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DEL RAGNO
NEUROFISIOLOGIA E PSICOBIOLOGIA
DELLE DIPENDENZE
ANDREAS ACERANTI
ADOLFO BONFORTE
ANTONIO FERRANTE
SIMONETTA VERNOCCHI
Andrea De Giorgio
Ombretta Grassi
Angelica Pezzi
Edizioni Istituto Europeo di Scienze Forensi e Biomediche - eFBI
Parlare di dipendenze non è mai facile. Se ne parla da sempre e se ne
parlerà per sempre. Un 'opera di questo genere è stata una sfida.
L'abbiamo accettata con gioia ma nel percorso gli ostacoli sono stati tanti.
Alla fine siamo riusciti ad arrivare alla fine grazie alle persone speciali che
ci hanno sostenuto in questo cammino.
I curatori
Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta,
trasmessa in qualsiasi forma o mezzo, meccanico, fotocopia o altri, senza la
preventiva autorizzazione scritta dell’Editore.
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inesattezze relativi all'elaborazione dei testi normativi e per l'eventuale
modifica e/o variazione di eventuale modulistica allegata.
I Edizione
Dicembre 2014
Casa Editrice: Istituto Europeo di Scienze Forensi e Biomediche Editore -
eFBI
www.fbi-bau.eu
Via Piercapponi 83, 21013 Gallarate (VA)
Tel. +39 (0)331 - 142.05.42 Fax. +39 (0)331 - 142.05.39
ISBN 978-88-98559-07-7
Copyright © Istituto Europeo di Scienze Forensi e Biomediche Editore -
eFBI
Tutti i diritti sono riservati
INTRODUZIONE - A. ACERANTI
Chi controlla chi? Pag. 7
PARTE PRIMA
CAPITOLO IV - O. GRASSI
Anatomo-fisiologia del Sistema Nervoso Pag. 53
PARTE SECONDA
CAPITOLO VI - A. PEZZI
Dipendenze: tra schiavitù e crimine Pag. 103
CAPITOLO XI - A. FERRANTE
Tecniche e strumenti riabilitativi Pag. 325
ANDREAS ACERANTI
NEUROSCIENZE E COMPORTAMENTO
Il dibattito tra nature or nurture (ciò tra ciò che è naturale - nature - e ciò
che è appreso - nurture) è ormai stato talmente usato e abusato da aver
invaso ogni campo della vita umana. Dal comportamento alle relazioni, dal
sesso all’alimentazione, dall’obesità al diabete (ovviamente quello di tipo
2).
NEUROTRASMETTITORI E PERSONALITÀ
Il lettore avrà già intuito che il cervello funziona più o meno come il
processore di un computer con il Fascicolo proencefalico mediale come
cardine centrale. La genetica essenzialmente determina la qualità del
sistema di neurotrasmissione (hardware) che attiva diversi processi di volta
in volta (software). Il lobo temporale conserva le informazioni (RAM) e
tutto ciò che apprendiamo durante le nostre esperienze, l’educazione, la
formazione, la famiglia, le conseguenze, i tentativi e gli errori che facciamo
viene immagazzinato nei lobi temporali (ROM). A turno tutto ciò che ci
accade contribuisce a formare chi siamo.
Altri fattori che influenzano la nostra personalità sono:
a) Come interpretiamo il mondo intorno a noi (cioè come lo percepiamo e
quali filtri vi applichiamo) e come interagiamo con esso
b) Come interpretiamo noi stessi (cioè come ci percepiamo e quali filtri
applichiamo) e questo plasma i nostri pensieri e le nostre motivazioni.
Noi apprendiamo l’etica, la morale, la abitudini sociali attraverso le nostre
esperienze di vita e attraverso le diverse situazioni in cui veniamo a
trovarci. Come reagiamo alle situazioni e il contributo degli altri a queste
situazioni plasmano chi siamo e chi diventiamo. Ma tutto ciò dipende
strettamente da come noi processiamo, interpretiamo e assimiliamo che le
informazione che acquisiamo dal mondo esterno e sono fortemente
influenzate dall’hardware di cui disponiamo (cioè dalle predisposizioni
genetiche e dai “doni” che abbiamo ricevuto alla nascita).
DEPRESSIONE E DIPENDENZA
Nella mia vita ho avuto la fortuna di avere grandi maestri dai quali ho
potuto imparare molto più di quello che avrei anche solo potuto desiderare.
Uno di questi, il Dr. Attilio Cocchini, che ho avuto la fortuna di conoscere
quando nel 2009 ho lavorato per il SerTD (Servizio per le
TossicoDipendenze) a Monza.
Ricordo ancora cosa mi disse il primo giorno in cui abbiamo lavorato
insieme. Eravamo al bar, prima del turno, e mi chiese “Qual è secondo te
l’intervento più importante con un tossicodipendente?”. La mia risposta fu
immediata e sicura: “Interventi rieducativi e motivazione”. Lui sorrise –
sapeva che avrei risposto così – e mi disse “sicuramente la parte educativa è
importante ma l’errore che molti fanno quando si parla di dipendenze è che
si crede il dipendente abbia bisogno di un maggiore autocontrollo. Ma
niente è più lontano dalla verità. Spesso questo è proprio il più grande
ostacolo al recupero: contare sulla forza di volontà, da sola, non basta. La
forza di volontà ti terrà lontano dall’alcool, dalla droga, dallo shopping, dal
sesso per una settimana, o un mese, a volte anni. Ma prima o poi, quando la
pressione della vita diventerà importante, la possibilità di ricordare sarà
sempre più concreta. Puoi vincere una dipendenza con la forza di volontà
solo per scoprire che l’hai sostituita con un’altra”.
Dentro di me non ero persuaso, anzi ero convinto del fatto opposto:
rimanevo della mia idea. Solo col passare dei giorni, delle settimane, dei
mesi ho capito chi era lui ad avere ragione. Impiegai quasi otto mesi a
capire cosa avesse cercato di dirmi quella mattina: con la forza di volontà si
possono controllare i sintomi della dipendenza ma si resta comunque
vulnerabili alla ricaduta e ci si espone a nuovi comportamenti compulsivi
fintanto che non sopraggiunge una profonda presa di coscienza e un
importante mutamento interiore.
La forza di volontà non basta perché trae la sua origine dalla stessa aria
ferita di cui si alimenta la dipendenza, ovvero la falsa credenza che ci sia
una risposta semplice e veloce ai nostri disagi interiori, alle nostre
sofferenze, una cura istantanea o autogestibile delle nostre ferite.
Quando Attilio cercava di farmi capire queste cose la mia prima risposta fu
“sostanzialmente diciamo loro di arrendersi? Di abbandonare la lotta? Non
dovremmo fare l’opposto?”
Le dipendenze: un overview
Ciò che rende difficile per un dipendente riconoscersi come tale è proprio il
fatto che di dipendenze ne esistono talmente tante che non gli sarà difficile
trovare una compulsione più grave e più distruttiva di cui non è schiavo e
questo lo porterà a rispondere ad un’eventuale osservazione più o meno
così:
“Marco... ti rendi conto che lo sport è per te come una droga? Sei
dipendente!”
“Ma va! Lo faccio solo per sfogarmi. E poi non faccio male a nessuno. Non
fumo, non bevo, non mi drogo...”
o così
“Capisci che se tutte le volte che Marco apre bocca tu diventi
accondiscendente, perdi la ragione e ti trasformi in una banderuola, non è
una cosa da niente? In ogni discorso appena lui apre bocca tu cambi il tuo
punto di vista, ritratti tutto quello che hai detto fino a quel momento e gli
dai ragione. Hai una dipendenza”
“Lo so. Me ne accorgo. Ma non riesco a uscirne.”
“Beh forse è il caso di lavorarci un po’... magari insieme!”
“Che bella giornata. Ciao io vado al lago....”
Credo che uno dei fattori del dilagare delle dipendenze, soprattutto tra i
giovani, non sia tanto il fatto che ci sia troppo permessivismo. Ma più che
altro è che tutti hanno bisogno di sapere che la loro compulsione è accettata.
E più dipendenze vengono accettate meno desiderio di cambiamento ci sarà.
Cercherò adesso di dare al lettore una veloce panoramica delle diverse facce
che la dipendenza può assumere.
Il “mangiare dal nervoso” altro non è che una compulsione che porta la
persona a vedersi autodistruggere ed andare in contro a una serie illimitata
di problemi di salute se il comportamento non viene corretto.
I sessodipendenti usano il sesso come mezzo della loro ricerca senza fine
per trovare sollievo, distrazione, conforto, eccitazione o senso di potere,
tutti effetti che hanno ben poco a che fare col sesso in sé. Alla ricerca di ciò
che nemmeno loro conoscono passano da un partner all’altro nonostante le
continue insoddisfazioni, giocano al gioco della seduzione (come chi è
affetto dal complesso di Don Juan), si intrattengono con prostitute o
frequentano locali promiscui o cedono alla masturbazione compulsiva. Se la
dipendenza è severa possiamo arrivare fino a fenomeni come
l’esibizionismo, il voyerismo, il sadismo, il masochismo o il
sadomasochismo. Quando la compulsione e la forza interiore sono
incontrollabili allora possiamo arrivare anche al dominio con la forza come
nei casi di stupro o violenza sessuale. Secondo le statistiche circa un quarto
degli americani (60.000.000 di persone) sono vittime di un abuso sessuale
prima del loro diciottesimo compleanno.
Sempre più persone ricorrono alla medicina e alla chirurgia estetiche per
alterare il proprio aspetto. Botulino, lifting, rinoplastiche, blefaroplastiche,
mastoplastiche, addominoplastiche, liposuzioni, creme, lozioni, massaggi:
tutto è lecito per essere più belli. Almeno per un po’ poi ci si abitua e il
ciclo ricomincia perché non si è mai abbastanza belli. Ma la bellezza non è
solo quella esteriore. Esiste anche quella interiore. Essere belli dentro è
fondamentale e questo ci porta ad un altro tipo di dipendenza.
ABITUDINE O DIPENDENZA?
Potremmo azzardare l’ipotesi che esista una dipendenza quasi per qualsiasi
cosa. I segni e sintomi possono essere riconosciuti, descritti e decodificati.
Come per tutte le patologie, anche per le dipendenze, esiste un momento in
cui questa non c’è ed uno successivo in cui c’è e si è strutturata. Il problema
nella diagnosi delle dipendenze, al contrario delle patologie metaboliche e
fisiche, è che la diagnosi migliore viene dal soggetto stesso ma se questi
non è pronto per affrontare la situazione è verosimile che nasconda segni o
sintomi, che sfugga il confronto o che si risenta del tentativo di
“etichettatura”. Sfortunatamente il dipendente è solitamente l’ultimo a
riconoscere il problema anche per effetto del meccanismo di negazione (il
lettore può trovare ulteriori dettagli sul funzionamento del meccanismo di
negazione nella nostra opera Stelle e Stalle). E cercare di convincere
qualcuno che non vuole sentire che ha una dipendenza è un tentativo inutile
e un futile spreco di energie.
La miglior cosa che si può pensare di fare è di fornire alla persona un
rimando di realtà riguardo ai suoi comportamenti e alle sue compulsioni.
Cercheremo ora di fornire al lettore un quadro d’insieme dei quattro sintomi
e segni fondamentali che caratterizzano una dipendenza.
1. Ossessione
Il comportamento dipendente è estremamente compulsivo e distruttivo.
Quando una persona è dipendente da qualcosa, o da qualcuno, il pensiero è
talmente intrusivo che difficilmente l’oggetto del desiderio può essere
estromesso o ignorato e diventa impossibile non pensare alla prossima
“dose” o alla prossima occasione per compiacerlo.
All’avvicinarsi del momento in cui sarà possibile riattivare la compulsione
si mescolano sentimenti di ansia e di eccitazione che continuano a creare
una tensione interiore fino al momento del rilascio di endorfine per aver
assecondato la compulsione. Se per qualche ragione diviene impossibile
assecondare la compulsione emergerà una sensazione di frustrazione, nei
casi più gravi di panico. In generale l’ossessione tende ad invadere la
maggior parte del tempo e del pensiero.
Parlando con molti pazienti, ma anche amici che sono stati ingabbiati in una
o più dipendenze, la sensazione che descrivono è più o meno sempre la
stessa: una sorta di “comando interiore”, di necessità a cui non si può far a
meno di rispondere. È una forza che spinge oltre ogni considerazione
razionale.
2. Conseguenze negative
Immaginate di poter far colazione, ogni giorno, con la cosa che vi piace di
più. È talmente buona che presto diventerà un’abitudine. E il giorno in cui
non potrete averla vi mancherà. È una dipendenza? Direi di no. Direi che
questo esempio ricada nell’abitudine, uno schema ripetitivo da cui traiamo
alcuni benefici senza conseguenze negative.
Ciò che fa di una dipendenza una dipendenza è che prima o poi si rivolge
contro il dipendente. Si inizia per i benefici che se ne traggono, proprio
come per le abitudini, ma poi il comportamento compulsivo inizia a sortire
effetti negativi sulla vita della persona che, però, continua a portare avanti
la sua compulsione. I comportamenti dipendenti producono soddisfazione,
piacere, sollievo ed altri benefici nel breve periodo ma portano dolore,
sofferenza ed altri problemi sul lungo periodo.
Relazioni: un dipendente spesso sottrae tempo agli amici e alla famiglia per
perseguire la sua compulsione e questo può traslarsi in progetti che saltano
all’ultimo momento; disinteresse sessuale; liti e fraintendimenti;
risentimento crescente. La comunicazione si rompe e il dipendente diventa
emotivamente distante nel tentativo inconscio di ridurre ogni interferenza.
La fiducia cala via via che la dipendenza prende piede e lascia il posto alla
diffidenza creando un’atmosfera per cui nessuna relazione può sopravvivere
in modo lineare. Estraniazione, separazione, fuga, divorzio sono alcune tra
le conseguenze a lungo termine.
4. Negazione
Man mano che la compulsione si rafforza e la dipendenza si radica, i
problemi iniziano ad accumularsi. E via via che questo accade la persona
dipendente inizierà a negare due cose:
1. che la dipendenza è un problema che non può controllare;
2. che le conseguenze negative nella sua vita abbiano alcuna
correlazione con la sua compulsione.
La negazione assume molte forme, le più comuni secondo la classificazione
di Terence Gorski sono:
1. negazione assoluta: “Io non ho alcun problema!”;
2. minimizzazione: “Ma va... Non è grave come sembra!”;
3. evitamento: cambiare discorso, evitare di parlare dell’argomento
ecc.;
4. colpevolizzazione: “Certo che lo faccio! Anche tu lo faresti se
dovessi convivere con mia moglie/figli/ lavoro ecc..”;
5. razionalizzazione e intellettualizzazione: “Beh io non sono messo
male come Marco..” oppure “ma in fin dei conti la mia relazione con
Marco non mi dà dipendenza”.
Poiché la negazione è un fenomeno dissociativo, attivando un meccanismo
simile la persona diviene letteralmente distaccata dalla realtà. Nel momento
in cui, ad esempio, Marco decide di continuare a giocare incurante del fatto
di essere rimasto senza soldi con la convinzione che “la prossima volta
andrà meglio” o quando Mario decide di provare nuovamente a fare colpo
su Luca sapendo che comunque non funzionerà allora sia Marco sia Mario
sono letteralmente in uno stato dissociativo che li rende distaccati dalla
realtà e questo interferisce con le loro capacità razionali e cognitive.
Uno dei fattori fondamentali è che non è necessario che una persona
presenti tutti i segni e i sintomi della personalità dipendente o compulsiva e
non è necessario che sia psicologicamente o emotivamente disturbata per
cadere nella trappola della dipendenza. Cercheremo tuttavia, nei prossimi
capitoli, di dare una risposta a questa domanda.
CAPITOLO II
Le cause e le tipologie
Quando per la prima volta studiai questo disturbo mi chiesi perché tante
persone lo trovassero buffo e divertente?
CAUSE
Le neuroscienze hanno recentemente dimostrato che una causa
dell’ossessione e della compulsione può essere biologica, psicologica o
addirittura evolutiva. Esamineremo le cause in quest’ordine cercando di
darne spiegazione al lettore al meglio di quanto disponibile alla conoscenza
attuale. Le cause biologiche possono includere la genetica, anomalie
cerebrali e anomalie correlate ai neurotrasmettitori o ai neuro-recettori. Le
cause psicologiche includono comportamenti che possono essere appresi,
condizionamenti cognitivi e il tentativo di sopprimere le ossessioni. In fine,
i benefici evolutivi che potrebbero non essere più necessari.
a. Genetica
Abbiamo, ad oggi, ragionevoli motivazioni per credere che ossessioni e
compulsioni abbiano, almeno in parte, una causa genetica. La prima
indagine in questa direzione ebbe inizio quando diversi studi vennero
pubblicati dimostrando che i soggetti che mostravano disturbi ossessivo
compulsivi avevano in famiglia ascendenti con la stessa diagnosi. Gli studi
evidenziavano che la familiarità per la diagnosi oscillava tra il 3% e il 12%
negli immediati ascendenti. Studi sui gemelli che confrontano gemelli
omozigoti e gemelli eterozigoti evidenziano forti correlazioni che
sostengono la tesi genetica[1]. Sebbene non sembri esistere un vero e proprio
gene responsabile dell’ossessione e della compulsione, alcune anomalie
genetiche aumentano la vulnerabilità dell’individuo[2]. Uno dei geni, testato
negli studi sui topi, correlato alle compulsioni di pulizia personale (ad
esempio la necessità di lavarsi continuamente le mani) è il gene SAPAPA3.
Per poter esprimere un parere sugli esseri umani saranno necessarie ulteriori
ricerche poiché questo gene da solo non spiega i pensieri ossessivi e
intrusivi[3].
b. Anomalie cerebrali
Ossessioni e compulsioni, come molti altri disturbi, possono essere
collegate ad una o più anomalie cerebrali e col progredire della tecnologia,
della medicina e delle neuroscienze le nostre capacità di indagare il cervello
e le sue eventuali anomalie crescono in modo ad esse direttamente
proporzionale. Molte parti del cervello mostrano attività maggiori nei
soggetti affetti da ossessioni e compulsioni. Queste attività possono
generare specifiche compulsioni come quelle correlate alla paura delle
contaminazioni o alla paura di far male ad altri[5]
GEMELLI SIAMESI
A parte sono classificate quelle "anomale", in cui uno dei due embrioni
è malformato o interno all'altro. Anche in epoca moderna, non sempre
è possibile separare i due corpi, come dimostra il caso di Ladan e
Laleh Bijani, morte durante l'intervento per separarle.
GEMELLI SEMI-IDENTICI
Fonte: wikipedia
e. Evoluzione
Per quanto possa sembrare strano, ossessioni e compulsioni possono aver
giocato un ruolo fondamentale nella selezione naturale nei secoli passati. A
causa dell’elevato tasso di correlazione tra i membri familiari è diffusa
l’idea che manifestazioni ossessive e compulsivo siano correlate
all’evoluzione.
1. Segni premonitori
Non ci sono veri e propri segni premonitori che possono far intuire che la
persona sia vittima di ossessioni o, peggio, di un disturbo ossessivo-
compulsivo; come detto, infatti, la persona sviluppa questi comportamenti
in modo graduale e la situazione diventa patologica col tempo. Tutti i
sintomi e i segni percepibili sono indicativi del fatto che il quadro
ossessivo/compulsivo si stia formando o che stia progredendo. Tuttavia i
sintomi possono aumentare o regredire nel tempo, per cui la situazione può
apparire più grave in alcuni momenti e meno intensa in altri.
c. Contare
Il contare è un sintomo di qualcosa che va oltre la semplice ossessione o
compulsione. Solitamente è indicativo di un disturbo ossessivo-
compulsione importante che richiede attenzione da parte di uno specialista,
meglio se specializzato in disturbi di personalità o ossessivo-compulsivi.
Quando affetto da questo tipo di disturbo, la persona conta. Può contare
quante volte mastica il cibo, quante volte entra ed esce dalla stessa porta,
quante volte accende e spegne la luce, o aver bisogno di accendere e
spegnere la luce un certo numero di volte prima di poter uscire dalla stanza.
Generalmente il numero è costante anche se può leggermente aumentare col
tempo. Un mio paziente, ad esempio, quando mi è stato portato la prima
volta qualche anno fa per un consulto aveva come numero il 3. Girava la
maniglia della porta 3 volte prima di aprirla, accendeva spegneva il gas tre
volte prima di essere tranquillo, beveva tre bicchieri d’acqua a pranzo e così
via. Decise poi di non farsi seguire, l’ho rivisto di recente e il suo numero di
costante è salito a 9.
d. Ordinare e sistemare
L’ordinare e il sistemare possono manifestarsi in qualsiasi campo della vita
della persona. Dai vestiti nell’armadio alle penne sulla scrivania. Non mi
fraintenda il lettore: c’è differenza tra ordine e ossessione/compulsione. C’è
differenza tra l’essere organizzati e l’essere ossessivi/compulsivi.
e. Comportamenti reiterati
La reiterazione del comportamento è spesso associata al controllo.
Un mio paziente ad esempio, quando mangia, deve masticare due volte coi
premolari e due volte coi molari ogni boccone che mette in bocca.
L’ossessione, come abbiamo detto, fa sì che la compulsione debba essere
messa in atto quando un certo stimolo colpisce la persona. Lo stimolo può
essere una parola, un certo cibo, una canzone ecc.. La persona percepisce
l’azione associata alla compulsione come un obbligo da cui non può
sottrarsi.
