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ALFREDO MOROSETTI

IL BOSCO E LE ERBE
DI CAMPO IN CUCINA
Le ricette tradizionali della civiltà rurale tratte dalla sua millenaria consuetudine
con il bosco

DUTCH COMMUNICATIONS & EDITING


Copyright© 2012 Alfredo Morosetti - DC&E
Via G. Banfi 4 - 20142 Milano
SOMMARIO

Introduzione

CAPITOLO I
LA CIVILTA’ RURALE E LE RISORSE SPONTANEE DELLA TERRA
1) La civiltà rurale: aspetti generali
2) Erbe dei campi e delle radure boschive
3) Il bosco
4) Le risorse del bosco

CAPITOLO II
LE SALSE, I CONDIMENTI, GLI ANTIPASTI

Salse e condimenti

Il pesto di montagna (con patate lesse e fagiolini bianchi)


Ragù di funghi (secchi)
Ragù di spinaroli
Salsa di funghi
Salsa di lamponi
Salsa di mirtillo rosso in agrodolce
Salsa di mirtilli neri e mele
Salsa di noci
Salsa di ortiche
Salsa di pinoli
Salsa di ribes
Salsa di rosa canina in agrodolce
Salsa di uva spina
Antipasti
Aspic di funghi ed erbe di primavera
Boccioli di tarassaco sott’olio
Carne cruda all'albese e tartufo bianco
Castagnaccio
Crostino al tartufo nero
Frittate di erbe selvatiche
Frittata di cime di ortiche
Frittelle di borragine
Insalata di carciofi e tartufi neri
Insalata di funghi
Insalata di ovuli
Porcini in insalata
Insalata di tarassaco
Paté di fegatini al tartufo
Torta di funghi
Torta di ortica e ricotta

CAPITOLO III
PRIMI PIATTI

Zuppe e minestre

Minestra di castagne e porri


Minestra di castagne e funghi
Minestra di ceci e castagne
Minestra d’orzo e porcini
Minestra primaverile di erbe
Minestra di prugnoli
Minestra di prugnoli e riso
Minestra di tagliatelle di castagne (batolli) in brodo di lardo
Minestra di ortica
Minestra di malva
Preboggion
Minestra di riso e preboggion
Zuppa di fagioli e bietole selvatiche
Zuppa di ortiche e latte
Zuppa di fagioli e tarassaco
Zuppa di ceci e castagne
Zuppa di spugnole
Zuppa di topinambour
Zuppa di verze e castagne
Zuppa di lenticchie e borragine
Zuppa di orzo e ortiche
Zuppa di coda di bue e castagne
Zuppa di porcini e patate
Zuppa di cicoria selvatica

Gnocchi di castagne
Gnocchetti di bietole selvatiche e ricotta
Pansotti
Ravioli di castagne e formaggio
Ravioli di ricotta e ortiche
Ravioli di ricotta borragine e melissa
Ravioli di castagne in salsa di noci
Risotto di fegatini e germogli di luppolo
Risotto ai germogli di luppolo
Risotto di prugnoli e tarassaco
Risotto alle ortiche
Tagliatelle col savor
Tagliatelle (tajarin) ai fegatini e tartufo bianco
Tagliatelle al forno con ovoli ripieni
Tortelli di castagne
Troffie di castagne

CAPITOLO IV
SECONDI PIATTI

Selvaggina e carni

Brasato ai funghi
Capriolo alla salsa di mirtillo rosso
Coscia di cervo ai funghi
Coscia di agnello tartufata
Costata di manzo alla salsa di mirtilli
Fagiano al tartufo bianco
Pasticcio di castagne e prosciutto
Salsiccia e polenta di castagne
Spezzatino di cinghiale alla salsa di funghi

Pesci e pollame

Cappone ripieno di castagne


Coniglio e funghi prugnoli
Oca al ripieno di castagne
Petti di pollo alla salsa di luppolo
Petti di pollo con salsa di borraggine
Tacchino alle nocciole
Trota al cartoccio con ripieno di tartufi
Trota al vino rosso e funghi
Tinche ai funghi

Frittate, torte salate, verdure al forno e in casseruola

Budino di patate e prugnoli


Cappelle di porcini al forno
Cappelle di porcini impanate
Fonduta di prugnoli
Frittata di tartufi bianchi
Frittata alle erbe di primavera
Funghi e verdure impanate e fritte
Patate e funghi (porcini)
Ovoli ripieni al forno
Polenta e tartufi neri
Sformato di tarassaco e formaggio
Spugnole in padella
Torta di borragine e ricotta
Torta di bietole, borragine e formaggio
Torta di porri, riso ed erbe di campo

CAPITOLO V
DOLCI, CONFETTURE, INFUSI E LIQUORI

Torte e dessert

Budino di castagne
Castagne alla vampa
Castagne al vino
Crema di castagne
Crema di fragoline di bosco
Crostata di castagne
Crostata di lamponi
Dolce di pane e noci
Frittelle di farina di castagne e frutta secca
Macedonia di frutti di bosco
Montebianco
Pignolata
Strudel di frutta secca
Torta di castagne
Torta di mandorle
Torta di noci
Torta di noci montanara
Torrone di nocciole
Torta di ribes

Confetture

Marmellata di castagne
Marmellata di more (e di frutti di bosco in genere)
Gelatina di mirtilli (rossi o neri)
Latte di mandorle

Liquori e infusi

Liquore di Camomilla
Liqu ore alle cento erbe
Liquore di noci (nocino)
Introduzione

Il bosco, le radure, le siepi lungo i campi coltivati hanno sempre rappresentato una risorsa
inestimabile per la vita delle popolazioni rurali che, da tempo immemorabile, hanno utilizzato i frutti
e le piante spontanee per integrare la dieta quotidiana, la cui principale fonte di sostentamento
alimentare era data dai prodotti della agricoltura e della pastorizia.
L’interesse per le piante selvatiche va però oltre quello puramente alimentare. La conoscenza e la
sperimentazione delle proprietà di frutti e ed erbe selvatiche è finalizzata anche alla ricerca di rimedi
per i mali del corpo e dell’anima. Pozioni, tisane, impacchi di erbe, di radici e bacche selvatiche
hanno rappresentato una forma specifica della medicina popolare e alternativa a quella dominante e
di carattere scientifico-universitario. La figura della raccoglitrice di erbe, nella nostra cultura, è una
figura centrale ed enigmatica, che spesso è associata alla stregoneria, alla magia, a pratiche illecite.
Mezza strega e mezza guaritrice questa figura si è protratta nel tempo fino alle soglie della civiltà
post industriale, e questo fatto dice tutto riguardo all’importanza che ebbero le erbe nella cultura e
materiale e spirituale del mondo rurale. In una parole: una delle fonti primarie del suo sapere
empirico.
Tuttavia questo volume non è dedicato a questo aspetto abbastanza esoterico della cultura delle
piante e dei frutti selvatici nella cultura del mondo rurale. Più prosaicamente il suo ambito
progettuale si circoscrive intorno a quelle piante e a qui frutti spontanei che abitualmente sono stati
utilizzati in cucina come integratore e a volte come alimento principale nella dieta di tutti i giorni
delle famiglie del mondo rurale.
Se il numero di piante, di erbe, di bacche che si possono utilizzare proficuamente in cucina è
sterminato, bisogna anche dire che la tradizione storica ne ha selezionato poche decine, i cui nomi e
il cui aspetto sono tutti abbastanza noti, per una serie di motivi molto specifici. In primo luogo per
l’abbondanza e la facilità di approvvigionamento; in secondo luogo, per la capacità nutritiva di
questo o quel frutto spontaneo; in terzo luogo, per la bontà e la facilità con cui il suo gusto si sposa
con i prodotti dell’agricoltura e dell’allevamento.
In quest’ottica vedremo come le principali piante e frutti selvatici di cui tratteremo sono anche quelle
che abitualmente entrano nelle più solide e veraci ricette della cucina di impianto rurale. Sono anche
quelle che una certa facilità è possibile reperire andando per campi e boschi e con un buon impegno
si possono utilizzare nella propria cucina di casa per realizzare piatti di sicura bontà e genuinità.
La divisione di fondo nella loro catalogazione è il luogo crescita delle stesse, se cioè il campo e le
siepi, ragion per cui è abbastanza facile trovarle a pochi chilometri da un qualunque centro urbano,
oppure se il loro luogo d’origine è il bosco, che presuppone un’estensione territoriale non
indifferente e una lontananza molto marcata dai centri urbani di grandi e medie dimensioni. I campi,
le siepi e i prati ci danno essenzialmente erbe, bacche e fiori e, magari, qualche fungo. La quantità,
ma anche la qualità, invece, dei prodotti spontanei del bosco è incomparabilmente più vasta: funghi,
bacche, radici e piante di molte specie, frutti eccezionali come le more, i lamponi, i mirtilli, le
castagne. Insomma il bosco è stato, fuori ogni ombra di dubbio, il grande serbatoio di risorse
spontanee che hanno permesso alla civiltà rurale non solo di arricchire i sapori e variare la
composizione dei piatti sulle sue mense, ma anche avere quella scorta di vitamine e apporti calorici a
basso costo, che, senza di essi, avrebbero ridotto al lumicino le energie e le aspettative di vita di
coloro che nacquero contadini o montanari.
CAPITOLO I

LA CIVILTA’ RURALE
E LE RISORSE SPONTANEE DELLA TERRA

1) La civiltà rurale: aspetti generali

Cosa si deve intendere per civiltà rurale? E’ stata una realtà omogenea, un mondo perfettamente
analogo, se non identico, da nord a sud, da est a ovest, non solo nell’Italia dei secoli passati, ma
nell’insieme dell’Europa tutta?
Evidentemente no. Differenze profonde le troviamo non solo fra comunità situate a centinaia, se non
migliaia, di chilometri, ma spesso anche a solo poche decine di chilometri, divise e rese
profondamente differenti dalla natura del sistema sociale e politico a cui appartennero o dalla
conformazione fisica del terreno agricolo e dalle risorse che può offrire.
Più semplicemente ed evidentemente vi è senz’altro una profonda differenziazione di stili e
possibilità di vita nel caso in cui si viva in pianura, in collina o in montagna; se si tratta di comunità
indipendenti o sottoposte a qualche forma di patronato.
Tuttavia un tratto comune essenziale, al di sopra di qualunque differenza, lo individuiamo con
sicurezza: sono tutte comunità che vivono prevalentemente di quanto producono. Poche merci
indispensabili, come ad esempio, metalli e sale, vengono dall’esterno, per il resto quasi tutto viene
prodotto e consumato all’interno. E non solo gli alimenti, ma anche gli strumenti di lavoro, i vestiti, i
materiali e la costruzione delle case, sono beni prodotti in loco autonomamente. In poche parole, la
civiltà rurale vive con il territorio circostante un rapporto pressoché simbiotico, è attaccata alla terra
e alle sue risorse come il bambino al seno che lo unisce alla madre.
In questa prospettiva il territorio, nel quale una determinata comunità è situata, ha un’importanza
decisiva: è parte della sua stessa struttura e il fondamento su cui si regge e, pertanto, deve essere
conosciuto e utilizzato in ogni suo aspetto e potenzialità.
Per altro verso, la possibilità di usare il territorio per l’agricoltura o il pascolo, presuppone che
ampie fasce di questo stesso territorio siano lasciate ad incolto per consentire la rotazione delle
colture o il rimboschimento che garantisce il rifornimento della principale risorsa energetica: la
legna.
Ed è proprio dai campi lasciati a riposo e dai boschi che fanno da supporto energetico alle comunità
agresti che si traggono tutta quella serie di risorse spontanee che non sono un semplice complemento,
ma un apporto essenziale per la sopravvivenza alimentare della comunità.
Il ciclo riproduttivo di una comunità rurale, specie se situata in zone montane e se basata su piccole
proprietà di dimensioni famigliari della terra, si fonda su tre elementi costitutivi: il coltivato (sempre
insufficiente a produrre abbastanza per il sostentamento della famiglia); gli animali come risorsa
indispensabile nel lavoro dei campi e per il trasporto delle cose, e, più ancora, come strumento
fondamentale di apporto calorico per l’alimentazione quotidiana (grassi e proteine provenienti
direttamente dalle carni degli animali allevati o, indirettamente, come derivati del latte); il bosco e il
non coltivato come grande miniera per l’approvvigionamento energetico (la legna, il fogliame e le
erbe per il sostentamento degli animali) e come luogo di raccolta di frutti spontanei per l’integrazione
della dieta alimentare.
Il sistema di produzione, in montagna, era molto semplice: ogni famiglia possedeva una certa
estensione di terra, dalla quale traeva la base del suo sostentamento che consisteva in una agricoltura
sostanzialmente di sussistenza (cereali, legumi, ortaggi). Integrava il processo produttivo
l’allevamento di qualche animale (vacchette di montagna, capre e pecore, animali da cortile). Il
terreno produttivo era ricavato dal terrazzamento dei fianchi dei monti e ogni striscia di terra veniva
sorretta da un muretto a secco in pietra, affinché non smottasse a valle. Gli animali da cortile (conigli
e pollame, soprattutto) fornivano quel poco di proteine nobili necessarie alla salute, le vacche il latte
per i formaggi e davano il concime per i campi coltivati. Il punto dolente erano i pascoli e i boschi
dai quali si traevano le materie prime di base che consentivano il processo produttivo, cioè i foraggi
per gli animali e la legna per i focolari. Ovviamente non appartenevano a nessuno, ma erano la
dotazione primaria del sistema di potere politico di cui quella comunità era parte, ed erano concessi
in uso ai vari villaggi, dietro il pagamento di diversi tipi di tasse. In più, l’uso dei boschi e dei
pascoli oltre ad essere tassato, generava una conflittualità permanente con gli abitanti dei villaggi
confinati, perché le bestie sconfinavano dai limiti stabiliti, perché qualcuno tagliava legna dove a lui
non era consentito.
In ogni caso, bisogna tenere presente che le risorse a disposizione di ogni nucleo famigliare erano
sempre inferiori alle sue pur minime necessità. Per quanto si facesse e per quanto ci si accontentasse
di poco, la produzione non bastava a sostentare l’intero nucleo famigliare. La ragione è presto detta:
la fasce di terra potevano essere coltivate solo col duro lavoro individuale di zappa e dunque non
aveva senso avere una grande estensione di fasce di terra se poi la famiglia non aveva sufficienti
braccia per zapparle interamente e, inoltre, per ogni certa estensione di terreno occorreva avere un
determinato numero di vacche o di muli in grado di fornire il concime necessario per renderlo
produttivo. Dunque che si fosse in dieci, in venti o in due o in tre, il risultato finale non cambiava.
Ogni paio di braccia poteva coltivare solo un tanto di terra, e quanto da questo lavoro si ricavava
non produceva un numero sufficiente di calorie a tenere in vita sul lungo periodo chi si era spezzato
la schiena a coltivare il campo. Come mai allora le genti delle terre di montagna sono riuscite a
viverci per millenni e non si sono estinte per fame? La risposta è semplice: perché si sono sempre
date da fare, perché si sono sempre messe in movimento. Per strano che possa sembrare, ma da
sempre le terre di montagna sono state un via vai perenne di traffici, di spostamenti, di gente che
andava via in cerca di nuove opportunità e ritornava. Nessun villaggio è mai stato totalmente isolato,
nessuna famiglia al suo interno è vissuta solo ed esclusivamente delle risorse del suo circondario. Le
giovani figlie in attesa di marito andavano a fare lavori stagionali nelle terre di pianura (la monda del
riso, soprattutto), qualcuna andava a fare la cameriera presso questa o quella famiglia di città e
inviava a casa i soldi che guadagnava. I giovani andavano ovunque, persino in Turchia o in Francia,
se vi erano buone occasioni di lavoro e di traffici. Più ancora si specializzavano in qualche attività
artigianale da intercalare col lavoro agricolo. Erano muratori, fabbri, carpentieri, cestai, cordai. In
pratica erano in grado di sfruttare una molteplicità di abilità, esattamene come sapevano sfruttare una
molteplicità di risorse che venivano dal territorio. Alla agricoltura, associavano l’allevamento,
all’allevamento aggiungevano lavori occasionali di tipo artigiano o prestazioni d’opera; a quanto
dava il lavoro della terra aggiungevano la raccolta dei frutti e delle erbe spontanee del bosco e, a
tutto ciò, univano anche la caccia occasionale dei selvatici, in specie animali di piccola taglia che si
potevano facilmente catturare con i lacci e le tagliole.
E’ da questa dura scuola di sopravvivenza che viene, nelle nostre campagne, una conoscenza
minuziosa di tutte le erbe e di tutti i frutti selvatici. Una conoscenza precisa delle loro potenzialità
nutrizionali e una conoscenza perfetta delle loro qualità culinarie, vale a dire il modo migliore per
cucinarle o abbinarle ad altri prodotti alimentari.
2) Erbe dei campi e delle radure boschive

Le piante commestibili sono centinaia, prendiamo dunque in considerazione solo quelle più utilizzate
e più facilmente reperibili, quelle, cioè, che compaiono sistematicamente nell’alimentazione abituale
delle comunità rurali.

Asparago selvatico

Pianta pluriennale (Asparagus officinalis L.var altilis), appartiene alla famiglia delle Liliacee, e
produce numerosi germogli (turioni) che se lasciati crescere si sviluppano in fusti molto ramificati,
alti fino a due metri. La pianta dell’asparago è caratterizzata da radici rizomatose di durata
pluriennale, che danno origine a germogli chiamati scientificamente turioni che sono poi la parte
commestibile. Questi turioni sono di diametro inferiore rispetto a quelli coltivati, ma maggiori in
lunghezza, e sono ottimi in cucina, più saporiti di quelli coltivati. Da questa pianta selvatica sono
poi derivate, da tempo immemorabile, tutte le varietà di asparago coltivate, Il termine “asparago”
forse deriva dal persiano çperegh, che voleva dire “punta”, o dal sanscrito aspargos, che significa
“germoglio”.

Bietola selvatica
Nome scientifico: Beta vulgaris; famiglia delle Chenopodiaceae. E’ del tutto simile alla bietola
coltivata, anche se le foglie della specie spontanea appaiono più strette e lunghe. Queste ultime sono
molto lucide e ben evidenti, le venature sono molto più chiare e spiccano nelle foglie che crescono in
cespi. La bietola cresce durante tutto il periodo primaverile. Nei climi miti, la bietola si può trovare
anche in estate e in autunno. In cucina si usa nelle minestre e come ripieno per i ravioli. Spesso si
utilizza come contorno di piatti come il baccalà o spezzatini vari. Come medicamento, ha proprietà
antianemiche, emollienti, lassative e rinfrescanti.

Borragine

Dal latino tardo burra, lana greggia, stoffa grossolana e pelosa. Borago officinalis: erbacea annua
della famiglia Boraginacee, nota anche coi nomi di borrana, boraggine e boragine. È alta 20-40 cm
con foglie inferiori grandi, picciolate, ovali. Quelle superiori sono più piccole, sessili e abbraccianti
il fusto; i fiori, sono regolari, stellati, a 5 lobi di colore blu vivace. I fiori e le foglie della borragine
contengono antociani, tannini, alcaloidi pirrolizidinici e abbondanti quantità di potassio; pertanto può
essere utilmente impiegata nelle malattie da carenze di potassio provocate dalla somministrazione di
diuretici, nei soggetti sottoposti a durevoli sforzi fisici e negli stati di acidosi. La borragine ha anche
proprietà diuretiche, sudorifere e anticatarrali, cresce spontanea nelle zone aride, nei campi e presso
le macerie in tutta la zona temperata del vecchio continente; è coltivata negli orti per le sue foglie
commestibili previo cottura, dal sapore più intenso di quello della bietola. È largamente usata
soprattutto nella cucina ligure come verdura di contorno e come ingrediente per vari ripieni (torta
pasqualina, ravioli, pansotti, ecc.).

Cicerbita

Nome scientifico: Sonchus Arvensis. È una pianta erbacea annua o biennale molto comune nei luoghi
coltivati; preferisce infatti il terreno smosso o i margini dei campi. La radice si presenta piuttosto
grossa e secerne un lattice bianco. Le foglie che formano le rosette sono piuttosto dure e ruvide, con
i bordi frastagliati in lobi increspati che si ripiegano verso la base delle foglie.
I fiori sono costituiti da capolini con petali di colore giallo pallido. In cucina viene consumata cotta,
è molto ricercata per il suo sapore dolce che attenua l'amaro delle altre specie utilizzate. Le foglie
più tenere possono essere consumate anche in insalata, crude, da sole o preferibilmente insieme ad
altre erbe. Si utilizza il miscuglio per preparare torte salate. Ha proprietà aperitive, diuretiche,
amaricanti e digestive. Nel passato si riteneva che le foglie di questa pianta fossero in grado di
rianimare e restituire le forze agli uomini e agli animali. Le radici di questa pianta e di altre specie
dello stesso genere sono state usate torrefatte, come succedanee del caffè.

