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Trtolo originale Le dimanche de Bouvines. 2 7 juil!et 1214
© 1973 Éditions Gallimard, Paris;
www.einaudi.it
ISBN 978-88-06·18332-5
Georges Duby
La domenica di Bouvines
27 luglio 1214
La domenica di Bouvines
221 Cronologia
229 Bibliografia essenziale
235 Indice dei nomi
Elenco delle illustrazioni
7. Guerriero che riceve l'orifiamm a dalle mani di san Dionigi, vetrata della catte
drale di Chartres, particolare.
(Foto Giraudonl The Bridgeman Art Library l Archivi Alinari).
8. Scene di amore e di guerra, cassone per matrimonio, inizio del XIII secolo.
V annes, Tesoro della cattedrale.
1 Trad. i t. Una società francese nel Medioevo: lo. regione di Mticon nei secoli XI e xu, il Muli
no, Bologna rg85 [N.d.T.].
2 Trad. it. Storia dello. civiltà francese, Mondadori, Milano I974 [N.d.T.].
xn Pierre Nora
3 Trad. it. L'arma mille:staria religiosa e psicologia collettiva, Einaudi, Torino 1976 [N.d.T.].
4 In particolare in La storia continua, A. Mondadori, Milano 1992, pp. 97-98.
L'altra battaglia di Bouvines xm
5 Tre volumi diretti da me e Jac ques Le Goff per fare il punto della disciplina in cambia
mento.
XIV Pierre Nora
Ecco la posta in gioco. Bouvines, di per sé, non aveva piu la mi
nima importanza, era un'immaginetta stereotipata e sempre piu
sbiadita nei manuali scolastici. Ma c'era un'altra battaglia da
vincere a Bouvines. Duby ha saputo fare di quel non-avveni
mento un libro-avvenimento.
• C. Geertz, Deep play: notes on the balinese cockfight in The interpretation of eu/tures,
Selected Essays, Basic Books, New York 1973; trad. it Interpretazione di culture, il Mulino,
Bologna 2oo6.
7 Trad. it. Le origini dell'economia europea: guerrieri e contadini nel Medioevo, Laterza,
Bari 1983 [N.d.T.].
L'altra battaglia di Bouvines XVII
8 Trad. i t. Lo :;pecchi o del /eudnlesimo. Sacerdoti, guerrieri e wvoratori, Laterza, Bari 1998
[N.d.T].
9 Augustin Thierry, abbozzo per un progetto della Histoire de France citato da Louis Hal
phen, L' Histoire en France depuis cent am, A. Colin, Parigi 1914, p. 52.
xvm Pierre Nora
10
Henri Martin, Histoi:n? de France, t. IV, Furne, Parigi r 844, pp. 78-87.
L'altra battaglia di Bouvines XIX
nitivo che però, come ben spiega Duby, porta a un risultato il
lusorio e praticamente inutile. Illusorio perché neppure la rico
struzione piu esatta potrà mai far rivivere nel suo insieme quel
«parapiglia», quel «turbinio di mille azioni concatenate». Inu
tile, o quasi, perché per uno storico inserire dall'esterno l'av
venimento in una storia continua della formazione nazionale e
in un momento cosi particolare della situazione della nazione,
significa cadere inconsapevolmente vittima del piu grave tra
bocchetto in cui si possa cadere: l'anacronismo.
Il solo modo per entrare nello sp irito dell'epoca e per far
parlare l'avvenimento stesso dall'interno è quindi, da un lato,
ricostruire l'ambiente culturale in cui sono nate quelle testi
monianze, «portatrici di parole vere», distillandone al con
tempo un'etnologia della guerra. Soltanto da questa operazio
ne può riemergere l'immagine del fatto vissuto. E il successo
dell'operazione poggia per intero su un talento schiettamente
letterario.
Ancora una volta Duby recupera l'istanza artistica, la preci
sione dell'eloquio, la ricerca stilistica che erano gli obiettivi dei
grandi romantici. Non per eleganza decorativa, ma come con
dizione primaria e indispensabile di riuscita. Sul piano scienti
fico Duby non ha piu nulla da dimostrare; da tre anni è al Col
lège de France, all'apice della sua carriera universitaria. Può
sbocciare, abbandonarsi a un certo lirismo naturale, gutturale
e teso. Per la prima volta gli è stata offerta l'occasione di libe
rarsi, di emanciparsi. «Mi rivedo a ogni tappa di questo lavoro
in un costante entusiasmo. Mi sembra di avere scritto questo
libro con maggior piacere di qualsiasi altro, e credo che si sen
ta»11. Si, che si sente.
Scrivendo queste righe mi coglie un dubbio. Ho riletto con
attenzione il capitolo di Achille Luchaire e mi sono accorto che
Duby non ne cita neppure il nome, accontentandosi di rinvia
re «alle pagine r66-2o2 del tomo III della grande Histoire de
France diretta da Lavisse». Questa quarantina di pagine è sem-
11
G. Duby, La storia continua cit., p. r ro.
xx Pierre Nora
tizie ci sono i primi echi della battaglia, la loro area e il loro rit
mo di diffusione; poi ci sono le deformazioni del ricordo, la co
struzione del mito e i suoi successivi ritocchi, fino alla fine del
xm secolo, quando l'episodio diventa il tema principale del pa
negirico di Filippo Augusto. C'è infine e soprattutto, il recu
pero del ricordo dall'oblio nel corso dei secoli con tre momen
ti salienti: nel xvn secolo, quando la monarchia, diventata as
soluta, ha bisogno di una leggenda; sotto la monarchia di Luglio
quando, volendo Luigi XVIII esaltare l'unione della monarchia
e della nazione, Bouvines si trasforma in mito popolare; con la
III Repubblica e nel clima della Revanche, perché Bouvines ap
pariva, dopo la sconfitta, come una vittoria francese sulla Ger
marua.
Tutta l'abilità di Duby è stata quella di fondere i due ele
menti dell'operazione, che sapeva ben distinti, nell'unità di un
modo di procedere unico. Era naturale che alla storia di ciò che
aveva reso la battaglia possibile si sovrapponesse la storia di ciò
che l'aveva resa memorabile. La sutura è perfettamente invisi
bile. Ma le due fasi della dimostrazione derivano dallo stesso ti
po di storia? La prima appartiene alla storia antropologica, al
l' epoca nuova, e serviva a quella storia delle mentalità di cui
Duby è stato uno dei grandi teoriciu. L'altra deriva, aurorale e
timida, da una storia della memoria. Duby vi si avventura con
prudenza- «si tratterebbe da parte mia solo di un abbozzo, an
zi di una proposta di ricerca>> . Ma il risultato c'è: la combina
zione spontanea dei due tipi di approccio su un avvenimento
fondamentale della tradizione nazionale ha fatto della Dome
nica di Bouvines l'anticipo del «luogo della memoria»-. In ogni
caso io l'ho letto cosi ed è cosi che, in parte, mi ha ispirato.