La compulsione è l’indulgere della persona nel comportamento reiterato,
che questo sia il modo di masticare, il dover scioccare le dita, ripetere
alcune parole ecc.
g. Simmetria
Alcune persone sviluppano un’ossessione per la simmetria. Ad esempio
volere che le penne sulla scrivania siano disposte in un’unica fila o
continuare a riscrivere qualcosa perché le lettere sono troppo disomogenee.
In questo caso l’ossessione è collegata all’ordine e alla precisa disposizione
degli oggetti in un determinato contesto mentre la compulsione si esterna
nell’atto di dover sistemare tali oggetti.
Questa ossessione è sempre correlata al controllo e può essere
estremamente frustrante e distruttiva.
h. Ossessioni sessuali
L’ossessione sessuale non è una mera fantasia poiché quest’ultima è
generalmente vissuta come piacevole mentre la prima genera ansia e, a
volte, senso di colpa. Spesso queste ossessione sono strettamente correlate
ad altri tipi di ossessioni indagate nelle pagine precedenti.
Oggetto dell’ossessione può essere un tabù come indulgere in atti sessuali
con animali, bambini o usare violenza contro il partner. Questi pensieri sono
intrusivi, indesiderati, non voluti e possono generare importanti ansie, stress
e sensi di colpa.
Oppure, la persona potrebbe decidere di non chiedere aiuto per paura di
essere derisa, giudicata, condannata o perché semplicemente si convince
che non può fidarsi di nessuno.
Questo tipo di ossessione può portare a una profonda depressione.
i. Ossessioni religiose
Le ossessioni religione non vanno mai confuse con la devozione. Ricordi il
lettore che una delle caratteristiche dell’ossessione è l’ansia per cui viene
attivata la compulsione.
Le ossessioni religiose più comuni vanno dal timore che la persona ha di
offendere inavvertitamente Dio dicendo la cosa sbagliata, saltando un
attività correlata al proprio culto o recitando la preghiera sbagliata o in
modo errato al temere di aver commesso qualcosa di immorale anche senza
essersene resa conto.
Hanno la necessità di essere convinte di star compiacendo Dio
costantemente e questo può portare la persona all’esaurimento, al delirio o
all’attuazione compulsiva di un rituale.
j. Rituali
Di rituali, chi segue i nostri seminari e i nostri corsi, è ormai esperto ma per
il profano cercheremo di dare un’idea di cosa si intenda con questo termine.
È facile quindi intendere che col termine “rituale” si intendono molte delle
compulsioni fin qui descritte, dal contare quante volte si accende una luce al
dover avere i capi ordinati in un certo modo nel guardaroba, e così via. Ma
questa è la forma più evidente del rituale. Questo può, infatti, essere anche
mentale.
I rituali mentali includono il passare ore a rivedere mentalmente ogni
dettaglio di una situazione prima di prendere una decisione o il cercare di
eliminare dalla memoria dettagli di un evento che si vuole dimenticare. Può
includere anche il contare o le liste ripetute senza proferir parola.
Molte persone hanno rituali mattutini del tipo: alzarsi dal letto à fare la
doccia à bere il caffè à vestirsi à andare al lavoro. Sempre nello stesso
ordine e con le stesse tempistiche.
Già per una persona “normale” è stressante vedere il proprio rituale
interrotto (pensate ad esempio ad un ospite inaspettato che si presenta a
sorpresa mentre state facendo il vostro bagno serale, mentre vi godete il
caffè della colazione ecc..), a maggior ragione lo è per un soggetto
ossessivo/compulsivo, per il quale un rituale interrotto può portare a un
break-down del resto della giornata, delle vacanze o, nei casi peggiori, del
resto di un determinato periodo della vita. Nei casi di
ossessioni/compulsioni importanti il livello di ansia che scaturisce da un
rituale fallito o interrotto può essere devastante.
Il vantaggio dei rituali è che sono prevedibili, controllabili, pianificabili e
questo conferisce loro un altissimo potere sedativo sull’ansia e sulle
tensioni interiori ma, allo stesso tempo, proprio per queste loro
caratteristiche una loro interruzione (perché il soggetto viene interrotto) o il
loro fallimento (perché la persona “sbaglia” qualche passaggio) rende le
loro conseguenze molto più distruttive e molto più preoccupanti del
fallimento/interruzione di qualsiasi altra compulsione, perché la persona
magari stava aspettando da ore o giorni il momento per “officiare” il rituale
in questione.
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Nel disturbo generale i criteri non sono stati combinati tra loro ma,
piuttosto, rafforzati. Cerchiamo di spiegarci meglio: se prima, per la
diagnosi di uso di sostanze poteva essere sufficiente un solo criterio, il
“Disturbo da uso di sostanze – Lieve” del nuovo DMS-V richiede in
minimo di due, ed un massimo di tre, sintomi tra quelli elencati (undici in
tutto). Anche il craving (sintomi da astinenza, in particolare il desiderio
irrefrenabile di procurarsi la sostanza o indulgere in una compulsione) è
stato aggiunto alla lista dei sintomi mentre i problemi con la giustizia e le
forze dell’ordine sono stati tolti dall’elenco perché a causa delle divergenti
leggi nei diversi Paesi del mondo era difficile applicare questo criterio
diagnostico in modo unanime in tutto il mondo.
Nel DSM-IV la differenza tra abuso e dipendenza era basata sul concetto di
abuso come fase lieve o esordiente mentre la dipendenza includeva le
manifestazioni più gravi. In pratica i criteri di abuso erano a volte piuttosto
severi e gravi. La diagnosi riveduta, così come appare nel DMS-V, una
diagnosi unica, permetterà una maggiore e migliore aderenza ai sintomi
sperimentati dal soggetto.
In oltre, la diagnosi di dipendenza causava parecchia confusione. La
maggior parte delle persone collega la dipendenza alla tossicomania
quando, come vedremo, a volte la dipendenza è semplicemente la risposta
fisiologica dell’organismo a una determinata sostanza o compulsione.
2. Disturbo da compulsione[2]: questa sezione include le ludopatie, il
gambling (gioco d’azzardo) e il tabagismo (sì, avete letto bene: il
fumare è criterio per la diagnosi di dipendenza!). In realtà il gambling
appariva già nel DSM-IV ma in una sezione differente. Il cambio di
sezione e l’utilizzo del termine specifico gambling riflettono le
scoperte più recenti che mostrano come il gambling sia molto simile,
(sia sui piani clinico, comportamentale e neurochimico sia per
fisiologia, comorbidità e trattamento), ai disturbi da abuso di sostanze
e ai disturbi compulsivi. Così come la dipendenza da internet e dai
videogames.
Il riconoscimento di queste somiglianze potrebbe aiutare le persone affette
da queste nuove dipendenze e compulsioni a trarre vantaggio dalle terapie e
dagli aiuti forniti e le altre persone potrebbero meglio comprendere le sfide
costanti che vivono in queste nuove dipendenze e che devono affrontare
ogni giorno.
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[3] Il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, noto anche con la
OMBRETTA GRASSI
Corpo e anima
non possono essere separati per scopi terapeutici
perché sono una cosa sola e indivisibile.
Le menti malate devono essere curate come i corpi malati.
Dottor Jeff Miller
Ogni emisfero può essere suddiviso in lobi, separati tra loro dalla presenza
di solchi. Ogni emisfero riceve vie sensitive dalla porzione contro-laterale
del corpo e ogni emisfero invia comandi di moto alla parte contro-laterale
del corpo. I due emisferi hanno funzioni diverse. Ogni regione della
corteccia cerebrale svolge più di una funzione.
Nelle prime fasi dell’embriogensi il SNC è un tubo cavo detto tubo neurale
cavo e nella parte centrale stretta e allungata vi è un fluido. L’estremità
craniale del tubo neurale durante la gestazione si espande formando il
proencefalo, mesencefalo e romboencefalo. Il proencefalo darà origine al
telencefalo e al diencefalo; il mesencefalo resterà indiviso, mentre il
romboencefalo si suddividerà in cervelletto, ponte e bulbo. La cavità
iniziale contenuta nel tubo neurale, darà origine a delle ampie cavità dette
ventricoli, rivestiti da cellule della glia dette cellule ependimali. Ogni
emisfero telencefalico contiene un ampio ventricolo laterale noto come I e
II ventricolo, il ventricolo presente nel diencefalo si dice III ventricolo; i
due ventricoli laterali comunicano con il III ventricolo grazie ad un foro
detto forame interventricolare di Monro.
Aree associative di tipo sensitivo ricevono anche stimoli più specifici come
quelli visivi e quelli uditivi . La capacità di riconoscere le lettere
dell’alfabeto dando loro un significato quando formano le parole è possibile
per la presenza di aree associative visive della corteccia; l’area associativa
uditiva ci consente di associare il suono alle parole. Le risposte motorie
sono dovute dalla presenza di aree motorie della corteccia che coordinano le
risposte. Una zona particolare della corteccia premotoria è l’area visiva
frontale, controlla il movimenti degli occhi es. durante la lettura.
Una lesione di queste aree fa sì che non vi sia più la capacità di leggere per
l'impossibilità di seguire le righe scritte e dare un significato alle lettere.
Danni a carico delle aree corticali sede del linguaggio e della parola si
manifestano con l’afasia; i soggetti affetti da tale patologia sono incapaci di
parlare, di leggere o di capire.
Ogni emisfero cerebrale svolge funzioni specifiche che non sono svolte
dall’emisfero controlaterale; fenomeno noto come lateralizzazione
emisferica. Nella maggior parte della popolazione nell’emisfero sinistro
sono localizzate le capacità di leggere, scrivere e parlare, la capacità di
calcolo matematico e di logica; per tali motivi si dice emisfero dominante.
L’area associativa somatomotrice o corteccia premotoria, coinvolta nei
movimenti della mano destra per i destrimani, è molto più estesa rispetto a
quella dei soggetti mancini.
L’emisfero cerebrale destro mette in relazione l’individuo con l’ambiente
che lo circonda e vi si trovano i centri interpretativi che ci consentono di
identificare oggetti familiari attraverso i sensi, conferendo emozioni alle
frasi dando significati diversi alle stesse espressioni verbali.
Sono dodici paia e sono connessi alla superficie ventrale del tronco
encefalico. Sono identificati con numeri romani, dal I al XII e sono
sensoriali, motori o misti. I nervi cranici solo di senso sono deputati a
raccogliere stimoli tattili, pressori, di vibrazione, termica e dolorifica o della
sensibilità specifica come il gusto, la vista, l’ udito e l’ equilibrio e li
inviano al tronco encefalico. I nervi cranici di moto portano informazioni
di moto dal tronco encefalico ai muscoli scheletrici, ai muscoli lisci o alle
ghiandole. I nervi cranici misti presentano sia la componente di senso che
quella di moto.
La differenza tra i nervi spinali e i nervi cranici sta nel fatto che i nervi
spinali sono sempre nervi misti con una radice posteriore di senso e da una
radice anteriore di moto.
Il Mesencefalo
Il mesencefalo è attraversato da un canale sottile detto acquedotto
mesencefalico di Silvio che mette in comunicazione il III ventricolo con il
IV ventricolo che si estende tra bulbo, ponte e cervelletto. Nella parte
inferiore del bulbo, il IV ventricolo si restringe e prosegue con il canale
ependimale contenuto nella parte centrale del midollo spinale. Le cellule
che tappezzano la superficie interna di alcune parti dei ventricoli sono in
grado di produrre il liquido cerebrospinale che riempie i ventricoli,
l’acquedotto mesencefalico e il canale ependimale presentano i fori di
Lusca e di Magendie localizzati nel IV ventricolo così che il fluido
cerebrospinale passa nello spazio subaracnoideo delle meningi. Per mezzo
di estroflessioni dell’aracnoide dette villi aracnoidei che perforano la dura
madre, si verifica il riassorbimento del liquido cerebrospinale nel torrente
circolatorio. Il liquido cerebrospinale protegge le cellule nervose, sostiene
l’encefalo e trasporta nutrienti, messaggeri chimici e prodotti di rifiuto.
Il mesencefalo è di piccole dimensioni, contiene due nuclei pari, il nucleo
rosso che riceve informazioni dal cervelletto e invia comandi motori
influenzando la posizione degli arti superiori e il tono muscolare e la
sostanza nera. Si trova inoltre il sistema attivante la formazione reticolare
che regola l’attenzione e di allerta. I peduncoli cerebrali contengono fibre
discendenti che arrivano al cervelletto trasportano ordini motori volontari
provenienti dagli emisferi cerebrali.
Il Bulbo
- nuclei sensitivi e nuclei motori dei nervi cranici sono associati ai cinque
nervi cranici VIII, IX, X, XI e XII e controllano la muscolatura scheletrica
della faringe, del collo, del dorso, la muscolatura liscia degli organi toracici
e della cavità peritoneale; l’VIII paio di nervi cranici trasporta informazioni
sensitive dall’orecchio interno.
- Il nucleo gracile e cuneato trasferiscono informazioni somatiche di senso
al talamo. Le fibre che hanno origine in questi nuclei si incrociano
decorrendo nella parte opposta a quella di origine.
- Il nucleo solitario riceve invece informazioni viscerali di senso e le
trasmette alle aree del bulbo e poi del SNC.
- Il nucleo olivare è connesso alla corteccia cerebellare centro motore
superiore.
- La sostanza reticolare è sostanza grigia che riceve impulsi dai nervi
cranici, dalla corteccia cerebrale e dal tronco encefalico e invia impulsi che
controllano o perfezionano le attività periferiche.
Il Ponte
Il ponte contiene diversi nuclei.
- Nuclei sensitivi e motori dei nervi cranici quali V, VI, VII e VIII che
innervano i muscoli masticatori, la cute del volto, uno dei muscoli estrinseci
dell’orecchio e gli organi di senso dell’orecchio interno.
- Nuclei coinvolti nel controllo della respirazione.
- Nuclei e vie che si collegano a doppio senso con il cervelletto.
- Vie ascendenti, discendenti e traverse che mettono in connessione aree del
SNC.
Il Cervelletto
Ha una superficie molto convoluta con due emisferi cerebellari una parte
centrale detta verme ed una porzione detta lobulo flocculonodulare. La
sostanza grigia detta corteccia cerebellare è composta da numerosi tipi
cellulari di cui il più particolare sono le cellule di Purkinje. Nel suo interno
si trova la sostanza bianca con nuclei grigi.
Resta da capire tutta questa anatomia come si rispecchia in ciò che noi
facciamo ogni attimo.
L’arco riflesso.
Appoggiando la mano su una superficie calda. Lo stimolo attiva il recettore
e quindi un neurone sensitivo. Attraverso la radice posteriore
l’informazione passa al midollo spinale che la comunica all’encefalo che
attiva la risposta, che arrivando alla radice anteriore del midollo spinale,
attiva il moto neurone che fa togliere la mano.
Quindi l’arco riflesso inizia a livello di un recettore (nel nostro caso situato
sulla mano) sensibile alle variazioni chimiche o fisiche della pelle, del
muscolo, delle articolazioni e termina su un effettore periferico come un
muscolo. La stimolazione del recettore periferico genera un potenziale
d’azione che si propaga lungo l’assone del neurone sensitivo, così
raggiunge le radici posteriori dei nervi spinali la sostanza grigia delle corna
posteriori del midollo spinale e da qui la sinapsi con il collegamento assone
del neurone sensitivo con l’assone di un neurone associativo raggiungendo
un neurone motorio posto nella sostanza grigia delle corna anteriori del
midollo spinale che trasporta il potenziale d’azione verso la periferia e,
entrando a far parte della radice anteriore del nervo spinale, raggiunge il
muscolo. La zona di contatto tra l’assone del neurone di moto e la
superficie della fibra muscolare è detta giunzione neuromuscolare o placca
motrice che rilascia un neurotrasmettitore.
Il riflesso è una risposta allo stimolo iniziale. Il riflesso si dice
monosinaptico quando un neurone sensitivo sinapta direttamente su un
neurone motorio; come il riflesso rotuleo, ma se tra il neurone sensitivo e
quello motorio si interpongono uno o più neuroni associativi il riflesso si
dice polisinaptico; ad esempio è il riflesso tendineo.
Da qui possiamo capire che abbiamo quindi delle vie di senso e di moto
Le vie sensitive:
a) somatiche: trasportano informazioni sensitive dalla cute e dalla
muscolatura delle pareti corporee, della testa, del collo e degli arti. Si
riconoscono tre vie principali; esse sono composte da fasci che occupano
posizioni simmetriche nel midollo spinale a livello della colonna posteriore,
anterolaterale e spino cellulare.
b) viscerali: sono informazioni raccolte da nocicettori, termocettori,
barocettori che controllano gli organi della cavità toracica, addominale e
pelvica. Le informazioni provenienti dal palato, dalla bocca, dalla trachea,
dall’esofago, dalla faringe, dalla laringe, e dai vasi e ghiandole associate,
attraverso i nervi cranici V, VII, IX e X raggiungono il nucleo solitario del
bulbo. Le radici posteriori dei nervi spinali ricevono informazioni dalla
sensibilità viscerale proveniente dai recettori posti negli organi addominali
e pelvici
c) motrici somatiche: siamo a livello del muscolo scheletrico. A questo
livello ci sono coinvolti due neuroni: un motoneurone della corteccia
telencefalica e uno nella sostanza grigia del tronco encefalico o nel midollo
spinale che con il proprio assone arriva al muscolo. Il controllo sui
muscolo scheletrici avviene attraverso:
- la via corticospinale o piramidale: ha origine centrale dalla corteccia
motoriaàtronco encefalico o midollo spinaleàmotoneurone.
- la via del cordone mediale: che controlla il tono muscolare e movimenti
non fini del collo e del tronco oltre che degli arti. I motoneuroni originano
nei nuclei vestibolari che ricevono informazione dal nervo vestibolare che
origina dai recettori dell’ orecchio interno e si proiettano verso il midollo
spinale formando i fasci vestibolospinali.
- la via del cordone laterale : controllano i movimenti fini dei muscoli degli
arti.
GENETICA
Molti di quelli che intraprendono un percorso di recupero ricordano
vividamente la prima volta che hanno provato la cocaina, hanno bevuto il
primo superalcolico o la prima birra, la prima volta che hanno fatto sesso, il
loro primo amore o il loro primo videogioco. Altri ricordano che dovevano
“prendere o lasciare” al momento del primo approccio dopo di che la scelta
non era più un’opzione. Questo concetto del ridotto controllo sulla
compulsione è, ora, una delle caratteristiche definenti la dipendenza.
NEUROCHIMICA
RIQUADRO SINAPSI
I NEUROTRASMETTITORI
Il sistema serotoninergico
Il sistema serotoninergico è regolato dalla serotonina ed è quello che
apparentemente è più coinvolto nei disturbi ossessivo-compulsivi e nella
depressione; tuttavia è limitato per dimensione e per connessioni globali
totali. È locato al margine del Fascicolo proencefalico mediale o centro del
cervello ma della serotonina si trovano tracce nel tratto intestinale e nelle
piastrine.
Il sistema dopaminergico
La dopamina è divertente, mi piace la dopamina. In alcuni paesi è anche
acquistabile online; in alcuni paesi si possono anche acquistare recettori
dopaminici online. Vengono usati nella ricerca. Negli ultimi anni,
ricercatori e scienziati hanno sviluppato un interesse sempre più crescente
verso il sistema dopaminergico. Le ricerche e le pubblicazioni scientifiche
che riguardano la dopamina e il suo sistema, le loro implicazioni nella
dipendenza e nell’alcolismo, nella compulsione e nel sistema
piacere/ricompensa (per maggiori dettagli sul sistema piacere/ricompensa il
lettore veda il capitolo VI) si moltiplicano come funghi.
Il sistema GABAergico
Il sistema GABAergico è il “calmante” del nostro cervello. Sebbene recenti
studi sui ratti rivelino che l’acido gamma-amminobutirrico (abbreviato
GABA = letteralmente gamma-amminobutirric acid) è fortemente
concentrato nello striato e nel globus pallidus, in realtà lo si trova in tutto il
cervello. Esso agisce come un freno sulle attività neurali accelerate. Quando
il GABA si attiva è come se in ogni sinapsi del cervello si accendesse un
semaforo rosso. Alcune persone hanno, geneticamente, un'alta attività
GABAergica, altre no.
Il sistema glutammatergico
L’acido glutammico è uno dei neurotrasmettitori più presenti nel cervello, è
infatti considerato ubiquitario, cioè presente ovunque, e lo si può trovare in
tutta la corteccia. Esso è il responsabile dell’agitazione cerebrale e di ogni
eccitazione. Ciò che lo tiene a freno è il sistema GABAergico e tutti i
semafori rossi che quest’ultimo accende nelle sinapsi.
Il sistema oppioidergico
Il nostro sistema oppioidergico è formato da recettori sparsi in tutto il
cervello, nel midollo spinale e nel resto del corpo. Ovviamente, il semplice
fatto che esistano dei recettori implica che il nostro corpo produca oppiati, i
neurotrasmettitori che attivano il sistema oppioidergico. Come per gli altri
neurotrasmettitori anche in questo caso esistono diverse tipologie, sottotipi
e varianti ma parliamo in modo semplice chiamiamoli in modo generico
endorfine (che è la contrazione di endogenous morphine cioè morfine
endogene). Gli stessi recettori vengono attivati anche dalla morfina, dalla
codeina e dagli oppiati sintetici. L’eroina (il cui nome scientifico è
diacetilmorfina) è un esempio di sostanza che viene metabolizzata in
morfina e codeina e trova uso tra coloro che vogliono in immediato rilascio
di oppiati.
Quando gli oppiati attivano il sistema oppioidergico attivano anche quello
GABAergico, i due stimolano a turni la produzione di dopamina. Il sistema
GABAergico è un sistema estremamente potente e dominante con una
strettissima correlazione col sistema oppioidergico infatti, per usare un
esempio, i sistemi GABAergico e oppiodergico sono come una coppia di
innamorati che si tengono per mano.