Grattalingua
La Grattalingua (Reichardia picroides) è una pianta erbacea perenne alta 20-40 cm. Appartiene alla
famiglia delle Asteraceae. E’ chiamata anche: Caccialepre, Caccialebbra, Latticina, Lattughino.
E’ fornita di una radice legnosa, dalla quale fuoriesce un lattice dolciastro. I fiori sono gialli con una
striscia scura bruna o purpurea inferiormente.
Fiorisce tutto l’anno su rupi, muri, incolti, campi, bordi dei viottoli, in tutta Italia. “Reichardia”
deriva dal naturalista tedesco Reichard, mentre “pikròs” deriva dal greco e vuol dire ‘amaro’. E’
chiamata “Caccialepre”, in quanto le lepri ne sono ghiotte. Le foglie fresche tritate, applicate sulla
parte dolorante alleviano il mal di denti e il mal di testa. E' la pianta spontanea più appetita e
ricercata per usi in cucina: le foglie più tenere della rosetta basale consumate crude sono un'ottima
insalata da sole o con altre erbe, con le quali vengono anche utilizzate cotte e condite con olio e sale.

Luppolo

Pianta perenne, con rizoma ramificato dal quale si estendono esili fusti rampicanti che possono
raggiungere i 7 metri d'altezza.
Le foglie sono cuoriformi, picciolate, opposte, munite di 3-5 lobi seghettati. La parte superiore si
presenta ruvida al tatto, la parte inferiore è invece resinosa.
Essendo una specie dioica, i fiori, unisessuali e di colore verdognolo, sono presenti su individui
separati. I fiori maschili (o staminiferi) sono riuniti in pannocchie pendule e ciascuno presenta 5
tepali fusi alla base e 5 stami; i fiori femminili (o pistilliferi) presentano un cono membranoso che
circonda un ovario munito di 2 lunghi stimmi pelosi.
Le infiorescenze femminili sono ricche di ghiandole resinose secernenti una sostanza giallastra e dal
sapore amaro, composta da α-acidi (luppolina, umulone e lupulone), e da polifenoli (flobafeni,
xantumolo,ecc.) e numerosi oli essenziali, che vengono utilizzati per aromatizzare e conferire alla
birra il suo gusto caratteristico.
Il luppolo predilige ambienti freschi e terreni fertili. Cresce spontaneamente sulle rive dei corsi
d'acqua, lungo le siepi, ai margini dei boschi, dalla pianura fino ad un'altitudine di 1.200 metri se il
clima non è troppo ventoso ed umido. La sua presenza è molto comune nell'Italia settentrionale. Il
luppolo viene usato soprattutto nel processo produttivo della birra, dove assume l' importantissimo
ruolo di conferire la caratteristica più comune alla birra, ovvero il sapore amaro, molto accentuato
nelle Pilsner.
In cucina si usa per fare frittate, nelle minestre di verdure commisto ad altri vegetali o nei risotti.

Ortica

Di tutte è la più umile, la più conosciuta, la più abbondante, crescendo praticamente ovunque,
persino nei vasi trascurati sui balconi degli appartamenti di città. Il nome è da mettere in relazione
con il verbo urere, bruciare, con allusione al liquido velenoso, irritante, che è contenuto nei peli
urticanti, cavi, che al tatto si spezzano lasciandolo fuoriuscire e provocando per contatto dei ponfi.
Temuta per i suoi poteri urticanti (tuttavia, per eliminarne le proprietà “urticanti”, è sufficiente
qualche minuto in acqua bollente o 12 ore di essiccazione), disprezzata per la modestia delle sue
forme, è in realtà una pianta meravigliosa in primo luogo per la sua incredibile forza vitale e, in
secondo luogo, per una quantità di benefici effetti curativi e alimentari.
Ricca di vitamine, ferro, flavonoidi e carotenoidi, sotto forma di tisana o di succo può essere di
grande aiuto con modi di impiego facili e immediati.
Depurativa, diuretica, antinfiammatoria, ricostituente, rimineralizzante, è ritenuta efficace per i
disturbi dei reni e della vescica, per l’ ipertrofia prostatica, per le malattie reumatiche, artrite e
artrosi.
In effetti una delle principali proprietà dell'ortica è quella antianemica, grazie alla notevole quantità
di ferro e di clorofilla contenuta nelle sue foglie; inoltre è depurativa, diuretica, tonificante e
ricostituente. La creatina, contenuta in piccole dosi nell'ortica, facilita la digestione dei cibi, in
quanto facilita la secrezione del succo pancreatico. Più in generale le sue proprietà diuretiche e
depurative aiutano l'organismo ad eliminare acidi, cloruri e colesterolo e, pertanto, viene utilizzata
anche di patologie come la gotta, i reumatismi, l'artrite. Inoltre, un tempo, la sua fama afrodisiaca
era diffusa ovunque in quanto si credeva che il seme eccitasse all'amore, come ricordato in una
ballata toscana per Calendimaggio.
E' tradizione che, in un angolo del campo dopo la semina, si pianti una scopa e una pianta di ortica
per tenere lontani i corvi.
Per uso cosmetico se ne fanno lozioni, impacchi e sciacqui per la cura delle pelli seborroiche, contro
la forfora e la caduta dei capelli.
Il suo impiego in cucina è vastissimo. La troviamo utilizzata per risotti, sughi, frittate, semplicemente
cotta con altre verdure e mangiata in insalata.

Papavero

Si trova nei luoghi erbosi, nei campi, spesso quelli coltivati a grano, dal mare fino alla zona sub-
montana. E’ un’erbacea annuale con radice biancastra a fittone. Dal colletto si diparte una rosetta di
foglie ellittico-allungate con contorno lanceolato, pennato o bipennato con incisioni irregolari a
margine dentato. Il fusticino alto da 20 a 80 cm porta delle foglie più semplici delle precedenti e
sessili. Le foglie ed il fusto sono abbondantemente rivestite di peli rigidi. Dalle ferite del fusto e
delle altre parti della pianta fuoriesce il tipico lattice bianco di odore sgradevole. All'apice del fusto
ed all'ascella delle foglie si sviluppano lunghi peduncoli che portano i boccioli fiorali. Questi, prima
della fioritura, che avviene tra marzo e luglio, sono penduli, poi aprono i 4 petali tondeggianti color
rosso vivo. Si raccolgono le rosette di foglie basali in inverno e primavera. In cucina le rosette cotte
in miscuglio con altre erbe servono per preparare torte salate, oppure minestre, possono essere
consumate anche da sole, prima lessate e poi passate in padella con burro, con aglio olio e
peperoncino; per preparare sformati o far ripieni. Si adoperano anche crude in insalata,
preferibilmente nelle misticanze.
Con gli infusi di petali si ottengono dei blandi sedativi, calmanti per la tosse ed espettoranti. Ha
inoltre proprietà coloranti per la presenza nei petali degli antociani rosso vivo. Le capsule del
papavero in dosi eccessive possono provocare intossicazione.
In passato le proprietà coloranti dei petali venivano sfruttate dalle donne per truccare guance e
labbra.

Piantaggine

La Plantago lanceolata, della famiglia delle Plantaginaceae, è una pianta erbacea perenne comune
nei luoghi erbosi, lungo le strade, nei pascoli, dal mare alla montagna. È provvista di un corto rizoma
con numerose radichette. Dal rizoma sorgono le foglie disposte a rosetta con lungo picciolo dilatato
alla base. Solitamente glabre presentano ciglia nella parte inferiore; si notano per la forma lanceolata
più o meno allungata con nervature ben marcate. I fiori ermafroditi si sviluppano da aprile ad ottobre
su scapi fiorali più o meno pelosi alti fino a 40 cm. portanti all'apice una spiga cilindrica, densa, in
cui sono riuniti i fiori che hanno 4 petali bianchi a volte rosati o giallognoli.
Si utilizzano le foglie riunite in rosetta tagliando il rizoma appena sotto il colletto da ottobre a marzo
e comunque prima della fioritura.
In cucina si utilizzano le foglie più tenere cotte e cucinate come gli spinaci, oppure nelle torte salate
o nelle zuppe con altre erbe. Crude si possono unire in minime quantità alle insalate per il loro
sapore di “fungo”.
Ha proprietà rinfrescanti, depurative, diuretiche, astringenti, antinfiammatorie, emollienti,
emostatiche ed è efficace per lenire le punture di insetti. Se ne fanno infusi, succhi, decotti. Se
ingerita in quantità elevata può provocare stitichezza.
Gli estratti acquosi hanno proprietà idratanti cutanee, e si impiegano in maschere e crema per
reidratare le pelli secche e parzialmente disidratate.

Pilosella
La pilosella, il cui nome scientifico è Hieracium pilosella, è una pianta erbacea perenne dal
portamento tappezzante, appartenente alla famiglia delle Compositae. Questa pianta è conosciuta
anche con i nomi volgari di orecchio di topo o lingua di gatto, a causa della forma a rosetta delle
foglie che si trovano alla base, ricoperte da una peluria bianca che ha generato il nome pilosella; in
primavera e in estate produce fiori gialli con sfumature rossastre. Questa pianta cresce spontanea
nelle zone aride e montuose dell’Europa e dell’Asia del nord, ed è molto utilizzata in fitoterapia
come pianta officinale grazie alle sue proprietà diuretiche, antinfiammatorie e antibiotiche. Uno degli
usi più conosciuti della pilosella è nella cura della brucellosi, una malattia infettiva batterica che
colpisce gli animali e che può essere trasmessa anche all’uomo.
Della pilosella si usa la parte aerea che deve essere raccolta da aprile a settembre; può essere
utilizzata per ottenere decotti e tisane, e, per uso alimentare, lessando le sue foglie quando sono
ancora giovani.

Pimpinella sanguisorba

Pianta erbacea perenne alta sino a 50 cm, con rizoma legnoso e fusto eretto e striato, a volte peloso in
basso, il cui sapore ricorda il cetriolo. Foglie imparipennate con 13-17 segmenti ellittici con 4-6
denti acuti su ciascun lato, glauche di sotto; fiori in capolini globosi o ovoidali con calice a 4 sepali
verdi e margine bianco, stami e stili sporgenti, stimma piumoso di un bel rosso vivace, fiorisce da
luglio ad agosto. Il nome Sanguisorba deriva, probabilmente, dai vocaboli latini sanguis e sorbeo
con riferimento alla capacità che ha questa pianta di frenare le emorragie. Le foglioline più tenere,
raccolte da novembre sino alla primavera, sono mangiate crude in insalata ma, solitamente, frammiste
ad altre verdure in quanto il loro sapore di cetriolo sarebbe troppo forte da solo; può essere usata
anche nei minestroni e nelle zuppe di verdure. Un tempo si seminava la pimpinella per arricchire i
pascoli, allo scopo di incrementare la produzione del latte e conservare il bestiame in buona salute.
E' una pianta molto nutriente e consigliabile nella dieta di colitici e diarroici per le sue proprietà
astringenti, utile anche per le digestioni difficili e per la diuresi.

Raperonzolo

Si trova frequentemente nei luoghi erbosi, nei prati, sui poggi ma anche ai confini dei boschi, dal
mare fino alla media montagna, è erbacea perenne costituita da una radice bianca carnosa
caratteristica, ingrossata nella zona del colletto e affusolata verso la fine, lunga anche 10 cm. Alla
fine dell'autunno o in primavera sviluppa una rosetta di foglie basali di colore verde chiaro,
spicciolate abovato-oblunghe con margini denticolati.
Successivamente dalla fine della primavera alla fine dell'estate sviluppa lo scapo fiorale con foglie
lanceolate o lineari e fiori ascellari di calore azzurro pallido, raramente bianchi, disposti in una
pannocchia stretta, racemiforme, terminale. Può raggiungere un'altezza dai 20 agli 80 cm.
Si utilizzano le radici e le rosette basali, raccolte dall'inverno all'inizio della primavera. In cucina le
radici sono usate crude in insalata per il sapore dolciastro dovuto all'inulina; anche le foglie basali
possono essere utilizzate con altre erbe nelle insalate. La radice non contiene amido ma inulina che,
scindendosi, produce levulosio, anziché glucosio, per cui può essere utilizzata anche dai diabetici.
Sambuco

Il nome sambuco deriva dal greco sambuke, antico strumento a corda fabbricato con il suo legno.
I frutti ben maturi possono essere mangiati crudi, ma più frequentemente se ne fanno marmellate,
sciroppi e gelatine, i fiori freschi vengono fritti come quelli di zucca, quelli secchi sono usati per
dare un piacevole sapore di moscato ai vini bianchi.
Il vino di bacche di sambuco è rosso scuro ed è stato paragonato al Porto ma la bevanda più famosa,
con esso prodotta, è la sambuca romana. Nella medicina tradizionale il sambuco era considerato una
vera panacea, in quella tirolese era chiamato "Farmacia degli dei", sette volte il contadino si
inchinava davanti a quest'albero perché altrettanti erano i doni che si ricavano da esso.
Dai germogli si ottiene un decotto che calma le nevralgie, gli impacchi dalle foglie curano le malattie
della pelle, con i fiori si fa un thé depurativo, dalle bacche si ottiene uno sciroppo contro le
infiammazioni dei bronchi e dei polmoni nonché del trigemino e del nervo sciatico.
Quanto alla corteccia, è emetica o lassativa, a seconda delle dosi, la radice, pestata e bollita, è un
ottimo decotto e impacco contro la gotta e le malattie del ricambio, dal midollo si ricava una pappa
usata, con farina e miele, per lenire il dolore delle lussazioni.
E' pianta dal duplice simbolismo, nella tradizione cristiana esso presiedeva ai riti di morte come
efficace viatico per il viaggio verso l'aldilà mentre era considerato, in quella pagana, come protettore
di case, cortili e bestiame.
I Germani lo chiamavano "Albero di Holda", fata del folklore medioevale raffigurata a volte come
una giovane donna dai lunghi capelli d'oro, ma anche come una strega, vecchia e scarmigliata, la cui
casa era nelle macchie di sambuco che si trovavano nei pressi delle acque.
Si riteneva che da un ramo di sambuco, svuotato del midollo, si potesse ottenere un flauto i cui suoni
proteggevano dai sortilegi. Nel "Flauto magico" di Mozart, la Regina della notte dona a Tamino il
magico strumento che, suonato nell'ora del pericolo, avrebbe avuto il potere di liberarlo dai guai.

Tarassaco
Conosciuto con diversi nomi (dente di leone, dente di cane, pisciacane, ecc.), il tarassaco è il
notissimo fiore giallo dei prati, i cui frutti formano il soffione con cui si divertono i bambini. I frutti
sono dotati di una corona di peli (pappo), inserita su un lungo peduncolo, che poi diffonde i frutti con
il vento come un paracadute. Il nome Taraxacum deriva dal greco taraxis e significa "guarisco" con
allusione alle proprietà medicinali della pianta.
La radice è a fittone, vale a dire una sorta di piccolo cuneo che penetra profondamente nel terreno;
torrefatta e macinata, può servire come succedaneo del caffè; cruda si usa in pinzimonio.
Le foglie di tarassaco costituiscono una popolare insalata primaverile. Hanno un gradevolissimo
sapore amaro aromatico e si mangiano, in insalata, sia da sole che insieme a tutte le altre erbe che
crescono spontanee nei campi primaverili. Cotte in acqua e passate al burro, costituiscono un ottimo
contorno; i fiori sono gradevoli mangiati crudi, i boccioli fiorali, ancora chiusi, possono essere
trasformati in eccellenti canditi mentre i petali forniscono una gelatina eccezionale.
Si sono trovate in queste piante primaverili abbondanti vitamine, in particolare, la vitamina C, e cioè
spiega la credenza popolare circa le proprietà terapeutiche di questa pianta.
Nella medicina popolare la pianta viene indicata come tonico, come diuretica, depurativa del sangue
e blando lassativo e viene impiegata nelle insufficienze epatiche, nei calcoli della vescica e dei dotti
biliari e nelle dermatosi conseguenti a disfunzioni del fegato.
Il tarassaco è un potente depurativo naturale che aiuta a tenere pulito l'organismo, soprattutto nel
passaggio di stagione dall'inverno alla primavera, dando sollievo immediato al fegato, che ne trae
una preziosa ricarica di energia.
La leggenda vuole che la pianta nasca per opera di Elios, quando di mattina, percorrendo il cielo sul
suo carro solare, ogni suo raggio si trasforma in fiore di tarassaco. Del resto il fiore del tarassaco si
schiude presto la mattina e poi si richiude al tramonto.

Girasole o Patata del Canada o Topinambur


Questa composita cespitosa, dai fiori gialli abbondanti nei mesi di agosto-ottobre, è apprezzata per i
suoi tuberi rosso-violacei, bislunghi (10-15 cm), irregolari e bitorzoluti, che, opportunamente cotti e
conditi, hanno un sapore dolciastro, che ricorda quello del comune carciofo. La pianta cresce
selvatica negli incolti, sui greti fluviali ed ai margini di antichi orti e giardini, da dove è sfuggita,
diventando infestante.
Il topinambour è di origine nordamericana e fu trovata e analizzata per la prima volta in Canada nel
1603 dal francese Samuel Champlain, che nel 1604 la importò in Francia; nel 1606 ne è poi
documentata la presenza nell’orto del Cardinale Farnese a Roma e successivamente in Inghilterra e
nelle Fiandre; il nome topinambour corrisponde però a quello di una tribù brasiliana, e questo
ovviamente complica le cose circa la sua origine. E’ importante tener presente che i tuberi della
patata del Canada sono particolarmente indicati nelle diete dei diabetici, perché la loro sostanza di
riserva non è l’amido, come nella comune patata (che è una solanacea), ma l’inulina, che si scinde in
fruttosio e non in glucosio, che è dannoso per chi soffre di diabete.
3) Il bosco
Dei luoghi è il più amato e temuto. Sede prediletta, per gli antichi, degli Dei, quando decidevano di
farsi conoscere dagli uomini, è anche da sempre il luogo delle fate, delle streghe, degli gnomi, dei
nani e degli orchi. Senza boschi, niente favole, e senza favole allora un’infanzia senza grazia, senza
gioia.
Si, il bosco ha sempre rappresentato il termine di confine fra il mondo sicuro e stabile del villaggio
con le sue vie sicure, ma strette, e l’universo della natura che lo circonda con le sue vie misteriose,
ma infinite. Il bosco è un gomitolo di sentieri che si intrecciano fra di loro in un imbroglio senza fine,
all’interno del quale molte cose sono possibili e molti incontri sorprendenti sono all’ordine del
giorno. Bello di giorno, terribile di notte, il bosco non è la foresta, infinita e struggente come un
oceano, né il luogo del furore e della lotta assoluta per la vita e la morte, come la giungla. E’
semplicemente bosco, il luogo che rende possibile la vita civile del villaggio, ma non è villaggio,
quanto piuttosto a metà fra il feroce della natura selvatica e il pacifico del vivere civile. E’ il luogo
dell’ambiguo per eccellenza, giacché è dalla sua selvatica energia che viene il vivere civile del
villaggio e, al tempo stesso, nel bosco ci si perde facile se si lascia andare la testa per conto suo. Di
giorno il bosco si attraversa bene e, al riparo delle sue fronde, si banchetta con pruriginosa letizia
quando il sole crepa la calce dei muri l’estate. Il profumo della resina, il sentore di muschio fra le
rocce, la sferza odorosa della ginestra licenziosa, il calmo di pane antico della corteccia del
castagno, il pungente del pruno spiritato, il metallico della felce sdegnosa, si tutto questo ci porta ad
allargarci felici di sentimenti che rinascono col nascere più antico delle cose, quando ancora
eravamo piante fra le piante, fiere fra le fiere e nulla avevamo a temere.
Quando le ombre però cominciano a farsi lunghe, allora si fa svelto il momento di rientrare al
proprio focolare. E così, se con passo agitato una manica in un ramo ci impigliamo, subito ad una
mano la mente volgiamo, che di fantasmi il bosco sappiamo bene pullulare, nonché di streghe e di
orchi che, con la scure in spalla, - ucci ucci, fame di cristianucci - sembrano sempre avere. Fra i
rovi ecco lumeggiare la brace degli occhi del lupo e d’improvviso, ad accompagnare il nostro
notturno peregrinare, il concerto degli amici della notte: civettano beffarde le civette, gufeggiano i
gufi, sibilano i serpenti, guaiscono le volpi, gorgheggiano i rospi.... a casa a casa, presto al riparo
della solida pietra di casa.
Questo è il bosco: erba che cura e rinfranca, erba che avvelena e fa impazzire. Mammella che con il
suo tronco alimenta il focolare di casa, dura spina di rovo che avanza senza tregua fra i campi di
grano e ingorda avvolge i primi muri del villaggio. Pane e dolcezza di fragola, livido veleno di fungo
e morso improvviso di serpe.
4) Le risorse del bosco
Se per millenni il bosco, con il suo legname, ha rappresentato la risorsa energetica primaria della
civiltà umana e, con ghiande e fogliame, ha fornito una parte essenziale del nutrimento degli animali
domesticati, quali i bovini e i suini, teniamo presente che dal bosco proveniva anche una fetta non da
poco dell’alimentazione umana. In realtà dire che il bosco era un terreno selvatico e incolto, come
normalmente vediamo oggi boschi, è errato. Il bosco era di fatto lavorato e tenuto con cura né più né
meno che un campo. Il sottobosco era sempre pulito alla perfezione e i rovi, gli sterpi, le foglie,
utilizzati in tanti modo diversi, come lettiera per gli animali, come alimento per i roditori, come
legacci per i pali dei campi o dei recinti.
Gli alberi che crescevano troppo vicini, togliendosi reciprocamente lo spazio vitale, venivano
tagliati e, più in generale, si potavano le piante di alto fusto che potevano dare utili frutti, come i
castagni i noci le querce, affinché crescessero più alte e robuste. Insomma, il bosco pulito e curato
con sistematica solerzia era messo nelle condizioni di dare al meglio dei frutti spontanei, e fra essi,
in primo luogo, la castagna, che ha rappresentato per secoli un comprimario della farina di frumento
e di quella di mais nella quotidiana dieta dei contadini e dei montanari; in secondo luogo, noci e
nocciole che, con i loro grassi vegetali, hanno rappresentato, insieme ai grassi animali provenienti
essenzialmente dal maiale, la componente lipidica di base che andava a condire legumi e cereali; in
terzo luogo, tutti i frutti spontanei del bosco, dalle more alla bacche selvatiche, dai funghi ai tartufi,
che, se da un punto di vista calorico hanno avuto un’importanza minima, hanno invece rappresentato,
grazie al loro apporto vitaminico, un contributo essenziale per la salute di coloro che se ne nutrivano
e un ricco condimento di sapore nella magra e spesso monotona dieta quotidiana.

