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ISBN 978-88-6918-772-8
«Vieni, o Madre, in mezzo a noi; vieni, Maria, quaggiù». Ogni volta che,
durante la Messa, mi capita di intonare questo canto, che chiunque abbia
frequentato una chiesa negli ultimi decenni certamente conosce, sento come
un nodo alla gola. Sono innumerevoli queste invocazioni, alle quali la
Madonna ha costantemente risposto con le tante sue manifestazioni in giro
per il mondo. Ciò nonostante, sono relativamente pochi quelli che hanno
colto tali segni. Normalmente si tratta dei fedeli più semplici e umili,
mentre le autorità ecclesiastiche in genere si comportano con una cautela
estrema, che rasenta l’incredulità.
Una volta, ragionando in confidenza con un autorevole cardinale su
un’apparizione non ancora riconosciuta, gli chiesi quale fosse la principale
ragione della sua perplessità. Mi rispose: «Be’, la ripetitività quotidiana non
depone a favore. Per proporre i suoi messaggi, a Lourdes Le sono state
sufficienti diciotto apparizioni, e a Fatima ancor meno, soltanto sei...»
Replicai: «Ma se oggi ci fosse una nuova Lourdes, con una adolescente
analfabeta e poverissima che durante l’estasi bacia la terra e mangia l’erba
perché le è stato chiesto di farlo come penitenza per i peccatori, voi
approvereste la soprannaturalità dell’evento, oppure invochereste un
trattamento sanitario obbligatorio per la ragazza? E a Fatima, non è forse
vero che le più importanti richieste della Madonna – dalla consacrazione
della Russia alla stesura dei segreti – furono fatte a Lucia molti anni dopo il
1917, in apparizioni che formalmente non hanno mai avuto un
riconoscimento?»
L’eminentissimo commentò con un forzato sorriso, rendendosi
perfettamente conto del paradosso in cui si era ficcato.
Amare riflessioni come queste mi sono tornate più volte alla mente nei
tanti fine-settimana trascorsi nella sede dell’associazione catechistica
Schiere Arditi di Cristo Re Immortale (Sacri), fondata da Bruno
Cornacchiola, il veggente che – a partire dal 1947, nella località delle Tre
Fontane a Roma, e praticamente fino alla morte – ebbe decine di
apparizioni della Madonna che gli si presentava con il titolo di Vergine della
Rivelazione.
Per una serie di fortuite circostanze, innescate dalle sollecitazioni di un
amico molto devoto della Madonna, ero entrato in confidenza con gli eredi
spirituali di Cornacchiola, che avevano apprezzato alcuni miei lavori sulle
manifestazioni mariane e su altri eventi soprannaturali. Con molta
disponibilità, mi avevano autorizzato a consultare gli archivi di Bruno:
annotazioni vergate su migliaia di fogli sparsi, decine di block notes con
l’accurata descrizione dei suoi tanti viaggi di testimonianza, agende
fittamente annotate dal 1936 al 2001.
Francamente, pensavo che ne avrei ricavato soltanto qualche notizia in più
per realizzare una attualizzazione della storia di quelle ormai lontane
apparizioni e per proporre una rilettura dei pochi brani resi pubblici del
lungo messaggio pronunciato dalla Vergine il 12 aprile 1947. Non avevo il
benché minimo sospetto che mi sarei imbattuto in rivelazioni esplosive e
del tutto inedite, che in questo libro vengono presentate integralmente. E
non lo immaginavano nemmeno i custodi degli scritti di Bruno
Cornacchiola.
In effetti, dopo la morte del veggente, il 22 giugno 2001, i discepoli ne
perpetuano la memoria e l’impegno nell’associazione Sacri, la cui
fondazione gli era stata sollecitata direttamente dalla Madonna, curando
soprattutto la preparazione catechetica di quanti partecipano agli incontri
settimanali e ai ritiri mensili, dove la Bibbia viene letta in sequenza e
commentata con le ispirate parole del fondatore. È questo il motivo per cui
l’attenzione dei pochi responsabili è rivolta essenzialmente ai testi di
carattere meditativo, mentre l’archivio dei diari e degli appunti era
praticamente rimasto inesplorato.
Via via che procedevo nella lettura, mi rendevo sempre più conto del filo
che collega i messaggi ricevuti da Cornacchiola con gli altri donati dalla
Madonna nelle sue diverse apparizioni degli ultimi due secoli, a partire
dalla prima dei tempi moderni, quella a rue du Bac a Parigi nel 1830 (dove
la Vergine donò la diffusissima medaglietta miracolosa), fino alle ultime
riconosciute di Amsterdam, in Olanda, fra il 1945 e il 1959 (nelle quali
vennero profetizzati per esempio il concilio Vaticano II e lo sbarco sulla
Luna) e di Kibeho, in Rwanda, fra il 1981 e il 1983 (dove ai veggenti
furono mostrate le terribili stragi di hutu e tutsi nella zona dei Grandi
Laghi).
Per non parlare delle profezie che caratterizzano altre manifestazioni
mariane tuttora in corso, e in attesa perciò del giudizio della Chiesa, nelle
quali le risonanze ‘apocalittiche’ dei messaggi delle Tre Fontane si
intrecciano con eventi che tutti noi oggi siamo purtroppo in grado di vedere
e di giudicare: dalla nuova guerra fredda tra Russia e Stati Uniti alle guerre
locali, dagli attentati di stampo islamico ai conflitti religiosi in corso in
Oriente, fino agli scandali che hanno turbato in questi ultimi anni la Chiesa
cattolica. Ed è impressionante notare come quel che viene detto in una
apparizione divenga ancor più comprensibile in un’altra, in un susseguirsi
di comunicazioni che – seppur senza un sigillo di definitività, per consentire
in pieno a ogni uomo la libertà di credere o di non credere – aprono però
spiragli sempre nuovi.
Un giorno, spulciando fra i dépliant e i bollettini disposti su un tavolo
nella sala riunioni della Sacri, la mia attenzione venne colpita da una
colorata cartolina. Sul retro erano indicate la data e la ricorrenza che ne
avevano motivato la realizzazione, voluta esplicitamente da Cornacchiola:
12 aprile 1997, nel cinquantenario esatto della prima apparizione da lui
avuta alle Tre Fontane. Ma a inquietarmi fu in particolare il soggetto
dell’immagine sul davanti: un fotomontaggio con alcuni grattacieli sullo
sfondo e la statua della Vergine della Rivelazione in primo piano.
A dimostrazione dei misteriosi intrecci fra le manifestazioni mariane, il
pensiero mi corse immediatamente a un articolo pubblicato l’8 ottobre 1995
sul settimanale Epoca, dove era riportato il racconto di Simona, una delle
veggenti delle presunte apparizioni a Ischia, attualmente al vaglio di una
commissione ecclesiastica. Dall’ottobre del 1994, nel bosco di Zaro, situato
a metà strada tra Lacco Ameno e Forio, alcuni ragazzi e ragazze dicono di
ricevere messaggi e visioni di forte impatto emotivo. E, in quell’intervista,
Simona narrava: «Ho visto dei grattacieli che venivano giù; poi ho visto la
Statua della Libertà in frantumi e ho capito che doveva essere New York».
Riferendomi alla cartolina, chiesi perciò spiegazioni all’avvocato Gabriele
Gatti, uno degli attuali responsabili della Sacri, e ne ricevetti una singolare
confidenza: «A Pasqua del 2000 mi recai negli Stati Uniti con mia moglie
per una visita turistica. Al rientro passai a salutare Bruno e, quando gli dissi
dove ero andato, si arrabbiò moltissimo. Mi fece promettere che, da quel
momento, lo avrei sempre avvertito prima di partire per l’estero. Sul
momento non ne compresi le ragioni, ma l’11 settembre 2001 – dopo
l’attentato alle torri gemelle – intuii a che cosa si riferisse Bruno e mi
divenne improvvisamente chiaro il motivo per cui aveva fatto stampare
quella cartolina. Purtroppo, però, Cornacchiola era morto il 22 giugno
precedente, e così non ho mai potuto verificare con lui che cosa avesse
ricevuto in visione qualche anno prima».
In ogni caso, come il lettore scoprirà, i messaggi soprannaturali, le visioni
mistiche e i sogni profetici di Bruno Cornacchiola che vengono presentati in
queste pagine hanno molto da dire sul nostro presente e, ancor più, sul
nostro futuro. Nessun obbligo di crederci. Le apparizioni mariane, anche se
ufficialmente riconosciute e degne di fiducia, non sono dogmi e si può
essere ottimi cattolici senza credere in esse. Ma indubbiamente la
sollecitazione che deriva dalle parole della Vergine è quella di prendere sul
serio i rischi che abbiamo dinanzi e, senza alcuna inutile paura, di
affrontarli alla luce del Vangelo e nella dimensione della fede.
1.
L'uomo
Qualche anno dopo, la famiglia si trasferì nei pressi della via Appia, in
un’unica stanza piena di mosche d’estate e sporca di fanghiglia d’inverno.
Per guadagnarsi un tozzo di pane e qualche spicciolo, Bruno ballava davanti
alla vicina osteria sulle note della fisarmonica di un suonatore ambulante:
«Abbandonati a noi stessi, circondati dalla più squallida miseria fisica e morale, noi bambini
trascorrevamo una fanciullezza molto triste».
Bruno non ebbe, di fatto, nessuna istruzione: ripeté la prima elementare per
tre anni di seguito per poi essere trasferito ‘per anzianità’ in seconda, mai
finita.1 Da bambino era sempre affamato:
«In casa si mangiava male, se mangiavi: spesso papà, ubriaco, gettava tutto dalla finestra e noi,
come cagnolini, si correva giù per raccogliere qualcosa; si attendevano i bigonci con la raccolta dei
rifiuti dei ristoranti per darli ai maiali, ma noi prendevamo i pezzi più grossi e si mangiavano;
oppure si rubavano le carrube ai cavalli... [Nell’Epifania] qualche volta mamma metteva noci e
qualche torroncino, ma spesso gli altri avevano automobiline, trenini, cavallucci, noi niente.
Prendevo i tappi delle bottiglie e scatolette di lucido e le attaccavo una con l’altra e ci facevo il
trenino legato con lo spago. Una volta una troupe del cinematografo mi riprese, dove ora è piazza
Tuscolo, con questo trenino e scalzo».
A dieci anni ottenne il primo impiego fisso come garzone di bottega di un
carbonaio: ogni giorno doveva andare dal deposito alle abitazioni degli
acquirenti per consegnare sacchi di carbone del peso di dieci chili. Ma il
ragazzino aveva il vizio di ‘arrotondare’ le mance rubando ogni volta
qualcosa, e il carbonaio lo cacciò. Di quel periodo conservò sempre un
volume rilegato del Catechismo di Pio X, prelevato con destrezza dalla
libreria di una cliente.
Nel 1925, a dodici anni, cominciò a lavorare nella pensione Calcagni in
via Veneto, dove puliva le stanze e aiutava in cucina. Ogni sera si recava in
via Laurina, nei pressi di piazza del Popolo, per portare la cena alla mamma
della proprietaria della pensione. E un giorno, scendendo per la scala del
Pincio, ebbe un incontro che in seguito riconobbe come il prologo delle
esperienze mistiche che avrebbe avuto a partire dal 1947:
«Ai piedi della scala c’era una specie di nicchia addossata al muro. Mentre passavo mi sento
chiamare in questo modo: ‘Neppure mi guardi, figlio di Dio?’ Mi volto e vedo un vecchio
accovacciato nell’angolo, tutto lacero, con una fluente barba bianca, con due occhi che gli
brillavano. Mi avvicino e gli dico: ‘Scusi, non avevo fatto caso che ci fosse lei qui’. ‘Vieni qui,
accostati a me’. Mi avvicino a lui e mi invita a sedermi. ‘Mettiti qui, dove vai tutte le sere di
corsa?’ Gli spiego cosa vado a fare. ‘Riposati un poco, poi vai’. Mi metto seduto vicino al vecchio
che mi dice: ‘Non pensi mai che devi lavorare pure per il Signore? Guarda, leggi qui’. Sapevo
leggere poco a quel tempo, ma potevo leggere balbettando piano piano. Più leggevo, più non
capivo niente. Ricordo soltanto che mi diceva: ‘Questo lo ha scritto san Paolo e io mi chiamo
Paolo’. Mi piaceva sentirlo parlare e mi spiegava molte cose che ora capisco».
Ogni sera Bruno metteva da parte metà della propria cena e la portava a
Paolo, che mangiava contento mentre il ragazzino leggeva il libro della
Parola di Dio. La sera di Natale il vecchio gli spiegò cosa fosse quella festa:
«Sappi che noi stiamo nelle tenebre. Il Bambino è nato 1900 anni fa da Maria sempre Vergine e
senza peccato. Lei ha dato alla luce un Figlio che è la luce e ci fa tutti luce per illuminare il mondo.
