lo uccido’».

Qualche settimana più tardi, si ritrovò a Toledo:


«Entro in una bottega che vendeva coltelli e acquisto un piccolo e affilato pugnale, con manico
d’osso e foderina. Ci scrivo sopra con la punta del mio temperino: ‘A morte il Papa’; e dico dentro
di me: ‘Se mi capita l’occasione di incontrare la Bestia a Roma, giuro che salverò il popolo
dall’oppressore uccidendolo’».
Nel frattempo, un episodio sconcertante gli era accaduto durante un viaggio
di trasferimento:
«Un bambino in mezzo alla strada ci ferma: ‘Bombas... Camion...’ Capisco che c’è un camion che
sta andando a fuoco. Faccio fermare il nostro automezzo con sopra la stazione radio e scendo di
corsa. Vedo un camion italiano dal quale esce molto fumo. Salgo dalla sponda posteriore
dell’automezzo. Dentro vi sono tante bombe d’aereo. All’improvviso, seduta sul cruscotto del
camion, vedo una ragazza vestita di bianco che mi fa cenno con la mano di scendere. Salto dal
camion e grido all’automezzo con la stazione radio di fare marcia indietro, poi c’è una terribile
esplosione. Mi butto in una cunetta e così mi sono salvato».

Anni dopo, successivamente all’apparizione mariana del 1947, commentò:


«Riflettendo a quello che mi ha detto la Vergine – ‘Ti sono sempre stata vicina’ – ho pensato che
quella ragazza fosse un’anima o un angelo inviatomi dal Signore. Prima, invece, pensavo che fosse
una mia illusione».

Il 28 giugno 1939 ritornò in Italia e poté finalmente conoscere la figlioletta


Isola, nata il 30 dicembre 1936, al suo arrivo in Spagna. Il nome della
piccola gli era stato ispirato da quel viaggio per mare:
«Passando vicino all’isola di Maiorca dissi: ‘Si chiamerà Isola’; e così restò».

Purtroppo, l’incontro con la famiglia, la moglie Iolanda in particolare, non


fu lieto:
«Appena mi vede, mi salta al collo e tra le lacrime mi dice: ‘È la Madonna di Pompei che ti ha
fatto tornare a casa’. ‘Ma che stai dicendo? Io ci sono tornato da solo!’ ‘No, sono le preghiere che
io e Isolina abbiamo detto qui davanti al quadro della Madonna di Pompei’. E io: ‘Dobbiamo
distruggere tutte le immagini sacre, i rosari, i crocifissi. Bruciare subito tutti questi oggetti di
idolatria e di superstizione diabolica’. E incominciai ad aprire cassetti, a rovistare nei mobili
cercando qualsiasi oggetto religioso per distruggerlo e bruciarlo. Incominciai col quadro della
Madonna di Pompei, che gettai in terra calpestandolo e, dopo averlo frantumato, ne bruciai
l’immagine; poi staccai dalla parete un crocifisso di legno, che spezzai sulle ginocchia e, fattolo in
tanti pezzi, lo gettai nel secchio dell’immondizia».

Nel novembre del 1939 venne assunto come manovale nell’Azienda


autofilotranviaria di Roma: finalmente una paga sicura, anche se modesta,
per pulire ogni notte interno ed esterno degli autobus e dei tram utilizzati in
città. Subito dopo, prese in affitto il seminterrato – camera, cucina e bagno,
22 metri quadrati in totale – in via Modica 2, all’inizio di via Tuscolana. Di
qui, ogni domenica, si recava nella Chiesa evangelica battista di via Urbana,
situata a pochi passi da Santa Maria Maggiore, il più antico santuario
mariano d’occidente.
Con urla e schiaffi cercò più volte di convincere anche la moglie a
frequentare il culto protestante, ma Iolanda resisteva tenacemente, finché un
giorno gli disse:
«Senti, Bruno, io ti seguo se tu mi dimostri con i fatti che la Chiesa cattolica è falsa. Perché non fai
il primo venerdì dei prossimi nove mesi, confessandoti e comunicandoti? Se alla fine vorrai ancora
rimanere nella tua scelta, io ti seguirò; se invece il Signore ti avrà fatto cambiare idea, la farai finita
e tornerai nella Chiesa cattolica».

Cornacchiola accettò il patto con un solenne giuramento e praticò


fedelmente la devozione da febbraio a ottobre del 1940. Era l’epoca in cui
per comunicarsi occorreva restare digiuni dalla mezzanotte precedente:
nell’ultimo venerdì, non potendo andare a Messa al mattino, fu costretto a
digiunare per l’intera giornata!
Tuttavia, l’esercizio di fede non bastò a fargli cambiare idea:
«Veniamo al punto, Iolanda. Io mi sento sempre uguale e tu mi devi seguire».

E così, a poche settimane dalla nascita del secondogenito Carlo, i due


coniugi cominciarono a frequentare insieme il culto battista. Bruno fece
grande opera di proselitismo, convincendo diversi parenti e amici a
seguirlo. Dopo tre anni di frequenza, il 25 aprile 1943, giorno di Pasqua, lui
e la moglie ricevettero il battesimo dal pastore Vincenzo Veneziano, che gli
donò una Bibbia protestante, nella traduzione curata da Giovanni Diodati,
con la dedica che la definiva: «Libro di Dio che contiene il segreto di ogni
felicità terrena e la certezza della beatitudine celeste». A gennaio di
quell’anno, la famiglia si era intanto ampliata con la nascita di Gianfranco.
Successivamente ci saranno altri tre figli morti in fasce (Ester nel 1946,
Maria Ester nel 1948 e Mario nel 1949) e infine Luigi Maria nel 1952.
Dopo l’8 settembre 1943, durante l’occupazione nazista a Roma, Bruno si
aggregò al gruppo clandestino di Alberto Giacchini, senza partecipare
direttamente alla guerriglia partigiana, ma piuttosto svolgendo attività di
propaganda:
«Avevamo due contatti: uno nell’ufficio del suo lavoro di assicuratore in via La Spezia al largo
Appio e l’altro in casa mia in via Modica».

Quando venne a sapere che Giacchini era stato arrestato, il 17 gennaio


1944, corse a casa della moglie, in via Nomentana, per chiederle come
comportarsi:
«Scappa via, non sanno nulla di te e degli altri compagni, Alberto si è mangiato il pezzo di carta
con la lista dei nomi».

Cornacchiola gli serbò eterna gratitudine poiché era convinto che, in caso
contrario, anche lui sarebbe stato fucilato il 24 marzo 1944 alle Fosse
Ardeatine, come accadde a Giacchini.
Finita la guerra, Bruno chiese la tessera del Partito comunista italiano.
Come garante aveva Antonio Pettinelli, che così scrisse il 23 marzo 1946
sul retro della domanda d’iscrizione:
«Fo presente che il compagno Cornacchiola ha partecipato alle riunioni clandestine della sesta
zona con me e Mecaccioni. Ha ricevuto stampa e l’ha diffusa. Dopo la liberazione degli alleati fece
domanda al nostro Partito tramite la sezione Latino Metronio, che poi fu persa; per altre
circostanze non fu più possibile la sua iscrizione. Quindi testifico la sua buona condotta che è di
vera fede comunista».

Nella sala della Chiesa battista di via Urbana, frequentata dai Cornacchiola,
si riunivano anche i membri della Chiesa cristiana avventista del settimo
giorno, che prendevano parte allo studio comunitario della Bibbia ogni
sabato mattina, seguendo la prescrizione dell’Antico Testamento. Talvolta i
responsabili dei due culti organizzavano degli incontri di verifica in
comune:
«In uno di questi, trovai il pastore avventista Giovanni Cupertino più incisivo del mio, più
intransigente verso la Chiesa cattolica».

L’8 settembre 1945 Cornacchiola fece la nuova scelta:


«Volevo essere ferrato sulla verità e, per fare questo, lasciai la setta dei fratelli battisti e accettai
quella più forte, secondo me, degli avventisti».

In virtù della sua personalità energica, nel 1946 Cornacchiola fu nominato


direttore della Gioventù missionaria avventista del Lazio. In quel momento
la comunità era formata da una quindicina di persone. Meno di due anni
dopo, ne conterà centocinquanta, grazie alla vigorosa propaganda di Bruno
e alle generose donazioni di generi alimentari forniti dai confratelli
statunitensi.
In una di queste occasioni, nel pomeriggio del 17 marzo 1947,
Cornacchiola e il pastore Karl si ritrovarono a discutere animatamente con
una signora di nome Linda Mancini su temi teologici; la signora chiese
sostegno al francescano Bonaventura Mariani, docente di Sacra Scrittura
nel vicino ateneo pontificio ‘Antonianum’. Il dibattito si infuocò a più
riprese, con Bruno che sbottava contro il frate:
«Voi siete artisti e astuti; studiate per ingannare gli ignoranti, ma con noi che conosciamo la Parola
di Dio non potete fare nulla. Avete inventato tante stupide idolatrie e interpretate la Bibbia a modo
vostro».

Dopo quattro intense ore, venne posto termine al confronto. Padre Mariani
in seguito ricordò:
«Mentre ci eravamo alzati per andarcene a casa, le donne presenti dissero al Cornacchiola: ‘Tu non
sei tranquillo, si vede dallo sguardo’. E lui ribatteva: ‘Sì, io sono felice da quando ho abbandonato
la Chiesa cattolica’. Ma le donne insistevano: ‘Rivolgiti alla Madonna, lei ti salverà’; e gli
mostravano il rosario».

In effetti Bruno era turbato già da tempo, come aveva confidato al diario il
21 febbraio 1947:
«Sento nel mio cuore qualcosa nuova che non ho mai inteso. Vedo in me un forte mutamento di
carattere».

Un paio di mesi prima, mentre rientrava a casa dal lavoro, un appello aveva
preso forma nel suo cuore, preghiera e supplica insieme:
«Signore, il mondo perisce. Se ti serve una creatura per condurlo alla salvezza che tu ci hai dato,
eccomi, sono pronto. Inviami pure nel più profondo dell’inferno, ma adopera me per farti
conoscere, amare e servire. Sono poca cosa, ma con te divengo gran cosa. Accetta, Signore!»

Ma intanto non perdeva occasione di scatenare il proprio livore contro il


clero cattolico; incitava i figli a sputare addosso a ogni prete incontrato per
strada, e una volta provocò un serio incidente, facendo chiudere le porte di
un autobus mentre un sacerdote stava scendendo. Il poveretto cadde
fratturandosi le gambe, ma il destino volle che, dopo l’apparizione del
1947, una suora invitasse Bruno ad andare a trovare un sacerdote invalido:
«Gli domandai come si fosse fatto male e lui mi rispose che era avvenuto cadendo da un autobus in
piazza Gioacchino Belli. Lo guardai e gridai: ‘Padre, sono stato io, l’ho fatto apposta perché
odiavo i preti! Le chiedo perdono del misfatto commesso’. Mi benedisse, ci abbracciammo e ci
mettemmo a piangere tutti e due».

A un altro sacerdote, occupato a cercare nel portafogli i soldi per il


biglietto, riuscì a sottrarre la borsa di pelle nera, nascondendola sotto il
seggiolino:
«Quando si accorse del furto, mi chiese se avessi notato qualcosa. Gli risposi che avevo visto un
passeggero scendere con quella borsa in mano, ma avevo pensato che gli appartenesse».

Proprio con questa borsa, contenente la Bibbia del Diodati e un blocco per
appunti, Cornacchiola si recherà alle Tre Fontane per il fatidico incontro
con la Madonna.
2.

L'apparizione

Sabato 12 aprile 1947, invece di andare a lavorare, Bruno Cornacchiola


scelse di pagare una multa all’azienda presso cui era impiegato e di
partecipare al culto avventista: al termine dell’incontro, infatti, il pastore
avrebbe affidato a ciascuno dei partecipanti l’incarico di tenere, il giorno
seguente, una conferenza in un luogo pubblico di Roma. Bruno doveva
parlare in piazza della Croce Rossa contro i dogmi di Maria (in particolare
la sua concezione immacolata e la perpetua verginità), dimostrando la loro
infondatezza con citazioni dalla Bibbia. Tornò a casa per pranzare e poi uscì
con i figli: voleva portarli a Ostia, sulla spiaggia, per farli giocare mentre lui
avrebbe preparato il discorso. Iolanda, invece, era ridotta a letto a causa
dell’ennesimo violento litigio con il marito.
Ma arrivati alla stazione Ostiense, trovarono che il treno delle 14.30 era
appena partito e il successivo non ci sarebbe stato prima di un’ora. Bruno
pensò allora a un luogo nella periferia meridionale di Roma, all’inizio di via
Laurentina, dove andava da ragazzino: la collinetta delle Tre Fontane, con
un fitto bosco di eucalipti e numerose piccole grotte.
Era una zona ricca di suggestioni spirituali, a cominciare dal nome che
risale al martirio dell’apostolo Paolo, decapitato nel 67 dopo Cristo:
secondo la tradizione, la testa mozzata rimbalzò tre volte e dal terreno
scaturirono tre sorgenti d’acqua. Due secoli e mezzo più tardi, in quello
stesso luogo furono uccisi oltre diecimila legionari romani convertiti al
cristianesimo, durante la persecuzione di Diocleziano, e sempre lì, a metà
del XII secolo, venne costruita l’abbazia dei santi Vincenzo e Anastasio,
affidata ai trappisti. All’interno del complesso monastico c’è anche la
chiesa di Santa Maria Scala Cœli, in ricordo della visione che san Bernardo
di Chiaravalle ebbe nel 1138, mentre celebrava una Messa per i defunti: una
scala lungo la quale, in un continuo andirivieni, gli angeli conducevano in
paradiso le anime liberate dal purgatorio.
Quando giunsero sul posto, un po’ dopo le 15, trovarono soltanto una
coppietta che si stava allontanando. Una scena curiosa attirò all’improvviso
la loro attenzione:
«C’è un serpente, inseguito da un topo che gli mordeva la coda. Noi lo seguiamo per un pezzo di
strada. Improvvisamente il serpe si ferma, è dissanguato, e il topo lo mangia ancora vivo».

Arrivarono quindi su un pianoro punteggiato di massi e circondato da


cespugli di rovi e di piante selvatiche. Poco più avanti c’era una piccola
grotta, larga e bassa, dall’imboccatura quasi completamente ricoperta da
piante di ginestra.
«Faccio un giro d’esplorazione per controllare che non ci siano persone malintenzionate o bestie al
pascolo. Siamo soli, è tutto tranquillo. Vado a guardare dentro la grotta per vedere se c’è qualche
pericolo: è buia, puzzolente, piena di porcherie e di erbacce. Dico ai bambini di non allontanarsi,
perché li voglio vedere e controllare».

Gianfranco si sedette all’ombra di un eucalipto con un giornalino, accanto a


suo padre che a sua volta si immergeva nella consultazione della Bibbia;
Isola e Carlo intanto giocavano al tamburello con tanto di racchette di legno
e una palla rossa.
«Pèrdono la palla e mi chiamano per ritrovarla. Smetto di scrivere, la rintraccio e il gioco
prosegue. Non voglio che la perdano ancora e mi metto a giocare con loro. Isola si mette con le
spalle davanti alla scarpata. Le tiro la palla, adagio, ma la piccola sfera s’impenna e prosegue forte
e veloce con una traiettoria non mia, quasi lanciata da un’altra mano, sparendo dietro i cespugli».

Isola e Carlo partirono alla ricerca della palla, ma poco dopo tornarono a
mani vuote. Allora Bruno raccomandò a Gianfranco di non muoversi e andò
con Carlo a rovistare lungo la scarpata, mentre Isola si mise a raccogliere
qualche fiore da portare alla mamma. Ogni tanto il papà chiamava
Gianfranco, e per due o tre volte il piccolo rispose. Ma al nuovo richiamo
non ci fu replica:
«Mi preoccupo, perché Gianfranco ne combinava sempre una delle sue. Un giorno lo presero fra i
binari, mentre il treno stava per sopraggiungere. Un’altra volta me lo portarono tutto insanguinato,
con due profonde ferite sul mento e sulla fronte: era caduto dal muro della scuola ‘Augusto’, sopra
delle latte arrugginite. Lo portai all’ospedale San Giovanni e gli misero dieci punti di sutura».
Cornacchiola risalì rapidamente verso la grotta e là davanti, sul lato sinistro,
vide il bambino inginocchiato con le mani giunte e gli occhi fissi nel buio,
mentre ripeteva meccanicamente, in estasi: «Bella Signora, Bella
Signora...»
(Esattamente allo stesso modo avevano descritto la Madonna i ragazzi
veggenti di La Salette nel 1846, Bernadette Soubirous a Lourdes nel 1858 e
i tre pastorelli di Fatima nel 1917. E per giunta, Gianfranco raccontò in
seguito che la Bella Signora lo aveva preso per mano mentre era seduto
sotto l’albero e lo aveva condotto verso la grotta.)
Come era prevedibile, Cornacchiola si arrabbiò perché il piccolo stava
imitando la preghiera cattolica, laddove gli avventisti pregano in piedi e
senza unire le mani. Disse a Isola: «Non voglio che giocate alla ‘Bella
Signora’» ma lei replicò di non conoscere un simile gioco.
«Detto questo, la bambina fa per allontanarsi, si ferma, si volta verso la grotta e lascia cadere il
mazzolino di fiori. Si inginocchia alla destra di Gianfranco, unisce le mani in atteggiamento orante
e fissa un punto della grotta ripetendo anche lei ‘Bella Signora’. Penso allora che hanno deciso di
prendermi in giro, do un leggero scappellotto a Carlo e gli dico di andare a giocare anche lui. Mi
risponde stizzito: ‘Papà, questo gioco io non lo so fare’. Ha appena terminato la frase, che si ferma.
Non ha fatto due metri, che si gira anche lui, avanza verso la grotta, s’inginocchia alla destra di
Isola e comincia a ripetere con i fratellini ‘Bella Signora...’ Sembrava che avessero ingoiato un
disco di grammofono, ripetendo sempre la stessa parola in continuazione».

L’ira di Cornacchiola giunse al culmine. Si avvicinò a Carlo, il più a portata


di mano, lo prese sotto le ascelle e con un’imprecazione cercò di sollevarlo:
ma il bambino era diventato pesantissimo, come un blocco di pietra
conficcato nel terreno. La medesima cosa accadde con Isola e con
Gianfranco:
«Bianchissimi, quasi trasparenti, le pupille dilatate e lo sguardo fisso. Impossibile spostarli di un
solo millimetro. Guardo nella grotta. Penso: ‘Forse era una tana di streghe? Oppure c’è il diavolo?
O qualche prete che ci fa uno scherzo per metterci paura?’ Entro e con i pugni chiusi grido: ‘Ma
chi c’è qui dentro? Su, esci, vieni fuori’. Ma la grotta è buia, vuota, non c’è nessuno. Più cercavo e
più la paura mi invadeva. Esco fuori e i bambini sono sempre nella stessa posizione. Li chiamo
piangendo: ‘Isola, Carlo, Gianfranco, belli di papà, su alzatevi!’ Ormai lo spavento mi stava
paralizzando. Nel mio subcosciente dicevo: ‘Speriamo che sto sognando’».

Dal cuore gli scaturì, improvvisa, un’invocazione: «Dio, salvaci tu». Si


mise a correre da una parte all’altra, in cerca di aiuto, poi si fermò e scoppiò
in lacrime, con le mani nei capelli.
«Vedo venire da dentro la grotta due mani bianchissime in direzione dei miei occhi. Le dita si
accostano lentamente, ma inesorabilmente, mi toccano gli occhi e sento che qualcosa mi viene
strappato, come delle croste che cadono. Anch’io, come i miei figli, sono inginocchiato e con le
mani giunte; ed entra dentro di me una vera pace, una tranquillità, una gioia indescrivibile, mai
provata. I bambini li sentivo ancora, ma come una cosa lontana, una fioca eco. Ecco che un velo mi
si apre davanti, un sipario trasparente che si va man mano aprendo. Poi vedo, da dentro il buio
della grotta, una piccola luce che si va sempre più ingrandendo. È sempre più forte, come se il sole,
mille soli, sfolgoranti d’intensa luce, fossero entrati nella grotta, facendo scomparire tutto. E io mi
sento leggero, libero dal peso della carne e avvolto in una luce che non è quella che noi uomini
conosciamo. In mezzo a questa luce soprannaturale vedo un masso di tufo. Sollevata in aria, sopra
quel masso, vedo, con stupore ed emozione che appena si possono sopportare, una figura di Donna
di paradiso.
«Il colorito del viso è bruno chiaro, tipo orientale. Poggiato sulla testa ha un manto verde, come il
colore dell’erba dei prati a primavera. Il manto le scende lungo i fianchi sino ai piedi nudi. Da sotto
il manto verde si intravedono i capelli neri con la scriminatura al centro. Ha un vestito
bianchissimo e lungo, con maniche larghe, chiuso al collo. I fianchi sono cinti da una fascia rosa,
con due lembi che le scendono a destra, all’altezza del ginocchio. Ha l’apparente età di una
giovane di venti/venticinque anni e l’altezza di un metro e sessantacinque».2

La ‘Bella Signora’ teneva nella mano destra, all’altezza del petto, un libro
dalla copertina color cenere, mentre con la sinistra indicava verso i suoi
piedi, dove c’erano un drappo nero simile a una tonaca aggrovigliato in
terra e pezzi di un crocifisso, il medesimo che Cornacchiola aveva
frantumato in casa al rientro dalla Spagna nel 1939, ammucchiati di lato.
Poi coprì con la sinistra la mano che teneva il libro e iniziò a parlare. Parlò
per circa un’ora, fra le 16 e le 173: «Mi dice tante cose, che incominciano
con ‘Sono’ e finiscono con ‘Amore’».
Durante il discorso ella «si mostrò al principio come una mamma che
rimprovera amorevolmente il proprio figlio; per tutto il resto della visione il
suo viso era atteggiato a un sorriso piuttosto mesto». Terminato di parlare,
la Vergine della Rivelazione – così la ‘Bella Signora’ si era presentata –
rivolse un ultimo sguardo e un sorriso materno ai quattro veggenti,
indietreggiò, si inchinò leggermente verso di loro, quindi si girò alla sua
sinistra e si allontanò in direzione di San Pietro.4
Alla fine dell’apparizione, Bruno si sentì ritornare alla realtà e
contemporaneamente vide Carlo che correva verso il fondo della grotta
gridando: «Papà, ancora se vede er vestito verde, adesso lo piglio». Il
bambino corse con le braccia tese in avanti, urtò contro la parete, poi tornò
indietro piangendo: «Se n’è annata e io me so’ fatto male alla mano.
Guarda!» Bruno chiese se fosse stato un sogno, ma Isola disse di averla
vista anche lei, la ‘Bella Signora’; e Gianfranco aggiunse: «E pure io.
Masticava la gomma americana e faceva il compito».
(Così il più piccolo aveva interpretato il movimento delle labbra della
donna – poiché i tre bambini non avevano udito nulla del suo discorso – e il
libro che teneva in mano!)
La prima reazione fu quella di ripulire la grotta. Così, utilizzando alcuni
rami di ginestra, i quattro si misero a spazzare tutt’intorno, gettando le
immondizie nella scarpata:
«La polvere che si alzava odorava di un profumo misto, sembrava che tutti i fiori del mondo si
fossero dati convegno in quel punto. Ogni angolo era una sorgente di profumo. Con nostra grande
meraviglia, dopo pulito dentro e davanti alla grotta, la palla che avevamo perduto era là, dinanzi
all’imboccatura».

Isola prese i fiori che le erano caduti dalle mani nel momento
dell’apparizione e li depose sopra il masso di tufo dove la Vergine aveva
posato i piedi. Bruno incise con la chiave di casa alcune parole sul lato
esterno della grotta, poi cancellate dal tempo: «Luogo santo. Qui è apparsa
a me e ai miei bambini, convertendomi, la Vergine della Rivelazione. Oggi
12 aprile 1947, Cornacchiola». Quindi siavviò con i figli verso l’abbazia dei
trappisti, a un chilometro di distanza lungo la discesa della via Laurentina.
All’ingresso in chiesa, l’orologio affisso alla parete dell’altare segnava le
17.40. La famiglia si inginocchiò nel primo banco a destra; Bruno indicò ai
figli il tabernacolo e disse loro:
«Ricordate che vi dicevo che Gesù nell’Eucaristia, in quel pezzettino di pane bianco, non c’era?
(…) Ebbene, adesso mi sento di dirvi che Gesù è là, è presente, è reale!»

Isola prese coraggio e propose di pregare; Bruno concordò, ma non


ricordava nemmeno una preghiera. Allora la bambina, che frequentava il
catechismo a scuola perché si vergognava di consegnare il bigliettino con
cui il padre disponeva di esonerarla da quell’insegnamento (e per questa
ragione aveva preso un sacco di botte dal genitore), disse di sapere l’Ave
Maria; così tutti pregarono insieme, commossi.
Al rientro a casa, Cornacchiola si raccomandò che i bambini non
parlassero a nessuno di quanto era accaduto. Ma ovviamente, non appena
incontrarono altri bambini del palazzo cominciarono a gridare di aver visto
la Bella Signora alle Tre Fontane. La portinaia e una vicina chiesero subito
cosa fosse successo, ma soprattutto Iolanda. Bruno fece rientrare in casa la
moglie e una volta entrati le si gettò ai piedi e proruppe fra le lacrime:

È
«Quello che ti ho insegnato contro la Madonna è tutto falso. È vero quello che i bambini dicevano,
abbiamo avuto una apparizione in una grotta alle Tre Fontane. Perdonami, Iolanda, di tutto il male
che ti ho fatto, di tutti i maltrattamenti da me ricevuti».

Quel gesto sbalorditivo convinse Iolanda del profondo cambiamento


avvenuto nel marito; si inginocchiò al suo fianco, lo abbracciò, rimasero
entrambi a lungo in preghiera.
Il giorno dopo, al lavoro, Bruno era tormentato dal ricordo e dal
significato dell’evento vissuto. La Vergine gli aveva fatto una promessa:
«A te, per fortificare di certezza il tuo cuore, eccoti un segno, che servirà per gli altri increduli. A
ogni sacerdote, a me molto caro, che incontrerai per il cammino e il primo nella chiesa, dirai:
‘Padre, debbo parlarle’. Se egli risponderà con queste parole: ‘Ave Maria, figliolo, cosa vuoi?’ e ti
indicherà un altro sacerdote dicendoti: ‘Quello fa per il caso tuo’ tu non tacere di ciò che vedi e
scrivi. Sii forte, questo sacerdote è già preparato per tutto quello che deve fare, sarà colui che ti
farà rientrare nell’Ovile santo dell’Iddio vivente nei secoli, Corte celeste in Terra. Dopo di ciò, non
crederai che sia una visione satanica».

Cornacchiola prese alla lettera le parole della visione, e sin da quella prima
mattinata prese a rivolgersi a ogni prete che incontrava, anche a quelli che
salivano sul tram: «Padre, debbo parlarle». Nessuno però gli dava la
risposta che attendeva: «Ave Maria, figliolo, cosa vuoi?» Così lui chiedeva
scusa, spiegando di essersi sbagliato.
Le reazioni erano diverse: alcuni gli dicevano in faccia che era matto, altri
si lagnavano di venire disturbati, altri ancora addirittura lo insultavano.
Decine di approcci ogni giorno, e a sera tornava a casa sempre più triste e
sfiduciato.
«Iolanda, comincio a dubitare» diceva a sua moglie, ma lei lo rincuorava:
«Cerca, cerca, e vedrai che lo troverai, il sacerdote».
Praticamente però era l’unica a incoraggiarlo. La voce aveva cominciato a
spargersi nella cerchia della comunità avventista; infatti, il 14 aprile, due
giorni dopo l’accaduto, il pastore Karl andò a trovarlo a casa per dirgli che
era stato vittima di una macchinazione del demonio, e sull’altro fronte gli
ormai ex compagni comunisti lo prendevano in giro perché non
bestemmiava più.
Il 28 aprile la situazione si fece drammatica:
«Non mangiavo più, dimagrivo a vista d’occhio. Mi arrabbiavo, dicevo ai bambini: ‘Ci siamo
ingannati’. Non sapevo più cosa fare e mi viene in mente un pensiero terribile: uccidere tutti e farla
finita con le umiliazioni e i sorrisetti sarcastici rivolti verso di me. Dopo sedici giorni di dolori,
dubbi e tormenti, credendomi ormai finito e pazzo, piangendo dico a Iolanda, dopo aver preso il
piccolo pugnale col manico d’osso con sopra scritto ‘A morte il Papa’: ‘Io non ne posso più, ho
deciso di sterminare la famiglia’. E Iolanda: ‘Sei stato nella chiesa di Ognissanti? Là tutti ti
conoscono. Hai cacciato via sempre i sacerdoti che venivano a benedire casa, prendendoli a spinte
e con parole volgari. Hai sempre fatto propaganda davanti alla porta della parrocchia. Chissà se
non è volontà di Dio e della Madonna che è proprio là l’incontro con il sacerdote che fa per te?
Vai, dammi retta!’ ‘Va bene, Iolanda, ancora una volta ti voglio dare ascolto. Vado, ma se non
trovo quello che devo trovare, preparatevi tutti, perché faccio un’ecatombe qui dentro’».

Bruno si recò alla chiesa di Ognissanti, su via Appia nuova, fondata


direttamente da san Luigi Orione e consacrata nel 1920.5 Giunse verso le
nove e trenta e fronteggiò il grande crocifisso ligneo in atto di sfida:
«Lo guardo, tocco il pugnaletto che avevo con me e dico: ‘Gesù, non ho più speranza, o incontro il
sacerdote oppure divento ateo. Ma prima ti stacco pure a te, poi tutto è finito’».

In quel momento, il parroco di Ognissanti, don Silvio Ferretti, e un


confratello uscirono dalla canonica. Cornacchiola si voltò istintivamente
verso il muro per non farsi riconoscere: troppe volte il reverendo lo aveva
sentito scagliarsi a gran voce contro la dottrina cattolica, all’uscita dei fedeli
dalla Messa, perché tra loro corresse buon sangue. Ma poco dopo, quando
ormai aveva deciso di andarsene, passò frettolosamente un prete basso e
snello, don Albino Frosi. Bruno lo prese per la manica e gli rivolse la
formula consueta: «Padre, debbo parlarle». Ma invece di una risposta
inadeguata o aggressiva, stavolta il prete pronunciò il tanto atteso: «Ave
Maria, figliolo, cosa vuoi?»
Il dialogo proseguì:
«‘Padre, io sono un protestante che ha avuto un fatto soprannaturale e devo rientrare nella Chiesa
cattolica’. Mi mette una mano sopra la spalla e mi indica dentro la sacrestia dicendomi: ‘Vede quel
sacerdote che si sta spogliando dai paramenti?’ ‘Sì, padre, lo vedo’. ‘Ebbene, vada da lui perché
quello fa per il caso suo’. Mi da del ‘tu’ pronunciando le parole della Vergine, e poi parlando mi da
del ‘lei’: ho notato, dopo il fatto, questa differenza che mi piace molto, a testimonianza che il fatto
stesso è miracoloso e viene dal Cielo».

Cornacchiola entrò in sacrestia, si inginocchiò dinanzi a don Gilberto


Carniel e gli raccontò rapidamente ciò che gli era accaduto. Il sacerdote gli
disse che avrebbe dovuto frequentare una catechesi insieme a sua moglie e
gli diede appuntamento per l’indomani.
Per una settimana entrambi parteciparono al corso. Il 6 maggio don
Carniel si recò a casa Cornacchiola, dove Bruno e Iolanda si confessarono e
poi, con la mano destra sulla Bibbia, lessero e sottoscrissero la formula
dell’abiura al protestantesimo.
In serata Bruno entrò da solo nella grotta:
«Mi metto in preghiera e all’improvviso la Vergine, sullo stesso tufo, raggiante e sorridente, mi
guarda e fa segno con la testa, come a dire ‘sì’, facendola oscillare avanti e indietro, ed è andata
via. Profumo sempre forte: la grotta ne è impregnata. Tutto è gioia nel mio cuore».

L’indomani i due coniugi tornarono insieme a Sant’Elena, la chiesa del loro


matrimonio, per partecipare alla Messa e ricevere l’Eucaristia. Il 18 maggio,
con una grande festa in parrocchia, vennero celebrate la prima comunione e
la cresima di Isola, il battesimo di Gianfranco e una benedizione a Carlo
(che Iolanda aveva già battezzato segretamente alla nascita). A celebrare la
Messa fu il noto gesuita Virginio Rotondi, cappellano dei tranvieri, che
aveva riunito molti di loro per l’occasione. Erano tra l’altro credenti fra i
quali in precedenza Cornacchiola aveva fatto proseliti per la Chiesa
avventista.
Intanto, la notizia della conversione si diffondeva rapidamente: «Mi
promettono botte. Dio aiutami. I compagni mi odiano, così i protestanti»
annotò l’11 maggio sul diario. Sia gli uni che gli altri, infatti, si sentivano
traditi. Ma la decisione di Bruno era irrevocabile:
«Tutte le persecuzioni che mi facevano i compagni, le ipocrisie dette da certa gente di salotto, le
menzogne che pronunciavano i fratelli separati, che mi stanno sempre a cuore per l’unità alla
verità, gli insulti, gli schiaffi nei depositi, gli scherzi da parte di malintenzionati che mi arrecavano
danno al servizio, i pugni che mi costringevano a stare ammalato per vari giorni a letto, gli attentati
che ho ricevuto non mi facevano desistere dalla via intrapresa».

A metà maggio Bruno venne avvicinato da don Mario Sfoggia, della


parrocchia di Ognissanti, che gli domandò il permesso di accompagnarlo un
giorno alla grotta. L’incontro fu fissato per il 23 maggio. Ci sarebbe dovuto
essere anche Luciano Gatti, un amico che il sacerdote stava aiutando nella
conversione, che però tardò all’appuntamento; quindi don Mario e
Cornacchiola si avviarono alle Tre Fontane. In ginocchio, a due metri dal
masso di tufo sul quale i fiori deposti da Isola apparivano ancora freschi,
cominciarono a recitare il rosario. Completati i misteri dolorosi,
proseguirono con quelli gloriosi, con l’intenzione «perché qui trionfi la
Vergine». E poco dopo ella si presentò, sorrise, fece un inchino e si
allontanò lungo la stessa strada percorsa il 12 aprile.
Don Sfoggia prese a gridare: «Mi dica, è venuta, vero?»
Bruno rispose, emozionato: «Sì, padre, è venuta, ha sorriso ed è andata
via».
E il sacerdote:
«L’ho intesa, sai Bruno? Scusa se ti do del tu, ma è più facile per comprenderci. Non l’ho vista,
però l’ho intesa. Ho visto il tuo viso in estasi. Ho sentito dei brividi per tutta la persona, come se
avessi toccato un filo elettrico, ho sentito la sua presenza. Sì, è vero che l’hai vista il 12 aprile. Sì,
mio caro Bruno, è vero. Senti che profumo? Finiamo il santo rosario».

Terminata la recita di tutti i misteri del rosario, don Sfoggia cominciò a


entrare e a uscire dalla grotta, respirando con forza. Alle domande
incuriosite di Bruno rispose che stava cercando di capire se si trattava del
profumo degli eucalipti, ma più lo percepiva più si convinceva che fosse
profumo lasciato dalla Vergine.
In quel momento li raggiunse Luciano Gatti. Don Sfoggia gli chiese di
entrare nella grotta e di dirgli la sua impressione: il giovane confermò
l’aroma di fiori.
A quel punto il sacerdote si voltò verso Cornacchiola e lo abbracciò:
«Bruno, debbo dirtelo. Non so quello che provo, ma mi sento legato a te da una forza misteriosa».

Lui ne fu come folgorato. Nel messaggio del 12 aprile, infatti, la Vergine gli
aveva fatto un’altra promessa:
«Tu porterai queste cose alla Santità del Padre, al tempo che ti sarà rivelato da un sacerdote che
sarà tua guida. Io te lo mando a tempo opportuno, lo riconoscerai che si sentirà legato a te
confessandotelo».6

Il 27 maggio un sintetico rapporto fu inviato al capo della Polizia dal


questore di Roma:
«Nel tardo pomeriggio di ieri nella zona dell’Eur si sparse la voce che un certo Cornichioli (sic!)
Bruno, pare protestante, sinora non identificato, mentre giocava con dei bambini, pare suoi figlioli,
nel boschetto di eucalipti di detta mostra, avrebbe vista la santissima Vergine seduta su di una
pietra tufacea, in una specie di grotta ivi esistente. Pertanto i fedeli locali si sono recati sul luogo
per rendere omaggio alla Vergine».

Gli agenti del commissariato di San Paolo eseguirono un sopralluogo e


sequestrarono un foglietto di carta, che Cornacchiola aveva attaccato il 23
maggio con un chiodo alla parete d’ingresso della grotta. Il testo vibra
tuttora delle emozioni provate dal veggente:
«In questa grotta, con i bimbi, mi è apparsa, il 12 aprile 1947, la Madre divina, rimproverandomi
perché la perseguitavo, essendomi fatto nemico di Dio, militando nelle sette protestanti. Mi invita
amorosamente a rientrare nella Chiesa cattolica, apostolica, romana, promettendo benedizioni e
guarigioni a tutti coloro che con fede entrano o si aspergono di questa terra benedetta, e pregare
molto per l’incredulità. Amatevi – disse – e noi amiamoci sempre per il bene di tutto il mondo.
Cornacchiola Bruno».
Anche Luciano Gatti non riuscì a trattenere i sentimenti che provava e
raccontò la propria esperienza ad amici e conoscenti. Fra questi c’era il
giornalista Giulio Locatelli che il 31 maggio diede notizia dell’apparizione
su Il Giornale d’Italia, con il titolo: «Un pastore protestante vede la
Madonna e con la famiglia si converte al cattolicesimo».
Nell’articolo scriveva fra l’altro:
«Sappiamo che il Cornacchiola era pastore della sua setta per Roma e per il Lazio e che portava un
odio mortale contro il cattolicesimo e la Madonna».

Analoghi articoli uscirono in contemporanea su Il Messaggero («La Vergine


sarebbe apparsa in una grotta delle Tre Fontane») e su L’Ora d’Italia («La
Madonna appare in una grotta a un pastore protestante e ai figli»).
Anche per questo motivo la reazione da parte protestante fu durissima. Su
Unione Evangelica del luglio successivo apparve:
«Oggi a Roma, nella grotta del miracolo alle Tre Fontane, è la volta di un ex protestante che,
ritornato al suo vomito, serve a meraviglia per far parlare i giornali e far accorrere sul masso, dove
la Vergine gli sarebbe apparsa, il popolino osannante e superstizioso».

E, in ogni caso, ci furono nette prese di posizione a riguardo del desiderio di


uccidere il Papa, espresso in precedenza da Cornacchiola. Scriverà, ancora
nel gennaio 1950, il pastore avventista Giuseppe Cupertino:
«La Chiesa avventista, come si sa, è in disaccordo con la Chiesa cattolica su questioni dogmatiche
e dottrinali. Ma sarebbe fare violenza alla pura verità cercando di far credere che i progetti del neo-
convertito (Cornacchiola, N.d.A.) sarebbero stati suscitati durante la sua permanenza di un anno e
mezzo nella Chiesa avventista».

Polemiche roventi si ebbero in seguito anche sul versante politico,


considerando l’aspra contesa che ci fu nel 1948 tra la Democrazia Cristiana
e il Fronte Popolare per le elezioni del 18 aprile. Il 20 luglio seguente, il
quotidiano socialista Avanti! informò così i suoi lettori:
«Il 18 aprile è passato, le popolazioni credule hanno votato D.C. e a poco a poco vengono
smobilitate le Madonne e i santi che possono finalmente riposare e non sono più costrette a
muovere occhi o arti vari in funzione elettorale. Oggi, soddisfatta la sete di prepotere dei clericali
nostrani, la sconfessione della grotta delle Tre Fontane appare per lo meno tardiva».