Vediamo, allora in dettaglio le caratteristiche delle principali risorse del bosco.

a. La castagna
Della pianta del castagno ne esistono ben 89 varietà. Il castagno appartiene all'ordine delle Fagales
e alla famiglia delle Fagacee. La specie più importante, utilizzata sia per la produzione di frutti che
per il legno, è il castagno europeo (Castanea sativa). All'interno della specie, si riconoscono varie
sottospecie come la Castanea Sativa Asplenifolia, la Castanea Sativa Fastigiata, la Castanea Sativa
Prolifera, la Castanea Sativa Purpurea e la Castanea Sativa Piramidalis. Il nome lo prende da una
antica città greca della Tessaglia, attorno alla quale crescevano vastissimi boschi. Grazie ai suoi
amidi rappresenta un alimento ricco di calorie con caratteristiche simili a quelle dei cereali, ma è
anche ricca di sali minerali, oligoelementi e vitamine. Inoltre presenta proprietà curative che
combattono le affezioni epatobiliari e intestinali, le malattie renali, le affezioni alle ossa, le
alterazioni nervose e muscolari; le castagne sono anche lassative, antisettiche e aiutano il sistema
circolatorio. Insomma, un vero toccasana.
Il sistema di conservazione, quando non esistevano i congelatori, era quello di metterle a bagno per
una settimana, cambiando giornalmente l’acqua e gettando le castagne che venivano a galla, perché
guaste. Quindi venivano asciugate e poste in un ambiente areato, dove venivano settimanalmente
rivoltate per impedire il sorgere di muffe. Per altro verso, venivano essiccate e quindi trasformate in
farina che veniva e viene usata per preparare farinate, pappe, dolci.
Le castagne di seconda scelta venivano essiccate al fine di poter disporre di una riserva alimentare
per tutto l'anno. Tale procedura era possibile grazie all'impiego di un edificio suddiviso in due vani
da un graticcio di assi in legno, sul quale venivano riposte le castagne al fine di essiccarle al fumo ed
al calore generato da una fiamma sottostante.

b. La noce
Il noce (Juglans regia L.) è una pianta originaria dell'Asia (pendici dell'Himalaya), introdotta in
Europa in epoca antichissima per i suoi frutti eduli. Juglans è un termine latino coniato in onore di
Giove: "Jovis glans" cioè la "ghianda di Giove" poiché presso gli antichi Romani il noce era l'albero
consacrato al re degli dei. L'aggettivo "regia" che significa "regale" rivela che l'albero fu introdotto
in Occidente probabilmente dai re di Persia. Il noce è un albero alto da 10 a 20 m., a chioma folta,
espansa e tondeggiante.
Il suo frutto, la noce, è un alimento molto energetico e calorico, ma anche assai salubre, in perché
ricco di grassi insaturi (HDL) che ripuliscono le arterie dal colesterolo cattivo (LDL), inoltre è un
buon rimineralizzante e ricostituente perché contiene buone quantità di potassio, magnesio, fosforo,
ferro, rame, zinco, zolfo, calcio e vitamine del gruppo A, B e C.
Ricchi di proteine, gli oli di noce hanno un potere anticolesterolico superiore a quelli di girasole, di
soia e di mais. Nelle noci è particolarmente contenuto l’acido alfa-linoleico, della famiglia degli
ormai ben noti acidi grassi omega-3. Si tratta di composti poco presenti sia nel regno vegetale che in
quello animale (ne contengono in abbondanza solo i pesci e gli altri animali marini), in grado di
svolgere un’importante azione di controllo dei livelli dei trigliceridi di prevenzione delle
irregolarità del battito cardiaco, di miglioramento del tono dell’umore. Ma anche le proteine sono
importanti ed interessanti. Tra gli aminoacidi che le compongono troviamo quantità significative di
arginina, un aminoacido essenziale per la salute delle nostre arterie.
Le foglie sono sfruttate per le loro proprietà tonificanti, depurative e vermifughe. Nella tradizione
contadina le foglie di noce vengono usate per conservare il formaggio, grazie ad una proprietà
antibiotica che tiene sotto controllo i germi nocivi.
Storicamente, oltre al consumo del gheriglio, si utilizzava l’olio di noce che era (oggi è davvero
difficile trovarlo in commercio) un vero toccasana alimentare. Va consumato crudo e conservato in
bottiglie di vetro scuro al riparo dalla luce solare; l'olio di noci, infatti, irrancidisce facilmente ed
andrebbe perciò consumato entro tre mesi dalla produzione. Questa caratteristica è dovuta all'elevato
contenuto in acidi grassi polinsaturi, gli stessi che conferiscono al prodotto interessanti proprietà
salutistiche. Il sapore dell'olio di noce è lieve e delicato, ragion per cui è ottimo come condimento i
piatti freddi come formaggi freschi, insalate di legumi e di verdure, patate cavoli asparagi e pesce
lessati.
c. Nocciola

Il nocciolo, Corylus avellana L., è una antichissima pianta che vive e fruttifica allo stato selvatico in
tutta Europa, in particolare sulle colline e sulle pendici dei monti, lungo sentieri e ruscelli.
E' stata utilizzata dall'uomo già alla fine del periodo glaciale, quindi molto prima dell' olivo e della
vite. Sia Greci che Romani ne scoprirono le qualità medicinali e resero omaggio alle virtù di questa
pianta, rappresentandola assieme ai due serpenti attorcigliati nel simbolo di Esculapio, il dio della
medicina. Per altro verso, già dalla antichità furono bene note ovunque le preziose caratteristiche
alimentari come l'elevato valore nutritivo e lo straordinario potere energetico: 100 grammi di parte
edibile forniscono ben 650 kcal. Nell'alimentazione contadina, anche l'olio di nocciole aveva un
ruolo fondamentale, grazie al suo potere nutrizionale e alla facilità di raccolta del frutto selvatico.
Come l’olio di noce, oggi è assai difficile reperirlo in commercio, perché irrancidisce in pochi mesi
e perché non è bene usarlo per cuocere. Della nocciola oltre il 90% della materia grassa è costituita
dagli acidi grassi oleico e linoleico, estremamente importanti per l'alimentazione umana poiché si
attribuisce ad essi la capacità di preservare i tessuti dall'invecchiamento e di avere effetti protettivi
nei confronti delle malattie cardiovascolari. In cucina la nocciola, ancor più della noce, è utilizzata
in una quantità di modi, ma specialmente nella preparazione di dolci e creme.

d. Il pinolo
I pinoli sono i semi commestibili di alcune specie di pini. Sono circa 20 le specie del genere che
producono semi abbastanza grandi da giustificarne la raccolta. In altre specie i pinoli sono troppo
piccoli per essere apprezzati come cibo, anche se commestibili.
In Europa sono due le specie di pino che producono semi grandi. Il migliore è il pino domestico
(Pinus pinea) che non a caso è anche chiamato "pino da pinoli". Il pino cembro (Pinus cembra)
produce grossi semi, ma vive in zone più disagevoli.
I pinoli sono ricchi di proteine, sono anche una sorgente di fibra alimentare. Nonostante alcune
somiglianze, i pinoli non sono noci, dal momento che, essendo prodotti da gimnosperme, non hanno il
carpello esterno. In cucina si usano in diverse modi e per diverse ricette. Nella tradizione della
cucina rurale di montagna due sono gli utilizzi più frequenti: come ingrediente di base del pesto e
come condimento per arricchire e insaporire il castagnaccio.

La rosa selvatica o canina


E’ una delle specie del vasto genere Rosa. Molto curiosa ed interessante è la spiegazione
dell’accostamento singolare dei due nomi “rosa” e “cane”(cinorrodonium in latino). Racconta infatti
Plinio, lo storico naturalista romano, questa curiosa leggenda che ha dato origine all’uso medicinale
della radice della rosa selvatica per la cura dei morsi dei cani rabbiosi: “Fino a questi ultimi anni
(siamo nel I secolo d. C.) è stato impossibile guarire il morso di un cane rabbioso, che provoca il
terrore dell’acqua e di ogni bevanda. Poco tempo fa, la madre di un milite della guardia pretoriana
fece un sogno in cui lei mandava al figlio, da prendere in pozione, la radice di una rosa selvatica
detta cinorrodo: una rosa che il giorno prima aveva scorto in un cespuglio e da cui si era sentita
attratta. Questo fatto avveniva in Lacetania, nella parte della Spagna più vicina a noi; e il caso volle
che, quando il soldato morso dal cane cominciava ad aver terrore dei liquidi, arrivò una lettera della
madre che lo pregava di ubbidire al segno divino; così, insperatamente, fu salvo e altrettanto avvenne
in seguito a chiunque fosse ricorso a tale rimedio”.
I piccoli frutti della Rosa Canina, pianta selvatica dei boschi europei e dell'America tropicale,
risultano essere le "sorgenti naturali" più concentrate di vitamina C, presente in quantità fino a 50-
100 volte superiore rispetto agli agrumi tradizionali (arance e limoni) e per questo in grado di
contribuire al rafforzamento delle difese naturali dell'organismo. (100 grammi di cinorrodonti
contengono la stessa quantità di vitamina C o acido ascorbico contenuta in 1 chilo di agrumi). Oltre a
queste proprietà vitaminizzanti ha un’importante funzione diuretica, stimolando la eliminazione delle
tossine tramite l'urina senza irritare i reni ed eliminando le accumulazioni di acido urico, combatte la
gotta.

e. Frutti di bosco (Mora, Fragola, Mirtillo, Lampone, Ribes)

I frutti di bosco sono scarsi di valori energetici e calorici, ma ricchi di proprietà vitaminiche e
minerali. Rappresentano dunque un immediato e peraltro assai gustoso integratore dietetico. In
cucina si usano principalmente per preparare marmellate, gelatine, dolci, succhi e bevande. Ma si
usano anche come contorno di certe carni di cacciagione.

La mora di rovo
E’ sicuramente la più conosciuta, la più abbondante e facile da reperire in qualunque terreno
boschivo e di campagna, giacché è una pianta robustissima e vitalissima. Produce d’estate i suoi
frutti di colore nero/violaceo (da cui appunto il nome) e si gusta ottimamente come frutta fresca, oltre
che nei modi di cui sopra. Presenta una forte concentrazione di vitamine C e A. Cento grammi di
more fresche contengono infatti 52 kcal, 0,7 gr di proteine, 0,4 gr di lipidi, 12,8 gr di glucidi, 32 mg
di calcio, 0,6 mg di ferro, 6,5 di vitamina A, 21 mg di vitamina C. I giovani germogli, raccolti in
primavera, sono ottimi lessati brevemente e consumati con olio, sale e limone al pari di molte altre
erbe selvatiche primaverili.

Fragola di bosco

La Fragaria vesca (fragola di bosco) è una pianta erbacea della famiglia delle rosacee. Spontanea
nei sottoboschi italiani, è coltivata per i suoi frutti: piccole fragole dal profumo molto intenso. Si
distingue dalle varietà ibride coltivate di fragaria per il fatto che il frutto è piccolo e morbido (da cui
il nome vesca che in latino significa molle). I principi attivi contenuti nella pianta sono olii
essenziali, tannino e flavone.
Contiene buone dosi di vitamina C, di iodio, di ferro, di calcio, di fosforo. Da non sottovalutare la
presenza, nel frutto, di acido salicilico. Le sono attribuite proprietà depurative e diuretiche. È
indicata nelle infiammazioni del cavo orale. In tavola, oltre al consumo del frutto fresco, si usa nei
dolci (crostate), nelle marmellate e gelatine.

I mirtilli (rossi e neri)

Il mirtillo nero (Vaccinium myrtillus) fiorisce in maggio e fruttifica in luglio-agosto, ha foglie ovali e
frutti bluastri, che si consumano freschi o trasformati in marmellata. Il mirtillo rosso (Vaccinium
vitis-idaea) ha foglie coriacee sempreverdi, con fiori bianchi o rosa, riuniti in grappoli terminali;
produce bacche rosse commestibili ma amarognole, anch'esse adatte ad essere trasformate in
marmellata.
I fiori hanno una forma tipica a orcio rovesciato, con petali saldati tra loro. Questa forma è comune a
tutte le Ericacee. Il mirtillo, in generale, contiene discrete quantità di acidi organici (citrico,
malico...), zuccheri, pectine, tannini, mirtillina (glucoside colorante), antocianine, vitamina A, C e, in
quantità minore, vitamina B. In particolare si sottolineano le proprietà favorevoli delle antocianine
sui capillari della retina e sui capillari in generale. Alcune sostanze presenti nel mirtillo sono
considerate utili per la circolazione sanguigna; in particolare, numerosi farmaci indicati nelle
situazioni di fragilità capillare o comunque per problemi vascolari in generale, sono a base di
mirtillina.
Sono inoltre indicati per gli occhi (miopia e retinopatia), contro l'affaticamento visivo e anche contro
il diabete.

Il lampone
E’ un arbusto della famiglia delle Rosaceae, il cui omonimo frutto, di colore rosso e sapore dolce-
acidulo è molto apprezzato nelle preparazioni alimentari.
La fioritura avviene normalmente tra maggio e giugno mentre il frutto, composito, matura in tarda
estate o inizio autunno. Cresce tipicamente negli spazi aperti all'interno di un bosco o colonizza
opportunisticamente parti di bosco che sono stati oggetto di incendi o taglio del legno. È facilmente
coltivabile nelle regioni temperate e ha una tendenza a diffondersi rapidamente. Il lampone è
normalmente utilizzato nella preparazione di confetture, sciroppi e gelatine. Come erba medicinale il
lampone può essere usato come diuretico e colagogo. L'infuso di foglie è utile contro la diarrea.
L'estratto di foglie e gemme è consigliato negli ultimi mesi di gravidanza per tonificare i muscoli
dell'utero e migliorare le contrazioni. I principi attivi contenuti nella pianta sono i tannini, la vitamina
C, il flavone e acidi organici.

Il Ribes (rosso e nero)

E’ della famiglia delle Sassifragacee, fiori di colore verde, si impiegano le foglie ed i frutti, è un
cortisonico naturale senza effetti collaterali, è un antiinfiammatorio, antiallergico sia cutaneo che
delle vie respiratorie, indicato nei dolori reumatici, nella ipotensione, nelle forme virali, nell'
herpes, negli eczemi, nella psoriasi, nelle epatiti, acuisce la capacità visiva, di aiuto nelle forme
reumatiche, nella gotta, nella fragilità capillare, nella litiasi renale, stimola la attività pancreatica ed
epatica, è un tonico generale, è vasoprotettore. Depurativo, diuretico, utile nella insufficienza venosa
degli arti inferiori, nelle emorroidi, nella fragilità capillare cutanea, stimola la corteccia surrenale
nelle infiammazioni sia respiratorie, che digestive che urinarie, da resistenza alla fatica ed al freddo,
previene le malattie infettive e virali, alza le difese immunitarie, indicato nelle convalescenze, nelle
astenie, nello stress, nell'affaticamento mentale, nell'artrite, nell'artrosi, nella astenia post influenzale.
Non si mangia al naturale come frutto, ma soltanto come complemento di dolci e in marmellata,
essendo il suo sapore assai aspro e forte.
Contiene tannini, acido chinico, pectina, pigmenti antocianici, che migliorano il microcircolo, ricco
di vitamina C, acido ascorbico, acidi organici, mucillagini, pectine, zuccheri.

Funghi e tartufi

Di tutti i frutti del bosco funghi e tartufi sono certamente quelli più affascinanti, più ricercati e più
utilizzati in cucina, con decine e decine di ricette e modi di consumo. Le specie sono diverse
centinaia, di cui molte peraltro tossiche, ma nelle nostre cucine se ne utilizzano davvero poche
specie. Anche i più appassionati cercatori e consumatori di funghi difficilmente raccolgono campioni
di specie oltre la decina. E forse non senza ragione. Le specie superlative dal punto di vista del
profumo e del gusto sono infatti non più di mezza dozzina, e fra esse, porcini, ovuli, prugnoli, sono
abitualmente considerate quelle al vertice della bontà. Del resto, diverse centinaia di specie sono
sicuramente commestibili, ma spesso insapori, legnose, se non amare o troppo pizzicanti al palato.
Da un punto di vista scientifico, i funghi sono organismi dotati di nucleo, privi di clorofilla, che si
originano da spore e si riproducono generalmente sia in maniera sessuata che asessuata, e le cui
strutture somatiche normalmente filamentose e ramificate (ife), sono circondate da pareti cellulari
contenenti cellulosa o chitina, o entrambe. Quando le condizioni ambientali e nutrizionali sono
favorevoli, dal micelio (formato dalle ife) si forma il corpo fruttifero (comunemente chiamato fungo)
dal quale verranno prodotte le spore.
Per quanto concerne i tartufi, diciamo subito che anch'essi sono una specie particolare di funghi, che
si differenzia dalle altre per il fatto di crescere sottoterra. I tartufi hanno l'aspetto di tuberi con
all'interno una massa carnosa detta "gleba" ed all'esterno una corteccia detta "peridio". La loro
composizione risulta in alta percentuale di acqua, fibre e sali minerali, che vengono assorbiti dalle
radici dell'albero con cui vivono in simbiosi. I tartufi si distinguono in diverse specie e sottospecie
di cui la più nota e apprezzata è il Tuber Magnatum Pico, meglio conosciuto come Tartufo Bianco
d'Alba, dal nome dell'antica città ligure-romana, di Alba Pompeia. Ma ben più numerose e distribuite
su tutto il territorio nazionale sono le specie di tartufo nero, sebbene abbiano un riscontro di
apprezzamento culinario nettamente inferiore.
CAPITOLO II

LE SALSE, I CONDIMENTI, GLI ANTIPASTI

Salse e condimenti
(In linea di massima, senza diverso avviso, gli ingredienti delle ricette proposte si devono intendere sufficienti per quattro persone.)
Il pesto di montagna (con patate lesse e fagiolini bianchi)
In Liguria, specie a Genova e circondario, le questioni relative alla perfetta preparazione del
pesto sono infinite e verbose come le secolari dispute teologiche. Il numero, la qualità e la
quantità dei diversi ingredienti hanno generato scuole di pensiero e liti spietate che hanno diviso
famiglie, comunità, sodalizi politici e sociali di ogni tipo.
E’ dunque un argomento da trattare con la massima cautela e circospezione. La ricetta che
suggeriamo nulla vuole ad avere a che fare con l’autentico pesto alla genovese che si suole fare
lungo le scogliere del Mar Ligure; è, invece un suo parente stretto, ma piuttosto lontano e
negletto. Si tratta di un pesto abituale fra le comunità montane dell’entroterra ligure ed emiliano,
dove tante sottigliezze sulle diverse tipologie di piante di basilico e sulla qualità d’olio o di
formaggio parmigiano risultano piuttosto sopite.
Si tratta, invece, di un pesto assai saporito, che, unito alla pasta, diventa un ottimo e completo
piatto unico.

Ingredienti: 100 g di foglie di basilico; 10 g di pinoli; 30 g di formaggio pecorino o parmigiano; uno o due spicchi di aglio
(secondo i gusti); olio d’oliva di qualità (mezzo bicchiere circa); sale e pepe.