Il sistema noradrenergico
Il sistema di neurotrasmissione noradrenergico è circoscritto nel cervello ed
è fondamentale per l’apprendimento e per la formazione dei pensieri e delle
emozioni negativi, come la paura, o gli stati negativi, come l’ansia. È
correlato all’epinefrina e ai suoi effetti stimolanti ma il neurotrasmettitore
che lo attiva è la noradrenalina. È localizzato nel lobo inferiore del cervello,
precisamente nel Locus coeruleus ed ha un’azione prominente sul centro
della paura, l’amigdala. Incubi ricorrenti, tipo quelli che può avere un
soldato che continua a rivivere il campo di battaglia, provengono proprio
dall’amigdala stimolata dalla noradrenalina. In questi casi può risultare utile
l’impiego di un alfa-bloccante adrenergico per calmare l’amigdala,
intervento che spesso migliora la qualità del sonno del paziente.
Il sistema endocannabinoide
Ebbene sì! Si chiama endocannabinoide e, come il nome può facilmente far
presumere, viene attivato, tra le altre cose, anche dalla cannabis. Ma
ricordiamoci che, come per tutti i sistemi di neurotrasmissione, il nostro
cervello produce già naturalmente i neurotrasmettitori chimici che lo
attivano. Abbiamo i recettori per l’insulina, e abbiamo insulina; abbiamo i
recettori per il GABA, e abbiamo il GABA; abbiamo recettori per gli
estrogeni, e produciamo estrogeni così via. Ci sono circa 400 tipi diversi di
recettori sulle membrane cellulari o sui nervi per cui possiamo facilmente
comprendere che il nostro corpo produca almeno 400 sostanze diverse per
attivare questi recettori. Queste sostanze si dicono endogene, cioè prodotte
dall’interno. Esistono, poi, anche sostanze quali droghe, farmaci ed altre
sostanze chimiche che attivano (agonisti) o inibiscono (antagonisti) questi
recettori e che provengono dall’esterno del corpo; questi si dicono esogeni,
cioè provenienti dall’esterno. La quantità di sostanza esogena richiesta è di
molto superiore a quella di una sostanza endogena per poter ottenere gli
stessi effetti. Ma questo il lettore sono certo non fatica a comprenderlo: una
sostanza endogena è prodotta dallo stesso corpo che ha prodotto il recettore
e funziona, quindi, come una chiave perfetta, mentre la sostanze esogena è
più “generica” e quindi meno efficace.
Esistono due tipi di endocannabioidi: CB1 e CB2, dove la sigla “CB” sta
per Cannabinoide.
I recettori CB2 sono generalmente rinvenibili nelle sezioni periferiche del
corpo e sono coinvolti nelle dinamiche del controllo del dolore.
Il sistema colinergico
L’acetilcolina si trova sia nel sistema nervoso centrale sia in quello
periferico. L’acetilcolina è fondamentale nella memoria; gioca un ruolo
importantissimo nel trattamento della demenza ed è integrata negli altri
sistemi il che la rende un neurotrasmettitore fondamentale nella
comprensione dei meccanismi della dipendenza e nel loro trattamento.
L’attività dell’acetilcolina è deficitaria nel giro fusiformedei pazienti affetti
da disturbi dello spettro autistico.
Il sistema istaminergico
I neuroni istaminergici del Nucleo tuberomammillare protendono i propri
assoni lungo tutto il sistema nervoso. Sono attivi durante le fasi di veglia
ma non durante il sonno e sono implicati nella maggior parte dei processi
che avvengono mentre siamo svegli. Esistono quattro recettori noti per
l’istamina tre dei quali locati nel cervello. Mutue interazioni con altri
sistemi aminergici (colinergico, noradrenergico, dopaminergico e
serotoninergico) e i sistemi dell’oressina (o ipocretina) sono le responsabili
della regolazione del ciclo sonno-veglia. Una inibizione GABAergica,
proveniente principalmente dall’area Preottica ventrolaterale, genera
un’azione calmante e inibisce il sistema istaminergico durante il sonno.
Il sistema adrenergico
Il sistema adrenergico (chiamato anche simpatico) è responsabile dei picchi,
alti o bassi, nella regolazione in molti meccanismi omeostatici. Le fibre del
Sistema Nervoso innervano i tessuti di tutti gli organi, fornendo le funzioni
di regolazione per le cose più diverse, dal diametro pupillare alla motilità
intestinale, dalla funzionalità del sistema urinario all’escrezione. È forse più
noto per la sua azione neuronale ed ormonale in risposta allo stress
comunemente conosciuta come la risposta lotta-o-fuga. Questa risposta è
nota anche come risposta simpatico-surrenale, quando le fibre simpatiche
pregangliari che terminano nella midollare surrenale (ma anche tutte le altre
fibre simpatiche) secernono acetilcolina, che attiva la secrezione di
adrenalina (epinefrina) e in minor misura noradrenalina (norepinefrina).
Pertanto, questa risposta che agisce principalmente sul sistema
cardiovascolare è mediata direttamente tramite impulsi trasmessi attraverso
il sistema adrenergico e indirettamente tramite le catecolamine secrete dalla
midollare del surrene.
Alcune ricerche non ancora comprovate suggeriscono che il sistema
adrenergico sia fondamentale per mantenere la sopravvivenza poiché
responsabile dell’innesco dell’azione. Un esempio di questo priming
avrebbe luogo nei momenti prima del risveglio, quando il flusso
adrenergico aumenta spontaneamente in preparazione all’azione.
Il sistema NPYergico
Prove convergenti collegano il neuropeptide Y (NPY) al comportamento
ansia- e depressione- correlato. In particolare lo studio Cohen
(Neuropsychopharmacology. 2012 Jan;37(2):350-63. doi:
10.1038/npp.2011.230. Epub 2011 Oct 5.) ha cercato di valutare se vi sia
un’associazione tra le risposte comportamentali allo stress e i modelli di
NPY nelle aree cerebrali selezionate, e successivamente, se eventuali
manipolazioni farmacologiche dei livelli di NPY influenzano il
comportamento. Gli animali il cui comportamento era estremamente
perturbato (EBR) visualizzato selettivamente significativo calo del NPY
nell’ippocampo e nell’amigdala, rispetto agli animali il cui comportamento
era minimamente (MBR) o parzialmente (PBR) perturbato. Un’ora di
trattamento post-esposizione con NPY ha ridotto significativamente i tassi
di prevalenza di EBR. Il modello distintivo di riduzione dell’NPY correlata
ad EBR, nonché gli effetti comportamentali di manipolazione
farmacologica di NPY indicano una intima associazione tra NPY e le
risposte comportamentali allo stress, e potenzialmente tra i processi
molecolari e psicopatologici, che sono alla base dei cambiamenti osservati
nel comportamento.
I sistemi peptidergici
Un sistema peptidergico è un complesso funzionalmente rilevante
consistente di una cellula che sintetizza e secerne un peptide, una cellula
che risponde a quel peptide attraverso alcuni cambiamenti funzionali, ed un
mezzo attraverso cui il peptide viene trasmesso dal sito di secrezione a
quello di azione.
I peptidi identificati nel cervello sono molti e nella maggior parte dei casi la
loro localizzazione è ben nota; tuttavia una completa definizione del
sistema peptidergico richiede una più che buona conoscenza del sito e della
modalità di azione del peptide, dei meccanismi di secrezione e di
ricaptazione e di regolazione, dell’interazione con la cellula bersaglio, dei
meccanismi di inibizione del peptide e del loro ruolo fisiologico
nell’organismo.
Lo studio dei sistemi peptidergici è ancora embrionale e non è questa la
sede per approfondire ulteriormente questo argomento che rischierebbe solo
di creare ulteriore confusione nel lettore.
Neurotrasmettitori comuni
• derivati da amminoacidi
○ acido aspartico
○ acido glutammico
○ acido gamma-amminobutirrico (GABA)
○ glicina
• monoammine (in ordine di sintesi)
○ dalla fenilalanina e dalla tirosina
□ dopamina (da)
▪ norepinefrina (o noradrenalina, ne)
▫ epinefrina (o adrenalina, epi)
○ dal triptofano
□ serotonina (o 5-idrossitriptamina, 5ht)
□ melatonina
○ dall'istidina
□ istamina
• polipeptidi (neuropeptidi)
○ neurotensina (NT)
○ galanina
○ bombesine
□ bombesina
□ peptide di rilascio della gastrina (GRP)
□ neuromedina B
○ gastrine
□ gastrina
□ colecistichinina (CCK)
○ insuline
□ insulina
○ neuroipofisiari
□ vasopressina
□ ossitocina
□ neurofisina (tipo I e II)
○ neuropeptide Y
□ neuropeptide Y (NY)
□ polipeptide pancreatico (PP)
□ peptide YY (PYY)
○ oppioidi
□ corticotropina (ACTH)
□ beta-lipotropina
□ dinorfina
□ endorfina
□ encefalina
□ leumorfina
○ secretine
□ secretina
□ motilina
□ glucagone
□ peptide vasoattivo intestinale (VIP)
□ fattore di rilascio dell'ormone della crescita (GRF)
○ somatostatine
□ somatostatina
○ tachichinine
□ neurochinina A
□ neurochinina B
□ neuropeptide A
□ neuropeptide gamma
□ sostanza P
○ ammine biogeniche
□ acetilcolina (ACh)
○ altri
□ ossido di azoto (NO)
□ ossido di carbonio (CO)
□ anandamide
La recente crisi dei mutui americani può essere un buon esempio di come i
sistemi di neurotrasmissione interagiscano tra loro. Prendiamo questo report
di Ester Faia (rinvenibile su: http://www.treccani.it/enciclopedia/crisi-dei-
mutui-subprime_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)/)
Come possiamo osservare, sebbene la crisi abbia colpito gli Stati Uniti, tutti
i paesi del mondo (o quasi) ne sono stati influenzati. Così funziona il nostro
cervello: non è possibile che un sistema di neurotrasmissione si scompensi e
gli altri non ne siano influenzati.
BIBLIOGRAFIA
Le aree del cervello secondo Brodman
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[1]
Koob et al., 1998
[2] Robinson & Berridge, 1993
[3] Ibidem
[4] Koob et al., 1998
Parte
Seconda
CAPITOLO VI
ANGELICA PEZZI
GIOCO D’AZZARDO.
“Tutti i mammiferi giocano e gli uomini lo fanno più di tutti e per tutta la
vita”
Il salto di qualità si avrà nei primi del ‘900 con M. Montessori che porrà le
basi per una ‘Pedagogia sperimentale e sociale’: “…compie il primo passo
fondamentale per poter costruire un'osservazione obiettiva dell’oggetto.
L’oggetto dell’osservazione non è il bambino in sé, ma la scoperta del
bambino nella sua spontaneità ed autenticità anche nel gioco. L’ambiente
in cui il bambino vive, si muove, gioca, apprende deve essere a misura di
bambino. […] In questo ambiente il bambino agisce interamente con il
materiale proposto, mostrandosi concentrato, creativo e volenteroso. Il
bambino trova un ambiente in cui potersi esprimere in maniera originale e
allo stesso tempo apprende gli aspetti fondamentali della vita
comunitaria”.
Si può concludere dicendo che il gioco oltre ad essere un predittore della
sfera psico-fisiologica è lo strumento che ci permette di acquisire autostima
e indipendenza e mantenere il benessere attraverso il processo di
incanalamento-scarica della tensione.
Alea è una parola di origine latina ed è correlata al gioco dei dadi. I primi
dadi venivano fabbricati con ossa animali e risalgono al 4000 a.C., attribuiti
a Sumeri, Assiri e Babilonesi. Scritti e ritrovamenti testimoniano che anche
i Romani erano un popolo di scommettitori: scommettevano sui
combattimenti dei gladiatori, sulle corse di bighe e quadriglie nei giorni
fasti, poiché erano quelli favoriti dalla dea Fortuna. Ma di questo parleremo
più ampiamente nel capitolo dedicato alle ludopatie.
Per far sì che vi sia una scommessa devono essere rispettati tre assunti:
• la puntata deve essere di valore;
• non sono ammessi ripensamenti;
• è il caso a designare il vincitore.
Di pari passo con la nascita del gioco d’azzardo è nata anche la propensione
a barare, ossia vincere non rispettando le regole, testimoniata dal
ritrovamento di dadi appesantiti da un lato. “Se il gioco dei dadi vanta la
storia più lunga, nei secoli a noi più vicini possiamo trovare la Roulette
inventata nel XVI secolo dal filosofo Blaise Pascal, mentre le slot-machine
nel 1895 da Charles Fay”.
L’ICD-10 ha inserito il gioco d’azzardo tra i disturbi delle abitudini e degli
impulsi. Mentre “Guerreschi ha proposto una classificazione dei giocatori
d’azzardo in sei tipologie ben definite: giocatori compulsivi con sindrome
da dipendenza; giocatori inadeguati senza sindrome da dipendenza;
giocatori sociali costanti; giocatori sociali adeguati; giocatori antisociali;
giocatori professionisti non patologici”
; A. Bonforte lo ha definito “…..come un’attività ludica che si caratterizza
per il rischiare una più o meno ingente somma di denaro, in vista di una
vincita in denaro, strettamente legata al caso e non all’abilità individuale”,
tripartendolo in:
• “quelli forniti di piena tutela giuridica: giuochi che addestrano al
maneggio delle armi e dai giuochi sportivi, e in tal caso il giuoco è
tutelato ed è fonte di obbligazioni giuridiche, perché si ritiene che la
società abbia interesse ad avere uomini validi o militarmente
addestrati”; [ibidem]
• “quelli limitativamente tutelati: giochi di limitata tutela, poiché il
vincitore non ha azione di giudizio per pretendere il pagamento della
vincita, ma il perdente non può ripetere la prestazione spontanea
eseguita”; [Ibidem]
• “quelli vietati: giochi che essendo socialmente dannosi sono
repressi penalmente”. [Ibidem]
Dall’1 Gennaio 2013 “il decreto Balduzzi prevede l’obbligo per i gestori
delle sale da gioco e di esercizi in cui vi sia offerta di giochi pubblici,
ovvero di scommesse su eventi sportivi, anche ippici, e non sportivi, di
esporre all’ingresso e all’interno dei locali il materiale informativo
predisposto dalle Aziende Sanitarie Locali diretto ad evidenziare i rischi
correlati al gioco”
.
In Italia vige la normativa della “tabella dei giochi vietati”, che deve essere
esposta in tutti gli esercizi pubblici adibiti all’attività ludica per adulti.
Prevenzione
Solitamente si parla di prevenzione quando si vuole anticipare e bloccare la
diffusione di situazioni che possono compromettere la salute dell’individuo.
Ma il gioco d’azzardo è una malattia? Potremmo classificarla come una
malattia neuro-fisio-patologica ben definita e originata da un
comportamento compulsivo. Non tutti hanno la probabilità di esservi
soggetti, infatti colpisce solo le ”persone particolarmente vulnerabili e cioè
che presentano fattori individuali, amplificati e slatentizzati da fattori
socio-ambientali, importanti modificazioni dei sistemi quali la corteccia
pre-frontale (responsabile del controllo dei comportamenti volontari), il
nucleo accumbens-sistema della gratificazione, il sistema degli oppiodi
endogeni (implicato nella regolazione dell’ansia) e l’amigdala estesa
(importante drive dei comportamenti aggressivi e delle sensazioni legate
alla paura)” [Ibidem]. Mi soffermerò meglio su questo argomento
nell’ultima parte del trattato. In quanto patologia prevede delle fasi di
sviluppo che riassumerò riportando uno schema elaborato da Serpelloni,
2012.
ABUSO DI SOSTANZE.
“ A volte gli animali preferiscono iniettarsi le droghe […] piuttosto che
mettere in atto altre forme di comportamento positivo”.
Le teorie
“Gli animali sono in grado di apprendere a dare non solo risposte
arbitrarie che permettono loro di autosomministrarsi la stimolazione
elettrica cerebrale, ma anche di apprendere ad autosomministrarsi diverse
droghe” [Ibidem] poiché nella fase di condizionamento operante agiscono
da rinforzo, potenziando l’azione dell’acido y-aminobutirrico (GABA).
Secondo la teoria fisiologica proprio per questa caratteristica di rinforzo
comportamentale la droga motiverebbe l’uomo ad assumerla abusandone.
Dal punto di vista freudiano, come si evince nei “Tre saggi sulla teoria
sessuale”, il soggetto vivrebbe una fissazione allo stadio orale e
ricorrerebbe all’uso di sostanze perché non è in grado di staccarsi
dall’oggetto d’amore che è fonte di nutrimento e piacere alternativo in
quanto il soggetto non vede soddisfatti i propri bisogni primari. Secondo la
Teoria dell’Attaccamento la dipendenza da sostanze potrebbe essere
spiegata come la carenza da parte del caregiver e quindi il risultato di
patologie d’attaccamento elaborate da M. Ainswoth nella Strange
Situation. Secondo Kohut potremmo definirlo come incapacità della madre
di rappresentarsi come oggetto-Sé e di favorire la formazione del Sé
nucleare del bambino. Cancrini descrive il tossicodipendente come colui
che vive in una condizione di schiavitù rispetto a un carnefice: la sostanza.
Questo senso di schiavitù richiama il concetto di oggetto feticcio
winnicottiano che pone il soggetto in una condizione di dipendenza assoluta
in cui regna la fantasticheria allontanandolo da sé e dal mondo reale.
L’Art.85 del Codice Penale afferma che “Nessuno può essere punito per un
fatto preveduto dalla legge come reato, se, al momento in cui lo ha
commesso, non era imputabile”, l’Art.88 c.p. prevede il vizio totale di
mente, però gli Art.92 e 93 c.p. stabiliscono la non imputabilità del soggetto
che ha commesso l’atto sotto l’effetto di sostanze in quanto si presume che
al momento dell’assunzione fosse pienamente cosciente delle proprie azioni
momentanee e future. L’assunzione della sostanza che funge da rinforzo
all’azione criminale è considerata un’aggravante, invece l’intossicazione
cronica può influire sull’imputabilità del soggetto. Per la legge italiana il
tossicodipendente è un criminale? Lo è se compie reati imputabili dalla
legge, non lo è se ha dosi tali da poter stabilire un consumo personale, lo è
se contribuisce allo spaccio di sostanze illegali.
L’eroina può essere assunta attraverso inalazione dei fumi o sniffing. Per
strada può assumere diversi nomi, tra cui: roba, sugar, biancaneve…
Prevenzione
Seguendo le linee guida del “Piano di Azione Europeo” per attuare un
programma di prevenzione efficace bisogna: ridurre la domanda
prevenendo il consumo delle sostanze ed il manifestarsi del comportamento
nocivo, contenendo la diffusione di malattie infettive, ottimizzare l’efficacia
degli interventi delle terapie, favorendo la riabilitazione, riducendo la
stigmatizzazione sociale; ridurre l’offerta combattendo la criminalità
organizzata, bloccando il narcotraffico ed il riciclaggio di denaro;
cooperazione tra i paesi europei e le organizzazioni internazionali;
informare ed educare la società sull’uso ed eventuali rischi causati dal
contatto con le sostanze stupefacenti, rendendola partecipe alle iniziative
antidroga; promuovere la ricerca scientifica in termini di stupefacenti
illegali, in modo da poter controllare meglio gli effetti delle nuove droghe
sintetiche.
Questo messaggio educativo/informativo si può trasmettere nei contesti
scolastici perché la prima fase di vita, che va dai 0 ai 20 anni, è quella più
importante per lo sviluppo cerebrale, infatti, in questo periodo si sviluppano
le funzioni cognitive come la capacità di giudizio, apprendimento,
memoria, gratificazione… l’assunzione di droga in una fase così delicata
causa danni a livello del sistema limbico (deputato alle emozioni), zone
della corteccia cerebrale e in particolar modo dei lobi prefrontali (adibiti al
controllo degli impulsi e reazioni).
Possiamo concludere dicendo che anche se non è facile, a causa della scarsa
informazione e delle sovvenzioni statali, si può prevenire un fenomeno così
diffuso, perché come dimostrano le ricerche scientifiche nazionali, europee
ed internazionali ci sono fattori predittivi della dipendenza: genetico,
ambientale, psichico. Va sfaldato il mito del ‘solo una volta’: molti ragazzi
credono che assumendo queste sostanze solo una volta non siano così
nocive, la realtà è ben diversa: è lo stesso aggettivo ‘psicoattivo’ che
dovrebbe farci riflettere sulla loro ‘aggressività’ neurologica, poiché
agiscono sui circuiti del SNC (Sistema Nervoso Centrale) interferendo con
la produzione dei neurotrasmettitori, favorendo un aumento delle sinapsi,
producono assuefazione facendo entrare l’organismo nel vortice della
dipendenza.
DIPENDENZA SESSUALE
Interpretazione dinamica
Alla base della teoria freudiana c’è il concetto di “libido” inteso come forza
attraverso cui si manifesta l’istinto sessuale. Quest’ultimo, ossia
“l’instinkt”, è il comportamento animale fissato geneticamente che
provvede alla conservazione della specie e alla conservazione individuale.
Disfunzioni a livello istintuale comportano:
• Inversione sessuale: per cause esterne o interne il soggetto non
riesce a trovare il suo oggetto normale, così investe la libido su un
oggetto sostitutivo portando a una deviazione dell’oggetto sessuale;
• Perversioni sessuali: viene deviata la finalità sessuale.
La nevrosi viene interpretata come immagine negativa della perversione
perché il sintomo nevrotico non solo riproduce ma è anche la conseguenza
della componente perversa inerente l’istinto sessuale.
Cybersex e criminalità.