Un giorno vedrai quella luce e sarai un missionario della luce».
Il 30 settembre 1951 stilò sul diario un elenco dei tanti mestieri fatti:
elettricista, calzolaio, muratore, falegname, tappezziere, materassaio,
spazzacamino «e infine ho fatto anche lo strillone di giornali, che mi ha
temprato la voce per fare meditazioni e conferenze». Dormiva dove
capitava, in base alle stagioni, e mangiava quando poteva, in una
successione di giornate senza futuro, mosso unicamente dalla volontà di
sopravvivere.
«La squallida miseria nella quale ero costretto a vivere, senza poter intravedere il benché minimo
barlume d’uscita, e la convinzione che la società borghese era l’unica responsabile della mia
miseria e infelicità, furono il fervido terreno sul quale una campagna atea clandestina, piena di
odio e di volontà di vendetta, abbondantemente seminò e ancor più abbondantemente raccolse».
Nell’aprile del 1934, dopo aver passato la visita di leva che si faceva a
vent’anni, venne arruolato nell’esercito per il servizio militare di diciotto
mesi. Conciato da pezzente, con un paio di scarpe rimediate in una discarica
e tenute insieme dal fil di ferro, partì come fante per Ravenna. E qui, nel
cortile della caserma, gli si spalancò dinanzi agli occhi il ‘paese di
cuccagna’:
«Il primo paio di scarpe vere, il primo vestito e cappotto nuovi. Più volte chiesi al furiere, che mi
elencava e consegnava diligentemente indumenti e accessori, se tutto quel ben di Dio, che non
avevo visto mai, fosse mio!»
E così, intorno alle 7 di sera del 6 marzo (ma l’annotazione sul registro fu
effettuata con la data del giorno seguente), il parroco di Sant’Elena, sulla
via Casilina, li unì in matrimonio nella sacrestia. Al loro fianco, i due
testimoni: Luisa Lo Gatto, sorella della sposa, e il marito Giuseppe Colace.
Al termine della sbrigativa cerimonia, Bruno passò a casa del suocero
Saverio, per portare via il baule di Iolanda con un po’ di lenzuola e
indumenti. Poi, come viaggio di nozze, i due novelli sposi andarono a piedi
dalla circonvallazione Casilina fino al Quadraro dove i genitori di Bruno e
la famiglia di suo fratello Mario vivevano in due baracche adiacenti. Fra le
due costruzioni c’era un’intercapedine con una tettoia di un metro e mezzo
di larghezza e due di lunghezza, in cui era stato allestito per gli sposi un
letto fatto di un paio di tavole di legno ricoperte con un saccone imbottito di
foglie di granoturco. Iolanda e Bruno vissero lì fino all’agosto successivo,
quando Antonio li scacciò perché aveva deciso di vendere la baracca e di
ritornare a Rieti: lei rientrò nella casa paterna e lui andò a dormire nella sala
d’aspetto della stazione Termini.
Nel frattempo Bruno aveva cominciato a frequentare il Partito comunista
clandestino. I compagni, sapendo che era senza lavoro, gli proposero una
vera e propria operazione di spionaggio: arruolarsi come volontario nella
Missione Militare Italiana in Spagna, che il governo fascista stava
organizzando a supporto delle forze nazionaliste di Francisco Franco, per
passare informazioni ai combattenti repubblicani del Fronte popolare.
Il 10 novembre Bruno prestò giuramento davanti al commissario politico
comunista Antonio Pettinelli. Dopo un rapido corso come motorista, si
arruolò a Firenze e il 28 dicembre 1936 giunse a Cadice con la Missione
Militare Italiana. Insieme al sergente Tieri e al caporalmaggiore Gattel, era
assegnato a una stazione radio al seguito dei falangisti. In questo modo
riusciva a passare informazioni al fronte repubblicano, presso cui era noto
con il soprannome di Gonzales.
Partecipò a moltissime battaglie, che annotò diligentemente al suo rientro in
Italia. Un itinerario bellico che lo aveva portato dal sud al nord del Paese,
da Malaga a Santander, e poi verso est, fino a Saragozza e a Barcellona.
Combatté anche nella celebre battaglia dell’Ebro, il più sanguinoso scontro
dell’intera guerra civile, nella seconda metà del 1938. E per tutto il resto
della vita, dopo la conversione, nutrì un profondo rimorso per le violenze
commesse contro la popolazione, e per aver tradito ripetutamente Iolanda.
A Saragozza, Bruno aveva stretto amicizia con Otto, un soldato tedesco
che nel tempo libero portava sempre con sé un libro sotto il braccio:
«Incuriosito, gli domando che cosa fosse, e lui mi risponde: ‘È la Parola di Dio’. Da questa
conversazione, pian piano, siamo andati a finire che mi catechizzava, mi parlava d’amore, di Gesù,
di vita eterna».
Un giorno, passeggiando, i due arrivarono sino alla basilica della Vergine
del Pilar, la patrona della città. Molti devoti erano schierati in processione
con stendardi e croci, per ringraziare la Madonna di aver preservato il
santuario dai bombardamenti. Bruno raccontò l’episodio con molto
trasporto:
«Nel sentire questo, mi entusiasmo e vado da Otto: ‘Entriamo in chiesa, è molto che non mi
confesso e non faccio la comunione. Tu mi hai persuaso nella verità’. Ma Otto si volta verso di me
con aria alquanto meravigliata e mi chiede: ‘Ti ho parlato qualche volta della Chiesa cattolica?’
‘No’ rispondo. Prosegue: ‘Ebbene, non te ne ho parlato perché io dentro quella sinagoga di Satana
non ci sono entrato mai. Non entro in quel teatro di burattini dove ci sono uomini che dicono di
essere inviati da Dio e sono nella falsità. Inventano tante cose stupide e le danno da bere al popolo
che, ignorante, ci crede e si perde’».
A Bruno queste frasi risultarono incomprensibili, per bocca di uno che gli
aveva detto di credere in Gesù Cristo:
«Ma come parli? Dici le stesse cose che sentivo in casa mia da ragazzo: bestemmie e insulti ai
preti, che chiamavamo bacarozzi».
Concluse Cornacchiola:
«Sentii un brivido dietro la schiena ed ebbi un pensiero assassino: ‘Se è lui il responsabile di tanto
male, io lo uccido’».
Cornacchiola gli serbò eterna gratitudine poiché era convinto che, in caso
contrario, anche lui sarebbe stato fucilato il 24 marzo 1944 alle Fosse
Ardeatine, come accadde a Giacchini.
Finita la guerra, Bruno chiese la tessera del Partito comunista italiano.
Come garante aveva Antonio Pettinelli, che così scrisse il 23 marzo 1946
sul retro della domanda d’iscrizione:
«Fo presente che il compagno Cornacchiola ha partecipato alle riunioni clandestine della sesta
zona con me e Mecaccioni. Ha ricevuto stampa e l’ha diffusa. Dopo la liberazione degli alleati fece
domanda al nostro Partito tramite la sezione Latino Metronio, che poi fu persa; per altre
circostanze non fu più possibile la sua iscrizione. Quindi testifico la sua buona condotta che è di
vera fede comunista».
Nella sala della Chiesa battista di via Urbana, frequentata dai Cornacchiola,
si riunivano anche i membri della Chiesa cristiana avventista del settimo
giorno, che prendevano parte allo studio comunitario della Bibbia ogni
sabato mattina, seguendo la prescrizione dell’Antico Testamento. Talvolta i
responsabili dei due culti organizzavano degli incontri di verifica in
comune:
«In uno di questi, trovai il pastore avventista Giovanni Cupertino più incisivo del mio, più
intransigente verso la Chiesa cattolica».
Dopo quattro intense ore, venne posto termine al confronto. Padre Mariani
in seguito ricordò:
«Mentre ci eravamo alzati per andarcene a casa, le donne presenti dissero al Cornacchiola: ‘Tu non
sei tranquillo, si vede dallo sguardo’. E lui ribatteva: ‘Sì, io sono felice da quando ho abbandonato
la Chiesa cattolica’. Ma le donne insistevano: ‘Rivolgiti alla Madonna, lei ti salverà’; e gli
mostravano il rosario».
In effetti Bruno era turbato già da tempo, come aveva confidato al diario il
21 febbraio 1947:
«Sento nel mio cuore qualcosa nuova che non ho mai inteso. Vedo in me un forte mutamento di
carattere».
Un paio di mesi prima, mentre rientrava a casa dal lavoro, un appello aveva
preso forma nel suo cuore, preghiera e supplica insieme:
«Signore, il mondo perisce. Se ti serve una creatura per condurlo alla salvezza che tu ci hai dato,
eccomi, sono pronto. Inviami pure nel più profondo dell’inferno, ma adopera me per farti
conoscere, amare e servire. Sono poca cosa, ma con te divengo gran cosa. Accetta, Signore!»
Proprio con questa borsa, contenente la Bibbia del Diodati e un blocco per
appunti, Cornacchiola si recherà alle Tre Fontane per il fatidico incontro
con la Madonna.
2.
L'apparizione
Isola e Carlo partirono alla ricerca della palla, ma poco dopo tornarono a
mani vuote. Allora Bruno raccomandò a Gianfranco di non muoversi e andò
con Carlo a rovistare lungo la scarpata, mentre Isola si mise a raccogliere
qualche fiore da portare alla mamma. Ogni tanto il papà chiamava
Gianfranco, e per due o tre volte il piccolo rispose. Ma al nuovo richiamo
non ci fu replica:
«Mi preoccupo, perché Gianfranco ne combinava sempre una delle sue. Un giorno lo presero fra i
binari, mentre il treno stava per sopraggiungere. Un’altra volta me lo portarono tutto insanguinato,
con due profonde ferite sul mento e sulla fronte: era caduto dal muro della scuola ‘Augusto’, sopra
delle latte arrugginite. Lo portai all’ospedale San Giovanni e gli misero dieci punti di sutura».
Cornacchiola risalì rapidamente verso la grotta e là davanti, sul lato sinistro,
vide il bambino inginocchiato con le mani giunte e gli occhi fissi nel buio,
mentre ripeteva meccanicamente, in estasi: «Bella Signora, Bella
Signora...»
(Esattamente allo stesso modo avevano descritto la Madonna i ragazzi
veggenti di La Salette nel 1846, Bernadette Soubirous a Lourdes nel 1858 e
i tre pastorelli di Fatima nel 1917. E per giunta, Gianfranco raccontò in
seguito che la Bella Signora lo aveva preso per mano mentre era seduto
sotto l’albero e lo aveva condotto verso la grotta.)
Come era prevedibile, Cornacchiola si arrabbiò perché il piccolo stava
imitando la preghiera cattolica, laddove gli avventisti pregano in piedi e
senza unire le mani. Disse a Isola: «Non voglio che giocate alla ‘Bella
Signora’» ma lei replicò di non conoscere un simile gioco.
«Detto questo, la bambina fa per allontanarsi, si ferma, si volta verso la grotta e lascia cadere il
mazzolino di fiori. Si inginocchia alla destra di Gianfranco, unisce le mani in atteggiamento orante
e fissa un punto della grotta ripetendo anche lei ‘Bella Signora’. Penso allora che hanno deciso di
prendermi in giro, do un leggero scappellotto a Carlo e gli dico di andare a giocare anche lui. Mi
risponde stizzito: ‘Papà, questo gioco io non lo so fare’. Ha appena terminato la frase, che si ferma.
Non ha fatto due metri, che si gira anche lui, avanza verso la grotta, s’inginocchia alla destra di
Isola e comincia a ripetere con i fratellini ‘Bella Signora...’ Sembrava che avessero ingoiato un
disco di grammofono, ripetendo sempre la stessa parola in continuazione».
La ‘Bella Signora’ teneva nella mano destra, all’altezza del petto, un libro
dalla copertina color cenere, mentre con la sinistra indicava verso i suoi
piedi, dove c’erano un drappo nero simile a una tonaca aggrovigliato in
terra e pezzi di un crocifisso, il medesimo che Cornacchiola aveva
frantumato in casa al rientro dalla Spagna nel 1939, ammucchiati di lato.
Poi coprì con la sinistra la mano che teneva il libro e iniziò a parlare. Parlò
per circa un’ora, fra le 16 e le 173: «Mi dice tante cose, che incominciano
con ‘Sono’ e finiscono con ‘Amore’».