Certo all'epoca non si era ancora a quel punto. Nondimeno
La domenica di Bouvines, con il suo nuovo metodo di scrivere
la storia, rappresenta la piu straordinaria evidenza del nuovo
rapporto con il passato che andava allora formandosi: il pas-
u Histoire des mentalités, in Charles Samaran (a cura di), L 'Histoire et ses méthodes, Gal
limard, Enciclopedia della Pléiade, Parigi r96r, pp. 937-65.
XXII Pierre Nora
1
1 Trad. it. StorùJ di un paese:Montaillou :un villaggio occitano durante l'inquisizione, I 294·
esistito san Luigi?», visto che, spiega l'aurore, il personaggio non è altro che il modello stori
co al quale il re santo avrebbe voluto adeguarsi (Einaudi, Torino 1999).
L'altra battaglia di Bouvines XXIII
15 Jacques Le Goff aveva presentato un primo quadro generale ne La civiltà dell' Occiden
te medievale, Einaudi, Torino 1983.
16
Si veda Georges Duby, L' historien devant le cinéma, e Serge July, Le cinéma en quete
d'histoire, le scénario de Bouvines, in «Le Débat», n. 30, maggio 1984. Il progetto era nato nel
1982, per iniziativa dei produttori Evelyne Haas e François Ruggieri. Georges Duby ha col
laborato a tutte le fasi della progettazione, la realizzazione avrebbe dovuto essere affidata a
Mikl6s Jancs6. Il piano finanziario fu rimesso in discussione nell'autunno del 1983.
XXIV Pierre Nora
PIERRE NORA
GEORGES DUBY
LA DOMENICA DI BOUVINES
n 27luglio dell'anno I2I4 cadeva di domenica. La domenim
è il giorno del Signore e gliela si deve·tutta intera. Ho conosciuto
dei contadini che un poco ancora tremavano quando il cattivo
tempo li obbligava a mietere di domenica: setltivano su di sé la
collera del cielo. I parrocchiani del xnr secolo la sentivano molto
piu minacciosa e il prete della loro chiesa non soltanto proibiva in
quel giorno il lavoro manuale, ma cercava altresi di convincerli a
purifi.carsi integralmente per tutta la durata della domenica, di te
nerli lontani in tal giorno da tre cose indegne: dal denaro, dal ses
so e dallo spargimento di sangue. Per questo motivo a quel tempo
di domenica nessuno maneggiava volentieri le monete, e per lo
stesso motivo i mariti evitavano, se erano religiosi, di avvicinarsi
troppo alle mogli, e gli uomini d'arme, di brandir la spada. Orbe
ne, la domenica 27luglio 1214, migliaia di guerrieri trasgredire�
no il divieto. Si batterono, e furiosamente, presso il ponte di Bou
vines, in Fiandra. Li guidavano dei re, quello di Germania e quel
lo di Francia. Incaricati da Dio di mantenere l'ordine del mondo,
consacrati dai vescovi, mezzo sacerdoti essi stessi, piu di chiun
que altro avrebbero dovuto rispettare le prescrizioni della Chie
sa. Osarono nondimeno affrontarsi in quel giorno, chiamare alle
armi i loro compagni, ingaggiare un combattimento, e non una
semplice scaramuccia, ma una vera battaglia. Era; inoltre, la pri
ma battaglia che un re di Francia osava ingaggiare da piu di un se
colo. Irriine, la vittoria che Dio concesse a coloro che amava fu
strepitosa, piu di ogni altra di cui ci si ricordasse. Un trionfo de
gno di Cesare o dell'imperatore Carlo delle canzoni. Per tutti que
sti motivi i campi mietuti a metà di Bouvines furono quel giorno
4 La domenica di Bouvincs
delle altre tracce, quelle del secondo genere, quelle che noi chia
miamo documenti.
Anch'esse presenti e attuali, ma di una attualità, di una presen
za materiale, e per conseguenza tangibili, delimitabili, misurabili.
Tuttavia morte: sono le stratifìcazioni del ricordo. Esse costitui
scono la base, solida ancora sebbene qua e là assai corrosa, piena
di crepe, di sfaldature, di frane, sulle quali poggiano le altre trac
ce, quelle che vivono nelle memorie. Un repertorio, una miniera,
un vivaio. Una riserva di materiali il cui numero è definito e non
ha piu ormai alcuna probabilità di aumentare. In realtà il lavoro
degli eruditi è terminato. Pazientemente, essi hanno a poco a po
co reperito tutte queste vestigia; le hanno raccolte, spolverate,
imbalsamate, catalogate, etichettate, ordinate, affinché, rendendo
imperitura testimonianza, fossero come il cenotafio dell'evento.
Sono tutte consùnte, rinsecchite, sdrucite, logore. Alcune sono
poco leggibili, su altre si vede ancora l'impronta originale, molte
altre non mostrano che i segni di una traccia ormai scomparsa. Per
esempio: nell'anno 1 2 1 4 si costrui, nella cinta della città di Ar
ras, la porta di San Nicola. Per almeno quattro secoli, la gente che
varcava questa porta poteva decifrarvi due iscrizioni. L'una, volta
verso l'esterno, ricordava semplicemente, in latino, la data della
costruzione e il nome del «maestro d'opera». L'altra era in lingua
francese, destinata quindi alla maggioranza. Essa dava il testo di
un poema: quarantadue versi, rimati nel 1 2 5 0 , evocavano in quel
luogo la memoria di un principe Luigi, il quale, al tempo in cui era
stata costruitaJa porta, era signore di Arras e dell'Artois, e quella
di suo padre, Filippo, il re buono. Quest'ultimo, si precisava, ave
va avuto contrasti con le genti di fronte, i Fiamminghi, ma Dio lo
aveva onorato ed egli era riuscito in meno di un giorno a cacciare
dal campo Ottone, il falso imperatore, e a catturare cinque conti.
In quel giorno erano stati presi o uccisi piu di trecento cavalieri.