La parola “cybersex” racchiude una serie di comportamenti basati sul sesso
e sull’ausilio del computer o di qualsiasi strumento tecnologico che
permette di instaurare una connessione Internet: le persone possono cercare
video, foto, audio, attraverso i software di chat e social network le persone
oltre che chattare possono anche vedersi e interagire in tempo reale tramite
webcam. Cooper, in: “Sexual addiction & compulsivity”, distingue tra
“attività sessuale online” e “problema sessuale online”. Con la dicitura
“attività sessuale online”, l’autore intende l’utilizzo di Internet (tramite
testi, audio, video e file di immagini) per tutte le attività che riguardino la
sessualità umana. Il Cybersex è un’attività sessuale online, gli individui
utilizzano Internet per intraprendere attività sessuali eccitanti e/o
gratificanti, come: visionare materiale erotico, utilizzare chat erotiche per
condividere fantasie sessuali e nel frattempo entrambe le persone si
masturbano, scambiarsi immagini esplicitamente sessuali per e-mail. Un
problema sessuale online può manifestarsi dopo la messa in atto ripetitiva
ed incontrollata di comportamenti sessuali online e potremmo definirlo
come l’utilizzo continuo di contenuti digitali (testi, suoni o immagini
ottenuti dal software del computer o qualunque loro combinazione),
fondamentali per la stimolazione e/o la gratificazione sessuale da parte di
un utente che presenta difficoltà nell’intraprendere un normale rapporto
sessuale con l’altro. Delmonico, Griffin e Moriarity si riferiscono al
Cybersex col nomignolo CyberHex, Hex indica la sua capacità nel captare il
soggetto distogliendolo dalla realtà, facendolo vivere come in uno stato di
trance. Secondo gli autori le caratteristiche del CyberHex sono:
• intossicazione: il soggetto vive in una dimensione non reale,
proprio come accade nella dipendenza da sostanze, con l’accezione
che in questo caso si ha la “dipendenza senza droga”;
• isolamento: l’unica relazione che il soggetto ha è col computer e
con il materiale pornografico mostrato in esso, a scapito delle “sane”
relazioni interpersonali;
• integralità: l’uso di Internet è all’ordine del giorno, lo si usa
quotidianamente per inviare e-mail, fare ricerche, giocare…;
• imposizione: sembra che sia impossibile vivere senza Internet, quasi
come se il suo uso rientrasse nei costumi dettati dalla società;
• interattività: le persone decidono con chi interagire e a quali attività
dedicarsi;
• economicità: si può accedere ad una vasta gamma di materiale ed
informazioni a costi modici o non costi in quanto locali, comuni
mettono a disposizione reti libere.
È stato dimostrato che più del 50% dei soggetti affetti da dipendenza
sessuale commette reati a sfondo sessuale. L’Associazione Italiana per la
Ricerca in Sessuologia ha condotto sul territorio nazionale una ricerca con
lo scopo di rilevare la presenza della dipendenza in Italia e dei soggetti a
rischio. Sono stati somministrati 1556 questionari, “Sexual Addiction
Inventory” (SAI/2) del Dott. Franco Avenia, però ne sono stati convalidati
per l’analisi solo 1046. Il metodo di rilevazione utilizzato era l’inchiesta sul
campione casuale a domanda chiusa e risposta scritta. Di seguito riporterò i
risultati.
Il film documentario intende far conoscere ciò che avviene sul set di questi
film: giovanissime devono approcciarsi ad avere un rapporto completo
(anche non desiderato) con molti uomini in poche ore che causano loro
lesioni interne, sanguinamenti, danni fisici, senza ricevere le giuste cure
perché bisogna portare a termine tutte le riprese.
È bene far notare che per le neuroscienze la sessualità non è semplice atto
fisico ma è fondamentale che nel contempo vi sia anche ‘desiderio’ poiché
sarà proprio quest’ultimo a creare i presupposti che porteranno ai processi
chimici preparatori, quindi possiamo dire che l’atto sessuale coinvolge sia
gli stati fisiologici (dettati dall’attivazione di amigdala, sistema endocrino,
ipotalamo, sistema nervoso centrale) che quelli cognitivi (incluse le
esperienze relazionali infantili).
Il cliente può scegliere quale prodotto mettere nel carrello, dopo averne
visionato la foto e la scheda tecnica.
Alla donna spetta la prima mossa, ossia iniziare la chat, mentre l’uomo-
prodotto può decidere il tipo di contratto vincolante:
• a tempo indeterminato prevede che si inizi una relazione seria;
• a tempo determinato prevede che si instauri un rapporto amicale
intimo;
• one shot o a chiamata
I fondatori hanno creato tale social network spinti dall’idea che oggi le
donne preferiscano prendere l’iniziativa e nel frattempo l’uomo possa
sentirsi un latin lover.
La verità è che l’uomo può sentirsi tale solo se raggiunge un elevato
punteggio che aumenta di pari passo all’aumentare del numero volte in cui
viene acquistato. Quando la donna si stufa di lui decide di riporlo, proprio
come si fa con gli oggetti vecchi.
Circuiti emotivi.
Amigdala, tronco dell’encefalo, sistema nervoso autonomo (SNA) e
ipotalamo svolgono un ruolo fondamentale nella regolazione delle emozioni
e preparano il corpo all’azione. Per far sì che ciò sia possibile le zone
cerebrali adibite agli stati fisiologici e quelle adibite agli stati cognitivi
devono poter comunicare tra loro, infatti percepito l’evento si ha
un'esperienza cosciente di esso (o cognizione) che porta a risposte riflesse
del Sistema Nervoso Centrale (SNC).
Dalle teorie di James e Lange, Schachter e Damasio è emerso che
“l’esperienza delle emozioni è essenzialmente una storia che il cervello
crea per spiegare le reazioni del corpo”
.
Il sistema nervoso autonomo o sistema motorio involontario controlla la
muscolatura liscia, cardiaca e le ghiandole esocrine. Si divide in :
• Simpatico: si attiva in caso di emergenza (emorragia, sbalzi di
temperatura, lotta…) e controlla le “reazioni di lotta o fuga”.
• Parasimpatico: si occupa di riportare il corpo alla condizione di
normalità.
Gratificazione (Reward)
«Feel Good» system
Risposta allo stress e regolazioni di:
• Ansia
• Depressione
• Noia
• Aggressività
• Euforia
- Es: sistema endocannabinoide
- Os: sistema oppiaceo
- Gs: sistema GABA
Droga e omicidio.
In seguito riporterò un fatto di cronica avvenuto a Novi Ligure, ancora vivo
nei ricordi. Il caso colpisce perché gli aggressori sono due minorenni.
Sembrerebbe che il movente dell’omicidio sia stato un diverbio genitori-
figlia per lo scarso rendimento scolastico di quest’ultima. A fare da sfondo
all’omicidio ci sono anche l’uso di droga e una sessualità sfrenata.
Quest’ultima è vista da Erika come “merce di scambio”: modo per
procurarsi la cocaina.
La villetta della quasi diciassettenne Erika Nardo diventa lo scenario in cui
viene commesso un duplice omicidio. Le vittime sono il fratellino di 12
anni, affogato e accoltellato 45 volte nella vasca, e la madre Susy Cassini di
45 anni, accoltellata 40 volte. Il 21 Febbraio 2001 Erika convince il
fidanzato Omar ad aiutarla nell’omicidio premeditato della madre, in un
secondo momento si aggiungerà anche quello del fratello, Erika è
intenzionata ad uccidere anche il padre che in quelle ore era fuori, ma Omar
decide di andarsene. La ragazza mette a soqquadro la casa e con i vestiti
sporchi di sangue corre fuori in cerca d’aiuto. Cercherà di far ricadere la
colpa sull’albanese Arber, che però ha un alibi. Durante un interrogatorio la
ragazza cerca di far ricadere la colpa su Omar, che dopo sei mesi dalla
vicenda decide di dire la verità. Lui ha compiuto un tale atto solo per amore
della ragazza, le coltellate inferte alla madre erano una prova d’amore. In
carcere la ragazza si dimenticherà presto di Omar, infatti intrattiene una
corrispondenza con Dj Marco, il quale pur dichiarando di non conoscerla dà
speranza ai suoi sentimenti. “Il Tribunale dei Minorenni di Torino condanna
rispettivamente Erika ed Omar a 16 e 14 anni di reclusione, con la sentenza
del 14 dicembre 2001. La Corte di Appello di Torino nel 2002 e la Corte di
Cassazione nel 2003 hanno confermato le precedenti condanne. Omar
Favaro esce dal carcere il 3 Marzo 2010, grazie all’indulto e agli sconti di
pena per buona condotta”.[5] Erika è tornata in libertà il 5 Dicembre 2011.
CONCLUSIONI
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[1]Tratto da
http://www.cesdop.it/public/Download/master_gambling_bassa.pdf p.37
[2]
http://www.murderworld.altervista.org/linfluenza_della_pornografia_nello
micidio_serial.html
[3] Senti l'ultimo loro respiro lasciare i loro corpi. Le guardi negli occhi Una
LA MASTURBAZIONE INFANTILE
La gestione del senso di colpa risulta tanto importante quanto l’analisi degli
equivalenti dell’atto stesso. L’odio ed il rifiuto per il proprio corpo,
l’impotenza di fronte alle fantasie, la sensazione di essere indegni sono idee
ricorrenti.
Il desiderio sessuale in entrambi i sessi declina con l’età, con una caduta
maggiore nelle donne, in coincidenza della menopausa, per ragioni sia
endocrine sia relazionali, ed è accentuata in caso di menopausa iatrogena,
specie se precoce. Il desiderio si presenta relativamente costante e continuo
nell’uomo, seppure con un graduale declino, dall’adolescenza fino alla tarda
maturità. Nella donna è fisiologicamente discontinuo, anche in età fertile, in
relazione alle variazioni endocrine correlate ai diversi stati fisiologici e
psicoemotivi del ciclo mestruale, della gravidanza, del puerperio e della
menopausa.
Gli ormoni implicati nel desiderio sessuale sono molteplici ed agiscono sia
a livello centrale che periferico.
I principali, molto importanti sia per l’uomo che per la donna sono gli
androgeni che hanno funzione di “iniziatori centrali” e di “modulatori
periferici”. Nella donna abbiamo gli estrogeni che sono “modulatori
centrali e periferici” ed i progestinici che hanno funzione di “inibitori
centrali moderati”. La prolattina è un inibitore centrale a dosi crescenti.
Importanza rilevante hanno sia gli ormoni tiroidei che sono modulatori
centrali, ma soprattutto l’ossitocina e la vasopressina.
La nostra specie si distingue dai Primati, nostri cugini, solo per il 2% dei
geni: da questa minima ma critica componente sono codificate non solo le
differenze somatiche, ma lo speciale sviluppo del lobo frontale nell’essere
umano, che sarebbe caratterizzato da una maggiore capacità di inibire i
propri impulsi, nello specifico sessuali, per rendere i propri comportamenti
più socialmente appropriati.
La capacità di controllo delle funzioni sessuali e del desiderio viene
esasperata attraverso un’educazione sessuale fortemente diversa, nei due
generi, nella maggior parte delle culture e dei popoli: repressiva nelle donne
e incentivante nell’uomo.
DIPENDENZA DA SESSO
Come abbiamo visto ogni comportamento, non solo quello sessuale, può
diventare una dipendenza. Ma, come abbiamo già evidenziato non è il
comportamento in sé il problema quanto il rapporto che la persona ha
con il suo comportamento. Quando diventa una dipendenza il
comportamento non può essere fermato, anche se crea problemi nella vita
della persona.
Purtroppo il cambiar nome non servì a salvare i due amanti dalla loro
condizione. E morirono entrambi. Scegliete il nome che preferite, basta
trovare una soluzione.
SESSO OVUNQUE
Per dare un’idea al lettore di quanto il sesso permei la nostra realtà vorrei
riportare alcune statistiche. Un recente studio della Kaiser Family
Foundation riporta che il giovane medio, in America, trascorre circa 38 ore
alla settimana tra TV, musica, videogames, computer e libri; l’equivalente
ammontare orario di un lavoro fulltime. Il 68% del materiale a cui sono
esposti ha un esplicito contenuto sessuale. Due anni fa era il 56%. Secondo
le statistiche mondiale l’esposizione dei bambini a materiale a contenuto
sessuale inizia poco dopo il terzo anno di vita.
Abbiamo visto nei capitoli precedenti come la compulsione altro non sia
che una sorta di schiavitù verso una determinata abitudine o azione o
sostanza; schiavitù sia fisiologica sia psicologica. Droga, alcol e gambling
sono gli esempi tipici che abbiamo deciso di riportare in quest’opera.
Il sesso può essere visto come una droga con potenti capacità di alterare
l’umore grazie all’enorme ventaglio di attività sessuali in cui si può
indulgere e che possono rievocare diverse risposte emotive e sensoriali.
Non è raro, ad esempio, che un soggetto affetto da sesso compulsivo si
trovi, prima o poi nella sua vita, a fare esperienze che fino a poco prima
riteneva impensabili; ad esempio esperienze omosessuali (per un etero) o
eterosessuali (per un gay), sadomaso, bondage, e così via. Così come un
dipendente da sostanze prima o poi inizierà a mescolarle, così un sesso-
dipendente inizierà a mescolare pratiche sessuali per poter provare
l’appagamento. E con l’avanzare della ricerca scientifica riusciamo a capire
sempre meglio quali siano i meccanismi che si attivano nel cervello per
ogni singola pratica; non solo quelli psicologici ma anche neurochimici.
LA SPIEGAZIONE NEURO-BIOLOGICA
LA SPIEGAZIONE PSICOLOGICA
Non sarà certo una sorpresa per il lettore sapere che la maggior parte delle
persone affette da sesso compulsivo riferiscono di avere avuto un’infanzia
difficile, famiglie instabili o di essere state vittime di abusi psichici, emotivi
o sessuali.
Abbandono
La famiglia deve essere un “rifugio sicuro”, ma tra impegni di lavoro,
carriere rampanti e il tasso in vertiginoso aumento dei divorzi e delle
separazioni, l’abbandono sta diventando una realtà sempre più imponente.
Essere abbandonato da un genitore o da una persona importante a causa di
un divorzio, di un trasferimento o di un decesso può risultare in un dolore
devastante ed impossibile da sopportare per un bambino. Molti autori in
letteratura hanno posto l’accento sull’importanza, per lo sviluppo del
bambino, della presenza di entrambi i genitori, almeno negli anni in cui la
persona si forma. Quando la necessità di un “rifugio sicuro” non viene
soddisfatta questo sfocia in un dolore che può portare il bambino a
sviluppare una qualche forma di compulsione come via di fuga. Ignorando
le devastanti conseguenze che ne scaturiranno il bambino, poi adolescente,
può cadere in varie forme compulsive come la masturbazione compulsiva, il
sesso compulsivo, l’alcol, il gioco d’azzardo, le droghe o altre forme di
dipendenza perché, a un certo livello, queste suppliscono al suo senso di
vuoto e di solitudine.
L’abuso
Molti sesso-dipendenti narrano di storie di abusi subiti. Sono diversi i tipi di
abuso che possono portare al sesso compulsivo.
Abuso fisico
L’abuso fisico, o l’essere fisicamente violati attraverso le percosse, gli
strattoni, la violenza in genere ecc. a prescindere dal fatto che possa essere
più o meno giustificato genera nella vittima sempre un trauma. I ricordi
dell’essere stata violata, picchiata, abusata crea una paura nei livelli più
profondi dell’essere della mente della vittima e la porta ad avere poca
autostima è a credere di valere poco perché coloro che avrebbero dovuto
prendersi cura di lei ne hanno, invece, abusato.
Abuso emotivo
L’abuso emotivo passa attraverso l’imbarazzo e la vergogna e investe il
bambino di una responsabilità per il proprio comportamento che non è
bilanciata all’età e alla maturità del soggetto. Far crescere un bambino
troppo in fretta o chiedergli di prendersi responsabilità che non gli spettano
è una forma di abuso emotivo. Si pensi ad esempio a quanti genitori
chiedono al bimbo di 3 anni che va all’asilo “ma tu ce l’hai la fidanzatina?”.
I bambini di tre anni devono pensare a giocare, non a formare un famiglia.
Il dolore che si associa a questo tipo di comportamenti può fungere da
fondamento per lo sviluppo di una compulsione che servirà al bambino, una
volta adulto, a medicare il dolore stesso.
Abuso spirituale
L’abuso spirituale ha luogo quando la spiritualità viene permeata di filosofie
personali ed interpretazioni “strampalate” di chi Dio sia e cosa faccia o
voglia piuttosto che facilitare una relazione sana e d’amore con Lui. Alcuni
sesso-compulsivi ammettono che a un certo punto della propria vita sono
stati obbligati ad aderire ad un sistema di credenze particolarmente stretto o
vincolante ed avevano paura, imbarazzo o semplicemente non si
azzardavano ad opporsi a tale imposizione. La sessualità è diventata motivo
di imbarazzo e grazie a una formazione reattiva hanno sviluppato un
particolare interesse verso il mondo del sesso e della sessualità.
Un’attitudine ribelle ha preso forma e si è strutturata. Questo li aiuta ad
indulgere in pratiche sessuali multiple, promiscue che spesso si
accompagnano all’alcol e al gioco d’azzardo. A volte possono sfociare nel
sesso illecito, nella violenza sessuale, nello stupro e simili.
Abuso sessuale
Molti sesso-dipendenti sono stati vittime di qualche forma di abuso sessuale
in passato. L’abuso sessuale è una realtà difficile con cui trattare e
devastante sotto ogni aspetto. L’abuso può scatenare i peggiori e più
dolorosi dei sentimenti. Quando l’abuso viene riconosciuto il risultato
dell’affrontare il trauma può essere devastante. L’abuso sessuale non solo
danneggia l’individuo ma lo forza ad oggettivare il sesso. Il sesso viene
quindi visto come una cosa, un oggetto con cui medicare il dolore e la
persona ne ha bisogno sempre di più perché il dolore continua ad affiorare.
Il tipo di abuso sessuale a cui la persona è esposta è strumentale per
l’interpretazione e la comprensione delle pratiche sessuali preferite dal
compulsivo. L’abuso sessuale crea sia un senso di confusione sia di danno
profondo nella mente del dipendente.
Domanda più’ classica tra le persone che si rendono conto di avere questo
problema è “perché sono diventato un sesso-dipendente?”. Spesso la
domanda emerge in uno stato di confusione e porta con sé un’intrinseca
urgenza di ottenere una risposta dal momento che la persona sta cercando di
dare un senso ciò che sta succedendo. La domande che poi seguono,
generalmente impregnate di paura e di ansia sono “Sono matto?”; “Ho
bisogno di psicofarmaci?”; “Perché mi sta succedendo questo? E’ per
qualcosa che ho fatto?”; “E’ perché sono stato abusato?”
COMPULSIONE OPPORTUNITÀ-INDOTTA
La libertà è tale sono quando il soggetto può scegliere essendo edotto delle
conseguenze. Non vi è libertà se non si sa a cosa si va incontro.
Pensiamo all’adolescente che, finendo le scuole medie deve scegliere le
superiori. Per quanto i genitori lo lascino “libero” di scegliere la sua scelta è
inficiata dal fatto che non sa cosa deve aspettarsi e sarà facilmente
influenzabile. Quanti di noi hanno detto, almeno una volta nella vita “Se
tornassi indietro non lo farei!” oppure “Se avessi saputo che sarebbe finita
così non lo avrei fatto!” . il famoso “senno di poi” è la base esperienziale
che ci fa crescere.
Il dogma “è così perché lo dico io” non rende liberi. Rende schiavi. “Il
sesso dà piacere” non è un pensiero che rende liberi, rende dipendenti.
Poiché non la dice tutta. Un’affermazione del tipo “il sesso appaga ma
rischia di renderti vuoto, depresso distrugge l’autostima ecc...” e tutto
quello che abbiamo detto finora, è un pensiero che si avvicina di più’ a una
libera scelta, poiché il soggetto sa a cosa va incontro.
SVILUPPO CEREBRALE
Ma mentre una parte della comunità scientifica continua a dibattere sul fatto
che sia nato prima l’uovo o la gallina, un’altra parte porta avanti ricerche
mirate a capire se un’esposizione precoce alla pornografia ossa avere sulla
regolazione della dopamina un impatto più o meno simile a quello dell’uso
di sostanze. Esistono evidenze inconfutabili del fatto che l’uso precoce di
sostanze (quali droghe, nicotina, e alcol) dia origine ad uno squilibrio a
lungo termine della dopamina (Manning et al., 2001); se il sesso avesse lo
stesso potenziale di quello che Patrick Carnes ha predetto alla conferenza
annuale del “Simposio Europeo sui disturbi da dipendenza” (UKESAD) nel
maggio del 2010 allora l’affermazione che “uno tsunami stia arrivando” è
completamente plausibile.
PERSONALITÀ
Direi che sia impossibile affermare con certezza se questi tratti siano innati
o siano piuttosto tratti appresi nel comportamento della persona ma credo
che molti genitori converranno con me che sono tratti osservabili nei
bambini già in tenera età.
Credo che qui sia doveroso sottolineare che ci sono prove sempre più solide
che mettono in correlazione ADHD (disturbo da deficit di attenzione e
iperattività) e dipendenza (Blankenship and Lasser, 2004), in parte per il
ruolo ricoperto dalla dopamina ma anche a causa dei comuni tratti di
personalità.
AUTOCONTROLLO
LA SOLITUDINE ADOLESCENZIALE
IPER-COMPENSAZIONE
Ogni nostra esperienza, ogni trauma, costruisce dentro di noi uno schema
comportamentale, che spesso noi seguiamo religiosamente. Chi attiva
l’iper-compensazione per contrastare lo schema arriva a pensare, sentire,
comportarsi e relazionarsi in modo tale che la sua percezione di sé è diversa
da come si percepiva quando lo schema si è formato.