Si prende un mortaio da cucina e vi si mettono le foglie di basilico, l’aglio tagliato a pezzetti e i


pinoli, e si comincia a pestare (pistu, appunto) questi ingredienti fino a ridurli in poltiglia; si
aggiunge pian piano l’olio, il sale, il pepe. Quando si avrà una salsa densa si aggiunge il formaggio
grattugiato e si mescola ancora.
Questa salsa si versa, tradizionalmente, su pasta fatta in casa con solo acqua e farina e, nelle ricette
di montagna, si usa mescolare un cinquanta per cento di farina bianca a un cinquanta per cento di
farina di castagne. Le tagliatelle ottenute vengono fatte bollire qualche minuto in una pentola dove
stanno già bollendo (da una ventina di minuti) fagiolini bianchi freschi e patate tagliate a tocchetti.
Quando la pasta è cotta si scola tutto insieme e lo si versa in un piatto di portata condendolo col
pesto.
Ragù di funghi (secchi)
Si possono ovviamente usare anche i funghi freschi, ma in genere il ragù di funghi, specie di quelli
porcini, viene benissimo con quelli secchi che conservano, anzi accentuano, il loro inconfondibile
profumo che nasce dalle radici stesse delle piante del bosco.
Per un ragù adatto a condire almeno quattro porzioni di pasta, si prendano 50 g di porcini secchi, un
cucchiaio di pinoli, una cipolla, due spicchi d’aglio, passata di pomodoro, prezzemolo (una
manciata), un bicchiere di vino rosso, sale.
Far rivenire i funghi e preparare un soffritto, in una casseruola di terracotta, di aglio e cipolla.
Quando la cipolla imbiondisce, aggiungere i funghi tagliati a pezzetti, i pinoli, e quindi un poco del
loro brodo di rinvenimento. Versare il vino rosso e far evaporare. Aggiungere progressivamente la
passata di pomodoro, fare cuocere per una ventina di minuti e appena spento aggiungere il
prezzemolo.
Ragù di spinaroli

Lo spinarolo (conosciuto anche come prugnolo), fungo primaverile, è fra i più apprezzati per il suo
straordinario profumo e la sua consistenza soda e corposa. Per questo è ottimo come condimento
delle paste fatte in casa, vale a dire i ravioli di erbe o le più semplici tagliatelle.
Il ragù si ottiene facendo soffriggere aglio e spinaroli tagliati a pezzetti nel burro. Si aggiunge un
poco di latte e a cottura ultimata della panna da cucina e del prezzemolo tritato, nient’altro.
Salsa di funghi
Ingredienti: 150 g di funghi porcini bei sodi; due spicchi d’aglio; un bicchiere piccolo d’aceto; 30 g di farina; 60 g di burro;
il succo di un grappolo d’uva non ancora del tutto maturo; sale e pepe.

Soffriggere gli spicchi aglio nel burro e aggiungere i funghi mondati e tritati fini. Dopo qualche
minuto versare la farina e il bicchiere d’aceto e mescolare con energia perché non si attacchi al
fondo (se è il caso aggiungere acqua). Versare il sugo d’uva e terminare la cottura in una decina di
minuti, dopo avere regolato di sale e pepe. Accompagna benissimo carni brasate e arrosto.
Salsa di lamponi
Ottima per accompagnare carni e selvaggina si ottiene spremendo un chilo di lamponi (per 4 persone)
e al succo ottenuto si aggiunge mezzo litro di vino bianco secco e un cucchiaio di aceto. Si porta il
tutto ad ebollizione e vi si versa dentro un cucchiaino di maizena diluita in acqua. Si lascia bollire a
fuoco basso per cinque minuti e quindi si lascia raffreddare prima di servire.
Salsa di mirtillo rosso in agrodolce
Ingredienti: 500 g di mirtillo rosso; 150 g di zucchero; 100 g di aceto bianco; una scorza di limone.

Bollire i mirtilli in una casseruola insieme agli altri ingredienti, mescolando dolcemente, fino a che il
composto inizia ad addensarsi. Togliere dal fuoco e lasciare raffreddare. La salsa è così pronta e si
conserva in vasi chiusi ermeticamente e si utilizza con la carne, le uova, il pesce.
Salsa di mirtilli neri e mele
Ingredienti: 400 g di mirtilli; due mele renette; un bicchiere di succo di mela; un cucchiaino di zucchero; un cucchiaio di
maizena.

Pestare in un mortaio le mele sbucciate, quindi metterle in una casseruola di coccio insieme ai
mirtilli ben lavati e mondati, aggiungere il succo di mela e lo zucchero. Fare cuocere a fuoco basso,
aggiungendo un po’ di maizena per addensare. Lasciare raffreddare e servire su pesce lesso e carni
fredde.
Salsa di noci
E’ un’altra salsa tipicamente ligure che si utilizza soprattutto per condire una pietanza tipica: i
pansotti, che sono grossi ravioli ripieni essenzialmente di verdure.
Ingredienti: 200 g di gherigli di noci; uno spicchio d'aglio; la mollica di due panini; latte intero; due cucchiai d'olio; sale; 50
g. di parmigiano grattugiato.

Pulire i gherigli di noci della loro pellicina e metterle nel mortaio da cucina insieme alla mollica di
pane bagnata nel latte, l’olio, l’aglio e a un po’ di sale. Col pestello di legno lavorare gli ingredienti
fino ad ottenere una crema omogenea e aggiungere ad essa il formaggio grattugiato.
Salsa di ortiche
Ingredienti: 200 g di ortiche tenere; due spicchi d’aglio; mezzo bicchiere di vino bianco; due cucchiai di farina; due cucchiai
d’olio; noce moscata; sale e pepe.

Pulite con cura le ortiche e pestatele in un mortaio con gli spicchi d’aglio e un goccio d’olio. In una
padella mettete l’olio e aggiungete il composto di ortica e lasciatelo cuocere per un paio di minuti,
finché prende colore. Versate a questo punto la farina e amalgamate bene il tutto, infine aggiungete il
vino e la noce moscata. Quando il vino è evaporato, spegnere e versare la salsa in una scodella di
portata.
Salsa di pinoli
Usata soprattutto per condire carni bollite e pesci lessi.
Ingredienti: 40 g di pinoli; 50 g di mollica di pane; mezzo bicchiere d'olio; aceto e sale.
Far ammollare la mollica di pane in aceto; una volta ben inzuppata, la si strizza e la si pesta nel
mortaio con i pinoli sino ad avere ottenuto un amalgama omogeneo. Aggiungere alla salsa con un po'
di sale ed aceto (un cucchiaio circa). Mescolare con il cucchiaio da cucina in legno e nel mentre
versare lentamente il mezzo bicchiere d'olio mescolando sempre con energia.
Salsa di ribes
Ottima come condimento per arrosti e specie di selvatici.
Ingredienti: un chilo di ribes; mezzo cucchiaio di cannella; sei chiodi di garofano; un cucchiaino di pepe nero; una tazza di
aceto; 500 g di zucchero.

Si pongono tutti gli ingredienti in una casseruola, meglio se di terracotta, e si porta il composto a
ebollizione molto dolcemente. Quindi si prosegue la cottura, sempre mescolando perché non si
attacchi al fondo, fino a che il composto diventa denso come una polentina. Si toglie dal fuoco e si
lascia raffreddare. La salsa può essere conservata come una normale confettura, mettendola negli
appositi vasetti a chiusura ermetica.
Salsa di rosa canina in agrodolce
Ingredienti: 300 g di bacche di rosa canina; un cucchiaio di aceto bianco; un bicchiere di vino bianco; 120 g di zucchero; un
pezzetto di cannella; sei chiodi di garofano; la scorza grattugiata di un limone; sale.

Liberare la polpa della rosa canina dai semi e metterla da parte. Nel frattempo si facciano bollire gli
altri ingredienti fino ad ottenere un liquido piuttosto concentrato e che va subito filtrato. A questo
punto aggiungere la polpa di rosa canina e un pizzico di sale e fare bollire a fuoco leggero per
tre/quattro minuti. Versate la salsa in un vasetto a chiusura ermetica e conservate in frigorifero.
Ottima su carni lessate o arrosto.
Salsa di uva spina
Ingredienti: 300 g di uva spina; 30 g di burro; 150 g di panna; due cucchiai di succo di limone; pepe.

Pulire le bacche di uva spina e porle in una casseruola con il burro cuocendole a fuoco dolcissimo
finché sono ammorbidite e cotte; passare il tutto attraverso il setaccio più fine per raccogliere solo la
polpa. Unire poi il succo di limone e la panna incorporandoli bene e, infine, aggiungere una
spolverata di pepe. Si utilizza con tartine, carne lessa o arrosto, pesce lesso.
Antipasti

Aspic di funghi ed erbe di primavera


Ingredienti. (Per l’aspic): 50 g di finferli; 50 g di prataioli; 50 g di piopparelli; 60 g di prugnoli; un mazzetto di prezzemolo
tritato; una cipolla dolce tagliata finissima; 30 g di erba cipollina; 2 dl di gelatina di carne; 60 g di pisellini cotti al dente; 60
g di fontina a cubetti; 100 g di prosciutto cotto a dadini; 30 g di burro; sale e pepe nero. (Per l’insalata): un mazzetto di
foglie di tarassaco; un mazzetto di stellaria; fiori e violette gialle di campo; un mazzetto di portulaca; mezzo bicchiere di
aceto di vino bianco; un bicchiere di olio extravergine d’oliva; sale e pepe nero.

Mondate i funghi, affettateli grossolanamente e fateli scottare in acqua bollente e un po’ d’aceto per
qualche minuto. Nel contempo fate appassire la cipolla nel burro, unitevi i funghi, e aggiungete il
prosciutto, il prezzemolo e l’erba cipollina e regolate di sale e pepe nero. Fate andare il tutto a fuoco
dolce 3/4 minuti. Fate quindi raffreddare il composto e poi mettetelo in una terrina con i piselli e il
formaggio. Mescolate con cura, ma delicatamente, e quindi ricoprite di gelatina. fate raffreddare la
terrina in frigo, fino a che la gelatina si rapprende. Preparate l’insalata di erbe di campo, lavandole e
tagliandole piuttosto grossolanamente, mescolate con olio, aceto sale e pepe e quindi disponete su di
essa l’aspic affettato.
Boccioli di tarassaco sott’olio
Ingredienti: aceto bianco; vino bianco; sale; foglie di lauro; spicchi d’aglio; olio d’oliva.

Si raccolgono i boccioli di tarassaco giovani e teneri, si lavano e si fanno bollire, dopo avere
eliminato le foglie del collare, in acqua salata con un bicchiere grande di aceto e uno di vino bianco.
Dopo due minuti di ebollizione si scolano e si depongono su di uno straccio perché asciughino bene.
Quindi si mettono in vasi da conserva con una foglia di alloro e uno spicchio d’aglio, ricoprendo il
tutto d’olio d’oliva.
Carne cruda all'albese e tartufo bianco
Fra gli antipasti, uno dei più squisiti e appaganti.
Un bel pezzo di magatello di vitellone, non tritato, ma battuto al coltello, affinché non perda i suoi
umori, condito soltanto con succo di limone, olio extra-vergine d'oliva, sale. Lasciare riposare
un’ora e quindi, a lamelle sottilissime, cospargere la carne di un bel tartufo bianco (tuberum
magnatum). Lasciare riposare un’altra ora in un luogo fresco e poi portare in tavola.
Castagnaccio
Per molto tempo il castagnaccio è stato, per le genti di montagna soprattutto, primo e secondo,
pane e companatico. Oggi lo si mangia benissimo come antispato, specie se accompagnato da
lardo o formaggi teneri.
Ingredienti per 4 persone: 800 g di farina di castagne; 60 g di pinoli e 60 g di gherigli di noci; un cucchiaio di rosmarino
tritato; pan grattato, olio, sale.

Mettere la farina di castagne in una bacinella da cucina insieme a circa un litro d’acqua in modo da
ottenere una pastella abbastanza consistente. Aggiungere un mezzo cucchiaino di sale, mescolare bene
e versare nella teglia preventivamente unta con un po’ d’olio e rivestita di pangrattato. Spargere sulla
pastella le noci a pezzetti e i pinoli, una cucchiaiata di aghi di rosmarino, un filo di olio e poi mettere
al forno a 200 gradi per circa 40 minuti.
Sarà pronto quando avrà assunto un bel colore marron scuro e l’impasto, provato con uno
stuzzicadenti, risulterà asciutto e la superficie sarà tutta screpolata. Si mangia con formaggetta fresca
o sottilissime fettine di lardo.
Crostino al tartufo nero
Ingredienti: 100 g di tartufo nero; quattro cucchiai d’olio extravergine d’oliva; qualche goccia d’aceto di vino rosso; uno
spicchio d’aglio; sale.

Pulire con lo spazzolino apposito i tartufi, quindi pestateli nel mortaio fino a ridurli in una pasta
omogenea. Tritare l’aglio finissimamente e unirlo all’aceto con un po’ di sale. Scaldare l’olio in un
tegamino di coccio e versare lentamente la crema di tartufo, bagnata d’aceto. Mescolare in
continuazione, per evitare che il composto frigga, per tre o quattro minuti, fino a che si è ristretto a
sufficienza. Spalmare su crostini di pane abbrustolito, volendo spalmati di burro.
Frittate di erbe selvatiche
In primavera si possono usare una quantità di erbe per fare delle ottime frittatine leggere e
deliziose da usare fredde come antipasto. Le erbe possono essere la malva, il tarassaco, la
borragine, le bietoline e le cicorie selvatiche, le ortiche. Il procedimento è sempre lo stesso,
ragion per cui la ricette delle frittata d’ortiche vale a mo’ d’esempio per tutte le altre.
Frittata di cime di ortiche
Ingredienti: otto uova; mezzo chilo di cime di ortiche; due cipolle; 30 grammi di strutto (oppure 30 g di burro e un
cucchiaio d’olio); uno spicchio d’aglio; sale e pepe.

Pulire e lessare le cime di ortica, quindi strizzarle bene dell’acqua di cottura. Soffriggere le cipolle
tagliate sottili nello strutto, aggiungere le cime di ortica e lo spicchio d’aglio. Rosolare per qualche
minuto, quindi versare le uova sbattute e preparare la frittata cocendo sui due lati il composto di uova
e ortiche.
Frittelle di borragine
Ingredienti: 300 g di borragine (foglie); un vasetto di acciughe sottolio; 200 g di farina, acqua e sale.

Lavare le foglie e farle scottare in acqua bollente qualche decina di secondi. Scolarle e asciugarle.
Avvolgere quindi, con ciascuna foglia, un pezzetto di acciuga e arrotolare bene. Preparare la
pastella solo con acqua farina e sale; immergervi le pallottoline di borragine e passare in olio
bollente. Friggere ogni lato e deporre le frittelle su carta assorbente. Mangiare ben calde.
Insalata di carciofi e tartufi neri
Ingredienti: quattro carciofi; due tartufi neri; 400 g di insalata misticanza; 100 g di parmigiano; limone; sale e pepe nero;
olio di oliva.

Pulire i carciofi e tagliarli e fette, dopo avere eliminato le punte e la barba interna; lavare la
misticanza e unirla alle fettine di carciofi, aggiungere scaglie di parmigiano a fette, affettare i tartufi
sull’insalata. Condire con olio, limone, sale e pepe.
Insalata di funghi
Le insalate di funghi freschi sono essenzialmente fatte con porcini o con ovuli. A volte si possono
usare funghi primaverili, come i prataioli o i prugnoli. Ma quella di ovuli resta insuperabile.
Insalata di ovuli
Si utilizzano solo ovuli freschissimi non ancora dischiusi. Si tagliano a lamelle sottili e si condiscono
con olio sale, pepe, aglio e limone.
Porcini in insalata
Si usano solo porcini molto sodi e compatti. Si puliscono bene e si tagliano a fettine sottili. Si
condiscono con sale, pepe, olio, aglio e prezzemolo.
Insalata di tarassaco
Delle insalate primaverili di erbe selvatiche è forse la più classica e diffusa.
Lavare il tarassaco e metterlo a decantare per almeno mezz’ora in acqua acidula. Quindi asciugarlo e
tagliarlo grossolanamente. Metterlo insieme a delle uova sode tagliate a fettine in un’ insalatiera e
condirlo con olio, uno spicchio d’aglio schiacciato, succo di limone, sale e pepe.

Nervetti e chiodini
Ingredienti: 300 g di chiodini; gamba e piedino di vitello dal quale ricavare i nervetti (circa 400 g); una carota; un gambo di
sedano; una cipolla; pepe nero; un bicchiere di aceto bianco; olio d’oliva; uno spicchio di aglio; il succo di due limoni;
prezzemolo tritato; sale.

I nervetti si possono acquistare già cotti dal macellaio, ma è più romantico prepararli in casa facendo
lessare per almeno tre ore la gamba del vitello in acqua con aceto, cipolla, carota, sedano. Dopo di
che si separano le cartilagini dalle ossa e si tagliano a pezzetti longitudinali. Riporli, quindi, in una
terrina o in una pentola e pressarli bene con un coperchio al quale avrete aggiunto dei pesi. I nervetti
diventeranno un tutto compatto da tagliare a striscioline.
Lessate per circa venti minuti i chiodini (devono essere piccoli e assolutamente sani) in acqua e
aceto. Scolateli e asciugateli, aggiungeteli ai nervetti tagliati a striscioline. Condite con olio, limone,
pepe, prezzemolo tritato, aglio tagliato finissimo.
Paté di fegatini al tartufo
Ingredienti: 400 g di fegatini di pollo; 250 g di burro; una cipolla dolce; due foglie di salvia; un bicchiere di Marsala o
Madera; un bicchiere di vino bianco secco; 100 g di tartufo nero; 3 fogli di colla di pesce; 50 g di cetriolini sottaceto; pepe
nero e sale.

Rosolare a fuoco molto dolce la cipolla tagliata a fette sottilissime con la salvia e 50 g di burro,
aggiungere i fegatini e far cuocere sempre dolcemente per una decina di minuti, bagnando con vino
bianco e salando a fine cottura. Mettere in una casseruola un poco di vino bianco, mezzo cetriolino
tritato finissimo con un pezzetto di tartufo, la colla di pesce, far bollire, quindi salare. Versate il
composto in uno stampo dove la gelatina abbia lo spessore di circa un centimetro e mettetelo in
fresco. Frullate i fegatini insieme metà del restante tartufo, duecento grammi di burro e un paio di
cetriolini, aggiungendo, per ammorbidire parte del sugo di cottura fino ad ottenere un composto
omogeneo. Aggiustate di sale e pepe. Mettete quello che resta del tartufo, tagliato a scagliette nel
composto ottenuto e poi versate nello stampo il paté. Fare raffreddare in frigo e servire decorando
con cubetti di gelatina attorno al cilindretto del patè.
Torta di funghi
Ingredienti: 400 g di farina; 600 g di funghi porcini; olio d'oliva; aglio e prezzemolo; sale.

Impastare la farina con acqua ed un po' d'olio e lasciarla riposare almeno un paio d’ore. Pulire
funghi, tagliarli a fettine sottili e friggerli nell’olio con un paio di spicchi d’aglio. Aggiungere
prezzemolo tritato e far cuocere per circa un quarto d'ora, a fuoco basso, salare. Tirare la sfoglia e
porla sul fondo unto d'olio di una teglia dal bordo basso e versavi i funghi. Chiudere la teglia con
altra pasta sfoglia che verrà unita e impastata con quella che ricopre fondo e bordo della teglia.
Infornare a 160 gradi per circa 20 minuti.
Torta di ortica e ricotta
Ingredienti; 500 g di pasta sfoglia; 250/300 g di germogli di ortica; 250 g di ricotta; uno spicchio d’aglio; due uova; noce
moscata; qualche cucchiaio di parmigiano grattugiato; 50 g di burro; olio; sale e pepe.

Fate insaporire la bietola o spinaci in una padella con aglio e olio (e a fine cottura aggiungete il
parmigiano); dopodichè sminuzzateli con la mezzaluna. In una terrina ammorbidite con una forchetta
la ricotta con la noce moscata e le uova con i germogli di ortica. Mescolare il tutto aggiungendo sale
e pepe. Foderare uno stampo da forno con la pasta sfoglia, ungendo la tortiera con un poco di burro e
versare il composto di ricotta e ortica all'interno della tortiera, spennellando con l'uovo il bordo
della pasta. Cuocere per circa mezz’ ora a 180°.
CAPITOLO III

PRIMI PIATTI

Zuppe e minestre
Minestra di castagne e porri
Ingredienti: 400 g di castagne secche; 6 porri; un litro di latte, 50 g di burro; 100 g di ricotta; due foglie di alloro.

Ammollare le castagne per almeno due ore, quindi bollirle in acqua con un paio di foglie di alloro.
Intanto pulire i porri e rosolarli tagliati a rondelle nel burro. Scolare le castagne dopo almeno un’ora
di bollitura e aggiungerle alla casseruola dove hanno soffritto i porri. Dopo che si sono rosolate per
circa 10 minuti, aggiungere il latte e fare cuocere per un’altra mezz’ora a fuoco lento, spezzettando le
castagne col cucchiaio di legno. A cottura ultimata deve risultare una minestra di consistenza cremosa
alla quale si aggiunge la ricotta.
Minestra di castagne e funghi
La procedura è la stessa di quella di porri. Si utilizzano funghi secchi che vengono prima ammollati e
poi soffritti come i porri.
Minestra di ceci e castagne
Ingredienti: 150 g di pasta da minestra; 4 spicchi d’aglio; un rametto di rosmarino; 200 g di ceci secchi; olio di oliva; 200 g
di castagne secche; sale e pepe.