Durante il discorso ella «si mostrò al principio come una mamma che
rimprovera amorevolmente il proprio figlio; per tutto il resto della visione il
suo viso era atteggiato a un sorriso piuttosto mesto». Terminato di parlare,
la Vergine della Rivelazione – così la ‘Bella Signora’ si era presentata –
rivolse un ultimo sguardo e un sorriso materno ai quattro veggenti,
indietreggiò, si inchinò leggermente verso di loro, quindi si girò alla sua
sinistra e si allontanò in direzione di San Pietro.4
Alla fine dell’apparizione, Bruno si sentì ritornare alla realtà e
contemporaneamente vide Carlo che correva verso il fondo della grotta
gridando: «Papà, ancora se vede er vestito verde, adesso lo piglio». Il
bambino corse con le braccia tese in avanti, urtò contro la parete, poi tornò
indietro piangendo: «Se n’è annata e io me so’ fatto male alla mano.
Guarda!» Bruno chiese se fosse stato un sogno, ma Isola disse di averla
vista anche lei, la ‘Bella Signora’; e Gianfranco aggiunse: «E pure io.
Masticava la gomma americana e faceva il compito».
(Così il più piccolo aveva interpretato il movimento delle labbra della
donna – poiché i tre bambini non avevano udito nulla del suo discorso – e il
libro che teneva in mano!)
La prima reazione fu quella di ripulire la grotta. Così, utilizzando alcuni
rami di ginestra, i quattro si misero a spazzare tutt’intorno, gettando le
immondizie nella scarpata:
«La polvere che si alzava odorava di un profumo misto, sembrava che tutti i fiori del mondo si
fossero dati convegno in quel punto. Ogni angolo era una sorgente di profumo. Con nostra grande
meraviglia, dopo pulito dentro e davanti alla grotta, la palla che avevamo perduto era là, dinanzi
all’imboccatura».
Isola prese i fiori che le erano caduti dalle mani nel momento
dell’apparizione e li depose sopra il masso di tufo dove la Vergine aveva
posato i piedi. Bruno incise con la chiave di casa alcune parole sul lato
esterno della grotta, poi cancellate dal tempo: «Luogo santo. Qui è apparsa
a me e ai miei bambini, convertendomi, la Vergine della Rivelazione. Oggi
12 aprile 1947, Cornacchiola». Quindi siavviò con i figli verso l’abbazia dei
trappisti, a un chilometro di distanza lungo la discesa della via Laurentina.
All’ingresso in chiesa, l’orologio affisso alla parete dell’altare segnava le
17.40. La famiglia si inginocchiò nel primo banco a destra; Bruno indicò ai
figli il tabernacolo e disse loro:
«Ricordate che vi dicevo che Gesù nell’Eucaristia, in quel pezzettino di pane bianco, non c’era?
(…) Ebbene, adesso mi sento di dirvi che Gesù è là, è presente, è reale!»
È
«Quello che ti ho insegnato contro la Madonna è tutto falso. È vero quello che i bambini dicevano,
abbiamo avuto una apparizione in una grotta alle Tre Fontane. Perdonami, Iolanda, di tutto il male
che ti ho fatto, di tutti i maltrattamenti da me ricevuti».
Cornacchiola prese alla lettera le parole della visione, e sin da quella prima
mattinata prese a rivolgersi a ogni prete che incontrava, anche a quelli che
salivano sul tram: «Padre, debbo parlarle». Nessuno però gli dava la
risposta che attendeva: «Ave Maria, figliolo, cosa vuoi?» Così lui chiedeva
scusa, spiegando di essersi sbagliato.
Le reazioni erano diverse: alcuni gli dicevano in faccia che era matto, altri
si lagnavano di venire disturbati, altri ancora addirittura lo insultavano.
Decine di approcci ogni giorno, e a sera tornava a casa sempre più triste e
sfiduciato.
«Iolanda, comincio a dubitare» diceva a sua moglie, ma lei lo rincuorava:
«Cerca, cerca, e vedrai che lo troverai, il sacerdote».
Praticamente però era l’unica a incoraggiarlo. La voce aveva cominciato a
spargersi nella cerchia della comunità avventista; infatti, il 14 aprile, due
giorni dopo l’accaduto, il pastore Karl andò a trovarlo a casa per dirgli che
era stato vittima di una macchinazione del demonio, e sull’altro fronte gli
ormai ex compagni comunisti lo prendevano in giro perché non
bestemmiava più.
Il 28 aprile la situazione si fece drammatica:
«Non mangiavo più, dimagrivo a vista d’occhio. Mi arrabbiavo, dicevo ai bambini: ‘Ci siamo
ingannati’. Non sapevo più cosa fare e mi viene in mente un pensiero terribile: uccidere tutti e farla
finita con le umiliazioni e i sorrisetti sarcastici rivolti verso di me. Dopo sedici giorni di dolori,
dubbi e tormenti, credendomi ormai finito e pazzo, piangendo dico a Iolanda, dopo aver preso il
piccolo pugnale col manico d’osso con sopra scritto ‘A morte il Papa’: ‘Io non ne posso più, ho
deciso di sterminare la famiglia’. E Iolanda: ‘Sei stato nella chiesa di Ognissanti? Là tutti ti
conoscono. Hai cacciato via sempre i sacerdoti che venivano a benedire casa, prendendoli a spinte
e con parole volgari. Hai sempre fatto propaganda davanti alla porta della parrocchia. Chissà se
non è volontà di Dio e della Madonna che è proprio là l’incontro con il sacerdote che fa per te?
Vai, dammi retta!’ ‘Va bene, Iolanda, ancora una volta ti voglio dare ascolto. Vado, ma se non
trovo quello che devo trovare, preparatevi tutti, perché faccio un’ecatombe qui dentro’».
Lui ne fu come folgorato. Nel messaggio del 12 aprile, infatti, la Vergine gli
aveva fatto un’altra promessa:
«Tu porterai queste cose alla Santità del Padre, al tempo che ti sarà rivelato da un sacerdote che
sarà tua guida. Io te lo mando a tempo opportuno, lo riconoscerai che si sentirà legato a te
confessandotelo».6
Poco più di un anno dopo l’apparizione, l’8 settembre 1948 (nella festa
della Natività della beata Vergine Maria), Cornacchiola pose nella grotta
una lapide commemorativa dai toni appassionati, firmandosi «il minimo di
tutti voi che leggete».7
Verso la metà di giugno del 1947, Cornacchiola e i tre figli erano stati
chiamati a deporre dinanzi a una commissione del Vicariato di Roma
(all’epoca situato in via della Pigna), composta dai monsignori Pietro
Mattioli (presidente del tribunale), Guglielmo Giaquinta (promotore di
giustizia) e Augusto Cecchi (cancelliere). Dopo che ebbe narrati i fatti
accaduti il 12 aprile, Bruno ricevette una curiosa domanda dal presidente:
«Ha mai pensato se fosse il diavolo che le è apparso?»
A cui rispose:
«Be’, se quello che mi è apparso per dirmi di ritornare nella Chiesa cattolica è il diavolo, allora si è
convertito e non c’è più bisogno della Chiesa, l’inferno è chiuso, il combattimento fra Cristo e
Satana non c’è più: dunque voi non servite più, chiudete tutto e andate via. Se invece non si è
convertito e mi ha mandato da voi, vuol dire che siete d’accordo con lui: allora io stavo bene fuori,
come stavo!»
Il messaggio
Nella già citata relazione al vescovo Tedde l’evento è narrato dallo stesso
Cornacchiola con grande vivacità. Puntuale, in giacca e cravatta, con in
tasca un pacchetto ben confezionato che conteneva Bibbia e pugnale,
Cornacchiola salì con gli altri invitati nella cappella dell’appartamento
pontificio. Dopo aver recitato il rosario
«il Papa scende dall’altare dove era inginocchiato e si avvicina a noi. Ci guarda tutti con un sorriso
paterno, poi dice a voce alta: ‘Qualcuno di voi mi deve parlare’. Guardo e tremo, all’improvviso
grido: ‘Santità, sono io che debbo parlarle’. Tutti gli operai fanno largo. Io cado in ginocchio,
perché ci eravamo messi tutti in piedi. Il Papa si avvicina, mi accarezza e dice: ‘Dimmi pure cosa
vuoi’. ‘Santità, non mi presento perché Vostra Santità mi conosce già. Ecco, Santità, qui con me ho
due oggetti’. Metto la mano in tasca e tiro fuori il piccolo pacchetto e dico: ‘Qui c’è la Bibbia che
ho adoperato contro la verità, con scritto sopra la copertina: Questa sarà la morte della Chiesa con
il Papa in testa’. Apro il pacchetto e gli mostro la Bibbia e lo scritto. Continuo: ‘Questo è il
pugnale con il quale avevo giurato di ucciderla’. Mostrando il manico dico: ‘Guardi, ho inciso
sopra questa bestemmia: A morte il Papa. Santità, davanti a tutti chiedo perdono del male fatto a
tante anime con la Bibbia che interpretavo a modo mio e chiedo perdono di aver pensato di
ucciderla’. Si china verso di me, mettendo il suo viso vicino al mio, e mi dice: ‘Mio caro figlio,
non avresti fatto altro che un martire di più e un Papa di più alla Chiesa!’»
Che Papa Pacelli avesse preso molto sul serio il messaggio della Vergine
della Rivelazione lo documenta l’itinerario che lo portò alla proclamazione
del dogma dell’Assunta, festeggiata dalla liturgia il 15 agosto. Il 1° maggio
1946, con l’enciclica Deiparae Virginis Mariae, Pio XII aveva chiesto a
tutti i vescovi del mondo se ritenessero «che l’assunzione corporea della
beatissima Vergine si possa proporre e definire come dogma di fede e se col
vostro clero e il vostro popolo lo desiderate». Su ben 1.181 risposte,
soltanto sei manifestarono qualche riserva su tale enunciazione.
L’anno seguente ci fu l’apparizione alle Tre Fontane e il Pontefice,
direttamente da Cornacchiola, venne a conoscenza della frase pronunciata
dalla Vergine:
«Il mio corpo non poteva morire e non morì, non poteva marcire e non marcì, perché Immacolata.
È nell’estasi d’amore divino che fui portata da Gesù Verbo mio Figlio e dagli angeli in Cielo, è
così che fui portata al trono della misericordia divina».
La fatica era tanta – alla fine della sua vita assommeranno a oltre
cinquemila le conferenze da lui pronunciate – e non mancavano gli episodi
curiosi:
«Una volta venni chiamato vicino a Civitavecchia. Arrivo nel pomeriggio, affamato, e attendo che
mi chiamino per mangiare; la sera ugualmente, ma non venivo chiamato, bevo acqua e mi metto a
letto... La mattina chiedo da mangiare e la madre del parroco mi dice: ‘Ma come, lei ha visto la
Madonna e vuole mangiare?’»
Il segreto
La credibilità
5 ottobre 1947, festa della Madonna del rosario: la più lunga e imponente
processione che la storia di Roma ricordi attraversò le vie della città, fra un
tripudio di folla festante. La storia cristiana del passato si intrecciava con la
devozione mariana del presente, e si fondeva con il sentimento civile della
capitale d’Italia, che nell’occasione offrì la carrozza del Quirinale, ricoperta
di fiori e trainata da tre coppie di cavalli bianchi, per il trasporto della statua
raffigurante a grandezza naturale la Vergine della Rivelazione, apparsa
neanche sei mesi prima.
Addirittura prima della partenza, come rivelò padre Virginio Rotondi,
testimone dell’evento, Pio XII «benedisse in piazza San Pietro e permise di
mettere la statua della Madonna alle Tre Fontane, in Roma, per il culto dei
fedeli». Quasi un modo per ricambiare visibilmente l’omaggio della Vergine
che, andando via dalla grotta dopo l’apparizione, era scomparsa esattamente
in direzione del Vaticano.
In precedenza, sin dagli inizi di giugno, i devoti avevano posto nella
grotta una prima statuetta, sostituita in luglio da una un po’ più grande –
raffigurante la Madonna di Lourdes, ma ridipinta con i colori della Vergine
della Rivelazione – offerta dal personale civile dell’Ospedale militare del
Celio (oggi custodita nella sede della Sacri). La statua definitiva fu
realizzata dallo scultore Domenico Ponzi seguendo minuziosamente la
descrizione fatta dal veggente:
«La Vergine indossava un lungo manto verde, aveva un abito bianco con una fascia rosa alla vita,
mostrava un bellissimo viso orientale di colorito quasi olivastro, aveva capelli neri e sopracciglia
nere. I piedi erano nudi e nella mano destra stringeva un libro grigio. Portando il braccio destro al
seno, adagiava la mano sinistra con dolcezza sull’altra e tale atteggiamento manteneva per tutta la
durata della visione».
Quando vide la scultura, Cornacchiola ne fu contento e rievocò
inconsapevolmente le parole di Michelangelo dinanzi al suo Mosè:
«Giungendo le mani davanti a essa esclamò: ‘Perché non parli allo scultore
come hai parlato a me?’» Sottolineando però che la Vergine era di una
bellezza che non si poteva riprodurre.