E costrinse il generalmente compassato quotidiano della Santa Sede


L’Osservatore Romano a replicare sarcasticamente, il 22 luglio, che l’
Avanti!
«Si sarebbe risparmiata questa nuova e non proprio necessaria prova della sua attitudine a dare
notizie alla leggera, quando gli bastino al pretesto per colpire le autorità ecclesiastiche, se, meglio
informato, avesse saputo che la grotta delle Tre Fontane, sebbene munita di cancello, non è stata
chiusa affatto».

Poco più di un anno dopo l’apparizione, l’8 settembre 1948 (nella festa
della Natività della beata Vergine Maria), Cornacchiola pose nella grotta
una lapide commemorativa dai toni appassionati, firmandosi «il minimo di
tutti voi che leggete».7
Verso la metà di giugno del 1947, Cornacchiola e i tre figli erano stati
chiamati a deporre dinanzi a una commissione del Vicariato di Roma
(all’epoca situato in via della Pigna), composta dai monsignori Pietro
Mattioli (presidente del tribunale), Guglielmo Giaquinta (promotore di
giustizia) e Augusto Cecchi (cancelliere). Dopo che ebbe narrati i fatti
accaduti il 12 aprile, Bruno ricevette una curiosa domanda dal presidente:
«Ha mai pensato se fosse il diavolo che le è apparso?»

A cui rispose:
«Be’, se quello che mi è apparso per dirmi di ritornare nella Chiesa cattolica è il diavolo, allora si è
convertito e non c’è più bisogno della Chiesa, l’inferno è chiuso, il combattimento fra Cristo e
Satana non c’è più: dunque voi non servite più, chiudete tutto e andate via. Se invece non si è
convertito e mi ha mandato da voi, vuol dire che siete d’accordo con lui: allora io stavo bene fuori,
come stavo!»

La medesima irriverenza che un giorno gli costò uno schiaffone da padre


Riccardo Lombardi dopo un vivace scambio:
«Come va la conversione, Bruno?»
«Malgrado voi, va bene».
«Come, malgrado noi?»
«Resto convertito proprio malgrado voi, visti da vicino!»

Di grande tenerezza risultò invece la testimonianza del piccolo Gianfranco,


che i giudici dovettero rincorrere con le caramelle per tutta la stanza per
riuscire a intervistarlo:
«Che cosa hai visto?»
«Ho visto una donna».
«E come era questa donna?»
«Bella!»
«Ma come noi?»
«No, bella, più bella!»
«Come quella statua là?»
«Ma che statua, era de ciccia».

Queste parole impressionarono positivamente sia Cecchi («Questa


definizione vuol dire che è autentica apparizione»), sia Giaquinta («Il mio
giudizio fu di credibilità, soprattutto per la testimonianza ingenua di quel
bambino»).
Dopo qualche settimana, alle 2 di notte del 22 luglio 1947, un’automobile
del Vaticano andò a prelevare Bruno a casa. Accompagnato da don Sfoggia,
salì nell’appartamento di Pio XII, dove erano presenti i gesuiti Virginio
Rotondi, Riccardo Lombardi e Felice Cappello, che qualche settimana
prima avevano potuto leggere il messaggio del 12 aprile dietro esplicita
autorizzazione pontificia. Il veggente confidò poi al suo diario:
«Ero emozionato e ho letto il messaggio, lasciandolo al Papa, che pianse nell’ascoltarlo. Ci fu detto
a tutti con giuramento di non parlare. Madre cara, è un segreto, ma i posteri devono sapere».
3.

Il messaggio

Quel quaderno con le parole della Vergine, che Cornacchiola consegnò a


Pio XII, attualmente si trova «in uno di quegli archivi che sono come un
pozzo profondissimo e oscuro, nel fondo del quale le carte cadono e
nessuno può vederle più», come plasticamente disse il cardinale Alfredo
Ottaviani, quando era responsabile del Sant’Uffizio, facendo riferimento al
terzo segreto di Fatima.
Il testo fino a oggi non era mai stato reso noto, né si è a conoscenza
dell’eventualità che qualche altro Pontefice, dopo papa Pacelli, ne abbia
preso visione, nonostante la drammaticità del contenuto. Tuttavia, nei primi
anni dopo l’apparizione, in diverse testimonianze orali, il veggente offrì
taluni indizi sulle parole della Vergine, lasciando intuire alcune tematiche
del messaggio. In particolare, i concetti iniziali più significativi furono da
lui così sintetizzati:
«Sono colei che sono nella Trinità divina. Sono la Vergine della Rivelazione. Tu mi perseguiti, ora
basta! Entra nell’Ovile santo, Corte celeste in Terra».

In un misterioso intreccio di anime mistiche, anche suor Raffaella Somma,


delle Maestre Pie Filippini della scuola di via Laurentina, ascoltò in sogno
la medesima frase. L’occasione di parlarne con Cornacchiola si presentò il 6
giugno 1947, quando lui andò a far visita ai figli che erano stati trasferiti in
quell’istituto per sottrarli alla confusione e alla pressione a cui era
sottoposto il padre. In quel momento, Bruno ricordò una frase che la
Madonna gli aveva detto nell’apparizione del 30 maggio:
«Vai dalle mie care figliole, le Maestre Pie Filippini, e di’ loro di pregare per l’incredulità del
mondo e per gli increduli del rione».
Quel giorno l’uomo era subito andato a suonare al campanello delle suore,
ma era tardi e non aveva ricevuto risposta. Quando, il 6 giugno, lo riferì alla
superiora Anna Sisti, questa avvertì suor Raffaella Somma; e lei raccontò di
aver fatto un sogno nel quale la voce di un predicatore le aveva spiegato,
parola per parola, quelle frasi dette dalla Vergine, che all’epoca non erano di
pubblico dominio. Confrontò con Cornacchiola il brano e la spiegazione,
che aveva annotati su un libretto, e trovò che coincidevano in modo
impressionante all’esperienza di Cornacchiola. Ma qualche mese dopo,
quando la suora fu convocata dal Sant’Uffizio per riferire quanto le era
accaduto, il libretto era scomparso e lei non poté esibirlo a riprova delle sue
parole.
Successivamente la vicenda prese una piega inattesa. Suor Somma aveva
profetizzato che sarebbe stata ricoverata in manicomio (lo fu, ma poi venne
dimessa in quanto perfettamente sana di mente), che sarebbe morta di
cancro (colpita dalle metastasi, morì il 18 febbraio 1949, a 39 anni d’età) e,
incredibile a dirsi, che sarebbe stata seppellita nel cimitero dei trappisti
(così accadde, per espresso ordine del Vaticano, e risulta sia l’unico caso al
mondo di una donna sepolta in un luogo di stretta clausura maschile).
Alla sua morte, del libretto ancora non si trovarono tracce. Ma nel 1950
Bruno fu invitato a tenere una conferenza ad Assisi, alla presenza di molti
frati francescani. Al termine, uno di loro lo avvicinò dicendogli di
conoscere già le parole attribuite dal veggente alla Vergine, perché le aveva
lette in precedenza su un quadernetto trovato tempo prima dinanzi
all’abbazia delle Tre Fontane; un quadernetto che lui stesso aveva affidato a
un confratello, bibliotecario nel Centro internazionale della Milizia
dell’Immacolata, in via San Teodoro a Roma. Cornacchiola riuscì a
recuperarlo e lo consegnò al Sant’Uffizio, non prima di averne comunque
fatto una copia, della quale si trovano qui di seguito i principali brani, finora
inediti.
• Sono colei che sono: manifesta «la confermazione esplicita di tutti i titoli,
verità e dogmi rivelati, e non rivelati, riguardanti la Vergine santissima», fa
comprendere «l’esistenza della Vergine nel tempo, l’azione della Trinità
nell’incarnazione, la sua maternità divina», indica «la continuità dell’azione
della Trinità nella redenzione, mediazione e santificazione dell’umanità nel
tempo, per l’eternità», è «l’affermazione esplicita dell’esistenza spirituale di
Maria dall’eternità, nell’unità della Trinità, e del culto mariano nell’integrità
della fede, contro ogni formalismo di setta, d’eresia e di partito»;
• nella Trinità divina: in queste parole «possiamo considerare, ma non
comprendere, la fusione delle operazioni indivisibili della Trinità, l’estasi
perfetta della Piena di grazia nella carità eterna in Dio, per Cristo Gesù suo
Figliolo».
• Sono la Vergine: indica «la cooperazione di Maria all’azione intima della
Trinità per la salute eterna dei fedeli in lei: non è soltanto la verginità dei
costumi, ma l’integrità della scienza divina in lei infusa, dall’eternità,
attualmente e continuamente in maniera incomprensibile ma reale»;
• della Rivelazione: in queste parole «possiamo anche comprendere come
tutti i privilegi concessi dalla Trinità alla Vergine abbiano stabilito per
divino volere e per se stessi in cooperazione di Maria un culto universale, di
diritto, alla Vergine Madre sempre unica e una in tutte le sue manifestazioni
in ogni tempo».
• Tu mi perseguiti: in queste parole «possiamo considerare, ma non
comprendere, l’amore onnipotente della Vergine Madre, i suoi privilegi
implicitamente disprezzati, cecità spirituale, principio e fonte d’ogni eresia
diffusa e latente, l’ora di grazia per ogni anima nella via del ritorno a Cristo
Gesù»;
• ora basta!: in queste parole «possiamo ancora comprendere che la vera
salvezza è nell’unico vero Dio, eterno, presente, conosciuto, adorato e
amato. Prima ancora che il mondo fosse, nella Corte celeste, nella pienezza
dei tempi del suo Verbo e della Vergine Madre, poi nel cuore di ogni giusto,
che vive di fede nelle parole del Verbo in unità di carità».
• Entra nell’Ovile santo: dichiara che «Maria è l’Ovile di Cristo, come
Madre e guida della Chiesa cattolica. Cristo è porta dell’Ovile e buon
Pastore. Cristo è nel tempo per Maria, Maria è nell’eternità per Cristo Verbo
eterno, via, verità e vita»;
• Corte celeste in Terra: in queste parole «possiamo comprendere come la
Chiesa cattolica, apostolica, romana dovrebbe rispecchiare le virtù eccelse
della Vergine, Corte celeste in Terra. Il Figlio di Dio, assumendo in Maria
natura umana, assunse l’umanità santa di Maria Vergine al grado massimo
di possibilità in Terra. Di gaudio in Cielo, di gloria sopra a tutti i cori degli
angeli e dei santi, perché in lei, con lei e per lei, la Chiesa docente in Terra
attingesse dalla Trinità divina integrità di fede, d’infallibilità, di dottrina,
autorità di magistero, fecondità nell’azione apostolica, per la comunione dei
santi, onde in ogni tempo e in ogni luogo tutti i fedeli trovassero la via
sicura e la guida per l’eterna salvezza».
Il 9 dicembre 1949, a due anni e mezzo dall’apparizione, avvenne il primo
incontro ufficiale e pubblico fra Pio XII e Cornacchiola (nessuno, tranne i
diretti protagonisti, era infatti a conoscenza delle precedenti visite riservate,
in piena notte). L’occasione fu l’udienza con un gruppo di tranvieri e di altri
lavoratori per recitare il santo rosario insieme al Papa. Bruno fu invitato da
padre Rotondi, molto probabilmente su esplicita richiesta del Pontefice:
«Sono molto contento. Una cosa, scusi. Potrei cogliere l’opportunità per consegnare nelle mani del
Santo Padre la Bibbia e il pugnale?»
«Ma certo che lo puoi fare. Allora, mi raccomando, alle ore 20 precise, tutti a piazza San Pietro ad
attendere vicino alla scalinata».

Nella già citata relazione al vescovo Tedde l’evento è narrato dallo stesso
Cornacchiola con grande vivacità. Puntuale, in giacca e cravatta, con in
tasca un pacchetto ben confezionato che conteneva Bibbia e pugnale,
Cornacchiola salì con gli altri invitati nella cappella dell’appartamento
pontificio. Dopo aver recitato il rosario
«il Papa scende dall’altare dove era inginocchiato e si avvicina a noi. Ci guarda tutti con un sorriso
paterno, poi dice a voce alta: ‘Qualcuno di voi mi deve parlare’. Guardo e tremo, all’improvviso
grido: ‘Santità, sono io che debbo parlarle’. Tutti gli operai fanno largo. Io cado in ginocchio,
perché ci eravamo messi tutti in piedi. Il Papa si avvicina, mi accarezza e dice: ‘Dimmi pure cosa
vuoi’. ‘Santità, non mi presento perché Vostra Santità mi conosce già. Ecco, Santità, qui con me ho
due oggetti’. Metto la mano in tasca e tiro fuori il piccolo pacchetto e dico: ‘Qui c’è la Bibbia che
ho adoperato contro la verità, con scritto sopra la copertina: Questa sarà la morte della Chiesa con
il Papa in testa’. Apro il pacchetto e gli mostro la Bibbia e lo scritto. Continuo: ‘Questo è il
pugnale con il quale avevo giurato di ucciderla’. Mostrando il manico dico: ‘Guardi, ho inciso
sopra questa bestemmia: A morte il Papa. Santità, davanti a tutti chiedo perdono del male fatto a
tante anime con la Bibbia che interpretavo a modo mio e chiedo perdono di aver pensato di
ucciderla’. Si china verso di me, mettendo il suo viso vicino al mio, e mi dice: ‘Mio caro figlio,
non avresti fatto altro che un martire di più e un Papa di più alla Chiesa!’»

Che Papa Pacelli avesse preso molto sul serio il messaggio della Vergine
della Rivelazione lo documenta l’itinerario che lo portò alla proclamazione
del dogma dell’Assunta, festeggiata dalla liturgia il 15 agosto. Il 1° maggio
1946, con l’enciclica Deiparae Virginis Mariae, Pio XII aveva chiesto a
tutti i vescovi del mondo se ritenessero «che l’assunzione corporea della
beatissima Vergine si possa proporre e definire come dogma di fede e se col
vostro clero e il vostro popolo lo desiderate». Su ben 1.181 risposte,
soltanto sei manifestarono qualche riserva su tale enunciazione.
L’anno seguente ci fu l’apparizione alle Tre Fontane e il Pontefice,
direttamente da Cornacchiola, venne a conoscenza della frase pronunciata
dalla Vergine:
«Il mio corpo non poteva morire e non morì, non poteva marcire e non marcì, perché Immacolata.
È nell’estasi d’amore divino che fui portata da Gesù Verbo mio Figlio e dagli angeli in Cielo, è
così che fui portata al trono della misericordia divina».

Anche grazie a questa conferma, il 1° novembre 1950 venne solennemente


proclamato il quarto dogma mariano, con la costituzione apostolica
Munificentissimus Deus:
«È dogma divinamente rivelato che Maria, Madre di Dio, Immacolata e sempre Vergine, dopo il
termine del corso terreno della sua vita, è stata assunta in corpo e anima nella gloria celeste».

Trascorsero anni senza particolari colpi di scena. Cornacchiola continuava il


suo lavoro di tranviere e spesso viaggiava in Italia e all’estero per offrire la
sua testimonianza di conversione e per adempiere al compito affidatogli
direttamente da Pio XII, in quella famosa udienza del 1949:
«Santità, domani dovrei andare nella diocesi di Guastalla, in Emilia, per un ciclo di conferenze che
chiamo ‘confessioni pubbliche’. Vado per ubbidienza al vescovo Giacomo Zaffrani. Vorrei partire
con la benedizione di Vostra Santità».
«Ma certo, sono contento che vai nella piccola ‘Russia italiana’ e fai sempre così: per fare il bene
bisogna sempre ubbidire. Ora vivi da convertito e sii costante nella verità».

La fatica era tanta – alla fine della sua vita assommeranno a oltre
cinquemila le conferenze da lui pronunciate – e non mancavano gli episodi
curiosi:
«Una volta venni chiamato vicino a Civitavecchia. Arrivo nel pomeriggio, affamato, e attendo che
mi chiamino per mangiare; la sera ugualmente, ma non venivo chiamato, bevo acqua e mi metto a
letto... La mattina chiedo da mangiare e la madre del parroco mi dice: ‘Ma come, lei ha visto la
Madonna e vuole mangiare?’»

La condizione di veggente per molti significava che Cornacchiola navigava


nell’oro, e spesso non gli venivano nemmeno rimborsate le spese di
viaggio. Invece la famiglia proseguiva nella sua vita di stenti, con il solo
stipendio da bigliettaio. Come se non bastasse, su invito del cardinale
vicario Clemente Micara e con l’esplicito assenso di Pio XII, dal 1952 al
1956 Cornacchiola fu consigliere comunale: dovette mettersi in aspettativa,
senza stipendio e senza versamenti pensionistici, sperando nelle elargizioni
promesse dai dirigenti della Democrazia Cristiana (soldi che arrivavano
molto raramente, tant’è che quando Pio XII venne a saperlo gli inviò un
contributo straordinario di centomila lire a Natale del 1954).
L’indigenza in cui versava lo rese interessante perfino alla Massoneria.
Nell’agosto del 1954 un giornalista lo contattò, proponendogli il passaggio
al gruppo consiliare monarchico in cambio di cinquanta milioni di lire
(circa settecentomila euro di oggi). L’accordo doveva essere firmato nella
sede dell’osservanza massonica di piazza del Gesù, in presenza di un
importante personaggio:
«Prendo la penna e mi cade dalle mani. La raccolgo, e ancora per due volte mi cade, come se una
mano mi desse un colpo sulla penna facendola rotolare lontano. Comprendo. Alla terza volta mi
alzo e dico: ‘Mi spiace, ma non posso firmare. Tre volte mi è caduta la penna dalle mani. Vuol dire
che la Vergine Maria non vuole che faccia questo passo’. S’infuriano ambedue e mi coprono di
ingiurie».

L’uno strappò l’assegno, l’altro gli promise di svergognarlo: poco tempo


dopo pubblicò infatti un articolo nel quale affermava che l’apparizione era
un’invenzione di Cornacchiola per giustificarsi davanti ai figli che lo
avevano sorpreso nella grotta con l’amante.
Improvvisamente però, il 2 febbraio 1960, si verificò un altro evento.
Mentre era in preghiera, Bruno sentì la voce della Vergine della Rivelazione
che gli diceva:
«È ora che tu ricordi il messaggio per farne meditazione continua!»

Quella data, a occhi attenti, non è casuale. Il 2 febbraio la liturgia cattolica


celebra la presentazione di Gesù al Tempio, detta anche festa della
Candelora; ebbene, qualche giorno dopo, un dispaccio dell’agenzia di
stampa portoghese Ani (Agencia Nacional de Informaçao) rese noto che
«secondo fonti vaticane, il Segreto di Fatima non sarà mai divulgato. È stato appena dichiarato, in
ambienti vaticani molto attendibili, ai rappresentanti della United Press International, che è molto
probabile che non verrà mai resa nota la lettera nella quale suor Lucia trascrisse le parole che
Nostra Signora aveva confidato come un segreto ai tre pastorelli nella Cova da Iria. Come indicato
da suor Lucia, la lettera poteva essere divulgata durante l’anno 1960. Di fronte alle pressioni che
sono state fatte sul Vaticano – da un lato, da quanti vogliono che la lettera sia fatta conoscere al
mondo; dall’altro, da quelli che desiderano che la sua pubblicazione sia bloccata, ritenendo che
possa contenere profezie allarmanti – gli stessi ambienti vaticani dichiarano che il Vaticano ha
deciso di non rendere pubblica la lettera di suor Lucia, e di continuare a mantenerla rigorosamente
segretata. La decisione del Vaticano si basa su diversi motivi: 1. Suor Lucia è ancora in vita. 2. Il
Vaticano conosce già il contenuto della lettera. 3. Sebbene la Chiesa riconosca le apparizioni di
Fatima, non si impegna a garantire la veridicità delle parole che i tre pastorelli affermano di aver
ascoltato dalla Madonna. In queste circostanze, è molto probabile che il Segreto di Fatima rimarrà,
per sempre, sotto segreto assoluto».

La questione essenziale è che la rivelazione del terzo segreto di Fatima nel


1960 non era stata suggerita dalla veggente suor Lucia, ma dalla stessa
Vergine, come documenta la scritta sulla busta originale che, il 31 maggio
2007, è stata mostrata in televisione dal cardinale Tarcisio Bertone, allora
segretario di Stato vaticano:
«Per ordine espresso di Nostra Signora, questa busta può essere aperta nel 1960 da sua eminenza il
cardinale patriarca di Lisbona o da sua eccellenza il vescovo di Leiria».

I due ecclesiastici avevano dichiarato in più occasioni che avrebbero


adempiuto il compito, e in tal caso è ammissibile che la Santa Sede,
ordinando il trasferimento della busta sigillata dall’archivio di Leiria a
quello vaticano il 4 aprile 1957 (a ben tredici anni dalla stesura fatta dalla
veggente), volesse avocare a sé ogni decisione su tale comunicazione,
impedendo ai due di agire autonomamente.
Si seppe in seguito che Giovanni XXIII aveva letto il testo il 21 agosto
1959, mentre si trovava nella residenza estiva di Castel Gandolfo e che
aveva stabilito di non procedere con la divulgazione in quanto, secondo la
dichiarazione del suo segretario dell’epoca, monsignor Loris Capovilla,
«non sembravagli constare tuto de supernaturalitate rei (essere certa la soprannaturalità della
cosa, N.d.A.) e non osava arrischiare un’interpretazione immediata».

Per di più, come ha rivelato il medesimo Capovilla nella deposizione


segreta del 17 febbraio 1970 dinanzi al cardinale Jean Villot e
all’arcivescovo Giovanni Benelli,
«sul principio dello stesso anno, il Papa, in accordo con i cardinali Tardini e Ottaviani, aveva
negato l’autorizzazione a suor Lucia a lanciare un messaggio radiofonico al mondo».

La notizia dell’agenzia Ani fu emessa l’8 febbraio, attribuendola a una


fonte anonima (considerata comunque degna di fede dal cardinale patriarca
Manuel Cerejeira, che dichiarò di non essere stato coinvolto nella
decisione). Dunque non si trattò di una comunicazione ufficiale del
Vaticano, bensì di una ‘fuga di notizie’, più o meno pilotata. È perciò
verosimile che la decisione cui ci si riferisce fosse stata presa nei giorni
immediatamente precedenti: il gesuita Malachi Martin, collaboratore del
cardinale Augustin Bea, ha affermato che questi aveva partecipato, nel
febbraio del 1960, «a un incontro tenuto da Papa Giovanni XXIII per
chiedere a un certo numero di cardinali e prelati cosa pensassero si sarebbe
dovuto fare col segreto». Dunque, almeno a viste umane, non è scorretto
pensare che il far riscrivere a Cornacchiola il messaggio del 1947 si debba
attribuire a una volontà superiore di evitare che anche quest’ultimo restasse
definitivamente nel buio degli archivi (come sappiamo, soltanto nel 2000
Giovanni Paolo II deciderà di rendere noto il testo del terzo segreto di
Fatima, pur lasciando notevoli ombre sulla completezza della
pubblicazione).
In ogni caso, le apparizioni di Fatima e Tre Fontane hanno delle
particolari convergenze anche dal punto di vista delle date. Dagli studiosi
delle apparizioni portoghesi (maggio-ottobre 1917), è stata notata la
coincidenza di anno con altri significativi eventi storici: il 31 ottobre 1517
Martin Lutero affigge sul portone della cattedrale di Wittenberg le sue
novantacinque tesi, che danno inizio alla frattura del protestantesimo; il 24
giugno 1717 è la data di nascita della Massoneria, con la fondazione della
Grande Loggia di Londra; tra febbraio e ottobre del 1917 la rivoluzione
russa instaura la Repubblica socialista federativa sovietica.
Ma l’apparizione delle Tre Fontane (12 aprile 1947) non è certamente da
meno: nel 1547 Ivan IV assume per primo il titolo di zar di Russia, dando
avvio all’idea di Mosca ‘terza Roma’ (la seconda era Costantinopoli); nel
1647 ha inizio l’assedio dell’isola di Candia da parte dei turchi, il più lungo
della storia, ben ventidue anni, che si conclude con l’annessione dell’isola
di Creta all’Impero ottomano; nel 1747 comincia a Roma, per iniziativa dei
religiosi dell’Ordine della Madre di Dio, la ‘preghiera perpetua’ per il
ritorno degli anglicani alla fede cattolica; nel 1847, dall’accordo tra
Friedrich Engels e Karl Schapper, nasce la Lega internazionale comunista;
nel 1947 vengono firmati i trattati di pace della Seconda guerra mondiale,
ma contemporaneamente si delineano i due contrapposti blocchi politico-
economici Usa-Urss, con l’avvio dell’americano Piano Marshall e
l’istituzione del sovietico Cominform.
Cornacchiola annotò nei suoi diari numerosi appunti relativi a suor Lucia e
alle apparizioni di Fatima. Non è sempre chiaro se siano eventi realmente
accaduti, oppure esperienze mistiche, come il significativo esempio del 18
gennaio 1948:
«La mattina presto viene don Sfoggia e mi dice che devo recarmi a San Pietro perché mi attende il
Papa con un’altra persona che viene da lontano. Dico: ‘Ma sono le 3, possibile che il Papa mi
aspetta?’ Vado, c’è una macchina davanti alla chiesa di Ognissanti e don Risi. Eccoci a San Pietro,
don Risi con me, don Sfoggia resta in auto. Andiamo al portone detto di bronzo, saliamo le scale,
si prende l’ascensore, ecco il Papa sorridente che mi abbraccia, sono frastornato. Tutti restano
fuori, io entro e trovo una suora in un angolo a pregare. Il Papa mi dice: ‘È la nostra suor Lucia di
Fatima’. Si alza e ci facciamo un inchino, abbiamo parlato del messaggio e di quello che dovrà
passare la Chiesa per colpa di preti che deviano dalla via giusta... Riceviamo la benedizione. Ora
sono a casa. Ma è vero o un sogno? Dio e Maria lo sanno».8

Particolare interesse riveste un testo, vergato da Cornacchiola a mano su tre


facciate di foglio protocollo, che descrive quanto gli accadde il 24 febbraio
1968, da lui stesso definito «un sogno, o non so che possa essere». La
descrizione è molto vivida:
«Mi vedo sopra un’alta collina, dove c’è un convento, non saprei dire quale. Suono e mi viene ad
aprire un vescovo, che mi sorride e mi dice: ‘Quanto tempo ci hai impiegato a venire, ma ora ne sia
fatta lode a Dio per la Vergine Maria’. Mi fa entrare e mi conduce dentro una cappella con Gesù
esposto. Mi indica, con modi gentili, un inginocchiatoio. Sono solo, mi guardo attorno e vedo una
religiosa, questa si gira e riconosco in lei Lucia di Fatima. Mi sorride, poi piange: ‘Avvicinati’ mi
dice. Ubbidisco. ‘Da quanto tempo ti aspetto. So che è molto difficile potermi vedere, ma per te
vedi quanto è stato facile? Qui tutti ti aspettavamo. Ora scrivi quello che ti detto’».

Il discorso di suor Lucia è articolato e drammatico:


«Parla e rendi pubblico il messaggio della Madonna bella, non aver paura, come mi dice lei stessa
tante volte. Questa volta è tramite me che ricevi quello che lei vuol dire al mondo. Quanti uomini
non ricevono il perdono delle loro colpe perché non vengono istruiti nella conoscenza della Parola
vivente di Dio Padre, Gesù! Quando parlerai sarai perseguitato: non badare a niente e vai avanti
nell’opera voluta dalla Madre bella. Tutti devono chiedere perdono dei peccati commessi, laici,
sacerdoti, suore e tutti gli uomini viventi sulla Terra per il Cielo. Tu esorta, scrivi e consiglia con
amore! Tu vedi quanta confusione è riuscito a fare in tutti gli spiriti Satana, ed è lui che ormai
regna in tutti i posti più alti di comando e lavora indisturbato adoperando tutti i suoi affiliati:
facendo secondo il suo volere, porta tutte le cose al suo fine. Specialmente, e questo non lo
crederanno, Satana entrerà nei posti guida della Chiesa seducendo tutti con le sue mire
vanagloriose, specialmente nel togliere la devozione alla Madre bella e raffreddando la fede in
tutti. Il potere sarà esteso sopra coloro che, responsabili del bene dei popoli, saranno spinti con
armi potenti a distruggersi tra di loro in un modo spaventoso. Scrivi che, se non si convertono alla
verità e non distruggono le armi per far fiorire la pace e l’amore nel mondo, come l’erba verde e i
fiori per dare frutto di vita, tutti saranno distrutti e periranno, maggiormente cadrà sopra i
responsabili. Sono tempi di disubbidienza e ribellione. Chi ubbidisce più all’autorità celeste? Chi
ubbidisce alla Santità del Padre? Chi all’autorità della Chiesa? Tutti si ribellano, i cardinali al Papa,
i vescovi ai cardinali, i sacerdoti ai vescovi e i fedeli ai sacerdoti. Satana, nel caos e confusione
religiosa, trionferà nel cuore, nella mente e nella volontà di tutti! Chi aspetta il ritorno di Gesù
Cristo? Chi crede più alla fine del mondo? Chi invita a fare penitenza? Pochi sono coloro che
ancora restano fedeli. Le tentazioni saranno terribili, il mondo vivrà in una confusione tale che gli
eletti stessi sosteranno nel dubbio! Non c’è scampo, il suono delle trombe della distruzione
l’udranno tutti, e tutti vivranno momenti terribili di guerra, distruzione e il caos politico, religioso e
culturale. Tutti riceveranno le conseguenze disastrose sataniche e periranno. Quanti errori e quante
eresie serpeggiano in ogni nazione, in ogni convento e in ogni stato in cui si trova l’umanità. Chi
ama la vita la perderà, chi ama la scienza inventerà per la morte, e chi ama il pericolo in esso cadrà
per il peccato! Evangelizzare le anime non significa mettergli un giogo che non sia quello di Cristo
e insegnargli cose che non sono di Cristo, ma dare alle anime non serpenti ma il pane quotidiano,
cioè l’Eucaristia, la Parola di verità, l’Evangelo della luce e dell’amore. Quello che occorre è
l’apostolato individuale e non apostolato monopolizzato, cioè non è un monopolio esclusivo, ma
un lavoro per la conversione di tante anime. Bisogna che si lavori tra le anime nell’apostolato
individuale: chi conosce e sa fare, senza alcuna previa autorizzazione, deve lavorare, altrimenti
pecca».

Alcuni mesi prima, in coincidenza con la visita di Paolo VI a Fatima per il


cinquantesimo della prima apparizione (13 maggio 1967), Bruno aveva
assistito alla proiezione del film del regista Elio Piccon Fatima, speranza
del mondo, commentando sul diario:
«Molti particolari sono coincidenti con i nostri. Penso spesso a Lucia, che ha molto sofferto e
soffre ancora, e la comprendo in quanto sono nella stessa posizione e il film, se è esatto, mi ha fatto
vivere quegli istanti del 12 aprile 1947 e delle altre apparizioni che ho avuto in seguito. Almeno
Lucia non ha più persecuzioni morali, ma io e i ragazzi sì, è un continuo martellamento. Si soffre e
si offre continuamente, offrendo al Signore, unito a te Lucia».

Nel decimo anniversario dell’attentato a Giovanni Paolo II, con il Papa a


Fatima per ringraziare Nostra Signora per la protezione concessagli (13
maggio 1991), fra il luogo delle apparizioni portoghesi e quello delle Tre
Fontane si instaurò un clima di comunione di preghiera e di offerta. Wojtyla
aveva infatti chiesto al cardinale Andrzej Maria Deskur, fraterno amico sin
dai tempi del seminario, di recarsi a pregare la Vergine della Rivelazione in
contemporanea con la propria celebrazione alla Cova da Iria. C’era attesa
nel mondo cattolico, poiché qualcuno aveva pronosticato che sarebbe stato
svelato il terzo segreto. Commentò Cornacchiola sul diario:
«Il messaggio Lucia non lo ha completo, per completarlo deve leggere quello del 12 aprile 1947 e i
successivi che indegnamente ho ricevuti. È grande responsabilità il vedere e ricevere dal Cielo
editti per il mondo che perirà».

Ma sin dal giugno 1948 aveva scritto:


«La Vergine mi ha fatto capire che il messaggio di Fatima continua alle Tre Fontane».

È giunto dunque il momento di affrontare questo testo nella sua integralità.


4.

Il segreto

Un quaderno scolastico a righe, dalla copertina raffigurante uniformi di


soldatini. In una trentina di pagine fittamente scritte a penna è racchiuso
l’esplosivo segreto che inizialmente la Vergine della Rivelazione aveva
comunicato a Bruno Cornacchiola il 12 aprile 1947 nell’apparizione alle
Tre Fontane. Era soltanto il primo di una sessantina di messaggi, sogni e
profezie che il veggente avrebbe continuato periodicamente a ricevere fino
a pochissimi mesi prima della morte, avvenuta il 22 giugno 2001.
È importante notare che Cornacchiola, narrando quanto gli accadeva, ha
sempre precisato, come personalmente scrisse in calce ad alcuni messaggi e
come ripeteva ai diversi direttori spirituali e confessori che lo
accompagnarono nel corso della sua lunga esistenza, che «i fatti
sopraesposti sono da credere per pura fede umana, e mi sottometto a ogni
giudizio della Chiesa madre».
Per di più, aveva compreso sin dai primi tempi che c’era sempre la
possibilità che intervenissero disturbi diabolici, come per esempio era
avvenuto nel giugno del 1947, quando don Sfoggia gli chiese di dettargli il
messaggio per farne una copia.
«Io leggo e lui scrive, ogni tanto mi fermo e dico al sacerdote: ‘Rilegga quel che ho dettato’.
Mentre legge, sento che aveva scritto parole non dettate da me; faccio notare lo sbaglio di
trascrizione, aggiusta, poi si va avanti. Io detto e lui scrive, questa volta è lui che mi dice: ‘Bruno,
rileggo di nuovo, dimmi se ci sono errori o cose trascritte non dettate da te’. Don Sfoggia legge e
molte parole erano tutte al contrario di quello che avevo dettato. Si alza, si mette la cotta e la stola,
prende l’aspersorio e il libro dell’esorcismo e legge a voce alta e benedice. Io mi metto in
ginocchio e don Sfoggia benedice tutta la sua cameretta, sentiamo grida cavernose, si apre del tutto
la finestra, un puzzo di fogna olezzava la stanza. Si rimette seduto e dice: ‘Andiamo avanti, Satana
mi faceva capire le tue parole inesatte, ma questa volta non potrà fare più niente, leggi...’ Così
finiamo la dettatura del messaggio e mi invita a recitare il santo rosario. Finita la preghiera mi dice:
‘Bruno, ti ho voluto mettere alla prova d’obbedienza, mi compiaccio tanto, ora mi trascrivo
soltanto quelle parti che riguardano i due sacerdoti dell’“Ave Maria, figliolo” e quello che riguarda
me, lo vuole conoscere il mio superiore. Il resto lo faccio a pezzi e lo brucio’. Così fece davanti a
me».

Sul retro della copertina del quaderno si legge un’annotazione datata 8


dicembre 1962:
«Il messaggio del 12 aprile 1947 e quello del 21 febbraio 1948 sono stati consegnati a sua
eccellenza monsignor Tedde, dietro suo espresso desiderio e nell’amore di Maria, ubbidienza e
consegna nelle sue mani. E quelli del 15 agosto 1949 e 15 agosto 1958».

Li propongo tutti qui di seguito, partendo dal preambolo che descrive la


circostanza in cui la Vergine, il 2 febbraio 1960, disse a Bruno che era
giunto il momento di ricordare il primo messaggio per farne meditazione
continua:
«Sono i tempi della misericordia e molte cose si stanno avverando! Medita, prega, e fai meditare e
pregare, quando ti sarà detto di farlo. Sangue e lacrime, Gesù sangue, io vostra Madre lacrime; si è
perduto il senso esatto della verità, non si comprendono più, nello spirito voluto dal Padre, nella
carità voluta dal Figlio e nella sacra perfezione spirituale voluta dallo Spirito Santo, per la reale
unità di tutti i figli della creazione, redenzione e santificazione, nell’unico Ovile!»