Vorrei portare alcuni esempi per chiarire il pensiero:
- chi da piccolo si sentiva indegno, da grande cercherà
disperatamente di essere perfetto;
- chi, in un periodo della vita, è sottomesso tenderà a prevaricare
gli altri;
- chi è eccessivamente sorvegliato cercherà di sorvegliare gli altri o
eviterà ogni forma di controllo;
- chi subisce la violenza diventerà violento;
- chi ha esperienze omosessuali (o desideri omosessuali) diverrà un
seduttore eterosessuale.
Dipendenza affettiva
La dipendenza affettiva, nota anche come dipendenza da intimità o
dipendenza da romanticismo, ha molti punti in comune con la dipendenza
sessuale sebbene possa avere o meno implicazioni comportamentali che
riguardano il sesso. La differenza chiave è che nella dipendenza affettiva è
il processo attrattivo a creare l’innalzamento della dopamina, piuttosto che
il comportamento sessuale vero e proprio.
In realtà, poiché molti affetti da sesso compulsivo amano la “caccia” tanto
quanto la cattura della preda, come la dipendenza affettiva e quella sessuale
si esternano ad un primo approccio può sembrare identico soprattutto
perché diversi soggetti preferiscono usare il termine “amore” piuttosto che
“sesso”;il 22% (Hall, 2012).
Violenza sessuale
È stimato che il 55% dei criminali sessuali abbia anche una dipendenza da
sesso (Blanchard, 1990) e poiché l’escalation è una cosa comune nelle
dipendenze, passare il limite è sfociare in comportamenti illegali o criminali
è un rischio concreto per molti dipendenti. Il 43% (Hall, 2012) ha assistito a
pornografia di tipo pedofilo o zoofilo ed un ulteriore 18% ha avuto
comportamenti esibizionistici o voyeristici.
È bene per i colleghi e per i tutti i professionisti che lavorano con i criminali
sessuali tenere a mente che alcuni pazienti dichiareranno fin da subito il
proprio comportamento illegale ma per altri ci vorranno settimane, mesi o
addirittura anni per arrivare a fidarsi e riuscire quindi a parlare della propria
azione.
Non c’è nulla che non possa essere trovato e visto su internet. La
pornografia ed il sesso sempre più disponibili rendono sempre più attraente
ed appetibile il brivido dell’illegale.
Un uso scaltro del file-sharing e dei pop-up attrae e seduce chi sta davanti
allo schermo convincendolo che il suo comportamento è normale e di uso
comune.
Masturbazione compulsiva
Di tutti i tipi di comportamento sessuale, la masturbazione compulsiva è
uno dei più segreti e isolanti. L’uomo o la donna che si masturba
compulsivamente, con o senza l’uso del porno è spesso l’ultimo a chiedere
aiuto, spesso non vede o percepisce il proprio comportamento come
problematico. Il comportamento nascosto è spesso legato a un trauma
passato dovuto alla società familiare, o alla vergogna religiosa associata
all’atto sessuale e all’intimità. Molti masturbatori compulsivi riferiscono
che le loro credenze interne circa la masturbazione sono che l’atto in sé sia
“sporco”, “vergognoso”, o “peccaminoso”. Mentre la maggior parte dei
dipendenti da sesso cercano attivamente un aiuto quando spinti da qualche
ovvia conseguenza esterna (sia essa legale, di lavoro, di salute, o
relazionale), la natura solitaria del comportamento del masturbatore
compulsivo lascia le sue azioni meno soggette alle conseguenze dirette di
altre forme di comportamento sessuale. Il sesso-dipendente che indulge
nella masturbazione compulsiva spesso chiede aiuto per l’ansia,
l’ossessione, l’isolamento, e l’incapacità di ottenere o mantenere relazioni
sane. Alcuni masturbatori compulsivi vedono le conseguenze della loro
compulsione attraverso l’apparire di impulsi e comportamenti inappropriati
quali la pornografia infantile, la zoofilia, la masturbazione in luoghi
inappropriati (ad esempio, sul posto di lavoro o in un’automobile), o a
causa della comparsa dell’autolesionismo. Tuttavia, la conseguenza più
frequente della masturbazione compulsiva è una vita priva di intimità,
sentimenti coartati, e pieno di vergogna nascosta.
CASISTICA
Ad esempio:
Uomini Donne
Guardare pornografia 89% 73%
Comportamenti fetish 24% 36%
Sesso con sconosciuti 32% 41%
Più relazioni contemporanee 37% 54%
Ricorso alla prostituzione 30% 3.3%
Un altro fattore che incide sul fatto che le donne affette da dipendenza
sessuale siano meno rispetto agli uomini credo sia anche da imputare al
fatto che la pornografia mirata al pubblico femminile è meno rispetto a
quella mirata al pubblico maschile (le donne preferiscono i “porno classici”
o quelli del panorama pornografico gay) e la disponibilità di professionisti
del sesso per le donne è sicuramente inferiore a quello delle controparti
femminili rivolte agli uomini.
BIBLIOGRAFIA
ANTONIO FERRANTE
INTRODUZIONE
E’ ormai alla portata di tutti: dopo aver creato uno username, è sufficiente
ricaricare l’importo presso una qualsiasi rivendita, e il “gioco” è fatto!
Esistono essenzialmente:
• Giocatori professionisti che non presentano patologie: sono quelle
persone che fanno dell’ azzardo una fonte di reddito e una professione
vera e propria
• Giocatori antisociali: sono quei giocatori che praticano gioco
d’azzardo per avere guadagni non legali;
• Giocatori sociali adeguati o occasionali: rientrano in questa
categoria tutte quelle persone che giocano saltuariamente, e utilizzano
il gioco per fare qualcosa di diverso o come forma di relax. Per queste
persone il gioco non va a creare problemi finanziari ne interferisce con
le obbligazioni lavorative, familiari e sociali;
• Giocatori sociali constanti: rientrano in questa categoria tutte
quelle persone che fanno del poker e dei giochi d’azzardo in genere la
fonte principale di svago e relax. Questi soggetti per fortuna mettono
aprioristicamente al gioco la famiglia, il lavoro e le attività sociali;
• Giocatori inadeguati senza sindrome di dipendenza: per questi
soggetti il gioco rappresenta la chiave per uscire temporaneamente da
altre problematiche, come ansia, stress, depressione, burn-out. In
questi soggetti non ci sono ancora tratti specifici di compulsività e
vengono paragonati ai bevitori inadeguati senza sindrome da
dipendenza alcolica;
• Giocatori compulsivi con sindrome da dipendenza (GAP): il gioco
per questi soggetti è il fulcro vitale, la cosa più importante della loro
vita. In questi soggetti non c’è più razionalità nel giocare e nello
spendere soldi. Questi soggetti hanno il bisogno di giocare sempre e
senza limitazioni.
La gerarchia sopra citata illustra come sia facile passare dalla categoria
occasionale a quella compulsiva, soprattutto per le fasce adolescenziali, le
più deboli. Se notiamo bene, c’è una stretta somiglianza con quello che è il
circolo vizioso dato dalla dipendenza da alcool, passando da bevitore
moderato ad alcolista.
E’ importante adesso arrivare a quella che è la definizione del gioco
d’azzardo patologico (GAP), nello specifico secondo quelli che sono i
criteri diagnostici stabiliti dal DSM V.
È con queste parole che Dante introduce nel mondo infernale la presenza di
colui che biscazza, ovvero colui che gioca d’azzardo i suoi averi e le sue
facoltà, e le fonde, le consuma. E se il gioco d’azzardo era ben conosciuto al
Poeta Dante, tanto da essere addirittura accusato e processato per
baratteria[3], esso affonda le sue radici in epoche assai più remote.
L’origine etimologica della parola azzardo deriva dal francese hasard, che a
sua volta deriva dall’arabo az-zahr che significa dado ma che
originariamente era il gioco dei tre dadi, il cui punteggio massimo era 6-6-
6. Come notato da due tra i più importanti studiosi del gioco d’azzardo nel
panorama italiano[4] il numero 6-6-6 è la somma di tutti i numeri della
roulettes, dalle religione e dall’esoterismo è sempre stato considerato il
numero del diavolo.
Molte ancora sono le “tracce” del gioco nella tradizione egizia, secondo la
quale l’origine del sistema solare sarebbe da ricondurre a una “partita” tra
divinità, o in quella greca, nella quale una leggenda racconta che Zeus e i
suoi fratelli, dopo aver sconfitto i Titani , si sarebbero spartiti l’ universo a
dadi.
Per i Romani invece il gioco d’azzardo era proibito, sanzionato con pene
che andavano dalla contravvenzione in denaro, che poteva arrivare sino a
quattro volte la posta, all’esilio ma questo non impedì di far passare alla
storia la nota passione per il gioco dell’imperatore Nerone e ancor più
quella di Claudio, il quale avrebbe fatto costruire una carrozza adeguata
specificatamente al gioco dei dadi[6]. Era permesso giocare d’azzardo
solamente nel mese di dicembre, durante i Saturnali, il carnevale romano.
Così lo scrittore Giovenale, agli inizi del II secolo, parla della decadenza
dei costumi del suo tempo riferendosi alla diffusione del gioco d’azzardo,
verso il quale molti dei suoi concittadini erano assiduamente dediti
(Giovenale, Satire,Libro I):
«Quando mai la pienezza di vizi si è manifestata con più abbondanza?
Quando mai si è ceduto tanto alla avidità? Quando mai è stata forte la
mania del gioco? Ormai non si va più al tavolo da gioco solo col
borsellino, no! Ci si porta dietro tutti i propri averi.»
La prima struttura nata con la funzione vera e propria di casa da gioco risale
al 1638, istituita e gestita dallo Stato: il Ridotto di Venezia. La parola
“Ridotto”, in ogni eccezione del termine, era conosciuta a Venezia a partire
dal 1282: si intendeva un luogo dove, in particolare nobili e ogni “genere”
di persone (avventurieri, prostitute, bari, viaggiatori ecc..) si “riducevano”,
si ritiravano, per diversi motivi: i giochi d’azzardo, i piaceri delle
cortigiane, le relazioni sociali e politiche. In particolare il gioco d’azzardo
che la tradizione vuole sia nato all’aperto, tra le colonne di Marco e Todaro,
aveva preso talmente piede in città che il Governo era ben lieto che i
giocatori si “riducessero” in luoghi chiusi.
È solo dagli inizi del 1800, con il periodo napoleonico, che inizia a scemare
l’intolleranza acuta verso il gioco, attraverso l’emissione del primo decreto
atto a sancire il riconoscimento delle case da gioco. Con questo decreto il
gioco non è più perseguibile dalla legge purché questa attività venga
effettuata in luoghi adibiti alla stessa: i cosiddetti casinò. Ben presto gli altri
paesi europei hanno lavorato per legittimare le case da gioco prendendo
spunto dal decreto napoleonico.
Sia al momento di una scommessa sia di fronte alla lotteria, alla roulette è
chiaro che il giocatore mantiene lo stesso atteggiamento. Non prende
iniziative, attende la decisione della sorte. Al contrario, il pugile, il podista,
il giocatore di scacchi ce la mettono tutta per vincere. Poco importa che
questi giochi siano atletici o intellettuali. L’atteggiamento del giocatore è lo
stesso e consiste nello sforzo di vincere un avversario che si trova nelle sue
stesse condizioni. Sulla base delle mie ricerche mi sono avvalso degli studi
di Roger Callois per procedere a una suddivisone dei giochi in quattro
categorie a seconda che, nei giochi presi in considerazione, predomini il
ruolo della competizione, del caso, del simulacro o della vertigine. Callois
le chiama rispettivamente : Agon, Alea, Mimicry e Ilinx. Tutte e quattro
appartengono a pieno titolo al campo dei giochi ma queste designazioni non
esauriscono ancora l’intero universo del gioco. Esse lo dividono in
quadranti ognuno dei quali è dominato da un principio originale e
delimitano dei settori che riuniscono i giochi della stessa specie.
Alea è la parola latina che indica il gioco dei dadi; con questo termine si
vuol indicare quei giochi la cui vittoria o sconfitta non dipende dal
giocatore ma solo ed esclusivamente dal destino; il giocatore è passivo.
Contrariamente all’agon, l’alea nega il lavoro, la pazienza, la destrezza,
elimina il valore professionale, l’allenamento. E’ avversità totale o fortuna
assoluta. Pur esprimendo atteggiamenti opposti obbediscono ambedue alla
stessa legge: la creazione artificiale di condizioni di assoluta uguaglianza
che la realtà nega agli uomini. Per tanto il gioco sia che appartenga all’una
o all’altra tipologia è un tentativo di sostituire, alla normale confusione
dell’esistenza ordinaria, delle situazioni ottimali.
Ilinx questo termine deriva dal greco da cui ne viene il nome della vertigine
ilingos. Questa, secondo Callois, è l’ultima specie di giochi e comprende
quelli che si basano sulla ricerca della vertigine e consistono in un tentativo
di distruggere per un attimo la stabilità della percezione e a far subire alla
coscienza una sorta di voluttuoso panico. Si tratta di una specie di spasmo,
smarrimento o trance che annulla la realtà con una vertiginosa
precipitazione. Le pratiche fisiche che la provocano sono svariate.
L’acrobazia, la caduta, il lancio nello spazio, gli scivoloni, la rotazione,
l’accelerazione e la velocità. Esiste anche una vertigine di ordine morale, un
raptus ,che coglie all’improvviso e che si accompagna con il gusto represso
del disordine e della distruzione che tradisce forme rozze di affermazione
della personalità. Gli individui in questi giochi traggono piacere dallo
stordimento. Proprio per provocare questo stordimento sono state create
delle macchine potenti, per tanto non c’è da stupirsi se si è dovuta aspettare
l’età industriale per far rientrare la vertigine nelle categorie del gioco[9].
Nella nostra società di tipo industriale, fondata sul valore del lavoro, il
gusto dei giochi d’azzardo è fortissimo poiché essi propongono il modo
esattamente contrario di guadagnare del denaro in una sola volta senza
fatica. Da ciò ne deriva la seduzione costante delle lotterie, dei Casinò, dei
totalizzatori sulle corse dei cavalli o sulle partite di calcio, che fanno
intravedere un miraggio di un colpo di fortuna istantaneo che può portare
alla ricchezza, al lusso e all’ozio.
Proprio queste caratteristiche fanno si che questi giochi siano alla portata di
tutti: adolescenti, famiglie, casalinghe e pensionati. Il gioco non è, quindi,
più legato ai suoi contesti originari come i casinò ma diventa disponibile
per tutti, sempre e ovunque, sempre più spesso in solitudine.
Molti sono stati e sono ancora molti tutt’oggi gli studiosi che si dedicano a
studiare le motivazioni, le cause che spingono un individuo a diventare un
giocatore d’azzardo patologico.
Partendo da ricerche che evidenziavano la correlazione tra disfunzionalità
della serotonina e comportamenti impulsivi quali attacchi violenti,
piromania e suicidio, nel 1991 Moreno[15] e i suoi collaboratori osservarono
come in alcuni pazienti affetti da gioco d’azzardo patologico presentassero
evidenti disfunzionalità nel trasportatore di seretonina.
Nel 1996 Blanco[16] identificò su un gruppo di giocatori d’azzardo patologici
bassi livelli di monoamminossidasi (MAO); questo è un enzima coinvolto
nella regolazione dei neurotrasmettitori (in particolare serotonina e
dopamina).
Altri studi hanno preso in considerazione il sistema noradrenergico, il cui
scorretto funzionamento viene associato a disturbi dell’attenzione e
dell’arousal[17]: quest’ultimo è un concetto molto importante poiché
moltissimi giocatori d’azzardo patologici sostengono che l’eccitazione è
una delle più forti motivazioni a giocare che abbiano, per questo motivo il
gioco può anche essere visto come un tentativo per mantenere alto il
livello di arousal ottimale.
Nel 1901 Thomas, partendo dal fatto che l’uomo ha sempre giocato,
descrive il gioco d’azzardo come insito nella natura umana e che è
correlabile all’abilità nel destreggiare in mezzo ad eventi imprevedibili di
grande importanza evolutiva.
Secondo una ricerca nazionale sulle abitudini di gioco degli italiani del
novembre 2011 curata dall’Associazione “ Centro Sociale Papa Giovanni
XXIII”, e coordinata dal CONAGGA (Coordinamento Nazionale Gruppi
per Giocatori d’Azzardo), volta ad indagare le abitudini al gioco d’azzardo
è stimato che in Italia vi siano 1 milione e 720.000 giocatori a rischio e ben
708.225 giocatori adulti patologici, ai quali occorre sommare l’11% dei
giocatori patologici minorenni e quelli a rischio. Il che significa che vi sono
circa 800.000 persone dipendenti da gioco d’azzardo all’interno di un’area
di quasi due milioni di giocatori a rischio. I giocatori patologici dichiarano
di giocare oltre tre volte alla settimana, per più di tre ore alla settimana e di
spendere ogni mese dai 600 euro in su, con i due terzi di costoro che
addirittura spendono oltre 1.200 euro al mese.
Nei soggetti con G.A.P. possono essere presenti distorsioni del pensiero, per
esempio negazione, superstizione, eccessiva fiducia in sé stessi o un senso
di potere e controllo. Molti di questi soggetti credono che il denaro sia al
tempo stesso la causa e la soluzione di tutti i loro problemi; essi sono spesso
molto competitivi, energici irrequieti e facili ad annoiarsi. Possono essere
molto preoccupati riguardo all’approvazione degli altri. Quando non
giocano possono essere quel tipo di persone che lavorano senza sosta ma
che aspettano però di essere con l’acqua alla gola prima di lavorare davvero
sul serio. In questi individui si sono osservati aumenti nel tasso dei disturbi
dell’umore, attenzione ed abuso o dipendenza da sostanze o comunque
personalità borderline.
Il fenomeno della dipendenza coinvolge una molteplicità di aspetti
dell’individuo, per cui non è facile né immediato darne una definizione.
Comportamenti, vissuti, fattori psicologici e conseguenze si intrecciano e
travolgono l’individuo in modo disordinato e non consequenziale, per cui
spesso è difficile determinare cause e conseguenze in modo distinto.
CONCLUSIONI
BIBLIOGRAFIA
Dossier
[http://www.europacheverra.eu/fascicolo_attuale/gioco_azzardo_situazione
_italia.aspx]
[20] P.Rigliano (a cura di) , In-dipendenze, Gruppo Abele, Torino 1998
[21] Ibidem, p. 48
Milano 1984.
CAPITOLO IX
Le sostanze d'uso-abuso
Per via del loro potenziale psicotropo, le droghe sono state storicamente
usate, al di là dell'uso medico-terapeutico (che pure per alcune di esse è
assente)[3], a scopo ricreativo ("recreational drug use"), ma anche in
contesti religiosi o culturali.
Il criterio farmacologico
Molte sostanze, sia naturali sia di sintesi, hanno una struttura molto simile
ai neurotrasmettitori di cui abbiamo già parlato (Julien, 2002). Ad esempio,
dal punto di vista del struttura biochimica le amfetamine, la cocaina e la
mescalina sono molto simili alla noradrenalina; la psilocina, l’acido
lisergico, la psilocibina e la dietilamide sono simili alla serotonina;
l’atropina è simile all’aceticolina; la caffeina è simile all’adenosina. Detto
questo è facile comprendere come alcune sostanze siano capaci replicare le
funzioni dei sistemi di neurotrasmissione.
Per ogni sostanza, sia essa una droga, un farmaco, un alimento, un principio
nutritivo, una vitamina, o qualsiasi altra sostanza, gli effetti sull’organismo
dipendono da diversi fattori tra cui i più influenti sono:
• la struttura chimica
• le modalità di assorbimento
• il meccanismo di azione
• le proprietà farmacocinetiche
• le proprietà farmacodinamiche
Il criterio di pericolosità
Secondo la loro pericolosità personale e sociale, le sostanze vengono divise
in droghe leggere e droghe pesanti. Questa distinzione nacque negli anni
’60 negli USA e aveva come criterio discrezionale non la struttura chimica
o al potenziale di abuso della sostanza ma il luogo in cui era reperibile e
dove veniva consumata. Infatti le sostanze reperibili e consumate nei
Campus universitari, nelle scuole e nei college venivano definite “leggere”
mentre venivano etichettate come “pesanti” quelle reperibili e consumate
per strada o in altri luoghi.
Droghe pesanti:
• Alcol
• Allucinogeni
• Amfetamine ed ecstasy
• BarbituriciCocaina
• Fenciclidina
•
• Droghe leggere:
• Caffeina
• Cannabis
• Nicotina
Nel 2002 il NIDA (National Institute of Drug Abuse) ha coniato una nuova
voce di classificazione per sostanze particolarmente pericolose che vengono
definite club drug.
Il criterio giuridico
In Italia le sostanze stupefacenti e psicotrope sono classificate in 6 tabelle.
L’attribuzione di una sostanza ad una tabella piuttosto che ad un’altra viene
regolamentata da appositi D.M., quello di riferimento resta, comunque, il
DPR n. 309 del 1990, art. 14
LO STRESS E LA DIPENDENZA
Abbiamo già chiarito nei capitoli precedenti che non tutti i compulsivi
diventano dipendenti.