In una pentola mettere a cuocere i ceci, ammollati da almeno una notte. Lessare le castagne secche
sbucciate e mondate della pellicina interna. In una tegame ampio soffriggere l’aglio e aggiungere le
castagne lesse ben scolate. Versare castagne nella pentola dei ceci e aggiungere il rametto di
rosmarino, quindi passare al setaccio qualche mestolo di castagne e ceci per addensare. Buttare la
pasta e, quando è cotta, servire versando in ogni fondina un cucchiaio di olio d’oliva crudo e pepe a
piacere.
Minestra d’orzo e porcini
Ingredienti: 500 g di funghi porcini; 200 g di orzo perlato; 100 g di pancetta affumicata tagliata a dadini e 100 grammi di
prosciutto cotto a dadini; quattro patate di media grossezza; una cipolla; una carota; un mazzetto di prezzemolo; brodo di
carne; olio extravergine di oliva; sale e pepe.

Lavate l’orzo, ammollatelo per una mezz’ora, quindi e mettetelo a lessare nel brodo di carne. Intanto
soffriggere nell’olio la cipolla e la pancetta. Aggiungere al soffritto i funghi tagliati a pezzi
grossolanamente, e cuocerli fino a che hanno assorbito la loro acqua; quindi versarli nella pentola
dell’orzo insieme alle patate tagliate pezzetti, la carota tagliata a rondelle, il prezzemolo tritato e il
prosciutto cotto. Cuocere fino alla cottura dell’orzo e delle verdure. Servire con crostini di pane
abbrustolito.
Minestra primaverile di erbe
Ingredienti: si raccolgano tutte le erbe selvatiche commestibili che è possibile reperire (primula, cime di ortica, cime di
vitalba, piantaggine, ravizzone, ecc.); mezzo chilo di patate a pasta bianca; 200 g di fagioli borlotti; formaggio fresco; timo;
tagliatelle di farina bianca fatte in casa.

Mondare le erbe, tagliare a tocchetti le patate, lessare a parte per una mezzora i fagioli messi da una
notte a bagno e quindi aggiungerli alle altre verdure. Bollire il tutto per almeno un’ora. Spegnere il
fuoco e aggiungere delle tagliatelle di farina bianca, il formaggio fresco tagliato a fettine sottili e il
timo. Lasciare riposare per 4/5 minuti la pentola a coperchio chiuso e quindi servire.
Minestra di prugnoli
E’ una delle più delicate e sorprendenti minestre di funghi, le cui origini rimandano alla grande
scuola cuciniera italiana del ‘500.

Ingredienti: un chilo di prugnoli; un paio cucchiai d’olio d’oliva; 20 g di lardo tagliato a fette sottilissime; 100 g di cervella
di vitello; 50 g di prosciutto cotto a dadini piccolissimi; pan grattato; brodo di carne; una manciata di prezzemolo battuto;
sale; pepe; cannella; crostini di pane abbrustolito.

Mettere in una casseruola i prugnoli lavati e mondati e farli andare a fuoco bassissimo finché
perdono la loro acqua. Aggiungere il lardo a
fettine sottili, il prosciutto e un filo d’olio. Fare andare sempre a fuoco basso per qualche minuto e
aggiungere la cervella e cuocere per una decina di minuti. Aggiungere brodo caldo e cuocere a fuoco
dolce una mezz’ora. A cottura pressoché ultimata aggiungere una manciata di pan grattato, la cannella
e il pepe, regolare di sale. A fuoco spento una manciata di prezzemolo. Servire con crostini di pane.
Minestra di prugnoli e riso
Ingredienti: 300 g di riso; due litri di brodo vegetale fatto con erbe di campo (cicerbita, tarassaco, malva, bietole
selvatiche, borragine, ortica, cicoria); 400 g di prugnoli; olio extravergine d'oliva; 2 spicchi d'aglio; 1 cipolla; pepe;
parmigiano; sale.

Soffriggere dolcemente la cipolla e aglio tritati, quindi aggiungere i funghi ben nettati e tagliati
grossolanamente. Aggiungere il brodo e quando bolle gettare il riso e salare. Portare a cottura,
regolare di sale e quindi aggiungere pepe e una buona spruzzata di parmigiano.
Minestra di tagliatelle di castagne (batolli) in brodo di lardo
Un piatto poverissimo ma assai saporito e abituale, un tempo in campagna, nella dieta di ogni
giorno, anche grazie al suo grande apporto calorico.
Ingredienti: 200 g di farina di castagne; 200 g di farina bianca; lardo; mezzo litro di latte.

Preparare la pasta sfoglia mescolando e impastando con acqua le due farine fino ad ottenere una
pasta morbida ed elastica. Tagliare la sfoglia in tagliatelle corte ma spesse. Preparare il brodo,
facendo bollire abbondante lardo pestato in acqua e latte. Aggiungere le tagliatelle e servire con
aggiunta di un cucchiaio di ricotta per fondina.
Minestra di ortica
Ingredienti: mezzo chilo di foglie di ortica; 40 g di burro; un litro e mezzo di brodo di carne; un cucchiaio di fecola di patate
o di maizena; un tuorlo d’uovo sale.

Lavate le foglie di ortica in abbondante acqua corrente, scolatele e mettetele in una pentola senza
aggiunta di acqua. Spruzzatele leggermente di sale e fatele cuocere per qualche minuto affinché
perdano la loro acqua; quindi toglietele dal fuoco, strizzatele e tritatele con la mezza luna. In una
casseruola fate sciogliere, il burro, versatevi le ortiche tritate e lasciatele stufare per una decina di
minuti. Sciogliete in due cucchiai d’acqua fredda la fecola di patate (o la maizena) e aggiungetela
alle ortiche, quindi versate nella pentola il brodo caldo, e lasciate cuocere per 10 minuti. Nella
zuppiera versate un mestolo di brodo e sbattevi il tuorlo d’uovo. Versate quindi la minestra e
servitela con crostini di pane abbrustolito.
Minestra di malva
Ingredienti: 500 g di malva; un litro di acqua; 30 g burro; un etto di riso da minestra; un cucchiaio di farina bianca; sale e
pepe.

Fate lessare la malva per una decina di minuti in acqua leggermente salata, quindi passatela nel
passaverdura e tenete da parte il liquido di cottura. In una casseruola fate tostare la farina con il
burro ed aggiungete poco alla volta la purea di malva mescolando con continuità e diluendo il
composto con l’acqua di cottura della malva. Come il tutto inizia a bollire aggiungere un dado e il
riso; cuocere per una ventina di minuti e a cottura ultimata aggiungere pepe.
Preboggion
E’ un piatto leggendario della cucina ligure di montagna. In realtà non è una ricetta, ma la base
di diversi piatti che possono essere minestre o contorni di verdure. Persino il termine è circondato
di un’aura di leggenda. In termini terra terra dovrebbe derivare dal verbo genovese pre-buggì,
che significa più o meno sobollire. Ma secondo la leggenda più fantastica deriverebbe da
pe’bujon, “per Buglione”, il celebre condottiero della I Crociata. Sempre secondo la leggenda, i
crociati, arrivati nei dintorni di Genova, pronti a imbarcarsi per la Terra Santa, erano stremati e
senza cibo. Allora il cuoco di Goffredo di Buglione raccolse molte e diverse erbe di campo e con
queste preparò per il suo signore un’ottima minestra. Forse è una storia un po’ fantasiosa, ma
certo affascinante.
In ogni caso si tratta di erbe come la cicerbita, il tarassaco, la borragine, l’ortica, il papavero, la
bietola selvatica, il raperonzolo, la cicoria, raccolte appena spuntate in primavera e cotte pochi
minuti (una decina di minuti) in acqua bollente.
Si mangiano come contorno, condite con aglio pestato olio e pepe mescolate a patate o fagiolini
lessi. Oppure in minestra, specie di riso.
Minestra di riso e preboggion
Lessare le erbe del preboggion per una decina di minuti e quindi strizzarle della loro acqua.
Preparare un battuto di cipolla e aglio e farlo soffriggere in olio d’oliva. Aggiungere le erbe e
stufare con un poco d’acqua. Aggiungere il riso (400 g per quattro persone), versare l’acqua
rimanente della cottura delle erbe, salare e cuocere per un quarto d’ora circa. La minestra deve
risultare piuttosto densa e va servita con olio crudo e parmigiano.
Zuppa di fagioli e bietole selvatiche
Ingredienti: 300 g di fagioli borlotti secchi; 400 g di bietole selvatiche; 200 g di cavolo cappuccio; 400 g di patate, olio
extravergine d'oliva; un gambo di sedano; mezza cipolla; due cucchiai di concentrato di pomodoro; sale e pepe; un
mazzetto di prezzemolo.

Lessate i fagioli, ammollati da una notte, a fuoco dolce. Pulite le bietole, e tritatele grossolanamente.
Pulite il cavolo cappuccio, tagliandolo a filetti. Sbucciate le patate, lavatele e tagliatele a dadini. In
una casseruola, possibilmente di terracotta, versate alcuni cucchiai di olio, fatevi rosolare un trito di
cipolla e sedano, aggiungetevi la salsa con un po' di acqua tiepida, mescolate, lasciate insaporire per
alcuni minuti e quindi unitevi il cavolo, le bietole e le patate. Quando i fagioli sono cotti, scolateli e
aggiungete alle verdure l'acqua di cottura, facendo cuocere a fuoco moderato per circa venti minuti.
Quando la zuppa è cotta aggiungere il prezzemolo tritato e mettete sul fondo di una zuppiera delle
fette di pane abbrustolite, versandovi sopra la zuppa.
Zuppa di ortiche e latte
Ingredienti: 200 g di ortiche; mezzo litro di latte; mezzo litro di brodo vegetale; una patata; tre cucchiai di farina; una
cipolla; 30 g di burro; sale; crostini.

In una casseruola, meglio se di terracotta, soffriggere nel burro la cipolla tritata e quindi, come
imbiondisce, aggiungere le cime di ortica e la patata grattugiata. Aggiungere a questo punto il brodo e
fare bollire per un quarto d’ora. Versare a pioggia la farina, mescolare con energia con un cucchiaio
di legno, evitando così che si formino grumi. Quando il composto risulta omogeneo, si versi il latte
tiepido, si regoli di sale e si cuocia per altri 10 minuti. Servire in fondine calde sul fondo delle quali
sono stati deposti crostini di pane abbrustolito.
Zuppa di fagioli e tarassaco
Ingredienti: 400 g di fagioli secchi; 400 g di tarassaco; due o tre spicchi d’aglio; un bicchiere d’olio d’oliva; due o tre foglie
di alloro; sale; parmigiano grattugiato; crostoni di pane abbrustolito.

Ammollare i fagioli per almeno 12 ore. Pulire e togliere gli steli più duri del tarassaco. Lessarlo una
decina di minuti in acqua salata, quindi levarlo dal fuoco, strizzarlo bene e tagliarlo a pezzetti.
Soffriggere in una casseruola l’aglio, aggiungere il tarassaco e, dopo alcuni minuti, i fagioli con la
loro acqua e l’alloro. Fare cuocere un paio d’ore e quindi servire in fondine con i crostoni di pane e
condire con parmigiano e con un filo d’olio crudo.
Zuppa di ceci e castagne
Ingredienti: 500 g di ceci lessati; 500 g di castagne lessate; tre spicchi d’aglio; rosmarino; un peperoncino piccante; due
cucchiai di olio d’oliva; 30 g di burro; 10 g di concentrato di pomodoro; formaggio parmigiano grattugiato; crostoni di pane
abbrustolito; sale.

Soffriggere l’aglio schiacciato nello olio e nel burro. Aggiungere le castagne e i ceci e far rosolare il
tutto aggiungendo il concentrato di pomodoro, il peperoncino e il rosmarino. Versare due litri di
acqua bollente, salare, e fare cuocere per almeno un paio d’ore. Versare la zuppa nelle fondine con i
crostoni di pane e cospargere di parmigiano.
Zuppa di spugnole
Ingredienti: mezzo chilo di spugnole; una cipolla tritata finemente; due litri di brodo di carne; 30 g di lardo battuto al
coltello; un cucchiaio di farina; 30 g di burro; 50 g di panna da cucina; un mazzetto di prezzemolo tritato; sale e pepe.

Mondare e tritare grossolanamente le spugnole. Soffriggere la cipolla tritata fine col lardo e, quando
appassisce, si uniscano i funghi spolverati di farina; aggiungere la panna, il sale e una presina di
pepe. Versare il brodo bollente e cuocere per una ventina di minuti. A fuoco spento, aggiungere il
prezzemolo tritato e servire con crostini di pane.
Zuppa di topinambour
Ingredienti: un chilo di topinabour; una cipolla; un gambo di sedano; due cucchiai d’olio d’oliva; 40 g di burro; due foglie
d’alloro; una mazzetto di prezzemolo tritato; sale.

Fare un soffritto di cipolla, sedano ed aglio olio e poco burro, quindi aggiungere il topinambour
pulito e tagliato a fettine; versare nella pentola due litri d’acqua acqua e un paio di foglie d’alloro e
fare bollire per una ventina di minuti. A cottura ultima aggiungere prezzemolo tritato e servire in
fondine con crostoni di pane abbrustolito.
Zuppa di verze e castagne
Ingredienti per 4 persone: 100 g di lardo pestato, una verza di circa un chilo, 400 g di castagne fresche, una cipolla, una
patata grossa, due spicchi d’aglio, timo e maggiorana, sale e pepe.

Sbucciare le castagne, scottarle in acqua bollente qualche minuto, togliere la seconda pellicina,
rimetterle sul fuoco continuare la cottura. Pulire la verza e togliere le foglie esterne più dure quindi
affettarla sottilmente. Mettere la cipolla trita, l’aglio e gli odori a soffriggere nel lardo. Unire quindi
la verza e rosolarla. Quando è ben appassita, versare su di essa le castagne e il loro liquido e
proseguire per un’ora la cottura.
Zuppa di lenticchie e borragine
Ingredienti: 250 g di lenticchie; 300 g di foglie di borragine; 50 g di lardo; due cucchiai di olio d’oliva; un cucchiaio di
concentrato di pomodoro; una cipolla; un gambo di sedano; uno spicchio d’aglio; fette di pane abbrustolito; sale e pepe.

Ammollare le lenticchie per almeno 12 ore. Pulire la cipolla, il sedano e lo spicchio d’aglio e tritare
tutto con il lardo e fare soffriggere nell’olio a fuoco molto basso. Mettere le lenticchie a cuocere in
acqua poco salata (circa un’ora e mezza). Quando il soffritto è pronto aggiungere il concentrato di
pomodoro e la borragine ben pulita e tritata grossolanamente. Salare e pepare, coprire con un
coperchio e lasciare cuocere per 15 minuti, quindi aggiungere le lenticchie e portate a termine la
cottura, utilizzando l’acqua di cottura delle lenticchie. Mettere le fette di pane nel forno, e tostarle a
180°. Quando la zuppa è cotta mettere le fette di pane nelle fondine di servizio e versare sopra la
zuppa.
Zuppa di orzo e ortiche
Ingredienti: 100 g di orzo perlato; mezzo chilo di germogli di ortiche; 300 g di prosciutto cotto tagliato a dadini; due cipolle
tritate finemente; due carote; un gambo di sedano; un mazzetto di prezzemolo tritato; un cucchiaio d’olio d’oliva; 30 g di
burro; sale e pepe.

Ammollare l’orzo per un paio d’ore in acqua e quindi versarlo in una pentola con una carota, una
cipolla e portare a ebollizione. Pulite e lavate la carota, i germogli di ortiche e il sedano, tagliate
tutto a pezzetti e fate appassire, insieme al prosciutto a dadini senza che si soffrigga e versate il tutto
nella pentola dove cuoce l’orzo. Continuare la cottura a fuoco dolce per circa un’ora. Quando la
zuppa è cotta aggiungere il prezzemolo tritato e servirla caldissima.
Zuppa di coda di bue e castagne
Ingredienti: un chilo di coda di bue tagliata a pezzi; una carota tritata finemente, 300 g di castagne secche; 2 cipolle tritate
finemente; 400 g di rape a dadini; 50 g di burro; 50 g di farina; un pizzico di maggiorana; un pizzico di rosmarino; un pizzico
di basilico e di salvia; un pizzico di timo; una foglia di alloro; un bicchiere di marsala; pepe e sale.

Tagliate la coda in pezzi di circa 5 cm e metteteli per qualche minuto in acqua bollente, quindi
scolateli. In una capace pentola fate rosolare, con il burro, una carota tritata e le cipolle per cinque
minuti, quindi unite la coda continuando la rosolatura fino a che la cipolla sarà dorata. Spolverizzate
con la farina, unite tutti gli aromi e l’alloro e mescolate bene. Aggiungete anche le castagne
(ammollate per qualche ora in acqua tiepida) e le rape e coprite poi con tre litri d’acqua calda;
salate, pepate e lasciate cuocere lentamente per circa due ore. Al termine della cottura, estraete i
pezzi di coda e passate tutto il resto al setaccio. Rimettete di nuovo nella pentola sia il passato sia i
pezzi di coda e unite il marsala e riscaldate ancora per cinque minuti, quindi portate in tavola.
Zuppa di porcini e patate
Ingredienti per 4 persone: 400 g di porcini maturi; 800 g di patate bianche; 3 spicchi d’aglio; 30 g di burro e 200 g di
ricotta stemperata in acqua; sale e pepe.

Lessare finché si disfano le patate in acqua burro e aglio, fino ad ottenere quasi una crema. Tritare i
funghi con uno spicchio d’aglio e aggiungerli alle patate con sale e pepe e la ricotta. Proseguire per
pochi minuti la cottura e servire con fette di pane abbrustolito.
Zuppa di cicoria selvatica
Ingredienti: un chilo di cicoria selvatica; 4 patate grandi; 4 pomodori maturi pane raffermo; aglio; peperoncino; olio
extravergine d’oliva; 2 cipolle; sale.

In una pentola, con solo acqua e sale, cuocete le patate sbucciate e tagliate a pezzi, quattro spicchi di
aglio interi, le cipolle tagliate a fettine, il peperoncino e i pomodori a pezzi sbucciati. Sbollentare la
cicoria selvatica a parte per eliminarne il retrogusto di sapore amaro, quindi versatele nella pentola
dove cuociono le altre verdure. Fare restringere al minimo l’acqua di cottura, e, quando il tutto è
cotto, versarlo in una zuppiera dove avrete deposto delle fette di pane abbrustolite nel forno.

Risotti e pasta fatta in casa


Gnocchi di castagne
Ingredienti: 800 g di farina di castagne; un bicchiere piccolo di latte; 250 g di ricotta; formaggio grattugiato (parmigiano o
pecorino); sale.

In una terrina mescolare la farina di castagne con acqua fino ad ottenere una crema densa, aggiungere
un pizzico di sale. Amalgamare la ricotta nel latte per ottenere una crema. Versare nell’acqua
bollente la crema di castagne a cucchiaiate, tirarli via dall’acqua, col mestolo forato come vengono a
galla, e condirli con la ricotta allungata nel latte e il formaggio grattugiato.
Gnocchetti di bietole selvatiche e ricotta
Ingredienti: mezzo chilo di bietole selvatiche; due etti di ricotta; 30 g di farina bianca; una cipolla; due spicchi d’aglio; un
mazzetto di prezzemolo; pane secco; parmigiano; due cucchiai d’olio d’oliva; 60 g di burro; due uova; sale.

Lessate in acqua salata le bietoline selvatiche, strizzatele bene, sminuzzatele con la mezza luna e
fatele rosolare in un soffritto di cipolla e aglio e prezzemolo. Grattugiate il pane e mettetelo insieme
al formaggio parmigiano nel tegame con le erbette, quindi aggiungete le uova sbattute, la ricotta e la
farina. Amalgamate con cura il composto e toglietelo dal fuoco. Mettetelo sulla spianata e lavoratelo
in modo da formare delle lunghe striscioline del diametro di un centimetro. tagliatele a cilindri di
lunghi un paio di centimetri e immergeteli in acqua bollente per qualche minuto, tirandoli fuori come
vengono a galla col mestolo forato. Condite con abbondante burro e formaggio parmigiano.
Pansotti

Si chiamano così per la ‘pancia’ molto gonfia che li contraddistingue e li fa più grossi dei normali
ravioli. Per altro verso esistono nella tradizione ligure diverse tipologie di pasta ripiena che si
differenziano le une dalle altre o per le verdure del ripieno o per la carne che entra nel ripieno. I
ravioli con ripieno di carne si mangiano con il sugo (toccù) di carne o di funghi. Mai con la salsa
di noci o il pesto.

Ingredienti: prendere le verdure che costituiscono il celebre preboggion per un una quantità di circa un chilo (è un misto di
verdure selvatiche composto da verza primaticcia, raperonzolo, ortica, pissarella, borragine, bietola, radicchio selvatico,
cerfoglio, pimpinella, cicerbita e talegua); 300 grammi di farina; un etto di ricotta; 50 g di parmigiano; due uova; un
bicchiere di vino bianco secco; maggiorana; sale.