E questo era accaduto trentasei anni prima, tra Bouvines e Tour
nai, una domenica di luglio, cinque giorni prima dell'inizio di
agosto. Questa pubblica proclamazione aggiungeva inoltre- ma
qui il ricordo si faceva piu vago e la cronologia confusa - che
un altro re di Francia, a poca distanza, aveva già vinto un altro
6 La domenica di Bouvines
quello che oggi regola il nostro rapporto con il mondo. Tale pro
posito obbliga a tre procedimenti concomitanti. Dato che i segni
dell'avvenimento non potrebbero costituire l'oggetto di una giu
sta interpretazione senza essere innanzitutto ricollocati nel siste
ma di cultura che a suo tempo ne ricevette l'impronta, occorre in
primo luogo riferirsi a tutto ciò che di tale cultura si sa per altre
vie, al fine di esaminare criticamente le testimonianze da allora in
poi pervenuteci. Ma inoltre, poiché l'avvenimento è in se stesso
straordinario, le tracce eccezionalmente profonde che ne restano
rivelano ciò di cui, nella vita comune, non si parla o si parla trop
po poco; esse radunano, in un punto preciso del tempo e dello
spazio, un fascio di informazioni sul modo di pensare e di agire, e
piu precisamente, poiché si tratta di un combattimento, sulla fun
zione dei militari e su coloro che nella società dell'epoca erano in
caricati di svolgerla. Bouvines è un luogo di osservazione straor
dinariamente favorevole per chi tenti di abbozzare una sociologia
della guerra alla soglia del XIII secolo nell'Europa nordoccidenta
le. Infine queste tracce informano anche in altro modo sull'am
biente culturale in cui l'evento si compi e poi sopravvisse al mo
mento saliente. Esse mostrano come la percezione del fatto vissu
to si propaghi in onde successive che, a poco a poco, nello spiegar
si dello spazio e del tempo, perdono ampiezza e si deformano.
Oserei quindi osservare altresi - ma in tal caso si tratterebbe da
parte mia solo di un abbozzo, anzi di una proposta di ricerca - l'a
zione che gli elementi immaginari e l'oblio esercitano su una noti
zia, l'insidiosa penetrazione del meraviglioso, del leggendario e,
in una lunga sequela di commemorazioni, il destino di un ricordo
in seno a un insieme in movimento di rappresentazioni mentali.
Come è d'uso nel teatro antico tutte le parti sono affidate a uo
mini . Ma, essendo lo spettacolo militare, tutti i personaggi sono
realmente maschili. Ci si aspetterebbe forse di scorgere qui, sia
pure nell'atmosfera sfumata dello sfondo, gruppi di quelle donne
di condizioni diverse che, come è noto, seguivano in quel tempo
tutte le armate, quelle dei crociati come le altre. Le donne sono
assenti. Per Guglielmo e per quanti lo ascoltano Bouvines è dav
vero un fatto serio·, una battaglia, una solennità, una cerimonia in
un certo senso sacra. La sua immagine, come quella delle solenni
liturgie, non potrebbe essere che virile : Guglielmo e tutti gli
scrittori che per primi fissarono il ricordo dell'avvenimento sono
gente di chiesa. Per loro la donna non è altro che un ornamento
futile e mondano, un elemento secondario di un gioco, dei diver
timenti che piacciono ai giovani; o, meglio, essa è una lusinga pe
ricolosa, una illsidia tesa dal demonio, stiumento di tentazione,
occasione di peccato. Nessuna figura femminile, di conseguenza,
sta dalla parte del bene, quella della vittoria, quella del re di Fran·
in Terra Santa, come già aveva fatto suo padre, sperando di libe
rare il Santo Sepolcro, appena ticonquistato dagli infedeli. Non
ha potuto prendere Gerusalemme, ma ha assolto coraggiosamente
il suo voto durante l'assedio di San Giovanni d'Acri, perdendovi
la salute. L'autunno successivo ha lasciato l'esercito crociato, è
tornato in patria attraverso I 'I tali a, passando da Roma, Siena, Mi
lano, ha valicato le Alpi prima delle grandi nevicate, mezzo cieco,
piu rabbioso, piu ansioso di quando era partito. Aveva allora ven
ticinque anni . Lentamente ha dominatq la propria nevrosi. Al
tempo di BouVines i suoi ammiratori e adulatori parlano di lui co
me di un « bell'uomo, dalla figura prestante, dal volto ridente, cal
vo, rubicondo, cui piace bere e m angiar bene ». Questo buontem
pone è considerato « previdente, ostinato . . . pronto nei giudizi e
disinvolto » ; i servi di una ideologia della regalità che wol mostra
re nel sovrano il vero amico del popolo lo presentano come uno
che « si compiace di consultare gli umili », cioè che di:ffìda dei gran
di e cerca fuori dell'alta aristocrazia appoggi piu saldi. Si è sposato
tre volte. Una morbosa avversione lo ha allontanato, la sera stessa
delle nozze, dalla sua seconda moglie Ingeborg di Danimarca. Si è
presto preso un'altra donna, malgrado la Chiesa. A questa unione
adulterina si prestarono docilmente i vescovi, ma il papa la con
dannò e colpi con gravi sanzioni il re, che non cedette. Nel r 2 I 4
quella che a Roma era considerata la sua concubina è morta ormai
da tredici anni . Da qualche mese soltanto Ingeborg è uscita dal
monastero in cui sino ad allora l'aveva tenuta il marito e vive a
corte, da regina. Sul salterio che usa per le preghiere ha notato che
il 2 7 luglio 1 2 1 4 «Vinse Filippo, il re di Francia, in battaglia, il re
Ottone, il conte di Fiandra e il conte di Boulogne e molti altri ba
roni.» . Soltanto altre due date sorio scritte sul margine di quel li
bra stupendo, in ricordo di speciale suffragio, o di ringraziamento,
ed è questo il segno piu significativo della risonanza che ebbe l' av
venimento .
Dopo Ugo Capeto tutti i re di Francia hanno potuto, ancora in
vita, associare al potere un figlio che poi raccolse la successione
senza difficoltà. Anche a Filippo, sesto di questa discendenza ma
schile, la :figliolanza non manca : senza tener conto di un bastardo
La messa in scena 27
rifì amma , sacro oggetto tenuto davanti a lui per significare la pre
senza al suo fianco di san Dionigi, protettore del regno, costitui
scono sullo scacchiere di Bouvines il centro eccezionale del cam
po dei bianchi. Questo campo, è riunito saldamente in un sol
corpo da una vasta rete di relazioni ordinate gerarchicamente. Piu
stretti intorno al re di Francia, e come torri della sua difesa, si tro
vano gli uomini del suo lignaggio. Non certo il figlio primogenito,
che in quel momento conduce in nome suo la guerra nel Sud, né il
cadetto, troppo giovane. Ma i due cugini germani , l'uno poco piu
anziano di lui, l'altro di poco piu giovane : ROBERTO, conte di
Dreux, PIETRO di Courtenay, conte d'Auxerre, che piu tardi cin
gerà il diadema imperiale di Costantinopoli . Anche un altro cape
tingio è presente : EUDE S , duca dei Borgognoni, signore di uno
dei cinque grandi principati regionali il cui nome tramanda anco
ra, in seno al regno, il ricordo delle comunità etniche del lontanis
simo Medioevo . Anche lui ha la stessa età del re.