Quando parliamo di sostanze psicotrope il passaggio da uso ad abuso è
spesso più correlato alla biochimica che non alla sola psicologia. In
particolare, secondo Piazza-LeMoal, esistono due aspetti che vanno presi in
considerazione. Il primo è che la dipendenza da sostanza sia iatrogena,
un’evoluzione naturale dell’uso-abuso e dei cambiamenti neuronali che
questo comporta. L’altro aspetto è che, poiché non tutti i consumatori
diventano dipendenti, bisogna ricercare una condizione alla base della
tossicodipendenza tale da permettere che gli effetti gratificanti delle droghe
siano percepiti all’individuo con un’intensità tanto maggiore da sviluppare
piu facilmente, rispetto ad altri, uno stato di tossicodipendenza.(Piazza P.V.,
LeMoal M.L. The role of stress in drug self-administration, Trends
Pharmacol. Sci. 19).
Come abbiamo visto fino ad ora il sistema piu influenzato dalle dipendenze
è quello dopaminergico e poiché la maggior parte delle sostanze
stupefacenti ha la capacità di aumentare la secrezione di dopamina a livello
del nucleo accumbens è facile comprendere quanto sia facile cadere
nell’abuso di queste sostanze e quanto sia difficile uscirne.
ALCOL
Il nostro stomaco è fornito di “sensori” per cui quando una quantità ingente
di alcol viene ingerita il piloro (la parte terminale dello stomaco) si
restringe per impedire il passaggio dell’alcol all’intestino e questo provoca i
due sintomi tipici dell’intossicazione acuta da alcol: nausea e vomito.
Effetti dell’alcol
Gli effetti che l’alcol produce sull’organismo sono disastrosi non solo per
l’incidenza ma anche perché l’alcol colpisce piu organi e piu apparati
contemporaneamente.
METILXANTINE
Il caffè
Fino al XIX secolo non era certo quale fosse il luogo di origine della pianta
del caffè e, oltre all’Etiopia, si ipotizzava la Persia e lo Yemen. Pellegrino
Artusi, nel suo celebre manuale, sostiene che il miglior caffè sia quello di
Mokha (città nello Yemen), e che questo sarebbe l’indizio per individuarne
il luogo d’origine. Esistono molte leggende sull’origine del caffè.
Nella sua opera Sylva sylvarum, pubblicata postuma nel 1627, Francesco
Bacone fornisce per primo una descrizione di questi locali in cui i turchi
siedono a bere caffè, paragonandoli alle taverne europee.
Nel XVII secolo, a Londra ed a Parigi una libbra di caffè veniva pagata fino
a 40 scudi. L’uso si andò poi via via generalizzando per crescere fino
all’immenso consumo che se ne fa tuttora.
Nel 1684 Franciszek Jerzy Kulczycki, soldato delle truppe del re polacco
Jan III Sobieski, che era giunto in Austria per salvare Vienna dall’assedio
dei Turchi, dopo la liberazione della città, aprì in questa la prima bottega
del caffè, fra le prime in Europa. Costui utilizzò all’inizio i sacchi di caffè
abbandonati dall’esercito ottomano in fuga.
Nel 1689 venne inaugurato il primo caffè negli Stati Uniti, a Boston,
denominato London Coffee House. Seguì il The King’s Arms, aperto a New
York nel 1696.
Nel 1720 Gabriel de Clieu, un ufficiale della marina francese, salpò alla
volta dei Caraibi con due piantine di caffè di cui solo una sopravvisse
arrivando alla colonia francese della Martinica. Da lì, nei decenni seguenti,
le piante si diffusero rapidamente in tutto il Centroamerica: Santo Domingo
(1725), Guadalupa (1726), Giamaica (1730), Cuba (1748) e Porto Rico
(1755).
Nello stesso periodo, precisamente nel 1718, gli olandesi portarono il caffè
in un’altra loro colonia, la Guiana Olandese (attuale Suriname) da cui, nel
1719 entrò nella Guiana Francese e di qui penetrò infine in Brasile, dove,
nel 1727, vennero create le prime piantagioni. L’industria nelle colonie
dipendeva esclusivamente dalla pratica della schiavitù, abolita solo, peraltro
formalmente, nel 1888.
Fu Carlo Linneo, botanico svedese a cui si deve la diffusione del sistema di
classificazione degli organismi in genere e specie, a proporre per primo il
genere Coffea nel 1737. [Fonte: Wikipedia]
Il tè
I primi riferimenti testuali certi sul consumo del tè in Cina risalgono al III
secolo. Tra i maggiori promotori del tè vi furono i monaci buddhisti, che lo
adottarono come bevanda rituale e tonico. Durante l’epoca Tang il tè si
diffuse in tutto il paese, grazie anche al contributo del Canone del tè scritto
da Lu Yu nel 760. Durante la dinastia Song l’arte cinese del tè raggiunse la
massima sofisticazione. In questo periodo si diffuse anche in Giappone,
dove nel XVI secolo venne codificata una particolare forma di preparazione
ritualizzata (la cosiddetta “cerimonia del tè”). In Cina, nel corso della
dinastia Ming, si affermò il consumo del tè in foglie e si iniziò a produrre -
oltre ai tè verdi - anche tè ossidati e parzialmente ossidati.
Pianta del té
Il cacao
In base alle ricostruzioni storiche, sembra che i Maya siano stati gli
scopritori e i primi coltivatori del cacao; secondo una leggenda azteca, la
pianta fu donata dal dio Quetzalcoatl per alleviare gli esseri umani dalla
fatica. Gli europei scoprirono i semi del cacao quando Cristoforo Colombo
li ricevette in dono, durante il suo quarto viaggio, presso l’isola di Guanaja.
Nella civiltà azteca erano considerati un bene di lusso, e venivano importati
per il fatto che la pianta non cresceva sul territorio dell’impero.
Il consumo del cacao era una prerogativa dei ceti alti (nobili, guerrieri e
sacerdoti), e rappresentava uno dei cardini della cucina azteca. I semi di
cacao erano talmente preziosi da venire adoperati anche come moneta. Da
ciò il primo nome del cacao (Amygdalae pecuniariae ovvero mandorla di
denaro) poi sostituito da Linneo in Theobroma cacao o cibo degli dei. Le
fonti del tempo narrano anche di frequenti contraffazioni effettuate
riempiendo i gusci vuoti con sporcizia o fango. Proprio dal termine azteco
in lingua nahuatl xocoatl deriva la parola “cioccolato”.
I semi di cacao arrivano in Europa solo con Hernán Cortés nel 1528. Qui la
bevanda ottiene il successo solo con l’aggiunta di zucchero, anice, cannella
e vaniglia. Nel 1606 il cioccolato si produce anche in Italia, a Firenze e
Venezia. Nel 1678 Antonio Ari ottiene dai Savoia il permesso di vendere la
cioccolata in “bevanda”. Alla scuola torinese di cioccolato si forma
Francois-Luis Cailler che nel 1819 fonda la prima fabbrica svizzera di
cioccolato a Vevey.
Nel 1802 il genovese Bozelli costruisce una macchina per raffinare la pasta
di cacao. Nel 1828 l’olandese van Houten separa il burro di cacao. Nel 1865
a Torino Caffarel mescola cacao e nocciole producendo il cioccolato
gianduia. Nel 1878 lo svizzero Daniel Peter mescola il latte al cacao
producendo il cioccolato al latte. Nel 1879 a Berna Rodolphe Lindt produce
il cioccolato fondente. Nel 1923 a Chicago Frank Mars inventa la barretta al
cioccolato. [Fonte: Wikipedia]
Le sostanze
Le metilxantine sono una famiglia di sostanze le cui proprietà sono più o
meno identiche tra i componenti della famiglia. Le tre metilxantine piu
conosciute, e utilizzate, sono:
Pianta del cacao
I CANNABINOIDI
I cinesi la usavano per combattere i dolori mentre gli assiri (900 a.C.) la
usavano come incenso. Secondo antichi scritti indiani era la bevanda
preferita del dio Indra mentre gli Sciiti fecero conoscere i suoi poteri
psicotropi ai greci che la diffusero in tutto il mondo classico. Nel medioevo
era un medicamento di comune utilizzo e nell’800 fu importata in Europa
dagli inglesi che rientravano dalle campagne in Egitto, allo scopo di
utilizzarla come farmaco grazie alle sue proprità sedative e analgesiche.
Diversi studi (Denning et al., 1991; Fleischman et al., 1979) indicano che i
cannabinoidi possono, come detto poco fa, sortire effetti
immunosoppressivi anche se la correlazione tra la sostanza e una ridotta
resistenza dell’organismo a batteri, virus o tumori non è sicura ma recenti
studi hanno, tuttavia, dimostrato che l’uso di cannabinoidi aumenta nei
pazienti HIV+ il rischio di progressione della malattia con conseguente
aumento della mortalità.
Sebbene non esistano evidenze che dimostrino che l’uso di marijuana possa
indurre disordini di tipo psicotico, è tuttavia accertato che la sostanza può
slatentizzare episodi psicotici acuti, depressione e mania.
Inizialmente venivano utilizzate nei rave party, per favorire gli stati di
estasi e di trance durante questi eventi, da cui il nome “club drug” (droghe
da "festa"). La parola rave deriva dal verbo inglese to rave, che significa
“entusiasmarsi” ma anche “farneticare”, “recriminare”. Queste due
caratteristiche distinguono la musica rave e i rave party (svolti sempre
all’aperto) dal resto del genere elettronico e dalle serate in discoteca, in
quanto il rave nasce dallo spirito di protesta e contestazione propri degli
anni ottanta. Rave party (o, più semplicemente, rave) è, per cui, il termine
utilizzato alla fine degli anni ottanta per descrivere le prime feste illegali
con music elettronica (acid house, techno, jungle, drum & bass),
caratterizzate dal ritmo incalzante di musica dance e giochi di luce. Negli
ultimi anni il termine è usato per indicare tutte le feste in cui non vengono
richieste autorizzazioni e assolti gli obblighi quali pagamento diritti
d’autore, rispetto di normative igienico-sanitarie nella somministrazione di
cibo e bevande ecc.
Amfetamine
La prima anfetamina venne sintetizzata nel 1887 e commercializzata negli
anni ‘20. Essa doveva costituire un sostituto sintetico dell’efedrina, un
principio farmacologico naturale della pianta Ma Huang, l’Efedra sinica, un
arbusto usato da millenni in Cina come stimolante e per curare varie
affezioni, in particolare l’asma.
Gli effetti sono correlati, come nella maggior parte delle sostanze, alle dosi.
Già a basse dosi causano euforia, anoressia e una serie di effetti
simpaticomimetici, aumentano la gittata cardiaca, innalzano la pressione
arteriosa che può portare a gravi emorragie cerebrali, inducono tachicardia e
causano aritmie. Per questo aumento le prestazioni fisiche, quelle mentali e
fanno ignorare fame e fatica.
All’aumentare delle dosi i sintomi mutano in ansia, depressione, nausea,
vomito, cefalea, tremori fini e a grandi scosse, sudorazione, aggressività,
confusione, stanchezza.
In alte dosi generano ipertermia che può portare una grave rabdomiolisi.
In dosi massicce provocano attacchi di panico, allucinazioni, deliri, febbre
anche oltre i 40°, convulsioni, aritmie importanti.
Se assunte per via endovenosa possono portare vasospasmo, flogosi,
infezioni e necrosi degli arti inferiori.
L’abuso provoca intensa euforia che dopo 24-48 ore è seguito da sonno
profondo interrotto da crisi acute di fame. Nell’uso continuo possono
verificarsi psicosi con ideazioni paranoidi e stereotipie.
DOM
DOM (acronimo di dimetossimetamfetamina) è un derivato
dell’amfetamina e ha effetti simili alla mescalina ma, rispetto a
quest’ultima, è circa 100 volte più potente. Produce euforia e allucinazioni
che durano per un periodo di 6-8 ore. Altri effetti associati sono tremori,
convulsioni e prostrazione. Sono frequenti i casi di overdose.
Ecstasy
La MDMA (3,4-metilene-diossimetanfetamina), più comunemente nota
come Ecstasy (talvolta chiamata anche MD, XTC, E, Adam, o Molly) è una
feniletilamina, e più specificamente una metanfetamina dagli spiccati effetti
eccitanti ed entactogeni, anche se non propriamente psichedelici. Essa
differisce dalla MDA soltanto per la presenza del metile sul gruppo
amminico (che è la differenza tra anfetamina e metanfetamina in generale).
Si tratta di un composto semisintetico ottenuto dal safrolo, uno degli olii
essenziali presenti nel sassofrasso, nella noce moscata, nella vaniglia, nella
radice di acoro, e in diverse altre spezie vegetali. Esistono altri precursori
naturali dell’MDMA, come il piperonale.
Tra tutti gli organi, quello più bersagliato è il fegato poiché la molecola
dell’MDMA è altamente epatotossica. Non sono rari i casi di insufficienza
epatica acuta indotta dall’MDMA. Il meccanismo con cui la molecola
distrugge il fegato non è ancora noto ma provoca vacuazione lipidica,
fibrosi e necrosi cellulare. Tuttavia numerosi studi dimostrano che la
tossicità dell’ecstasy è strettamente correlata alla temperatura ambientale.
Già a temperature tra i 26° e i 30° l’MDMA è in grado di causare gravi
danni alle terminazioni serotoninergiche della corteccia e dello striato. Per
questo è decisamente più pericoloso assumerla in luoghi caldi, come, ad
esempio, una discoteca.
Gli effetti acuti si hanno nelle prime 24 ore dall’assunzione e sono aumento
dell’intimità personale, trisma, bruxismo, secchezza delle fauci, tachicardia
e incremento della vigilanza. Gli effetti sub-acuti che si manifestano oltre le
24 ore sono meno frequenti e includono: intorpidimento degli arti, dolori
muscolari e affaticamento. Gli effetti ritardati che si manifestano dopo
settimane o mesi includono: aumento del senso di intimità interpersonale,
depressione, trisma e difficoltà di concentrazione.
Le metamfetamine
Le metamfetamine sono potenti stimolanti in forma di polvere o piccoli
cristalli facilmente solubili in acqua o alcol che vengono prodotti in
laboratorio a partire dall’amfetamina e vengono indicati con una serie di
nomi di uso comuni quali speed, meth, chalk, ice, crystal, crank e glass (le
ultime 4 identificano le forme che vengono fumate).
Il metilfenidato
Commercializzato col nome di Ritalin, si usa nel trattamento dei disturbi da
deficit di attenzione/iperattività e della narcolessia.
Gli effetti più comuni sono rush, orticaria, febbre, artralgie, alopecia,
dermatite esfoliativa, eritema multiforme, porpora trombocitopenica,
trombocitopenia, leucopenia, alterata funzionalità epatica.
Il khat
Il khat (noto anche come qat, quat, tschat, e miraa) si ottiene dalla Catha
edulis, una pianta dell’Africa dell’est. Grazie alle sue proprietà euforiche e
simpaticomimetiche, note fin dal 1.000 a.C., le sue foglie (che possono
essere sia masticate sia usate per preparare infusi) sono da sempre altamente
apprezzate dalle popolazioni dello Yemen e dell’Etiopia.
LE DROGHE PSICHEDELICHE
La scopolamina e atropina
Scopolamina e atropina derivano da alcune piante note come Atropa
belladonna, Datura stramonium e Mandragora officinarum.
Il nome deriva dai suoi letali effetti e dall’impiego cosmetico. Atropo era
infatti il nome (in greco: Ἄ-τροπος, cioè in nessun modo, l’immutabile,
l’inevitabile) di una delle tre Moire che, nella mitologia greca, taglia il filo
della vita, ciò a ricordare che l’ingestione delle bacche di questa pianta
causa la morte.
Molecola del khat
La mescalina
La mescalina (3,4,5-trimetossi-β-fenetilammina) è un alcaloide psichedelico
contenuto principalmente nel peyote (Lophophora williamsii), pianta
succulenta appartenente alla famiglia delle cactacee, originaria del deserto
del Messico; usata nei riti sciamanici dai nativi americani, ha conosciuto
una certa diffusione negli anni '60, ma è stata poi soppiantata dall'LSD, più
reperibile e dagli effetti simili. La mescalina è una delle sei feniletilamine
componenti la "mezza dozzina magica" di Alexander Shulgin.
La mescalina diverrà illegale negli Stati Uniti nel 1970, atto che sarà
seguito a ruota dalle altre nazioni. Tuttavia, all'inizio degli anni novanta, la
Native American Church verrà autorizzata, secondo le leggi della libertà
religiosa, a praticare l'utilizzo rituale del peyote, ritenuto un sacramento.
Oggi la chiesa conta circa 250.000 fedeli.
La miristicina e l'elimicina
La miristicina è una sostanza presente negli olii essenziali di alcuni
vegetali.
L' LSD
La dietilamide dell'acido lisergico (nota più comunemente come LSD) è il
più potente allucinogeno conosciuto ed ha capacità allucinatoria quasi 3.000
volte più potenti della mescalina.
La molecola dell'LSD
Sintetizzato per la prima volta nel 1938 nei Laboratori Sandoz di Basilea da
Albert Hofmann, è basato sull'acido lisergico, che si trova nell'ergot, un
fungo parassita della segale. Le caratteristiche escrescenze che si formano
in seguito alla crescita di questo particolare fungo hanno portato a definire
le piante di segale, che da esso vengono colpite, segale cornuta.
L'ingestione dell'ergot, della segale cornuta o di prodotti che da essa
derivano causa la cosiddetta "febbre del pellegrino", o ergotismo, i cui
sintomi sono deliri allucinatori e forti dolori alle gambe. Introdotto dalla
Sandoz (ora Novartis) come farmaco psichiatrico venne successivamente
bandito a causa della diffusione del suo uso extra-clinico.
Durante gli anni '50 l'LSD cominciò a diventare popolare in alcuni circoli a
scopo ricreativo. Alcuni studiosi (in particolare Timothy Leary e Richard
Alpert) si convinsero che l'LSD poteva avere altre applicazioni oltre a
quelle cliniche ed essere un mezzo di crescita ed esplorazione spirituale.
Tuttavia, accusati di non essere guidati da uno spirito propriamente
scientifico, vennero allontanati dalla comunità accademica. Leary e Alpert
furono strumentali nel diffondere l'uso e la conoscenza dell'LSD tra il
grande pubblico inserendosi nei movimenti di cultura alternativa degli anni
sessanta. L'LSD divenne rapidamente un simbolo della cultura hippie. Nel
1967 l'uso e la produzione di LSD per scopi sia personali che scientifici
venne bandito negli Stati Uniti e successivamente nella maggior parte dei
paesi del mondo. La produzione e la commercializzazione di questa
sostanza continuò comunque clandestinamente alimentando il mercato nero
delle sostanze stupefacenti.
L'ergot
Il suo uso può portare reazioni avverse che possono comparire anche dopo
mesi o anni dall'ultima assunzione della sostanza e che possiamo riassumere
in:
• stati cronici ed intermittenti di espidosi psicotici;
• aggravamentodi preesistenti condizioni psichiatriche;
• alterazioni permanenti della personalità;
• disordini della realtà.
La DMT
La dimetiltriptamina (meglio nota come DMT) ha una struttura molecolare
molto simile alla serotonina e un meccanismo d'azione molto simile a
quello dell'LSD.
La DMT è presente in alcune varietà di mimosa, acacia, virola, desmodium,
graminacee della specie phalaris, anadenanthera e molte altre piante.
L'estrazione è possibile con alcuni solventi quali alcool, gasolio, esano
oppure per distillazione. Nel bacino amazzonico alcuni popoli tribali hanno
una tradizione di uso di piante contenenti DMT (utilizzando la linfa degli
alberi virola, parente della noce moscata, o i semi macinati e tostati di
Anadenanthera peregrina, un enorme albero della famiglia delle
Leguminose).
La psilocibina e la psilocina
Molti funghi, soprattutto della specie delle psilocibe, hanno proprietà
allucinatorie. La psilocibina (4-fosforildimetossitriptamina) e la psilocina
(4-idrossidimetossitriptanina) sono due sostanze che si trovano, appunto, in
questi funghi.
Fonte:
http://hdwallpapersfactory.com/wallpaper/psilocybe_desktop_1035x678_hd
-wallpaper-650990.jpg
Sono piante a foglie ovali, verdi, e a fiori rotondi (si riconoscono per la
tipica forma "a campanella"), di solito blu o porpora. Per questo motivo,
sono molto diffuse in Europa come piante ornamentali da appartamento e
da giardino.
I danni alla salute sono poco noti, ma sono spesso connessi a stati psicotici.
Il dosaggio, pur dipendendo dal contenuto netto di principio attivo
(titolazione), si possono ritenere dose psicoattiva l'ingestione di 2-8 semi.
L'armina
L'armina è un alcaloide psichedelico che si ottiene dai semi della Peganum
harmala, una pianta succulenta perenne, e ha un meccanismo simile a
quello della DMT. L'armina sembra essere un inibitore delle MAO ed un
agonista inverso dei recettori delle benzodiazepine.. Diventa legnosa con il
tempo e cresce fino a 30-60cm. Presenta foglie lunghe circa 5 cm e
leggermente divise. I fiori sono bianchi, a 5 petali,e danno vita a 2-4
capsule cavitate di circa 1 cm di diametro.
Molecola dell'ergina
Fiori di Ololuiqui
Il GHB
L'acido γ-idrossibutirrico (talvolta gamma-idrossibutirrato, nome IUPAC
acido 4-idrossibutanoico) è un acido organico. Meglio noto come GHB, è
sia un farmaco che un derivato amminoacidico che si trova normalmente
nel sistema nervoso centrale, così come in altri organi come fegato, reni,
cuore, ossa. Come farmaco è usato comunemente sotto forma di sale
chimico (Na-GHB o K-GHB). Il sale sodico del GHB è commercialmente
conosciuto come ossibato di sodio o come sodio oxibato.