Dalla basilica che commemora il martirio di san Pietro, sul colle vaticano,
fino alla zona delle Tre Fontane, nel luogo in cui venne decapitato san
Paolo, il solenne e affollatissimo pellegrinaggio – ventimila fedeli alla
partenza, centomila all’arrivo, secondo le stime fornite dal questore di
Roma alla Direzione generale di Pubblica sicurezza – accompagnò la statua
per una dozzina di chilometri, lungo un percorso che toccò largo Argentina,
via dei Fori Imperiali, il Colosseo, l’Arco di Costantino (con l’eccezionale
apertura della catena che ne blocca normalmente il passaggio), la Piramide
e la basilica di San Paolo fuori le mura. Infine la statua venne issata sulle
spalle da alcuni dei primi malati che avevano ricevuto la grazia della
guarigione dalla Vergine della Rivelazione e sistemata nella grotta, dove si
trova tuttora.
La solennità della cerimonia e il coinvolgimento in prima persona del
Pontefice, a così poco tempo dall’evento e con le indagini ecclesiastiche
ancora in corso, è la prova di una credibilità indiscussa sin dai primissimi
tempi. D’altronde, nel misterioso intrecciarsi delle manifestazioni mariane,
Papa Pacelli era stato più volte protagonista di segni celesti, a cominciare
dal sincronismo della propria consacrazione episcopale con la prima
apparizione della Madonna a Fatima, il 13 maggio 1917. E quando, il 1°
novembre 1950, proclamò il dogma dell’assunzione di Maria in Cielo, poté
rivedere dai giardini vaticani in quattro giorni diversi – 30 e 31 ottobre, 1° e
8 novembre – il miracolo del sole, come si era verificato il 13 ottobre 1917
a Fatima, nella sesta e conclusiva apparizione ai tre pastorelli.9
Un altro episodio collegato a Pio XII aveva avuto come protagonista la
catechista ventenne Luigina Sinapi che esattamente dieci anni prima
dell’apparizione a Cornacchiola, il 12 aprile 1937, portò le Figlie di Maria
della sua parrocchia in pellegrinaggio all’abbazia delle Tre Fontane.
Passeggiando nel vicino boschetto di eucalipti, Luigina vide in una grotta
degli ossicini che le sembrarono resti umani di un aborto. Li seppellì
insieme con una medaglietta miracolosa, quella dell’apparizione del 1830 a
Caterina Labouré, e all’improvviso vide dinanzi a sé la Vergine, che le
disse:
«Tornerò in questo luogo. Mi servirò di un uomo che oggi perseguita la Chiesa, vuole uccidere il
Papa. Ora vai in San Pietro, troverai una signora, così vestita [...]. Lei ti condurrà dal fratello
cardinale. Porterai a lui il mio messaggio. Inoltre dirai al cardinale che presto sarà il nuovo Papa».
Luigina fece ciò che la Madonna le aveva ordinato, e in San Pietro trovò
quella signora: era la marchesa Elisabetta Pacelli, sorella del cardinale
Eugenio Pacelli. Con il suo aiuto, poté riferire al porporato la
comunicazione, ricevendone come risposta: «Se son rose fioriranno». Meno
di due anni dopo, il 2 marzo 1939, effettivamente divenne Pontefice e
assunse il nome di Pio XII.
Fu sostanzialmente questa la ragione per cui, quando ebbe notizia
dell’apparizione alle Tre Fontane, Papa Pacelli se ne mostrò
immediatamente interessato – anche perché la Vergine aveva anche detto,
alla catechista Sinapi: «Da questo luogo stabilirò a Roma il trono della mia
gloria». E al gesuita Riccardo Lombardi il Pontefice confidò: «Io lo
sapevo». Tanto che volle riservatamente incontrare Bruno Cornacchiola il
22 luglio 1947, come documenta il diario personale del veggente:
«La notte don Sfoggia mi dice che il Papa mi vuole vedere. Si va e si viene. Tutto segreto».
Il 17 ottobre 1973 incontrò Paolo VI, col quale scambiò soltanto poche
parole e una stretta di mano. Più intenso, anche se spesso per interposta
persona (in particolare il cardinale Andrzej Maria Deskur), fu il rapporto
con Giovanni Paolo II, che già conosceva la grotta delle Tre Fontane per
avervi pregato nel 1975, quando era ancora il cardinale Wojtyla, su
suggerimento del primate di Polonia Stefan Wyszynski, che vi si era recato
già nel 1958.
Quando Bruno gli scrisse per raccontargli i particolari del ‘miracolo del
sole’ (che dettaglieremo più avanti), Giovanni Paolo II gli fece inviare, il 23
maggio 1980, una speciale benedizione a voce affidata al cardinale vicario
Ugo Poletti e da quest’ultimo al parroco della zona don Pasquale Silla. Poi
sollecitò nuovamente la documentazione, che non gli era stata recapitata
dalla Segreteria di Stato. Il 21 giugno si legge sull’agenda:
«Io e padre Pietro siamo andati da monsignor Zannoni, che ci aspettava, con i documenti: 1. La
lettera mia al Papa. 2. Il messaggio del 1979, il 7 novembre. 3. La mia relazione dei fatti avvenuti
il 12 aprile 1980 già annunciati dalla Vergine cara».
Campanini replicò:
«Ma è la Mamma che mi ha mandato qui».
E padre Pio:
«Lo so, ecco perché ti rimando là per ringraziarla».
Al termine,
«con le lacrime agli occhi, ritorno dal confessore e gli racconto ciò che era successo alla grotta. Lui
mi dice: ‘Scrivi tutto in un quaderno e conservalo, mostrandolo alla responsabile della Sacri,
affinché sia anche lei una testimone di questo fatto e del miracolo che dovrà verificarsi’. Faccio
ritorno in comunità, scrivo ogni cosa su un quaderno, lo faccio vedere a madre Prisca –
responsabile della Sacri in qualità di presidente – e poi metto il tutto sotto chiave».
I faldoni con i resoconti di quanti erano presenti – e fra loro anche molti
bambini, insieme con numerose autorità religiose, civili e militari – sono
custoditi sia nell’archivio dei francescani, sia in quello della Sacri. Uguali
testimonianze si sono avute anche in anni successivi, sempre il 12 aprile. In
particolare: nel 1982, nel 1985, nel 1986 e nel 1987, per il quarantesimo
anniversario.
6.
I sacrifici
Il mattino seguente, Bruno parlò con Iolanda di ciò che gli era accaduto e
del turbamento che gli aveva provocato. La moglie replicò con semplicità di
fare ciò che gli era stato detto, nel caso che fosse ‘cosa di Dio’; così,
d’istinto, Bruno andò con Isola ad acquistare i dodici agnellini di zucchero
nella pasticceria di via Enna. Prese anche la più bella confezione
disponibile, con un nastro variopinto, e disse alla bambina che era per il
Papa. Intanto rimuginava fra sé sul paradosso della propria vicenda
personale: lui, protestante irriducibile, direttore della Gioventù missionaria
avventista, che aveva comprato un pugnale destinato a uccidere il Papa, si
ritrovava ora a portargli un regalo?
Eppure, dentro di sé sentiva un inspiegabile impulso che lo spingeva ad
adempiere questo compito spirituale, come se volesse vederne gli sviluppi.
Tornato a casa, preparò i bigliettini con le intestazioni scritte a mano,
secondo l’ispirazione che aveva ricevuto:
«1. Redentoristi, via del Teatro Valle: Ai cari figliuoli; 2. Trinitari, piazza Madonna del Popolo alle
Fornaci: Ai cari fratelli; 3. Passionisti, alla Scala Santa: Ai cari fratelli; 4. Francescani, via
Merulana: Ai cari al mio cuore; 5. Gesuiti, via degli Astalli: Ai cari maestri in Cristo; 6. Vaticano,
San Pietro: Alla Santità del Padre; 7. Ortodossi, nei pressi di Santa Maria Maggiore: Ai cari
fratelli; 8. Avventisti, via Pinerolo: Ai miei fratelli cari; 9. Valdesi, via 4 novembre: Ai cari
figliuoli di Dio; 10. Metodisti, via Firenze: A coloro che amano; 11. Pentecostali fratelli, via
Pistoia: Ai ripieni della mia potenza; 12. Pentecostali uniti, via Condotti: Ai ripieni della mia
potenza».
Nell’ingresso dal lato del portone di bronzo, sulla destra del colonnato,
c’erano guardie svizzere e altri gendarmi in borghese:
«Appena dico alla persona dietro il tavolo che ho un pacchetto da consegnare al Papa, mi
circondano tutte quelle persone che stavano nell’atrio, come se fossi un osso da rosicchiare. Isola si
mette paura e piange. Un omone grassoccio la calma, un altro si avvicina a me e dice: ‘Vediamo
questo pacchetto, lo apra’. Lo sciolgo e lo faccio vedere. Uno lo prende tra le mani. Lo odora e mi
dice: ‘Non sarà una bomba?’ ‘No!’ rispondo, ‘è zucchero, lo debbo dare al Papa’. Prende il
biglietto e lo legge, si volta verso di me: ‘Scriva il suo nome, cognome e indirizzo’. Mi da una
penna e scrivo: non volevo far sapere a nessuno chi era che donava gli agnellini dell’unità, ma qui
sono stato costretto a farlo. Agli altri dicevo: ‘Mi hanno incaricato di consegnarle questo
pacchetto’, e tutto era fatto, ma qui al Vaticano che complicazione. Si mettono tutti a ridere,
usciamo dal portone di bronzo e ci dirigiamo in piazza delle Fornaci dai trinitari, facciamo sempre
a piedi scalzi il traforo della Conciliazione e corso Vittorio. Infine via degli Astalli dai gesuiti,
saliamo da piazza Venezia in via 4 novembre e consegniamo l’ultimo agnellino ai valdesi, e
sospirando dico a Isola: ‘È finita, finalmente si torna a casa’».
Fra il 2 e il 3 novembre:
«Siamo stati a visitare il Cremlino, le tre chiese principali d’Ivan il Terribile e della
Annunciazione: è diventato un museo. Tutte le chiese sono musei e non vedi un sacerdote o suora
per la via. Nessun segno religioso, soltanto segni pagani di partito».
E il 4 novembre:
«Missione compiuta a gloria di Dio».
Il 9 gennaio 1970, a cavallo fra il secondo e il terzo viaggio nei tre santuari,
Cornacchiola ebbe una curiosa esperienza. Mentre tornava a casa in
automobile dopo il lavoro, intento a pregare tra sé, a un certo punto invocò
la Vergine affinché intercedesse per lui con lo Spirito Santo e gli
permettesse di dare i consigli giusti a tutti coloro che gli si rivolgevano per
avere conforto e guida. Stava costeggiando il muro di cinta della città
militare della Cecchignola, in uscita da Roma, quando:
«All’improvviso vedo, vicino al secondo palo della luce, sotto la torretta, una donna, tutta vestita
di nero, che mi fa cenno con la mano di fermarmi. La macchina va a buona andatura. Guardo dallo
specchietto retrovisore e dico, fermandomi: ‘Se mi chiama, torno indietro’. Vedo che la donna mi
fa cenno con la mano: ‘Vieni qua’. Metto la retromarcia e torno indietro, fino all’altezza della
vecchietta. Tiro giù il vetro e dico: ‘Nonnetta, cosa vuoi?’ Mi risponde: ‘Devo andare a ringraziare
Chi mi dà tante grazie. Se mi ci vuoi portare mi fai un piacere. Sono tante ore che sto qui, che
aspetto che passi qualcuno. Sei passato tu... Ora portami da Quello che amo tanto’. ‘Ma dove?’
‘Laggiù, dove c’è quel santuario...’ e mi fa cenno con la mano. ‘Va bene, monti’».
Dal lato sinistro, Bruno sentì giungere la voce di uno dei poliziotti:
«‘Ma vuole andare via, sì o no? Non vede che sta impedendo agli altri di passare? Qui, dà
fastidio!’ ‘Che fastidio do... sono appena arrivato. Avete visto che ho fatto scendere una vecchina’.
La guardia che sta a destra si mette a ridere, e quell’altra mi grida: ‘Cammina! Cammina!’ ‘Ma non
avete visto che è scesa una vecchina?’ ‘Ma si vuol levare di mezzo? Sono quasi quarantacinque
minuti che è fermo! Se ne vada, per piacere, altrimenti le faccio la contravvenzione!’ Le guardie,
notando la mia confusione, fanno cenno agli altri di fermarsi. Faccio manovra e vado a casa».
Nella mattinata del 20 luglio 1975, mentre si trovava in preghiera alla grotta
dopo essere rientrato dal lungo giro del terzo viaggio nei tre santuari,
Cornacchiola ricevette dalla Vergine le istruzioni per la consegna delle
piramidi appena realizzate:
«Quattro saranno per l’Ungheria: tre ai santuari-parrocchie dedicati al mio nome ‘Vergine della
Rivelazione’, una alla cappella che si costruirà ai confini con la Russia, secondo i piani già
stabiliti. Tutto sarà fatto per la gloria del Padre, con mio Figlio e lo Spirito Santo, tutto per i miei
piani d’amore e di riconciliazione. La quinta è per Gerusalemme, sarà consegnata al patriarca; la
sesta è per la mia Sacri».