Nella gerarchia delle dignità vengono poi i conti : RODOLFO,
conte di Soissons, cognato di Roberto di Dreux; GIOVANN I, conte
di Beaumont; GUALTIERO di Chatillon , conte di Saint-Poi, nipote
del conte di Dreux e cugino di Filippo Augusto; il conte di Gui
nes, ARNOLFO, dianzi ancora nemico del re di Francia, che l'anno
precedente ne aveva devastato le terre, ma che ora ha cambiato
bandiera e questa volta sono stati i Fiamminghi in quella medesi
ma stagione a saccheggiargli e bruciargli le proprietà. Possiamo
collocare qui, quantunque non portino titolo comitale, MATTEO
di Montmorency, la cui moglie, :figlia del conte di Soissons, è ni
pote di Roberto di Dreux; un suo parente, il visconte di MELUN;
GIOVANNI di Nesle, nipote del conte di Soissons, cognato del conte
cito regio, a Bouvines, è per prima cosa quello della vecchia Fran
cia: in pratica è l' armata &anca.
farsi obbedire perché offre di piu e può pagare dei soldati . L'oriz
zonte di quest'uomo è cosi molto meno limitato di un tempo. Il
suo comportamento non differisce da quello dei signorotti della
sua banda. La brama di potenza e l 'invidia ne dettano quasi tutte
le decisioni. Ma i suoi avversari, signori di principati come il suo,
sono dello stesso stampo. Cosi, senza cambiare andamento, la
guerra assume un'altra dimens ione.
Al tempo in cui siamo, al vertice delle preoccupazioni di questi
principi stanno cinque questioni importanti . Tre concernono l'in
tera cristianità. Di accentuata tinta religiosa, sono volti alla pe
riferia. Il problema della Terra Santa è da lungo tempo il piu pre
sente agli spiriti, perché rimane aperto e s'inasprisce. Né la cro
ciata del 1 1 90 , né la Quarta, quella del 1 2 04, che deviò negli
straordinari saccheggi di Costantinopoli, sono riuscite a sottrarre
Gerusalemme agli infedeli . Il papa intende risolvere prima di tut
to tale faccenda, non pensa ad altro . Pertanto lo si vede intento
:fino alla spossatezza a placare ogni discordia in seno al popolo di
Dio : è necessario che i cavalieri smettano di lottare tra di loro,
di divertirsi a distruggersi, perché si possa correre tutti insieme
ad attaccare i miscredenti e vincerli. Un altro problema connesso
a questo: contenere in I spagna la pressione dei Mori, è stato ades
so risolto con una battaglia : Las Navas di Tolosa. E pure con
un'altra battaglia, a Muret , è stata risolta la terza questione della
cristianità, quella dell'eresia, della « maledizione » albigese, infe
zione interna che minacciava la fede . Rimangono due altri con
Bitti, in cui la religione interviene solo in superficie, come arma,
come pretesto o come giustificazione. Tali conilitti impegnano le
quattro principali potenze dell'Europa cristiana: il papa, l'impe
ratore , il re di Francia e il re d'Inghilterra . Sono conflitti molto
antichi. Ingarbugliati l'uno con l 'altro sino a confondersi sono en
trati, negli anni che precedono Bouvines, e per effetto del progre
dire di ogni cosa, nella loro fase piu acuta.
La concentrazione dei poteri si è verificata all'unisono nei
principati e nella Chiesa. La Chiesa, alle soglie del XIII secolo , as
sume definitivamente la :figura di una monarchia, la piu solida di
tutte. Ma di una monarchia il cui capo, successore di san Pietro,
La messa in scena 4I
rio : egli incendia Lilla, poi Cassei e Douai, perde però la flotta e
la città di Tournai, mentre Ferrando e Rinaldo spingono i loro ca
valli sin nei dintorni di Arras . Nel febbraio del r 2 I 4 si ha notizia
che Giovanni è sbarcato a La Rochelle, con numerose truppe e
con le mani piene di denari : vuole riprendersi l'Angiò . Ma l'avvi
cinarsi di Filippo Augusto, che gli si è precipitato contro, basta a
farlo scappare nel Saintonge . Il re di Francia è troppo prudente
per inseguirlo. Alla fine di aprile lascia a Chinon il figlio Luigi con
la giovane cavalleria e parte verso il Nord per affrontare l'altro
pericolo. Chiama a raccolta i suoi in Piccardia, nel Ponthieu, nel
l'Artois : si andrà ancora una volta, questa estate, a saccheggiare
le campagne :fiamminghe. Ai primi di luglio Ottone lascia Aqui
sgrana . Il I 2 è a Nivelle. Il z I arriva dall'Inghilterra il denaro per
le paghe. Due giorni dopo Filippo cavalca da Péronne a Douai. La
sua armata si accampa il 2 5 a Bouvines e l'indomani entra a Tour
nai. Proprio quel mattino Ottone, il conte di Fiandra e il conte di
Boulogne si trovano a Mortagne, alla confluenza della Scarpe e
dell'Escaut, a tre leghe di distanza verso il Mezzogiorno. Il re di
Francia scopre allora dove stanno esattamente i suoi nemici. Riu
nisce il consiglio : i suoi cugini, il duca, i conti, i cavalieri della sua
guardia del corpo dicono a turno la propria opinione. Prevale
quella di non avventurarsi piu oltre, su un terreno difE.cile, men
tre si ha dietro di sé una compagnia cosi potente, ma di ritirarsi
all'alba dalla parte della Francia. Prudentemente l'armata passerà
il ponte di Bouvines. Si fermerà· verso Lilla, al riparo delle paludi,
per fiutare il vento.
._ Orchies
o
La giornata 47
di luna che cominciò al primo canto del gallo e durò fin dopo
l'alba del giorno seguente '].
1 Qui finisce il testo di Guglielmo il Bretone contenuto nel manoscritto latino 5925
della Bibliothèque Nationale di Parigi. Il seguito degli avvenimenti del regnci di Filip·
po Augusto fu aggiunto da un monaco di Saint-Denis.