Ai quattro citati messaggi sono state apportate unicamente alcune lievi


correzioni ortografiche e di punteggiatura.
12 aprile 1947
Sono colei che sono nella Trinità divina, sono la Vergine della Rivelazione.
Scrivi subito queste cose e meditale sempre. Tu mi perseguiti, ora basta!
Rientra nell’Ovile santo, l’eterno miracolo di Dio, dove Cristo posò la
prima pietra, quel fondamento sulla roccia eterna, Pietro.
Non dimenticare chi ti amava sempre, mai ti ho dimenticato, per sempre
nelle tue disdette ti sono stata vicina; perché il giuramento di un Dio è e
rimane eterno, è uno e stabile. Ti hanno salvato i nove venerdì del Cuore
sacrato di Gesù, promessa divina, che tu facesti prima di entrare nella
menzogna e farti nemico di Dio, e uno spietato nemico infondato. Un
cercatore di menzogne, ingannatore di innocenti, può abbattere ciò che Dio
ha fatto?
Pèntiti, fai penitenze per la salvezza degli altri, io ti sarò sempre vicina; la
tua fedele sposa e altre centinaia di persone, nelle tue stesse condizioni,
entreranno nell’Ovile. Il mezzo che adopero sei tu, sii forte e fortifica i
deboli, conferma i forti e rassicura gli increduli, con preghiere.
Io convertirò i più ostinati, con miracoli che opererò con questa terra di
peccato.
I tuoi amici diverranno i tuoi nemici e si lanceranno contro di te per
abbatterti; sii forte, sarai consolato proprio in un momento che ti crederai
abbandonato.
A Dio preme e vale la conversione del peccatore ostinato; il mio cuore in
senso spirituale e mistico ti dico che lacrima, sempre per l’incredulità e il
peccato contro Dio. Tutto in Cielo si registra di ognuno di voi nel proprio
libro della vita, anche il battito dell’occhio.
Venite al Cuore di Gesù, venite al Cuore di una Madre e sarete consolati e
sarete alleggeriti dalle vostre pene. Peccatori tutti, venite! Consacratevi al
Cuore immacolato di una Madre, senza dubitare di essere soccorsi; chi può
lamentarsi d’essere stato scacciato da me, se si è consacrato al mio Cuore?
Chi cercò aiuto e non sia stato aiutato?
Sono presso la giustizia divina, il muro riparatore dell’ira divina.
A te, per fortificare di certezza il tuo cuore, eccoti un segno, che servirà
per gli altri increduli. A ogni sacerdote, a me molto caro, che incontrerai per
il cammino e il primo nella chiesa, dirai: ‘Padre, debbo parlarle’. Se egli
risponderà con queste parole: ‘Ave Maria, figliolo, cosa vuoi?’ e ti
indicherà un altro sacerdote dicendoti: ‘Quello fa per il caso tuo’ tu non
tacere di ciò che vedi e scrivi. Sii forte, questo sacerdote è già preparato per
tutto quello che deve fare, sarà colui che ti farà rientrare nell’Ovile santo
dell’Iddio vivente nei secoli, Corte celeste in Terra. Dopo di ciò, non
crederai che sia una visione satanica, come lo crederanno molti, specie
coloro dei quali subito abbandonerai le fila, e pregherai per la loro
conversione.
Ancora Dio passerà con la sua grazia per un tempo; molto ha fatto per
tutti e per l’umanità perduta per portarli a redenzione, molti dolori e croci,
schiavitù e umiliazioni di ogni sorta dovranno passare. Dov’è la carità?
Quali sono i frutti dell’amore? Duri, sono di callo duro, in tutti i secoli;
specie i pastori del gregge che non fanno il loro dovere. Troppo mondo è
entrato nella loro anima per dare scandalo al gregge e sviarlo dalla via,
verità e vita.
Tornate al principio della sorgente di unità evangelica, carità, lontani dal
mondo! Voi siete nel mondo ma non del mondo. Quanti miracoli? Quante
apparizioni? Nulla, sempre lontani dall’essenzialità della vita nella verità
del Padre che ama.
Momenti duri si preparano per voi, e prima che la Russia si converta, e
lasci la via dell’ateismo, si scatenerà una tremenda e grave persecuzione.
Pregate, si può fermare.
Ora è che volge il tempo della fine d’ogni cosa del mondo, la Parola di
Colui che fece ogni cosa è verace; preparate i vostri cuori, accostatevi con
più fervore al sacramento vivente fra voi, l’Eucaristia, che sarà un giorno
dissacrata e non più creduta la presenza reale di mio Figlio. Accostatevi al
Cuore di Gesù mio Figlio, consacratevi al Cuore d’una Madre che sanguina,
sempre in senso mistico, continuamente per voi, osannate all’Iddio che è fra
voi, allontanatevi dalle false cose del mondo: vani spettacoli, stampe
d’oscenità, amuleti di ogni specie, falsità e l’altri mali, vanità e spiritismo,
sono cose che il demonio del male adopererà per la persecuzione delle
creature d’Iddio; le potenze malefiche opereranno nei vostri cuori, e Satana
è sciolto, da promessa divina, per un periodo di tempo: accenderà fra gli
uomini il fuoco della protesta, per la santificazione dei santi.
Figli! Siate forti, resistete all’assalto infernale, non temete, io sarò con
voi, col mio Cuore di Madre, per dare coraggio al vostro, e lenire le vostre
pene e le vostre ferite tremende che verranno nel tempo stabilito dai piani
dell’economia divina.
La Chiesa tutta subirà una tremenda prova, per pulire il carname che si è
infiltrato tra i ministri, specie fra gli Ordini della povertà: prova morale,
prova spirituale. Per il tempo indicato nei libri celesti, sacerdoti e fedeli
saranno messi in una svolta pericolosa nel mondo dei perduti, che si
scaglierà con qualunque mezzo all’assalto: false ideologie e teologie!
L’appello d’ambo le parti, fedeli e infedeli, sarà fatto in base a prove. Io
fra voi eletti, con Cristo capitàno, combatteremo per voi.
Ecco l’arma del nemico, rifletteteci sopra: 1. bestemmie, 2. peccati della
carne, 3. oscenità, 4. fame, 5. malattie, 6. morte, 7. stordimenti operati dalla
scienza, e qualunque altro mezzo dalla loro parte, e altre cose che vedrete,
vi colpiranno i vostri sensi puri della fede.
Ecco le armi che vi faranno forti e vittoriosi: 1. fede, 2. fortezza, 3. amore,
4. serietà, 5. costanza nelle cose buone, 6. evangelo, 7. mansuetudine, 8.
verità, 9. purità, 10. onestà, 11. pazienza, 12. sopportando ogni cosa,
lontano dal mondo e dai suoi accoliti velenosi (alcol, fumo, vanità).
Chiedete di essere santi, e fate il bene, per santificarvi, allontanatevi dal
mondo pur vivendo nel mondo.
L’umanità è smarrita perché non ha più chi la guida sinceramente nella
giustizia. Ascoltate! Voi questo lo avete, ubbiditegli sempre, il Padre nel
Papa, e avete il Cristo nel santo, puro, unito, fedele e vivente sacerdote, il
conforto dello Spirito Santo, nei santi e puri sacramenti nella Chiesa dei
santi.
Sono tempi terribili per tutti, la fede e la carità rimarranno intatte se vi
attenete a quel che vi dico; sono momenti di prova per tutti voi, state saldi
nella Rocca eterna dell’Iddio vivente, io vi mostrerò il sentiero, dal quale
esce vittorioso il santo per il Regno divino, che si stabilirà sulla Terra nel
giorno della vittoria: amore, amore e amore.
Lo Spirito Santo discende presto sopra di voi, per fortificarvi, se lo
chiedete; con fede, per prepararvi e fortificarvi nel giorno del grande
combattimento di Dio!!
Serbate l’arma della vittoria: fede! L’ultima pioggia vivificatrice vi
santificherà tutti, amatevi, amatevi tanto, annullando in voi l’io colmo di
superbia e d’orgoglio, umiltà nei cuori! Amatevi e salutatevi col saluto
d’amore e d’unità: «Dio ci benedica» (a questo punto Cornacchiola chiede
di poter aggiungere come risposta: «E la Vergine ci protegga», ed ella
acconsente, N.d.A.). Abolite l’odio!
Nelle persecuzioni e nel tempo di distretta (angustia, N.d.A.), siate come
questi fiori che Isola ha stroncati: non si lamentano, tacciono e non si
ribellano.
Vi saranno giorni di dolori e di lutti. Dalla parte d’oriente un popolo forte,
ma lontano da Dio, sferrerà un attacco tremendo, e spezzerà le cose più
sante e sacre, quando gli sarà dato di farlo. Abbiate unito al timore: amore e
fede, amore e fede; tutto per far risplendere i santi come astri nel Cielo.
Pregate molto e vi saranno alleggeriti la persecuzione e il dolore. Ripeto,
siate forti nella Rocca, fate penitenze con puro amore, ubbidienza al vero
custode della Corte celeste in Terra (il Papa, N.d.A.), per trasformarvi la
carne del peccato, dal peccato, in santità!
Chiamatemi Madre, come fate sempre: lo sono Madre, nel Mistero che
sarà rivelato prima della fine.
Quale è stato, fu e sarà il fine della morte del Cristo? Placare l’ira della
giustizia paterna, cospargere col suo Sangue prezioso e puro le sue creature
per colmarle d’amore, affinché si amino! È l’amore che vince ogni cosa!
Amore divino, Amore di virtù!
Non dimenticate il rosario, che molto coopera alla vostra santificazione; le
Ave Maria, che voi dite con fede e amore, sono tante frecce d’oro che
raggiungono il Cuore di Gesù! Il Cristo è la salvezza della carne, peccato
adamitico primitivo. Il mondo entrerà in un’altra guerra, più spietata delle
precedenti; maggiormente sarà colpita la Rocca eterna nei secoli per essere
rifugio dei santi eletti da Dio, viventi nel suo trono d’amore.
L’ira di Satana non è più mantenuta; lo Spirito di Dio si ritira dalla Terra,
la Chiesa sarà lasciata vedova, ecco il drappo talare funebre, sarà lasciata in
balìa del mondo. Figli, diventate santi e santificatevi di più, amatevi tanto e
sempre. L’oscurità della coscienza, il male che aumenta, vi testimonieranno
il momento giunto della catastrofe finale; si scatena l’ira in tutta la Terra, la
libertà satanica, permessa, farà strage in ogni luogo. Momento di sconforto
e smarrimento sarà sopra voi; unitevi nell’amore di Dio, fate una sola
regola: Evangelo vivo! Siate forti nella verità dello Spirito, l’Ovile di Cristo
è e sarà la salvezza di tutti coloro che vogliono salvarsi. Vedrete uomini
guidati da Satana fare una lega unitaria per combattere ogni forma religiosa;
la colpita maggiormente sarà la Chiesa del Cristo, per nettarla dalle sozzure
che vi sono dentro: commercio usureggiante e politica, contro Roma!
Nel finale, molti saranno convertiti per le molte preghiere e per il ritorno
all’amore di tutti, e per potenti manifestazioni divine; sarà dato permesso
fino a un tempo a costoro di distruggere tutto e tutti; poi l’Agnello mostrerà
la sua vittoria eterna, con le Potenze divine, distruggerà il male col bene, la
carne con lo spirito, l’odio con l’amore!
La Santità del Padre (il Papa, N.d.A.) regnante nel trono dell’amore
divino soffrirà a morte, per un poco, di qualche cosa, breve, che, sotto il suo
regnare, avverrà. Altri pochi ancora regneranno sul trono: l’ultimo, un
santo, amerà i suoi nemici; mostrandolo, formando l’unità d’amore, vedrà la
vittoria dell’Agnello.
I sacerdoti, pure essendo nella bolgia infernale, sono a me cari; saranno
calpestati e trucidati, ecco la croce rotta vicino alla talare dello
spogliamento esteriore sacerdotale. La carità è il tempo che si raffredda (‘la
carità si raffredderà’ era un concetto da lui ripetuto varie volte nelle
meditazioni pubbliche, N.d.A.) e in questo tempo i sacerdoti mostrino
d’essere miei figli veramente; vivendo nella purità, lontano dal mondo, non
fumino, siano più retti, seguano la via del Calvario. I laici uniti in un solo
Credo debbono molto lavorare, con buon esempio di rettitudine nel mondo
tra le fila di Satana, per preparare i cuori alla salvezza; non vi stancate mai
d’essere vicino al Cuore di Gesù eucaristico. Schieratevi tutti sotto il
vessillo del Cristo. Lavorando in tale modo, vedrete i frutti della vittoria,
nel risveglio delle coscienze al bene; pur essendo nel male, vedrete, tramite
vostro aiuto cooperativo efficace, peccatori che si convertono e l’Ovile
riempirsi d’anime salvate. Dovete uniformare la vostra condotta, secondo la
volontà di Colui che vive nei cuori dediti allo Spirito uniformato alla
santità. Fortificatevi, preparandovi alla battaglia della fede, non siate pigri
nelle cose di Dio, vedrete tempi che gli uomini faranno meglio la volontà
della carne che quella di Dio; essi continuamente vengono trascinati nel
fango e nel baratro della perdizione volontaria.
La giustizia di Dio si farà sentire presto sulla Terra; fate penitenze. Solo i
santi che sono fra voi, negli eremi e nei conventi e in ogni luogo,
mantengono l’ira distruggitrice della giustizia divina. Il momento è terribile.
Di quel giorno che viene, le vergini e i vergini, chiunque serve Dio in
spirito e non secondo la carne, si addossano parte delle piaghe, che, presto,
scenderanno sulla Terra, lasciando ancora il tempo ai peccatori, affinché si
ravvedano e si mettano con tutta la vita loro sotto il manto mio, per essere
salvati.
Andate al Cuore amoroso di Gesù, mio legittimo Figlio, colmatevi
d’amore, lavatevi con il suo Sangue della redenzione divina, giustificatrice.
Anch’io, morta nel mondo – non la morte come si muore nel mondo del
peccato adamitico: il mio corpo non poteva morire e non morì, non poteva
marcire e non marcì, perché Immacolata, è nell’estasi d’amore divino che
fui portata da Gesù Verbo mio Figlio e dagli angeli in Cielo, è così che fui
portata al trono della misericordia divina – per il mondo, cooperando alla
giusta redenzione di Gesù, mio Figlio; dopo tre giorni del mio sonno estasi
d’amore fui portata al trono della misericordia divina da mio Figlio, con gli
angeli, per avere la mediazione delle grazie divine, fra gli ostinati peccatori.
Il mio corpo non conobbe corruzione, la mia carne non poteva marcire, e
non marcì, per essere Regina dei figli della risurrezione. Ora e sempre sono
nel trono della Trinità divina (che ascoltino tutti), come il calore è nella vita
incarnata per vivere di questa vita.
Ecco aperta un’altra possibilità di salvezza per tutto il mondo. È un piano
celeste. Anime nate solo da carne, morte senza il bagno della nascita
spirituale, godono e vedono la presenza di Gesù e mia. Per l’entrata nella
gloria celeste, il Padre ci ha dato un mezzo che serve per due scopi:
dedicare a un’anima del limbo, conosciuta o secondo la mia intenzione, la
conversione di un eretico, ateo o ostinato peccatore, pregare molto per
questo peccatore, fino a costringerlo con amore e confessione al
pentimento. Appena questo si converte, l’anima alla quale fu dedicata
questa conversione viene portata immediatamente, da me e mio Figlio, nel
trono divino. Pregate e convertite molti, col vostro esempio di carità. È una
nuova prova d’amore, una vera crociata d’unità terrestre; avanti figli, alla
battaglia, lotta dell’amore. Io sono con voi, sempre, per aiutarvi!
Tu porterai queste cose alla Santità del Padre, al tempo che ti sarà rivelato
da un sacerdote che sarà tua guida. Io te lo mando a tempo opportuno, lo
riconoscerai che si sentirà legato a te confessandotelo.
A chi ti interroga, parla di quel che eri e di quel che sei ora dopo la grazia,
se no per ora taci; io ti guido, non temere gli assalti degli amici, che vedrai
nemici.
Ti farò circondare da una schiera, piccola ma potente. Sii prudente con
tutti coloro che ti accoglieranno nell’Ovile, ti faranno guerra, tu non temere
tali assalti, ubbidisci sempre; si annullano con preghiere, e maggiormente le
farai qui nella grotta, quando ti sentirai di venire, vieni per pregare per tutti
gli increduli, eretici e peccatori ostinati; prega molto per coloro che hai
ingannato, portandoli lungi dalla via, verità e vita.
Di’ a coloro che: la via è una, Cristo, l’Ovile cattolica, apostolica, romana,
e il vero rappresentante della Corte celeste in Terra, la Santità del Padre!
La verità è una, Dio Padre, la sua santità e la sua giustizia.
La vita è una, lo Spirito Santo, nei suoi sacramenti e nei suoi ministri.
Io sono la Calamita della Trinità divina, amore del Padre perché sono
Figlia, amore del Figlio perché sono Madre e amore dello Spirito Santo
perché sono Sposa, come lo sono nelle tre Persone in un solo Dio. Amore,
amore, amore!
21 febbraio 1948
Questo dico ai miei figli sacerdoti:
Gesù ha freddo, perché è da voi dimenticato e abbandonato nel suo
nascondimento d’amore. Le preghiere e le visite lo riscaldano tanto, ma ora
tutti sono freddi e Gesù ha freddo. Riscaldatelo! È una Madre che ve lo
chiede: amatelo e non dissacratelo, ma fatelo amare da tutti, dando esempio
d’amarlo! È dimenticato! (Qui la Vergine piange, pianto misto a sorriso)
Gesù, il dolce e umile di cuore, figli cari, diletti miei, è fonte d’acqua pura,
eppure ha sete.
Voi state diventando del mondo, spogliandovi del sacro per dissacrare e
abbandonare il sacerdozio datovi da mio Figlio. Dovete fare di tutto perché
il mondo diventi di voi. Il mondo ha sete di verità, ma voi non gli date più
l’acqua che disseta. La vostra cooperazione si sta sfaldando e diventerà
nulla. Molti di voi danno cattivo esempio. Dimenticate il mandato di Cristo:
«Andate e predicate a ogni creatura... Dai vostri frutti riconosceranno che
siete miei». Figlioli, fate conoscere Gesù. L’Evangelo lo avete del tutto
dimenticato. Tornate alla sorgente viva, sorgente di vita! Portate anime a
Cristo! La sete di Gesù deve essere la vostra sete. Anime, dategli da bere
anime, solo anime. Soltanto così darete prova al mondo di essere veramente
degni del mandato di mio Figlio, mio creatore. Dategli da bere! Guai a voi
se non eseguite il mandato.
Siete i pastori, guidate il gregge all’Ovile santo, la Chiesa. (Non piange
più, è calma e sento la sua voce dolce che suona nel mio udito come un
canto angelico) Gesù cerca il cibo della vostra vita, come un uccellino (qui
fa un lungo sospiro), non per lui ma per darlo a chi ha fame. Gesù ha molta
fame, fame d’amore vostro, il suo cibo sono le vostre opere, la vostra fede,
la vostra carità. Gesù prende da voi se stesso per salvare e santificare le
anime! Operate secondo il volere di Cristo sacerdote, dovete dedicarvi
completamente al culto dell’altare e alla guida delle anime per la gloria del
Padre con l’aiuto efficace dello Spirito Santo. Figli miei, verranno molti
sotto il mio nome, faranno ingannevoli prodigi. Attenzione a non deviare le
anime dal vero culto per la gloria della Trinità.
Abbiate fede di quel che Gesù mio Figlio vi disse al principio, che sarebbe
stato sempre fra voi e con voi sino a bere di nuovo il calice: cioè sarete
perseguitati e, perseguitando voi, perseguiteranno mio Figlio. Cercheranno
di convincervi a vivere come vive il mondo: non lo ascoltate, praticate e
vivete il vero amore per il prossimo, non fate distinzioni di ceto, tutti hanno
un’anima da salvare, voi trattatevi uguali come una sola famiglia, vivete
una grande famiglia, fate conoscere sempre più il cuore amoroso di Gesù. Il
sacramento dell’altare, il prigioniero d’amore dimenticato da molti, è il
solitario che si dona. Io l’ho donato a voi, voi donatelo agli altri con rispetto
e vero amore.
Chiamatemi e fatemi chiamare Madre. Io sono Madre del puro clero,
Madre del santo clero, Madre del fedele clero, Madre dell’unito clero,
Madre del vivente clero. Non dimenticate che il mondo vi guarda e vuole e
si aspetta da voi l’esempio di una vita santa, vissuta eroicamente (di nuovo
escono lacrime). Allontanatevi dal mondo, date esempio che siete di Cristo,
date prove d’amore scusandovi tra voi, e siano lontane la discordia e l’odio.
È una Madre che ve lo chiede, amatevi!
15 agosto 1949
Figlioli! Ascoltate il richiamo che il mio cuore materno vi rivolge! Perché
non vi allontanate dal peccato? Il quale vi condurrà, se persevererete in
esso, nel più atroce degli smarrimenti, che vi saranno causa di dolori atroci,
e tali dolori, se non mi ascoltate, vi dilanieranno il cuore. Ciò accadrà
specie a coloro che in questi tempi colmi di peccato vi nascondono i miei
richiami, nel tempo moderno colmo di falsità; certamente cadrà sopra d’essi
il male, il male provocato e procurato da loro stessi per aver tenuto celate le
cose di Dio, per il richiamo del mondo peccatore. Si ricordino che Iddio
terrà nascosta da loro la sua santa Faccia.
Il popolo cammina nella verminaia di peccato; perché manca loro
conoscenza dei piani di Dio, che sono piani d’amore. Il Signore
investigherà tutti i cuori: è per insegnare a essi la vera via della pace. E farà
conoscere dagli ignoranti e dai disprezzati le sue verità e dirà per mezzo
d’essi i suoi piani, e qual è il suo pensiero, agli scienziati che negano me per
mezzo della scienza quando tale scienza, dice Dio, «è solo mia», ai ricchi
del mondo, ai superbi, per agire verso d’essi con vera giustizia di Padre!
Chi ama il bene, e per questo ne soffre, chi conosce la verità, e per questa
viene perseguitato, è veramente nato in Cristo, per vivere della sua vita e
andare a Dio Padre. Dio Padre ama la giustizia perché è giusto; ascoltate
tale voce che è voce della giustizia, giustizia vera, giustizia riparatrice
santificante. Svegliatevi alla giustizia e sfuggite il mondo che perisce nel
suo fango indegno.
Andate a Gesù, figli! È una Madre che ve lo dice con il più acerbo dolore
del suo cuore, che è amareggiato per il vostro cuore indurito nel peccato.
Gesù sulla croce è una potente calamita; andate a lui pentìti del male che
operate continuamente, calpestando il bene e il vero. Ognuno conosce se
stesso: convertitevi per convertire, santificatevi per santificare, amate Dio
per esserne amati e insegnare agli altri ad amarlo. Dio conosce tutti, vuole
pentimento dei vostri peccati. Gesù è il vero amore e si mostra a tutti dal
suo trono d’amore, dalla sua dimora terrena; è lì che attende i cuori vostri
per cambiarli da pietra in carne; lì è che nascosto vi ama, nell’Eucaristia,
supremo atto d’amore che fece per voi tutti. Figlioli miei amatelo; egli vive
d’amore; attende il vostro.
È lì che vi attende come vi ha atteso sempre per salvarvi; vada chi vuole.
Gesù attende che tutti lo comprendano e si salvino; lui, il mio Figliolo, è la
sola vostra salvezza. Figli, andate da lui, vivete di lui e siate con lui. Fatelo
per me, sono vostra Madre che tanto vi amo. Anch’io, partecipando nel
Golgota alla redenzione col mio amore, vi ho partoriti con Gesù, per Gesù e
in Gesù. Solo così, il Tutto fattosi Nulla, e il Nulla fattosi Tutto, perché il
Nulla è Tutto, vi chiama e vuol salvarvi. Andate, non attendete quando vi
dirà: «Andate via da me». Avete fame? Avete sete? Siete senza luce? Non
sfiduciatevi, andate a lui!
15 agosto 1958
Necessitano molte anime apostoliche, arditi di verità e d’amore, pieni di
fede, viva e operante, amanti dell’amore vero, e questi dovranno far
conoscere i tempi. Vi sarà un fortissimo terremoto, che scuoterà tutto il
globo terrestre. Vi do un avvertimento materno: non andate in giro, né
mettetevi a dormire se siete in peccato mortale, ma confessatevi e pentitevi
di averlo fatto, e non lo fate più. Non peccate, figlioli miei, non peccate!
Perché in un istante saranno chiamati in giudizio, e il giudizio di Dio è
infallibile.
Sì, figli miei, il sole si oscurerà, le stelle cadranno, ma non intendete ciò
soltanto nella parte materiale del pensiero: c’è la parte interpretativa
spirituale, e saranno i soli di superbi e le stelle d’orgogliosi che cadranno,
come già cadde Satana.
Pregate, pregate molto e fate penitenza con ogni mezzo e sistema, senza
oltrepassare i limiti consentiti dalla volontà ragionevole; fate penitenza in
ogni occasione che vi si presenta, è una richiesta di mio Figlio, e la richiesta
di Gesù mio Figlio è facile, perché è una richiesta d’amore. La penitenza
che vi chiede è d’amare il prossimo e dare buon esempio di vita. Con mio
Figlio, in Dio Padre, non odiate nessuno, perdonate sempre, non
vendicatevi. Gesù è giudice.
Dite questa giaculatoria: «Gesù, Figlio di Maria Vergine, abbi
compassione e pietà di noi, salva molte anime!» Fuori dalla Chiesa del vero
e del santo, la cattolica apostolica romana, non c’è pace vera, non c’è amore
vero e non c’è la vera salvezza.
Il sacerdote è la vera vostra salvezza, è la vostra vera santificazione, ma
soltanto in un modo ed è questo: ascoltarlo e mettere in pratica gli
insegnamenti della verità che escono dalla sua bocca, purificata dalla
consacrazione ricevuta per la distribuzione dei beni spirituali. Anche se è
nella miseria del mondo, sarà mondo dal male, perché nei piani della
redenzione è Gesù stesso: sarà lui che vi parla, mio Figlio nel sacerdote e il
sacerdote in mio Figlio operante nell’amore della verità.
Fuori dalla casa del Padre dove c’è la Santità del Padre, il Papa, via, verità
e vita, c’è il buio e la confusione. Scrivi in ogni posto che crederai
opportuno queste parole, ma prima di tutto scrivile nel tuo cuore: «Con
Gesù, Figlio di Maria Vergine, crocifiggo la mia carne per la vita eterna!»
Canta nella gioia, leggi la verità e salmeggia nel dolore; prega
nell’allegria e nelle pene, prega sempre, la preghiera è l’ossigeno dello
spirito; sii amoroso con tutti e premuroso, metti in pratica le opere di
misericordia, sono chiamate di misericordia perché sono virtù che si attuano
nelle opere sottomettendo la propria volontà al Padre!
Amare tutti non significa tenere un atteggiamento di morbosità o
sentimentalista falso satanico. Amare tutti vuol dire restare in pace con tutti
e fare per tutti ciò che tutti, anche nemici, vorresti che facessero a te.
Molte sofferenze dovrai soffrire per colpa di imprudenti; resta saldo nella
fede perché proprio su quella Satana cerca di farti cadere. Ama e perdona,
perdona e ama, è una Madre che te lo chiede, sono Maria Vergine, la Madre
di Gesù, per voi, e vostra Madre nell’amore.
Avanti tutti alla riscossa, la vittoria è e sarà vostra se voi vivrete secondo i
dettami dello Spirito Santo! Dio Padre nel suo trono d’amore vi chiama tutti
alla via del vero e della salvezza. Andate, non fermatevi, è la via
dell’amore!
L’unica salvezza risolutiva è camminare nella Parola di Dio, tornare alla
fonte pura dell’Evangelo, ascoltare la Parola di salvezza che dalla Sede
apostolica, la Chiesa, si irradia in tutto il mondo, e non le falsità del mondo.
Non spogliatevi dell’abito sacerdotale, ubbidite tutti: l’abito richiama, è un
segno celeste.
5.

La credibilità

5 ottobre 1947, festa della Madonna del rosario: la più lunga e imponente
processione che la storia di Roma ricordi attraversò le vie della città, fra un
tripudio di folla festante. La storia cristiana del passato si intrecciava con la
devozione mariana del presente, e si fondeva con il sentimento civile della
capitale d’Italia, che nell’occasione offrì la carrozza del Quirinale, ricoperta
di fiori e trainata da tre coppie di cavalli bianchi, per il trasporto della statua
raffigurante a grandezza naturale la Vergine della Rivelazione, apparsa
neanche sei mesi prima.
Addirittura prima della partenza, come rivelò padre Virginio Rotondi,
testimone dell’evento, Pio XII «benedisse in piazza San Pietro e permise di
mettere la statua della Madonna alle Tre Fontane, in Roma, per il culto dei
fedeli». Quasi un modo per ricambiare visibilmente l’omaggio della Vergine
che, andando via dalla grotta dopo l’apparizione, era scomparsa esattamente
in direzione del Vaticano.
In precedenza, sin dagli inizi di giugno, i devoti avevano posto nella
grotta una prima statuetta, sostituita in luglio da una un po’ più grande –
raffigurante la Madonna di Lourdes, ma ridipinta con i colori della Vergine
della Rivelazione – offerta dal personale civile dell’Ospedale militare del
Celio (oggi custodita nella sede della Sacri). La statua definitiva fu
realizzata dallo scultore Domenico Ponzi seguendo minuziosamente la
descrizione fatta dal veggente:
«La Vergine indossava un lungo manto verde, aveva un abito bianco con una fascia rosa alla vita,
mostrava un bellissimo viso orientale di colorito quasi olivastro, aveva capelli neri e sopracciglia
nere. I piedi erano nudi e nella mano destra stringeva un libro grigio. Portando il braccio destro al
seno, adagiava la mano sinistra con dolcezza sull’altra e tale atteggiamento manteneva per tutta la
durata della visione».
Quando vide la scultura, Cornacchiola ne fu contento e rievocò
inconsapevolmente le parole di Michelangelo dinanzi al suo Mosè:
«Giungendo le mani davanti a essa esclamò: ‘Perché non parli allo scultore
come hai parlato a me?’» Sottolineando però che la Vergine era di una
bellezza che non si poteva riprodurre.
Dalla basilica che commemora il martirio di san Pietro, sul colle vaticano,
fino alla zona delle Tre Fontane, nel luogo in cui venne decapitato san
Paolo, il solenne e affollatissimo pellegrinaggio – ventimila fedeli alla
partenza, centomila all’arrivo, secondo le stime fornite dal questore di
Roma alla Direzione generale di Pubblica sicurezza – accompagnò la statua
per una dozzina di chilometri, lungo un percorso che toccò largo Argentina,
via dei Fori Imperiali, il Colosseo, l’Arco di Costantino (con l’eccezionale
apertura della catena che ne blocca normalmente il passaggio), la Piramide
e la basilica di San Paolo fuori le mura. Infine la statua venne issata sulle
spalle da alcuni dei primi malati che avevano ricevuto la grazia della
guarigione dalla Vergine della Rivelazione e sistemata nella grotta, dove si
trova tuttora.
La solennità della cerimonia e il coinvolgimento in prima persona del
Pontefice, a così poco tempo dall’evento e con le indagini ecclesiastiche
ancora in corso, è la prova di una credibilità indiscussa sin dai primissimi
tempi. D’altronde, nel misterioso intrecciarsi delle manifestazioni mariane,
Papa Pacelli era stato più volte protagonista di segni celesti, a cominciare
dal sincronismo della propria consacrazione episcopale con la prima
apparizione della Madonna a Fatima, il 13 maggio 1917. E quando, il 1°
novembre 1950, proclamò il dogma dell’assunzione di Maria in Cielo, poté
rivedere dai giardini vaticani in quattro giorni diversi – 30 e 31 ottobre, 1° e
8 novembre – il miracolo del sole, come si era verificato il 13 ottobre 1917
a Fatima, nella sesta e conclusiva apparizione ai tre pastorelli.9
Un altro episodio collegato a Pio XII aveva avuto come protagonista la
catechista ventenne Luigina Sinapi che esattamente dieci anni prima
dell’apparizione a Cornacchiola, il 12 aprile 1937, portò le Figlie di Maria
della sua parrocchia in pellegrinaggio all’abbazia delle Tre Fontane.
Passeggiando nel vicino boschetto di eucalipti, Luigina vide in una grotta
degli ossicini che le sembrarono resti umani di un aborto. Li seppellì
insieme con una medaglietta miracolosa, quella dell’apparizione del 1830 a
Caterina Labouré, e all’improvviso vide dinanzi a sé la Vergine, che le
disse:
«Tornerò in questo luogo. Mi servirò di un uomo che oggi perseguita la Chiesa, vuole uccidere il
Papa. Ora vai in San Pietro, troverai una signora, così vestita [...]. Lei ti condurrà dal fratello
cardinale. Porterai a lui il mio messaggio. Inoltre dirai al cardinale che presto sarà il nuovo Papa».

Luigina fece ciò che la Madonna le aveva ordinato, e in San Pietro trovò
quella signora: era la marchesa Elisabetta Pacelli, sorella del cardinale
Eugenio Pacelli. Con il suo aiuto, poté riferire al porporato la
comunicazione, ricevendone come risposta: «Se son rose fioriranno». Meno
di due anni dopo, il 2 marzo 1939, effettivamente divenne Pontefice e
assunse il nome di Pio XII.
Fu sostanzialmente questa la ragione per cui, quando ebbe notizia
dell’apparizione alle Tre Fontane, Papa Pacelli se ne mostrò
immediatamente interessato – anche perché la Vergine aveva anche detto,
alla catechista Sinapi: «Da questo luogo stabilirò a Roma il trono della mia
gloria». E al gesuita Riccardo Lombardi il Pontefice confidò: «Io lo
sapevo». Tanto che volle riservatamente incontrare Bruno Cornacchiola il
22 luglio 1947, come documenta il diario personale del veggente:
«La notte don Sfoggia mi dice che il Papa mi vuole vedere. Si va e si viene. Tutto segreto».

E, ai monsignori della Curia romana che gli chiedevano cosa si dovesse


decidere circa i fatti delle Tre Fontane, il Pontefice rispose:
«Ma che cosa dobbiamo decidere? Non si fa del bene? Non si prega? Non ci sono ravvedimenti?
Non si accomodano matrimoni? E allora lasciamo che la Madonna faccia quello che noi non
sappiamo fare».

Lo stesso Cornacchiola, che nulla aveva saputo della vicenda di Luigina


Sinapi fino a dopo la morte della donna (avvenuta il 17 aprile 1978), ebbe
una misteriosa esperienza, che così raccontò sul proprio diario:
«La notte del 16 aprile 1987, alle ore 23.30 circa, mi sveglio e quando avviene questa insonnia mi
alzo e cerco di fare qualcosa, pregare, scrivere e meditare. Questa volta sento impellente il
desiderio di accostarmi alla seggiola dove, il 21 febbraio 1948, la Vergine cara per parlare con me
si siede accanto al letto in via Modica 2, dandomi un messaggio per i cari sacerdoti. Mentre ero lì e
pregavo, sento dentro di me una voce femminile, non era la Vergine, e mi dice: ‘Riquadro 50;
ricordalo: riquadro 50’, ripeteva... Fino alla mattina dell’Angelo, cioè il lunedì di Pasqua, non mi
rendevo conto del perché questo ‘riquadro 50’. Terminate le nostre preghiere del mattino del
giorno 20, chiamo il fratello Tito e lo invito con il bambino Marco a venire con me al cimitero
perché dobbiamo trovare il riquadro 50 che me lo sento in testa. Si parte, visitiamo la nostra tomba
dov’è sepolta Iolanda e altri parenti. Mentre ero davanti alla nostra tomba, sento di nuovo la voce
che mi dice: ‘Non dimenticare il riquadro 50’. Allora dico al fratello Tito: ‘Cerchiamo il riquadro
50, che non mi si toglie dalla mente’; e ci mettiamo a girare per il Verano. Arriviamo al riquadro
50, entriamo e mi viene in mente ‘Sinapi’. Dico a Tito e al bambino: ‘Vedete un po’ se c’è una
tomba della famiglia Sinapi’, e giriamo per il riquadro. Io vado avanti e improvvisamente mi trovo
davanti a una piccola lapide con la scritta ‘Luigina Sinapi’, chiamo Marco e dico: ‘Vai a chiamare
Tito che venga; l’ho trovata’».

Prosegue il racconto del veggente:


«Mentre aspetto il loro ritorno, guardo di nuovo verso la tomba e vedo una signora inginocchiata
che si gira e mi guarda. Mi sembra una della famiglia perché le rassomiglia... Arrivano fratello Tito
e Marco, e dico loro: ‘Ecco, vedete: questa è la persona che dicono che abbia visto sulla collina
delle Tre Fontane nel boschetto...’ La signora si gira alla parola ‘dicono che abbia visto...’ ‘... credo
che fosse nel 1937, cioè dieci anni prima dell’apparizione, ma non conosco il giorno’. La signora si
gira di nuovo e dice: ‘12 aprile 1937’. Mi sembra proprio la persona della fotografia, non dico
niente, in me sento la voce della signora che sorride e raccolta prega: ‘Tu devi offrirti vittima per la
conversione e santificazione dei sacerdoti e religiosi che hanno abbandonato la via della dottrina e
della morale perdendo la forza della salvezza, e per colpa loro molte anime vanno all’inferno. Il 17
molti mi hanno dimenticata, ma oggi ti ho chiamato e sei venuto tu a trovarmi. Quella cosa che ti
sta a cuore sarà fatta al più presto, per la pace e la conversione delle anime’. Mi sentivo come
svanito e smarrito; dopo un po’ ritorno in me, è stato un attimo. Guardo fratello Tito per dirgli
qualcosa, ma la signora non c’era più, avevo sempre in mente che era la sorella della Sinapi o
qualche parente. Quando ho avuto l’occasione di parlare con monsignor Pietro Bianchi (un suo
amico sacerdote del Vicariato di Roma, N.d.A.) e gli domando se la Sinapi aveva una sorella che le
rassomiglia, mi risponde: ‘Ma la sorella è grossa...’ Allora credo veramente che quella signora
vista alla tomba era la Luigina Sinapi che vuole crescere come il seme di senape e fare del bene a
tutti. Scrivo per ricordare e ricordo per pregare».

Cornacchiola comunque non si eresse mai a paladino dell’apparizione:


«Ogni cosa sottopongo a chi di dovere, non giudico ma accetto qualsiasi
verdetto per la gloria di Dio e onore alla Vergine Maria nostra Madre cara»
scriveva sul diario. E quando le autorità ecclesiastiche minacciavano di
chiudere la grotta e proibire i pellegrinaggi dei fedeli, rispondeva che
facessero pure: a lui, come già diceva Bernadette a Lourdes, spettava
unicamente testimoniare quello che gli era accaduto e vivere di
conseguenza secondo le richieste della Vergine.
Le ostilità che dovette affrontare per tutto il corso della sua vita, anzi, lo
condussero spesso a interrogarsi sulla veridicità degli eventi di cui era stato
protagonista. Poco più di un anno dopo l’apparizione, il 13 maggio 1948,
troviamo annotato sul diario:
«Stavo leggendo il messaggio e chiedo: ‘Vergine santa, se non eri tu che mi sei apparsa, distruggi il
demone e fai in modo da apparire tu a dirmelo, per autorità’. Meraviglia, accanto a me, nella stessa
seggiola, la Vergine sorridente mi guarda e dice: ‘Quanti ne devi passare di dolori fino a che
morrai. Sopporta tutto con rassegnazione e prega molto, diventa un nulla, non darti pena. Tutto è
conforme alla volontà di Dio per la redenzione delle creature tutte’».

Ciò nonostante, il 19 luglio successivo le inquietudini tornano forti:


È
«Sono in dubbio della realtà del fatto: allucinazione collettiva? È il demonio? Ero nella via della
verità prima? Mi sono fatto lasciare ingannare dal male?»

E ancora, il 21 luglio 1977, tornerà sul tema:


«Cosa mi sta succedendo? È una cosa molto curiosa, in me si sta facendo strada un dubbio che mi
tormenta, ma sarà vera l’apparizione? Ma ce ne sono state finora ventidue, possibile che tutte sono
fasulle? No, Madre cara, tu sei apparsa e ogni parola detta è verità».

Era soprattutto il suo carattere duro e intransigente a creargli inimicizie. In


un foglietto volante inserito nell’agenda del 1948, lui stesso riferì di una
certa suor Caterina
«che è stata in forma privata dal Papa e gli ha parlato di me. Il Santo Padre è molto contento di
tutto, certo di me no, sono un peccatore. Poi [la suora] mi dice che ha parlato col cardinale Canali.
Il cardinale le ha detto che le cose vanno lente perché fra i tranvieri non si dice bene di me. Sono
contento che non si dice bene. È meglio la Chiesa pensi quel che vuole. Io sono convertito e il
Signore mi protegga sempre, la Vergine benedica me e tutti quelli che si accostano al Dio trino».

Il 27 dicembre del medesimo anno confida al diario:


«Molti preti mi fanno sempre la stessa domanda: ‘Perché la Madonna ha scelto te per parlare alle
anime?’ Dietro questa domanda ero triste, e anche io mi facevo tale domanda: ‘Perché a me?’ Un
giorno chiesi alla Vergine: ‘Perché proprio a me e non a un altro per farti vedere, chiamarmi sulla
via giusta e chiamare gli altri?’ Mi rispose: ‘È l’onniscienza di Dio uno e trino che mi indicò il
peggiore dei peggiori dei peccatori e il più indegno davanti a Dio e agli uomini. È la misericordia
che mi ha inviato a te, scelto tra i peggiori che tu superavi; ora devi superare i migliori perché i
peggiori si convertano a Dio e il mezzo sei tu, pieno di ignoranza e incapacità’».

Certamente si può affermare che Cornacchiola non trasse mai profitto


dall’apparizione. Continuò a lavorare sino alla pensione e visse sempre
modestamente, rifiutando qualsiasi tentazione. Il 13 aprile 1983 annotò:
«Ieri una signora mi consegna un cestino pieno di soldi dicendomi: ‘Questo è per lei, signor
Cornacchiola’. Ma questo non mi è piaciuto, dico a un fratello di consegnare tutto a madre Prisca
che lo dia ai frati. Questa mattina son dovuto andare alla grotta per consegnare il tutto».

Evidentemente punto sul vivo, tre giorni dopo aggiunse:


«Tutti, senza nessuno escluso, e sembra unirsi d’accordo, accusano me di sfruttamento
dell’apparizione. Sì, la sfrutto spiritualmente per far conoscere la verità della salvezza eterna, ma
non che i soldi raccolti vengano a me. Precisiamo: vanno ai frati e al Vicariato».

Il 31 gennaio 1968 annotò con amarezza che il figlio Carlo


«non trova lavoro proprio per il cognome che porta, Cornacchiola. Fratello Silvano si sta
vivamente interessando per trovare lavoro a Carlo, ma ogni volta che viene al nocciolo gli fanno la
domanda: ‘Dimmi un poco, è quel Cornacchiola dell’apparizione?’ La risposta è ‘Sì’, ‘Allora non
c’è niente da fare’».

Nonostante l’indubbia fiducia di Pio XII nell’apparizione, la consuetudine


prevalse: poiché gli eventi soprannaturali devono essere approvati dal
vescovo del luogo, nella diocesi di Roma questo avrebbe coinvolto il
Pontefice in prima persona, e si preferì soprassedere. Comunque, nel 1956,
Papa Pacelli consentì il culto pubblico, affidando ai francescani minori
conventuali la custodia della grotta e della cappella adiacente.
Cornacchiola mantenne i contatti anche con i successivi Pontefici. L’8
luglio 1959 venne ricevuto da Giovanni XXIII, al quale descrisse l’attività
catechistica dell’associazione Sacri, ottenendone in risposta:
«Lei ha doppio merito. Uno perché istruisce, l’altro perché è istruito. Lavori molto, il catechismo è
un’arma forte contro il diavolo e la benedico proprio perché lavori».