E il 17 settembre 1970:
«Mentre ero in attesa che suonasse la sveglia alle 5, ecco davanti a me un quadro ben distinto. Ho
visto – non posso dire come, perché non lo so neppur io – ma ho visto i piani di Dio, l’uomo creato
per lottare contro Satana e gli angeli decaduti uniti a lui. È stata una grande visione che ancora
tremo, altro che non credere a Dio e non vivere secondo i suoi insegnamenti. È proprio questo che
Satana cercava di fare, convincere il mondo che lui non esiste e che Dio è una invenzione».
E ancora, il 26 agosto 1999, quasi alla soglia della morte, lascerà scritto sul
diario:
«Signore, perché faccio sogni spesso tanto brutti da mettermi spavento: terremoti, maremoti,
assalti d’orde contro pacifici cristiani, stupri, bestemmie e peccati d’ogni sorta? Io grido ‘aiuto’ e
Satana mi prende in giro».
7.
Le profezie
«Un Paolo V lavorò per sistemare politicamente lo Stato. Ora un Paolo VI ci vuole per sistemare la
Chiesa» (8 giugno).
Circa dieci anni più tardi, il 31 agosto 1973, una nuova visione gli apparve
nel dormiveglia:
«Due fronti di uomini che si affrontavano in una guerra accanita. C’ero di mezzo anch’io e cercavo
di aiutare ambo le parti prendendo feriti e seppellendo i morti. Un ferito grida: ‘È finita per noi,
Israele, è finita per noi!’ Domando: ‘Ma chi sono gli altri, se tu sei Israele?’ ‘Sono i nostri fratelli
antichi che non vogliono darci la terra dell’eredità. Ora è finito tutto, noi abbiamo abbandonato
Dio, e Dio a noi!’ Molte bombe cadevano attorno a noi e molti morti».
Quindi aggiunse:
«Ricordando ieri il nostro caro Papa Pio XII e gli incontri avuti, mentre pregavo alla grotta mi è
venuto alla mente Paolo VI, che è malato grave, e ho visto che veniva portato a Roma con
solennità, ma come fu portato Pio XII».
Il 31 luglio 1983, Bruno fece uno dei sogni più intriganti della sua intera
vita:
«Mi trovo in una sala, grande e illuminatissima. In fondo, su una parete, c’era un grande orologio:
guardavo che ora era, tre minuti alle ore 12, ma fuori non si vedeva luce. Allora pensavo fra me e
me: sono le ore 24, cioè mezzanotte. Improvvisamente c’è la Vergine vicino a me che mi sorride e,
come fa una madre col proprio figlio, mi mette una mano sulle spalle e mi spinge vicino
all’orologio. Vedo la sua mano che tocca la lancetta grande e dice: ‘Pregate, si può evitare, questo
segna l’ora della fine. Questo è il tempo per convertirsi e avere la pace’ e mette la lancetta indietro
di quindici minuti. Tutto è scomparso e io piango, sì piango, pensando: ‘Che fine faranno tanti alla
fine?’»
Dopo nemmeno due mesi, all’1.23 del 26 aprile, nella centrale nucleare di
Chernobyl, un centinaio di chilometri a nord della capitale ucraina Kiev, il
reattore n. 4 esplose in seguito alla fusione del nucleo. La nube radioattiva
che ne conseguì giunse fino all’Italia e ai Balcani, lambendo anche la costa
orientale del Nord America. È l’incidente più grave mai verificatosi in una
centrale nucleare, classificato come catastrofico al livello 7, il massimo
nella Ines (la scala internazionale degli eventi nucleari e radiologici
dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica). Il disastro provocò, al
momento, sessantacinque vittime; ma nel periodo successivo morirono circa
diecimila persone per gli effetti diretti dell’irraggiamento, altre decine di
migliaia svilupparono tumori innescati dalle radiazioni e per alcuni mesi
numerosi prodotti alimentari, verdure e latte in particolare, risultarono
contaminati.
Il 18 luglio del 1992, mentre si trovava nella casa della comunità sul
promontorio del Circeo, a sud di Roma, Bruno vide la Vergine mostrargli
una grotta di pietra e un luogo dove desiderava la costruzione di una
cappella intitolata alla Vergine della Rivelazione, Madre degli incurabili;
aggiunse che «il segno sarà un fuoco»:
«[il 26 agosto] tutto il parco del Circeo in vari punti ha preso fuoco. Avanzavano, verso l’alto,
verso di noi; un forte vento portava il fuoco vicino casa. Noi e altri con l’acqua ed estintori, poi
aerei, pompieri e il fuoco si estende sulla montagna verso i paesi del promontorio».
L’ultima premonizione segnalata a chiare lettere si riferisce alla nottata fra il
27 e il 28 luglio 1993, quando il veggente sogna «san Francesco sotto la
basilica di San Giovanni che mi chiama per aiutarlo a reggere la chiesa. San
Francesco mi incoraggia di sostenere con lui la chiesa. Mi metto spavento
perché crollò quasi tutta». È da ricordare che dinanzi alla cattedrale romana,
sulla piazza di Porta San Giovanni, c’è il monumento a san Francesco
d’Assisi inaugurato nel 1927 in occasione del settimo centenario della
morte del santo. Al risveglio, ascoltando la radio, Bruno scopre che in
piazza di San Giovanni in Laterano, proprio fra il lato destro della basilica e
l’ingresso del Vicariato, era appena esplosa un’autobomba.
La sera del 22 maggio 1950, una rondine si posò sulla spalla destra di
Bruno, in preghiera nella grotta, e rimase lì come imbalsamata. In quel
momento gli apparve la Vergine:
«Ecco un segno. Questa rondinella ora dorme. Prendila e custodiscila. Nel giorno che andrà via è il
segno che avrà inizio qualcosa di grande nel mondo».
Il 9 agosto commentò:
«Non posso riposare, da quando la rondinella ha preso il volo per me la vita è tutta tesa alla
penitenza».
Ancora più bizzarra risulta un’altra vicenda, scandita in tre tappe, fra luglio
e settembre del 1971. Nella notte del 31 luglio
«ho fatto un sogno assai curioso. Ho visto una persona che mi parlava delle anime purganti e che
aveva avuto bisogno di aiuto, come le anime hanno aiuto da noi perché sono nel bisogno. E
dicendo questo mi consegna tre teschi e mi dice: ‘Ecco quelli che hanno bisogno e che ti
aiuteranno non solo a meditare la morte, ma anche a sopportare sofferenze che verranno. Saranno
terribili, ma questi tre ti aiuteranno a vincere’. Prendo i tre teschi e prego per loro poverini perché
sento in me che hanno molto bisogno di preghiere. Vorrei farli parlare e partecipare alla vita che
faccio ogni giorno. Vorrei sapere chi sono, ma mi sveglio sotto una tremenda impressione».
Infine, il 7 settembre,
«ancora un sogno per le anime del purgatorio. Mi si presentano tre personaggi e mi parlano al
cuore dicendomi: ‘Noi siamo i tre a cui appartiene il teschio di cui tu ora sei il tenutario’. Parlava
uno solo per tutti e tre. ‘Noi siamo entrati in paradiso e siamo nella gloria dei Cieli, si è tanto
sofferto e penato fino a che non abbiamo avuto sul nostro teschio i berretti benedetti e le molte
preghiere’».
8.
La dottrina e il clero
3. Maria ci vuole ubbidienti. «Ubbidite alla Santità del Padre, alla Chiesa e
alla sua gerarchia, se volete vivere la via della verità per la vita presente e
futura e la vera pace nel cuore. Fate tutto quello che lui vi dirà, ritornate alla
fonte viva dell’Evangelo, tramite il sacerdote che è mio Figlio Gesù
Cristo».
5. Maria, Madre di Dio, ci consiglia. «Siate come questi fiori che Isola ha
stroncato: non si lamentano, tacciono, non si ribellano! Questo è per vivere
l’umiltà e l’amore, aiutate tutti, perché il Cielo vi aiuti tutti».
D’altronde Cornacchiola non faceva altro che ripetere i concetti che per
decine di volte aveva ascoltato dalla Vergine della Rivelazione, come per
esempio sintetizza il messaggio del 1° gennaio 1985:
«La Chiesa è stata fondata per salvare nella fede operante e ubbidiente: amatela e vivetela con
amore! Chi è fuori e odia non si salva; chi è dentro e ama riceve aiuti per la salvezza! Ricordatevi
che la Chiesa fondata da mio Figlio – che è Dio, e non lo dimenticate – è il mezzo per la salvezza,
e non è antropologica: non cambia, non è soggetta al tempo che trasforma e consuma. La Chiesa è
e resta la via della salvezza: o si accetta come è, oppure non si accetta. Non si può fare, nella
Chiesa, la chiesa. O dentro, e viverla; o fuori, e combatterla! Il Regno di Dio che è nella Chiesa è
unione di amore e carità! Sappiate, figli, che la carità non è Dio, ma Dio è carità. Così la carità non
è la Chiesa, ma la Chiesa è carità, perché è divina! Pregate e fate penitenza nel compiere il vostro
dovere con umiltà e semplicità. Lo ripeto perché ubbidiate: e sarete uniti nell’amore e nella pace
vera e santa!»
E ancora:
«Figli, ascoltate la Chiesa, autorità visibile, e con umile ubbidienza servitela nella verità! Contro di
essa, Satana non può far nulla, perché è divina; ma contro le anime che vivono in essa può molto;
anzi, presenterà il male sotto la veste morale, religiosa, politica e sociale! Verranno colpite le
famiglie, specialmente trascinandole nell’indifferentismo e nell’incredulità; oppure a una esagerata
forma di pietà devozionale rasentante l’idolatria! Questo è il male dei tempi in cui voi vivete, figli
miei cari al nostro Cuore! È il male dilagante di ogni male nel tempo passato riunito nel tempo
presente sotto ogni forma! Voi avete la terribile responsabilità di scegliere: o Dio o il mondo con
tutte le sue mire ingannatrici!»
Le preghiere e la pace
«Figli miei, è tempo di penitenza, è tempo di digiuno, è tempo di preghiera. Pregate e non crediate
che la preghiera sia un’azione oziosa, come tanti vanno dicendo: la preghiera è azione d’amore,
sottomettendo la propria volontà alla volontà di Dio». Nell’Epifania del 1972, l’accorato appello
della Vergine riporta alla mente di Cornacchiola quanto aveva ascoltato nella prima apparizione:
«Non dimenticate il rosario, che molto coopera alla vostra santificazione; le Ave Maria, che voi
dite con fede e amore, sono tante frecce d’oro che raggiungono il Cuore di Gesù! Il giuramento di
un Dio è e rimane eterno, è uno e stabile. Ti hanno salvato i nove venerdì del Cuore sacrato di
Gesù, promessa divina, che tu facesti prima di entrare nella menzogna e farti nemico di Dio».
Nella domenica delle Palme del 1948, mentre Bruno stava pregando nella
chiesa d’Ognissanti, gli apparve nuovamente la Vergine della Rivelazione.
Questa volta però aveva nelle mani la corona del rosario e subito gli disse
che
«è il momento che ti insegno come si recita questa cara e santa preghiera. Come ti dissi che sono
frecce d’amore e d’oro che raggiungono e arrivano al cuore di mio Figlio Gesù Cristo, morto per
voi e per chi crede in lui e cammina nella vera Chiesa. I nemici cercheranno di dividerla, ma la
preghiera che dite con fede e amore la tiene unita, nell’amore del Padre, nell’amore del Figlio e
nell’amore dello Spirito Santo».
È proprio al tema della pace, nel mondo e nei singoli cuori, che è
particolarmente legata la pressante richiesta di preghiera da parte di Maria.
E in favore di questa pace la Vergine della Rivelazione si è spesa in
molteplici modi, indicando anche alcune azioni da compiere, come è tipico
delle apparizioni mariane (spesso però disattese da quanti hanno la
responsabilità ecclesiastica).