Commento
La pace
Occorre situare verso la metà del XII secolo una svolta decisi
va nell'assidua azione dei re per riprendere in mano la guida del
la pace e della guerra, una sessantina d'anni prima di Bouvines ,
un po' prima della nascita di Filippo Augusto, sotto il regno di
Luigi VII. Di tale tendenza non fu responsabile il sovrano - an
che se l'infelice sposo di Eleonora d'Aquitania non meriti certo
il discredito di cui è tradizionalmente oggetto da parte degli sto
rici della Francia. Esso avviene in un momento particolarmente
favorevole, in cui si vede la prosperità del paese del re scaturire
da tutte le parti, quando si aprono l'uno dopo l'altro i grandi
cantieri delle cattedrali, quando risplendono le scuole di Parigi,
quando si sviluppano i traffici d'ogni genere e si espandono i vi
gneti dell'Ile-de-France. Prosperità di cui il Capetingio, padrone
dei pedaggi, beneficiario di cospicui prelevamenti sui raccolti,
approfittò piu di chiunque altro e che gli consenti di andare
88 Co=ento
metà del secolo xn, nel preciso momento in cui il re Luigi VII
tentò di instaurare la pace nel regno . La terrificante novità fu
l'improvvisa irruzione di questi mercenari in fitti stormi . Da al
lora pullularono ovunque questi « vagabondi e indisciplinati
che » secondo Orderico, « accorrevano come nibbi da paesi lon
tani, pensando solo a saccheggiare » . A tale precisa data, l'abbia
mo già notato, la guerra diventa diversa.
Il termine che appare per primo - fin dal I I 2 7, in Fiandra,
secondo il racconto di Galberto di Bruges - e che rimane il piu
comunemente usato per designare questi cottimisti delle batta
glie, è la parola cottereau_ Forse li chiamavano cosi perché li si
assimilava ai cottiers, miseri fittavoli , manodopera marginale
delle grandi proprietà; ma piu sicuramente perché la loro arma
non era la nobile spada, bensi il coltello . Piu tardi si sente pure
parlare di « soldati di ventura » , di « ribaldi » , di « violenti », ma
la caratteristica che il vocabolario cerca di mettere in evidenza
è la loro qualità di stranieri , di gente dall'incomprensibile lin
guaggio. Questi avventurieri vengono spesso chiamati Brabanti
ni - cosi nelle relazioni sulla battaglia di Bouvines - ma vengo
no pure detti Aragonesi, Navarresi, Baschi, Gallesi. In tal mo
do agli occhi della gente sembra che due parti del mondo vomi ·
re del secolo, si lancia a testa bassa nei tornei, ciò avviene anche
per rompere lo stato di ozio in cui lo tiene l'assenza di « deliri
bellicosi » , in un paese che il padre domina col suo forte pugno.
Senza dubbio avrebbe fatto meglio a partire per la crociata. Ma
quei simulacri di guerra che sono i tornei forse svolgevano an
cora un 'altra funzione : sunbolica questa volta. Non erano forse
una specie di danze rituali della pace ritrovata e della fine dei
vecchi rancori, alle quali venivano invitati, come a un rito , i gio
vani guerrieri ? Essi comunque si collocano in modo evidente al
limite dell'ordine stabilito, come uno sfogo gratuito dell'aggres
sività, come la sua necessaria proiezione Iudica .
Durante gli anni settanta e ottanta del secolo XII - proprio
nel periodo del Concilio laterano III e dell' avvento del re Fi�
lippo di Francia - si può meglio osservare questa forma partico
lare della sociabilità cavalleresca. Ciò grazie a due scritti, che te
stimoniano entrambi la rapida volgarizzazione di una letteratu
ra profana elogiativa, giacché furono allora composti in onore di
due signori di media importanza. Il primo è Arnolfo di Guines ,
signore di Ardres - il futuro combattente di Bouvines - cele
brato da un ecclesiastico familiare della casa del conte suo pa
dre; il secondo, Guglielmo il Maresciallo - che non fu a Bou
vines, e lo rimpianse - il cui panegirico, rimato in lingua volga
re, si fonda sui ricordi del suo scudiero. Grazie a tali testi ci si
rende conto che la Francia in questo tempo è davvero il paradi
so dei torneanti. Per i cronisti inglesi, i tornei sono combatti
menti « alla francese » , « alla gall ica » , e il signore del giovane
Guglielmo gli consigliò di lasciare al piu presto l'Inghilterra:
non era, diceva, un paese adatto per i valvassori e per coloro che
amano errare per il mondo ; i valorosi, cui piace « torneare » , bi
sogna che passino la Manica. Dove vediamo ormai il futuro Ma
resciallo? In Normandia, nell 'Angiò, nel Maine, nell'Ile-de
France, nello Hainaut; e i suoi compagni di gioco vengono tutti
dalla regione parigina e dal Valois, dalla Brie, dalla Champagne,
dalla Fiandra, dal Maine, dall'Angiò, dalla Turenna, dalla Nor
mandia, dalla Borgogna e dal Poitou, vale a dire da tutti i gran
di principati della Francia del Nord e soltanto da essi, tranne il
La guerra 1 07
Poitou. Tuttavia gli incontri non hanno luogo nel cuore di que
sti Stati, ma ai confini, nella Brie, al guado di Luzy, in Borgo
gna, fra Montbard e Rougemont, in quel di Soissons, nella re
gione di Chartres, nei dintorni di Dreux, a Gournai; a Lagny, a
Joigny, 'sempre fuori dalle città importanti e dai castelli, sui con
fini delle grandi potenze feudali, nell'area delle vecchie foreste
galliche, che un tempo segnavano la frontiera tra le tribu e che
formano ancora come delle zone neutre dove, di consueto, si
tengono le assemblee per il ristabilimento della pace, dove i piu
potenti signori accettano di venire a prestare omaggio e dove,
come a Bouvines, hanno luogo di solito le battaglie.