Il 17 ottobre 1973 incontrò Paolo VI, col quale scambiò soltanto poche
parole e una stretta di mano. Più intenso, anche se spesso per interposta
persona (in particolare il cardinale Andrzej Maria Deskur), fu il rapporto
con Giovanni Paolo II, che già conosceva la grotta delle Tre Fontane per
avervi pregato nel 1975, quando era ancora il cardinale Wojtyla, su
suggerimento del primate di Polonia Stefan Wyszynski, che vi si era recato
già nel 1958.
Quando Bruno gli scrisse per raccontargli i particolari del ‘miracolo del
sole’ (che dettaglieremo più avanti), Giovanni Paolo II gli fece inviare, il 23
maggio 1980, una speciale benedizione a voce affidata al cardinale vicario
Ugo Poletti e da quest’ultimo al parroco della zona don Pasquale Silla. Poi
sollecitò nuovamente la documentazione, che non gli era stata recapitata
dalla Segreteria di Stato. Il 21 giugno si legge sull’agenda:
«Io e padre Pietro siamo andati da monsignor Zannoni, che ci aspettava, con i documenti: 1. La
lettera mia al Papa. 2. Il messaggio del 1979, il 7 novembre. 3. La mia relazione dei fatti avvenuti
il 12 aprile 1980 già annunciati dalla Vergine cara».

Il successivo 25 giugno aggiunse:


«Monsignor Zannoni ci fa sapere che tutto è andato bene, il Papa ha ricevuto tutto ed è contento,
ha espresso il desiderio di volermi parlare».
Su precisa indicazione di Papa Wojtyla (che in quel momento si trovava a
Buenos Aires per la Giornata mondiale della gioventù), il cardinale Poletti
celebrò alle Tre Fontane la Messa per il quarantennio della prima
apparizione, il 12 aprile 1987. A un amico il porporato raccontò di aver
preparato l’omelia su due punti, il Papa missionario in America latina e il
trionfo di Cristo nella festa delle Palme, ma poi aveva sentito l’ispirazione a
parlare della santità di quel luogo. Successivamente, in una intervista
videoregistrata, l’allora cardinale vicario dichiarò:
«Abitualmente si chiede: ‘Ma c’è un riconoscimento ufficiale della Chiesa?’ Questo non è il
problema. Non è tanto il problema di un riconoscimento ufficiale, quanto dell’avvenimento in sé
che contiene un suo messaggio, un suo valore, un suo significato. Dio si compiace, molte volte
direttamente o attraverso la Madre sua, di aprire luoghi di incontri dell’umanità sofferente, con lui
e con il suo amore. Questo è uno di quei luoghi».

Prosegue la testimonianza di Poletti:


«Si apre dunque una sorgente di grazia alle Tre Fontane presso la grotta dell’apparizione. Questo è
importante. Come pure l’atteggiamento di Bruno Cornacchiola, che non ha fatto clamori, non ha
chiesto riconoscimenti, ha sempre testimoniato con umiltà, ha raccolto attorno a sé un’associazione
con scopo catechistico, l’associazione Sacri, che ha l’impegno di ricordare l’avvenimento della
Madonna delle Tre Fontane, ma soprattutto di continuare nell’umiltà e nella fede l’annuncio della
bontà di Dio, della misericordia di Dio, una catechesi semplice, senza clamore, ma proprio per
questo autentica, perché risponde di più alle caratteristiche del Vangelo. Sono lieto di dire queste
cose per ringraziare la bontà di Dio che ha voluto apparire qui, all’ingresso di Roma, in un luogo
circondato da mondanità, ha voluto aprire una sorgente della sua grazia e del suo amore, onorando
e glorificando la Madre sua. Sono lieto di dare questa testimonianza e mi auguro che molti siano
invitati a riflettere, a ricercare Dio, non nel clamore, ma a ricercarlo nell’amore, nella bontà, nella
misericordia sua, sempre per mezzo di Maria, alla quale il Signore Iddio, in Gesù il divin
Salvatore, ha affidato il compito di aprire la Rivelazione agli occhi chiusi di tanti uomini che non
vogliono vedere. Questo è il valore e il significato del santuario delle Tre Fontane, la Madonna
della Rivelazione».

Due ulteriori e significativi passaggi avvennero con il cardinale Camillo


Ruini, dal 1991 successore di Poletti come vicario del Papa per la diocesi di
Roma. Il 17 marzo 1994 promulgò un decreto con il quale «visto il
concorso del popolo cristiano che si reca in pellegrinaggio presso la grotta
delle Tre Fontane a venerare la beata Vergine Maria» e «considerata
l’opportunità di erigere nel luogo una chiesa per favorire la devozione alla
beata Vergine Maria» venne eretta in persona giuridica la chiesa di Santa
Maria alle Tre Fontane. Tre anni dopo, il 2 aprile 1997, con l’approvazione
di Giovanni Paolo II, la denominazione della chiesa ebbe una significativa
aggiunta – in contemporanea con l’avvio del tempo di preparazione al
grande Giubileo del Duemila – diventando Santa Maria del Terzo Millennio
alle Tre Fontane.
Innumerevoli sono le testimonianze di conversione. Una per tutte quella
di Carlo Campanini che andò alla grotta nel 1948, si convertì e poi si recò a
San Giovanni Rotondo per confessarsi da padre Pio. Come penitenza, il
frate gli disse:
«Vai a Roma alla grotta delle Tre Fontane dove è apparsa Mamma e prega per me».

Campanini replicò:
«Ma è la Mamma che mi ha mandato qui».

E padre Pio:
«Lo so, ecco perché ti rimando là per ringraziarla».

A padre Pio si rivolse anche don Giuseppe, un parroco romagnolo che


voleva organizzare una missione di Cornacchiola nel suo paese, per sapere
se fosse opportuno invitare il veggente. La risposta fu:
«Sì, chiamalo, fai molto bene, ma la richiesta al vescovo falla dolcemente!»

Una promessa fatta dalla Vergine della Rivelazione durante la prima


apparizione fu esplicita: «Io convertirò i più ostinati, con miracoli che
opererò con questa terra di peccato». E mai come in questo caso la
tempestività e l’efficacia dell’azione della Madonna sono state al di là di
ogni aspettativa, al punto da sollecitare la costituzione, sin dall’estate del
1947, di una Commissione medica per verificare scientificamente le
guarigioni e la loro effettiva persistenza. Presidente era il dottor Alberto
Alliney, già membro del Bureau médical di Lourdes, insieme con il
professor Alfredo Schiavone Panni.
A chiunque visiti oggi il deambulatorio posto attorno alla grotta risulta
evidente la quantità di prodigi che sono stati attribuiti all’intervento della
Vergine dai tantissimi che ne hanno voluto lasciare testimonianza attraverso
ex-voto, fotografie, cuori e arti d’argento, lapidi marmoree che risalgono
anche agli immediati giorni dopo l’apparizione. Fra i primissimi casi che
fecero scalpore, ci fu quello del dipendente comunale Carlo Mancuso, 36
anni d’età, che a fine maggio era caduto nella tromba dell’ascensore,
fratturandosi il braccio destro e le ossa del bacino.
Ingessato, venne ricondotto a casa e le sue urla di dolore erano così forti
che i passanti e tutto il vicinato ne erano angustiati. La superiora
dell’istituto scolastico frequentato dalla figlia dell’infortunato gli portò un
po’ di terra dalla grotta e, subito dopo averne cosparso il corpo, un
improvviso formicolio nel braccio e nella mano, uno scricchiolio di ossa
anche al femore, poi l’uomo si sollevò in piedi e cominciò a camminare e a
muovere il braccio senza più dolori. Quel che risultò prodigioso fu che le
radiografie immediatamente eseguite mostrarono che le ossa risultavano
ancora fratturate, ma i movimenti di Mancuso erano completamente
normali.
Ne resta strabiliante documentazione nel certificato redatto dal dottor
Giuseppe Del Duca:
«All’atto della mia visita, il 18 giugno, noto movimenti del braccio e del bacino liberi e disinvolti
e, salvo lievissima tumefazione e lieve limitazione dei movimenti del polso destro, nessuno dei
residui gravi soliti a riscontrarsi in tali casi (e tanto più a soli venti giorni circa dalla frattura).
L’esame radiografico che si allega mostra una frattura grave del radio e una al polso e una frattura
della branca montante del pube allo stadio presso a poco corrispondente alla data della frattura. Il
meraviglioso sta nel fatto che, esistendo ancora le fratture non guarite, e solo avviate a guarigione,
il paziente possa compiere con tanta disinvoltura e senza dolori tutti i movimenti che
ordinariamente non si riacquistano (e per lo più male) se non dopo un tempo assai più lungo».

Nel 1952 il dottor Alliney, dopo cinque anni di approfondimenti e di


verifiche sullo stato di salute dei presunti risanati, pubblicò un libro nel
quale proponeva quattordici casi di guarigioni «che non possono essere
spiegate alla luce della scienza». Ne scorriamo i più eclatanti (per motivi di
opportunità, Alliney segnala soltanto le iniziali dei protagonisti, ma la
certificazione è conservata in Vicariato o presso i francescani).
La quindicenne C.L., nel luglio del 1947, si recise con un coltello il
tendine del dito medio della mano destra. Il dottor Sanguinardi attestò di
non aver potuto eseguire l’operazione chirurgica per suturare i due monconi
in quanto la ferita continuava a essere in suppurazione ancora diverse
settimane dopo l’incidente. Il 2 settembre successivo la ragazza applicò
sulla ferita un po’ di terra della grotta e immediatamente avvertì uno strano
dolore, ma poi la piaga guarì e il dito riprese la sua normale funzionalità,
attestata da un certificato del medesimo medico. Commenta Alliney:
«Noi sappiamo che un tendine reciso non può mai riunirsi senza la tenorrafia (l’intervento per
suturare due segmenti tendinei, N.d.A.), che in questo caso poi sarebbe stata difficile e forse senza
risultato, dato che da mesi i monconi del tendine stesso erano attorniati da secrezione purulenta,
con tutte le deleterie conseguenze che ben si conoscono».
Un altro caso del dottor Alliney: dopo tre anni di forti dolori alla colonna
vertebrale, che diverse radiografie avevano attribuito a un progressivo
peggioramento dell’artrosi delle vertebre lombari nonostante la sua giovane
età di soli trentacinque anni, il dottor C.M. si recò alla grotta il 15 gennaio
1948 e si soffermò per più di tre ore in una intensa preghiera.
All’improvviso avvertì un dolce senso di benessere e la scomparsa dei
dolori. Il giorno dopo tornò per lasciare il busto ortopedico, ormai inutile,
come gesto di riconoscenza. Il professor Eugenio Milani, pioniere della
radiologia in Italia e docente nell’università di Roma, tre mesi prima aveva
diagnosticato
«anomalia di alto grado delle vertebre di passaggio lombare: anomale le faccette articolari laterali
fra la III e la IV; la IV lombare ha i caratteri di una V; la V lombare ha assunto caratteri come nella
I sacrale; in laterale, riduzione della lordosi fisiologica».

Guardando la nuova radiografia del 22 gennaio 1948, il professor Milani


sancisce che, incredibilmente,
«sono scomparse tutte quelle note artritiche che erano state rilevate nei precedenti radiogrammi e
anche in laterale le curvature sono normali. Conclusione: le condizioni sono tornate pertanto al
normale».

La ventiseienne C.B., nell’autunno del 1947, cominciò ad avvertire delle


trafitture al seno destro e notò il graduale accrescimento di due noduli. A
preoccuparla maggiormente c’era anche una fuoriuscita di sangue dal
capezzolo. Sottoposta a biopsia, le venne diagnosticato un cancro, la cui
asportazione avrebbe comportato la totale resezione della mammella e dei
muscoli circostanti. Per l’operazione fu coinvolto il professor Raffaele
Bastianelli, direttore dell’istituto Regina Elena per lo studio e la cura dei
tumori, che confermò la diagnosi. L’intervento chirurgico era in calendario
per la fine di gennaio del 1948. La sera prima di entrare in clinica, la donna
si recò alla grotta e prese un po’ di terra, che a casa applicò poi sul seno.
All’istante sparirono i dolori, cessò la fuoriuscita di sangue e i noduli si
sgonfiarono. Nella visita del mattino seguente, Bastianelli non poté che
constatare l’incredibile evento e annullare l’operazione.
La signora M.M. fu colpita, nel maggio del 1947, da turbe visive
all’occhio sinistro. Il professor Mario Bartolotti, direttore dell’istituto di
radiologia dell’università di Napoli, la sottopose a tre successivi
accertamenti, che nell’arco di otto mesi indicarono un progressivo
aggravamento di un tumore all’interno del cranio, da cui derivavano atroci
dolori alla testa e progressiva perdita della vista. Il professor Felice Visalli,
uno dei fondatori della Società italiana di neurochirurgia, il 2 marzo 1948
diagnosticò:
«L’esame radiologico orienta la diagnosi verso un processo espansivo endosellare ed extrasellare.
L’aspetto della sella è tale che non ammette dubbi diagnostici. Ho consigliato la signora di farsi
operare, e al più presto».

Prima di sottoporsi all’intervento, la donna volle però recarsi alla grotta,


dove pregò con fervore e raccolse un po’ di terra che, rientrata a casa, si
applicò sulla testa. Immediatamente scomparvero i dolori e la vista tornò
normale. Nuovi accertamenti clinici, sia oculistici che radiologici, hanno
mostrato il pieno recupero della salute.
La cinquantaseienne suor M.A.V. soffriva di una grave insufficienza
cardiaca: il 22 aprile 1948 un accertamento radiografico mise in evidenza
che il suo cuore aveva un diametro trasversale di 21 centimetri. La
miocardite, che la tormentava da quasi una ventina d’anni, le causava
notevoli difficoltà respiratorie anche da ferma. A fine maggio una
consorella la accompagnò dinanzi alla grotta e in quel momento la religiosa
sentì fortissime punture al cuore che la fecero urlare dal dolore. «Coraggio,
sono le ultime» le disse l’accompagnatrice, pensando che stesse per morire.
Ma in realtà furono le ultime perché subito dopo la suora si riprese
perfettamente. Il suo medico curante, il dottor Attilio Staffa Dragonetti,
ripeté la radiografia e osservò che il diametro si era ridotto a 16 centimetri.
Ha certificato Alliney:
«In seguito a varie forme patologiche e per lo sforzo a cui il muscolo viene sottoposto, il diametro
aumenta e si ha l’ingrossamento del cuore; cioè, dapprima avviene l’ipertrofia e poi, come
risultanza del continuo e forte riempimento dei ventricoli durante la diastole, il muscolo diviene
fiacco, cedevole, e si ha la dilatazione, cioè la trasformazione del tessuto nobile muscolare in
tessuto cicatriziale, con impossibilità quindi di regredire e con conseguente debolezza funzionale
che porta all’insufficienza. La prognosi è sempre infausta, la guarigione è impossibile».

Insieme con le tante profezie che vedremo in seguito, un insolito


preannuncio venne dato dalla Vergine della Rivelazione a Cornacchiola il 7
novembre 1979. Mentre era in preghiera davanti alla grotta, Bruno la vide
per la ventitreesima volta e si sentì innanzitutto spiegare
«in che cosa consiste la conversione e come poterla mantenere: vivere in umiltà, essere sottoposto
all’ubbidienza e conoscere per vivere la verità, avere pazienza nelle persecuzioni e umiliazioni,
vivere la fede e dare il buon esempio in tutto».

Poi la Madonna gli disse:


«Il 12 aprile dell’anno che viene, 1980, è il trentatreesimo anniversario della mia venuta in questa
grotta ed è lo stesso giorno sabato in Albis del 1947: in tale occasione e in un modo tutto speciale,
prometto molte potenti grazie materiali e spirituali, nello spirito e nel corpo, a chi con fede e amore
me le chiede. Per quel giorno io farò un gran portento nel sole, per richiamare gli increduli alla
viva fede. Tu taci, non parlare: non dire nulla».

Al termine,
«con le lacrime agli occhi, ritorno dal confessore e gli racconto ciò che era successo alla grotta. Lui
mi dice: ‘Scrivi tutto in un quaderno e conservalo, mostrandolo alla responsabile della Sacri,
affinché sia anche lei una testimone di questo fatto e del miracolo che dovrà verificarsi’. Faccio
ritorno in comunità, scrivo ogni cosa su un quaderno, lo faccio vedere a madre Prisca –
responsabile della Sacri in qualità di presidente – e poi metto il tutto sotto chiave».

Cominciò così la trepidante e silenziosa attesa del veggente. Soltanto il 4


aprile, primo venerdì del mese, durante la consueta celebrazione della Via
crucis alla grotta, diede un piccolo avviso agli associati alla Sacri:
«Cadendo il prossimo 12 aprile lo stesso giorno sabato in Albis della prima apparizione, la Vergine
ha promesso per quella data grazie spirituali e materiali».

Nessun accenno però al promesso portento solare.


Giunse il giorno. La folla convenuta alla grotta era davvero tanta. In attesa
della Messa, Cornacchiola guidò la recita del rosario, rivolse alcuni pensieri
spirituali ai presenti e testimoniò degli avvenimenti del 1947. Il sole gli
illuminava il viso:
«Lo vedo che stava sopra la cima degli alberi, brillante e maestoso come non mai! Dopo circa
un’ora e venti minuti (dalle 15.20 alle 16.40), notavo che il sole, dal punto prima descritto, non si
era spostato: era sempre lì, sopra la cima degli alberi, davanti a me».

Ma poi la descrizione si fece più concitata:


«Vedo il sole che si sdoppia, restando fermo al suo posto quello che avevo visto da principio;
l’altro sole va sopra la grotta e la illumina tutta, in direzione della croce – anch’essa tutta
illuminata, senza elettricità – e vedo il sole che inizia a girare come un carosello, avanzando e
indietreggiando: era vivo e denso, sembrava acqua che ribolliva, come una fornace che squaglia
l’acciaio. La sua luce era talmente forte che rimanda il mio pensiero alla luce che vidi dentro la
grotta quando mi apparve la prima volta la Vergine della Rivelazione sopra un grosso masso di
tufo. Distinti vedevo i tre colori che emanavano dal sole: verde al di fuori, rosa dentro e, al centro,
bianco: il tutto vertiginosamente girava, girava. Resto in silenzioso raccoglimento; poi vedo il sole
che, da sopra la cima degli alberi, si unisce all’altro sole sopra la grotta».
Intorno alle 17 cominciò la Messa e verso le 17.50 il momento della
consacrazione:
«Si sente un boato, come di terremoto; faccio gridare: ‘Evviva Maria’ per tre volte».

Quindi, all’interno della grotta, la statua apparve come infuocata; qualcuno


gridò che stava ardendo. Si sparse la voce dei giochi di luce nel cielo e tutti
alzarono lo sguardo. Al Padre nostro la Messa venne momentaneamente
interrotta e per una mezz’oretta, fino alle 18.20, tutti poterono assistere alla
replica degli eventi di Fatima del 13 ottobre 1917.
La relazione ufficiale inviata dal francescano Alfonso Zincarini al
ministro generale dell’Ordine padre Vitale Bommarco, contiene una sintesi
delle testimonianze scritte raccolte nei giorni successivi al prodigio:
«L’astro è sembrato muoversi per alcuni metri nel cielo verso la grotta e avvicinarsi alla Terra; lo si
poteva vedere con assoluta tranquillità come una palla di fuoco roteante su se stessa
vorticosamente, senza fastidi per gli occhi. Parendo più grande del normale, mostrava all’interno
della sua corona cangiante in diversi colori (per i più verde, rosa e nero), come un magma
incandescente in rapido movimento (in ebollizione) e tendente a formare figurazioni diverse,
individuato variamente dai testimoni: una croce, una M, un cuore contornato da stelle o grondante
sangue, il monogramma di Cristo (IHS), due mani giunte, la Sacra Famiglia, la Vergine della
Rivelazione... Alcuni asseriscono anche di aver visto la corona solare scomporsi e ricomporsi in tre
cerchi di vario colore; altri di aver notato che, nonostante l’ostacolo dei numerosi alberi, il sole
balzava chiaro ai loro occhi e illuminava di una calda e vivida luce, quasi fuoco, la cappella del
convento (dove si conserva l’Eucaristia), le fronde degli alberi, i volti e gli abiti delle persone».

I faldoni con i resoconti di quanti erano presenti – e fra loro anche molti
bambini, insieme con numerose autorità religiose, civili e militari – sono
custoditi sia nell’archivio dei francescani, sia in quello della Sacri. Uguali
testimonianze si sono avute anche in anni successivi, sempre il 12 aprile. In
particolare: nel 1982, nel 1985, nel 1986 e nel 1987, per il quarantesimo
anniversario.
6.

I sacrifici

Da Abramo, cui Dio chiese di sacrificare il figlio Isacco come prova di


totale sottomissione, a Bernadette, che venne invitata dalla Madonna a
mangiare l’erba e a bere l’acqua fangosa della grotta di Lourdes come
mortificazione in favore dei peccatori, fino a padre Pio, vessato per l’intera
vita da assalti diabolici, sono innumerevoli gli esempi di cosa significhi per
l’essere umano il rapporto con il soprannaturale, costantemente intessuto di
penitenze, prove di fede e tentazioni demoniache.
Bruno Cornacchiola, ovviamente, non ne fu esentato. Già durante gli anni
giovanili, in particolare, aveva percepito l’assistenza della Vergine in
circostanze pericolose. Ma si era trattato soltanto di un minimo assaggio di
quanto avrebbe dovuto affrontare successivamente all’apparizione.
In realtà, un primo episodio significativo si verificò dieci giorni prima di
quel fatidico 12 aprile 1947. Il 2 aprile Bruno aveva lavorato fino alle
18.30; il tempo era freddo e ventoso, e gli spifferi del tram gli avevano fatto
salire la febbre. Rientrato a casa si era subito messo a letto, senza cenare, e
nel dormiveglia si era trovato protagonista di una curiosa vicenda:
«Mi trovavo in casa, seduto davanti a un tavolo con molti fogli. Stavo scrivendo una lettera che
non finiva mai, non saprei dire a chi e cosa scrivessi, solo alcune parole ricordo e sono queste:
‘Serve per unire e non per dividere, per amare e non per odiare... Vedranno e non crederanno,
poiché non conoscono... Troppo carnale è Sodoma, rinnovata è Gomorra, che vecchia si è
imbellita... Fuoco scende, tutto distrugge’. Non ricordo altro, all’improvviso sento un fruscio come
di qualcuno che si avvicina lentamente e furtivamente. La porta della camera era semichiusa, si
vede la luce, ma penso che proviene dalla cucina. Una figura entra, è una fanciulla bellissima che
non potevo neppure guardare per tanta bellezza che traspariva da lei con una luce accecante. La
veste è bianca, è scalza, mi sorride e, facendo una mimica con la mano, mi fa capire di non
muovermi e di restare dove mi trovavo. Si avvicina e, mettendosi davanti a me, mi parla. Per prima
cosa, mi fa una domanda: ‘Ubbidisci a quel che ti dico di fare?’ Senza riflettervi rispondo
immediatamente: ‘Sì’. ‘Bene, questo facilita il lavoro’».
La fanciulla gli chiese di andare a comperare dodici agnellini di zucchero:
«Farai undici pacchettini e uno lo metterai in una scatola: quello nella scatola è per il Papa Pio XII.
In ogni biglietto che metterai, ci scriverai: ‘ Maysi – Matey – Matral’, che significa: ‘Maria, Madre
di Dio e Madre d’ogni carne’. Con questa dicitura: ‘Il Signore che vive nei secoli dona per l’unione
in lui’. Questi involti li porterai in undici chiese, e dodici con la chiesa dell’Ovile di Cristo, San
Pietro. Le altre undici le spartirai fra le chiese cattoliche, protestanti, ortodosse, come ti ispirerò a
portarle. Non temere, andrai con la bambina Isola e a piedi scalzi».

Il mattino seguente, Bruno parlò con Iolanda di ciò che gli era accaduto e
del turbamento che gli aveva provocato. La moglie replicò con semplicità di
fare ciò che gli era stato detto, nel caso che fosse ‘cosa di Dio’; così,
d’istinto, Bruno andò con Isola ad acquistare i dodici agnellini di zucchero
nella pasticceria di via Enna. Prese anche la più bella confezione
disponibile, con un nastro variopinto, e disse alla bambina che era per il
Papa. Intanto rimuginava fra sé sul paradosso della propria vicenda
personale: lui, protestante irriducibile, direttore della Gioventù missionaria
avventista, che aveva comprato un pugnale destinato a uccidere il Papa, si
ritrovava ora a portargli un regalo?
Eppure, dentro di sé sentiva un inspiegabile impulso che lo spingeva ad
adempiere questo compito spirituale, come se volesse vederne gli sviluppi.
Tornato a casa, preparò i bigliettini con le intestazioni scritte a mano,
secondo l’ispirazione che aveva ricevuto:
«1. Redentoristi, via del Teatro Valle: Ai cari figliuoli; 2. Trinitari, piazza Madonna del Popolo alle
Fornaci: Ai cari fratelli; 3. Passionisti, alla Scala Santa: Ai cari fratelli; 4. Francescani, via
Merulana: Ai cari al mio cuore; 5. Gesuiti, via degli Astalli: Ai cari maestri in Cristo; 6. Vaticano,
San Pietro: Alla Santità del Padre; 7. Ortodossi, nei pressi di Santa Maria Maggiore: Ai cari
fratelli; 8. Avventisti, via Pinerolo: Ai miei fratelli cari; 9. Valdesi, via 4 novembre: Ai cari
figliuoli di Dio; 10. Metodisti, via Firenze: A coloro che amano; 11. Pentecostali fratelli, via
Pistoia: Ai ripieni della mia potenza; 12. Pentecostali uniti, via Condotti: Ai ripieni della mia
potenza».

In quello stesso 3 aprile cominciò il giro:


«Io e Isola, scalzi, andiamo dal pastore Karl, è molto contento del pacchetto ricevuto, poi si passa
in via Pistoia, alla Scala Santa e anche a Sant’Antonio in via Merulana, poi si va a Santa Maria
Maggiore dagli ortodossi, si scende e andiamo in via Firenze dai metodisti, e ancora in via
Condotti dai fratelli pentecostali. Siamo stanchi e facciamo ritorno a casa, non diciamo niente e
attendiamo l’indomani».

Il percorso prosegue il 4 aprile:


«Il primo è in via del Teatro Valle dai redentoristi, poi si va a San Pietro, entriamo nella basilica e
andiamo a forza di domandare in sacrestia, ci accostiamo a un sacerdote seduto dietro un tavolo e
gli dico: ‘Scusi avrei da consegnare questo pacchetto al Papa, come devo fare?’ Lui mi rispose:
‘Non è qui che si deve rivolgere, vada sulla piazza, entri dal portone di bronzo e domandi lì che le
daranno spiegazioni’. Il pavimento di San Pietro è molto freddo e sentivamo i brividi per tutto il
corpo. Ringrazio e vado al portone di bronzo».

Nell’ingresso dal lato del portone di bronzo, sulla destra del colonnato,
c’erano guardie svizzere e altri gendarmi in borghese:
«Appena dico alla persona dietro il tavolo che ho un pacchetto da consegnare al Papa, mi
circondano tutte quelle persone che stavano nell’atrio, come se fossi un osso da rosicchiare. Isola si
mette paura e piange. Un omone grassoccio la calma, un altro si avvicina a me e dice: ‘Vediamo
questo pacchetto, lo apra’. Lo sciolgo e lo faccio vedere. Uno lo prende tra le mani. Lo odora e mi
dice: ‘Non sarà una bomba?’ ‘No!’ rispondo, ‘è zucchero, lo debbo dare al Papa’. Prende il
biglietto e lo legge, si volta verso di me: ‘Scriva il suo nome, cognome e indirizzo’. Mi da una
penna e scrivo: non volevo far sapere a nessuno chi era che donava gli agnellini dell’unità, ma qui
sono stato costretto a farlo. Agli altri dicevo: ‘Mi hanno incaricato di consegnarle questo
pacchetto’, e tutto era fatto, ma qui al Vaticano che complicazione. Si mettono tutti a ridere,
usciamo dal portone di bronzo e ci dirigiamo in piazza delle Fornaci dai trinitari, facciamo sempre
a piedi scalzi il traforo della Conciliazione e corso Vittorio. Infine via degli Astalli dai gesuiti,
saliamo da piazza Venezia in via 4 novembre e consegniamo l’ultimo agnellino ai valdesi, e
sospirando dico a Isola: ‘È finita, finalmente si torna a casa’».

Il 12 aprile 1961, esattamente quattordici anni dopo la prima apparizione, la


Vergine apparve a Bruno, dicendogli che la distribuzione degli agnellini di
zucchero era stata voluta e disposta da lei. Come allora, dovrà intraprendere
«un viaggio che ha un’importanza allegorica spirituale»:
«Farai un largo giro. Devi recarti, per tre volte, in tre luoghi dove sono apparsa: Roma (terra),
Lourdes (acqua), Fatima (luce)».

I tre viaggi si svolsero dal 1° al 12 maggio 1963 («Per l’unità di tutti i


cristiani, formando un solo ovile e un solo pastore nella vera Chiesa
sacramento di salvezza, dove regnano sovrani i tre Punti bianchi della pace
e dell’unità d’amore: l’Eucaristia, l’Immacolata Madre di Dio e il Papa»),
dall’8 al 19 maggio 1966 («Per la conversione dei peccatori e atei incalliti,
formazione e conversione mediante la catechesi della dottrina di Cristo per
la salvezza») e dal 6 al 17 luglio 1975 («Per la preparazione alla fine del
mondo, del peccato e per un vero rinnovamento spirituale»).
Per il primo e il terzo dei viaggi l’indicazione fu precisa:
«Qui nella grotta prenderai tanta terra sufficiente per quel che ti spiegherò. Da qui andrai a Lourdes
e attingerai acqua, dopo proseguirai il viaggio fino a Fatima. Lì giunto, devi impastare terra e
acqua con l’aria e il sole di Fatima e ne formerai del fango. Il tutto, impastato nel sacrificio e nella
preghiera, dovrai metterlo in sei piramidi, formata ognuna di quattro triangoli che avranno dodici
centimetri di lato. In ogni lato della piramide vi metterai una mia foto d’ogni santuario delle tre
apparizioni».

Nel secondo viaggio i partecipanti si limitarono a un gesto simbolico: il


maronita libanese padre Paolo «spruzza l’acqua di Lourdes sopra la terra
delle Tre Fontane, al sole e all’aria di Fatima». In questa occasione fecero
anche una tappa a Toledo per trovare il negozio dove Cornacchiola aveva
acquistato il pugnale per uccidere il Papa: «Ho riconosciuto la bottega, che
è stata ingrandita, e il proprietario».
Le piramidi del primo viaggio vennero consegnate, secondo la volontà
della Vergine («Questo è per chiudere sulla Terra il ciclo trinitario», gli
aveva spiegato), al vescovo di Leiria-Fatima, monsignor João Pereira
Venâncio, il 6 maggio 1963; al vescovo Remy Augustin, in rappresentanza
del vescovo di Tarbes-Lourdes monsignor Pierre-Marie Théas (che era
ammalato), il 7 maggio 1963; a padre Gentile De Santi, custode della grotta
delle Tre Fontane, il 12 maggio 1963; a Papa Paolo VI, tramite madre Lina
di Gesù, fondatrice del Cenacolo Cuore immacolato di Maria e
collaboratrice del vescovo Antonio Tedde, il 18 agosto 1965. La quinta
piramide è tuttora custodita nella sede della Sacri, mentre la sesta fu al
centro di un misterioso viaggio compiuto da Cornacchiola fra il 1° e il 4
novembre 1973.
Il 1° novembre annotò nel diario:
«Partenza per la missione segreta in Russia-Mosca. Non importano le fatiche, l’importante è che si
compia la santa volontà di Dio, in ubbidienza umile e sottomissione veramente santa».

Fra il 2 e il 3 novembre:
«Siamo stati a visitare il Cremlino, le tre chiese principali d’Ivan il Terribile e della
Annunciazione: è diventato un museo. Tutte le chiese sono musei e non vedi un sacerdote o suora
per la via. Nessun segno religioso, soltanto segni pagani di partito».

E il 4 novembre:
«Missione compiuta a gloria di Dio».

Il dettaglio più importante è però conservato unicamente nella memoria


degli attuali responsabili della Sacri: di nascosto, fingendosi un turista,
Bruno riuscì a seppellire la piramide in un’aiuola nella Piazza Rossa e
recitò il rosario. Il suo commento conclusivo si trova in data 5 novembre:
«Finalmente scrivo da casa e sopra il tavolo da studio. Ho ancora il rombo dei motori nelle
orecchie, ma quel che conta è la missione compiuta in Russia-Cccp. Cristo e Maria porteranno
vittoria sopra tutte le anime. A noi resta soltanto di pregare perché si compia più in fretta l’evento
del Regno».

Il 9 gennaio 1970, a cavallo fra il secondo e il terzo viaggio nei tre santuari,
Cornacchiola ebbe una curiosa esperienza. Mentre tornava a casa in
automobile dopo il lavoro, intento a pregare tra sé, a un certo punto invocò
la Vergine affinché intercedesse per lui con lo Spirito Santo e gli
permettesse di dare i consigli giusti a tutti coloro che gli si rivolgevano per
avere conforto e guida. Stava costeggiando il muro di cinta della città
militare della Cecchignola, in uscita da Roma, quando:
«All’improvviso vedo, vicino al secondo palo della luce, sotto la torretta, una donna, tutta vestita
di nero, che mi fa cenno con la mano di fermarmi. La macchina va a buona andatura. Guardo dallo
specchietto retrovisore e dico, fermandomi: ‘Se mi chiama, torno indietro’. Vedo che la donna mi
fa cenno con la mano: ‘Vieni qua’. Metto la retromarcia e torno indietro, fino all’altezza della
vecchietta. Tiro giù il vetro e dico: ‘Nonnetta, cosa vuoi?’ Mi risponde: ‘Devo andare a ringraziare
Chi mi dà tante grazie. Se mi ci vuoi portare mi fai un piacere. Sono tante ore che sto qui, che
aspetto che passi qualcuno. Sei passato tu... Ora portami da Quello che amo tanto’. ‘Ma dove?’
‘Laggiù, dove c’è quel santuario...’ e mi fa cenno con la mano. ‘Va bene, monti’».

Bruno aprì lo sportello e fece accomodare la vecchina sul sedile del


passeggero:
«La vedo tutta arzilla, svelta e lei mi dice ridendo: ‘Quanti anni mi dai?’ io pure, scherzando: ‘Ce
n’avrai una settantina... ottanta...’ ‘No. Io ho novanta anni. Meno lo zero’. ‘Come sarebbe?’
‘Novanta, meno lo zero. Sì, perché il mio numero è nove’. Rimango un po’ esterrefatto. Però,
mentre mi dice queste cose, sento in me una sensazione di gioia umana, quella che si prova quando
si fa un piacere con amore a una persona. Noto però una cosa strana. La gioia che sento, stando
vicino a quella vecchietta, aumenta mentre la macchina si avvicina al Divino Amore. Sento in me
qualcosa, ma non so cosa».

Passando all’altezza di via Antonio Zanoni, dove Cornacchiola si era


appena trasferito con la comunità dei consacrati della Sacri, la vecchina
riprese a parlare.
«‘Di’ a quelli, figlio mio... Tu permetti che ti chiamo figlio?’ ‘Sì, certo, data l’età...’ ‘Ebbene, di’ a
quelli che amino sempre e molto Dio e per lui il prossimo; e tu, figlio mio, sii sempre forte.
Allontanati dal male che ti tenta e avvicinati sempre al bene al quale tu devi sempre mirare’ … Ti
sei accorto, figlio mio, di quante scissioni ci sono nel mondo? E ancora sarà peggio in appresso.
Ricordati che ci sarà una guerra di distruzione fra poco tempo, una guerra tremenda. Prega e fai
pregare per l’incredulità che trionfa. Figlio mio, il mondo è cattivo. Questo lo devi dire a tutti, che
siano buoni. Sai, io ricevo molte grazie, e a me piace fare molto del bene. Io, per esempio, quello
che sto facendo adesso, lo faccio per mio Figlio che ha sofferto tanto, e così per il mio Sposo...
Capisci?»
Bruno rispose con una frase di convenienza e in seguito annotò:
«Mi meraviglio sempre di più che una vecchietta di novant’anni si metta a parlare in questo modo.
Non mi passa per la mente che si sta compiendo un miracolo. Non sentivo le sensazioni che provo
quando la Vergine appare: cioè profumo, cambiamento di umore dentro di me, e anche un’altra
sensazione che non ho saputo mai spiegare. Penso sempre che porti il lutto per il figlio e il marito».

All’altezza dell’incrocio fra via Castel di Leva e via Ardeatina, proprio


davanti al santuario del Divino Amore, la vecchina chiese di scendere:
«All’angolo ci sono delle guardie della Polizia stradale. Mi dice ancora: ‘Apri la porta, figlio mio’.
Allungo il braccio per aprire la porta. All’improvviso, la vecchina che mi ha detto: ‘Apri’ è
scomparsa, e io, allungando il braccio, non ho sentito una persona materiale, ma il braccio è
entrato, possiamo dire, dentro la sua persona. Lei è come svanita nell’aria e il sedile è rimasto
vuoto. Mi prende una grande emozione».

Dal lato sinistro, Bruno sentì giungere la voce di uno dei poliziotti:
«‘Ma vuole andare via, sì o no? Non vede che sta impedendo agli altri di passare? Qui, dà
fastidio!’ ‘Che fastidio do... sono appena arrivato. Avete visto che ho fatto scendere una vecchina’.
La guardia che sta a destra si mette a ridere, e quell’altra mi grida: ‘Cammina! Cammina!’ ‘Ma non
avete visto che è scesa una vecchina?’ ‘Ma si vuol levare di mezzo? Sono quasi quarantacinque
minuti che è fermo! Se ne vada, per piacere, altrimenti le faccio la contravvenzione!’ Le guardie,
notando la mia confusione, fanno cenno agli altri di fermarsi. Faccio manovra e vado a casa».

Nella mattinata del 20 luglio 1975, mentre si trovava in preghiera alla grotta
dopo essere rientrato dal lungo giro del terzo viaggio nei tre santuari,
Cornacchiola ricevette dalla Vergine le istruzioni per la consegna delle
piramidi appena realizzate:
«Quattro saranno per l’Ungheria: tre ai santuari-parrocchie dedicati al mio nome ‘Vergine della
Rivelazione’, una alla cappella che si costruirà ai confini con la Russia, secondo i piani già
stabiliti. Tutto sarà fatto per la gloria del Padre, con mio Figlio e lo Spirito Santo, tutto per i miei
piani d’amore e di riconciliazione. La quinta è per Gerusalemme, sarà consegnata al patriarca; la
sesta è per la mia Sacri».

Di una correlazione con i confini russi, e in particolare con l’antica Ucraina


(da non sottovalutare il riferimento profetico, che vedremo in seguito, con il
disastro nucleare di Chernobyl), Bruno aveva scritto già il 25 giugno 1974:
«È venuto fra Ruffino con un suo confratello dell’Ungheria. Mi ha portato notizie buone, si stanno
costruendo altre due chiese santuario ‘Vergine della Rivelazione’ proprio ai confini della Russia.
Siamo prossimi a Kiev, dove la Vergine vuole solennemente essere onorata».

Il 28 giugno 1976 le cose si indirizzarono nel verso giusto:


«Quando la Vergine Maria vuole una cosa, la porta sempre a compimento, come i tre giri dei tre
santuari, e le piramidi da distribuire, ci ha pensato sempre lei, come queste ultime, le quattro per
l’Ungheria e l’una per noi. Proprio ieri sono venuti cinque dell’Ungheria e abbiamo consegnato le
piramidi per darle a Vida Zoltan per i santuari. Ora resta per Gerusalemme».

E neanche un mese dopo, il 23 luglio, pure quest’ultima destinazione fu


raggiunta:
«Oggi è venuto il nipote del fratello Elia, Umberto, che si trova in Terra Santa a Gerusalemme
presso il consolato italiano. Gli ho parlato del fatto delle piramidi, ha accettato di portare la
piramide a sua beatitudine Beltritti: così ho finito la mia missione. Vida ha scritto, tutto a posto».