Il 4 giugno 1964 dettò al veggente una richiesta alla quale non è stato dato
alcun seguito (anch’essa dispersa nell’archivio segreto della congregazione
per la Dottrina della fede e probabilmente ignota al Papa):
«Voglio per tuo tramite far conoscere il mezzo che serve per salvare dal diluvio di fuoco l’umanità,
ma sempre dietro ubbidienza e carità. Proprio per mezzo della carità, vera àncora di salvezza, è la
consacrazione di tutto il genere umano al Cuore divino di Gesù Cristo, mio diletto Figlio, e al mio
Cuore immacolato. Tale consacrazione non si deve fare con la separazione dei Cuori, ma restino
uniti, quello di mio Figlio e il mio, nella unità di amore. Affinché tale consacrazione riesca nella
sua validità, e il mondo passi dal profano al divino, deve essere consacrato come ti dico io. La
consacrazione fatta con fede e amore nella carità sarà per l’umanità una vera e reale
transustanziazione eucaristica, sarete ostie offerte per il bene di tutti i viventi sulla Terra! Così e
solo in tal modo l’umanità legalmente sarà consacrata, per mezzo di coloro che ne sono i
responsabili della vita terrestre. Tale consacrazione vi farà diventare tutti di Dio, anzi divinizzati
nella carità celeste. Questo darà la pace vera al mondo».
1. Dov’è la carità? Quali sono i frutti dell’amore? Duri, sono di callo duro,
in tutti i secoli; specie i pastori del gregge che non fanno il loro dovere.
Troppo mondo è entrato nella loro anima per dare scandalo al gregge e
sviarlo dalla via, verità e vita.
«L’anno che verrà, il 1999, sarà un anno di stretta e di dolori, come è inquinata la Terra e i suoi
elementi per colpa dell’uomo. Ricorda che ti dissi ‘la scienza rinnegherà Dio’ ed è quello che sta
facendo. Così i miei figli hanno inquinato la sorgente della vita dell’anima spirituale».
2. La Chiesa tutta subirà una tremenda prova, per pulire il carname che si è
infiltrato tra i ministri, specie fra gli Ordini della povertà: prova morale,
prova spirituale, per il tempo indicato nei libri celesti.
«Questo male si infiltrerà nei cuori, specialmente nei cuori dei miei figli sacerdoti. [Quelli che lo
professano] sono pochi, ma agguerriti, e fanno di tutto per discreditare i tre punti base della
salvezza, che già te ne parlai: l’Eucaristia, l’Immacolata e la Santità del Padre, che sono la base
della dottrina della salvezza. Vi è una superficialità devozionale, solo riguardo a interessi materiali.
«Ecco perché manca l’amore, il coraggio di vivere Cristo come egli ha insegnato agli apostoli,
fondamento della verità. Ecco perché [i miei figli sacerdoti] decadono, perché sono nel fango
dell’orgoglio. Si credono sapienti di sapere ogni cosa e non sanno nulla, perché parlano di cose che
dovrebbero tacere, e non parlano della salvezza delle anime.
«Figlioli miei, siete giunti in una situazione cruciale: parlate di tutte le religioni e il gregge aderisce
sbandandosi, perché voi sparlate della dottrina di salvezza delle anime. Per questo periscono! Ma
io sono mandata dalla Trinità per aiutare voi a salvare le anime».
3. Sacerdoti e fedeli saranno messi in una svolta pericolosa nel mondo dei
perduti, che si scaglierà con qualunque mezzo all’assalto: false ideologie e
teologie!
«Un castigo vi verrà improvviso dall’oriente. Costoro riceveranno forza di persuasione di essere
dèi e di poter soggiogare coloro che essi chiamano ‘infedeli’. Questo avverrà molto presto.
«Ma l’anno 1999 è l’anno dei dolori e degli assalti del nemico rafforzato da coloro che hanno il
potere di esorcizzare. Potevano farlo per allontanare tale male, ma non l’hanno fatto; e le anime
sono sovrastate dal male di molti di coloro protetti da voi, perché preparate le anime alla
perdizione e non alla salvezza, perché non propinate la verità, ma le false dottrine eretiche e
idolatriche, che negano la vera fede per difendere le false fedi che portano alla perdizione.
«Cari figli, è una Madre che ve lo dice: scrutate il vostro spirito; se c’è del male, fate di tutto per
gettarlo fuori e allontanarlo da voi; se c’è il bene, vivetelo, ricordando sempre che Dio è presente
in voi, fino al giorno del giudizio particolare.
«Ecco perché vi dico: pensate alla realtà della vera vita che vi attende nel futuro; e con la presente
fate del tutto per guadagnare i meriti per entrare nella porta stretta della vita eterna. Abbiate in voi
il coraggio della fede, la serenità dello spirito per vivere la vera pace e dare la pace. Questo si
ottiene nella vera fede e nel vero amore.
«La pace e l’amore non sono basati sulla vita umana, ma sono basati sull’umano che vive la fede e
l’amore per vivere nell’amore la vera fede, il vero amore nella vita divina.
«Leggi e scrivi quello che ti dissi a proposito dell’assalto dei nemici, aiutati da coloro che sono
nella Chiesa ma non sono per la Chiesa perché non la vivono».
14 agosto 1999
Oggi, 14 agosto 1999, mentre mi trovo a letto, nella mia stanzetta di Casa
‘Vergine della Rivelazione’ in San Felice Circeo (Latina), mi sento
chiamare e riconosco la voce della Vergine della Rivelazione, nostra Madre
cara. Apro gli occhi e la vedo davanti a me. Sono le 2 del mattino. Per
essere sicuro che sia veramente lei, mi faccio il segno della croce.
La Vergine mi guarda sorridente e mi dice: «Vieni! Ti mostrerò qualche
cosa che devi vedere e rifletterci sopra». Con la Vergine santa mi trovo su
un alto monte. Mi dice: «Guarda!».
Guardo e vedo una moltitudine di gente indaffarata come formiche, che va
e viene, si affatica, è stanca... Qualcuno cade a terra, e vedo che si scagliano
l’uno contro l’altro, colpendosi, e sento anche le loro voci eccitate, irose,
che bestemmiano e si accusano l’uno contro l’altro del male che c’è nel
mondo. Alcuni hanno in mano armi speciali, si fanno guerra. Vedo sangue,
morti in ogni dove... Improvvisamente sento tremare la terra sotto i miei
piedi... mi agito... mi spavento...
La Vergine mi dice: «Non temere. È un terremoto, segno di richiamo per
tutto il mondo». Chiedo: «Sono segni di richiamo alla conversione? Sono
segni di richiamo alla dottrina e allo spirito di verità che hanno
combattuto?». La Vergine mi risponde: «Sono sordi e stolti! Vedono i segni
che sono un richiamo, ma non riflettono sopra questa realtà. Tu prega e
offri».
La Vergine mi fa vedere religiosi e religiose, sacerdoti, vescovi, cardinali
e mi dice: «Vedi, questi stolti negano Dio uno e trino, e si fanno
orgogliosamente, essi stessi, dio. Questa corruzione, questo male spirituale
è per soddisfare il loro dio e per il loro bene materiale. Fanno il male e non
riescono a fare il bene, perché il male si è inserito e immedesimato nel loro
spirito. Sono fuori di mente e camminano su una via sbagliata; non hanno
fede e non credono, pur credendo di credere. Mi rivolgo ai miei figli
sacerdoti. Cari figli, fate capire da dove viene la vita; chi è sulla Terra da
dove prende la vita; da dove prendono la vita gli uomini che vivono su
questa Terra. Sì, cari figli, fate conoscere da dove viene la vita che vivono;
vita che ha avuto un principio, che è stata donata da Chi non ha avuto
principio, perché Dio è vita eterna, sempre esistita, che dona la vita e
l’esistenza. Fate capire da dove viene l’esistenza: dall’esistenza che esiste,
esistenza eterna che è Dio, che ha dato la vita che esiste. E ora c’è un fine
per tutto. E la vita in Tutto (Dio) riprende vita».
Mentre la Vergine parla, sento delle alte grida incomprensibili di gente
piena d’ira e assetata di sangue, e vedo il sangue scorrere come acqua nei
ruscelli.
«Figli miei, sappiate che il diavolo, o fa di tutto per non far credere che
esiste, oppure si presenta succube dell’eterno amore, e fa passare Dio per
cattivo, e lui, il maligno, si presenta buono, convincendo che non è cattivo
lui, ma è Dio il cattivo e il geloso; e lo dipinge e lo presenta in modo
disonesto. Attenzione, allora! Pregate e praticate la dottrina della verità per
fuggirlo e non ascoltarlo; e pregate che il Cielo vi aiuti a vincerlo con la
spada della verità dottrinale. Gesù, mio Figlio, lo ha sconfitto. E non può
più regnare e fare un regno per conto suo, come aveva deciso; ma è stato
sottoposto alla forza di Dio, pur lasciandogli il Signore libertà nelle sue
azioni, che sono limitate e non possono andare oltre le vostre forze, oltre la
volontà di Dio. Non rigettate le cose sante antiche! E non provocate scismi!
Ma lavorate e pregate per l’unità e non per l’unione! Ricordatevi, figli miei,
che amare tutti non è fare quello che fanno gli altri, che vivono di errori, di
idolatria e di eresia. Queste cose sono da rigettare per non cadere sotto il
giudizio di Dio, perché un giorno sarete tutti giudicati. Molti hanno perduto
questo concetto di verità e non si accorgono che camminano e vi fanno
camminare sulla falsa via, lontano dalle idee sostanziali della dottrina».
La Vergine continua a parlarmi: «Molti miei figli sacerdoti hanno perduto
la dignità dell’Ordine, non vivono più l’onestà e l’amore, non fanno più
catechesi per insegnare alle anime: da dove viene l’esistenza che esiste?
Perché c’è un fine a tutto? Perché l’uomo muore? Cari miei figli, fate capire
che l’uomo ha un’anima da salvare e l’anima continuerà a vivere
eternamente. Non dimenticate le quattro cose più semplici, che voi
chiamate ‘i novissimi’, e insegnatele agli altri: che cos’è la morte, che cos’è
il giudizio, che cos’è l’inferno, che cos’è il paradiso. Come sarà l’eternità. Il
Verbo mio Figlio Dio, che è via, verità e vita, ve l’ha fatto conoscere, ma
molti di voi, per filosofia o per falsa scienza, negano la verità e non la fanno
conoscere alle anime assetate di verità, che vanno alla ricerca dell’acqua
della grazia, ma incontrano le acque velenose che non dissetano, ma
uccidono le anime. Voi avete questa responsabilità, figli miei!
«L’inferno c’è! Non voluto da Dio! È luogo di condanna per chi vive la
pazzia di essere senza eternità e non vive l’eternità che è Padre e non
padrone. Non negate l’evidenza! C’è il Regno eterno! È il Regno che
l’uomo perdette e che l’uomo dovrà riconquistare; e voi, cari figli miei,
sapete come, dove e quando. Come: osservando la legge dell’amore,
evitando la legge della giustizia. Dove: nella vera Chiesa fondata da Gesù
Verbo eterno sulla pietra-Pietro e gli apostoli. Quando: Gesù si è fatto uomo
per voi e voi dovete farvi Gesù per salvarvi e salvare le anime. Io sono
dall’eternità costituita sua Madre; e sarò Madre anche per voi se ubbidirete
ai suoi decreti di dottrina e ai suoi sacramenti, che ora molti di voi tengono
troppo nascosti per egoismo, o per incuria, o per cattiveria, per condurre
l’uomo su una via, ritenuta vera, di errori, di eresie e di chimeriche illusioni
di salvezza umana.
«Occorre l’unità d’amore, occorre l’unità di dottrina, occorre l’unità di
pensiero e di azione! È questa unità che vi manca e vi fa agire da ciechi per
essere guida di ciechi, e la Parola, ricordatevi, dice che la guida e il seguace
ciechi cadranno nel fosso; e il fosso è la perdizione, l’inferno. Non cambiate
la legge dello spirito, della vita spirituale! Molti di voi hanno fatto delle
leggi umane che non hanno alcun valore per la salvezza dell’umanità,
perché sono argomentazioni filosofiche; e ve ne sono tante che passano per
dottrina di verità e di salvezza, e non lo sono. La legge di Dio uno e trino,
Creatore, Salvatore, Santificatore, è la verità che Dio stesso fatto uomo ci
ha dato, e che l’uomo, pazzo di orgoglio, superbia e presunzione, nega.
Nega la verità e agisce facendo tutto in vista della Terra, negando i mezzi
per evitare il peccato e raggiungere il Cielo.
«Figli miei sacerdoti, sappiate che le anime non vivono solo per la Terra e
in vista di essa. Oggi la Terra, dopo la caduta, continua famelica a ingoiare
le anime per colpa degli angeli decaduti per superbia e mancanza d’amore
verso Dio, loro Creatore. Le anime, ricordàtelo sempre, vivono eternamente
e hanno quello che gli angeli decaduti non possono ottenere perché sono
spiriti: la vita eterna, o il pentimento, o la conversione. Questo, gli angeli
decaduti non possono ottenere.