È un composto che si produce a partire dal GABA, può avere un effetto (il
cui meccanismo non è del tutto noto) neuro-modulatore conosciuto dal
1990. Assunto per via orale in preparazioni come integratore alimentare,
agisce come rilassante, anabolizzante e dimagrante Passa facilmente la
barriera emato-encefalica e pertanto è stato utilizzato in medicina come
anestetico, nel trattamento della sindrome d’astinenza d’alcol e della
dipendenza alcolica. Come droga d’abuso si utilizza per l’effetto
anabolizzante, a 2 ore della somministrazione si ha un rilascio
dell’ormone della crescita. Gli effetti tossici consistono in: anemia,
agitazione, euforia, vertigine, crisi epilettiche, allucinazioni, perdita di
coscienza, depressione respiratoria e coma. L’uso come droga deriva dalla
facile reperibilità, dal basso costo e dagli effetti anabolizzanti ed
euforizzanti ricercati. Inoltre è nota come “drug rape” poiché utilizzata per
stordire le vittime per stuprarle.
Il GHB fu sintetizzato per la prima volta agli inizi degli anni sessanta dal
dottor Henri Laborit per usarlo nello studio del neurotrasmettitore GABA.
Ha velocemente trovato un ampio numero di utilizzi grazie ai suoi minimi
effetti collaterali ed alla sua azione controllata, essendo le sole difficoltà
l'esigenza di un dosaggio assai ponderato e i pericoli presentati dalla sua
combinazione con alcool e altri depressivi dell'SNC. Tipicamente il GHB è
stato sintetizzato dal GBL (Gamma-butirrolattone) aggiungendo idrossido
di sodio in etanolo o acqua.
Il flunitrazepam
È una benzodiazepina che ha buone caratteristiche per il trattamento
dell’insonnia, dell’ansia, e come miorilassante. Possiede una breve emivita
ma l’effetto di stordimento si protrae per oltre 24 ore. Assunto cronicamente
per via orale alla posologia di 0,1-1 mg determina in breve dipendenza
fisica e psichica. Gli effetti tossici sono depressione respiratoria e coma.
L’uso come droga deriva dalla facile reperibilità, dal basso costo. Come
surrogato delle droghe pesanti e dell’alcol è gradito dagli eroinomani e
dagli alcolisti.
L’arecolina
È un composto che si ricava dalla areca. L’areca (Areca catechu) è un
palma coltivata in India e nel Sud est asiatico, Polinesia e nell’Este
dell’Africa, produce una noce che possiede un grosso seme da cui si ricava
la sostanza. Nelle regini dove cresce è d’uso abituale masticarla per averne
proprietà stimolanti. Contiene alcaloidi antagonisti dei recettori muscarinici,
sono quindi sostanze capaci di bloccare l’acetilcolina, mediatore chimico
del sistema parasimpatico. Questo spiega l’uso contro i sintomi da iper-
stimolazione del sistema nervoso periferico: controlla la nausea, il vomito,
i dolori addominali, ma poiché passa facilmente la barriera emato-
encefalica è stato utilizzato in medicina come anestetico, nel trattamento
della sindrome d’astinenza d’alcol e della dipendenza alcolica. Sul sistema
nervoso centrale agisce a livello ipotalamo/ipofisario causando la
produzione di GH, ormone della crescita. Gli effetti tossici consistono in:
anemia, agitazione, euforia, vertigine, crisi epilettiche, allucinazioni, perdita
di coscienza, broncospasmo, depressione respiratoria e coma. L’uso come
droga deriva dalla facile reperibilità, dal basso costo e dagli effetti
anabolizzanti ed euforizzanti ricercati. Inoltre è nota come “drug rape”
poiché utilizzata per stordire le vittime prima di stuprarle. L’effetto
anabolizzante (body- building) è pure molto ricercato poiché a sole 2 ore
della somministrazione si ha un rilascio dell’ormone della crescita che
incrementa l’appetito ed agisce sui tessuti. Una variante d’abuso
dell’arecolina è il Piper betle: si utilizza una foglia di Betel pepper a cui si
aggiunge noce di areca catechu e limone, anche questo composto viene
masticato. Il principio attivo delle varianti è comunque sempre il medesimo
l’arecolina.
Molecola del flunitrazepam
Molecola dell'arecolina
La kavaina
È un composto che si ricava dalla kava. La kava (Piper methysticum) è un
pianta che vive nelle isole del Pacifico (Hawaii, Fiji, Samoa, New Guinea,
Thaiti, New Zealand), si utilizzano le radici da cui si ricava un infuso. Il
principio attivo principale è la kava, è un composto aminico che passa bene
la barriera emato-encefalica, produce i suoi effetti principalmente sul
sistema nervoso centrale. Le proprietà farmacologiche sono dovute
all’attivazione dei circuiti GABA, noradrenergici e di blocco sui canali
del sodio e del calcio voltaggio dipendenti. È largamente usata nelle
cerimonie religiose e più in generale per le proprietà ansiolitiche e
miorilassanti.
Pianta della Areca catechu
La ibogaina
È un composto che si ricava dalla iboga. L’iboga (Tabernanthe iboga) è un
pianta che vive nel centro dell’Africa (Gabon e Congo), nella foresta
tropicale, se ne utilizzano le radici da cui si ricava un infuso. Questo
infuso veniva bevuto dai guerrieri per combattere la fatica e la fame, per
rimanere svegli a cacciare tutta la notte.
La yoimbina
È un composto che si ricava dalla corteccia di una pianta (Pausinystalia
yohimban) dell’Ovest dell’Africa (Congo, Camerun, Nigeria). La yoimbina
si estrae dalla corteccia della pianta sminuzzata e bollita in acqua. Il
principio attivo principale è la yoimbina antagonista dei recettori alfa due
adrenergici. Produce i suoi effetti principalmente sul sistema nervoso
periferico e solo ad alte dosi centrale. È stata largamente usata nella
disfunzione erettile. Ad alte dosi ha proprietà ansiolitiche e miorilassanti,
ma può causare anche letargia, sincope e vomito. Più che droga d’abuso si
utilizza nella medicina tradizionale locale come rimedio per l’impotenza.
Il PCP
La fenciclidina (PCP) è una sostanza allucinogena di sintesi a base di
piperidina, il principale precursore di alcune droghe ad azione
oppiomimetica particolarmente diffusa negli anni settanta e ottanta,
soprattutto negli Stati Uniti. È in gergo chiamata "polvere d'angelo".
Gli effetti del PCP sono imprevedibili. Di solito compaiono dopo pochi
minuti dall’ingestione e durano per diverse ore. Alcuni utenti dicono di
aver sentito gli effetti della droga per dei giorni. A volte l’assunzione della
droga può produrre sensazioni di distacco dalla realtà, compresa
distorsione dello spazio, del tempo e dell’immagine corporea; un’altra può
produrre allucinazioni, panico e paura. Alcuni consumatori hanno descritto
sensazioni di invulnerabilità e di potenza senza limiti.
Chi usa PCP può diventare disorientato, violento o suicida.
Un uso ripetuto del PCP può portare alla dipendenza, e recenti ricerche
suggeriscono che un uso ripetuto o prolungato del PCP può causare
sindrome da crisi d’astinenza quando si smette di far uso della droga.
Sintomi come perdita della memoria e depressione possono persistere
anche per un anno dopo che il consumatore ha smesso di usare il PCP.
[fonte:
http://www.narconontop.org/informazioni_droghe/pcp_fenciclidina.htm]
LA COCAINA
Le foglie della pianta sono ovali, lucide, verdi delle dimensioni di 5 x 2,5
cm, i fiori sono piccoli e bianchi, il frutto e piccolo, tondo e rosso.
Per estrarre la cocaina dalle foglie esistono differenti procedure anche molto
sofisticate, la procedura tradizionale prevede la raccolta delle foglie di
piante giovani, essiccazione, macerazione. Il composto grezzo che si
tratterà si mescola con acido solforico prima e con carbonato di sodio poi,
per far precipitare gli alcaloidi. L’impasto che si ottiene si chiama “pasta di
coca o cocaina grezza”. Questa viene di nuovo lavorata con etanolo ed
acido cloridrico in modo da renderla pura al 90-95%. Un altro metodo più
“moderno” prevede lo sminuzzamento delle foglie secche di coca in una
soluzione di carbonato di sodio. Il “precipitato” viene trattato con solventi
organici come l’etere o il benzene o il kerosene in modo da estrarne la
“coca base”.
Pianta della Erythroxylum coca
L’obiettivo che ci si prefigge con i mezzi più disparati è ottenere la cocaina
cloridrata, una polvere bianca, cristallina. La cocaina cloridrata è altamente
idrosolubile, massimamente attiva per via parenterale, la via endovenosa
consente la massima biodisponibilità ed attività: l’emivita è la più bassa, 60
minuti rispetto alle altre vie d assunzione, richiede però una iniezione
accurata nella vena, infatti la somministrazione intramuscolare o
sottocutanea determina un assorbimento lento ed irregolare a causa
dell’effetto vasocostrittore, ed uno stravaso dalla vena può dare problemi
locali.
Gli effetti farmacologici a livello locale, nella mucosa nasale o orale, sono
quelli di un blando anestetico e vasocostrittore; in farmacologia la cocaina
è infatti considerata un anestetico locale, ottimo per l'anestesia delle
mucose e delle vie aeree superiori. Il suo uso in campo anestesiologico è
stato tuttavia, per ovvi motivi, fortemente ridotto, a favore di derivati
sintetici con effetti sistemici e psicotropi irrilevanti come la novocaina.
Gli effetti a livello del sistema nervoso centrale invece sono peculiari, la
cocaina agisce come agonista indiretto dopaminergico. La sostanza infatti
blocca il recupero (reuptake) di dopamina nel terminale presinaptico. Una
volta che la dopamina è stata rilasciata dal terminale del neurone nella
fessura sinaptica la cocaina ne impedisce la rimozione bloccando le
proteine di trasporto (Dopamine Active Transporter, DAT): ciò favorisce
l'assorbimento della dopamina stessa dall’esterno all'interno del neurone. Il
risultato è un quindi un aumento della quantità di dopamina a livello delle
terminazioni sinaptiche dei neuroni dopaminergici del SNC. In particolare,
dopo l’uso di cocaina si assiste ad un aumento di dopamina nei neuroni che
proiettano dall'area tegmentale ventrale ed nei neuroni del nucleo
accumbens e della corteccia prefrontale mediale.
Inoltre, a causa degli effetti della cocaina sia di tipo psicotropo sui freni
inibitori, che agendo sulla libido e sulla capacità erettile negli uomini con
calo della libido e oligospermia.
La cocaina causa forte dipendenza psichica in chi ne fa uso. Dopo gli effetti
di carattere eccitatorio, infatti, il consumatore di cocaina si sente spossato,
stanco e completamente senza energie. Questo lo spinge a ripetere
l'assunzione per rivivere il benessere. Tale appagamento viene ricercato
sebbene gli effetti negativi a livello psichico, reversibili e non, siano di
primaria importanza.
LA NICOTINA
Gli effetti a livello del sistema nervoso centrale e periferico sono molteplici
poiché molteplici sono i recettori a cui la nicotina si lega. Stimolano i
recettori colinergici nicotinici, attivano la trasmissione dopaminergica,
aumentano la conduttanza dello ione sodio permettendo una facilitazione
della depolarizzazione. Stimolano corteccia, ippocampo, talamo, gangli
della base, area ventrale tegmentale. Sul sistema nervoso periferico
agiscono nella prima stazione periferica del sistema nervoso autonomo sui
gangli del simpatico e del parasimpatico, agiscono sulla placca motrice e
nella midollare del surrene.
L’assunzione accidentale -di solito- di una dose letale 60 mg, può causare
blocco delle placche motrici, cardiopalmo, diarrea, nausea, vomito,
ritenzione d’urina, (blocco della muscolatura intestinale e vescicale),
disturbi dell’udito e della visione, depressione dell’attività respiratoria,
cardiopalmo, fino alla paralisi anche della muscolatura respiratoria ed al
coma.
Possono essere assunti sia per bocca che per naso attraverso diverse
modalità:
• sniffing o snorting (direttamente dai contenitori);
• spraying gli aerosol (direttamente in bocca o nel naso);
• bagging (inalando le sostanze depositate in un sacchetto);
• huffing (per mezzo di strofinacci imbevuti);
• inhaling (da palloncini riempiti di sostanza).
L'oppio fece il suo ingresso nella civiltà romana quando questa conquistò la
Grecia; Dioscoride, nel I secolo d.C., descrive accuratamente la pianta del
papavero da oppio e le proprietà della sua linfa, elencando anche una serie
di possibili usi. Si deve però a Galeno la diffusione fra i medici di Roma
della teriaca, inventata da Andromaco, medico personale di Nerone: un
farmaco che conteneva, fra l'altro, una discreta quantità di oppio. Pare che
Marco Aurelio ne usasse in grande quantità, per cui viene considerato da
alcuni storici il primo imperatore oppiomane.
Dopo la caduta dell'impero romano non vi sono quasi più notizie sul
consumo di oppio in Europa, mentre nella farmacologia araba venne
introdotto da Avicenna verso l'anno Mille: secondo il suo discepolo e
biografo Abu Al Guzani fu proprio questa sostanza la causa della morte del
maestro, come in occidente Paracelso morì intossicato dall'oppio dopo aver
inventato il laudano, sostanzialmente una tintura di morfina all'1%.
Ma già nella seconda metà del Medioevo in Europa il consumo di oppio era
andato aumentando, tanto da suscitare reazioni ufficiali nella classe medica:
la Santa Inquisizione giunse al punto di vietarne l'uso anche come
medicinale. Nel XVI secolo in Turchia e in Egitto l'uso di oppio era
estremamente diffuso a livello popolare.
In Cina nel 1906 venne proibito l'uso dell'oppio e nel 1941 il generale
Chiang Kai-Shek ordinava la distruzione di tutte le coltivazioni, ma nel
1946 i fumatori di oppio in Cina erano ancora 40 milioni. La rivoluzione di
Mao Zedong sembra aver sradicato con successo quest'abitudine. In Iran
coltivazione e uso di oppio vennero proibiti nel 1955, ma la legge fu
abrogata 14 anni dopo. La rivoluzione Khomeinista nel 1979 proibì l'oppio
e tutte le altre droghe, sotto pene severissime, mentre in Turchia il divieto di
coltivazione è stato emanato soltanto nel 1971.
La morfina
La morfina è il più abbondante e principale alcaloide contenuto nell'oppio,
estratto dalla linfa essiccata fuoriuscita dal profondo taglio effettuato sulle
capsule immature presenti nel papaver somniferum. La morfina è stato il
primo principio attivo estratto da una fonte vegetale ed è uno degli almeno
50 alcaloidi di diversi tipi presenti nell'oppio.
Produce, grazie alla sua interazione coi recettori m degli oppioidi, nalgesia,
euforia, sedazione e rilassatezza, ansiolisi, stipsi, miosi, soppressione della
tosse e, ad alte dosi, depressione respiratoria. Provoca disidratazione delle
feci e in alcuni casi forti crampi addominali.
L'eroina
L'eroina è un derivato della morfina, componente dell'oppio, nota anche
come Diacetilmorfina o Diamorfina. È una sostanza semisintetica ottenuta
per reazione della morfina con l'anidride acetica. La sostanza pura si può
trovare di colore bianco cristallino, che sarebbe poi il sale cloridrato
diamorfina, oppure marrone scuro e molto appiccicosa (brown sugar). Per
le sue proprietà sedative e antinfiammatorie è stata molto usata in medicina,
prima di essere proibita a causa della sua dannosità. Sotto il nome
commerciale di Diamorfina è commercializzata sotto stretto controllo in
Inghilterra come soluzione iniettabile o in compresse, e ha un uso ricreativo
in vari paesi europei.
Si ritiene che l'Afghanistan produca ed esporti più del 90% della produzione
mondiale di papavero da oppio per la realizzazione dell'eroina.
L'eroina, derivata per acetilazione della morfina per rendere la molecola più
lipofila, fu sintetizzata la prima volta nel 1874 dal ricercatore britannico
C.R. Wright, ma la nuova molecola sperimentata su animali non fu
considerata interessante.
Molecola dell'eroina
L'intento era quello di ottenere una molecola più efficace della codeina nel
sedare la tosse, nella tubercolosi e nelle patologie respiratorie. Le effettive
proprietà sedative sul centro del respiro (le stesse che portano a morte
nell'overdose) furono inizialmente male interpretate, ritenendo che la
riduzione del ritmo respiratorio dipendesse da una migliorata efficienza
respiratoria.
Negli anni dal 1971 al 1973 l'eroina viene lanciata sul mercato italiano delle
droghe con una vera e propria operazione di marketing: vennero fatte
sparire tutte le altre e fu offerta al loro posto eroina a prezzi molto bassi.
Poco dopo, quando i consumatori erano passati alla nuova droga e ne erano
divenuti dipendenti, il prezzo salì alle stelle.
L'eroina può essere assunta per via orale (metodo poco diffuso a causa dei
blandi effetti), iniettata (metodo particolarmente potente per effetti e
velocità d'azione, ma anche molto rischioso), sniffata, o bruciata per
inalarne i vapori.
Quest'ultimo metodo è noto con l'espressione "inseguire il drago" (en.
chasing the dragon), che si riferisce letteralmente all'operazione di inalare
l'eroina cercando di mantenerla costantemente liquida, e più
metaforicamente alla ricerca, spesso vana, di un'estasi sempre più
accentuata (l'espressione può venire estesa anche ad altri tipi di droghe).
La codeina
La codeina (Metilmorfina) (Codeinum, morfina-3-metiletere; dal francese
codéine, dal greco Kódeia, testa di papavero), è un alcaloide contenente 3-
metilmorfina, un isomero naturale di morfina metilato, e 6-metilmorfina è
un oppiaceo utilizzato per l'analgesia.
L'uso per la sedazione della tosse, asciugando le secrezioni può indurre nei
broncopatici crisi di insufficienza respiratoria. Può causare cefalea,
sedazione, depressione, euforia, ipotensione, tachicardia, stitichezza,
vomito.
I suoi effetti analgesici e antitussivi sono noti da oltre 150 anni ma poiché
può facilmente dare dipendenza non è più contenuta negli sciroppi per la
tosse, anche se in Inghilterra e in Francia è ancora oggi usata per il
trattamento della dipendenza da eroina..
I suoi effetti sono dovuti alla trasformazione in morfina per effetto del
citocromo CYP2D6 ma per il vasto polimorfismo di questo citocromo, circa
il 10% della popolazione caucasica non metabolizza efficacemente la
molecola e ne è quindi sostanzialmente immune.
Il tramadolo
Il tramadolo è un farmaco antidolorifico oppioide, che appare
strutturalmente e farmacologicamente simile al farmaco anti-depressivo
venlafaxina anche se è un analogo sintetico della codeina con una debole
attività sui recettori m degli oppioidi ed è utile nel trattamento del dolore
moderato. Un suo analogo è il viminolo.
Il metadone
Il metadone (noto con diversi nomi tra cui: Polamidon, Eptadone,
Dolophine, ecc,) è un oppioide sintetico, usato in medicina come analgesico
nelle cure palliative e utilizzato per ridurre l'assuefazione nella terapia
sostitutiva della dipendenza da stupefacenti.
Il metadone è utilizzato utilmente nel controllo del dolore cronico per la sua
lunga durata d'azione ed il basso costo. Inoltre, da molti anni, viene usato
nel trattamento della dipendenza da oppiacei, pur essendo noto il suo
potenziale rischio di dipendenza e tolleranza farmacologica. La sindrome di
astinenza da metadone, pur quantitativamente simile a quella della morfina,
ha un esordio più lento ma più prolungato e con una sintomatologia più
lieve.
Dal 1960 il metadone negli USA è usato, in programmi medici molto ben
organizzati, come sostanza utile nello svezzamento farmacologico
definitivo della dipendenza da oppioidi (eroina), partendo dal presupposto
scientifico che la dipendenza agli oppioidi va trattata alla stregua di una
comune malattia metabolica. Questi programmi successivamente sono stati
variamente ripresi nel mondo.
In Italia sin dall'agosto del 1980 viene utilizzato come sostituto dell'eroina
contro i sindromi somatici dovuti all'astinenza durante lo svezzamento da
eroina ed oppioidi. Significativamente, inoltre, da alcuni decenni anche in
Italia la sostanza farmacologica trova un utile impiego nella terapie del
dolore oncologico o cronico incoercibile, in alternativa alla morfina,
ossicodone, idromorfone e fentanyl.
La pentazocina
La pentazocina è un farmaco di sintesi appartenente alla classe degli
analgesici, con azione simile alla morfina.
Il fentanil
Il fentanil è un m agonista dei recettori degli oppioidi.
Il fentanyl (noto anche come fentanil o fentanile, o con i nomi commerciali
Sublimaze, Actiq, Durogesic, Duragesic, Fentanest, Fentora, Onsolis,
Instanyl, Abstral e altri) è un potente analgesico oppioide sintetico,
appartenente alla classe delle fenilpiperidine.
A metà degli anni Novanta il fentanyl ha visto la sua prima comparsa per le
cure palliative con l'introduzione nella pratica clinica del cerotto a base di
fentanyl, denominato Durogesic. Nel decennio successivo è stato introdotto
il primo "lecca-lecca" a base di fentanyl, una formulazione oromucosale
chiamata Actiq, e successivamente delle compresse orosolubili denominate
Fentora.
I barbiturici
I barbiturici vennero introdotti nella pratica clinica nel 1903 con la nascita
del barbitale e fino agli anni '60 sono stati la prima scelta nel trattamento
dell'ansia e dell'insonnia mentre oggi si utilizzano esclusivamente per
trattare l'epilessia e come anestetici.