Il 25 novembre successivo, una lettera del patriarca latino Giacomo


Giuseppe Beltritti comunicava che la piramide gli era pervenuta.
I tre viaggi non furono gite turistiche, ma costarono fatica, penitenze
fisiche e sofferenze morali a tutti i partecipanti. E di sacrifici, soprattutto
nella salute e nella stanchezza fisica, fu pervasa l’intera esistenza del
veggente. Un esempio soltanto, fra le centinaia che costellano i suoi diari,
risalente al 1° marzo 1974:
«Ancora non mi sento bene, la gola mi fa male e cerco di sopportare e offrire. Anche se pur sono
allettato dal giorno 26, ancor mi trovo in uno stato depressivo, la stanchezza si è fatta sentire con
gli anni, ma è pazzia, se non ci fosse l’amore e la fede, dopo ventiquattro conferenze e dormire al
gelo e umido tanto in caserma quanto nel seminario (nel Casertano, N.d.A.), fare in otto ore circa
seicento chilometri (per andare in Sicilia, N.d.A.), e con tosse, febbre e raffreddore. Non le dico
queste cose perché voglio dei meriti, ma per far comprendere a tanti che quando uno si dona a Dio
lo deve fare con tutte le forze; per il resto è lui che pensa a tutto. Quel che conta è la salvezza,
offrendo per il Papa qualche sacrificio».

Un continuo stillicidio di episodi caratterizzò poi l’assalto satanico cui


Cornacchiola fu costantemente sottoposto, ovviamente dietro permissione
divina. Uno dei primissimi incontri ravvicinati risale al 1950:
«Un giorno vado, come facevo sempre nei giorni liberi a servire la santa Messa a padre
Misserville, che era ormai mio confessore, alla chiesa del Gesù. Prima di andare in sacrestia vado a
confessarmi. Vedevo la luce nel confessionale, mi avvicino, si spegne la luce e dico: ‘Padre, sono
io’ e mi confesso... Ogni cosa che dicevo rideva e diceva: ‘Questo non è niente...’ In silenzio mi
assolve: ‘Puoi andare’. Vado in sacrestia e vedo padre Misserville uscire dalla sacrestia: ‘Padre,
non stava lì?’ ‘No’ e gli narro il fatto. Madre cara, quel giorno era il demonio».

Durante un viaggio in treno verso Benevento, il 7 aprile 1951, un altro


dispetto, come lo definisce Bruno:
«Non avendo potuto far nulla contro di me questa notte riguardo la carne (cioè tentandolo
sessualmente, N.d.A.), su cui spesso si accanisce terribilmente contro, non avendo vinto, mi fa
soffrire, mi prende i testicoli dentro una morsa e me li stringe tanto forte che non posso più
muovermi. Offro tutto al Signore per Maria, venitemi in aiuto. Lui stringe di più facendomi uscire
lacrime di dolore e gli dico piangendo: ‘Sì, stringi, stringi, voglio vedere fin dove vuoi arrivare. Tu
mi sei di grande aiuto per l’acquisto del Cielo. Fai pure poveretto, ti credi di essere più forte di
Gesù e di Maria? Sei solo stato forte con Adamo ed Eva e non lo puoi essere con Gesù e Maria,
che sono con me e mi aiutano’. Mi lascia in pace...»

Nei giorni successivi, in viaggio per alcune conferenze in Puglia, stava


scrivendo nella cameretta della parrocchia di Corato:
«Sento dei rumori, come se la casa stesse per crollare dalle fondamenta, ho l’impressione che il
demonio voglia farmi paura, lo lascio fare, non m’importa niente di lui, continuo a scrivere.
Improvvisamente mi vedo circondato da cani, grossi e alti, che ringhiano paurosamente verso di
me, come se volessero mordermi le gambe, le mani e il viso. Continuo a scrivere e prego, penso a
Gesù che è lì solo solo e aspetta che io vada, ora ci vado. Ave Maria, dico forte. Nel pronunciare
questo nome un brivido mi percorre per tutto il corpo, dai capelli alle unghie dei piedi. Vedo i cani
ringhiosi che fuggono lasciandomi in pace, scendo e vado in chiesa davanti a Gesù, sento suonare
il campanello della Messa, poi silenzio. Non vedo nessuno, sono solo, chi l’ha suonato?»

Le vessazioni diaboliche investirono anche l’ambito spirituale. Scrisse il 6


agosto 1964:
«Satana cerca di farmi cadere in disperazione, mi dice che il Signore non mi salverà, perché ho
troppi peccati in me. Rispondo che il Signore ha sparso il suo Sangue anche per me che ho molto
peccato e fido nella grande misericordia del Padre che ci ha dato il Figlio per mezzo di Maria, che
amo tanto, ed è lei che mi circonda di una potenza che tiene lontano il male: tale potenza si chiama
Madre!»

E il 17 settembre 1970:
«Mentre ero in attesa che suonasse la sveglia alle 5, ecco davanti a me un quadro ben distinto. Ho
visto – non posso dire come, perché non lo so neppur io – ma ho visto i piani di Dio, l’uomo creato
per lottare contro Satana e gli angeli decaduti uniti a lui. È stata una grande visione che ancora
tremo, altro che non credere a Dio e non vivere secondo i suoi insegnamenti. È proprio questo che
Satana cercava di fare, convincere il mondo che lui non esiste e che Dio è una invenzione».

Aggiunse il 3 dicembre 1980:


«Questa notte è stata una lotta tremenda, Satana si è scagliato con tutte le sue forze per farmi
cadere in disperazione, dicendomi che quel che faccio a gloria di Dio non vale niente e mi perdo».

La fisicità di quegli incontri è sorprendente:


«Appena mi sono messo a letto, Satana incomincia il suo lavoro. Tentazioni a non finire d’ogni
specie e qualità e così per tutta notte. Non potendo fare nulla, mi prende a botte e mi fa gli sberleffi
e rumori assordanti con la lingua» (28 luglio 1971).
«È terribile, tutta la notte ho avuto il demonio che mi ha fatto molto soffrire. Mi chiudeva i
polmoni per non farmi respirare, mi fermava il cuore ed entravo in coma, poi mi prendeva per il
collo e mi sbatteva la testa sopra il cuscino» (3 aprile 1972).
«Nella nottata improvvisamente sento dietro la schiena dei dolori come delle bruciature. Mi alzo,
tiro su la maglia, tocco e sento dolore: sono battiture che Satana mi ha fatto dare per farmi soffrire,
invece offro e sono felice» (26 marzo 1973).
«Questa notte tutto andava bene, quando Satana viene e cerca di imbrogliarmi la bocca per le
preghiere. C’è stata una grande lotta e, dopo aver riportato graffi e ferite e sentito dolore alle
braccia e gambe, consacro e scaccio il diavolo. Svegliato, mi vedo i segni su me stesso e prego»
(15 gennaio 1976).

Per convincere chi lo ascoltava a non ricorrere a maghi e indovini,


Cornacchiola spiegava che spesso questi venivano ispirati dal demonio. Il 9
novembre 1991, mentre stava scrivendo alcune note a tale riguardo:
«Sento che mi bussano alla porta. Grido ‘avanti’, non si vede nessuno e bussano di nuovo in modo
violento. Mi alzo e non vedo nessuno, mi metto a scrivere e vedo il mio dito pollice sinistro a un
lato bruciacchiato».

E ancora, il 26 agosto 1999, quasi alla soglia della morte, lascerà scritto sul
diario:
«Signore, perché faccio sogni spesso tanto brutti da mettermi spavento: terremoti, maremoti,
assalti d’orde contro pacifici cristiani, stupri, bestemmie e peccati d’ogni sorta? Io grido ‘aiuto’ e
Satana mi prende in giro».
7.

Le profezie

«Sogno o segno?» Con questo gioco di parole Bruno Cornacchiola definiva


nel suo diario le premonizioni che continuò a ricevere per tutta la vita, a
conferma della veridicità dell’apparizione del 1947 e della costante
presenza di Maria al suo fianco. Il concilio Vaticano I ha infatti proclamato
come verità di fede che
«Dio ha voluto che agli interiori aiuti dello Spirito Santo si accompagnassero anche prove esteriori
della sua rivelazione: cioè fatti divini e in primo luogo i miracoli e le profezie che, manifestando in
modo chiarissimo l’onnipotenza e la scienza infinita di Dio, sono segni certissimi della divina
rivelazione adatti a ogni intelligenza».

Bruno Cornacchiola non ha vissuto serenamente tutto ciò. Poiché la


conoscenza implica la responsabilità, il peso delle profezie è estremamente
gravoso per il veggente. Nella storia della Chiesa sono stati numerosi gli
uomini e le donne dotati di questo carisma: generalmente però non hanno
avuto vita facile. Di norma, alla visione di qualcosa che avverrà, non è
infatti associata la data dell’evento, cosicché la verifica potrà esserci
soltanto in un tempo indeterminato, non di rado dopo la morte stessa del
veggente.
«Spesso faccio dei sogni che poi, nel guardarmi le ginocchia o le mani o il dorso, le ferite e altri
segni risultano veri. Sogno che cammino in ginocchio sopra delle pietre e sento il dolore, le
ginocchia sono ferite e i segni sono di pietre attaccate alla carne, e così le mani».

Questo annotava Cornacchiola il 2 maggio 1973, a conferma che ciò che


vedeva aveva una connotazione realistica. E il 1° agosto 1981 sintetizzò:
«Spesso sento in me qualcosa che poi si avvera, e quando lo vedo avverato mi mette uno spavento
che mi fa tremare tutto il corpo; non mi reputo indovino, ma Maria conosce ogni cosa, è Madre».
La prima premonizione di cui si trova traccia nel diario risale al 30 marzo
1949:
«Questa mattina ho fatto un brutto sogno. Mi pareva di vedere un aereo andare a fuoco e sopra vi
era scritto: Torino. Che sarà?»

Il 4 maggio successivo avvenne la tragedia di Superga: l’aereo che stava


riportando nel capoluogo piemontese la squadra di calcio del cosiddetto
Grande Torino, da cinque anni ininterrottamente campione d’Italia, si
schiantò contro il muraglione posteriore della basilica sulla collina torinese
provocando trentuno vittime.
Negli anni successivi si trovano tracce di altri presagi, senza però dettagli
che consentano di afferrarne la portata. Gli appunti tornano comprensibili al
tempo della morte di Giovanni XXIII. Ai primi di maggio del 1963, un
mese prima della scomparsa del Pontefice, Cornacchiola già menzionava il
nome del successore:
«Si prega per il Papa Giovanni XXIII. Non sarà lui, il Papa delle Piramidi: si chiamerà Paolo? Si
attende che sia chiaro».

Nei giorni del pre-Conclave, scrisse con precisione:


«Entro venti giorni ci sarà il nuovo vicario. Tra tutti i cardinali, chi meglio di Montini. Lascio alla
volontà di Dio ogni cosa. Chi sono io?» (4 giugno).

«Un Paolo V lavorò per sistemare politicamente lo Stato. Ora un Paolo VI ci vuole per sistemare la
Chiesa» (8 giugno).

Circa dieci anni più tardi, il 31 agosto 1973, una nuova visione gli apparve
nel dormiveglia:
«Due fronti di uomini che si affrontavano in una guerra accanita. C’ero di mezzo anch’io e cercavo
di aiutare ambo le parti prendendo feriti e seppellendo i morti. Un ferito grida: ‘È finita per noi,
Israele, è finita per noi!’ Domando: ‘Ma chi sono gli altri, se tu sei Israele?’ ‘Sono i nostri fratelli
antichi che non vogliono darci la terra dell’eredità. Ora è finito tutto, noi abbiamo abbandonato
Dio, e Dio a noi!’ Molte bombe cadevano attorno a noi e molti morti».

Dopo un mese, il 6 ottobre, approfittando della festività ebraica di Yom


Kippur, Egitto e Siria attaccarono congiuntamente Israele, da ovest e da
nord. Nei primi giorni l’effetto-sorpresa consentì ai due eserciti di penetrare
nei territori che Israele aveva occupato nella precedente Guerra dei sei
giorni (5-10 giugno 1967). Ma successivamente l’esercito israeliano reagì
efficacemente e la situazione, dopo la conclusione dei combattimenti il 24
ottobre, tornò praticamente al punto di partenza.
Il 31 gennaio 1976, sognò sua moglie:
«Sento che presto sarai chiamata in Cielo. Ho visto un 12 e un 2, erano tram, ma tu non potevi
salire. Sarà quel che sarà, affrontiamo tutto con cuore pieno d’amore a gloria di Dio, con l’aiuto di
Maria. Offrire è già morire, ma la morte nell’offerta è gioia e guadagno, morendo in Cristo. Mah,
si fanno tanti sogni, vedremo!»

Il 2 dicembre, dopo una rapidissima malattia, Iolanda morì. Bruno


comprese allora che i numeri dei tram altro non erano che la data della
morte di sua moglie.
Il 31 gennaio e il 25 marzo 1978 Cornacchiola sognò ancora. Furono due
sogni sconvolgenti, che rivelano ancora oggi tutta la loro drammaticità:
«Mi trovo vicino al Verano e, mentre stavo per entrarvi e pregare, incontro una schiera di una
quindicina circa di uomini che uscivano e tra di essi vedo Aldo Moro. Mi fermo a guardare, e lui si
ferma e dice: ‘Ma tu non sei quello della Madonna?’ ‘Sì’ gli dico, ‘lo sono’. ‘Ebbene, prega per
me, perché ho un cattivo presentimento, di qualcosa che capita presto sopra di me!’ Mi saluta e va
fuori, sale in auto, io continuo la mia visita e penso a lui come mai ho pensato».

Alle 9.25 del 16 marzo, un’edizione straordinaria del Gr2 annunciò la


terribile notizia del rapimento dell’onorevole Moro, segretario politico della
Democrazia Cristiana, e dell’assassinio dei cinque uomini della sua scorta.
Ma uno smarrimento probabilmente ancora più grande lo colse il 25
marzo, quando il secondo sogno gli mostrò
«che avevano trovato Moro dentro una macchina, tutto crivellato di pallottole».

In quei giorni si sperava ancora che si potessero avviare trattative con i


terroristi delle Brigate Rosse per la liberazione del sequestrato. Ma la
situazione precipitò, e il 9 maggio il cadavere del parlamentare venne
rinvenuto esattamente come lo aveva visto Cornacchiola: in una Renault 4,
trapassato da undici colpi di mitraglietta Skorpion.
Dopo Paolo VI, anche i due Pontefici successivi furono visti in anticipo
da Cornacchiola. Il 31 luglio 1978 scrisse due versi in rima, con due
particolari maiuscole:
«È l’Alba, l’umanità spunta radiosa / come Luce che illumina ogni cosa».

Quindi aggiunse:
«Ricordando ieri il nostro caro Papa Pio XII e gli incontri avuti, mentre pregavo alla grotta mi è
venuto alla mente Paolo VI, che è malato grave, e ho visto che veniva portato a Roma con
solennità, ma come fu portato Pio XII».

Il 6 agosto Papa Montini morì nella villa pontificia di Castel Gandolfo e fu


trasportato a Roma per i funerali, come era accaduto per il suo predecessore
Papa Pacelli, anch’egli morto a Castel Gandolfo.
Il 26 agosto venne eletto il cardinale Albino Luciani. Bruno si trovava in
Australia, per tenere una serie di conferenze, e il 31 agosto sognò di trovarsi
a San Pietro:
«Prima di entrare nelle transenne, mi fermo a guardare la finestra dove il Papa si affaccia e una
persona mi dice: ‘È inutile che guardi, quello eletto è morto e sarà messo in terra come Paolo VI, e
l’altro che verrà non brillerà, ma sarà come un sole scuro’».

Quest’ultima frase fa forse riferimento alla cosiddetta ‘profezia di


Malachia’, nella quale il motto per Giovanni Paolo I è De medietate lunae
(Della metà della luna), mentre a Giovanni Paolo II è attribuito De labore
solis (Del lavoro del sole).
La notte precedente l’elezione di Giovanni Paolo II, avvenuta il 16 ottobre
1978, la Madonna apparve al veggente con queste parole:
«Questa volta è di fuori e non di dentro, vi aiuterò ad amarlo».

Un indizio glielo aveva fornito il 12 settembre precedente, mostrandogli


uno stemma riconducibile a quello dell’arcivescovo Wojtyla («Una M che
riproduceva il nome di Maria, la tiara del Papa e sovrapposta l’Eucaristia»).
E forse a Giovanni Paolo II faceva riferimento anche una visione del 2
dicembre 1974:
«Una bella e grassa aquila prendeva il volo in piazza San Giovanni in Laterano, proprio davanti la
fontana con l’obelisco. La prendo perché giovane e sento che parla la nostra lingua. Dice che ha
fame e che vuole essere libera. È un sogno, ma qualcosa vorrà significare. Non lo so, trascrivo
perché mi ha molto colpito la rassomiglianza che ha con l’aquila di San Giovanni e il posto stesso:
vorrà significare di vivere l’Evangelo e verrà un Papa che sarà vera aquila di verità evangelica per
sistemare ogni cosa che è in crisi?»

L’aquila sulla bandiera polacca, il desiderio di libertà dal comunismo, la


giovinezza e la lingua italiana sono di fatto elementi che conducono il
pensiero verso Karol Wojtyla.
Ovviamente non poteva mancare il preannuncio dell’attentato del 1981.
Annotò Cornacchiola:
«Nella notte tra il 28 febbraio e il 1° marzo non ho dormito affatto, anzi ho sempre pregato per il
Papa che è troppo esposto alle mire dei nemici. Mi addormento e mi trovo in San Pietro vicino al
Papa. Mentre benediceva, si sentono degli spari, mi metto davanti al Papa, cadiamo tutt’e due
feriti. Gli dico: ‘Santità, sono con te sempre’».

E ancora il 26 aprile dedicò la giornata «per il Papa, perché sia sempre


protetto».
Il 13 maggio, mentre salutava i fedeli dalla jeep lungo piazza San Pietro,
Giovanni Paolo II venne gravemente ferito da Ali Ağca e attribuirà la
propria salvezza soltanto all’intervento materno della Vergine.
Ancor più significativa fu la premonizione ricevuta dalla Madonna al
mattino presto del 23 febbraio 1982:
«La Santità del Padre passerà altro grave pericolo per la sua vita fisica, ma la protezione non
mancherà: gli sarò vicina! Sappia che i suoi nemici bramano chiudergli la bocca!»

Il 24 marzo, Cornacchiola compì per la prima volta un’azione irrituale e


riuscì a far pervenire direttamente a Giovanni Paolo II le parole di Maria
tramite il cerimoniere polacco Bogumil Lewandowski:
«Vostra Santità mi perdonerà, ma, siccome la Vergine ha detto ‘ci penso io come fare’, ho
approfittato dell’occasione, senza la normale via gerarchica, ma come un figlio al Padre!
Sottopongo ogni cosa con amore alla Vostra Santità e mi benedica».

La conferma dell’avvenuta consegna gli giungerà il 22 aprile dal Vicariato


di Roma:
«La sua lettera, indirizzata al Santo Padre in occasione delle feste pasquali, è pervenuta
regolarmente nelle sue auguste mani. Così pure il libretto con dedica manoscritta».

Nel maggio successivo, per l’anniversario dell’attentato del 1981, Papa


Wojtyla si reca a Fatima per ringraziare la Vergine di averlo salvato. Le
cronache dell’epoca ci ricordano che il 12 maggio il sacerdote spagnolo
Juan María Fernández y Krohn tentò di colpire il Pontefice con una
baionetta, ma venne fermato in tempo dai servizi di sicurezza. In realtà,
come si saprà ufficialmente soltanto nel 2008, per bocca del suo segretario
Stanislaw Dziwisz, Giovanni Paolo II fu davvero ferito: una straordinaria
conferma postuma della veridicità di quella premonizione!
Colpito probabilmente dalla vicenda, Wojtyla volle informarsi
nuovamente sull’apparizione delle Tre Fontane; intanto, nell’ottobre 1982,
diede disposizione al cardinale Poletti di permettere l’allestimento di un
altare dinanzi alla grotta, che da tempo veniva sollecitato senza successo.
Quindi, il 16 novembre, inviò personalmente da Cornacchiola il
collaboratore che già aveva fatto da intermediario:
«È venuto monsignor Zannoni, con il segretario del Papa (Lewandoski, che in realtà era
cerimoniere pontificio, N.d.A.) e padre Giuliano. Abbiamo parlato del messaggio del 23 febbraio
1982 che il Papa ha ricevuto per le mani del segretario, ed è per questo che ha ordinato l’altare alla
grotta».

Il 31 luglio 1983, Bruno fece uno dei sogni più intriganti della sua intera
vita:
«Mi trovo in una sala, grande e illuminatissima. In fondo, su una parete, c’era un grande orologio:
guardavo che ora era, tre minuti alle ore 12, ma fuori non si vedeva luce. Allora pensavo fra me e
me: sono le ore 24, cioè mezzanotte. Improvvisamente c’è la Vergine vicino a me che mi sorride e,
come fa una madre col proprio figlio, mi mette una mano sulle spalle e mi spinge vicino
all’orologio. Vedo la sua mano che tocca la lancetta grande e dice: ‘Pregate, si può evitare, questo
segna l’ora della fine. Questo è il tempo per convertirsi e avere la pace’ e mette la lancetta indietro
di quindici minuti. Tutto è scomparso e io piango, sì piango, pensando: ‘Che fine faranno tanti alla
fine?’»

Nel suo diario-agenda di quell’anno, fra le pagine del 22-23 dicembre, si


trova inserito un ritaglio di quotidiano:
«Chicago, 21 dicembre. L’inasprimento della tensione fra Usa e Urss ha avvicinato il mondo a una
guerra nucleare più che in qualsiasi altra situazione di crisi dopo il 1953: è quanto afferma il
periodico Bulletin of the Atomic Scientists (Bollettino degli scienziati atomici) annunciando che
alla luce di questa constatazione il suo simbolico ‘orologio dell’apocalisse’ sarà avvicinato di un
minuto alla ‘mezzanotte nucleare’. L’inquietante aggiustamento avrà luogo domani con l’uscita del
nuovo numero della pubblicazione. L’orologio della catastrofe, che finora segnava 4 minuti a
mezzanotte, sarà portato a 3 minuti. È questa la prima volta in tre anni, secondo il direttore del
Bulletin, Ruth Adams, che il simbolico orologio viene aggiustato. Il tempo sull’orologio,
pubblicato dal periodico sin dal lontano 1947, cambia quando gli scienziati che presiedono alla
pubblicazione si trovano d’accordo nel diagnosticare un incremento o una diminuzione della
minaccia di guerra nucleare. Con la rettifica di domani, l’apocalisse nucleare risulterà più vicina di
qualsiasi altro momento, con la sola eccezione del 1953, quando, in seguito allo scoppio della
prima bomba all’idrogeno sovietica, la lancetta fu portata a 2 minuti a mezzanotte».

Esaminando la successiva cronistoria, risulta in effetti inquietante scoprire


come la Vergine vedesse lontano: quell’orologio – per inciso, ‘inventato’
esattamente nel 1947 – venne portato proprio sul finire di quel 1983 a -3
minuti. Quindi cominciò progressivamente a indietreggiare: -6 nel 1988,
-10 nel 1990, -17 nel 1991. Salvo poi, grazie agli ‘sforzi’ umani, riprendere
la sua corsa in avanti: -14 nel 1995, -9 nel 1998, -7 nel 2002, -5 nel 2007, -6
nel 2010, nuovamente -5 nel 2012 e infine, a gennaio 2015, si è tornati al
punto di partenza con un -3 attribuito a «cambiamento climatico non
controllato, ammodernamento delle armi nucleari, ampliamento fuori
misura degli arsenali nucleari», che «costituiscono minacce straordinarie e
innegabili per la sopravvivenza dell’umanità».
Il 1° febbraio 1986 si legge un primo messaggio un po’ criptico:
«Preparatevi, figli miei: la mano non posso trattenerla più! L’ira della giustizia è sopra di voi! I
segni li vivrete: segni dall’aria avvelenata e dalla terra incolta e dal biancore del latte inservibile!»

che viene meglio definito il 1° marzo successivo:


«Da oggi in poi, l’inquinamento nel mondo; cioè: su questa povera Terra, e dalla Russia e
dall’America, o Asia, Oceania o Europa, e perfino dall’Africa: i gas venefici per l’uomo; gli
animali, le bestie, le piante e le verdure avvelenate, saranno per colpa dell’uomo! La vendetta del
demonio è in atto, e l’uomo è il suo strumento adatto per la distruzione! Sarà come il Signore ci
dice, scritto dagli evangelisti: ‘Guai alle donne incinte, prossime a diventare madri, e guai ai
piccoli allattati: in quei giorni vi sarà miseria sulla Terra!’ Povera aria! Povera Terra e poveri voi!
(La Vergine si rattrista!)»

Dopo nemmeno due mesi, all’1.23 del 26 aprile, nella centrale nucleare di
Chernobyl, un centinaio di chilometri a nord della capitale ucraina Kiev, il
reattore n. 4 esplose in seguito alla fusione del nucleo. La nube radioattiva
che ne conseguì giunse fino all’Italia e ai Balcani, lambendo anche la costa
orientale del Nord America. È l’incidente più grave mai verificatosi in una
centrale nucleare, classificato come catastrofico al livello 7, il massimo
nella Ines (la scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici
dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica). Il disastro provocò, al
momento, sessantacinque vittime; ma nel periodo successivo morirono circa
diecimila persone per gli effetti diretti dell’irraggiamento, altre decine di
migliaia svilupparono tumori innescati dalle radiazioni e per alcuni mesi
numerosi prodotti alimentari, verdure e latte in particolare, risultarono
contaminati.
Il 18 luglio del 1992, mentre si trovava nella casa della comunità sul
promontorio del Circeo, a sud di Roma, Bruno vide la Vergine mostrargli
una grotta di pietra e un luogo dove desiderava la costruzione di una
cappella intitolata alla Vergine della Rivelazione, Madre degli incurabili;
aggiunse che «il segno sarà un fuoco»:
«[il 26 agosto] tutto il parco del Circeo in vari punti ha preso fuoco. Avanzavano, verso l’alto,
verso di noi; un forte vento portava il fuoco vicino casa. Noi e altri con l’acqua ed estintori, poi
aerei, pompieri e il fuoco si estende sulla montagna verso i paesi del promontorio».
L’ultima premonizione segnalata a chiare lettere si riferisce alla nottata fra il
27 e il 28 luglio 1993, quando il veggente sogna «san Francesco sotto la
basilica di San Giovanni che mi chiama per aiutarlo a reggere la chiesa. San
Francesco mi incoraggia di sostenere con lui la chiesa. Mi metto spavento
perché crollò quasi tutta». È da ricordare che dinanzi alla cattedrale romana,
sulla piazza di Porta San Giovanni, c’è il monumento a san Francesco
d’Assisi inaugurato nel 1927 in occasione del settimo centenario della
morte del santo. Al risveglio, ascoltando la radio, Bruno scopre che in
piazza di San Giovanni in Laterano, proprio fra il lato destro della basilica e
l’ingresso del Vicariato, era appena esplosa un’autobomba.
La sera del 22 maggio 1950, una rondine si posò sulla spalla destra di
Bruno, in preghiera nella grotta, e rimase lì come imbalsamata. In quel
momento gli apparve la Vergine:
«Ecco un segno. Questa rondinella ora dorme. Prendila e custodiscila. Nel giorno che andrà via è il
segno che avrà inizio qualcosa di grande nel mondo».

La rondine venne sistemata in una scatola e custodita nello studio di


Cornacchiola. Soltanto l’8 agosto 1978 madre Prisca, la cofondatrice della
Sacri, andò ad aprire la scatola e scoprì che l’uccellino non c’era più,
restava soltanto una piuma sul fondo.
Bruno allora ripensò a quanto aveva scritto sul diario alcune settimane
prima, il 1° luglio:
«Questa notte un sordo boato dallo studio mi ha fatto sobbalzare. Mi alzo, erano le 2 circa, tutto a
posto».

Il 9 agosto commentò:
«Non posso riposare, da quando la rondinella ha preso il volo per me la vita è tutta tesa alla
penitenza».

E l’11 agosto aggiunse:


«Mi colpisce molto, i fatti ultimi che si sono verificati, e cioè: la morte di Montini, Papa Paolo VI,
e la scomparsa della rondinella, due fatti legati alla escatologia parusiaca (gli ultimi tempi, con la
seconda venuta di Gesù sulla Terra, N.d.A.) delle cose stabilite nel mondo, come Dio l’ha fatto
secondo i suoi piani escatologici. Ora cosa avverrà?»

Una domanda ancora priva di risposta.


Nel corso degli anni, Cornacchiola ha vissuto anche alcuni curiosi episodi
di carattere più personale, raccontati da lui stesso nei diari. Il 4 febbraio
1969
«ho sognato sorella Rachele (una associata alla Sacri da poco defunta, N.d.A.) che, seduta vicino
al letto dove dormivo, mi dice che è sempre vicino a me con il suo spirito, ‘e se non ci credi
svegliati e guarda la tua sveglietta, si è fermata alle ore 24, e l’orologio è alle ore 2’. Difatti, mi
sveglio, è vero tutto. Ricarico la sveglietta e la metto alle 2. Gesù alla parete è luminosissimo, ho
quasi paura, ma mi addormento in compagnia di Gesù e pensando a Maria».

Mentre, il 13 aprile 1970,


«ho sognato di trovarmi alla grotta e la Vergine mi indica una collana. Poi guardo bene ed è una
corona del rosario: la prendo, la porto a casa pregando per tutti. Questa mattina, dopo il lavoro,
passo a fare una visita, per ringraziamento, alla grotta. Non c’è nessuno, né padre Gentile, né altri.
Vado dalla Vergine e, senza pensare al sogno, dico il rosario. Per terminarlo vado a fare il giro e...
sorpresa! trovo lo stesso rosario del sogno attaccato al crocifisso».

Ancora più bizzarra risulta un’altra vicenda, scandita in tre tappe, fra luglio
e settembre del 1971. Nella notte del 31 luglio
«ho fatto un sogno assai curioso. Ho visto una persona che mi parlava delle anime purganti e che
aveva avuto bisogno di aiuto, come le anime hanno aiuto da noi perché sono nel bisogno. E
dicendo questo mi consegna tre teschi e mi dice: ‘Ecco quelli che hanno bisogno e che ti
aiuteranno non solo a meditare la morte, ma anche a sopportare sofferenze che verranno. Saranno
terribili, ma questi tre ti aiuteranno a vincere’. Prendo i tre teschi e prego per loro poverini perché
sento in me che hanno molto bisogno di preghiere. Vorrei farli parlare e partecipare alla vita che
faccio ogni giorno. Vorrei sapere chi sono, ma mi sveglio sotto una tremenda impressione».

Il 23 agosto fratello Tito, uno dei membri della comunità Sacri,


«è rientrato e mi dice che mi ha portato un bel regalo che tanto ho desiderato. Lo guardo con
curiosità e non vedevo l’ora di sapere questo regalo. Taccio e attendo. Dopo finito il pranzo, mi si
presenta con un pacco, lo scarto e saltano fuori tre teschi. Rimango di stucco, come si dice, e
ripenso al sogno. Ma allora sono veramente anime che hanno bisogno di preghiere».

Infine, il 7 settembre,
«ancora un sogno per le anime del purgatorio. Mi si presentano tre personaggi e mi parlano al
cuore dicendomi: ‘Noi siamo i tre a cui appartiene il teschio di cui tu ora sei il tenutario’. Parlava
uno solo per tutti e tre. ‘Noi siamo entrati in paradiso e siamo nella gloria dei Cieli, si è tanto
sofferto e penato fino a che non abbiamo avuto sul nostro teschio i berretti benedetti e le molte
preghiere’».
8.

La dottrina e il clero

«Quando si parla di sogni e di apparizioni, tutti a bocca aperta; quando si


parla di dottrina, tutti, o quasi, si allontanano, perché la dottrina impone vita
migliore». Può sembrare un’amara osservazione, quella che Cornacchiola
annotò sul diario il 5 agosto 1989: ma in realtà la sua era soltanto
l’esplicitazione di una lunga esperienza con migliaia di persone che, per i
più diversi motivi, erano entrate a contatto con lui nell’arco di decine
d’anni.
Perché Bruno provava dolore sia «quando non credono al soprannaturale,
e ciò si chiama col nome di incredulità», sia «quando credono troppo, che si
chiama credulità». Quel che ci vuole, sintetizzava, «è la fede, quella che
cresce nel cuore per conoscenza e per amore, che ti spinge al servizio degli
altri e ti senti cambiare nel cuore e ti trasforma da uomo di carne a vero
uomo di spirito e dal cuore di pietra a un cuore di carne che ama, crede e
spera nel servire il prossimo per amore di Dio». Un itinerario fondato
essenzialmente su tre tappe: «Vivere la verità imitando la Parola di vita;
elevare l’anima spirituale al Cielo; imitare Gesù vero modello di vita
umile».
In una conferenza che Cornacchiola propose proprio sul tema ‘Che cosa
vuole da noi la Vergine della Rivelazione?’ schematizzò l’essenziale in sei
punti, chiarendo ciascuno di essi con alcune sollecitazioni della stessa
Madonna:

1. Maria ci chiede penitenza. «Fate penitenza, la penitenza accetta dal


Padre è quella dell’amore. Amare il prossimo, perdonando ogni offesa,
offrendo sacrifici per tutti».
2. Maria ci domanda la preghiera. «Pregate figli miei, la preghiera è
l’anima dell’umanità, è con essa che si ottiene l’intervento divino: le Ave
Maria che voi dite con fede e amore sono tante frecce d’oro che
raggiungono il cuore di Gesù; per una unione vera nell’unità santa e
caritatevole di tutti i cristiani nella Chiesa una, santa, cattolica e apostolica
a Roma sedente Pietro».

3. Maria ci vuole ubbidienti. «Ubbidite alla Santità del Padre, alla Chiesa e
alla sua gerarchia, se volete vivere la via della verità per la vita presente e
futura e la vera pace nel cuore. Fate tutto quello che lui vi dirà, ritornate alla
fonte viva dell’Evangelo, tramite il sacerdote che è mio Figlio Gesù
Cristo».

4. Maria ci ricorda la verità della salvezza. «Andate da mio Figlio


eucaristico e riscaldatelo col vostro amore: vi attende, è là per farsi
mangiare. È mangiandolo e vivendolo che avrete la vita, perché lui, dando
la sua, vi dona quella eterna. Meditate nella conoscenza e conoscerete
meditando la Parola di Dio, la Parola della vita, vivete i sacramenti,
praticate le virtù e amatevi sempre e perdonatevi sempre con amore e
carità».

5. Maria, Madre di Dio, ci consiglia. «Siate come questi fiori che Isola ha
stroncato: non si lamentano, tacciono, non si ribellano! Questo è per vivere
l’umiltà e l’amore, aiutate tutti, perché il Cielo vi aiuti tutti».

6. Maria, Madre di Dio, ci indica il mezzo di salvezza. «‘Tu mi perseguiti,


rientra nell’Ovile santo, Corte celeste in Terra, dove regnano i tre Punti
bianchi della pace e dell’unità d’amore: l’Eucaristia, l’Immacolata Madre
della Chiesa e il Papa Pietro, la Santità del Padre’. È la Chiesa della
redenzione e della santificazione, la Chiesa di Gesù Cristo mio diletto
Figlio, che ho donato a voi mettendolo sulla croce, e proprio dalla croce mi
ha consegnato l’umanità e io sono stata consegnata all’umanità, per
assisterla e guidarla sulla via della verità per vivere la vita divina».

Cornacchiola sentì una grande responsabilità personale nel portare avanti


questo compito catechetico, sin dai primissimi tempi dopo l’apparizione.
Nell’autunno del 1947 si ritirò per un periodo di approfondimento spirituale
nell’abbazia dei trappisti alle Tre Fontane:
«Riflettevo: la Vergine della Rivelazione è apparsa con la Bibbia nelle mani e una talare in terra,
con la croce che avevo spezzato. Significa che vuole indicarmi il mezzo e il modo per fare qualche
cosa per il ritorno di tanti uomini lontani dalla via della verità, che è la Chiesa, tesoriera della
dottrina della salvezza e della tradizione dottrinale, fondata da Gesù, Figlio di Dio dall’eternità,
Dio stesso. La Vergine cara mi aveva detto che avrei dovuto preparare qualche cosa di utile per
l’umanità, un’opera che doveva agire nell’azione catechistica, ma come fare? Pregavo sempre
perché il piano della Vergine cara si realizzasse...»

Una notte, Bruno fece un sogno molto articolato:


«Improvvisamente mi trovo con la Vergine della Rivelazione, da lei trasportato miracolosamente in
una grande aula magna. Tutti i posti a sedere erano occupati da persone anziane, con la barba
bianca, che sbraitavano a più non posso. Discutevano tra loro e gridavano l’un l’altro: ‘Io ho la
verità! Io ho la dottrina!’ Erano tutti agitati e rossi in viso e stavano per venire alle mani
lanciandosi l’uno contro l’altro. La Vergine della Rivelazione, dall’aspetto dolcissimo e bellissimo,
mi dice: ‘Vedi, figlio mio, è il mondo, dove tutti credono di avere la luce e la dottrina della verità
della salvezza e della pace, e si fanno la guerra! Ora, stai attento e guarda’. Mi giro dalla parte che
la Vergine mi indica e vedo un vegliardo con una lunga barba bianca, dall’aspetto giovanile, che si
colloca davanti a tutti quei vecchi che litigavano tra di loro. Reggeva nelle mani una pietra bianca a
forma di lapide con sopra scritto: ‘Dottrina ­– Verità’. A questo punto la Vergine della Rivelazione
mi dice: ‘È Pietro! È la Chiesa, una, santa! È la Chiesa che da Roma cattolica e apostolica indica la
dottrina e la verità al mondo, Cristo luce, e dona la luce della dottrina per l’umanità’. Il vegliardo,
con voce forte e ferma, intima il silenzio a tutti quegli scalmanati, agitatori e raggiratori di popoli e
dice loro: ‘Silenzio, fratelli, ascoltatemi. La dottrina della verità per la salvezza, eccola!’ Alza la
pietra e grida: ‘È Gesù Cristo nato da Maria immacolata nell’immacolato concepimento. La pietra
d’angolo, eccola!’; e agita, davanti agli occhi di quell’assemblea di litiganti, la pietra che tiene in
mano. Allora tutti i vecchi lasciano il loro posto, scalmanati, agitati, e si scagliano addosso a Pietro
che tiene la pietra alzata, ben visibile. Nell’urto la pietra cade in terra e si spezzetta in centinaia di
frammenti. I vecchi, continuando a spingersi a vicenda, a fatica raccolgono ognuno un pezzetto di
pietra, che tengono stretto al petto. Tutti fanno la stessa cosa gelosi l’un dell’altro. La Vergine della
Rivelazione, nostra Madre, si gira verso di me e con voce addolorata mi dice: ‘Vedi, figlio mio,
vedi il mondo cosa combina? Ruba, strappa, spezza la Chiesa perché vuole vivere una falsa libertà
e non vuole vivere, rifiutandola, la vera dottrina della verità e libertà per la salvezza e la pace,
scegliendo ogni forma di dottrina falsa. Guarda e ascolta quello che dice Pietro’. La sua voce è
forte, ferma e risoluta, assomiglia a un tuono. Dice: ‘Fratelli, ascoltatemi. Vi rivolgo una domanda
decisiva e voi rispondetemi con sincerità. Chi di voi ha la verità?’ Tutti i vecchi, in piedi, alzano il
pugno. Chi con la mano sinistra, chi con la destra, tengono un pezzetto di pietra di varia grandezza
e forma e gridano: ‘Io ho la verità. Io ho la dottrina. Io... Io... Io...’ Pietro, di nuovo, intima il
silenzio con forza e autorità e grida forte: ‘Ascoltatemi fratelli, ecco la verità! Ecco la dottrina!’ e
alza la pietra intatta, brillante di una luce meravigliosa, e la mostra ai vecchi che, con gli occhi
sbarrati, si fanno uscire un ‘Ah! Ah! Ah!’ di paura che risuona come un’eco. ‘Voi – riprende il
vegliardo – avete rubato, spezzato, e fatta vostra la verità e la dottrina di Cristo Gesù, il Signore del
Cielo e della Terra. Ma io, Pietro, vi dico: ecco la verità, ecco la dottrina! Voi avete soltanto un
pezzettino di pietra e non la verità! Non avete la salvezza! Venite! Lasciate quel pezzetto di pietra e
accettate la pietra, la Chiesa di Cristo, la Chiesa fondata su Pietro, e avrete la vita. Uniti porteremo
la vera pace nel mondo e il mondo accoglierà l’Autore della pace e dell’amore’».
Dopo di ciò, fu la Vergine a spiegargli il senso operativo di tale visione:
«Tu fonderai un’opera catechistica di anime ardenti che impareranno e porteranno, vivendola, la
dottrina della verità. Essi saranno come i cani del pastore posti di guardia all’ovile delle pecore,
perché non entrino i lupi nell’ovile e non escano le pecore che per grazia sono dentro, e quelle
uscite rientrino pentite, per grazia di Dio mio Figlio, per vivere la Chiesa. Come io mi sono tenuta
ben nascosta nell’amore del Padre, per amore del Verbo mio Figlio e con l’amore dello Spirito
Santo, così devi essere tu, per farmi conoscere alle anime quando ti sarà dato di farlo. Il mondo mi
deve conoscere perché conosca il Verbo e si salvi; non perché io sia la salvezza, ma io sono la
porta della conoscenza della salvezza».