«In voi, cari miei figli, la via della salvezza sia integra, integra sia la fede,
integra la morale religiosa. Ecco perché il Verbo, Dio fatto uomo, nato da
me Madre di Dio, ha dato alla Chiesa i mezzi di salvezza, che sono un
grande patrimonio dottrinale, perché gli uomini devono conoscere per
mezzo della Chiesa la vita, la verità e quale via devono seguire per amare
Dio e il prossimo, per servire Dio come egli ha stabilito, e non come
credono gli uomini di fare per servirlo odiando il prossimo.
«Figli miei, non dimenticate che l’uomo ha bisogno di essere salvato, e
voi avete assunto lo spirito di mio Figlio per trasmettere la dottrina della
salvezza che vi ha lasciato per vivere sempre la verità di salvezza per Dio e
in Dio e con Dio. L’uomo, per un atto d’orgoglio, ha lasciato tutto questo;
ma Dio, che ama l’uomo di buona volontà, è stato sempre vicino alla sua
creatura con atti d’amore e di misericordia, e continua a richiamarlo
sempre, in ogni modo e maniera; e l’uomo non deve dimenticare la giustizia
eterna. Ricordate, ve lo ripeto: Dio non ha creato l’inferno, ma è il diavolo
che si è precipitato in un luogo che voi chiamate inferno. È luogo di
condanna e Satana, con lo stesso suo spirito d’orgoglio, tenta l’uomo e lo
porta con sé nel luogo da lui preparato per vivere lontano dalla vita vera,
che è la gloria e l’onore di Dio uno e trino. È questo che Dio ha voluto e ha
compiuto per mezzo di mio Figlio Verbo Dio: la morte della morte, dando
vita a chi con lui muore, e a chi con lui vive la vita acquistata per dare
l’eternità d’amore.
«Figli miei sacerdoti, chi crede in Dio uno e trino Creatore, Salvatore,
Santificatore, crede che c’è una sola vita, una sola dottrina, una sola
salvezza: credete a Cristo, mio Figlio, che scelse dodici uomini che chiamò
apostoli, eleggendone uno come pietra e su questa pietra-Pietro fondò la sua
Chiesa, vera via della verità per donare per mezzo vostro la vita. Se voi non
credete, e per colpa vostra altri non crederanno, andrete per tutta l’eternità
in quell’inferno che esiste ed è reale.
«Quanti hanno tentato, prima del Verbo fatto uomo, di fondare delle
chimeriche chiese, che non hanno apportato un bene all’umanità ma un
male continuo, perché sono soltanto luoghi di riunioni materialistiche; e
quanti – dopo la venuta del Verbo Dio mio Figlio, che in vista della sua
venuta per mezzo mio mi ha creato già nella salvezza perché io dessi Dio
fatto uomo che è la salvezza – hanno costruito le loro eretiche, false,
idolatriche chiese, cioè gruppi riuniti, guidati dallo spirito del male! Molte
religioni sono state inventate e si fanno passare per religioni spirituali,
mentre sono inventate e hanno una base materialistica, atea, filosofica. Sono
luci spente che non illuminano nessun sentiero, tanto meno la via della
salvezza, ma fanno vivere la via del mondo e per il mondo.
«Quanti non credono all’Aspettato delle genti, che è venuto secondo i
piani dell’economia divina, come detto dai profeti e dai santi padri. E hanno
perduto tutto! Tutto quello che Dio aveva dato loro per ricevere il Messia,
cioè la fede per ricevere la grazia; e hanno perduto la grazia e con essa la
salvezza. Dio, cari miei figli, non solo vi ha dato la vera fede, ma con essa
la Chiesa, unica via di salvezza, che voi, catechisticamente parlando, l’avete
contrassegnata, ed è realtà: una, santa, cattolica e apostolica con Pietro
romano Pontefice.
«Ubbidite alla verità, ubbidite alla Chiesa, figli miei, e sarete assunti in
Cielo, Regno eterno di gloria e d’amore, per poi alla risurrezione essere
viventi nella gloria divina per tutta l’eternità, come il Padre, come il Figlio e
come lo Spirito Santo hanno disposto nel cosmo intero. Pregate e amate
vivendo l’amore di Dio, carità santa nella santità d’amore».
Mi ritrovo seduto sul letto e suona la sveglia. Sono le 2.30. Dico tra me:
ma guarda che sogno sono andato a fare! Sento la Vergine che mi dice: «È
una realtà. Scrivi, medita e sottoponi a chi di dovere». Piango per diversi
giorni perché ciò che la Vergine mi ha detto mi addolora, mi dà pena e mi fa
molto soffrire. Prego, amo e perdono.
13 marzo 2000
Oggi, 13 marzo 2000, dopo una lunga lotta con Satana che mi diceva:
«Quanto sei stupido, non fare il cretino, lascia tutto, distruggi quello che hai
scritto, che non ti serve a niente», e parole d’offesa e tentazioni
innominabili; poi con sarcasmo mi dice: «Suona pure il campanello».
Intingo il dito nell’acqua santa, sento una risata e mi metto a pregare, penso
alla Vergine cara che mi venga in aiuto, sento la sua voce inconfondibile
che mi invita a scrivere. Guardo l’ora, sono le 00.45. Ora sono qui che ho
scritto quello che è successo e attendo.
«Figlio mio, questo che ti dirò lo aggiungerai al messaggio del 14 agosto
1999 che ti diedi a San Felice. Figli e figlie miei carissimi, sacerdoti,
religiosi e religiose, è una Madre che parla e spero con l’aiuto dello Spirito
Santo mi ascoltate. È un Cuore di Madre che vi fa riflettere su una presente
situazione deleteria: è scomparso quasi del tutto l’abito talare e quello
religioso, specialmente dalla parte maschile. Oggi, carissimi, vi parlo
perché è venuta a formarsi una situazione gravosa sotto tutti i sensi. Vi
richiamo a tornare a rivestire l’abito, perché il fedele non sa più a chi
rivolgersi nel bisogno spirituale. Avete fatto scomparire il vero segno
esterno, è diminuito in voi anche quello interno, ora il segno che vi
distingueva tra i fedeli che credevano, così facendo avete distrutto la loro
fede in Dio e la fiducia in voi, e non hanno più la forza per vincere il
mondo, Satana e se stessi.
«Voi, la categoria angelica e santa, vi siete dati al mondo e il mondo ha
preso dimora in voi. Ritornate alla semplicità religiosa e consacrata. Voi
siete santi per unzione e vi state perdendo per presunzione infernale. Il
vostro dovere è missionario, siete nel mondo ma non del mondo che è sotto
la potestà satanica permessa da Dio. Il mondo attende da voi la messa in
opera della missione che mio Figlio vi ha affidato. Vivete Cristo, voi sapete
ma non volete portare il peso per salvare gli uomini. La croce è pesante
perché la portate senza mio Figlio, il Verbo fatto uomo che prese carne in
me sua Madre immacolata. Gesù vuole che voi siate fiamme ardenti di
giustizia e d’amore, affinché prepariate i cuori al suo ritorno per giudicare.
Convertitevi e convertirete le anime a voi affidate, vivete Cristo nella sua
Chiesa una, santa, cattolica, apostolica e romana e sarete di Cristo in
ubbidienza e amore ai tre punti di fede, luce e carità: l’Eucaristia,
l’Immacolata e il vicario di Cristo successore di Pietro.
«Figli miei, la salvezza non è riunire tutte le religioni per farne un
ammasso di eresie ed errori, ma convertirvi per l’unità di amore e di fede.
Non si può costituire una chiesa, perché la Chiesa è già costituita, per
accogliere il pentito che è nell’errore e nell’eresia. Gli uomini devono
vivere la Chiesa, e non la Chiesa vivere di loro. Gli uomini devono essere
persuasi della verità. Se voi tentennate, o vi spogliate, o non siete più in
odore sacerdotale e avete perduto la sostanza della dottrina, nessuno vi
ascolterà più, ma abbandonando la Chiesa vanno nelle assemblee di
capanne eretiche, idolatriche. Fate attenzione ai cuori falsi, pregate e
insegnate la verità, per convertirli e salvarli dalle grinfie sataniche,
mondane o carnali, portandoli nella via della verità per ottenere la vita data
da Cristo che con umiltà e pazienza ha pregato stando sulla croce il Padre
perché, se chiedono perdono, li perdoni in virtù del suo Sangue, non
vedendo la loro prima ignoranza: ‘Perdona loro, perché non sanno quello
che fanno’. Cioè non hanno riconosciuto in Cristo uomo il Verbo Dio fatto
uomo. La dottrina della Chiesa è di Cristo, il Verbo mio Figlio, e io sono
Madre della Chiesa. Non cambiate la dottrina, ma cambiate i vostri cuori a
vivere essa dottrina per la salvezza vostra e del prossimo che attende
impaziente il vostro ritorno alla fonte pura dell’Evangelo».
11.
Il futuro
Sulle lastre di marmo del pavimento di San Pietro, proprio dinanzi all’altare
della Confessione, Cornacchiola aveva individuato «due figure di
antagonisti della Chiesa, l’islam e la Russia». Un’immagine che continuò
sempre a mostrare a quanti accompagnava in visita alla basilica, e che in
uno dei suoi realistici sogni illustrò anche a Giovanni Paolo II: «Gli spiego
che la Chiesa sarà combattuta in senso religioso e politico».
In effetti, sin dal primo messaggio del 12 aprile 1947, la Vergine della
Rivelazione gli profetizzò due eventi ancora spalancati sul futuro:
«Momenti duri si preparano per voi, e prima che la Russia si converta, e lasci la via dell’ateismo, si
scatenerà una tremenda e grave persecuzione».
«Vi saranno giorni di dolori e di lutti. Dalla parte d’oriente un popolo forte, ma lontano da Dio,
sferrerà un attacco tremendo, e spezzerà le cose più sante e sacre, quando gli sarà dato di farlo».
Si tratta della medesima sequenza che vide, anch’egli in uno dei suoi
profetici sogni, san Giovanni Bosco, con l’immagine di una nave
raffigurante la Chiesa, guidata da un timoniere che è il Pontefice, al centro
di un nugolo di navi in procinto di combattere:
«In mezzo all’immensa distesa del mare si elevano dalle onde due robuste colonne, altissime, poco
distanti l’una dall’altra. Sovra di una vi è la statua della Vergine immacolata, ai cui piedi pende un
largo cartello con questa iscrizione: Auxilium christianorum (aiuto dei cristiani); sull’altra, che è
molto più alta e grossa, sta un’ostia di grandezza proporzionata alla colonna e sotto un altro
cartello colle parole: Salus credentium (salvezza dei credenti). [...] Il Papa sta al timone e tutti i
suoi sforzi sono diretti a portar la nave in mezzo a quelle due colonne, dalla sommità delle quali
tutto intorno pendono molte ancore e grossi ganci attaccati a catene. Le navi nemiche si muovono
tutte ad assalirla e tentano ogni modo per arrestarla e farla sommergere. [...] E scoppiano intanto i
cannoni degli assalitori, si spezzano i fucili, ogni altra arma e i rostri; si sconquassan molte navi e
si sprofondano nel mare. Allora i nemici furibondi prendono a combattere ad armi corte; e colle
mani, coi pugni, colle bestemmie e colle maledizioni».
In questo momento
«il Papa, colpito gravemente, cade. Subito, coloro che stanno insieme con lui corrono ad aiutarlo e
lo rialzano. Il Papa è colpito la seconda volta, cade di nuovo e muore. Un grido di vittoria e di
gioia risuona tra i nemici; sulle loro navi si scorge un indicibile tripudio. Sennonché, appena morto
il Pontefice, un altro Papa sottentra al suo posto. I piloti radunati lo hanno eletto così subitamente,
che la notizia della morte del Papa giunge colla notizia dell’elezione del successore. Gli avversari
incominciano a perdersi di coraggio. Il nuovo Papa, sbaragliando e superando ogni ostacolo, guida
la nave sino alle due colonne e, giunto in mezzo a esse, la lega con una catenella che pendeva dalla
prora a un’àncora della colonna su cui stava l’ostia; e con un’altra catenella che pendeva a poppa la
lega dalla parte opposta a un’altra àncora appesa alla colonna su cui è collocata la Vergine
immacolata».
Di questo racconto del santo torinese, fondatore dei Salesiani, Bruno non
seppe nulla fino al 10 marzo 1988, quando scrive sul diario:
«Oggi il padre Giuliano è ritornato per la confessione prima di Pasqua e mi ha portato degli articoli
pubblicati su Lepanto che parla di san Giovanni Bosco con le sue profezie che io non ancora
conoscevo e la Vergine mi ha parlato di questo nel messaggio per il Papa».
E il 28 agosto 1989:
«In sogno ho visto il Papa che era andato in una località e tutti gridavano: ‘È morto’».
Nel corso degli anni, ulteriori flash si sono andati via via sommando. Non
c’è bisogno di proporre particolari spiegazioni o interpretazioni: la forza
delle parole del veggente prorompe spontanea nella sua cruda essenzialità.