L'impressione che tale marginalità sia deliberata viene con
fermata quando si consideri la persona stessa dei « torneanti » e
la loro posizione nella società. Si tratta per la maggior parte di
« giovani » . Con ciò vogliamo dire che questo gioco viene nor
malmente a occupare un periodo dell'esistenza cavalleresca che
si può, esso pure, considerare come un gradino, un intervallo
piu o meno lungo fra gli anni di tirocinio e il periodo in cui, ac
casato, padre di famiglia, l'uomo di sangue nobile si sistema in
fine nella piena responsabilità della gestione del suo feudo, den
tro il quadro ordinato composto dalla casa, dalla famiglia, dal
l' amm inistrazione del patrimonio e dalla parentela. Cosi il tor
neo appare ancora meglio come una posizione di rifiuto, di
proiezione fuori dalle strutture d'ordine, atta a irnmobi.liizare le
turbolenze. Poiché riguarda propriamente giovani già adulti, già
cavalieri, ma ai quali gli anziani del lignaggio non vogliono . o
non possono dar moglie, che quindi non sono ancora collocati,
sistemati tra i seniores, che non hanno alcuna indipendenza eco
nomica, non sanno che cosa fare nella casa paterna, vi si sento
no d'ingombro e spesso ne sono espulsi. Consideriamo Arnolfo
di Guines : raggiunta l'età di poter partecipare ai giochi, che for
manò l'educazione del futuro guerriero, se ne andò dalla casa del
padre che lo affidò al proprio signore, il conte di Fiandra. U la
trovarono prode, abile nel maneggio delle armi, pronto a servi
re, generoso, burlone, bello, dolce, graciosus : il suo signore
avrebbe desiderato esser lui a consacrarlo cavaliere, ma cortese-
108 Co=ento
L'avventura fu si bella
che sconfitta non ci fu
né dell'uno né dell'altro.
Ben d'accordo si lasciarono . . .
quelli che la fanno non fosse retta» . Queste riserve non limita
rono però l'uso delle tenzoni singolari . I piu grandi principi non
esitavano a proporlo a quanti contestavano la loro autorità, co
me ultimo espediente, per tagliar corto . Cosi fece il conte di
Fiandra, Guglielmo Cliton, rispondendo al messaggero del suo
vero competitore, la cavalleria del paese. Disse : «Voglio, si,
mettermi alla pari con te e senza indugio provare contro di te,
combat tendo, che ho sin qui retto la contea con abilità e giusti
zia » . E cosi fece Hélie, conte del Maine, allora crociato, propo
nendo un duello, in nome del Cristo, a Guglielmo il Rosso che
tentava di sottrargli l'eredità. E nel « parlamento » di Gisors,
nel r r � 8 , quando l'orgoglio impediva a Enrico II e a Filippo
Augusto di giungere alla pace, ecco l'idea di un barone : perché
non eleggere quattro cavalieri da entrambe le parti
per difendere e cimentarsi
e chi vincerà, avrà tutto?
tanto due sergenti . Il senso della dignità, piu forte della mllera
che li fa imbestialire, piu forte del desiderio di impadronirsi di
equipaggìamenti, il Cui valore non è certo trascurabile, ha trat
tenuto i cavalieri dal farsi vedere disposti a misurarsi con uomi
ni il cui sangue non vale il loro .
In realtà, come nei veri tornei, questi campioni ci vengono
presentati come se sognassero solo la gloria, solo « di battersi in
tanti duelli si che se ne parli fino in Siria » . Le grida che le rela
zioni della battaglia mettono loro in bocca non fanrio appello
che a valori profani : a ricordarsi degli avi, a servire come si de
ve le dame. Ognuno consacra la sua prodezza al lignaggio e alla
sua gloria, alla donna scelta per i piaceri dell'amore. E tutti pon
gono la piu attenta cura a far si che essa sia bene in evidenza. Il
loro desiderio è di riuscire a combattere «in campo aperto » ,
fuori della moltitudine, in piena luce, e nella competizione piu
difficile, ma anche la piu nobile, la scherma a cavallo. Poiché gli
scontri di cui si parletà sono di quelli che disarcionano l' avver
sario scelto tra i piu famosi, che lo stendono a terra . E la vergo
gna ricade su colui che in tal modo si lascia abbattere, fallendo
il colpo. Cadendo in tal modo egli perde il suo valore, a meno
che non faccia subito dimenticare la cosa brillando in altra gio
stra. Ciò spiega il furore del duca di Borgogna quando, fuori di
sé, urla che gli portino un altro cavallo : egli arde dal desiderio
di vendicare al piu presto il suo disonore. Conviene inoltre che
il gioco sia ben condotto, e la foga sufficientemente contenuta
perché vengano rispettate tutte le regole . In particolare quella
che vieta di uccidere l'avversario nobile, tranne in battaglia, e
per rendere piu sfolgorante il giudizio di Dio, il re del campo
oppos to . Quando, all 'inizio della prova, Eustachio di Malenghin
si mette a gridare : « A morte i Francesi», tutti quelli che l'odo
no provano disgusto , offesi da tale sconvenienza ; Immediata
mente i cavalieri della Piccardia agguantano l'impertinente e lo
uccidono . È l'unico cavaliere di cui si dice abbia trovato la mor
te sul campo di Bouvines . Con Stefano di Longchamp, colpito
accidentalmente da un coltello attraverso la fenditura dell'elmo.
Tutti gli altri cadaveri li forni la bassa plebe.
154 Commento
tro « sano e salvo tra i suoi, per la qual cosa fu molto apprezza
to » . Coloro che fecero J,lll resoconto della battaglia hanno, piu
che i coraggiosi, ammirato i temerari, gli spericolati dei bei tor
nei. Gualtier:o, conte di Saint-Pol, sapeva che alle sue spalle si
mormorava, accusandolo di fare il doppio gioco . Egli volle di
fendere il proprio onore, dimostrare la sua lealtà, far risaltare
nel modo piu lampante agli occhi di tutti il suo estremo corag
gio. L'intera armata lo vide dunque lanciarsi per primo , sprez
zare apertamente ogni tornaconto� trascurare ogni preda, avven
turarsi sconsideratamente, agitarsi sino a perdere il fiato e poi
ricominciare tutto ansante e, per salvare un amico, affrontare,
se non la morte, per lo meno la cattura e la rovina. Eppure non
era piu un « giovane » , come non lo era il conte di Bar, che fu an
che lui trascinato dagli eccessi e rischiò la pelle sin nel mezzo
dei soldati di ventura, gente che uccide. Perché si canti il suo
valore il cavalihe, cui fu abbattuto il cavallo, continua a lottare
a piedi, nonostante il peso della corazza e, quando tutte le armi
gli si sono rotte, ricorre al braccio� come ha fatto il conte di
Ponthieu , e martella con i pugni gli usberghi . Accadeva quel che
accade nei duelli giudiziari, ma qui era per conquistare la gloria.