La spiegazione si sofferma sulla dinamica trinitaria:


«Se ti ho detto: ‘Sono Colei che sono nella Trinità divina’, vuol dire che, conoscendo me,
conosceranno meglio e con maggior fede la santissima Trinità, come il Padre mi ha generata per
generare in Terra il Verbo da lui generato, e tutto avvenne per lo Spirito Santo, che procede e dal
Padre e dal Figlio per generare con me, nell’amore, le anime nella conoscenza della via che porta
al Cielo, la verità che dona la grazia per entrare nella vita. Con l’amore al Padre, con l’amore al
Figlio e l’amore allo Spirito Santo, Dio uno in tre Persone, salverete, per mezzo dell’amore alla
Chiesa, una, santa, cattolica, apostolica, romana, le anime che crederanno ai tre precisi punti
d’unità di pace e d’amore per la salvezza: l’Eucaristia, l’Immacolata, la Santità del Padre vicario di
mio Figlio».

L’essenza delle iniziative di Cornacchiola è di fatto sempre stata la difesa


della ‘retta dottrina’, da più parti sotto attacco. Lo fotografa plasticamente
un suo sogno ricorrente:
«Un giorno Maria mi portò a Ostia in riva al mare. Lì erano radunati molti Arditi (gli associati alla
Sacri, N.d.A.), si trovavano tutti dietro una parete, come quelle dei percorsi di guerra, alta tre metri
e larga due e lunga dodici, proprio ai confini col bagnasciuga, con una grande scritta: ‘Chiesa della
salvezza’. La Vergine maternamente mi dice: ‘Chiamali e disponili come ti dirò io. Mettetevi con
la spalla destra appoggiata alla parete, gli altri con tutte e due le mani sopra la spalla sinistra di chi
è addossato al muro, la corona e il crocifisso nelle mani, cantate e pregate e attendete l’ondata
distruggitrice. Tu guarda che tutti siano al loro posto, chiamali, sgridali, rimproverandoli che non si
muovano dal loro posto, che sia fatto tutto con carità’. Io andavo da destra a sinistra e da sinistra a
destra, per vedere che tutto fosse in ordine come la Vergine aveva ordinato. Li chiamavo, sgridavo
e rimproveravo: ‘State fermi, pregate e guardate dalle fessure aperte il mare. Verrà un’onda
grandissima, c’è pericolo, dobbiamo fermare la parete che non crolli’. Da lontano si vedeva già
l’onda avanzare, la preghiera si faceva più intensa: Padre nostro, Ave Maria, Gloria al Padre... Mi
giro verso di lei per abbracciarla, mi fa cenno di aiutare gli Arditi; corro perché l’onda si avvicina e
grido: ‘Siate forti, la fede e l’amore non devono crollare, siate forti!’ Da una feritoia guardo il mare
che avanza minaccioso e l’onda colpisce il muro-parete. Tutto trema, ma resta in piedi; le acque
passano sopra di noi e ai lati. Molti si trovano fuori dal muro, a destra e a sinistra: l’ondata li
prende e li risucchia in mare. ‘Madre cara – grido – perché quelli?’ ‘Figlio mio, lo hanno voluto
perché volontariamente si sono fatti portar via dall’onda satanica!’»
Il cattolicesimo, era la sua definizione ispirata, «non è una religione, ma la
dottrina di salvezza di Gesù Cristo». Di qui la netta presa di posizione, che
oggi può risultare politicamente (o meglio, ecclesiasticamente) ‘scorretta’,
su un malinteso ecumenismo.
«Non posso farmi l’idea che tutte le religioni portano alla redenzione, ma che tutte sono un segno
che l’uomo non può farne a meno, perché sente in sé che gli manca qualcosa. Ebbene, questo
qualcosa, che è Qualcuno, è Gesù Cristo Verbo di Dio» spiegava. E andava oltre: «L’unione di tutte
le religioni è riconoscere buone tutte le religioni, ma l’unità delle religioni è accettare un solo
Credo e vivere nella Chiesa una, santa, cattolica, apostolica, con residenza a Roma che prese il
posto di Gerusalemme. Qui c’è la salvezza».

Con una constatazione che può sembrare lapalissiana, sosteneva infatti:


«Tutte le religioni, dicono, danno la salvezza. Ma allora, dico io, perché Gesù è venuto, se già
esistevano tante religioni e se dopo tanti secoli esistono ancora? Gesù dice: ‘Chi crede in me sarà
salvo’; non chi crede alla sua religione, ma alla sua dottrina».

E in effetti, non risulta facile rispondere a un interrogativo retorico che


proponeva spesso:
«Se anche i protestanti si salvano, perché la Vergine mi è venuta a chiamare e mi ha detto di
rientrare nell’Ovile santo, quando poteva lasciarmi benissimo dov’ero, fra gli avventisti?»

Grande apprezzamento mostrò infatti nel settembre del 2000, commentando


la dichiarazione Dominus Iesus sull’unicità e l’universalità salvifica di Gesù
Cristo e della Chiesa, pubblicata dalla Congregazione vaticana per la
Dottrina della fede dopo la ratifica «con certa scienza e con la sua autorità
apostolica» da parte di Giovanni Paolo II:
«Questa è la via della salvezza e finalmente, Santità, hai detto la parola giusta, la parola di Gesù
Cristo quando disse: ‘Io sono la via, la verità e la vita’ e fondò la Chiesa sopra gli apostoli, ed è
santa, unico mezzo di salvezza».

D’altronde Cornacchiola non faceva altro che ripetere i concetti che per
decine di volte aveva ascoltato dalla Vergine della Rivelazione, come per
esempio sintetizza il messaggio del 1° gennaio 1985:
«La Chiesa è stata fondata per salvare nella fede operante e ubbidiente: amatela e vivetela con
amore! Chi è fuori e odia non si salva; chi è dentro e ama riceve aiuti per la salvezza! Ricordatevi
che la Chiesa fondata da mio Figlio – che è Dio, e non lo dimenticate – è il mezzo per la salvezza,
e non è antropologica: non cambia, non è soggetta al tempo che trasforma e consuma. La Chiesa è
e resta la via della salvezza: o si accetta come è, oppure non si accetta. Non si può fare, nella
Chiesa, la chiesa. O dentro, e viverla; o fuori, e combatterla! Il Regno di Dio che è nella Chiesa è
unione di amore e carità! Sappiate, figli, che la carità non è Dio, ma Dio è carità. Così la carità non
è la Chiesa, ma la Chiesa è carità, perché è divina! Pregate e fate penitenza nel compiere il vostro
dovere con umiltà e semplicità. Lo ripeto perché ubbidiate: e sarete uniti nell’amore e nella pace
vera e santa!»

Chiarificatore è un dialogo in spirito fra lui e Cristo, che avviene il 9


gennaio 1986:
«Signore, tu guidi ogni uomo sulla via della rettitudine e lasci la libertà alla scelta di ascoltarti o
no. Questa è libertà di coscienza, ma oggi gli uomini hanno messo tutte le religioni sullo stesso
piano, e cioè tutte portano a te e tutti sono da te salvati. Mi pongo una domanda: perché ti sei fatto
uomo? Per darvi la salvezza! E perché ci hai dato la salvezza? Perché coloro che la accettano si
salveranno! Allora non è che si salvano anche coloro che non ti accettano? Certo, si possono
salvare se in spirito e moralmente vogliono essere salvati: la grazia viene data a tutti, ma non tutti
accettano la grazia».

Talvolta le parole della Madonna giungono a punte di drammaticità che


potrebbero persino risultare eccessive. In realtà, spiega ella stessa:
«Vi dico che realmente è così: la vostra situazione è drammatica, è deleteria per le anime! Seguite
la Chiesa di mio Figlio, perché essa non perderà mai la forza della verità, della salvezza, anche se
gli uomini cercano di demolirla e indebolirla della sua forza divina: non riusciranno, i caparbi!»

E ancora:
«Figli, ascoltate la Chiesa, autorità visibile, e con umile ubbidienza servitela nella verità! Contro di
essa, Satana non può far nulla, perché è divina; ma contro le anime che vivono in essa può molto;
anzi, presenterà il male sotto la veste morale, religiosa, politica e sociale! Verranno colpite le
famiglie, specialmente trascinandole nell’indifferen­tismo e nell’incredulità; oppure a una esagerata
forma di pietà devozionale rasentante l’idolatria! Questo è il male dei tempi in cui voi vivete, figli
miei cari al nostro Cuore! È il male dilagante di ogni male nel tempo passato riunito nel tempo
presente sotto ogni forma! Voi avete la terribile responsabilità di scegliere: o Dio o il mondo con
tutte le sue mire ingannatrici!»

Parole sempre più accorate:


«Figlio mio, ancora non ascoltano quello che ti dissi nel tempo passato! Io, per misericordia,
chiamo tutti alla conversione, ma per giustizia devo lasciare la mano di mio Figlio: proprio perché
si compia la giustizia! Miei cari figli: voi pensate soltanto all’esteriorità, al corpo fisico, e vi date
soltanto alle opere corporali! Lo ripeto: pensate al corpo e a soddisfare i vostri sensi depravandoli
allo spirito esteriore; non volete pensarci e dimenticate la spiritualità! Avanti, figli, alla vera
rivoluzione: cambiare vita, convertirsi! Questo chiede Gesù mio Figlio! Dimostrate al mondo
pagano ed eretico, dimostrate al mondo delle false libertà e falsi piaceri, di essere veri seguaci di
mio Figlio! Siate veri cristiani, non soltanto nelle opere materiali o fisiche, che sono atti da
elogiare, ma specialmente nella coscienza della verità della fede».

È un grido di allarme che conosce bene il pericolo:


«Fate buona guardia, figli miei, perché Satana è lasciato libero per agire contro di voi e mettervi
alla prova: specialmente nella fede, nella speranza e nella carità; perché lui, prima di precipitare
nell’inferno dei tormenti, aveva con tutti gli angeli questi doni, ricevuti per grazia e non per merito;
dovendo meritare, si sono ribellati ai piani di Dio Padre, rinnegando il Figlio Verbo del Padre,
allontanando da essi l’azione dello Spirito Santo! Fate attenzione, figli miei, perché il nemico della
grazia per la salvezza userà contro di voi ogni mezzo di persuasione! Certo, sono sempre mezzi
permessi dalla misericordia di Dio: tali mezzi sono stati messi a sua disposizione per gli ultimi
tempi, e sono mezzi tanto ideologici che teologici! Figli miei: la minaccia è grave! Il
permissivismo distruttore esce da tutte e due le parti, tanto dall’oriente che dall’occidente, per
estendersi in tutto il mondo con i suoi mali sotto ogni forma e specie, dilagando con la forza
infernale per far cadere nell’inganno ogni spirito vivente sulla Terra!»

All’impeto diabolico, Maria conosce in che modo ci si possa contrapporre:


«Satana ha tutti i mezzi da usare per farvi perdere; e conosce l’ultimo mezzo che può adoperare e
farvi usare: la lingua che sparla, la lingua che non si ferma e fa molto del male. L’amore è sempre
il mezzo che vince ogni cosa. Ecco perché insisto a dirvi: ‘Amatevi!’ Lo ripeto: ‘Amatevi!’ anche
se nel vostro cammino incontrate croci e spine. Accettate queste sofferenze e pene, offritele, e ne
avrete la gioia di vivere nella gloria del Padre, perché sarete veri figli; di vivere nella gloria del
Figlio, perché sarete veri fratelli; e di vivere nella gloria dello Spirito Santo, perché sarete veri
amici di Dio, uno e trino, con me vera Madre».

Nell’anno successivo alla chiusura del concilio Vaticano II, di fatto


Cornacchiola ebbe diversi sogni profetici che avevano a che fare con la
necessità di mantenere saldo il timone della Chiesa. Annota il 7 aprile 1966:
«Sono diverse volte che in sogno vedo Giovanni XXIII. Questa volta lo vedo vestito da muratore
con la cazzuola in mano e la pala, cioè il badile, e cerca di aiutare altri a costruire un muro di
rafforzo per la chiesa di San Pietro, e mi dice: ‘Vedi, figliolo, il Papa lavora come tutti alla grande
ricostruzione. Tu lavora sempre e vivi con me, vedrai che parte avrai alla ricostruzione’ e si vede la
basilica di San Pietro che ha la facciata tutta rovinata, la guardiamo e piangiamo». E il 1° agosto
seguente: «Mi sono trovato davanti la chiesa detta della Scala Santa, nella piazza adiacente dove
c’è l’obelisco. Vi era allestita come una sala, e vescovi, cardinali, personalità d’ogni ramo e
categoria erano presenti. Mi chiamano per dire due parole, e me lo comandano per ubbidienza, non
ascoltando voci critiche, un vescovo entusiasta mi spinge sul podio, parlo e piango. D’improvviso
crolla sopra molti vescovi, cardinali e altri tutta la facciata della chiesa. Un povero di nome
Francesco mi si avvicina e mi dice: ‘Vedi, succede quello che avvenne ai miei tempi, quando sarai
chiamato parla’. Tutto crolla e seppellisce molti vescovi che vengono salvati da me con l’aiuto
degli Arditi presenti».

In particolare il materno appello della Vergine si rivolge ai sacerdoti, figli


prediletti. Il clero, aveva spiegato nel messaggio del 21 febbraio 1948,
«deve essere: puro, santo, unito, fedele e vivente, cioè deve essere pronto, con la sua azione
personale, a portare le anime alla salvezza, secondo il detto del Signore a san Pietro: ‘Pasci i miei
agnelli’».
Parole che si comprenderanno meglio nel clima postconciliare, quando un
vento di crisi farà lasciare il sacerdozio e la vita religiosa a decine di
migliaia di consacrati e consacrate.
In un testo ritrovato fra le carte di Cornacchiola, senza data ma
probabilmente dell’inizio degli anni Settanta, si legge la sua spiegazione
riguardo ai cinque attributi del clero, che è un po’ una sintesi di diverse
ispirazioni ricevute:
«1. Il carattere della purezza sacerdotale è facilmente intuibile: ‘Beati i puri di cuore perché
vedranno Dio’ dice Gesù. E quanto più i sacerdoti, che debbono essere gli antesignani della
purezza, per insegnare e far praticare agli agnelli la purezza? 2. Il carattere della santità è
intrinseco, anche in senso etimologico, alla dignità che riveste il sacerdote. ‘Sanctus’ viene dal
verbo latino ‘sancire’ e designa colui che è sacro e consacra, che porta alla salvezza, che vive la
legge di Dio e i suoi comandamenti. 3. Il carattere della fedeltà è costantemente richiamato nella
Sacra Scrittura sia per i fedeli, quanto – e maggiormente – per i sacerdoti. L’impegno del sacerdote
a essere fedele deriva dal fatto che egli è stato scelto da Gesù. 4. Il carattere dell’unità è elemento
indispensabile per arrivare alla salvezza. L’unità è voluta da Dio stesso, uno e trino. I sacerdoti
sono stati chiamati come i primi apostoli, i dodici che Gesù prescelse, formando una comunità
sacerdotale con a capo Pietro, autorità visibile! 5. Il carattere del dover essere clero vivente
significa, per i sacerdoti, dare vita alla loro missione, non vivendo per se stessi, ma per il Signore e
per i fratelli. Tale carattere è chiaramente espresso nel Vaticano II».

La necessità di «comprendere nella luce della verità il Concilio» è


richiamata dalla Vergine nel messaggio del 23 febbraio 1982, nel quale ella
sottolinea:
«L’ateo caparbio deve riacquistare la fede, credere in Dio, amare la Chiesa e vivere la verità della
dottrina della salvezza; e per fare questo si lasci catechizzare, e con umiltà ascolti e ponderi; si
doni a Gesù Cristo, Verbo del Padre, mio Figlio Redentore e Salvatore di tutti coloro che lo
accettano! L’eretico e lo scismatico lascino l’errore, che è peccato contro lo Spirito Santo; tolgano
dal loro cuore l’eresia, mezzo infernale di perdizione orgoglioso! Entrino nella via della verità per
ottenere la vita vivente nella Chiesa fondata da mio Figlio e uscita, come Sposa, dal costato
lacerato per aprire la porta della salvezza a tutti!».

Ma un particolare ammonimento è riservato ai sacerdoti, per i quali, nel


messaggio del 1° gennaio 1988, Maria si fa portavoce di un discorso
durissimo di Gesù:
«Voi state calpestando le mie pecore e le portate verso la perdizione! Io ve le diedi in consegna per
guidarle, curarle e salvarle dai lupi rapaci vestiti da pecore, come già vi accennai nei miei discorsi!
Perché non fate conoscere più la mia dottrina? Perché le mie pecorelle le portate dove sono erbe
secche e cespugli mortali? Perché le abbeverate con acque malsane? Io sono venuto a portare una
dottrina: la dottrina della salvezza, e non sono venuto a riunirvi come vi ho trovati, ma vi ho
istruiti, vi ho convertiti, vi ho mandati a istruire per convertire, a coloro a cui la mia legge non era
più la loro legge! Vi ho salvati per salvare tutto il mondo! Questa è l’eredità che vi diedi in
consegna: l’eredità, la dottrina da trasmettere a ogni creatura, e non voi prendere da loro e lasciarli
come si trovano, o approvando come sono e quello che sono, come sono! Se questa fosse la via
giusta, be’... l’avrei già percorsa Io stesso e ve l’avrei indicata; e invece Io sono stato ucciso
proprio perché la mia dottrina non era la loro dottrina, la mia verità non era la loro verità. Anzi:
quando vi mandai a predicarla vi dissi che chiunque ascolta, chiunque crede, chiunque riceve la
grazia mediante il battesimo e pratica questa mia dottrina che è una, pura, santa e unica, e
ubbidisce a voi – questo vi dissi – allora sarà salvo! Questo lo ricordate, vero? Ma voi, cosa avete
fatto? Avete chiuso la vostra bocca e chiuso le orecchie del mio gregge, cioè del mio popolo!
Questo, perché voi non parlate al mio popolo e perché sia sordo e non senta neppure il mio
richiamo! Avete chiusa la porta della mia Chiesa, il dolce Ovile da me fondato e a voi consegnato!
L’avete chiusa per non entrarvi voi e non farci entrare il mio popolo! Avete chiuso il vostro e il
loro cuore per non più amare!»

Sin dal 1958 la Vergine aveva invocato:


«Non spogliatevi dell’abito sacerdotale, ubbidite tutti: l’abito richiama, è un segno celeste».

Nel 1982 si esprime con forza a riguardo di questo aspetto, chiedendo a


Cornacchiola di dire ai sacerdoti (e questo gli procurò tantissime grane!)
«che miseramente girano sicuri senza segni sacerdotali esterni: non solo vivono nel dubbio della
fede, ma attirano altri a lasciare la fede con il loro mal comportamento! Tutto attorno a loro tace;
non solo sentono fare ai loro riguardi critiche calunniose, ma spesso sono essi stessi che danno gli
spunti per essere attaccati. Lo Spirito Santo – che aiuta a spianare i monti e i colli, a raddrizzare i
sentieri storti – lo hanno messo nelle soffitte delle loro stoltezze e nelle cantine della loro
ignoranza! Ecco cosa significa che sono pieni di vino dolce: si sono ubriacati del mondo e del falso
modernismo mondano dilagante nei loro spiriti deformati! Che siano e vivano da sacerdoti, come
ha stabilito mio Figlio, che essi devono non solo rappresentare e vivere, ma essere Gesù Sacerdote
nella vera missione! Avete abbracciato il sacerdozio: vivetelo e fatelo vivere! È una vera chiamata
alla grazia per distribuire la grazia! È un pesante incarico, ma la grazia non manca e viene in aiuto
supplendo dove voi non resistete a portare il giogo!»

È in particolare sulla virtù dell’ubbidienza che la Madonna attira


l’attenzione dei sacerdoti:
«Ricordatevi, figli miei: mio Figlio ha posto una vera autorità visibile in Pietro con la successione
eletta; voi, figli diletti, dovete ascoltarla e ubbidire alla Santità del Padre eletto, guidato, illuminato
e protetto dall’Alto! È il vero strumento di richiamo: è un mezzo di salvezza! Io sono sempre
vicina alla Santità del Padre: sono io che lo spingo; e così tutti coloro che sono investiti di autorità,
che viene dall’Alto per la salvezza delle anime, i quali sono uniti con il cuore e con la volontà alla
Santità del Padre! Questi saranno gli strumenti veri di salvezza, di pace e redenzione delle anime!»

Nell’estasi del 28 aprile 1986, Cornacchiola si trova in piazza San Pietro


con la Vergine che gli mostra
«coloro che hanno ubbidito alla voce di Dio in Gesù Cristo per mezzo del Papa, che è la voce della
Chiesa, voce viva nella Chiesa eternamente viva. Tutti nella gloria, osannando; e coloro che non
hanno ubbidito, nel buio triste e malinconico. ‘Vedi figlio mio’ mi dice la Vergine, ‘anche se chi dà
un ordine ti sembra che sbagli, tu sei tenuto a ubbidire, a meno che quest’ordine tocchi la fede, la
morale e la carità. Allora no!’»

Nel linguaggio simbolico della visione, il 12 novembre 1986 la Madonna


gli mostra un’altra scena, decisamente terrificante (che richiama alla mente
il terzo segreto di Fatima):
«Mi porta in una località a me sconosciuta e mi trovo in una grande piazza; e lei mi fa vedere una
cosa che ancora l’ho davanti agli occhi, viva, e mi addolora: ‘Guarda cosa fanno ai miei figli, a
quelli che restano fedeli alla fede e alla Chiesa di mio Figlio, nella grande persecuzione per una
vera purificazione!’ Io guardo e vedo molti sacerdoti con la loro talare, e religiosi e religiose con il
saio e l’abito religioso di ogni forma e colore: tutti in fila, e degli aguzzini li spingono e trascinano
uno alla volta su di un palco di legno. Li facevano inginocchiare e chiedevano loro: ‘Getta l’abito’.
Alla risposta ‘No!’ gli prendevano la testa e gliela mettevano su un ceppo, e lì venivano decapitati
dal boia che aveva una scure. Il sangue schizzava da per tutto e coloro che attendevano lo stesso
martirio gridavano: ‘Queste sono le anime che gridano sotto l’altare di Dio!’ Gli assassini e coloro
che assistevano a tale carneficina gridavano: ‘Evviva l’ateismo! Finalmente ci siamo liberati dagli
abiti e dai voti che ci tenevano schiavi, facendoci credere all’esistenza di Dio; ed ecco che
finalmente siamo liberi’».

Di qui l’accorato appello della Vergine:


«Questo io dico ai miei figli sacerdoti: vivendo da sacerdoti o religiosi avete rinunciato a vivere il
mondo, pur stando nel mondo; avete rinunciato alla vita comoda e agiata, avete accettato una vita
di rinunce e di sacrifici; avete promesso di vivere i consigli di Gesù, e lui è stato il primo a darvi il
buon esempio di come viverli: così dovete viverli voi, come li ha vissuti mio Figlio nella
perfezione della volontà del Padre, nella virtù religiosa, con l’aiuto della carità! Voi, figli miei,
avete accettato e indossato la talare e l’abito religioso per distinguervi dal mondo: eppure vi fate
distrarre da tante cose vane, inutili e futili, pensando molto poco a vivere l’esercizio della vita di
perfezione, quella perfezione religiosa primitiva per la salvezza cooperatrice con Gesù, salvezza
delle anime che attendono la luce e il sale da voi, consacrati!»
9.

Le preghiere e la pace

«Figli miei, è tempo di penitenza, è tempo di digiuno, è tempo di preghiera. Pregate e non crediate
che la preghiera sia un’azione oziosa, come tanti vanno dicendo: la preghiera è azione d’amore,
sottomettendo la propria volontà alla volontà di Dio». Nell’Epifania del 1972, l’accorato appello
della Vergine riporta alla mente di Cornacchiola quanto aveva ascoltato nella prima apparizione:
«Non dimenticate il rosario, che molto coopera alla vostra santificazione; le Ave Maria, che voi
dite con fede e amore, sono tante frecce d’oro che raggiungono il Cuore di Gesù! Il giuramento di
un Dio è e rimane eterno, è uno e stabile. Ti hanno salvato i nove venerdì del Cuore sacrato di
Gesù, promessa divina, che tu facesti prima di entrare nella menzogna e farti nemico di Dio».

La Madonna faceva riferimento alla devozione che ha tratto origine dalle


apparizioni di Cristo a suor Margherita Maria Alacoque (proclamata santa
nel 1920), vissuta nel convento francese di Paray-le-Monial sul finire del
Seicento. Gesù si lamentò con lei dell’insensibilità degli uomini nei
confronti dell’amore divino. Le chiese perciò di farsi promotrice del culto al
suo Sacro Cuore. E ai devoti fece numerose promesse: la pace nelle
famiglie, la consolazione nelle afflizioni, le grazie necessarie al loro stato di
vita. Ma, ancor più, riservava una particolare garanzia a chi, nel primo
venerdì di nove mesi consecutivi, si sarebbe confessato e avrebbe ricevuto
la comunione.
«Essi non moriranno in mia disgrazia, ma riceveranno i sacramenti e il mio Cuore sarà il loro
rifugio in quel momento».

Il 12 aprile 1947 erano state dettate al veggente anche due specifiche


preghiere. La prima è incentrata sulla Trinità:
«Ti glorifico o Dio, divino e uno, nella divina santità del Padre, perché mi hai creato quel dì che ti
compiacesti di crearmi. Ti benedico o Figlio del Padre, nella perfezione umanistica divina, perché
mi hai salvato, spargendo, nella via del soffrire, il Sangue benedetto, divino e umano. Ti ubbidisco
o Spirito Santo, nei doveri per la mia santificazione, affinché mi infiammi d’amore, di fede, di
speranza, per il Padre. Ti innalzo e metto nel mio cuore, o Trinità divina, in un solo Dio, nell’unità
perfetta d’amore e di giustizia, perché mi dai Maria, Figlia, Sposa e Madre, nel Padre, nel Figlio e
nello Spirito Santo, via, verità e vita d’ogni essere, per incamminarmi nella via che porta a te, nella
verità che fa conoscere te, nella vita che scaturisce solo da te, per amarti, glorificarti e benedirti in
eterno, nella gloria degli angeli osannanti te, perfetto e santo, uno e trino, in Maria santissima per
te nostra Madre».

La seconda ha una connotazione più mariana:


«Madre santa, Vergine della Rivelazione, fai che il fiume della misericordia di Dio Padre, i rivi di
Sangue preziosissimo di Gesù, i raggi infuocati dello Spirito Santo possano accompagnarmi, per
tuo mezzo, in questa via del mondo di peccato, che solo percorriamo nella nostra corta esistenza
carnale, per essere, nell’apprensione dell’amore divino, trasformati a somiglianza di Gesù nostro
Salvatore e Fratello nei piani d’amore, e come te che vivi nei Cieli, col Padre, nella gloria celeste».

Nella domenica delle Palme del 1948, mentre Bruno stava pregando nella
chiesa d’Ognissanti, gli apparve nuovamente la Vergine della Rivelazione.
Questa volta però aveva nelle mani la corona del rosario e subito gli disse
che
«è il momento che ti insegno come si recita questa cara e santa preghiera. Come ti dissi che sono
frecce d’amore e d’oro che raggiungono e arrivano al cuore di mio Figlio Gesù Cristo, morto per
voi e per chi crede in lui e cammina nella vera Chiesa. I nemici cercheranno di dividerla, ma la
preghiera che dite con fede e amore la tiene unita, nell’amore del Padre, nell’amore del Figlio e
nell’amore dello Spirito Santo».

Ecco le sue indicazioni:


«Prendi con l’indice e il pollice il crocifisso e segnati facendo la croce sopra di te, che è una
benedizione personale. Toccandoti la fronte dirai: ‘Nel nome del Padre’; toccandoti il petto: ‘e del
Figlio’; ora la spalla sinistra: ‘e dello Spirito’; e la spalla destra: ‘Santo. Amen’. Ora, tenendo
sempre il crocifisso tra le due dita, che simboleggiano il Padre e il Figlio, e la mano lo Spirito
Santo, dirai con vera e persuasa fede il Credo. Il Credo lo Spirito Santo lo ha dettato agli apostoli e
alla Chiesa autorità visibile, perché il Credo è la verità trinitaria. Io sono in essa perché Madre del
Verbo, Dio uno e trino, nel vero amore della Chiesa per la salvezza delle anime. Sono
l’incarnazione dello Spirito Santo. Ora il grano più grande è per recitare la preghiera che mio
Figlio insegnò agli apostoli, il Padre nostro, e nei tre grani piccoli si ripete l’angelo che mi parla, io
che rispondo, Elisabetta che riconosce Dio fatto carne in me e l’implorazione fatta da voi verso di
me, vostra Madre nella grazia e misericordia trinitaria. Riprendi ora il crocifisso e ripeti con me:
‘O Dio, vieni a salvarmi’; ‘Signore, vieni presto in mio aiuto’. Aggiungi un Gloria. Vedi che
s’implora nel santo – così lo chiamerai da oggi in poi – rosario l’aiuto di Dio per la salvezza. È la
cosa più preziosa che l’uomo deve custodire. Dando gloria alla santissima Trinità, col santo
rosario, sono per voi la Calamita della Trinità, unita nell’amore del Padre e nell’amore del Figlio,
generato eterno dal Padre e nel tempo da me e nell’amore dello Spirito Santo che procede e dal
Padre e dal Figlio. Sono cose che ti farò capire nel tempo e con grandi sofferenze. Ogni mistero
che chiarisce la vita a ogni anima spirituale dirai: ‘Nel primo mistero d’amore si contempla’.
Oppure, per voi più chiaro: ‘Nel primo mistero d’amore gaudioso-doloroso-glorioso meditiamo’;
ciò che si deve meditare lo prenderai dalla Parola di Dio. Così ogni giorno mediterai tutto il piano
dell’economia di Dio per la redenzione dell’umanità. Così ripeterai per ogni mistero d’amore in
tutta la settimana. Questo, lo ripeto, coopera molto alla salvezza delle anime, e mantiene ferrea la
fede e fa vincere la lotta contro il male diabolico. Tutto quello che io domando alla santissima
Trinità mi viene concesso perché sono Figlia del Padre, sono Madre del Figlio e sono Sposa
immacolata dello Spirito Santo, Tempio scelto per la redenzione».

Così spiegherà con chiarezza a Cornacchiola nell’apparizione del 1°


dicembre 1983, dettagliando quindi sei punti:
«a) Tutti coloro che si mettono sotto il mio verde manto della misericordia saranno da me protetti.
b) Se il mondo ascolta quello che ho sempre detto nelle mie apparizioni, la mia influenza presso la
santissima Trinità non mancherà per apportare la pace sul mondo devastato dal peccato. c)
Imparate da mio Figlio che ha tanto amato gli uomini della Terra da dare se stesso per salvarli.
Questo è amore e come lui amò e come io vi amo in lui, per lui e con lui: amatevi, o peccatori, che
io vi amo, sono vostra Madre. d) Questo che sto per dirvi è impossibile, ma ammettiamo che mio
Figlio avesse rinunciato a morire in croce, ebbene avrei fatto del tutto per soffrire e morire io al suo
posto. Vedete quanto vi ama una Madre che attende da voi amore per le cose sante della redenzione
poste nel luogo santo fondato da Gesù: la Chiesa! e) Per tutto quello che voi fate per onorarmi,
specialmente vivendo la dottrina di mio Figlio tramite la Chiesa e il suo capo visibile e pregando
con fede e amore le Ave Maria, io vi prometto protezione, benedizione e misericordia. f) In ogni
vostro giorno cerco con tutti i mezzi, anche col castigo, di salvare più peccatori che mi è possibile
strappandoli dalle catene del peccato satanico».

Dopo avergli anticipato, nell’apparizione del 18 luglio 1992, di voler essere


onorata con il titolo di ‘Vergine della Rivelazione, Madre degli incurabili’,
il 10 settembre 1996 gli appare nuovamente per insegnargli una nuova
devozione. Bruno ha appena finito di recitare, passeggiando attorno alla
cappella della casa estiva della comunità Sacri al Circeo, la coroncina ai
Sacri Cuori di Gesù e Maria e in quel momento si trova dinanzi alla
scalinata di dodici gradini che porta alla piccola grotta dedicata a Maria:
«Appena metto il piede sul primo gradino sento come un impedimento per scendere al secondo
gradino, come se fossi paralizzato. Penso subito a un fatto di anzianità ma improvvisamente,
davanti a me, c’è la Vergine della Rivelazione, ferma sul terzo gradino, alla mia destra. È vestita
con gli abiti del 12 aprile 1947. È scalza. Non ha il libretto color cenere, ma ha le mani unite
davanti al petto. È lì, ferma davanti a me, sorride. Io la fisso, la guardo e ci incontriamo con gli
occhi. In quel momento avevo perso la cognizione di dove mi trovavo».

La Vergine comincia a parlare:


«Sono venuta per darti una buona notizia, per farti conoscere l’intenzione della santissima Trinità.
La grazia e l’amore del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo vogliono donare un altro aiuto per
soccorrere e aiutare le anime a guarire dall’incredulità e dal peccato che dilaga nei cuori di tutta
l’umanità. Questo deve servire come un aiuto alla salvezza, un aiuto a tanti, lontani o vicini, in
questo mondo devastato dall’incredulità. Questa nuova devozione vuole raggiungere tanti che nel
mondo hanno bisogno di grazia e amore, di aiuto alla ricerca di Dio e a una sincera conversione.
(Qui si fa un po’ triste, poi continua) Specialmente per tanti miei figli sacerdoti, e anche più in
alto, che facilmente cadono nelle braccia di Satana, come foglie secche che cadono da un albero al
soffio del vento. Conversione della mente, del cuore e dello spirito, specialmente per coloro che
fomentano confusione nelle anime. Ecco perché ti dissi, il 12 aprile 1947, che molti dei miei figli si
spoglieranno, fuori del segno sacerdotale e dentro della conoscenza della verità nello spirito.
Questa devozione è per vincere Satana e i suoi accoliti e sarà come un esorcismo fatto da tutte le
anime di buona volontà, affinché si possa fermare l’attività diabolica che fa perdere le anime. Il
sacerdote sia veramente sacerdote e il cristiano sia vero cristiano nell’ubbidienza e nell’amore.
Pregare e dare il buon esempio è meglio di tante parole inutili. Non trascurate la vita cristiana che è
amore».

Ecco lo svolgimento della devozione:


«Fermi sul primo gradino e prima di scendere, fatevi il segno di croce, come già ti dissi
insegnandotelo alla grotta, con la mano sinistra sul petto e la destra, pronunciando i nomi delle
Persone della santissima Trinità, che tocca la fronte e le spalle. Fatto il segno di croce, reciterete un
Padre, Ave, Gloria. Sempre fermi sul primo gradino direte: ‘Vergine della Rivelazione, prega per
noi e donaci l’amore di Dio’. A questo punto direte un’Ave e un Gloria. Poi direte: ‘Madre degli
incurabili, prega per noi e donaci l’amore di Dio’. Così su ogni gradino fino al dodicesimo.
Arrivati davanti alla grotticella reciterete il Credo, che è il vero atto di fede. Poi pronuncerete,
chiedendo la benedizione: ‘Che il Signore Iddio ci dia la sua santa benedizione, san Giuseppe la
divina provvidenza, la Vergine santissima ci protegga e ci assista; volga il Signore Iddio il suo
volto verso di noi, ci sia propizio e ci stabilisca nella vera pace’. Questo perché nel mondo non c’è
più pace. Si termina dicendo il saluto di unità e d’amore: ‘Dio ci benedica e la Vergine ci
protegga’».

È proprio al tema della pace, nel mondo e nei singoli cuori, che è
particolarmente legata la pressante richiesta di preghiera da parte di Maria.
E in favore di questa pace la Vergine della Rivelazione si è spesa in
molteplici modi, indicando anche alcune azioni da compiere, come è tipico
delle apparizioni mariane (spesso però disattese da quanti hanno la
responsabilità ecclesiastica).
Il 4 giugno 1964 dettò al veggente una richiesta alla quale non è stato dato
alcun seguito (anch’essa dispersa nell’archivio segreto della congregazione
per la Dottrina della fede e probabilmente ignota al Papa):
«Voglio per tuo tramite far conoscere il mezzo che serve per salvare dal diluvio di fuoco l’umanità,
ma sempre dietro ubbidienza e carità. Proprio per mezzo della carità, vera àncora di salvezza, è la
consacrazione di tutto il genere umano al Cuore divino di Gesù Cristo, mio diletto Figlio, e al mio
Cuore immacolato. Tale consacrazione non si deve fare con la separazione dei Cuori, ma restino
uniti, quello di mio Figlio e il mio, nella unità di amore. Affinché tale consacrazione riesca nella
sua validità, e il mondo passi dal profano al divino, deve essere consacrato come ti dico io. La
consacrazione fatta con fede e amore nella carità sarà per l’umanità una vera e reale
transustanziazione eucaristica, sarete ostie offerte per il bene di tutti i viventi sulla Terra! Così e
solo in tal modo l’umanità legalmente sarà consacrata, per mezzo di coloro che ne sono i
responsabili della vita terrestre. Tale consacrazione vi farà diventare tutti di Dio, anzi divinizzati
nella carità celeste. Questo darà la pace vera al mondo».

Per realizzare questa consacrazione per la pace mondiale, la Vergine


descrive due possibilità:
«1. Chiamare in un grande congresso o assemblea i capi responsabili dell’umanità, capi religiosi e
capi di Stato, il tutto a Roma che prepara l’assemblea mondiale. Si eleggerà un responsabile, a voto
di maggioranza, che dovrà leggere la formula della consacrazione. Tutti ascolteranno e
sottoscriveranno a nome di tutti i popoli che essi rappresentano. 2. Oppure in quest’altro modo, è
una prova d’amore e di fede che il Padre concede per la salvezza. La Santità del Padre – il Papa –
dovrà inviare una lettera circolare di adesione a tutti i capi di Stato e religiosi, che dovranno
firmare l’invito, e il tutto si può svolgere per mezzo di diplomatici. Se tutto procede secondo i
piani celesti, allora la Santità del Padre, firmata la sua, fisserà la data dell’assemblea a Roma, e in
piazza San Pietro si leggerà la suddetta consacrazione che leggerà lui stesso. Allora si avrà
veramente la pace sulla Terra a beneficio di tutti».