Lessare le verdure, strizzarle, tritarle, metterle in una terrina e unire le uova, il parmigiano, la ricotta,
la maggiorana tritata e il sale. Rimescolare il ripieno. Impastare la farina con un bicchiere di vino e,
se è il caso, aggiungere poca acqua. Tirare la sfoglia, ritagliare dei
triangoli, porre al centro il ripieno e, ripiegando gli estremi, formare dei grossi tortelli a forma di
mezzaluna. Lessarli e condirli con salsa di noci.
Ravioli di castagne e formaggio
Ingredienti: 250 g di farina bianca; 250 g di farina di castagne; mezzo chilo di castagne lessate; mezzo litro di latte; 200 g di
formaggio tenero (ottimo il Montebore, ma va bene qualsiasi stracchino dolce); due uova; 50 g burro; sale.

Preparare la pasta sfoglia con acqua e sale mescolando bene insieme la farina di castagne e quella di
farina di frumento. Lasciarla riposare un’ora. Lessare in metà acqua salata e metà latte le castagne
aggiungendo un ricciolo di burro. Quando sono cotte passarle nello schiacciapatate e unire in una
terrina la purea col formaggio, facendo un amalgama ben consistente con i due tuorli d’ uovo.
Confezionare i ravioli e condirli, una volta cotti in acqua bollente, con ragù di funghi, oppure con
burro e scaglie di tartufo nero.
Ravioli di ricotta e ortiche
Ingredienti (per il ripieno): 200 g di ricotta; 300 g di germogli di ortica; 2 cucchiai di parmigiano grattugiato;2 uova; sale e
pepe; (per la pasta): 300 g di farina bianca; 3 uova; sale.

Lessate i germogli di ortica, dopo averli ben lavati, per una decina di minuti, quindi levateli dal
fuoco, strizzateli e tagliateli fini con la mezzaluna.
Mettete la ricotta in una terrina e lavoratela per qualche minuto con la forchetta; aggiungete i
germogli di ortica, le uova, il sale, il pepe e due cucchiai di parmigiano. Continuate a mescolare con
la forchetta finché tutti gli ingredienti saranno ben amalgamati e lasciate riposare il composto in un
ambiente fresco. Mettete intanto la farina sulla spianatoia, unite le uova e un pizzico di sale, e
impastate fino ad ottenere una pasta consistente, ma elastica. Dividete l’impasto in due parti uguali,
stendetele con il matterello in modo da ottenere due grandi sfoglie rettangolari, molto sottili.
Distribuite su una delle sfoglie il ripieno a mucchietti, distanziati tra loro di circa 3 cm; ricoprite con
la seconda sfoglia. Con la rotellina ritagliate a quadrato i ravioli e disponeteli su un canovaccio
asciutto e leggermente infarinato dove li lascerete asciugare un poco. Portate ad ebollizione una
pentola con abbondante acqua salata e versatevi con delicatezza i ravioli. Dopo pochi minuti
scolateli col mestolo bucato, man mano che affiorano in superficie. Condite i ravioli con il burro e
parmigiano grattugiato.
Ravioli di ricotta borragine e melissa
La procedura è la stessa dei ravioli di ricotta e ortica, di cui sopra. Cambiano soltanto le erbe che
entrano nell’impasto del ripieno.
Ravioli di castagne in salsa di noci
Ingredienti. (Per la pasta): 200 g farina; 100 g di farina di castagne; 3 uova; un cucchiaio di olio d’oliva; sale. (Per la farcia):
200 g di patate; 200 g di castagne secche; 100 g di prosciutto cotto a dadini; una cipolla; 50 g di burro; 100 g di parmigiano
grattugiato; sale pepe e noce moscata.

Preparate la pasta versando i due tipi di farina sulla spianatoia e fate la fontana. Sgusciate al centro
le uova, aggiungete olio e un pizzico di sale e impastate fino a ottenere un composto elastico. Fate
una palla, avvolgetela in un panno e fatela riposare in un ambiente fresco. Intanto lessate le patate e,
in un’altra pentola, le castagne. Quando sono entrambe cotte, passatele al passaverdura insieme.
Preparate in una casseruola un soffritto di cipolla con burro e un goccio d’olio, aggiungete i dadini
(molto piccoli) di prosciutto, le patate e le castagne schiacciate, il formaggio grattugiato e
amalgamate bene il tutto. Spegnere e lasciare raffreddare. Stendere la pasta e tagliarla strisce larghe
5/6 cm. Distribuire il ripieno con un cucchiaio lungo le strisce e quindi richiudere ciascuna striscia
di pasta e separare con la rotellina apposita i singoli ravioli. Farli cuocere in abbondante acqua e
condirli con la salsa di noci (per la salsa, vedi cap. II).
Risotto di fegatini e germogli di luppolo
Lo si usava come piatto rituale negli sposalizi di campagna lungo tutto il Po. Si continua a
mangiarla anche oggi perché molto buona.

Ingredienti: 250 g di riso vialone; 6 fegatini di pollo; 30 g di burro; brodo; parmigiano grattugiato; due ciuffi di prezzemolo
tritato.

Si fa bollire il riso nel brodo, insieme ai germogli tritati grossolanamente. Contemporaneamente si


rosolano in padella i fegatini, lavati e puliti delle nervature. Non appena il riso è cotto al dente si
uniscono ad esso nella pentola dove bolle. Si serve con aggiunta di parmigiano e prezzemolo tritato.
Risotto ai germogli di luppolo
Ingredienti: 400 g di riso arborio; 100 g di burro; 400 g di cime di luppolo; 100 g di formaggio parmigiano; una cipolla
grossa; un bicchiere di vino bianco secco.

Soffriggere dolcemente nel burro la cipolla tritata, quindi aggiungere il riso e fare rosolare a fuoco
vivace. Quando il riso comincia tostarsi, versare il vino bianco secco, lasciandolo evaporare.
Aggiungere quindi i germogli di luppolo, tagliati e pezzetti e mescolare per qualche istante con un
cucchiaio, prima di aggiungere, in fasi successive, del brodo bollente, fino a cottura del riso.
Mantecare con una noce di burro e abbondante parmigiano.
Risotto di prugnoli e tarassaco
Ingredienti: 500 g di riso arborio; 300 g di rosette basali di tarassaco appena spuntato; 300 g di prugnoli piccoli; brodo
vegetale; un bicchiere di vino bianco secco; una cipolla; 100 g di parmigiano; 50 g di burro; un dl di olio extravergine
d'oliva; sale e pepe.

Pulire e sbollentare il tarassaco, quindi tagliarlo grossolanamente. Preparate un soffritto con cipolla
olio e burro e quando la cipolla comincia a indorarsi aggiungete il tarassaco e subito dopo mettere il
riso a tostare, quindi sfumate col vino bianco. Proseguite la cottura bagnando col brodo bollente. A
metà cottura unite i prugnoli saltati a parte rapidamente con poco olio e sale. Unite anche il loro
liquido e condimento. A fine cottura mantecate con un poco di burro, parmigiano e pepe nero.
Risotto alle ortiche
Ingredienti: 400 g riso Roma; un bicchiere di vino bianco secco; 300 g di germogli di ortiche; 200 g panna da cucina; un dl
d’olio d’oliva; 40 g di burro; 50 g di parmigiano grattugiato; brodo vegetale.

Lavare e asciugare le cime di ortica, quindi tagliarle a pezzetti. In una casseruola mettere l’olio ed il
burro senza che questo frigga, e appena è sciolto unire le ortiche e farle rosolare. Unire a questo
punto il riso, e, quando è tostato, bagnare con il vino bianco e fare evaporare. Aggiungete poco alla
volta il brodo caldo e portate il riso a cottura. Aggiungere, a cottura quasi ultimata, la panna da
cucina, mescolare con energia e quindi, spento il fuoco, lasciare mantecare, dopo avere aggiunto il
parmigiano.
Tagliatelle col savor

È un piatto semplicissimo della cucina rurale più povera dell’Appennino parmense. Si tratta di
gherigli di noci pestati nel mortaio insieme alla polpa di mela sbucciata.
Si cuociono a parte le tagliatelle, fatte preferibilmente con farina di castagne e farina di frumento al
50%. Si condiscono e tagliatelle con il savor e una spruzzata di parmigiano.
Tagliatelle (tajarin) ai fegatini e tartufo bianco
E’ un classico delle Langhe e del Monferrato. Un piatto ricchissimo di sapore e di profumi.
Ingredienti: (per i tajarin) 4 uova; 500 g di farina bianca; (per il sugo) 300 g di fegatini di pollo; una cipolla; uno spicchio
d’aglio; un cucchiaio di salsa concentrata di pomodoro; mezz’etto di burro; 60 g di tartufo bianco; rosmarino, sale e pepe.

Per fare il sugo, soffriggete la cipolla, il rosmarino, l’aglio tritati in olio e burro, aggiungete i fegatini
interi e fateli rosolare da ogni lato. Unite i pomodori passati, salate, pepate e cuocete piano piano
finché il sugo non si è un tantino addensato.
Impastate le uova e la farina aiutandovi con un filino d'olio. Aggiungete un pizzico di sale,
amalgamate accuratamente fino ad ottenere un composto consistente ed omogeneo. Suddividete la
pasta in panetti e lasciatela riposare coperta per un paio d'ore. Stiratele a sfoglia e, dopo un momento
di riposo, quindi riavvolgetele su loro stesse per poi tagliarle a fettuccine finissime. Posate i tajarin
su di una tovaglia ad asciugare, poi lessateli in acqua salata, scolateli e conditeli con il sugo di
fegatini e con il tartufo bianco a lamelle finissime.
Tagliatelle al forno con ovoli ripieni
Si devono usare ovoli completamente aperti, ai quali si raschiano le lamelle della cappella per
potere riempirla del ripieno.
Ingredienti. (Per le tagliatelle): mezzo chilo di farina; 4 uova; acqua e sale.
(Per il ripieno): otto cappelle di ovoli; la mollica di due panini; una patata lessa; un bicchiere di latte; un etto di mortadella;
un mazzetto di prezzemolo; noce moscata; un tuorlo d’uovo; 50 g di burro; un etto di ricotta; uno spicchio d’aglio; sale.

Preparate la pasta sfoglia nel modo consueto e tagliatela a strisce della larghezza che più vi aggrada.
Per il ripieno si trita la mortadella insieme al prezzemolo e all’aglio, i gambi degli ovoli e le lamette
degli ovoli raschiate via (i funghi, ovviamente, devono essere lavati con cura), e si amalgama il tutto
con la mollica di pane bagnata nel latte, la patata lessa, si aggiunge quindi un po’ di sale, un pizzico
di noce moscata, il tuorlo d’uovo sbattuto e si ottiene un composto piuttosto denso. Si scottano le
cappelle in acqua bollente per cinque minuti, si scolano e si asciugano bene. Nel frattempo avrete
messo in abbondante acqua bollente salata le tagliatelle e le avrete scolate al dente.
In un teglia versate le tagliatelle e mescolatele con burro stemperato in poco latte e ricotta. Create
delle fossette a distanza regolare e in esse deponete gli ovoli ripieni. Cocete in forno a 160° per una
decina di minuti, sorvegliando che non si attacchi al fondo, aggiungendo, se è il caso, un poco di
latte.
Tortelli di castagne
E’ una ricetta dal gusto curioso per l’unione del dolce della castagna l’aspro pepato della
mostarda di frutta. Un piatto antico che sicuramente è piacevole sperimentare.
Ingredienti: mezzo chilo di farina bianca; mezzo chilo di castagne secche; 100 g di mostarda di frutta.

Si lavano e si mettono a mollo le castagne per dieci ore; quindi le si fanno lessare nella stessa acqua
finché saranno abbastanza tenere da passare nel passaverdure. Si trita la mostarda e la si unisce alle
castagne insieme ad un poco del loro brodo di cottura, fino ad ottenere un ripieno morbido ma non
liquido. A parte si sarà preparata la sfoglia per i tortelli usando solo acqua sale e farina. Si
preparano i tortelli riempiendo dei quadratini di pasta sfoglia che vengono chiusi a triangolo e poi
attorcigliati ai lati come caramelle. Si cuociono per 15-17 minuti in abbondante acqua salata. Si
servono con burro e parmigiano.
Troffie di castagne
Le troffie sono delle particolari forme di pasta fatta in casa, tipiche della Liguria, che solitamente si
mangiano col pesto. Sono dei gnocchetti sottili con un gruppo al centro e ritorti su se stessi. Le troffie
di montagna fatte con farina di castagne e di frumento (metà e metà), sono semplicissime da
preparare: solo acqua sale e farina. Però non si condiscono con il pesto, bensì con ricotta e pecorino
grattugiato che, col suo gusto forte, attenua il dolciastro della castagna.
CAPITOLO IV

SECONDI PIATTI

Selvaggina e carni
Brasato ai funghi
Ingredienti: un pezzo di polpa di vitellone di almeno un chilo; un litro di vino bianco secco; 30 g di lardo; una cipolla grossa;
una carota; un gambo di sedano; un mazzetto di prezzemolo; salvia e rosmarino; due/tre spicchi d’aglio; 50 g di burro, due
cucchiai di olio d’oliva; 50 g di porcini secchi; sale e pepe.

Marinate nel vino bianco per una notte la carne con le verdure, la salvia e il rosmarino. Fate
rinvenire in acqua tiepida i funghi per almeno un’ora. Preparate intanto un soffritto con le verdure
della marinatura, il lardo, l’olio e il burro. Quando la cipolla appassisce mettete in pentola il pezzo
di brasato ben asciutto, nel quale avrete praticato dei taglietti in profondità e dove avrete messo
l’aglio a spicchio intero. Fate rosolare bene la carne e come inizia ad attaccarsi al fondo della
pentola bagnate con l’acqua dei funghi filtrata e calda, salate e pepate. Aggiungete dopo un’ora circa
di cottura i funghi e quindi, a poco per volta, il vino della marinatura. Proseguite la cottura per un’ora
e mezza ancora, e quindi, a cottura ultimata, aggiungere il prezzemolo tritato, lasciare riposare un
paio di minuti, tagliare la carne a fette e cospargerla dei funghi e del sugo di cottura e servirla con un
contorno di purea di patate.
Capriolo alla salsa di mirtillo rosso
La ricetta della salsa di mirtillo la trovate al paragrafo ‘salse’ del Capitolo II. Si sposa benissimo
con la carne di capriolo, il cui sapore di selvatico è assai particolare con note e sfumature che
tendono al dolciastro.
Ingredienti: un chilo di carne di polpa di capriolo giovane; una cipolla; una carota; un gambo di sedano; farina, 100 g di
burro; olio di oliva; un bicchiere di marsala secco; 150 g di salsa di mirtillo rosso; aceto bianco; una manciata di bacche di
ginepro; un rametto di rosmarino; brodo; sale.

Tagliate a pezzi la polpa di capriolo e marinatelo per una notte in acqua e aceto, bacche di ginepro e
rosmarino. Asciugatelo bene della marinatura, infarinatelo e rosolatelo un paio di minuti in una
padella con solo olio. Preparate un battuto di cipolla, sedano, carota e soffriggetelo in olio e burro;
quando le verdure prendono colore aggiungete la polpa di capriolo e continuate a rosolare per
qualche minuto dopo aver versato il bicchiere di marsala. Quando sarà evaporato, mettere il tutto in
una pentola da forno con coperchio e fate cuocere a 160°, bagnando di tanto in tanto con brodo. A
cottura pressoché ultimata versare la salsa di mirtillo e proseguire la cottura per una decina di minuti.
Servire con un contorno di polenta o di puré di patate.
Coscia di cervo ai funghi
Ingredienti: una coscia di cervo intorno al chilo e mezzo; 60 g di burro; una manciata di bacche di ginepro; 100 g di lardo;
tre cipolle piccole; un cucchiaio di farina; un bicchiere di vino bianco; 100 g di funghi secchi; sale.

Battere la coscia e lardellarla con cura. Metterla in un tegame con le tre cipolle, il ginepro, il lardo
avanzato, il burro. Appena imbiondisce versare il cucchiaio di farina e mescolare l’intingolo con
cura, e, infine, versare il bicchiere di vino bianco, se occorre aggiungere acqua, salare. Cuocere con
il tegame coperto e a fuoco molto dolce per oltre un’ora (dipende dalla tenerezza della carne). A
metà cottura aggiungere i funghi, fatti rinvenire in acqua tiepida, bagnando di volta in volta con
l’acqua dei funghi filtrata.
Coscia di agnello tartufata
Ingredienti: una coscia di agnello; 50 g di tartufo nero; 100 g di fegato di agnello; 100 g di lardo; rosmarino; quattro spicchi
d’aglio; tre bicchieri di vino bianco; olio d’oliva; sale e pepe.

Disossate la coscia di agnello, tritate il tartufo, il fegato, 50 g di lardo, e aglio, aggiungete rosmarino
sale e pepe. Sistemate il ripieno all’interno della coscia e cucitela con spago da cucina. Tritate il
resto del lardo col quale ungerete l’esterno della coscia. Cuocete in forno, circondando la carne con
patate tagliate a pezzi grossi (da aggiungere dopo una ventina di minuti di cottura), per circa un’ ora a
temperatura media.
Costata di manzo alla salsa di mirtilli
La ricetta della salsa di mirtilli la si trova al capitolo due.
Ingredienti: quattro costate di manzo da tre etti; salsa rossa di mirtilli; panna da cucina; mirtilli freschi; burro; sale e pepe.

Cuocere alla brace o sulla piastra le costate, lasciandole abbastanza al sangue. Versare la salsa in un
tegamino e allungatela con un poco di panna da cucina e burro per renderla più cremosa. Versatela
sulle costate e guarnite i piatti con mirtilli freschi.
Fagiano al tartufo bianco
Ingredienti: un fagiano di almeno un chilo; una cipolla; una mela renetta; 50 g di burro; un bicchiere di Marsala; il succo di
un limone; 60 g di tartufo bianco; pepe e sale.

Fiammeggiare il fagiano e farcirlo con la mela e la cipolla in grossi pezzi, con i suoi fegatini puliti e
tritati grossolanamente, e un poco di sale. Cucire il fagiano con spago da cucina, e metterlo in una
casseruola con il burro, salare e pepare; cuocere a fuoco basso con la casseruola coperta per circa
45 minuti, bagnandolo quando è il caso con brodo di carne e vino bianco. Quando sono passati i 45
minuti bagnare con il Marsala e togliere dal fuoco dopo qualche minuto. Tagliare a pezzi il fagiano e
mettere da parte la farcitura che, verrà passata al setaccio e quindi ristretta sul fuoco dopo avere
aggiunto il succo di limone. Versare la salsa sui pezzi di fagiano e coprire con lamelle di tartufo.
Lasciare riposare qualche minuto e servire.
Pasticcio di castagne e prosciutto
Ingredienti: mezzo chilo di farina; un litro di latte; un chilo di castagne; tre etti di prosciutto cotto tagliato a dadini; 100 g di
lardo; due cipolle; un peperone dolce; sei uova; peperoncino; sale.

Fare cuocere nel latte le castagne sbucciate e spellate fino a che cominciano a sfaldarsi. Si prepara la
normale pasta sfoglia con la farina, un pizzico di sale, acqua e due uova; si imburra una teglia e la si
fodera della pasta. Si tagliano le cipolle finissime, il peperone a listarelle altrettanto fini, si aggiunge
il lardo a pezzetti e il prosciutto a dadini, un pizzico di peperoncino e le castagne ben colate, quattro
uova sbattute, una noce di burro e un poco di sale. Si mette il tutto nella teglia foderata di pasta
sfoglia, si richiude con altra pasta e si spennella con uovo. Cuocere in forno a 200° per una buona
mezz’ora.
Salsiccia e polenta di castagne
Ingredienti: 400 g di salsiccia; 300 g di farina di castagne; 300 g di farina di mais; 400 g di funghi porcini; un bicchiere di
vino rosso, 50 g di burro; un cucchiaio d’olio d’oliva; sale.

Mescolate la farina di mais e quella di castagne, quindi versatela nel paiolo da polenta e fate cuocere
per circa tre quarti d’ora. Mondate e lavate bene i funghi e tagliateli a fette abbastanza spesse.
Fate cuocere la salsiccia, tagliata a pezzettoni, in un tegame con un poco di burro e olio. Quando
comincerà a prendere colore aggiungete il vino e i funghi e portate a termine la cottura. Mettere in un
tagliare la polenta quando è cotta e, fatta una cavità al suo centro, depositarvi la salsiccia e i funghi.
Spezzatino di cinghiale alla salsa di funghi
La ricetta della salsa di funghi si trova nel Capitolo II, al paragrafo ‘salse’.
Ingredienti: un chilo di polpa di cinghiale; tre cipolle grosse; quattro carote; un gambo di sedano; una bottiglia di vino
rosso; quattro cucchiai di olio d’oliva; 100 g di burro; aceto di vino rosso; una manciata di bacche di ginepro; un rametto di
rosmarino; 200 g di salsa di funghi; brodo di carne; sale e pepe.