Per gli appassionati i cronisti di Bouvines non raccontano altro
che di. singolari tenzoni. Schiumante di rabbia, il duca di Borgo
gna, novello Aiace, strappa la cotta d'arme del giostratore piu
celebre : Guglielmo di Barres; poi si scaglia su un altro campio
ne dei tornei, il sire di Audenarde. Questi si inorgoglisce : l'eroe
delle grandi competizioni lo ha scelto come avversario! S'ingag
gia una lotta intorno alla quale, se dobbiamo credere ai resocon
ti, gli altri combattenti, dimenticando le loro dispute, si sareb
bero riuniti in cerèhio . Le relazioni della battaglia hanno tutte
un tono da Iliade. Vi scorgiamo i grandi di quel mondo misurar
si, solitari, per l'onore.
Tuttavia il rutilante mantello che l'ideologia dei tornei getta
sul combattimento non riesce a mascherare del tutto certi aspet·
ti di una realtà meno splendida. In primo luogo il venir meno di
quella fedeltà che avrebbe dovuto armare tutti i cuori . La batta
glia, quale solennità, quale liturgia, avrebbe dovuto esigere in
r 56 Commento
li. Il calcolo piu modesto che si possa trovare nelle diverse rela
zioni della vittoria è di centotrenta. Se ne conservano tracce mol
to precise, perché Filippo fa minuziosamente inventariare il te
soro da lui conquistato e che egli ha disseminato in diversi luoghi
sicuri . Ci teneva. Non aveva piu pensato ad altro appena aveva
visto Ottone e i suoi darsi alla fuga . Non smise piu di aver cura
di quelle ricchezze , impacchettandole, per evitare fughe, in una
:fitta rete di scrupolose cautele. Il « catalogo dei prigionieri », re
datto nei primi giorni di agosto, enumera centodieci cavalieri
che le carrette comunali dei condannati avevano trasportato a
Parigi , altri sedici affidati a baroni di Francia, e infine tre a ufE. .
ciali del re. Ma la lista è molto incompleta. Strada facendo, una
buona parte del carico era stata lasciata ad ogni tappa. Questa
grande massa di prigionieri valeva una enorme quantità di dena
ro. Non tutto, è vero, era negoziabile, e il re era ben lungi dal
l'aspettarsene l'intero guadagno. Egli non era che l'impresario
di un'azione collettiva. Doveva per prima cosa retribuire i suoi
collaboratori, pagare quelli che avevano riportato le varie prede
della caccia . Alcune persone furono scambiate con amici che
l 'avversario teneva nelle proprie prigioni . Il re distribui genero
samente una parte della selvaggina a parenti stretti e lontani .
Ma non vendette tutto il resto. Era suo interesse mettere i ribel
li piu pericolosi in condizione di non piu nuocere. I traditori in
veterati, i recidivi furono condannati al carcere a vita. Cosi fu
per Rinaldo di Dammartin del quale, a Bapaume, il re apprese,
o si fece dire, che complottava ancora contro di lui . Comunque
i detenuti erano numerosissimi, e parecchi di gran valore. Undi
ci conti, decine di banderesi . Dd! piu modesto tra questi si pote
va sperare di ricavare almeno mille libbre, duecentoquarantami
la monete d'argento . Dallo spleljldido torneo che era stato anche
Bouvines, il re stesso usciva ricco, piu ricco di qualunque re di
Francia prima di lui. E in grado di discutere, di negoziare, come
fece con la contessa di Fiandra. Di tenere a lungo imbrigliati i
principati piu riottosi . Dio sia benedetto : egli colloca nell'agia
tezza coloro che lo servono bene. Con la vittoria da lui concessa,
1 70 Commento
osservato con amarezza che non gli capitava piu niente di buono
da quando si era riconciliato con Dio e aveva sottoposto il suo
regno alla Chiesa romana.
libero davanti a sé, tanto la calca era fitta, tanto erano mescolati
i combattenti delle due parti » . Crudele disinganno : Dio non ha
voluto esaudire la piu fervida preghiera del monarca : « Poter
incontrare l'imperatore da solo a solo, e combattere come Enea
contro quel novello Turno » .
Ho detto che il passaggio verso il mito risultava da tre modi
ficazioni combinate insieme. La prinia è tragico-manichea ; con
essa Bouvines si colloca nel more di una crociata permanente,
quella del bene contro il male. La seconda, nello stesso senso,
pone in risalto l'ordalia, e riempie tutta la battaglia con la sola
liturgia di un duello giudiziario . L'ultima, decisiva, fa della vit
toria del campione di Dio un trionfo nazionale. Se, nella Philip
pide, il re di Francia è vestito dei panni di Enea, in effetti non è
soltanto perché l' autore del poema è pedante e segue pedisse
quamente Virgilio . Si crede, da moltissimo tempo - la cronaca
di Fredegario lo diceva sin dal vn secolo - che i Franchi siano
discendenti dei Troiani. Ora, Filippo non combatte per se stes
so, ma per una causa: che è quella di tutti i « figli di Francia » .
La posta del combattimento singolare non è piu l'eredità di un
sovrano, non è soltanto la punizione dei superbi e degli eretici,
ma è il destino di una nazione, eletta a guidare il mondo .