Il 23 febbraio 1982 ella esprime un’altra precisa volontà, che sembra


richiamare il cosiddetto ‘Perdono della Porziuncola’, cioè l’indulgenza
plenaria ottenuta da san Francesco d’Assisi nel 1216 da Papa Onorio III:
«Qui, in questo luogo della grotta dove sono apparsa diverse volte, sarà il ‘Santuario
dell’espiazione’, come se fosse il purgatorio in Terra: chiunque viene qui confessato e pentito,
comunicato e purificato, e prega, io prenderò le preghiere e le porterò al trono divino di mio Figlio,
presentate dallo Spirito Santo al Padre che, nel suo amore, concederà la purificazione dei peccati
da purificare nel purgatorio! È qui che voglio una casa santuario col titolo tutto nuovo: ‘Vergine
della Rivelazione, Madre della Chiesa’. La mia casa sarà aperta a tutti, perché tutti entrino nella
casa della salvezza e si convertano! Qui verranno a pregare gli assetati, gli smarriti, e vi troveranno
amore, comprensione, consolazione, il vero senso della vita e la vera pace nella speranza della
carità di fede: questa è l’acqua della verità, la via della vita! Beati coloro che entreranno per la mia
porta che è mio Figlio Gesù!»

Collegandosi alla precedente richiesta, la Madonna prosegue:


«Tutti i capi di Stato, dico tutti, devono essere invitati nel primo giorno di apertura della
consacrazione di tutto il complesso! Tutti dovranno entrare per la porta denominata ‘Porta della
pace’; e si saluteranno con il saluto della pace e dell’unità che tu fai già con la mia Sacri: ‘Dio ci
benedica e la Vergine ci protegga’. Voglio che sia indetta non una giornata, ma una settimana: dalla
domenica alla domenica, la gioia della pace; e non si parlerà in modo astratto di pace, ma si vivrà e
si accetterà la pace: la vera pace di tutti i popoli presentata dal pastore della Chiesa per la Chiesa
dei pastori uniti a lui! Dio sarà in tutti e tutti saranno con Dio nell’amore! Se faranno quello che ti
ho fatto scrivere, tutti i popoli della Terra avranno la pace, perché saranno consacrati al mio Cuore
immacolato di Madre di tutti i figli della risurrezione».

Di fatto, per la realizzazione di questo santuario sono stati già effettuati


diversi passaggi burocratici, a cominciare dall’acquisto del terreno
circostante la grotta, fino alle opportune autorizzazioni civili ed
ecclesiastiche. Risulta anche che siano state raccolte, presso il Vicariato di
Roma, cospicue offerte per la costruzione dell’edificio, ma sviluppi
significativi nell’edificazione non si sono ancora visti.
Nel frattempo, il 6 giugno 1987, è almeno stata inaugurata una struttura a
forma di arco, dipinta di verde e sormontata da un medaglione bianco con il
monogramma mariano, che momentaneamente fa le veci della Porta della
pace, che dovrà invece essere posta all’ingresso del futuro santuario. Fu
benedetta dal cardinale Silvio Oddi, alla presenza del presidente del
Consiglio Amintore Fanfani e di numerosi ambasciatori, nella medesima
giornata in cui Giovanni Paolo II diede avvio all’Anno mariano 1987-1988
con la Messa in piazza San Pietro e la recita del rosario dalla basilica di
Santa Maria Maggiore, in collegamento con altri quindici santuari mariani
del mondo. Un ideale e significativo ponte proprio in coincidenza con il
quarantennale dell’apparizione alle Tre Fontane.
Che cosa sia l’impegno in favore della vera pace, cui Maria sollecita
sempre, lo chiariscono le parole di Gesù del 1° gennaio 1988, che si
schiudono alla dimensione del futuro:
«Avete degli esempi, Sodoma e Gomorra: non si pentirono, non fecero penitenza, non alzarono la
voce implorante, cioè la preghiera. E conoscete quello che la giustizia ha fatto di loro! E altri
esempi ancora come Ninive, che ascoltò, si pentì, fece preghiere e penitenze: e furono salvati,
come vi preannunciai nelle profezie che voi non ricordate più e le avete dimenticate, per colpa
vostra! Ebbene, ancora vi annuncio che, se non vi convertirete, ferro e fuoco, come altre volte ho
fatto, scenderà sopra di voi: e, per colpa vostra, su tutti, piccoli o grandi, peccatori o innocenti,
buoni o cattivi! Ecco perché vi richiamo tutti alla conversione, alla vera pace e al vero amore!
Quello che voi chiamate ‘pace’, e tutto quello che voi state facendo per la pace, non è altro che
inganno, perché manca la conversione, manca la preghiera rivolta al Dio uno, unico e santo; manca
la penitenza per la purificazione e per il perdono dei vostri peccati! Tutto questo si sta preparando
per una satanica guerra, e così perdere le vostre anime! Sappiate questo: che Satana, il maligno, il
serpente antico – che non credette né a mia Madre né a me, presenti a tutti gli angeli per una prova
d’amore – ha sete di anime, vuole anime per vivere l’inferno, il danno meritato per la propria
volontà! E allora io vi richiamo: convertitevi figli; e vi chiamo figli della misericordia, se vi
convertirete; figli della resurrezione, se cambierete vita rinnovando il vostro cuore! Pentitevi e
amatevi! Questo è il suono delle trombe della battaglia finale: amore, pace, misericordia!»
10.

Gli ultimi appelli

Fra il 1999 e il 2000, oltre mezzo secolo dopo la prima apparizione e


quando Cornacchiola sta ormai giungendo al termine della vita (morirà il 22
giugno 2001), tre importanti messaggi gli vengono affidati dalla Vergine
della Rivelazione, strettamente connessi con il primo del 12 aprile 1947.
In particolare quello di inizio 1999 è fondamentale per comprendere
l’attualità delle parole pronunciate tanti anni prima dalla Madonna. Ma
anche gli altri dell’agosto 1999 e del marzo 2000 hanno un contenuto
illuminante sulla storia del nostro tempo. Vale perciò la pena di proporli
integralmente.
4 gennaio 1999
La notte del 31 dicembre mi sveglio alle 23.30 e la Vergine mi invita a
prendere il messaggio dicendomi: «Prendi il messaggio del 12 aprile 1947,
che io ti feci scrivere nel 1960. Leggilo e quello che ti colpisce di più
trascrivilo per segnalarlo». Mi alzo, prendo il messaggio e lo leggo. Sono
cinque i punti che mi colpiscono più di tutti gli altri, e li trascrivo. Ritorno a
dormire.
Ecco il 1° gennaio 1999. Alle tre suona la sveglia e mi alzo. Sento la
Vergine che mi dice: «Scrivi quello che ti detto». Non è una visione, ma
sento che mi parla internamente. Mi parla con amore materno, pieno di
attenzione e misericordia. Mi dice:
«Figlio mio, conosco il tuo dolore, ma conosco anche il tuo desiderio di bene e di fervore nei
riguardi della salvezza delle anime. La salvezza viene da Gesù, mio Figlio, il Verbo del Padre, e
non cambia né nella forma, né nella sostanza.
«Per entrare nella grazia ci vuole il battesimo, e per vivere il battesimo occorre la conoscenza della
dottrina della verità della salvezza. E questo avviene soltanto nella Chiesa, fondata da mio Figlio,
che non è parola di un uomo o fondazione di un uomo che fonda una nuova religione, ma è Parola
di Dio, Dio fatto uomo per portare agli uomini la dottrina della salvezza. Lo ripeto ancora: resta
sempre quel detto dei santi, dagli apostoli in poi, che hanno sempre insegnato ‘senza la Chiesa non
c’è salvezza’ e fuori di essa è difficile il vivere e l’accettare Dio uno e trino.
«Non si vive il Padre – che ha creato con e per il Figlio Verbo che vi ha salvati, e con lo Spirito
Santo che vi ha formati – che tramite la Chiesa, una, santa, romana, cattolica e apostolica con tutti i
sacramenti e i mezzi della grazia.
«Io, vostra Madre, per la rinascita alla grazia, vi dico: credete, amate e vivete la Chiesa!
Ricordatevi che la Chiesa non ha difetti, la Chiesa non ha errori, la Chiesa non pecca e non sbaglia
perché è divina. Sono gli uomini nella parte umana che sbagliano.
«Figlio mio, rileggi il messaggio che ti diedi e gli appunti che hai preso, e scrivi le prime parole
che riguardano quello che sarebbe avvenuto per mezzo degli uomini, anche eletti pastori e guide
del gregge nell’Ovile santo, Corte celeste in Terra».

1. Dov’è la carità? Quali sono i frutti dell’amore? Duri, sono di callo duro,
in tutti i secoli; specie i pastori del gregge che non fanno il loro dovere.
Troppo mondo è entrato nella loro anima per dare scandalo al gregge e
sviarlo dalla via, verità e vita.
«L’anno che verrà, il 1999, sarà un anno di stretta e di dolori, come è inquinata la Terra e i suoi
elementi per colpa dell’uomo. Ricorda che ti dissi ‘la scienza rinnegherà Dio’ ed è quello che sta
facendo. Così i miei figli hanno inquinato la sorgente della vita dell’anima spirituale».

2. La Chiesa tutta subirà una tremenda prova, per pulire il carname che si è
infiltrato tra i ministri, specie fra gli Ordini della povertà: prova morale,
prova spirituale, per il tempo indicato nei libri celesti.
«Questo male si infiltrerà nei cuori, specialmente nei cuori dei miei figli sacerdoti. [Quelli che lo
professano] sono pochi, ma agguerriti, e fanno di tutto per discreditare i tre punti base della
salvezza, che già te ne parlai: l’Eucaristia, l’Immacolata e la Santità del Padre, che sono la base
della dottrina della salvezza. Vi è una superficialità devozionale, solo riguardo a interessi materiali.
«Ecco perché manca l’amore, il coraggio di vivere Cristo come egli ha insegnato agli apostoli,
fondamento della verità. Ecco perché [i miei figli sacerdoti] decadono, perché sono nel fango
dell’orgoglio. Si credono sapienti di sapere ogni cosa e non sanno nulla, perché parlano di cose che
dovrebbero tacere, e non parlano della salvezza delle anime.
«Figlioli miei, siete giunti in una situazione cruciale: parlate di tutte le religioni e il gregge aderisce
sbandandosi, perché voi sparlate della dottrina di salvezza delle anime. Per questo periscono! Ma
io sono mandata dalla Trinità per aiutare voi a salvare le anime».

3. Sacerdoti e fedeli saranno messi in una svolta pericolosa nel mondo dei
perduti, che si scaglierà con qualunque mezzo all’assalto: false ideologie e
teologie!
«Un castigo vi verrà improvviso dall’oriente. Costoro riceveranno forza di persuasione di essere
dèi e di poter soggiogare coloro che essi chiamano ‘infedeli’. Questo avverrà molto presto.
«Ma l’anno 1999 è l’anno dei dolori e degli assalti del nemico rafforzato da coloro che hanno il
potere di esorcizzare. Potevano farlo per allontanare tale male, ma non l’hanno fatto; e le anime
sono sovrastate dal male di molti di coloro protetti da voi, perché preparate le anime alla
perdizione e non alla salvezza, perché non propinate la verità, ma le false dottrine eretiche e
idolatriche, che negano la vera fede per difendere le false fedi che portano alla perdizione.
«Cari figli, è una Madre che ve lo dice: scrutate il vostro spirito; se c’è del male, fate di tutto per
gettarlo fuori e allontanarlo da voi; se c’è il bene, vivetelo, ricordando sempre che Dio è presente
in voi, fino al giorno del giudizio particolare.
«Ecco perché vi dico: pensate alla realtà della vera vita che vi attende nel futuro; e con la presente
fate del tutto per guadagnare i meriti per entrare nella porta stretta della vita eterna. Abbiate in voi
il coraggio della fede, la serenità dello spirito per vivere la vera pace e dare la pace. Questo si
ottiene nella vera fede e nel vero amore.
«La pace e l’amore non sono basati sulla vita umana, ma sono basati sull’umano che vive la fede e
l’amore per vivere nell’amore la vera fede, il vero amore nella vita divina.
«Leggi e scrivi quello che ti dissi a proposito dell’assalto dei nemici, aiutati da coloro che sono
nella Chiesa ma non sono per la Chiesa perché non la vivono».

4. Vi saranno giorni di dolori e di lutti. Dalla parte d’oriente un popolo


forte, ma lontano da Dio, sferrerà un attacco tremendo, e spezzerà le cose
più sante e sacre, quando gli sarà dato di farlo.
«Figli miei, vi esorto a vivere la verità della fede, la dottrina di salvezza! Impegnatevi voi a vivere
con i santi sacramenti, indicando al gregge tale salvezza, tali sacramenti che sono nella vera
Chiesa, che li ha ricevuti da Dio uno e trino, Padre e Figlio e Spirito Santo.
«Pregate, fate penitenza, perché vi sia tolto il male che il mondo ha prodotto mettendo discordia,
separandovi gli uni dagli altri, affinché ci siano tra voi discussioni e non l’unità di pace vera; e
questo produce guerra e disperazione. Voi dovete aiutare le anime, non soltanto in senso materiale,
umano, ma anche nello spirito.
«Vi manca quella forza di fede e d’amore per far fiorire il seme della vita, della grazia e della fede
donatavi nel battesimo. Non c’è la fioritura perché manca la collaborazione per salvare le anime.
«Alcuni di voi, figli miei, stanno materializzando lo spirituale e il mondo-carname-satanico è
entrato in molti di voi, perché si è travestito di luce e non avete visto che è un angelo delle tenebre.
«Devo rimproverare e richiamare molti di voi che hanno collaborato a questo male-­mortale-
satanico, avendo fatto perdere nei cuori del gregge la forza della grazia.
«Figli miei sacerdoti, amate le anime dando loro il pane di vita, l’Eucaristia, imboccateli con
questo cibo celeste che è il Cristo, il Verbo Gesù Signore, mio Figlio, che si è dato in cibo per le
anime. Date da mangiare la dottrina della salvezza che Gesù Verbo del Padre, mio Figlio, vi ha
dato. È morto per riscattarvi dal peccato; si è fatto lui, per voi, espiazione del peccato originale
dandovi se stesso e consacrandovi, proprio per far conoscere la dottrina della salvezza, che, ripeto,
è una sola nella sua Chiesa.
«Operate come vi ha insegnato nella sua dottrina per vivere la via della verità, operando
spiritualmente per la salvezza e la santità delle anime. Non crediate, figli miei, alla libertà di
religione nelle religioni. Tale libertà non fa amare Dio e i suoi comandamenti e le sue leggi
d’amore.
«Ora dico: ogni azione senza l’amore di Dio, dei suoi comandamenti e delle sue leggi è azione
diabolica che cerca di frantumare l’unità della fede nella Chiesa di mio Figlio, unica salvezza per
l’umanità, come è scritto dallo Spirito Santo.
«Satana vi gira attorno con astuzia politica, egemonica, deleteria, con religioni eretiche e pagane,
proprio per ridurre a fango la dottrina della salvezza e voi, mio clero, costituito nella Chiesa, Corpo
mistico di mio Figlio. Se continuate su questa via non crederete più alla vita eterna e getterete quel
fango malefico sull’Eucaristia, su me stessa Immacolata e Madre di Dio e sulla Santità del Padre.
Mio Figlio lo elevò a suo vicario sulla Terra. Rispetto, amore, ubbidienza nella verità dottrinale».

5. Il mondo entrerà in un’altra guerra, più spietata delle precedenti;


maggiormente sarà colpita la Rocca eterna nei secoli per essere rifugio dei
santi eletti da Dio, viventi nel suo trono d’amore.
«Figli miei, ve lo ripeto di nuovo, indossate la talare e il saio che vi distingue nella vostra
consacrazione e accettazione di una vita donata completamente a mio Figlio. Tale consacrazione e
donazione è esclusivamente dedicata alla salvezza vostra, se la vivete; e alla salvezza delle anime
che sono a voi affidate come pastori che guidano e nutrono il gregge di Dio.
«Fate attenzione a voi stessi, perché la scusante che la vita moderna vi fa progredire nella fede è un
atteggiamento e un’azione falsa, perché non solo la perdete voi, ma state facendo di tutto per
perdere le vocazioni sacerdotali e religiose di anime consacrate. Facendo così voi spingete al male
le anime, dando loro da mangiare una falsa libertà religiosa e morale, dimenticando di dare al
gregge il vero amore di Dio, che è Dio stesso, vera libertà e vero amore».

14 agosto 1999
Oggi, 14 agosto 1999, mentre mi trovo a letto, nella mia stanzetta di Casa
‘Vergine della Rivelazione’ in San Felice Circeo (Latina), mi sento
chiamare e riconosco la voce della Vergine della Rivelazione, nostra Madre
cara. Apro gli occhi e la vedo davanti a me. Sono le 2 del mattino. Per
essere sicuro che sia veramente lei, mi faccio il segno della croce.
La Vergine mi guarda sorridente e mi dice: «Vieni! Ti mostrerò qualche
cosa che devi vedere e rifletterci sopra». Con la Vergine santa mi trovo su
un alto monte. Mi dice: «Guarda!».
Guardo e vedo una moltitudine di gente indaffarata come formiche, che va
e viene, si affatica, è stanca... Qualcuno cade a terra, e vedo che si scagliano
l’uno contro l’altro, colpendosi, e sento anche le loro voci eccitate, irose,
che bestemmiano e si accusano l’uno contro l’altro del male che c’è nel
mondo. Alcuni hanno in mano armi speciali, si fanno guerra. Vedo sangue,
morti in ogni dove... Improvvisamente sento tremare la terra sotto i miei
piedi... mi agito... mi spavento...
La Vergine mi dice: «Non temere. È un terremoto, segno di richiamo per
tutto il mondo». Chiedo: «Sono segni di richiamo alla conversione? Sono
segni di richiamo alla dottrina e allo spirito di verità che hanno
combattuto?». La Vergine mi risponde: «Sono sordi e stolti! Vedono i segni
che sono un richiamo, ma non riflettono sopra questa realtà. Tu prega e
offri».
La Vergine mi fa vedere religiosi e religiose, sacerdoti, vescovi, cardinali
e mi dice: «Vedi, questi stolti negano Dio uno e trino, e si fanno
orgogliosamente, essi stessi, dio. Questa corruzione, questo male spirituale
è per soddisfare il loro dio e per il loro bene materiale. Fanno il male e non
riescono a fare il bene, perché il male si è inserito e immedesimato nel loro
spirito. Sono fuori di mente e camminano su una via sbagliata; non hanno
fede e non credono, pur credendo di credere. Mi rivolgo ai miei figli
sacerdoti. Cari figli, fate capire da dove viene la vita; chi è sulla Terra da
dove prende la vita; da dove prendono la vita gli uomini che vivono su
questa Terra. Sì, cari figli, fate conoscere da dove viene la vita che vivono;
vita che ha avuto un principio, che è stata donata da Chi non ha avuto
principio, perché Dio è vita eterna, sempre esistita, che dona la vita e
l’esistenza. Fate capire da dove viene l’esistenza: dall’esistenza che esiste,
esistenza eterna che è Dio, che ha dato la vita che esiste. E ora c’è un fine
per tutto. E la vita in Tutto (Dio) riprende vita».
Mentre la Vergine parla, sento delle alte grida incomprensibili di gente
piena d’ira e assetata di sangue, e vedo il sangue scorrere come acqua nei
ruscelli.
«Figli miei, sappiate che il diavolo, o fa di tutto per non far credere che
esiste, oppure si presenta succube dell’eterno amore, e fa passare Dio per
cattivo, e lui, il maligno, si presenta buono, convincendo che non è cattivo
lui, ma è Dio il cattivo e il geloso; e lo dipinge e lo presenta in modo
disonesto. Attenzione, allora! Pregate e praticate la dottrina della verità per
fuggirlo e non ascoltarlo; e pregate che il Cielo vi aiuti a vincerlo con la
spada della verità dottrinale. Gesù, mio Figlio, lo ha sconfitto. E non può
più regnare e fare un regno per conto suo, come aveva deciso; ma è stato
sottoposto alla forza di Dio, pur lasciandogli il Signore libertà nelle sue
azioni, che sono limitate e non possono andare oltre le vostre forze, oltre la
volontà di Dio. Non rigettate le cose sante antiche! E non provocate scismi!
Ma lavorate e pregate per l’unità e non per l’unione! Ricordatevi, figli miei,
che amare tutti non è fare quello che fanno gli altri, che vivono di errori, di
idolatria e di eresia. Queste cose sono da rigettare per non cadere sotto il
giudizio di Dio, perché un giorno sarete tutti giudicati. Molti hanno perduto
questo concetto di verità e non si accorgono che camminano e vi fanno
camminare sulla falsa via, lontano dalle idee sostanziali della dottrina».
La Vergine continua a parlarmi: «Molti miei figli sacerdoti hanno perduto
la dignità dell’Ordine, non vivono più l’onestà e l’amore, non fanno più
catechesi per insegnare alle anime: da dove viene l’esistenza che esiste?
Perché c’è un fine a tutto? Perché l’uomo muore? Cari miei figli, fate capire
che l’uomo ha un’anima da salvare e l’anima continuerà a vivere
eternamente. Non dimenticate le quattro cose più semplici, che voi
chiamate ‘i novissimi’, e insegnatele agli altri: che cos’è la morte, che cos’è
il giudizio, che cos’è l’inferno, che cos’è il paradiso. Come sarà l’eternità. Il
Verbo mio Figlio Dio, che è via, verità e vita, ve l’ha fatto conoscere, ma
molti di voi, per filosofia o per falsa scienza, negano la verità e non la fanno
conoscere alle anime assetate di verità, che vanno alla ricerca dell’acqua
della grazia, ma incontrano le acque velenose che non dissetano, ma
uccidono le anime. Voi avete questa responsabilità, figli miei!
«L’inferno c’è! Non voluto da Dio! È luogo di condanna per chi vive la
pazzia di essere senza eternità e non vive l’eternità che è Padre e non
padrone. Non negate l’evidenza! C’è il Regno eterno! È il Regno che
l’uomo perdette e che l’uomo dovrà riconquistare; e voi, cari figli miei,
sapete come, dove e quando. Come: osservando la legge dell’amore,
evitando la legge della giustizia. Dove: nella vera Chiesa fondata da Gesù
Verbo eterno sulla pietra-Pietro e gli apostoli. Quando: Gesù si è fatto uomo
per voi e voi dovete farvi Gesù per salvarvi e salvare le anime. Io sono
dall’eternità costituita sua Madre; e sarò Madre anche per voi se ubbidirete
ai suoi decreti di dottrina e ai suoi sacramenti, che ora molti di voi tengono
troppo nascosti per egoismo, o per incuria, o per cattiveria, per condurre
l’uomo su una via, ritenuta vera, di errori, di eresie e di chimeriche illusioni
di salvezza umana.
«Occorre l’unità d’amore, occorre l’unità di dottrina, occorre l’unità di
pensiero e di azione! È questa unità che vi manca e vi fa agire da ciechi per
essere guida di ciechi, e la Parola, ricordatevi, dice che la guida e il seguace
ciechi cadranno nel fosso; e il fosso è la perdizione, l’inferno. Non cambiate
la legge dello spirito, della vita spirituale! Molti di voi hanno fatto delle
leggi umane che non hanno alcun valore per la salvezza dell’umanità,
perché sono argomentazioni filosofiche; e ve ne sono tante che passano per
dottrina di verità e di salvezza, e non lo sono. La legge di Dio uno e trino,
Creatore, Salvatore, Santificatore, è la verità che Dio stesso fatto uomo ci
ha dato, e che l’uomo, pazzo di orgoglio, superbia e presunzione, nega.
Nega la verità e agisce facendo tutto in vista della Terra, negando i mezzi
per evitare il peccato e raggiungere il Cielo.
«Figli miei sacerdoti, sappiate che le anime non vivono solo per la Terra e
in vista di essa. Oggi la Terra, dopo la caduta, continua famelica a ingoiare
le anime per colpa degli angeli decaduti per superbia e mancanza d’amore
verso Dio, loro Creatore. Le anime, ricordàtelo sempre, vivono eternamente
e hanno quello che gli angeli decaduti non possono ottenere perché sono
spiriti: la vita eterna, o il pentimento, o la conversione. Questo, gli angeli
decaduti non possono ottenere.
«In voi, cari miei figli, la via della salvezza sia integra, integra sia la fede,
integra la morale religiosa. Ecco perché il Verbo, Dio fatto uomo, nato da
me Madre di Dio, ha dato alla Chiesa i mezzi di salvezza, che sono un
grande patrimonio dottrinale, perché gli uomini devono conoscere per
mezzo della Chiesa la vita, la verità e quale via devono seguire per amare
Dio e il prossimo, per servire Dio come egli ha stabilito, e non come
credono gli uomini di fare per servirlo odiando il prossimo.
«Figli miei, non dimenticate che l’uomo ha bisogno di essere salvato, e
voi avete assunto lo spirito di mio Figlio per trasmettere la dottrina della
salvezza che vi ha lasciato per vivere sempre la verità di salvezza per Dio e
in Dio e con Dio. L’uomo, per un atto d’orgoglio, ha lasciato tutto questo;
ma Dio, che ama l’uomo di buona volontà, è stato sempre vicino alla sua
creatura con atti d’amore e di misericordia, e continua a richiamarlo
sempre, in ogni modo e maniera; e l’uomo non deve dimenticare la giustizia
eterna. Ricordate, ve lo ripeto: Dio non ha creato l’inferno, ma è il diavolo
che si è precipitato in un luogo che voi chiamate inferno. È luogo di
condanna e Satana, con lo stesso suo spirito d’orgoglio, tenta l’uomo e lo
porta con sé nel luogo da lui preparato per vivere lontano dalla vita vera,
che è la gloria e l’onore di Dio uno e trino. È questo che Dio ha voluto e ha
compiuto per mezzo di mio Figlio Verbo Dio: la morte della morte, dando
vita a chi con lui muore, e a chi con lui vive la vita acquistata per dare
l’eternità d’amore.
«Figli miei sacerdoti, chi crede in Dio uno e trino Creatore, Salvatore,
Santificatore, crede che c’è una sola vita, una sola dottrina, una sola
salvezza: credete a Cristo, mio Figlio, che scelse dodici uomini che chiamò
apostoli, eleggendone uno come pietra e su questa pietra-Pietro fondò la sua
Chiesa, vera via della verità per donare per mezzo vostro la vita. Se voi non
credete, e per colpa vostra altri non crederanno, andrete per tutta l’eternità
in quell’inferno che esiste ed è reale.
«Quanti hanno tentato, prima del Verbo fatto uomo, di fondare delle
chimeriche chiese, che non hanno apportato un bene all’umanità ma un
male continuo, perché sono soltanto luoghi di riunioni materialistiche; e
quanti – dopo la venuta del Verbo Dio mio Figlio, che in vista della sua
venuta per mezzo mio mi ha creato già nella salvezza perché io dessi Dio
fatto uomo che è la salvezza – hanno costruito le loro eretiche, false,
idolatriche chiese, cioè gruppi riuniti, guidati dallo spirito del male! Molte
religioni sono state inventate e si fanno passare per religioni spirituali,
mentre sono inventate e hanno una base materialistica, atea, filosofica. Sono
luci spente che non illuminano nessun sentiero, tanto meno la via della
salvezza, ma fanno vivere la via del mondo e per il mondo.
«Quanti non credono all’Aspettato delle genti, che è venuto secondo i
piani dell’economia divina, come detto dai profeti e dai santi padri. E hanno
perduto tutto! Tutto quello che Dio aveva dato loro per ricevere il Messia,
cioè la fede per ricevere la grazia; e hanno perduto la grazia e con essa la
salvezza. Dio, cari miei figli, non solo vi ha dato la vera fede, ma con essa
la Chiesa, unica via di salvezza, che voi, catechisticamente parlando, l’avete
contrassegnata, ed è realtà: una, santa, cattolica e apostolica con Pietro
romano Pontefice.
«Ubbidite alla verità, ubbidite alla Chiesa, figli miei, e sarete assunti in
Cielo, Regno eterno di gloria e d’amore, per poi alla risurrezione essere
viventi nella gloria divina per tutta l’eternità, come il Padre, come il Figlio e
come lo Spirito Santo hanno disposto nel cosmo intero. Pregate e amate
vivendo l’amore di Dio, carità santa nella santità d’amore».
Mi ritrovo seduto sul letto e suona la sveglia. Sono le 2.30. Dico tra me:
ma guarda che sogno sono andato a fare! Sento la Vergine che mi dice: «È
una realtà. Scrivi, medita e sottoponi a chi di dovere». Piango per diversi
giorni perché ciò che la Vergine mi ha detto mi addolora, mi dà pena e mi fa
molto soffrire. Prego, amo e perdono.
13 marzo 2000
Oggi, 13 marzo 2000, dopo una lunga lotta con Satana che mi diceva:
«Quanto sei stupido, non fare il cretino, lascia tutto, distruggi quello che hai
scritto, che non ti serve a niente», e parole d’offesa e tentazioni
innominabili; poi con sarcasmo mi dice: «Suona pure il campanello».
Intingo il dito nell’acqua santa, sento una risata e mi metto a pregare, penso
alla Vergine cara che mi venga in aiuto, sento la sua voce inconfondibile
che mi invita a scrivere. Guardo l’ora, sono le 00.45. Ora sono qui che ho
scritto quello che è successo e attendo.
«Figlio mio, questo che ti dirò lo aggiungerai al messaggio del 14 agosto
1999 che ti diedi a San Felice. Figli e figlie miei carissimi, sacerdoti,
religiosi e religiose, è una Madre che parla e spero con l’aiuto dello Spirito
Santo mi ascoltate. È un Cuore di Madre che vi fa riflettere su una presente
situazione deleteria: è scomparso quasi del tutto l’abito talare e quello
religioso, specialmente dalla parte maschile. Oggi, carissimi, vi parlo
perché è venuta a formarsi una situazione gravosa sotto tutti i sensi. Vi
richiamo a tornare a rivestire l’abito, perché il fedele non sa più a chi
rivolgersi nel bisogno spirituale. Avete fatto scomparire il vero segno
esterno, è diminuito in voi anche quello interno, ora il segno che vi
distingueva tra i fedeli che credevano, così facendo avete distrutto la loro
fede in Dio e la fiducia in voi, e non hanno più la forza per vincere il
mondo, Satana e se stessi.
«Voi, la categoria angelica e santa, vi siete dati al mondo e il mondo ha
preso dimora in voi. Ritornate alla semplicità religiosa e consacrata. Voi
siete santi per unzione e vi state perdendo per presunzione infernale. Il
vostro dovere è missionario, siete nel mondo ma non del mondo che è sotto
la potestà satanica permessa da Dio. Il mondo attende da voi la messa in
opera della missione che mio Figlio vi ha affidato. Vivete Cristo, voi sapete
ma non volete portare il peso per salvare gli uomini. La croce è pesante
perché la portate senza mio Figlio, il Verbo fatto uomo che prese carne in
me sua Madre immacolata. Gesù vuole che voi siate fiamme ardenti di
giustizia e d’amore, affinché prepariate i cuori al suo ritorno per giudicare.
Convertitevi e convertirete le anime a voi affidate, vivete Cristo nella sua
Chiesa una, santa, cattolica, apostolica e romana e sarete di Cristo in
ubbidienza e amore ai tre punti di fede, luce e carità: l’Eucaristia,
l’Immacolata e il vicario di Cristo successore di Pietro.
«Figli miei, la salvezza non è riunire tutte le religioni per farne un
ammasso di eresie ed errori, ma convertirvi per l’unità di amore e di fede.
Non si può costituire una chiesa, perché la Chiesa è già costituita, per
accogliere il pentito che è nell’errore e nell’eresia. Gli uomini devono
vivere la Chiesa, e non la Chiesa vivere di loro. Gli uomini devono essere
persuasi della verità. Se voi tentennate, o vi spogliate, o non siete più in
odore sacerdotale e avete perduto la sostanza della dottrina, nessuno vi
ascolterà più, ma abbandonando la Chiesa vanno nelle assemblee di
capanne eretiche, idolatriche. Fate attenzione ai cuori falsi, pregate e
insegnate la verità, per convertirli e salvarli dalle grinfie sataniche,
mondane o carnali, portandoli nella via della verità per ottenere la vita data
da Cristo che con umiltà e pazienza ha pregato stando sulla croce il Padre
perché, se chiedono perdono, li perdoni in virtù del suo Sangue, non
vedendo la loro prima ignoranza: ‘Perdona loro, perché non sanno quello
che fanno’. Cioè non hanno riconosciuto in Cristo uomo il Verbo Dio fatto
uomo. La dottrina della Chiesa è di Cristo, il Verbo mio Figlio, e io sono
Madre della Chiesa. Non cambiate la dottrina, ma cambiate i vostri cuori a
vivere essa dottrina per la salvezza vostra e del prossimo che attende
impaziente il vostro ritorno alla fonte pura dell’Evangelo».
11.

Il futuro

Sulle lastre di marmo del pavimento di San Pietro, proprio dinanzi all’altare
della Confessione, Cornacchiola aveva individuato «due figure di
antagonisti della Chiesa, l’islam e la Russia». Un’immagine che continuò
sempre a mostrare a quanti accompagnava in visita alla basilica, e che in
uno dei suoi realistici sogni illustrò anche a Giovanni Paolo II: «Gli spiego
che la Chiesa sarà combattuta in senso religioso e politico».
In effetti, sin dal primo messaggio del 12 aprile 1947, la Vergine della
Rivelazione gli profetizzò due eventi ancora spalancati sul futuro:
«Momenti duri si preparano per voi, e prima che la Russia si converta, e lasci la via dell’ateismo, si
scatenerà una tremenda e grave persecuzione».
«Vi saranno giorni di dolori e di lutti. Dalla parte d’oriente un popolo forte, ma lontano da Dio,
sferrerà un attacco tremendo, e spezzerà le cose più sante e sacre, quando gli sarà dato di farlo».

La prima frase, relativa alla Russia, richiama immediatamente alla memoria


il segreto di Fatima, con la richiesta di Nostra Signora di consacrare la
Russia al suo Cuore immacolato:
«Se si darà ascolto alle mie richieste, la Russia si convertirà e si avrà la pace. Altrimenti, essa
diffonderà i suoi errori per il mondo, provocando guerre e persecuzioni contro la Chiesa. I buoni
saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, diverse nazioni saranno annientate» (a
Lucia, 13 luglio 1917).

La seconda ci conduce alla stretta attualità, con le sempre più ricorrenti


azioni brutali dello Stato islamico, che minaccia di allargarsi a dismisura
verso l’occidente e di distruggere le comunità cristiane.
Le dure e ispirate considerazioni di Cornacchiola non si rivolgono
indiscriminatamente contro altre religioni e i loro fedeli, bensì
stigmatizzano l’integralismo di quanti sfruttano la fede per motivi politici e
ideologici. In particolare a riguardo dell’islamismo, il suo affondo ha come
obiettivo quanti fanno una lettura fondamentalista del Corano, incitando
alla violenza contro chi la pensa diversamente.
Lo documenta la poesia Quel nefasto sogno infausto, scritta da Bruno agli
inizi del 2000, che ha anticipato preoccupazioni sempre più diffuse in questi
ultimi tempi: «I cari fondamentalisti islamici / non sono musulmani di
Maometto, / si camuffano, sono diabolici, / in Kosovo, Cecenia, India, pur
metto / Timor Est, il Sudan e pur la Slavonia, / l’islam ricompare
fondamentalista, / dopo Lepanto e Vienna or si sbornia / di fanatismo e
uccide a prima vista. / È un sogno fatto questa mattina, / ognuno grida: ‘A
morte i cristiani’; / succede una vera carneficina! / Gridano i
fondamentalisti: ‘Marrani!’ / ‘Viva Allah e Maometto a Medina...’ / Di
sangue, piene avean le mani!»
Di particolare impatto è un’esperienza che il veggente visse nella notte fra
il 31 dicembre 1984 e il 1° gennaio 1985, sempre al confine tra sogno e
profezia. Il racconto è drammatico:
«Mi sento trasportare (tutto il corpo) nel centro di Roma, e precisamente in piazza Venezia. Lì
c’era radunata molta gente che gridava: ‘Vendetta! Vendetta! Tremenda vendetta!’; molti morti
erano sulla piazza, e nelle altre piazze adiacenti e nelle vie. Molto sangue scorreva: ma io vedevo
anche molto sangue – pur stando a piazza Venezia – sull’asfalto in tutto il mondo (perché da piazza
Venezia mi era presente – internamente o esternamente, non so) tutto il mondo, tutto imbrattato di
sangue! Improvvisamente, tutta quella gente che gridava ‘Vendetta, vendetta, tremenda vendetta’ si
mette a gridare: ‘Tutti a San Pietro! Tutti a San Pietro!’; così anch’io, tra la folla, venivo sospinto
verso San Pietro; e si percorreva, tutti stretti, il corso Vittorio Emanuele, e tutti – come un canto di
odio e rabbia – continuavano a gridare: ‘Vendetta!’»

Insieme a questo grido, Bruno udiva un’altra parola, scandita furiosamente:


Bezboznik, che in russo, come scoprì successivamente, significa ‘senza
Dio’:
«Si arriva su via della Conciliazione, e da lontano vedo la chiesa di San Pietro – in fondo alla via
della Conciliazione – e mi metto con le spalle addosso a un muro di un fabbricato dove già nel
1950 vedevo San Pietro da lontano e il Papa Pio XII che, dalla loggia, proclamava il dogma
dell’assunzione al Cielo della Vergine Maria! Allora prego per tutti, per tutta quella gente che
gridava ‘vendetta’ e andava verso la piazza. Improvvisamente sento una voce che mi dice (però
non era la voce della Vergine): ‘Non sostare lì: vai nella piazza anche tu!’ A questo punto lascio
quel posto e vado verso la piazza».

Sul piazzale all’interno del colonnato c’erano il Papa, cardinali, vescovi,


sacerdoti e religiosi:
«Tutti piangevano. Meraviglia: erano scalzi e, con un fazzoletto bianco nella mano destra, si
asciugavano le lacrime, gli occhi; e avevano (lo vedevo bene), nella mano sinistra, della cenere. Io
guardo e sento dentro di me un gran dolore e mi domando: ‘Ma perché, Signore, tutto questo?
Perché?’ Una voce sento che grida: ‘Lutto! Grande lutto! Pregate perché venga l’aiuto dal Cielo!’;
e questa era la voce della Vergine: ‘Fate penitenza! Pregate! Penitenza!’ Poi ripete per tre volte:
‘Pregate! Pregate! Pregate! Penitenza! Penitenza! Penitenza! Essi piangono perché non possono
più trattenere e arginare il male che dilaga nel cuore e nello spirito dell’uomo nel mondo! L’uomo
deve ritornare al Dio vero!’; poi fa: ‘Al Dio santo; e non discutere quale Dio!’ Allora sento un altro
grido più forte, che dice: ‘Io sono!’ (che non era più la voce della Vergine). Poi la Vergine riprende
di nuovo a parlare: ‘L’uomo deve umiliarsi e ubbidire alla legge di Dio, e non cercare altra legge
che allontana da Dio! Come si deve vivere? La mia Chiesa (e qui cambia voce) è una: e voi ne
avete fatte tante! La mia Chiesa è santa: e voi l’avete dissantificata! La mia Chiesa è cattolica: è
per tutti gli uomini di buona volontà che accettano e vivono i sacramenti! La mia Chiesa è
apostolica: insegnate la via della verità e avrete e darete la vita e la pace al mondo! Ubbidite,
umiliatevi, fate penitenza e avrete la pace!’»

Quella visione ritornò altre volte ad angustiare il veggente. Per esempio, il 6


marzo 1996 scrive:
«Notte tremenda piena di paura, sogni macabri, morti, sangue, sangue, in ogni parte sangue.
Quando vidi da piazza Venezia sangue e nel mondo sangue a San Pietro».
E anche il 15 ottobre 1997:
«Oggi ho rivissuto quel sogno in cui la Vergine mi porta a piazza Venezia e da lì vedevo tutto il
mondo terrestre inzuppato di sangue, poi mi porta con la folla atea a San Pietro, c’è sul sagrato il
Papa, cardinali, vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose con un fazzoletto in mano e la cenere in
un’altra, la cenere sulla testa e con il fazzoletto si asciugavano le lacrime. Quante sofferenze».