Marinate per una notte in aceto, acqua, una cipolla tagliata a pezzi, rosmarino e bacche di ginepro, la
polpa di cinghiale. Asciugatela e tagliatela a pezzi poco più grandi di una castagna. Preparate un
battuto con una cipolla tagliata finissima, una carota e il gambo di sedano tritati anch’essi molto fini.
Quando il soffritto, in olio e burro, si colora mettere lo spezzatino di cinghiale e fare rosolare a
fuoco dolce per qualche minuto. Bagnare con un bicchiere di vino rosso e quando questo è evaporato
aggiungere le restanti cipolle e carote tagliate abbastanza grossolanamente. Fare evaporare l’acqua
delle verdure e della carne e quindi irrorare nuovamente di vino rosso e iniziare la cottura a fuoco
basso con pentola coperta. Man mano che il liquido di cottura evapora, aggiungere brodo alternato al
vino rosso. Fare cuocere per circa due ore, sempre a fuoco basso, quindi aggiungere la salsa di
funghi e terminare la cottura, aggiungendo, se è il caso, del brodo. Servire con polenta e un contorno
di funghi trifolati con aglio e prezzemolo.
Pesci e pollame
Cappone ripieno di castagne
Ingredienti: un cappone; mezzo chilo di castagne; 100 g di salsiccia di maiale; 100 g di carne trita; due uova; due cucchiai
di olio oliva; 20 g di pinoli; 20 g di uvetta; una cipolla grossa; un pizzico di noce moscata; la mollica di un paio di panini,
latte, un mazzetto di prezzemolo, un bicchiere di vino bianco secco; sale e pepe.

Preparate un soffritto di cipolla e rosolatevi la salsiccia sbriciolata e la carne trita; quando la carne
colora aggiungete il vino e lasciate evaporare. Lessate intanto le castagne per un quarto d’ora,
scolatele e sbucciatele anche della pellicina interna. Preparate un trito grossolano di uvetta
(rinvenuta nell’acqua), di castagne, di pinoli, prezzemolo e aggiungete la mollica del pane bagnata
nel latte, le uova sbattute e la noce moscata. Riempite il cappone con il ripieno e cucite l'apertura.
Mettetelo in una casseruola da forno unta di olio, e cocete a 150° per un paio d’ore, bagnando con il
fondo di cottura di tanto in tanto. Al momento di servire, estraete il ripieno e utilizzatelo come
contorno del cappone che avrete sezionato in quarti.
Coniglio e funghi prugnoli
Ingredienti: un coniglio; 500 g di prugnoli; 300 g di pomodori da sugo; olio d’oliva; tre spicchi d’aglio; una cipolla grande;
un bicchiere di vino bianco secco; sale e pepe.

Tagliate il coniglio a piccoli pezzi e disponeteli in una pentola con olio, cipolla, aglio, i pomodori
tagliati a pezzetti, e quando inizia a prendere colore, aggiungete il vino bianco. Lasciate cuocere
circa mezz’ora rivoltando la carne e le verdure con frequenza, aggiungendo acqua se è il caso. A
questo punto aggiungere i funghi tagliati non troppo sottilmente e regolare di sale e pepe. Ultimare la
cottura e servire con polenta o purè di patate.
Oca al ripieno di castagne
Ingredienti: un’oca di un paio di chili; 100 g di lardo; mezzo chilo di castagne; 100 g di burro; alloro; rosmarino; salvia;
noce moscata; un bicchierino di brandy; sale e pepe.

Tagliare a pezzetti il fegato d’oca e passarlo in un tegame con burro, salvia e bagnando con il
brandy. Togliere dal fuoco e tritare il tutto con il lardo, le erbe, un pizzico di noce moscata, le
castagne cotte arrosto e mondate di buccia e pellicina interna, pepe e sale. Riempire di questo
impasto il busto dell’oca, cucirlo, e mettere in forno a 180° per un un’ora e mezza, bagnando di tanto
in tanto col sugo di cottura.
Petti di pollo alla salsa di luppolo
Ingredienti: 4 petti di tacchino tagliati a fette; 200 g di germogli di luppolo; 3/4 patate bollite; quattro spicchi d’aglio; latte;
sale e pepe; un poco di brodo.

Sbollentare i germogli di luppolo, quindi strizzarli e tritarli insieme all’aglio. Preparare con le
patate lesse e un po’ di latte una purea abbastanza liquida, quindi aggiungere ad essa il luppolo tritato
con l’aglio e si mescoli il tutto molto energicamente. Passare nella farina le fette di pollo e poi
bagnarle in questo composto, quindi metterle in una padella ampia, facendole cuocere a fuoco alto
per una decina di minuti aggiungendo di volta in volta la purea e un goccio di brodo. A cottura
ultimata salare e pepare.
Petti di pollo con salsa di borraggine
Ingredienti: due petti di pollo; 100 g di salsiccia; 800 g di borragine; una decina di foglie di basilico; una cipolla; un
rametto di salvia; 100 g di burro; un cucchiaio d’olio d’oliva; due bicchieri di vino bianco secco; un cucchiaino di maizena;
sale e pepe.

Tagliate i petti di pollo in due e quindi dividete ancora in due ciascuna parte in modo da avere
quattro fette abbastanza spesse a mo’ di bistecca. Lessate in poca acqua salata la borragine,
strizzatela e tritatela e tenete da parte il brodo di cottura. Soffriggete la cipolla insieme alla salsiccia
ben sbriciolata, con un poco di burro e con l’olio. Rosolate le fette di petto di pollo aggiungendo,
quando cominciano a dorarsi, il sale, la salvia, un terzo della borragine tritata e bagnando col vino e
con mestoli di brodo di cottura della borragine.
Preparate contemporaneamente la salsa di borragine, facendo soffriggere nel burro la restante
borragine e allungando il composto con il brodo di cottura. Passate nel passaverdura questo
composto, quindi rimettetelo nella pentola per farlo restringere, aggiungendo infine della maizena,
sale e pepe, e versate sui petti di pollo quando sono cotti.
Tacchino alle nocciole
Ingredienti: un tacchino giovane di un paio di chili; 150 g di nocciole sgusciate; 250 g di pan grattato; 60 g di pancetta dolce
a dadini piccolissimi; 100 g di burro; un bicchiere di vino bianco secco; brodo di carne; sale e pepe.

Tritare con un macinino le nocciole e tostarle per qualche minuto in una padella con 100 g di burro,
la pancetta e il pan grattato. Nel frattempo pulite e aprite lungo il petto il tacchino, fiammeggiatelo e
inserite il ripieno all’interno della carcassa; cucite con spago da cucina e mettetelo a rosolare in una
teglia da forno con burro e irrorandolo con il vino bianco. Passatelo quindi in forno a 140° e fatelo
cuocere, bagnandolo frequentemente con il brodo.
Trota al cartoccio con ripieno di tartufi
Ingredienti quattro trote di 250 g circa l’una; 30 g di tartufo scorzone (estivo); un paio di filetti d’acciuga sottolio; uno
spicchio d’aglio; un mazzetto di prezzemolo; la polpa di mezzo limone; pangrattato; mezzo bicchiere di vino bianco; due
cucchiai d’olio extravergine; sale e pepe.

Tritate il tartufo insieme alla polpa di limone, i filetti di acciuga, il pangrattato, il prezzemolo, e
bagnate il composto con vino bianco. Disponete ciascuna trota, eviscerata e unta con un poco di olio,
un poco di vino, un pizzico sale e pepe, su di un foglio di allumino e riempitela dell’impasto.
Cospargetela quindi di pangrattato e tartufo grattugiato. Chiudete il cartoccio disponetelo in una
teglia e mettetelo in forno a 160° per una ventina di minuti.
Trota al vino rosso e funghi
Ingredienti: un chilo di filetti di trota; uno scalogno; un mazzetto di prezzemolo; uno spicchio di aglio; 50 g di burro; un
bicchiere di vino rosso; 200 g di funghi porcini.

Pulite i funghi e tagliateli sottili. Mettete in un tegame lo scalogno tritato grossolanamente e lo


spicchio d’aglio e fateli soffriggere nel burro. Aggiunte quindi i filetti di trota infarinati e lasciateli
cuocere per qualche minuto da entrambi i lati e, infine, aggiungete il vino rosso e, come inizia a
evaporare, i funghi. Coprite il tegame, abbassate la fiamma e fate cuocere per circa 20 minuti,
bagnando, se è il caso, con altro vino. Come contorno vanno bene funghi trifolati o puré di patate.
Tinche ai funghi
Ingredienti: quattro tinche; 100 g di funghi secchi; farina; 60 g di burro; salvia; un bicchiere di vino bianco; un mazzetto di
prezzemolo; sale e pepe.

Ammollare i funghi in acqua tiepida per un’oretta. Asciugateli e passateli in un tegame al burro con
un paio di foglie di salvia. Mettete in un tegame le tinche e fatele rosolare dolcemente nel burro,
quindi versatevi il vino bianco e come sarà evaporato aggiungete il prezzemolo tritato, la farina, sale
e pepe e, infine, i funghi passati nel burro. Cuocere ancora per una decina di minuti e servire con
purè di patate sulla quale avrete versato il sugo di funghi.
Frittate, torte salate, verdure al forno e in casseruola
Budino di patate e prugnoli
Ingredienti: un chilo di patate bianche; 300 g di prugnoli; 50 g di burro; quattro tuorli d’uovo; la scorza di un limone; uno
spicchio d’aglio; sale.

Sbucciate le patate e tagliatele a quarti. Lavatele e fatele cuocere in acqua salata con mezza scorza di
limone, continuando la cottura fino a quando si spappolano. Scolatele, asciugatele e versartele in una
casseruola. Aggiungete mezz’etto di burro e del fiore di latte a poco a poco continuando a mescolare
con energia con un cucchiaio finché si ottenga una pasta bianchissima e piuttosto soda. Aggiungetevi
allora quattro tuorli d'uovo ben sbattuti e salati. Ungete di burro una terrina da forno, versatevi la
pasta di patata, e aprite nel suo mezzo un foro e mettetevi i prugnoli perfettamente puliti e sbollentati
in acqua poco salata e quindi passati per qualche minuto in tegame con burro e aglio; coprite con
altra pasta di patate, fate cuocere per circa trenta minuti in forno a 160°.
Cappelle di porcini al forno
Ingredienti: otto porcini maturi ma sodi e concavi; quattro spicchi d’aglio; un ciuffo di prezzemolo, olio d’oliva, sale e pepe.

Pulire i funghi e tagliare via con un coltello il gambo dalla cappella. Togliere un poco di barbigli
dalle cappelle stesse. Tritare i barbigli e i gambi unendo loro un trito d’aglio e prezzemolo.
Riempire con questo le cappelle bagnare d’olio. Salare e aggiungere pepe. Disporre in una teglia
unta d’olio le cappelle ripiene e cuocere a 160° per 40 minuti circa.
Cappelle di porcini impanate
Pulire le cappelle dei porcini e togliere loro l’acqua mettendole a rosolare qualche istante cosparse
sale. Sciacquarle nuovamente, asciugarle e passarle solo nel pan grattato e nella farina senza usare
l’uovo. Friggere in abbondante olio di semi. Asciugare su carta alimentare e servire.
Fonduta di prugnoli
Ingredienti: 200 g di prugnoli giovani; 600 g di stracchino o robiola; mezzo bicchiere di brodo vegetale; sei tuorli d'uovo;
due cucchiai di olio d'oliva.

In un pentolino, a fuoco moderato, sciogliete, con l'olio e il brodo, lo stracchino fino a che non avrete
ottenuto una crema densa. Aggiungete i tuorli uno alla volta mescolando velocemente. Mettete la
fonduta ancora calda nei piatti di portata e cospargetela di prugnoli tagliati sottili.
Frittata di tartufi bianchi
Ingredienti: otto uova; uno spicchio d’aglio, un ciuffo di prezzemolo; 60 g di burro; mezzo bicchiere di latte; 10 g di tartufi
bianchi.

Sbattere le uova in una terrina aggiungervi il prezzemolo tritato e un po’ di latte. Fare soffriggere per
un attimo l’aglio nel burro e versare le uova. Cuocere sui due lati la frittata e grattarvi sopra quando
è ancora morbida il tartufo.
Frittata alle erbe di primavera
Ingredienti: otto uova freschissime; cinque rametti di mentuccia; un pugno di foglie di erbette; poca erba cipollina; tre
foglie di borragine; una cipolla bionda media; 30 g di formaggio grana grattugiato; cinque cucchiai di olio di oliva; sale e
pepe.

Soffriggete il battuto di aglio e prezzemolo nel burro, aggiungete i tartufi bianchi grattugiati e le otto
uova ben sbattute. Appena il composto comincia a rapprendersi bagnate col latte e cuocete sui due
lati usando un ampio coperchio per girare la frittata.
Fate appassire nell'olio di oliva tutte le erbe ridotte a striscioline sottili e la cipolla affettata molto
sottile, e fate cuocere per qualche minuto. Nel frattempo mescolate in una ciotola le uova con il
formaggio grana, il sale e il pepe, e versate il composto nella padella con le erbe. Fate addensare a
fuoco moderato e rosolate la frittata prima da un lato e poi, rivoltandola, dall'altro. Servite la frittata
tiepida o fredda, tagliata a strisce guarnite da ciuffetti di prezzemolo.
Funghi e verdure impanate e fritte
In alcuni luoghi vengono anche chiamati ‘pesci di montagna’. In realtà si tratta di funghi, spesso un
po’ ammaccati o passati (vanno bene soprattutto porcini e mazze di tamburo), di verdure come le
bietole (le coste) e le melanzane, tagliate a fettine non troppo sottili, che vengono passate nell’uovo
sbattuto, quindi nel pan grattato e fritte in olio bollentissimo. Sono un ottimo contorno per le carni,
ma spesso mangiate anche come secondo vero e proprio, magari con accompagnamento di insalata
verde.
Patate e funghi (porcini)
Ingredienti per 4 persone: 4 patate, 4 funghi porcini, 3 spicchi d’aglio, olio d’oliva, origano, prezzemolo tritato, sale.

Pulire i funghi e tagliarli a fette. Lessare le patate a cottura al dente, pelarle e tagliarle a pezzi. In una
teglia ben unta d'olio, mettere tre spicchi d'aglio, prezzemolo tritato, uno strato di patate con sale,
origano e olio, e uno di funghi. Alternare allo stesso modo vari strati e mettere a cuocere in forno a
180° per circa mezz’ora.
Ovoli ripieni al forno
Gli ovoli si mangiano in insalata quando sono appena nati e la cappella non è ancora del tutto
dischiusa dalla membrana bianca che l’avvolge. Quando, però, la cappella è pienamente aperta, il
modo migliore di gustarli è cucinarli ripieni al forno.
Ingredienti: otto funghi ovoli; due uova; 80 g di parmigiano grattugiato; 50 g di mollica di pane; 50 g di latte; olio d’oliva;
maggiorana; timo; origano; aglio; sale e pepe.

Togliere i gambi alle cappelle e pulirle bene, grattando via ogni impurità. Sbattere in una terrina il
rosso delle uova, la mollica del pane bagnata nel latte, un cucchiaio di olio d’oliva, il trito di erbe e
aglio, i gambi degli ovoli tritati, salare e pepare. Riempire le cappelle e infornarle, facendole
cuocere a temperatura moderata (130°) per circa mezz’ora.
Polenta e tartufi neri
Ingredienti: un litro di brodo di carne e mezzo litro d’acqua; sei etti di polenta; 100 g di tartufi neri; 60 g di burro; 100 g di
formaggio tenero; sale.

Cuocere la polenta in acqua e brodo, salando poco e avendo cura che rimanga morbida e pastosa.
Stenderla su di un tagliere di legno. Mondare i tartufi con l’apposito spazzolino e tagliarli a fette
molto sottili, ammorbidire il burro e unirvi tartufi e il formaggio. Mescolare il composto con la
polenta. Riporre il tutto in una zuppiera e servire come fosse una crema nei piatti.

Uova in camicia e tartufi bianchi


E’ opinione molto diffusa e accreditata che questo sia il modo migliore per assaporare
compiutamente il tartufo, perchè trasferisce in modo perfetto i suoi profumi al tuorlo d’uovo.
Ingredienti: otto uova; 100 g di burro; aglio e prezzemolo; 60 g di tartufi bianchi; sale.

Friggere in camicia (rivoltando con una spatola da cucina il bianco sul rosso) le uova e tirarle fuori
dalla padella che siano con il tuorlo ancora morbido. Soffriggere qualche secondo nel burro un
battuto d’aglio e prezzemolo; aggiungere lamelle sottilissime di tartufo bianco e un goccio di vino.
Lasciare evaporare, regolare di sale, e versare sulle uova.
Sformato di tarassaco e formaggio
Ingredienti: 400 g di foglie di tarassaco; 60 g burro; la mollica di un paio di panini; un uovo; un bicchiere piccolo di latte; un
cucchiaio d’olio; un etto di formaggio bianco tenero; 50 g di parmigiano grattugiato; sale e pepe.

Sbollentare per qualche minuto le foglie di tarassaco, strizzarle bene e quindi tritarle abbastanza
grossolanamente e passarle in un tegame con il burro. Mescolare l’uovo con il formaggio, salate e
pepate ed aggiungete il tutto alla cicoria; unire per ultimo la mollica di pane bagnata nel latte e
ottenere un impasto ben amalgamato. Versare il tutto in una teglia da forno imburrata e fare cuocere a
bagnomaria per circa 30 minuti a 180 gradi.
Spugnole in padella
Ingredienti: 800 g di spugnole; due cucchiai di olio d’oliva; due spicchi d’aglio; brodo leggero di carne; un cucchiaio di
farina; un mazzetto di prezzemolo tritato; uno spruzzo di noce moscata; sale e pepe.

Mondare le spugnole e tagliarle per il lungo. Metterle in padella con olio e aglio e farle
completamente spurgare della loro acqua. A questo punto spolveratele di farina, e, quando questa
comincia a tostarsi, aggiungere il brodo che deve coprire il tutto appena. Salare e pepare, aggiungere
una grattata di noce moscata, e, quando il composto si addensa, aggiungere il prezzemolo tritato e
togliere dal fuoco.
Torta di borragine e ricotta
Ingredienti: 400 g di borragine; 200 g di ricotta; 200 g di farina; 80 g di burro; un uovo; 80 g di pecorino grattugiato.

Impastare la farina acqua con uovo e sale e formare una palla, che va poi coperta con un panno e
lasciata riposare per circa 60 minuti. Bollire e strizzare la borragine quindi rosolarla sminuzzata nel
burro per alcuni minuti; preparare un composto di ricotta, pepe e pecorino, aggiungere il sale e la
borragine.
Stendere a sfoglia, la pasta e metterla sul fondo di una teglia imburrata. Riempire con il composto di
ricotta, pecorino, borragine, e chiudere la superficie con la pasta sfoglia. Infornare per circa un’ora a
160 gradi.
Torta di bietole, borragine e formaggio
Ingredienti: mezzo chilo di foglie di bietole; 200 g di borragine; 100 g di quagliata o formaggio morbido; 100 g di grana
grattugiato; tre uova; 300 g di farina banca; un bicchiere d’olio d’oliva; sale.

Preparare con la farina, l’acqua, un pizzico di sale e un cucchiaio d’olio la pasta sfoglia e lasciarla
riposare almeno un’ora. Togliere alle bietole la parte verde e bollire (10 minuti circa) le coste in
acqua leggermente salata, insieme alla borragine. Strizzare bene le bietole e la borragine, tagliare il
tutto a pezzi grossolanamente, sbattere in una terrina le uova e unire ad esse il trito di bietole e
borragine, quindi il formaggio grattugiato e la quagliata, salare e mescolare bene. Oliare una teglia
deporre la pasta sfoglia sul fondo, lasciando che superi abbondantemente il bordo, mettere il
composto e richiudere la pasta sfoglia a festoni, spennellare d’olio d’oliva la superficie e mettere in
forno a 180°.
Torta di porri, riso ed erbe di campo
Ingredienti: (per la farcitura) 100 g di foglie di borragine; 200 g di bietoline selvatiche; 100 g di cime di ortiche; 300 g di
porri; 200 g di riso per minestre; formaggio parmigiano; due uova; 30 g di burro; olio d’oliva; sale e pepe.
(Per la sfoglia) 300 g di farina bianca; acqua e un cucchiaio d’ olio d’oliva.

Tirate la sfoglia con solo acqua, farina e un goccio d’olio. Mondate le erbe e i porri tagliati solo con
la parte bianca. Sbollentate il tutto per cinque minuti in acqua appena salata. Strizzatele e passatele in
padella con un pezzetto di burro e un paio di cucchiai d’olio. Bollite il riso per pochi minuti e
scolatelo molto al dente; mescolatelo alle verdure tritate grossolanamente, le uova battute, il
parmigiano, un poco d’olio e di burro, salate e pepate. Foderate una teglia rettangolare con la pasta
sfoglia, riempitela con l’impasto per tre centimetri di altezza, chiudete e sigillate la superficie con
altra pasta sfoglia e mettete in forno per tre quarti d’ora.
CAPITOLO V

DOLCI, CONFETTURE, INFUSI E LIQUORI


Torte e dessert

Budino di castagne
Ingre die nti: 400 g di castagne; 100 g di zucchero; tre uova; un litro di latte; 70 g di burro; la scorza di un limone
grattugiata; pangrattato.