Qui di seguito i dieci sogni dal contenuto più rilevante.
11 marzo 1970: «Che nottata brutta ho passato. Un sogno mi ha tenuto in
apprensione tutta la notte. Il Papa circondato da cardinali e vescovi che
gridavano verso di lui dicendogli parole rivoluzionarie: ‘Non vogliamo
vivere una vita imposta, ma liberi e praticare la religione a nostro piacere e
sistema locale’. Il Papa gridava piangendo: ‘No, non è possibile sostituire
con culti pagani il culto di Cristo, la Chiesa ha lottato molto per abbattere
l’ateismo e l’idolatria’. Il Papa viene preso e scaraventato dentro un pozzo».
27 marzo 1977: «Morti, carceri, flagellazioni e dolori, tanti morti, tanto sangue per le strade, tutti
contro i cristiani che credono e amano i tre Punti bianchi: l’Eucaristia, l’Immacolata e il Papa. Chi
non rinnegava questi tre Punti veniva preso e fatto soffrire e ucciso. Questo ho visto in sogno e
questo mi ha fatto molta impressione».
21 settembre 1988: «Quello che ho sognato non si avveri mai, è troppo doloroso e spero che il
Signore non permetta che il Papa neghi ogni verità di fede e si metta al posto di Dio. Quanto dolore
ho provato nella notte, mi si paralizzavano le gambe e non potevo più muovermi, per quel dolore
provato nel vedere la Chiesa ridotta a un ammasso di rovine».
1° gennaio 1990: «Gli uomini di Dio, coloro che sono chiamati a salvare gli uomini, incontreranno
degli impedimenti per compiere il proprio dovere; e non parleranno di Dio, di Gesù Cristo, né dello
Spirito Santo. Non potranno parlare neppure di me, che sono vera Madre di Dio, vera Sposa di
Dio, vera Figlia di Dio. Saranno impediti; e non potranno parlare dei sacramenti, né dei
sacramentali. Coloro che parleranno di queste cose saranno martirizzati, moralmente e fisicamente,
e diventeranno veri confessori di Gesù Cristo».
4 gennaio 1992: «Signore, tu mi hai fatto vedere una volta, ai primi tempi
della grazia ricevuta, sacerdoti in fila che entravano nella chiesa di San
Marcellino in via Merulana e ne uscivano in borghese. Ora me li mostri in
talare, ma sono gli uni contro gli altri. Cristiani che si combattono perché
non hanno più un capo che li guidi».
Cornacchiola ha una dolorosa visione interna,
9 maggio 1993: «ancora sangue in terra vedo e tutti trucidati e fatti a pezzi»
e l’ispirazione per questa poesia intitolata La profezia:
«Piazza San Pietro stracolma di gente / sul sagrato c’è il Papa e cardinali, / vescovi, religiosi come
niente, / preti in borghese come criminali! / Il Papa parla, non stanno in ascolto: / ‘Figli miei è
giunto il momento / di elevare i cuori e sia accolto / da Dio il nostro vero pentimento’. / Tutti
ridono e alzano le mani / dondolando gridano: ‘Or ci siamo’, / scandali a San Pietro sono immani! /
Il Papa piange, grida: ‘Non ci amiamo, / la salvezza la teniamo ben lontano, / fuori dalla Chiesa
non ci salviamo!’»
30 agosto 1993: «Ho sognato che una squadra di delinquenti voleva prendere d’assalto San Pietro
mettendo cariche di dinamite. Io li pregavo di non farlo, ma essi mi prendono e mi legano sopra
una mina e dovevo saltare con quella. Pregavo, imploravo: niente. Vengo liberato dalla Vergine e
vado dal Papa per dirgli il pericolo che sta passando. Tutti ridono, nella stanza c’erano cardinali».
16 dicembre 1995: «Si sta preparando un qualcosa di grave contro coloro che seguono Cristo, altro
che olocausto, saranno schiacciati e scacciati per colpa di coloro che hanno occhi e non vedono,
orecchie e non sentono, bocca e non parlano e lasciano fare al male di fare il male».
26 gennaio 1996: «Quanti sogni si fanno. Questa notte ho visto San Pietro, la basilica, andare a
fuoco, e dico: ‘Perché brucia?’ Una voce dice: ‘È fuoco purificatore per far comprendere che è
l’unica forza di vita e d’amore e non lo comprendono; Dio purifica ogni cosa proprio per far capire
a tutti la via della verità per la vita’. Madre cara, eri tu quella voce, l’ho riconosciuta».
3 marzo 2000: «Oggi ho avuto una visione molto brutta, che mi ha fatto piangere. Ho visto
scorrere molto sangue in San Pietro, tutto il fuori con le scalinate e le colonne intorno e le due
fontane. Ebbene, ho visto scolare il sangue e si gridava: ‘A morte i responsabili!’ Ho avuto una
brutta sensazione per il Papa e altri».
Di fatto, gli aveva confidato Maria il 31 dicembre 1990, sono già in azione
«falsi profeti, che cercano con tutti i mezzi di avvelenare le anime, cambiando la dottrina di Gesù,
mio amato Figlio, in dottrine sataniche; e toglieranno il sacrificio della croce che si ripete sugli
altari del mondo! Questi avvelenatori toglieranno i mezzi della salvezza; e sono già penetrati nella
luce della Chiesa, che è divina, che poggia su mio Figlio, pietra angolare, e questa pietra l’ha
posata sopra le spalle di Pietro e degli apostoli». Precisando però nel contempo che «è una
promessa che Gesù ha fatto, che i nemici possono sì guastare le anime, possono inquinare la
speranza, ma non possono guastare la Chiesa e non potranno prevalere e l’inferno con tutta la sua
potenza non potrà nulla contro la Chiesa di mio Figlio; e chi vive in lei sarà salvo».
Non sarà però soltanto la Chiesa cattolica a trovarsi sotto attacco. Il primo
messaggio del 1947 era esplicito nell’affermare che
«il mondo entrerà in un’altra guerra, più spietata delle precedenti; maggiormente sarà colpita la
Rocca (il Vaticano, N.d.A.) eterna nei secoli per essere rifugio dei santi eletti da Dio, vivente nel
suo trono d’amore [e che] ci sarà un fortissimo terremoto, che scuoterà tutto il globo terrestre. Vi
do un avvertimento materno: non andate in giro, né mettetevi a dormire se siete in peccato mortale,
ma confessatevi e pentitevi di averlo fatto, e non lo fate più. Non peccate, figlioli miei, non
peccate! Perché in un istante saranno chiamati in giudizio, e il giudizio di Dio è infallibile».
e il 17 luglio 1992:
«Quale tragedia ci sarà su questa Terra. Questa notte ho visto uomini e donne che si scagliavano
contro altri uomini e altre donne e sangue che scorreva in terra come acqua».
In effetti, sin dal 12 marzo 1983 Bruno aveva ascoltato – e fatto conoscere
in Vaticano – le accorate parole della Vergine della Rivelazione:
«Amatevi, è il tempo del vero amore per evitare un grande disastro ecologico: la guerra più potente
e distruttrice delle due ultime mondiali. La Santità del Padre deve recarsi pellegrino penitente alla
grotta delle Tre Fontane, invitando le autorità civili, politiche e religiose del mondo a consacrare al
mio Cuore immacolato di Madre tutte le nazioni. È l’ultimo invito che la misericordia vi invia con
paziente amore. Il pericolo è alle porte, una guerra atomica, se non si fa come ho detto, è
inevitabile. Gli uomini, incoscienti e orgogliosi nella superbia satanica, vogliono nelle loro mani il
mondo, non pensando al Regno dei Cieli. Quanto lavoro si fa per avere la pace, ma non si
preparano alla pace, anzi incautamente si preparano alla distruzione. Parlo a tutti, l’atomica è
pronta, gli uomini senza coscienza minacciano di usarla e il pericolo è sempre più vicino di quanto
non pensiate».
E pure l’Italia non è per nulla esente da gravi pericoli, come Bruno vede il
13 luglio 1998:
«Questa notte ho sofferto molto in sogno. C’era la guerra e gli stranieri invadevano l’Italia».
Epilogo
È con vero piacere che scrivo queste parole dopo aver letto il testo dedicato
da Saverio Gaeta alle esperienze mistiche di Bruno Cornacchiola. Come
ebbi già modo di dire il 12 aprile 2013, celebrando alle Tre Fontane la
Messa per il sessantaseiesimo anniversario dell’apparizione della Vergine
della Rivelazione, le manifestazioni mariane continuano a mostrarci il
Cuore di Dio che non si stanca di rivelarci il proprio amore misericordioso.
Personalmente ritengo dunque di grande utilità spirituale – come monito e
richiamo in particolare ai fedeli, ma non a loro soltanto – la pubblicazione
di questo libro, che contiene numerosi messaggi inediti dall’indubbio valore
catechetico e profetico, rivolti dalla Vergine al veggente nel corso di oltre
mezzo secolo.
Cornacchiola, nella sua vita dopo la straordinaria conversione seguita alla
visione di Maria, ha sempre difeso quelli che definiva ‘i tre Punti bianchi’:
l’Eucarestia, l’Immacolata, il Papa. A questi tre Punti bianchi è bene che
guardino costantemente i cattolici in questo momento di grande turbamento
e di incertezze sul futuro.
Come non riflettere sull’accorato invito della Vergine all’unità e alla
santità del popolo cristiano e in particolare dei sacerdoti? E come non
rispondere con la preghiera ai pressanti appelli per scongiurare le tante
minacce che il materno Cuore di Maria lascia presagire nelle profezie
rivelate a Cornacchiola?
Sapendo, comunque, che il loro avverarsi dipende se si concretizzerà o
meno la conversione del cuore e l’apertura alla grazia divina da parte
dell’umanità peccatrice. E ricordando altresì che alle apparizioni mariane e
ai suoi contenuti può essere data la fiducia privata, ma mai imposta la fede
pubblica.
Il contenuto di questo libro sarà certamente utile a quanti si avvicinano al
mistero d’amore di Maria con la dovuta devozione e l’atteggiamento di
filiale riconoscenza verso una madre, anzi ‘la Madre’. Una Madre tutta
speciale che, come leggiamo nel messaggio del 12 aprile 1947, si definisce
Vergine della Rivelazione e precisa: «Sono Colei che sono nella Trinità
divina... Amore del Padre, Amore del Figlio, Amore dello Spirito Santo...
Sono la Calamita della Trinità divina». Affermazioni forti che ci inducono a
meditarle e ad approfondirle.
La Vergine aveva preannunciato la crisi che avrebbe colpito parte del
clero: la talare gettata in terra e la croce spezzata ai suoi piedi sono
un’immagine che nel 1947 poteva non essere ben compresa, ma che nei
decenni successivi si è presentata in tutta la sua drammaticità. E ha
segnalato molti altri rischi e pericoli che corrono la Chiesa e il mondo
d’oggi e dell’immediato futuro.
Conoscerli, pur nella loro crudezza, non deve indurre a un’irragionevole
paura o a uno sterile fatalismo, ma piuttosto deve ispirare la presa di
coscienza e il senso di responsabilità per eliminarne alla radice ogni
possibile fattore scatenante. Nella certezza, comunque, che la storia umana,
alla luce del progetto salvifico di Dio, ha un destino di bene e che le ‘porte
degli inferi’ non prevarranno mai.
+ Card. José Saraiva Martins
Prefetto emerito della congregazione delle Cause dei santi
Città del Vaticano, 8 dicembre 2015
Apertura del Giubileo della Misericordia
e 161° anniversario della proclamazione
del dogma dell’Immacolata Concezione
Indice
Presentazione
Frontespizio
Pagina di Copyright
1 – Prologo
2 – L’uomo
3 – L’apparizione
4 – Il messaggio
5 – Il segreto
6 – La credibilità
7 – I sacrifici
8 – Le profezie
9 – La dottrina e il clero
10 – Le preghiere e la pace
11 – Gli ultimi appelli
12 – Il futuro
13 – Epilogo
14 – Postfazione
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NOTE
5 Per il 25° della sua morte, nel marzo del 1965, Paolo VI celebrerà qui la
sua prima Messa in lingua italiana, a seguito della riforma liturgica scaturita
dal concilio Vaticano II.
6 Il motivo per cui la Vergine definiva il Papa ‘la Santità del Padre’ venne
spiegato così da Bruno: «La Parola di Dio ci dice: ‘Siate santi perché io
sono santo’. Noi nel battesimo siamo tutti santificati e la raccomandazione
d’essere santi è per tutti, ma specialmente per colui che rappresenta Gesù.
Lui disse a Filippo: ‘Chi vede me vede il Padre’ ‘Io e il Padre siamo una
cosa sola’; e a Simone diede come nome ‘Kefa’, Pietro, e disse: ‘Tu sei
Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa’».