Gli steroidi sono dei derivati ossidati degli steroli: possiedono il nucleo
sterolico (composto da quattro anelli fusi, tre a sei atomi e uno a cinque),
ma non la catena alchilica. Sono steroidi gli ormoni sessuali (es.
testosterone, diidrotestosterone, estradiolo, progesterone), e gli ormoni
corticosurrenali (ad es., cortisolo, androsterone). Gli steroidi sono
biosintetizzati attraverso la via metabolica dell'acido mevalonico.
Gli sport con più alta incidenza di steroidi anabolizzanti sono il football
americano, il rugby, il body-building, il sollevamento pesi e la corsa su
brevi distanze.
Dal momento che queste sostanze sono simili all'ormone responsabile dello
sviluppo dei caratteri sessuali primari e secondari maschili, chi li assume va
incontro a mascolinizzazione (soprattutto le donne), cioè ad esempio
aumento della massa muscolare, abbassamento della voce ed irsutismo. Nei
maschi dopo assunzione per lunghi periodi può manifestarsi invece
femminizzazione in quanto viene inibita la secrezione di testosterone
endogeno da parte dei testicoli che continuano a liberare solo estrogeni.
BIBLIOGRAFIA
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La dipendenza da sostanze
Sono molte le ragioni che possono spingere una persona a volgersi verso
l’uso-abuso di sostanze. La ragione più comune è che le droghe inducono
uno stato euforico o endorfinico che fa sentire meglio, anche se solo
temporaneamente. Sono centinaia le motivazioni che spiegherebbero questo
meccanismo di coping imputabile alle droghe e ogni soggetto ha la più
disparate giustificazioni per assumere una sostanza.
BIOCHIMICA E NEUROFISIOLOGIA
Il craving, che abbiamo poc’anzi citato, altro non è che uno sbilanciamento
dei neurotrasmettitori, il che generalmente si identifica col fatto che la
persona ha bassi livelli di una o più di queste molecole. Siccome l’alcol è in
grado di aumentare il livello di differenti neurotrasmettitori (che peraltro
possono differire nella concentrazione da persona a persona a causa
genetica, ambientale ed esperienziale), è difficile dire quale sia la molecola
di cui una data persona ha bisogno. A prescindere da quale
neurotrasmettitore parliamo, l’alcol ha buone probabilità di rialzarlo.
Ma se l’alcol ha un forte potere euforizzante ha anche l’esatto opposto,
quello deprimente. Basta astenersi dal bere per un giorno o due ed i livelli
di neurotrasmettitore circolante crollano ben al di sotto dei livelli normali
che avevano prima che la persona iniziasse a bere. A questo punto il
soggetto è depresso e lo rimarrà per alcune settimane, almeno fin quando
l’equilibrio di un dato neurotrasmettitore non sarà ripristinato. Per essere
più chiari, generalmente, se non ci sono gravi compromissioni, sono
necessarie tre-quattro settimane perché gli equilibri si ristabiliscano. Questo
è possibile anche senza intervento farmacologico, perché ha un forte potere
disintossicante ed autoregolatore grazie alla sua plasticità intrinseca. Ecco
perché in molti paesi esistono programmi di recupero di 28 giorni.
LA DROGA E IL SUO COMPLICE
Sia ben chiaro che con questo non si vuole né assolvere né promuovere il
tabagismo o l’uso di nicotina, considerando che è una sostanza a dir poco
pericolosa. Al mondo si contano oltre un miliardo di fumatori che fumano
circa sei mila miliardi di sigarette all’anno (quindi, in media, ogni fumatore
consuma circa 6.5kg/anno di tabacco, con un consumo medio di 1.600
sigarette /anno). Queste cifre sono in aumento, non solo nel terzo mondo
dove dal 1970 il consumo di tabacco è cresciuto del 67%, ma anche in tutto
il mondo industrializzato. Il nuovo obiettivo dei produttori di sigarette
rimane il mercato cinese, dove trecento milioni di fumatori consumano
1.880 miliardi di sigarette all’anno. Un fumatore su quattro è cinese e il
numero dei tabagisti in Cina sta aumentando esponenzialmente.
Secondo l’OMS le sigarette sono la causa del 20% delle morti nei Paesi
sviluppati, oltre ad essere causa del 90-95% dei tumori polmonari, l’80-
85% delle bronchiti croniche ed enfisema polmonare, il 20-25% dei disturbi
cardiovascolari.
NICOTINA E ACETILCOLINA
È facile quindi capire perché sia così difficile smettere di bere e di fumare.
ABBANDONARE LA NICOTINA
Noi facciamo affidamento sulla memoria per compiere i gesti anche più
semplici nella nostra vita quotidiana.
FLASHBACK E BLACKOUT
L’effetto sia del bere alcol sia del fare uso di oppiacei fino a svenire è
devastante su diversi livelli. Quando in una persona i livelli di alcol nel
sangue raggiungono tra lo 0.24 e 0.30, l’abilità del cervello di codificare le
memorie viene alterata e le memoria si frammenta. I livelli di alcol nel
sangue salgono e scendono come le maree durante il ciclo lunare. Le cose
cha accadono quando la “marea” è bassa vengono ricordate, mentre quelle
che accadono quando c’è “l’alta marea” non vengono registrate. E questo
dà, come risultato, una memoria frammentata.
Il miglior modo per aiutare una persona che stia sperimentando questi
flashback è cercare di portarli a comprendere che non ci sono pericoli
imminenti. Come prima cosa devono riconoscere il proprio stato di paura.
Devono cercare di analizzare l’ambiente circostante per determinare cosa
abbia scatenato questo loro stato di timore, paura o, nei casi peggiori,
l’attacco di panico.
Sempre di più negli ultimi anni l’uso degli oppiacei e degli oppiodi si è
diffuso per il trattamento dei dolori. Farmaci morfinoidi, metadone,
tramadolo, ossicodone, idrocodone, fentanil possono portare velocemente
alla dipendenza e all’abuso e nessuno ne è immune. La morfina e la codeina
derivano dall’oppio, ma in farmacologia si usano sostanze di sintesi
chimica.
Ma non finisce qui. Gli oppiacei hanno anche una serie di altri effetti tra cui
ridurre la capacità della persona di vedere i colori tanto quanto di alterarne
la memoria. Riducono i riflessi, aumentano gli incidenti riducono la
capacità di percezione del bello riducono significativamente la capacità di
notare i sorrisi sui volti altrui.
BIBLIOGRAFIA
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primary care clinics. Archives of Internal Medicine 169:2148–2155, 2009.
ANTONIO FERRANTE
Nelle tecniche di terapia cognitiva più in uso, gli interventi principali sono
fondamentalmente quattro:
1. Interventi di tipo educativo
2. Aumento della consapevolezza sugli errori cognitivi
3. Sviluppo di dubbio sulla validità di pensieri irrazionali e credenze
4. Ristrutturazione cognitiva
Per quanto riguarda gli interventi di tipo educativo, essi partono dalla
constatazione del problema della mancanza di consapevolezza della natura
casuale del gioco d’azzardo. L’obiettivo, quindi, in questo caso, è quello di
insegnare che ogni risultato è indipendente dalla volontà del soggetto a
prescindere da ogni apparente associazione (es. dadi, slot machine, ecc.).
Per quanto riguarda l’aumento della consapevolezza sugli errori cognitivi[8]
l’obiettivo è quello di fornire informazioni di base sulla dipendenza,
correggere le percezioni errate con un approccio “socratico” basato su
domande semplici per portare alla luce gli errori cognitivi.
Per ognuno dei fattori che scatenano gli episodi di gioco d’azzardo
patologico, possono esistere delle possibili soluzioni che è importante,
prima di tutto, portare a conoscenza del paziente per poter arrivare ad una
fase di accettazione e poter cominciare con lui un percorso, su più fronti,
che può prevedere la gestione controllata del denaro, una programmazione
delle attività durante il tempo libero, un supporto mediante counseling per i
conflitti e i problemi interpersonali, la strutturazione di attività ricreative
socializzanti antinoia e terapie specifiche per eventuali stati di depressione
o stati ansiosi.
Una volta terminata con il paziente l’analisi funzionale dei fattori e delle
condizioni che scatenano gli episodi compulsivi, è importante seguire una
fase di brainstorming durante la quale poter insegnare al paziente come
rivalutare e gestire i fattori e le condizioni scatenanti. Si tratta, cioè, di far
assumere una buona consapevolezza al paziente sui propri meccanismi
fisiopatologici di funzionamento in risposta agli stimoli interni o esterni. In
altre parole, si intende fare acquisire la consapevolezza della prevedibilità e
della possibilità di poter gestire anticipatamente gli impulsi.
Successivamente, trovano una buona applicazione, per rinforzare e
consolidare i risultati, i training di assertività e rilassamento.
CONCLUSIONI
Una base comune di partenza deve derivare, però, da una corretta e quanto
più possibile esaustiva lettura delle evidenze scientifiche disponibili nelle
varie discipline prima nominate, salvo non accettare di introdurre
macroscopici errori, credenze irrazionali e distorsioni cognitive che alla fine
porterebbero ad esprimere decisioni né appropriate, né efficaci. La
dipendenza, come è stato illustrato precedentemente, presenta aspetti molto
variegati e per poter interpretare la sua origine, le sue conseguenze per
l’individuo, i comportamenti e le difficoltà di controllo degli stessi, oltre
che le conseguenze sociali, è necessario quindi avere conoscenze
approfondite in vari campi.
Inoltre, gli studi biochimici e genetici hanno mostrato anomalie dei sistemi
della dopamina, della serotonina, della noradrenalina, delle beta-endorfine e
hanno evidenziato anche una forte correlazione tra queste anomalie e i geni
coinvolti proprio nella strutturazione e regolazione dei sistemi dei
neurotrasmettitori in soggetti affetti da dipendenza[21].
La vulnerabilità è stata messa dunque in relazione proprio con i deficit e
con le varianti genetiche che comportano una carenza funzionale dei sistemi
della dopamina e che, nel tempo, fanno sviluppare al soggetto
comportamenti che tentano di normalizzare e compensare la carenza di
dopamina.
Importanti fattori sono tutte quelle condizioni che portano ad esplicitare una
sindrome disinibitoria (carenza di autocontrollo) e quindi ad esprimere
comportamenti eccessivi. Il deficit di autocontrollo è stato chiaramente
associato alle aree frontali del cervello[23], in relazione anche con quanto
osservato nella dipendenza da alcol e da droga, in particolare nella corteccia
prefrontale[24] .
La compulsione prima, e la dipendenza poi, possono avere diverse modalità
di evoluzione[25] e diverse condizioni di base esistenti nell’individuo.
BIBLIOGRAFIA
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[22] Petry NM. Pathological gamblers, with and without substance use
ADOLFO BONFORTE
Il giocatore d'azzardo
quanto più è bravo nel suo mestiere,
tanto più è disonesto.
Publilio Siro
PREMESSA
La terza infine comprende i giochi vietati, cioè quei giochi che essendo
socialmente dannosi sono repressi penalmente.
PROBLEMATICHE
Nel gioco e con il gioco l’essere umano realizza il fare, il costruire, che si
manifesta in forme specifiche nelle svariate attività umane, coinvolgendo
sia la realtà interiore che la dimensione sociale.
Nell’uomo il gioco assume infinite forme e funzioni: diventa esercizio
preparatorio ai diversi compiti esistenziali (biologici, sociali, relazionali,
culturali), serve ad appagare il bisogno di dominare, di competere, di
autoaffermarsi attraverso la sfida, permette di concedersi svago e sollievo in
forma di autogratificazione.
A noma dell’articolo 721 del codice penale “…. sono giochi d’azzardo
quelli nei quali ricorre il fine di lucro e la vincita o la perdita è interamente
o quasi interamente aleatoria; sono case da gioco i luoghi di convegno
destinati al giuoco d’azzardo, anche se privati, e anche se lo scopo del
giuoco è sotto qualsiasi forma dissimulato”.
Per stabilire se un gioco possa essere definito d’azzardo bisogna fare
riferimento:
• all’elemento soggettivo ovvero il fine di lucro della persona che lo
esercita. Il fine di lucro ricorre ogni volta che il gioco è praticato per
conseguire vantaggi economici valutabili e risulta escluso se la posta
consiste in una soddisfazione di carattere morale o in una umiliazione;
• all’elemento oggettivo ovvero l’aleatorietà del risultato che
interviene quando il risultato finale dipende totalmente o
prevalentemente dal caso o dalla sorte e non dall’abilità e dalla perizia
del giocatore. La valutazione dell’aleatorietà deve essere
oggettivamente valutata caso per caso.
Nel gioco dei tre campanelli (in cui il giocatore vince la posta se indovina
sotto quale dei tre campanelli rapidamente spostati dal tenutario del gioco
sia finita la pallina) la Cassazione ha dapprima ravvisato il carattere di
gioco d’azzardo; più recentemente, mutando indirizzo, ha invece ritenuto
che in tale gioco sussiste il fine di lucro ma non può altrettanto dirsi per la
totale o quasi totale aleatorietà della vincita in quanto è evidente che le
vincite sono determinate non dall’alea, ma esclusivamente dall’abilito dalla
destrezza di chi esegue il gioco.
Naturalmente diversa è la soluzione se si aggiunge una fraudolenta
attività10.
Il costo massimo della singola partita è pari a euro 10,00, con una posta
minima di gioco di 0,5 euro; il pagamento può avvenire tramite:
• monete e/o banconote;
• tecnologie basate su sistemi di ticket;
• carte prepagate;
• conti di gioco nominativi utilizzabili attraverso smart card;
• la ricollocazione in gioco dei crediti precedentemente vinti.
II gioco deve svolgersi in sale non dedicate all’esercizio di altri giochi e non
collegate con locali nei quali siano installati apparecchi da divertimento o
intrattenimento, bigliardi, biliardini o apparecchi similari.
Tutto il personale che presta servizio nella sala bingo per lo svolgimento del
gioco deve avere i seguenti requisiti:
• essere maggiorenne;
• non aver subito alcuna condanna con sentenza passata in giudicato,
né misure cautelari o provvedimenti di rinvio giudizio per reati di cui
alla legge 19 marzo 1990 numero 55. Il concessionario e il personale
addetto alla sala bingo non possono partecipare al gioco né concedere
prestiti ai giocatori.
L’ingresso e la permanenza nella sala bingo sono vietati:
• ai minori non accompagnati;
• alle persone in evidente stato di ebbrezza o di intossicazione da
droghe o farmaci, con in uno stato che faccia pensare che possano
essere causa di disturbo dell’ordine della tranquillità del normale
svolgimento del gioco;
• alle persone in possesso di armi o di altri oggetti ritenuti comunque
pericolosi.
Il concessionario è tenuto ad assicurare il rispetto del divieto, anche
mediante richiesta di esibizione di un documento di riconoscimento valido.
La richiesta di esibizione di un documento15 non costituisce esercizio di un
pubblico potere, ma una semplice condizione contrattuale. Le persone sono
liberissime di non esibire il documento ed andarsene.
L’AMS autorizza licenze in Italia alle poker room online e svolge attività di
approvazione e monitoraggio anche sulle transazioni: grazie al
collegamento in rete può verificare l’andamento delle partite ed approvare i
pagamenti delle vincite. Poiché l’ approvazione non avviene
istantaneamente, il premio corrisposto in un momento successivo alla
vincita.
LOTTERIE E TOMBOLE
LA RIFFA
In buona sostanza, ferme restando le sanzioni previste dal codice penale per
il gioco d’azzardo18, è penalmente rilevante la condotta di chi installa o
comunque consente l’uso in luoghi pubblici o aperti al pubblico o in circoli
ed associazioni di qualunque specie di apparecchi e congegni:
• d’azzardo di cui al comma 4 dell’art. 110 del TULPS;
• non rispondenti alle caratteristiche e prescrizioni di cui ai commi 6
e 7 dell’art. 110 del TULPS, che viene punita con un’ammenda da
4.000 a 40.000 euro e la confisca degli apparecchi e congegni.
•
Inoltre, è punito anche:
• chi consenta l’utilizzo degli apparecchi e congegni di cui al comma
6 ai minori di anni 18 (ammenda da 500 a 1.000 euro);
• chi ometta di esporre negli esercizi pubblici la tabella dei giochi
proibiti di cui al’art. 110, comma 1, vidimata dal Questore (arresto fino
a tre mesi o ammenda fino a euro 206 - ipotesi sanzionata dall’art. 17
del TULPS).
Qualora l’autore degli illeciti di cui al comma 9, nel cui ambito si
considerano comprese anche le violazioni di carattere amministrativo, sia
titolare di licenza di pubblico esercizio (ad esempio: bar e/o ristorante), la
licenza è sospesa per un periodo da uno a sei mesi e, in caso di recidiva, è
revocata dal Sindaco competente19.
BIBLIOGRAFIA
ANDREAS ACERANTI
Laureato in Medicina e Chirurgia e Psicologia è uno psichiatra forense
specializzato in Analisi Comportamentale e Profiling al Trinity College di
Londra. Consulente per la Procura e per le Forze dell’Ordine, è Professore
Associato di Psichiatria all’Università degli Studi di Lugano (LUdeS) di cui
coordina il Centro di Criminologia ed è titolare della cattedra di
Criminologia Clinica e Psicopatologia Forense e di quella di Psicologia
Giuridica presso l’Università degli Studi di Novedrate (CO) in Como,
Roma, Messina e Bari. Esercita come formatore e dirige l’Unità Analisi
Comportamentale dell’Istituto Europeo di Scienze Forensi e Biomediche.
E’ annoverato dall’IBC di Cambridge come uno dei 100 scienziati che
segneranno il XXI secolo grazie alle sue pubblicazioni nel Campo
dell’Analisi Comportamentale ed è stato inserito tra i 2.000 Outstanding
Intellectuals of the 21st century.
ADOLFO BONFORTE
Laureato in Scienze Giuridiche ad indirizzo penalistico-criminologico, ha
conseguito una seconda laurea in Giurisprudenza. Master di primo livello in
“atti persecutori –Stalking”. E’ Ispettore Capo della Polizia di Stato e
docente presso la Scuola di Polizia di Alessandria. Già cultore di Diritto
penale presso l’Università degli Studi di Lugano (L.U.de.S) , è decente di
“Regolamentazione del mercato farmaceutico” nel Master di 2° livello,
presso l’Università degli Studi di Novedrate (CO). Direttore del
Dipartimento di Scienze Giuridiche e Forensi dell’Istitito Europeo di
Scienze Forensi e Biomediche.
ANTONIO FERRANTE
Laureato in Educazione Professionale esercita nell’ambito del recupero dei
minori psichiatrici e problematici. Esperto di dipendenze con campo di
preferenza nel trattamento delle ludopatie e del gioco d’azzardo patologico,
è consulente dell’Unità Analisi Comportamentale dell’Istituto Europeo di
Scienze Forensi e Biomediche. E' Professore ac. di "Comunicazione
Istituzionale" presso l’Università degli Studi di Novedrate (CO). E’ al
momento in fase di definizione un progetto, sotto la sua direzione, per le
ludopatie e il recupero dei dipendenti.
SIMONETTA VERNOCCHI
Laureata in Medicina e Chirurgia è medico fisiopatologo. E’ Professore
Associato di Fisiopatologia all’Università degli Studi di Lugano (LUdeS) di
cui è consulente del Centro di Criminologia ed è Professore di
Anatomofisiologia del Comportamento e di Criminologia presso
l’Università degli Studi di Novedrate (CO). Dirige il Dipartimento di
Scienze Biomediche e della Nutrizione dell’Istituto Europeo di Scienze
Forensi e Biomediche. E’ elencata da Marquis Who’s Who tra i 2.000
scienziati più brillanti per le sue pubblicazioni sugli attacchi di panico da
ipercapnia, le sue pubblicazioni sulla neurofisiologia delle emozioni e i suoi
studi sull'utilizzo del Peptide Natriuretico di tipo B nelle diagnosi
differenziali di Medicina d'urgenza.
GLI AUTORI
ANDREA DE GIORGIO
E' titolare della cattedra di Neurofisiologia presso l’università eCampus e
cultore della materia in Anatomia umana presso l’Università Cattolica di
Milano.
Il suo interesse di ricerca mira a comprendere la struttura e la funzione dei
circuiti corticali in modelli sperimentali di ritardo mentale (in particolare
alcol-correlati, sindrome feto-alcoolica) e malattie neurologiche
degenerative. Ha all’attivo diverse pubblicazioni scientifiche su riviste
internazionali.
OMBRETTA GRASSI
Laureata in Medicina e Chirurgia e specializzata in Nefrologia presso il San
Raffaele di Milano lavora come Medico internista e d'urgenza. E'
consulente dell'Istituto di Scienze Forensi e Biomediche per la medicina
interne, la dialisi, la nutrizione clinica e la pet-herapy. Congressista e
scrittrice, ha al suoattivo diverse pubblicazioni scientifiche sia sull'Italian
Journal of Medicine sia su riviste internazionali.
ANGELICA PEZZI
Ha conseguito, dopo la maturità in Scienze Sociali, laurea in Scienze e
Tecniche Psicologiche. Ha prestato servizio di volontariato presso l’ANC
(Associazione Nazionale Carabinieri). Attualmente è iscritta alla Laurea
Specialistica di Psicologia e riveste il ruolo di Assistente all’Autonomia e
alla Comunicazione per alunni P.H.
DEGLI STESSI AUTORI:
STELLE E STALLE
Come emozioni e sentimenti trasformano la nostra vita in una corsa sulle
montagne russe.
Istituto Europeo di Scienze Forensi e Biomediche Editore
ISBN: 978-88-98559-00-8
BRUCIO PER TE
Quando il fuoco della passione arde e se ne infischia delle regole sociali
Sessualità e orientamento sessuale tra cultura e scienza
Istituto Europeo di Scienze Forensi e Biomediche Editore
ISBN: 978-88-98559-09-1