Lessate sbucciate le castagne. Passatele, una volta liberate della pellicina, nello schiacciapatate e
mettete la purea in una ampia scodella; unire lo zucchero, la scorza di limone, 1/2 etto di burro, le
uova e il latte. Amalgamare bene il tutto, aggiungendo eventualmente del pangrattato per rendere più
consistente l’amalgama. Imburrare uno stampo da budino, spolverizzarlo di pangrattato e versarvi
l'impasto. Cuocere in forno a 180 gradi per circa trenta minuti, quindi mettere a riposare in fresco.
Castagne alla vampa
Un classico della cucina montanara che ritroviamo, con poco significative varianti, ovunque,
dalle prealpi bergamasche al Trentino, dal Veneto ai monti dell’Appennino emiliano e ligure.

Le castagne si abbrustoliscono nell’apposita padella forata, e poi si pelano. Si prepara a parte un


denso sciroppo, facendo bollire dello zucchero - una tazza da caffé per ogni chilo di castagne -
acqua, succo e scorza grattugiata di un limone. Si fa restringere lo sciroppo e poi lo si versa sulle
castagne sistemate in una teglia. Si versa un buon paio di bicchieri di grappa e si mette sul fuoco.
Quando il contenuto della teglia è molto caldo si accende con un fiammifero il liquido e si lascia
esaurire la fiamma. Si versa infine della ricotta nella teglia, si mescola con energia e si serve.
Castagne al vino
Altra ricetta della memoria storica dell’antica civiltà rurale: elementare, ma assai gustosa

Si cuoce una quantità a piacere di castagne sbucciate e spellate in poca acqua, e quando sono quasi
cotte si aggiunge del vino rosso in proporzione alla quantità di castagne (in ogni caso non deve mai
superare il livello delle castagne), un pezzo di burro, qualche cucchiaio di zucchero, e si continua la
cottura, fino a che tutto il liquido è evaporato.
Crema di castagne
Ingredienti: un chilo di castagne fresche; 50 g di burro; due litri di latte; 150 g di zucchero; 50 g di panna da cucina; un
uovo; la scorza di un limone grattugiata.

Far lessare nel latte un chilo di castagne fresche, sbucciate anche della pellicina interna, con poco
zucchero. Quando sono cotte, passarle nel passaverdure e mettere la purea ottenuta in una casseruola
dove avrete sciolto 50 g di burro senza farlo friggere. Fate cuocere a fuoco bassissimo aggiungendo
latte, zucchero, un cucchiaio di maizena, 50 g di panna da cucina, la scorza di un limone grattugiato, il
rosso di un uovo sbattuto e allungato con latte. Togliere dal fuoco dopo alcuni minuti e mettere il
composto in scodelline da dolce o in stampi da creme-caramel. Riponete le scodelline in un luogo
fresco, ma non in frigo, e servite quando il composto si è rassodato.
Crema di fragoline di bosco
Ingredienti: 600 g di fragoline di bosco; 120 g di zucchero; 200 g di panna montata.

Si puliscono e si passano al setaccio le fragoline, si mescola la crema ottenuta con lo zucchero e poi
si aggiunge la panna montata amalgamando bene il tutto. Si dispone il composto in una zuppiera da
frutta e lo si mette a raffreddare in frigo.
Crostata di castagne
Ingredienti: (per la sfoglia) 250 g di farina; 100 g di zucchero; 100 g di burro; un bicchiere di latte; due tuorli d’uovo.
(Per la farcitura) 200 g di castagne fresche e pelate; 100 g di zucchero; 50 g di cioccolato da fondere; mezzo litro di latte;
burro; due uova.

Preparare la pasta sfoglia impastando tuorli d’uovo, farina, zucchero, burro preventivamente sbattuto
e reso cremoso, latte, fino ad ottenere una pasta elastica e consistente. Stenderla col mattarello.
Nel frattempo si saranno fatte lessare le castagne nel latte e fatto fondere a bagnomaria il cioccolato.
Preparare in un pentolino lo zucchero caramellato unendo ad esso la panna. Versare il composto in
una bacinella insieme alle castagne e amalgamare il tutto, unendo un uovo sbattuto e il burro reso
cremoso, il cioccolato fuso. Foderare una tortiera con la pasta sfoglia e versarvi dentro il ripieno di
castagne. Chiudere la torta con uno strato di pasta che verrà spennellata con uovo sbattuto. Mettere in
forno a 180° per 45 minuti circa.
Crostata di lamponi
Ingredienti: (Per la pasta sfoglia) 200 g di farina; 30 g di zucchero; scorza di limone grattugiata; 100 g di burro; due tuorli
d’uovo.
(Per la farcitura) 300 g di ricotta; 200 di formaggio tipo robiola fresca; 100 g di zucchero; tre cucchiai di farina; una bustina
di vanillina; quattro uova; quattro cucchiai di panna.
(Per la copertura) 600 g di lamponi; un cucchiaio di fecola; un cucchiaio di succo di limone; tre cucchiai di zucchero.

Preparate la pasta sfoglia e con essa foderate la tortiera, quindi preparate la farcitura, lavorando il
formaggio con lo zucchero, e unendo, subito dopo, la farina, la vanillina, la scorza di limone, le uova,
e, per ultima, la panna. Versate il composto nello stampo foderato di pasta e infornate per dieci
minuti a 250°, quindi portate la temperatura del forno a 150° e proseguite la cottura per un'ora.
Sfornate il dolce e fatelo raffreddare.
Pulite i lamponi e frullateli; stemperate la fecola nel succo di limone, unitela ai lamponi e aggiungete
lo zucchero. Fate cuocere il composto a fuoco basso, senza lasciarlo bollire, finché risulta una crema
abbastanza densa. A questo punto spegnete e fate raffreddare.
Ricoprite il dolce con la salsa, decoratelo con alcuni lamponi interi e mettetelo in frigo per alcune
ore.
Dolce di pane e noci
Ingredienti: 300 g di mollica di pane; 200 g di gherigli di noci tritati finemente; mezzo litro di latte; 100 g di burro; quattro
uova; 200 g di zucchero; un cucchiaio d’olio d’oliva; un cucchiaio di pan grattato.

Immergere la mollica di pane nel latte per almeno un’oretta. Lavorare il burro fino a renderlo
cremoso, strizzare bene la mollica di pane e unirla al burro. Aggiungere i tuorli d’uovo sbattuti, lo
zucchero, le noci tritate e, infine, gli albumi montati a neve. Mettere il composto in una tortiera unta
d’olio e spolverata di pan grattato e far cuocere in forno a 180° per un’ora circa.
Frittelle di farina di castagne e frutta secca
Ingredienti: 400 g di farina di castagne; 30 g di gherigli di noci; 30 g di pinoli; 30 g di nocciole senza guscio; 50 g di uva
passa; olio per friggere; zucchero a piacere.

Fare rinvenire l’uva passa in acqua tiepida e tritare non troppo finemente la frutta secca tutta insieme.
Versare dell’acqua sulla farina di castagne fino ad ottenere un impasto abbastanza morbido.
Aggiungere ad esso l’uva passa e la frutta secca e un po’ di zucchero (poco). Friggere nell’olio
bollente versando a cucchiaiate l’impasto. Asciugare le frittelle nella carta da fritto e aggiungere a
pioggia abbondante zucchero.
Macedonia di frutti di bosco
Ingredienti: 100 g di fragoline di bosco; 100 g di mirtilli; 100 g di lamponi; il succo di un limone; un cucchiaio di panna
liquida; due bicchieri di spumante o champagne; 50 g di zucchero.

Versare la frutta ben lavata in una zuppiera, aggiungere il succo di limone, lo zucchero, la panna e
mescolare. Versare lo spumante e servire in coppette da frutta.
Montebianco
Ingre die nti: 800 g di castagne; due etti di amaretti; 100 g di cioccolato in polvere; 100 g di burro; 20 g di zucchero
vanigliato; due cucchiai di panna montata; un bicchiere di rum da pasticceria; una manciata di canditi.

Lessare le castagne e quando cominciano a sfaldarsi toglierle dal fuoco e passarle in modo da avere
una purea. Aggiungete lo zucchero vanigliato, il cioccolato, gli amaretti sbriciolati, il burro e il rum.
Amalgamare bene il composto e passarlo nuovamente col passaverdure; quindi disporlo in un piatto
dandogli la forma di conica di un monte. Versatevi sopra la panna montata e i pezzetti di frutta
candida e servite.
Pignolata
Ingredienti: 100 g di pinoli; 50 g di farina; 80 g di zucchero; otto ostie per dolci; l’albume di sei uova; un bicchierino di
acqua di fiori di arancio.

Montate a neve l’albume delle uova e unite ad esso la farina, lo zucchero, l’acqua d’arancio, i pinoli.
Ponete a campana il composto ottenuto su ciascuna ostia e infornare a 200° per una ventina di minuti.
Strudel di frutta secca
Ingredienti (Per la pasta sfoglia): mezzo chilo di farina bianca; due cucchiai d’olio d’oliva; 30 g di burro; (per il ripieno): una
dozzina di gherigli di noce; 100 g di nocciole; mezza dozzina di fichi secchi; 50 g di uvetta; 50 g di pinoli; la scorza di un
limone; 100 g di biscotti secchi friabili; due mele; due cucchiai di miele; zucchero; un pizzico di cannella in polvere.

Preparare la pasta sfoglia e ungerla di olio, quindi metterla a riposare in frigo avvolta in un panno
per almeno un’ora. Sbucciare le mele e tagliarle a pezzetti; tritare con la mezza luna la frutta secca
non troppo finemente insieme ai fichi secchi, ma non tritare i pinoli che devono restare interi.
Aggiungere i biscotti sbriciolati, la scorza di limone grattugiata, il miele, l’uvetta passa fatta
rinvenire in acqua tiepida, una spolverata di zucchero e un pizzico di cannella. Mescolare con cura il
tutto in una terrina e stendere la pasta sfoglia sulla spianata lavorandola con farina e mattarello fino a
renderla molto fine. Versare il ripieno lungo un suo bordo e avvolgere il resto della pasta a cilindro
sul ripieno fino a fare una specie di salsicciotto. Chiudere pressando e rivoltando i lati estremi dello
strudel, spennellarlo con il burro e metterlo nel forno a 180° per una mezz’ora, continuando a
umettare la superficie con burro durante la cottura.
Torta di castagne
Ingredienti: 800 g di castagne; 100 g di mandorle tritate finemente; 250 g di zucchero; quattro uova; la scorza grattugiata
di un limone; 10 g di zucchero a velo.

Lessate le castagne sbucciate per una mezz’ora e quando sono cotte liberarle della pellicina.
Passatele quindi col passaverdure e lasciate la purea raffreddarsi in una terrina.
Sbattete i tuorli con lo zucchero e, a parte, montate a neve gli albumi. Unite ai tuorli il burro, la
scorza di limone, le mandorle tritate e il passato di castagne. Amalgamate bene. Aggiungete, infine,
all’impasto gli albumi montati a neve.
Imburrate e infarinate una tortiera, versatevi il composto e infornate a 180° per circa tre quarti d’ora.
Togliete dal forno, lasciate raffreddare, e versate sulla torta lo zucchero a velo.
Torta di mandorle
Era una ricetta antichissima della civiltà rurale lombarda, oggi ammodernata e arricchita, anche
per la commercializzazione del prodotto, una volta ottenuta una delle tante e inutili certificazioni
burocratiche.

La ricetta originale prevede solo mandorle spellate tritate finemente, zucchero, uova, fecola di patate.
Si uniscono 100 g. di zucchero e quattro tuorli di uovo, sbattendo con vigore fino ad ottenere un
impasto molto soffice. A parte si monta a neve gli albumi quindi si uniscono le mandorle tritate, 100
g. di fecola di patate e gli albumi ai tuorli e allo zucchero. Si impasta il tutto con energia, si mette in
una teglia imburrata e si inforna per una trentina di minuti.
Torta di noci
Ingredienti: 180 g di farina; 150 g di burro; 150 g di zucchero; mezzo bicchiere di Marsala secco; 100 g di gherigli di noce
tritati; 10 gherigli di noce interi; 50 g di miele; 4 uova; una bustina di lievito da pasticceria; 100 g di burro; 60 g di
cioccolata da fondere.

In una terrina lavorate il burro, lo zucchero e il miele fino ad ottenere un impasto omogeneo; a questo
punto unite, una alla volta, le uova, la farina setacciata con il lievito e 50 g di gherigli di noce tritati e
mescolate il tutto con cura. Portate il forno a 180° e versate in una tortiera imburrata e spolverata di
farina il composto. Fate cuocere per una mezz’ora, quindi estraete dal forno e fate raffreddare.
Sciogliete la cioccolata a bagnomaria, aggiungetevi mezzo bicchiere di marsala un poco di burro, il
resto delle noci tritate e versate il tutto spalmandolo sulla superficie della torta e sui lati. Guarnite la
superficie con i gherigli interi. Passate di nuovo la torta in forno per 10 minuti e lasciate raffreddare
in un luogo fresco.
Torta di noci montanara
Ingredienti: dieci cucchiai di noci tritate; cinque uova; otto cucchiai di zucchero al velo; due cucchiai di pan grattato; un
cucchiaio di farina; una scorza di limone; mezza bustina di lievito in polvere.

Lavorare i tuorli con lo zucchero fino a sbiancarli; unire incorporando bene, le noci tritate, la scorza
di limone grattugiata, il pan grattato, la farina setacciata con il lievito e infine gli albumi montati a
neve. Versare il composto in una tortiera imburrata e spolverata di pan grattato. Far cuocere per
un’ora a 180°.
Torrone di nocciole
Ingredienti: 200 g di miele; 300 g di zucchero; 20 g di glucosio; un albume d’uovo; un pizzico di vanillina; 400 g di nocciole
tostate.

Fate bollire il miele. Cuocete lo zucchero e il glucosio in un terzo di litro d’acqua fino a quando
inizia a imbiondire. Montate l'albume in una capace pentola versando a filo il miele bollente. Sempre
continuando a montare con la frusta, aggiungete lo zucchero cotto e la vanillina e continuate a montare
finché il composto non diventerà bianco. Aggiungete le nocciole e amalgamate perfettamente.
Rivestite uno stampo lungo e stretto con un foglio di alluminio e versatevi il composto, poi lasciatelo
raffreddare e rassodare per una notte a temperatura ambiente. Il giorno dopo il torrone è pronto.
Torta di ribes
Ingredienti: 750 g di ribes; 300 g di zucchero; 1/4 di litro di acqua; 250 g di pane raffermo; 75 g di burro; tre uova; 1/4 di
litro di latte; un pizzico di cannella in polvere; 30 g di mandorle macinate.

Unire il ribes a 250 grammi di zucchero e versarlo in acqua bollente. Lasciar cuocere per 10 minuti,
mescolando in continuazione, fino ad ottenere un composto di una certa densità. Lasciar raffreddare.
Sbriciolare il pane e tostare le briciole in 50 gr. di burro fuso. Frullare le uova con il rimanente
zucchero, diluire con il latte e aromatizzarle con la cannella. Imburrare una pirofila e disporvi le
mandorle macinate, le briciole di pane tostate e la composta di ribes. Coprire il tutto con il le uova
sbattute nel latte e mettere in forno a 180° lasciando cuocere per 40 minuti. Servire il dolce ancora
caldo.
Confetture
Marmellata di castagne
Ingredienti: un chilo di castagne fresche e grosse; una bustina di vaniglia; un bicchierino di liquore dolce; 600 g di
zucchero; acqua.

Lessare le castagne sbucciate e, quando sono cotte, liberarle della loro pellicina. Passatele quindi al
setaccio e preparate uno sciroppo di zucchero e acqua (mezzo litro circa) con tanto zucchero quanto è
il peso del passato di castagne (circa 600 g), unendo ad esso la bustina di vaniglia. Versare nella
casseruola il passato di castagne, far cuocere una ventina di minuti e aggiungere in chiusura un
bicchierino di liquore. Lasciare raffreddare e quindi versare la marmellata nei vasetti appositi.
Marmellata di more (e di frutti di bosco in genere)
Vanno bene mirtilli, more, lamponi, fragoline. Il procedimento per la confettura è identico
qualunque frutto usiate.
Ingredienti: un chilo di more mature; 500 g di zucchero; il succo di un limone; acqua.

Lavate con cura la frutta e mettetela in una casseruola, con un poca acqua (un paio di bicchieri) e il
succo di limone. Fate cuocere per circa dieci minuti, fino a che la frutta comincia a sfaldarsi in purea.
Preparare in un’altra pentola lo sciroppo, facendo bollire in acqua lo zucchero per qualche minuto
fino ad ottenere un liquido uniforme abbastanza denso. Aggiungere ad esso la purea di more e fare
cuocere a fuoco molto basso, mescolando con attenzione perché lo zucchero non si attacchi al fondo.
Quando il composto ha evaporato l’acqua in eccesso e ha assunto un aspetto gelatinoso, togliere dal
fuoco e fare raffreddare, quindi versarlo negli appositi vasetti, che, una volta chiusi andranno messi a
cuocere a bagnomaria per un’altra mezz’ora. Toglierli infine da fuoco e conservarli in un luogo
fresco.
Gelatina di mirtilli (rossi o neri)
Come per le marmellate, il procedimento è lo stesso per ogni tipo di frutto di bosco.
Ingredienti: un chilo di mirtilli; 300 g di zucchero; acqua.

Si mettono i mirtilli in una casseruola con acqua a sufficienza per coprirli a filo. Si lascia cuocere
fino a che si sfaldano e si ritirano da fuco, lasciandoli raffreddare in una terrina. Quando sono tiepidi
si mettono in un panno di lino e si strizzano e si fa colare il succo in una pentola. Si aggiunge lo
zucchero che deve essere la meta circa del peso del succo e si cuociono fino a che il liquido si
addensa. Si mette la gelatina negli appositi vasetti, si chiudono ermeticamente e si conservano in un
luogo fresco.
Latte di mandorle
Ingredienti: 250 g di mandorle; un litro di latte; 40 g di zucchero; un scorza di limone.

Sgusciare e pelare della loro pellicina le mandorle. Pestarle in un mortaio fino a renderle poltiglia,
aggiungere lo zucchero e mescolare. Portare a ebollizione il latte con dentro una scorza di limone.
Aggiungere le mandorle pestate e mescolare facendo sobollire per cinque minuti. Fare raffreddare,
filtrare il liquido e metterlo a raffreddare in frigo.
Liquori e infusi
I liquori di erbe e di frutti di bosco (detti anche elisir) sono assai semplici da preparare ma anche
assi nocivi alla salute perché non sono distillati, bensì infusi di alcol, acqua e zucchero. Dunque
se è divertente prepararli, è anche saggio consumarli con estrema parsimonia. Il metodo di
preparazione è sostanzialmente identico per tutte le infinite variabili di piante e frutti che
possono essere messi a macerare, cambiando solo di poco le dosi di zucchero e acqua. Citiamo
pertanto solo quelli che sono stati secolarmente i più diffusi nel mondo rurale.
Liquore di Camomilla
Ingredienti: 150 g di fiori di camomilla, mezzo litro di alcol a 95°, mezzo litro di acqua, 300 g di zucchero.

Macerare i fiori di camomilla nell’alcol per 30 giorni, in un recipiente ben chiuso e rovesciandolo di
tanto in tanto.
Sciogliere lo zucchero in un pentola d’acqua bollente e rovesciarlo nell’infuso di alcol. Far riposare
4/5 giorni, quindi filtrare con una pezza di lino e imbottigliare il liquido.
Liqu ore alle cento erbe
Ingredienti (5 g per ciascun ingrediente erbaceo): alloro, menta, limone, basilico, camomilla, rosmarino, salvia, quattro
bacche di ginepro, tre chiodi di garofano, 10 g di fiori di malva, 10 g di radice di liquirizia tritata, 2 g di semi di anice, 2 g di
cannella, 2 g di fiori di timo serpillo, due bacche di pino.

Pestare accuratamente in un mortaio le erbe, quindi mettere la poltiglia a macerare in 2 litri di alcol
per circa 20 giorni. Il recipiente deve essere voltato ogni due giorni. Preparare lo sciroppo di acqua
e zucchero (un litro e 500 g di zucchero) e versarlo nell’infuso. Filtrare e lasciare riposare ancora
altri 20 giorni.
Liquore di noci (nocino)
Ingredienti: 50 noci raccolte nel mese di giugno, quando non è ancora formato il guscio; un litro di alcol a 95°; un litro
d'acqua; un chilo di zucchero.

Tagliare a pezzi le noci ancora verdi e metterle a macerare nell’alcol in un ambiente totalmente buio.
Aggiungere quindi, lo sciroppo d'acqua e zucchero, lasciare riposare per ancora tre o quattro giorni,
quindi filtrare.

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