Il 21 luglio 1998 «ho sognato che musulmani circondavano le chiese e


chiudevano le porte e dai tetti gettavano benzina e davano fuoco, con dentro
i fedeli in preghiera e tutto anche a fuoco». Ulteriori simili visioni di
violenza gli ispirano, il 17 febbraio 1999, una riflessione anticipatrice degli
accesi dibattiti dei nostri giorni:
«Ma perché gli uomini responsabili non vedono l’invasione dell’islam in Europa? Qual è il fine di
queste invasioni? Non si ricordano più Lepanto? Oppure hanno dimenticato l’assedio di Vienna?
Non si può vedere un’invasione pacifica quando uccidono nel loro Paese islamico coloro che si
dichiarano cristiani o si convertono a Cristo. Non solo questo, ma non ti permettono di costruire
chiese né far proseliti».

All’alba del 10 febbraio 2000, un altro angoscioso sogno:


«Mi trovo con tutta la Sacri a San Pietro per l’acquisto delle indulgenze giubilari.
Improvvisamente sentiamo un rimbombo d’una forte esplosione, poi delle grida: ‘A morte i
cristiani!’ Una folla di barbari correva dentro la basilica, uccidendo chiunque incontrava. Grido
alla Sacri: ‘Usciamo e facciamo muro davanti alla basilica’. Si va sul sagrato, tutti ci mettiamo in
ginocchio con il santo rosario in mano e si prega la Vergine che venga con Gesù a salvarci. Tutta la
piazza era colma di fedeli, sacerdoti, religiosi, religiose. I fedeli pregavano con noi. Le donne
portavano il velo in testa nero o bianco; tutti i sacerdoti presenti con l’abito talare; i religiosi e
religiose ognuno con il suo abito religioso; ai lati del sagrato, i vescovi erano a sinistra di chi
guarda la chiesa, i cardinali a destra, e pregavano in ginocchio col viso a terra… improvvisamente
la Vergine è lì presente con noi e dice: ‘Abbiate fede, non prevarranno’. Noi si piange dalla gioia e
i persecutori escono, stavano per lanciarsi sopra di noi, ma una schiera di angeli ci circonda e i
diabolici lasciano le loro armi a terra, spaventati molti scappano e altri si inginocchiano con noi
dicendo: ‘La vostra fede è la vera, noi crediamo’. I cardinali e i vescovi si alzano e con un
secchiello in mano pieno d’acqua battezzano i pagani, che erano inginocchiati, e tutti gridano:
‘Viva Maria, Vergine della Rivelazione, che ci ha mostrato Gesù il Verbo che ha salvato
l’umanità’. Noi con la Vergine si continua a pregare e le campane di San Pietro suonano a festa,
mentre esce il Papa».

È proprio il Pontefice al centro delle preoccupazioni della Vergine della


Rivelazione, che sin dal primo messaggio del 12 aprile 1947 aveva
dichiarato:
«La Santità del Padre regnante nel trono dell’amore divino soffrirà a morte, per un poco, di
qualche cosa, breve, che, sotto il suo regnare, avverrà. Altri pochi ancora regneranno sul trono:
l’ultimo, un santo, amerà i suoi nemici; mostrandolo, formando l’unità d’amore, vedrà la vittoria
dell’Agnello».

E le profezie ricevute da Cornacchiola si pongono in sintonia con quelle


delle apparizioni di La Salette nel 1846 e di Fatima nel 1917, che
rispettivamente preannunciarono il ferimento e l’assassinio di un Papa.
Nel segreto messo per iscritto da Melania il 6 luglio 1851, cinque anni
dopo aver visto la Bella Signora a La Salette, e inviato a Papa Pio IX si
legge infatti:
«Il Papa sarà perseguitato da ogni parte, gli si sparerà addosso, lo si vorrà mettere a morte, ma non
gli potranno far nulla. Il vicario di Cristo trionferà ancora una volta».

A Lucia, nel terzo segreto di Fatima, Nostra Signora mostrò


«in una luce immensa che è Dio: ‘qualcosa di simile a come si vedono le persone in uno specchio
quando vi passano davanti’, un vescovo vestito di bianco: ‘abbiamo avuto il presentimento che
fosse il Santo Padre’. Vari altri vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose salire una montagna ripida,
in cima alla quale c’era una grande croce di tronchi grezzi come se fosse di sughero con la
corteccia; il Santo Padre, prima di arrivarvi, attraversò una grande città mezza in rovina e mezzo
tremulo con passo vacillante, afflitto di dolore e di pena, pregava per le anime dei cadaveri che
incontrava nel suo cammino; giunto alla cima del monte, prostrato in ginocchio ai piedi della
grande croce venne ucciso da un gruppo di soldati che gli spararono vari colpi di arma da fuoco e
frecce, e allo stesso modo morirono gli uni dopo gli altri i vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose e
varie persone secolari, uomini e donne di varie classi e posizioni».

Si tratta della medesima sequenza che vide, anch’egli in uno dei suoi
profetici sogni, san Giovanni Bosco, con l’immagine di una nave
raffigurante la Chiesa, guidata da un timoniere che è il Pontefice, al centro
di un nugolo di navi in procinto di combattere:
«In mezzo all’immensa distesa del mare si elevano dalle onde due robuste colonne, altissime, poco
distanti l’una dall’altra. Sovra di una vi è la statua della Vergine immacolata, ai cui piedi pende un
largo cartello con questa iscrizione: Auxilium christianorum (aiuto dei cristiani); sull’altra, che è
molto più alta e grossa, sta un’ostia di grandezza proporzionata alla colonna e sotto un altro
cartello colle parole: Salus credentium (salvezza dei credenti). [...] Il Papa sta al timone e tutti i
suoi sforzi sono diretti a portar la nave in mezzo a quelle due colonne, dalla sommità delle quali
tutto intorno pendono molte ancore e grossi ganci attaccati a catene. Le navi nemiche si muovono
tutte ad assalirla e tentano ogni modo per arrestarla e farla sommergere. [...] E scoppiano intanto i
cannoni degli assalitori, si spezzano i fucili, ogni altra arma e i rostri; si sconquassan molte navi e
si sprofondano nel mare. Allora i nemici furibondi prendono a combattere ad armi corte; e colle
mani, coi pugni, colle bestemmie e colle maledizioni».

In questo momento
«il Papa, colpito gravemente, cade. Subito, coloro che stanno insieme con lui corrono ad aiutarlo e
lo rialzano. Il Papa è colpito la seconda volta, cade di nuovo e muore. Un grido di vittoria e di
gioia risuona tra i nemici; sulle loro navi si scorge un indicibile tripudio. Sennonché, appena morto
il Pontefice, un altro Papa sottentra al suo posto. I piloti radunati lo hanno eletto così subitamente,
che la notizia della morte del Papa giunge colla notizia dell’elezione del successore. Gli avversari
incominciano a perdersi di coraggio. Il nuovo Papa, sbaragliando e superando ogni ostacolo, guida
la nave sino alle due colonne e, giunto in mezzo a esse, la lega con una catenella che pendeva dalla
prora a un’àncora della colonna su cui stava l’ostia; e con un’altra catenella che pendeva a poppa la
lega dalla parte opposta a un’altra àncora appesa alla colonna su cui è collocata la Vergine
immacolata».

Di questo racconto del santo torinese, fondatore dei Salesiani, Bruno non
seppe nulla fino al 10 marzo 1988, quando scrive sul diario:
«Oggi il padre Giuliano è ritornato per la confessione prima di Pasqua e mi ha portato degli articoli
pubblicati su Lepanto che parla di san Giovanni Bosco con le sue profezie che io non ancora
conoscevo e la Vergine mi ha parlato di questo nel messaggio per il Papa».

In effetti, c’è un significativo intreccio fra i sogni di don Bosco e quelli di


Cornacchiola, che si compongono fra loro come tessere di un mosaico.
Il 28 novembre 1964 Bruno aveva visto
«il mondo che si rivoltava contro il Papa e gridava: ‘A morte’. La schiera di Arditi forma attorno al
Papa un cerchio e, con crocifissi e rosari in mano, in coro pregavano. La gente rideva, ma quando
si azzardavano ad avvicinarsi cadevano fulminati all’indietro. Il Papa in mezzo a noi in piedi che
benediceva tutto, gridando: ‘È ora che vi convertiate, questo è il miracolo, siamo all’ultimo atto del
dramma umano, convertitevi!’»
«Sogni, sempre sogni, è un periodo di tempo che non faccio altro che sognare il Papa che fugge:
non Paolo VI, ma un altro. Lo aiuto e il mondo salta in aria; sangue, molto sangue, che sembra
melma e molti restano presi come se fosse pece, restano attaccati. Molti sacerdoti e suore in piazza
San Pietro squartati» (21 gennaio 1975)

Dopo le comunicazioni della Vergine relative agli attentati subìti da


Giovanni Paolo II il 13 maggio 1981 e il 12 maggio 1982, dei quali
abbiamo parlato in precedenza, il 19 giugno 1982 il veggente scrive:
«Non vorrei essere preso per iettatore, né per indovino, ma questa notte di nuovo sogno: mi trovo a
San Pietro proprio davanti alla basilica, si attendeva il Papa, la gente attorno gridava: ‘Eccolo,
eccolo!’ Mi presento davanti a lui, la scorta mi allontana, un grido, il Papa è a terra intriso di
sangue, non mi fanno avvicinare, piango, mi sveglio e prego molto per lui».

Poi il 1° marzo 1983:


«Quello che mi hai fatto vedere, o Signore, sangue in quantità sopra il bianco vestito del Papa, fa’
che non si avveri».

Ancora il 7 febbraio 1986:


«Mentre il Papa stava celebrando la Messa, si sente una grande confusione e voci che si elevano
minacciose, avanzano verso l’altare, la polizia incomincia a sparare, grida, fuggi fuggi, il Papa
viene colpito, il sangue arrossa l’abito talare bianco e si sente gridare: ‘È morto! È morto’».

E il 28 agosto 1989:
«In sogno ho visto il Papa che era andato in una località e tutti gridavano: ‘È morto’».

Oltre che dalla sconvolgente immagine dell’omicidio di un Papa,


Cornacchiola è stato tormentato da numerose premonizioni relative alle
sofferenze che dovrà attraversare la Chiesa cattolica nell’ambito dottrinale e
alle persecuzioni che i suoi fedeli subiranno dal punto di vista fisico.
Quel che c’è da attendersi per il futuro, la Vergine lo aveva descritto con
ricchezza di particolari già nel primo messaggio del 1947:
«Satana è sciolto, da promessa divina, per un periodo di tempo: accenderà fra gli uomini il fuoco
della protesta, per la santificazione dei santi. L’ira di Satana non è più mantenuta; lo spirito di Dio
si ritira dalla Terra, la Chiesa sarà lasciata vedova, ecco il drappo talare funebre, sarà lasciata in
balìa del mondo. I sacerdoti, pure essendo nella bolgia infernale, sono a me cari; saranno calpestati
e trucidati, ecco la croce rotta vicino alla talare dello spogliamento esteriore sacerdotale. Vedrete
uomini guidati da Satana fare una lega unitaria per combattere ogni forma religiosa; la colpita
maggiormente sarà la Chiesa del Cristo, per nettarla dalle sozzure che vi sono dentro: commercio
usureggiante e politica, contro Roma! La Chiesa tutta subirà una tremenda prova, per pulire il
carname che si è infiltrato tra i ministri, specie fra gli Ordini della povertà, prova morale, prova
spirituale, per il tempo indicato nei libri celesti, sacerdoti e fedeli saranno messi in una svolta
pericolosa nel mondo dei perduti, che si scaglierà con qualunque mezzo all’assalto: false ideologie
e teologie! L’Eucaristia sarà un giorno dissacrata e non più creduta la presenza reale di mio Figlio.
Momento di sconforto e smarrimento sarà sopra voi; unitevi nell’amore di Dio, fate una sola
regola: Evangelo vivo! Siate forti nella verità dello spirito, l’Ovile di Cristo è e sarà la salvezza di
tutti coloro che vogliono salvarsi. Nel finale, molti saranno convertiti per le molte preghiere e per il
ritorno all’amore di tutti, e per potenti manifestazioni divine; sarà dato permesso fino a un tempo a
costoro di distruggere tutto e tutti; poi l’Agnello mostrerà la sua vittoria eterna, con le Potenze
divine, distruggerà il male col bene, la carne con lo spirito, l’odio con l’amore!»

Nel corso degli anni, ulteriori flash si sono andati via via sommando. Non
c’è bisogno di proporre particolari spiegazioni o interpretazioni: la forza
delle parole del veggente prorompe spontanea nella sua cruda essenzialità.
Qui di seguito i dieci sogni dal contenuto più rilevante.
11 marzo 1970: «Che nottata brutta ho passato. Un sogno mi ha tenuto in
apprensione tutta la notte. Il Papa circondato da cardinali e vescovi che
gridavano verso di lui dicendogli parole rivoluzionarie: ‘Non vogliamo
vivere una vita imposta, ma liberi e praticare la religione a nostro piacere e
sistema locale’. Il Papa gridava piangendo: ‘No, non è possibile sostituire
con culti pagani il culto di Cristo, la Chiesa ha lottato molto per abbattere
l’ateismo e l’idolatria’. Il Papa viene preso e scaraventato dentro un pozzo».
27 marzo 1977: «Morti, carceri, flagellazioni e dolori, tanti morti, tanto sangue per le strade, tutti
contro i cristiani che credono e amano i tre Punti bianchi: l’Eucaristia, l’Immacolata e il Papa. Chi
non rinnegava questi tre Punti veniva preso e fatto soffrire e ucciso. Questo ho visto in sogno e
questo mi ha fatto molta impressione».
21 settembre 1988: «Quello che ho sognato non si avveri mai, è troppo doloroso e spero che il
Signore non permetta che il Papa neghi ogni verità di fede e si metta al posto di Dio. Quanto dolore
ho provato nella notte, mi si paralizzavano le gambe e non potevo più muovermi, per quel dolore
provato nel vedere la Chiesa ridotta a un ammasso di rovine».
1° gennaio 1990: «Gli uomini di Dio, coloro che sono chiamati a salvare gli uomini, incontreranno
degli impedimenti per compiere il proprio dovere; e non parleranno di Dio, di Gesù Cristo, né dello
Spirito Santo. Non potranno parlare neppure di me, che sono vera Madre di Dio, vera Sposa di
Dio, vera Figlia di Dio. Saranno impediti; e non potranno parlare dei sacramenti, né dei
sacramentali. Coloro che parleranno di queste cose saranno martirizzati, moralmente e fisicamente,
e diventeranno veri confessori di Gesù Cristo».

4 gennaio 1992: «Signore, tu mi hai fatto vedere una volta, ai primi tempi
della grazia ricevuta, sacerdoti in fila che entravano nella chiesa di San
Marcellino in via Merulana e ne uscivano in borghese. Ora me li mostri in
talare, ma sono gli uni contro gli altri. Cristiani che si combattono perché
non hanno più un capo che li guidi».
Cornacchiola ha una dolorosa visione interna,
9 maggio 1993: «ancora sangue in terra vedo e tutti trucidati e fatti a pezzi»
e l’ispirazione per questa poesia intitolata La profezia:
«Piazza San Pietro stracolma di gente / sul sagrato c’è il Papa e cardinali, / vescovi, religiosi come
niente, / preti in borghese come criminali! / Il Papa parla, non stanno in ascolto: / ‘Figli miei è
giunto il momento / di elevare i cuori e sia accolto / da Dio il nostro vero pentimento’. / Tutti
ridono e alzano le mani / dondolando gridano: ‘Or ci siamo’, / scandali a San Pietro sono immani! /
Il Papa piange, grida: ‘Non ci amiamo, / la salvezza la teniamo ben lontano, / fuori dalla Chiesa
non ci salviamo!’»
30 agosto 1993: «Ho sognato che una squadra di delinquenti voleva prendere d’assalto San Pietro
mettendo cariche di dinamite. Io li pregavo di non farlo, ma essi mi prendono e mi legano sopra
una mina e dovevo saltare con quella. Pregavo, imploravo: niente. Vengo liberato dalla Vergine e
vado dal Papa per dirgli il pericolo che sta passando. Tutti ridono, nella stanza c’erano cardinali».
16 dicembre 1995: «Si sta preparando un qualcosa di grave contro coloro che seguono Cristo, altro
che olocausto, saranno schiacciati e scacciati per colpa di coloro che hanno occhi e non vedono,
orecchie e non sentono, bocca e non parlano e lasciano fare al male di fare il male».
26 gennaio 1996: «Quanti sogni si fanno. Questa notte ho visto San Pietro, la basilica, andare a
fuoco, e dico: ‘Perché brucia?’ Una voce dice: ‘È fuoco purificatore per far comprendere che è
l’unica forza di vita e d’amore e non lo comprendono; Dio purifica ogni cosa proprio per far capire
a tutti la via della verità per la vita’. Madre cara, eri tu quella voce, l’ho riconosciuta».
3 marzo 2000: «Oggi ho avuto una visione molto brutta, che mi ha fatto piangere. Ho visto
scorrere molto sangue in San Pietro, tutto il fuori con le scalinate e le colonne intorno e le due
fontane. Ebbene, ho visto scolare il sangue e si gridava: ‘A morte i responsabili!’ Ho avuto una
brutta sensazione per il Papa e altri».

La promessa della vittoria finale è comunque stata pronunciata dalla


Vergine il 23 febbraio 1982, quando affermò che tanti
«sono contro di me e contro il luogo dove sono apparsa: facendo opposizione con tutte le loro
forze, non lesinano astutamente nessun tentativo presso i responsabili perché non sia messa alla
luce, come in altri posti dove sono discesa prima che venissi alle Tre Fontane per indicare il mezzo
della salvezza e della pace!» Ciò nonostante, «il santuario sarà approvato ufficialmente! È da lì che
partirà la pace, è da lì che la crociata della carità avrà luogo».

E, per raggiungere questo obiettivo, Ella ha preannunciato che un Papa avrà


«un segno nel sogno»:
«La Santità del Padre sogna che è povero e abbandonato e vedrà la Chiesa crollare e andare in
rovina. Questo sarà il segno nel sogno. Quando lo sognerà allora crederà e lo proclamerà,
predicando che la vera Chiesa della pace e dell’unità d’amore per la redenzione, per la salvezza e
per la santificazione è la Chiesa dove regnano i tre Punti bianchi della rivelazione e della
tradizione, come Gesù Cristo mio Figlio nel tempo, Dio Figlio del Padre fuori del tempo,
nell’eternità ha stabilito e cioè: la Chiesa dell’Eucaristia, la Chiesa dell’Immacolata Madre di Dio e
la Chiesa dell’autorità trinitaria, il vicario, la Santità del Padre, non sono tre verità o tre pietre, ma
una verità e una sola pietra».

Di fatto, gli aveva confidato Maria il 31 dicembre 1990, sono già in azione
«falsi profeti, che cercano con tutti i mezzi di avvelenare le anime, cambiando la dottrina di Gesù,
mio amato Figlio, in dottrine sataniche; e toglieranno il sacrificio della croce che si ripete sugli
altari del mondo! Questi avvelenatori toglieranno i mezzi della salvezza; e sono già penetrati nella
luce della Chiesa, che è divina, che poggia su mio Figlio, pietra angolare, e questa pietra l’ha
posata sopra le spalle di Pietro e degli apostoli». Precisando però nel contempo che «è una
promessa che Gesù ha fatto, che i nemici possono sì guastare le anime, possono inquinare la
speranza, ma non possono guastare la Chiesa e non potranno prevalere e l’inferno con tutta la sua
potenza non potrà nulla contro la Chiesa di mio Figlio; e chi vive in lei sarà salvo».

Non sarà però soltanto la Chiesa cattolica a trovarsi sotto attacco. Il primo
messaggio del 1947 era esplicito nell’affermare che
«il mondo entrerà in un’altra guerra, più spietata delle precedenti; maggiormente sarà colpita la
Rocca (il Vaticano, N.d.A.) eterna nei secoli per essere rifugio dei santi eletti da Dio, vivente nel
suo trono d’amore [e che] ci sarà un fortissimo terremoto, che scuoterà tutto il globo terrestre. Vi
do un avvertimento materno: non andate in giro, né mettetevi a dormire se siete in peccato mortale,
ma confessatevi e pentitevi di averlo fatto, e non lo fate più. Non peccate, figlioli miei, non
peccate! Perché in un istante saranno chiamati in giudizio, e il giudizio di Dio è infallibile».

Innumerevoli sono le immagini di morte che tormentano Bruno durante i


sogni, con una terrificante intensità e frequenza. Tra le più forti, c’è quella
del 9 marzo 1966:
«Questa notte ho sognato che molta gente veniva decapitata, ognuno dalla propria madre. Anche a
me toccò il turno e pensavo che mamma mia era deceduta da molto tempo e che me la sarei
scampata. Ma all’improvviso mi sento chiamare dal boia e mi trascina vicino a un ceppo e vedo
mamma mia con un lungo coltello nelle mani. Senza dirmi una parola, mi prende per i capelli e zac
sento la lama entrare nelle carni, attendevo che la testa mi si staccasse, ma con la ferita aperta sento
ancora la lama entrare nelle carni. Col dolore mi desto».

Il 12 maggio 1967 annota:


«La visione d’oggi è stata terribile. Ho visto molta gente cadere in una pozza di sangue, gridare
aiuto, e la gente, che passava vicino, ridere senza badare a chi, per via, era scannato, come un
abbacchio offerto in olocausto. Una voce gridava: ‘Ecco, viene la miseria sulla Terra, la morte farà
cadere molti nel proprio sangue, pentitevi e pregate affinché siate soccorsi dalla mano potente di
Dio!’»

Altri due drammatici sogni l’8 febbraio 1986:


«Quanta sofferenza nel vedere tanti morti nel cimitero Verano, casse in fila di due o tre una sopra
l’altra a centinaia che attendevano di essere sepolte o messe dentro una tomba. Si pregava e
invocava il Signore per la Vergine Maria, perché venissero in aiuto ai defunti. Sento una voce che
dice: ‘Questo è segno che molti uomini, per colpa di uomini, morranno’».

e il 17 luglio 1992:
«Quale tragedia ci sarà su questa Terra. Questa notte ho visto uomini e donne che si scagliavano
contro altri uomini e altre donne e sangue che scorreva in terra come acqua».

In effetti, sin dal 12 marzo 1983 Bruno aveva ascoltato – e fatto conoscere
in Vaticano – le accorate parole della Vergine della Rivelazione:
«Amatevi, è il tempo del vero amore per evitare un grande disastro ecologico: la guerra più potente
e distruttrice delle due ultime mondiali. La Santità del Padre deve recarsi pellegrino penitente alla
grotta delle Tre Fontane, invitando le autorità civili, politiche e religiose del mondo a consacrare al
mio Cuore immacolato di Madre tutte le nazioni. È l’ultimo invito che la misericordia vi invia con
paziente amore. Il pericolo è alle porte, una guerra atomica, se non si fa come ho detto, è
inevitabile. Gli uomini, incoscienti e orgogliosi nella superbia satanica, vogliono nelle loro mani il
mondo, non pensando al Regno dei Cieli. Quanto lavoro si fa per avere la pace, ma non si
preparano alla pace, anzi incautamente si preparano alla distruzione. Parlo a tutti, l’atomica è
pronta, gli uomini senza coscienza minacciano di usarla e il pericolo è sempre più vicino di quanto
non pensiate».

Proseguiva l’appello della Madonna:


«Sono anni che cerco in tutti i modi di avvertirvi, e non mi date ascolto, ma mio Figlio, per atto
misericordioso, vi lascia ancora, per mio intervento, un lasso di tempo affinché riflettiate nella
vostra coscienza. La pioggia radioattiva inquinerà ogni cosa, dalle piante alle acque e dagli animali
all’uomo. Ecco perché dovete riflettere, si può evitare, come già dissi il 12 aprile 1947 e altrove nei
lontani anni passati. L’aria stessa brucerà ogni cosa rimasta e non si potrà respirare. Chiamatela
apocalisse, ma è veramente una rivelazione che si attuerà se non vi convertirete. Sarete sempre più
esposti ai pericoli fisici e morali, sono d’un pericolo mortale per l’anima, lo spirito e il corpo.
Certo, non saranno i rifugi antiatomici che vi salveranno. Ecco perché vi invito a rifugiarvi dentro
la Chiesa che è mia figlia creata da mio Figlio per la salvezza degli uomini, e fate vera penitenza,
state lontano dai vizi della carne, allontanatevi dal mondo del male e santificatevi con le cose
sante. Pregate figli miei, pregate con fede e sarete salvati dall’inferno satanico che è giunto tra voi.
È una Madre che vi ama che ve lo chiede, ascoltatemi».

Una guerra distruttiva è al centro di diverse visioni.


25 aprile 1984: «Questa notte ho vissuto gli ultimi giorni del mondo: il
diluvio, Sodoma, Gomorra messi assieme, e gli ultimi giorni di Pompei
uniti non sono nulla in confronto a quello che ho visto!»
3 giugno 1986: «È un sogno, ma quel che ho visto mi ha fatto tremare. Il
mondo coinvolto in una guerra atomica e la gente cadeva morta, le piante
seccavano e gli animali come l’uomo. Desolazione, si gridava!»
Ma ancor più, il 31 dicembre 1990:
«Tutti parlano di guerra e di pace. La guerra, figlio mio, non è finita, perché
quella locale si estenderà sulla Terra e se non vi convertirete – devo dirvi
una cosa molto grave – perirete tutti. Sì, verrà l’euforia della pace, ma è una
preparazione per un’altra guerra distruggitrice, affinché gli uomini aprano
gli occhi dello spirito per la conversione dei cuori, conversione d’amore. È
questa conversione che porta la vera e duratura pace agli uomini che amano
e perdonano con amore».
Il Medio oriente è tra i luoghi più a rischio. Gli israeliani e gli arabi, annota
Cornacchiola il 10 novembre 1973,
«stanno venendo a un accordo, ma sarà sempre un accordo forzato e vi sarà sempre una polveriera
con il fuoco vicino, perché un giorno si accenda e faccia scoppiare ogni cosa e rovinarvi dentro il
mondo intero con tutti gli esseri viventi».

Ma anche l’Est europeo non è da meno:


24 marzo 1999: «I Balcani, centro di rivoluzioni e luogo satanico, sarà la miccia che farà esplodere
la terza Guerra mondiale? Preghiamo che non sia così, ma le armi puntano proprio lì, centro di
confusioni».

E pure l’Italia non è per nulla esente da gravi pericoli, come Bruno vede il
13 luglio 1998:
«Questa notte ho sofferto molto in sogno. C’era la guerra e gli stranieri invadevano l’Italia».
Epilogo

«Quanti miracoli? Quante apparizioni? Nulla, sempre lontani


dall’essenzialità della vita nella verità del Padre che ama». Queste accorate
parole della Vergine della Rivelazione, pronunciate nel primo messaggio del
12 aprile 1947, a quasi settant’anni di distanza risultano di stretta attualità e
fotografano lo scenario di indifferenza, se non di vera e propria incredulità,
nel quale siamo immersi.
«Forse che il fine della vita è vivere?» si interrogava giustamente il poeta
Paul Claudel nell’ Annuncio a Maria. È una provocazione che ci interpella
costantemente, ma soprattutto quando la profezia giunge a illuminare con
uno squarcio di luce la nostra umana oscurità, rispondendo – seppur in
maniera velata – ai nostri interrogativi escatologici.
Per queste ragioni, il libro che qui si conclude ha un preciso significato
soprattutto per chi crede nella vita eterna e per chi ammette che il Cielo
possa ancora irrompere sulla Terra, mediante le soprannaturali
manifestazioni della Vergine, che danno continuità all’intervento salvifico
compiuto duemila anni fa da Gesù Cristo.
Perché certamente ogni apparizione mariana si inserisce nella dinamica
del tempo terrestre, mantenendo però lo sguardo fisso nella dimensione
dell’eternità celeste. E gli appelli della Madre di Gesù sono sempre
amorevoli richiami a guardare oltre la materialità delle cose, per attingere
alla fonte viva del Vangelo e coinvolgersi nel progetto divino della
salvezza.
Soltanto in questa prospettiva acquisiscono un senso comprensibile e
compiuto gli ammonimenti e i presagi della Madonna, che d’altra parte
riecheggiano le espressioni di Cristo di duemila anni fa: «‘Quando sentirete
di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire
queste cose, ma non è subito la fine’. Poi diceva loro: ‘Si solleverà nazione
contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi
terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni
grandiosi dal cielo. Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e
vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni,
trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete
allora occasione di dare testimonianza’». ( Luca 21,9-13)
E, in ogni caso, si tratta sempre di profezie ‘condizionate’, che possono
cioè essere mitigate o annullate mediante la preghiera. Lo documentano
anche due annotazioni di Cornacchiola. La prima, del 26 aprile 1971,
propone un’affermazione della Vergine: «Il tempo per quello che ti ho detto
nel 1947 sta per scadere. Non ti hanno voluto credere, si compiano i piani
del Padre, l’umanità è lasciata sola, non c’è più lo spirito che frena. Prega e
fai penitenza». Qualche anno dopo, il 1° gennaio 1975, il veggente annota:
«Vergine cara, come è stato rinviato quel castigo che tu sai, rinvia pure
questi altri e vieni, aiutaci a convertirci». A diretta testimonianza della
sempre possibile ‘proroga di misericordia’.
So bene che queste pagine potranno innescare contestazioni e polemiche,
accuse di sensazionalismo e insinuazioni di ‘preconciliarismo’. Ma se le
ispirazioni a Cornacchiola provenivano realmente dal Cielo, come
personalmente ritengo, è certamente opportuno che vengano rese note al
grande pubblico, sottraendole all’oscurità di qualche polveroso archivio
della Santa Sede.
In ogni caso, a chi, scorrendo queste pagine, resterà impressionato dalle
minacce che incombono sul Vaticano, faccio una piccola confidenza. Dal
terrazzo di casa mia si vede il cupolone di San Pietro, a poche centinaia di
metri in linea d’aria. E ci sto molto bene, senza alcuna tentazione di
trasferirmi in una lontana campagna. Mi è sufficiente tenere a mente, e
riproporre anche al lettore, le parole che in più occasioni la Vergine ha
ripetuto: «Chi prega non ha paura del futuro».
Postfazione

È con vero piacere che scrivo queste parole dopo aver letto il testo dedicato
da Saverio Gaeta alle esperienze mistiche di Bruno Cornacchiola. Come
ebbi già modo di dire il 12 aprile 2013, celebrando alle Tre Fontane la
Messa per il sessantaseiesimo anniversario dell’apparizione della Vergine
della Rivelazione, le manifestazioni mariane continuano a mostrarci il
Cuore di Dio che non si stanca di rivelarci il proprio amore misericordioso.
Personalmente ritengo dunque di grande utilità spirituale – come monito e
richiamo in particolare ai fedeli, ma non a loro soltanto – la pubblicazione
di questo libro, che contiene numerosi messaggi inediti dall’indubbio valore
catechetico e profetico, rivolti dalla Vergine al veggente nel corso di oltre
mezzo secolo.
Cornacchiola, nella sua vita dopo la straordinaria conversione seguita alla
visione di Maria, ha sempre difeso quelli che definiva ‘i tre Punti bianchi’:
l’Eucarestia, l’Immacolata, il Papa. A questi tre Punti bianchi è bene che
guardino costantemente i cattolici in questo momento di grande turbamento
e di incertezze sul futuro.
Come non riflettere sull’accorato invito della Vergine all’unità e alla
santità del popolo cristiano e in particolare dei sacerdoti? E come non
rispondere con la preghiera ai pressanti appelli per scongiurare le tante
minacce che il materno Cuore di Maria lascia presagire nelle profezie
rivelate a Cornacchiola?
Sapendo, comunque, che il loro avverarsi dipende se si concretizzerà o
meno la conversione del cuore e l’apertura alla grazia divina da parte
dell’umanità peccatrice. E ricordando altresì che alle apparizioni mariane e
ai suoi contenuti può essere data la fiducia privata, ma mai imposta la fede
pubblica.
Il contenuto di questo libro sarà certamente utile a quanti si avvicinano al
mistero d’amore di Maria con la dovuta devozione e l’atteggiamento di
filiale riconoscenza verso una madre, anzi ‘la Madre’. Una Madre tutta
speciale che, come leggiamo nel messaggio del 12 aprile 1947, si definisce
Vergine della Rivelazione e precisa: «Sono Colei che sono nella Trinità
divina... Amore del Padre, Amore del Figlio, Amore dello Spirito Santo...
Sono la Calamita della Trinità divina». Affermazioni forti che ci inducono a
meditarle e ad approfondirle.
La Vergine aveva preannunciato la crisi che avrebbe colpito parte del
clero: la talare gettata in terra e la croce spezzata ai suoi piedi sono
un’immagine che nel 1947 poteva non essere ben compresa, ma che nei
decenni successivi si è presentata in tutta la sua drammaticità. E ha
segnalato molti altri rischi e pericoli che corrono la Chiesa e il mondo
d’oggi e dell’immediato futuro.
Conoscerli, pur nella loro crudezza, non deve indurre a un’irragionevole
paura o a uno sterile fatalismo, ma piuttosto deve ispirare la presa di
coscienza e il senso di responsabilità per eliminarne alla radice ogni
possibile fattore scatenante. Nella certezza, comunque, che la storia umana,
alla luce del progetto salvifico di Dio, ha un destino di bene e che le ‘porte
degli inferi’ non prevarranno mai.
+ Card. José Saraiva Martins
Prefetto emerito della congregazione delle Cause dei santi
Città del Vaticano, 8 dicembre 2015
Apertura del Giubileo della Misericordia
e 161° anniversario della proclamazione
del dogma dell’Immacolata Concezione
Indice

Presentazione
Frontespizio
Pagina di Copyright
1 – Prologo
2 – L’uomo
3 – L’apparizione
4 – Il messaggio
5 – Il segreto
6 – La credibilità
7 – I sacrifici
8 – Le profezie
9 – La dottrina e il clero
10 – Le preghiere e la pace
11 – Gli ultimi appelli
12 – Il futuro
13 – Epilogo
14 – Postfazione
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NOTE

1 Quando, il 20 agosto 1940, all’età di ventisette anni, cercherà di prendere


la licenza elementare per poter passare da pulitore degli autobus a
bigliettaio, la scena sembra tratta da un film di Totò: «Dovevo fare gli
esami, ma non conoscevo bene la matematica. Arriva la notizia: ‘È nato
maschio!’ (Carlo, il secondo figlio dopo la primogenita Isola, N.d.A.). Mi
mandano via, passo senza esami!»

2 Nel diario, in data 5 giugno 1973, Bruno annotò:


«I tre colori della nostra Madre non sono colori d’una bandiera, ma
simboleggiano le tre Persone divine in un solo Dio amore. Il verde è il
Padre creatore che con bontà ci donò la vita e ciò di cui la vita ha bisogno
per continuare; il bianco è il Figlio che ci ridiede la vita che perdemmo
nell’Eden per mezzo della sua morte e ci donò la grazia mediante il
battesimo; il rosa è lo Spirito Santo che ci dona la creazione del Padre e la
grazia del Figlio nell’unione d’amore e di vita».
L’11 agosto 1966 aveva sognato un dialogo fra le Persone della Trinità:
«Vedevo il Padre, uguale al Figlio e allo Spirito Santo, perché dicevo al
primo: ‘Chi è il Padre?’ ‘Sono io’ rispondevano in coro, poi ‘e il Maggiore
è lui’, mi indicavano gli altri due l’uno. ‘Chi è il Figlio?’ ‘Sono io’, il coro
rispondeva, ‘ma il Cristo è lui’, indicando gli altri due l’uno. ‘Allora tu sei
lo Spirito Santo’ indicando l’altro: ‘Noi siamo!’ dissero in coro tutti. Solo
dai colori potevi distinguerli: il verde-Creatore, il bianco-Salvatore, il rosa-
Santificatore».

3 In nottata, rientrato a casa, Bruno trascriverà a matita, su un quaderno


dalla copertina nera, il messaggio integrale, riascoltandolo mentalmente
come fosse un nastro registrato, che si fermava e ritornava indietro se lui
non riusciva a star dietro alla dettatura.

4 Nel 1962 Bruno Cornacchiola confidò al direttore spirituale, monsignor


Antonio Tedde, quanto rivelatogli personalmente da Pio XII: ovvero che
quel medesimo 12 aprile 1947 lui stesso aveva ricevuto direttamente dalla
Madonna la conferma di una sua apparizione a Roma, senza specificargli se
si fosse trattato di un sogno o di una visione.

5 Per il 25° della sua morte, nel marzo del 1965, Paolo VI celebrerà qui la
sua prima Messa in lingua italiana, a seguito della riforma liturgica scaturita
dal concilio Vaticano II.

6 Il motivo per cui la Vergine definiva il Papa ‘la Santità del Padre’ venne
spiegato così da Bruno: «La Parola di Dio ci dice: ‘Siate santi perché io
sono santo’. Noi nel battesimo siamo tutti santificati e la raccomandazione
d’essere santi è per tutti, ma specialmente per colui che rappresenta Gesù.
Lui disse a Filippo: ‘Chi vede me vede il Padre’ ‘Io e il Padre siamo una
cosa sola’; e a Simone diede come nome ‘Kefa’, Pietro, e disse: ‘Tu sei
Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa’».

7 Il 3 ottobre 1986 renderà noto, durante una conversazione con i devoti,


che il testofilounariga gli era stato dettato dalla Vergine della Rivelazione:
«Fratelli carissimi, qui, in questa grotta, ricettacolo di peccato, venni io
peccatore, per prepararmi a combattere, col mio cavallo dell’io e
dell’ignoranza, il dogma che la Chiesa madre definì: l’Immacolata
concezione. Lei stessa venne, gettandomi giù da quel cavallo, nella polvere.
Avendo avuto misericordia di me, materna mi parlò e mi disse: ‘Tu mi
perseguiti; ora basta!’ Da quel momento entrò in me Gesù: via, verità e vita.
La Vergine Madre, nella sua bontà infinita, mi indicò la via della salvezza; e
io lasciai subito la via della perdizione, che è il mondo con le sue false
ideologie. Mi indicò la verità; e io lasciai la menzogna: il protestantesimo
(all’inizio degli anni Ottanta, per seguire i dettami dell’‘ecclesiasticamente
corretto’, quest’ultima parola è stata sostituita con ‘la disobbedienza’,
N.d.A.). Mi indicò la vita, perché, pur vivendo, ero morto; e ora che sono
morto al mondo, vivo della vera vita, nella verità dell’Evangelo, sotto la
guida della Chiesa madre. Come la Vergine Madre trasformò questa grotta,
con la sua santa presenza, da luogo di peccato in luogo di pace, di preghiera
e di penitenza, facciamo sì che, accostandoci a lei, per andare a Dio,
possiamo essere trasformati, da case indegne a case di dimora per lo Spirito
Santo. Temiamo Dio e umiliamoci al suo cospetto. Così, e solo in tal modo,
potremo vincere noi stessi. E mettere in atto in noi la sua volontà: essere
santi come lui è santo. Viva Gesù! Viva Maria! Viva il Papa».
8 In data 8 luglio 1983 viene riportato un episodio simile, anche se in questo
caso Cornacchiola non ha dubbi che si tratti di un sogno: «Di nuovo con il
Papa, e questa volta c’erano Bernadette e Lucia. Il Papa ci interroga:
‘Ditemi, come va il mondo?’ Fanno parlare a me, dopo un rapido sguardo
fra noi, e dico: ‘Santità, del mondo che va male non importa, sono le anime
che, per la freddezza dei sacerdoti, si perdono. Ritorni lo spirito primitivo’».
E il 6 novembre del medesimo anno aggiunse qualche particolare al ricordo
del 1948: «Venni chiamato da don Mario Sfoggia di notte per andare da Pio
XII, e lì monsignor [Salvatore] Capoferri mi aspettava con un’altra persona
che poi mi diceva essere suor Lucia di Fatima. Tutt’e due davanti a Pio XII
abbiamo parlato dell’esperienza dei fatti accadutici e del messaggio. Alcune
cose corrispondevano. Era un segno o un sogno?»

9In quella occasione, davanti a circa settantamila persone accorse a Fatima


da tutto il Portogallo, il sole cominciò a roteare vorticosamente e ad
avvicinarsi rapidamente verso la Terra, come se stesse precipitandovi sopra,
mutando costantemente colore.
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