Nella celebrazione poetica di Bouvines lo spirito di corpo, di
un corpo, osiamo dire, nazionale, fa quindi una irruzione trion
fale. Gli unici veri eroi, i guerrieri « dall'ardente valore » , che
« non esitano mai a sfidare ogni specie di pericoli » sono i « Egli di
Francia » . Quale Francia? Di certo il vecchio paese franco , quel
lo di Parigi, di Etampes e di Senlis . La Francia di Saint-Denis . I
migliori artefici della vittoria, quei cavalieri la cui fama colletti
va risplendeva in tutti i tornei, erano proprio nati nei territori
dei Capetingi, nella provincia che Clodoveo e Dagoberto aveva
no amato. Nessuno di loro era venuto dalla Bretagna o dall'A
quitania. Tuttavia la Francia della Philippide è in verità meno an
gusta, perché Bouvines sopraggiungeva proprio in un momento
di profonda trasformazione. Da dieci anni, nei diplomi rilasciati
dalla sua cancelleria, Filippo Augusto si attribuiva · il titolo non
già di re dei Franchi, ma di re di Francia. L'intero regno tende-
1 90 Leggenda
La bestia che folgora non si trova ormai piu nel campo del ma
le, ma in quello del re Filippo, e questa volta è benedetta. ba
Saint-Denis anche Richer di Sénones traeva le sue informazioni,
seppure indirettamente; per il tramite di una filiale: una prioria
vicina al suo monastero. Cosi il ricordo è ancor piu confuso:
troviamo tra i compagni del re di Francia un conte di Norman
dia, un conte di Bretagna. Con questa origine si spiega almeno il
ruolo dell'orifiamma nel racconto di Richer . Filippo Augusto
cerca intorno a sé qualcuno cui affidare questo stendardo di cui
si dice che, dopo l'imperatore dalla barba fiorita, non era piu
stato tratto fuori dal tesoro regale. «Chi vuole portare l'onore
della Francia? » Il duca di Borgogna propone un cavaliere, pu
rissimo, perché poverissimo : per comperare un cavallo e rag
giungere l'esercito ha dovuto dare in pegno tutta la sua terra. È
Galon di Montigny . Da àllora tutta la relazione del combatti
mento si accentra intorno allo stendardo consacrato e a colui
che lo tiene in mano: ma è piu l'insegna a trascinare il cavalie
re che non questi a reggerla. Nient'altro merita di essere preso in
considerazione, né i baroni, neppure il re. Non piu duello, ma
un susseguirsi di prodezze compiute dall'orifiamma da sola che
conduce tutta la vicenda, e in modo selvaggio. In effetti le mani
di Galon non stringono piu l'emblema di una lirurgia, di una
processione, ma un'arma vendicativa e crudele. La rossa seta è
assetata di sangue fresco e lo stendardo diventa una picca, pene
tra da parte a parte nel corpo del conte di Fiandra, esce dalla
Nascita del mito 1 95
nostri figli e alle nostre figlie, che gli altri volevano sgozzare.
Scoppiano applausi, e unànime prorompe il voto di obbedienza.
E il re può allora trarre la conclusione e dichiarare : « Signori ,
voi siete futti uomini miei, e io, chiunque io sia, sono il vostro
sire » . Il che è come un « decreto » , come la sentenza pronunciata
in un'assise di corte.
Per il Menestrello di Reims il discorso esordisce diversamen
te : è un richiamo, non già alla fedeltà un po' fredda che un mo
narca può attendersi dai suoi sudditi, ma alla devozione del vas
sallo, e questo imprime alla parola un accento ben diverso. Fi
lippo è il migliore dei signori, il piu liberale, si fa amare con i
suoi doni. « Vi ho molto amati, vi ho molto onorati, e vi ho dato
generosamente del mio. Non vi feci mai torti né cose irragione
voli, m a sempre vi ho guidati col diritto . In nome di Dio, prego
voi tutti che custodiate oggi il mio corpo e il mio onore, e anche
il vostro » - rendendo al signore che non è mai venuto meno ai
suoi doveri questo tributo di aiuto militare che tutti hanno pro
messo con l'omaggio e la fede. Dopo di che il tema, già abbozza
to nel racconto di Filippo Mousket, viene ripreso, ampliato,
mentre entra in scena la corona. « Se vedete che la corona trovi
miglior uso in uno di voi che non in me, io vi consento con tutto
il cuore e tutta la buona volontà » . A questo punto il passo è fat
to : quella che era solo confessione di umiltà si prolunga in una
mimica dell'abdicazione. Il rischio del momento esige effettiva
mente una ridistribuzione di tutti i ruoli. La battaglia sta per
avere inizio, e con le sue incognite mette in pericolo la dignità
regale. Il pericolo è cosf grave, che si deve scegliere il piu valo
roso per difendere i colori della Francia. Ha inizio quindi una
specie di procedura per l'elezione. Ma quel che segue è ancora
piu straordinario. Nessun fremito nell'uditorio, non la minima
traccia di perplessità vi traspare. Per tutti gli astanti è cosa piu
che evidente : il piu valoroso non può essere che il discendente
di Carlomagno. « Tutti i baroni piansero di compassione e disse
ro : " Sire, per grazia di Dio, noi non vogliamo altro re che voi.
Cavalcate arditamente contro i vostri nemici : noi siamo pronti
a morire con voi " » . Altra modifica : nelle versioni anteriori era
200 Leggenda
sue vene scorre il sangue degli antichi re. Il racconto del Mene
strello di Reims, cosi come il Couronnement de Louis, non vuo
le accarezzare la nostalgia dell'indipendenza baronale : vuoi es
sere, invece, la proclamazione della legittimità capetingia.
Dio, in quest'ora, pronuncerà la sentenza. Chi può dire se i
poteri che, un tempo, trentacinque anni prima, ha conferito a
Filippo il giorno della consacrazione, sono ancora validi ? Se
considera ancora il re come il suo vero luogotenente ? La batta
glia in fondo non è che l'attesa di una risposta a questa interro
gazione fondamentale . Essa mostrerà se Dio fa ancora la stessa
scelta. Ora, la domanda viene rivolta in un momento decisivo
della s toria dinastica : essa concerne il diritto di un sovrano che,
primo della sua razza, ben sicuro della tradiziòne ereditaria, non
ha ritenuto necessario dividere, da vivo, il magistero regale con
il :figlio primogenito . Battaglia campale, ordalia, Bouvines de
v'esser vista come una consacrazione. Anzi, mia nuova consacra
zione, non con l'olio della santa ampolla, ma con il sangue, il
sangue purificatore che alcuni vedranno presto scorrere sull'ori
fiamm a . Ora, com� la prima, questa seconda consacrazione de
v'essere preceduta da una consultazione della nobiltà. Un tem
po, quando tutti i grandi vassalli del regno erano riuniti, in pie
di nella cattedrale di Reims, la corona era già stata deposta da
vanti a loro . Colui che stava per cingerla aveva in precedenza
chiesto i loro suffragi. Tutti avevano risposto, come i loro avi
allorché innalzavano sul pavese il re chiomato; poiché egli era
chiomato, cioè di puro lignaggio . L'ordine dei guerrieri aveva
espresso la propria adesione, acclamando colui che i vescovi si
apprestavano a consacrare. Gridando a perdi:fiato che era lui il
vero, il migliore, e che essi lo avrebbero seguito in mezzo ai
combattimenti per proteggerne la persona e che, se necessario,
avrebbero versato per lui il proprio sangue. Che cosa fanno di
diverso i cavalieri, a Bouvines ? Ciò che, alla metà del secolo
XIII, viene �d aggiungersi nei testi alla relazione della battaglia
non è già favore verso amarezze feudali, né gratuito ornamento,
né parodia. È invece espressione serissima, con il ricorso agli ef
fetti piu drammatici, della fedeltà che nell'ora dell'estremo pe-
Nascita del mito 20 3
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Fonte:
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lll Contemporanea a Filippo Augusto ( 1 223)
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