uno dei pi straordinari e appassionati intellettuali del 900. Il suo pensiero libero e geniale ofre tante chiavi di lettura per capire il nostro tempo. Proviamo a rileggerlo 71 70 I l 5 settembre 1914, in un campo di barbabietole nei pressi di Villeroy, a soli 22 km da Parigi, un luogotenen- te di quarantanni perdeva la vita, colpi- to da un proiettile alla fronte. Rapporti e referti riportano freddamente che luo- mo si era esposto troppo, avanzando in piedi, spada alla mano, verso la linea nemica. Il luogotenente, partito il 4 agosto da Bourg-la-Reine con i riservisti del 276 reggimento di fanteria, rispondeva al nome di Charles Pguy, nato a Orlans il 7 gennaio del 1873, convertitosi al cat- tolicesimo nel 1907, fondatore, redatto- re, editore di una delle riviste pi mar- ginali (1200 i lettori/abbonati, ma solo 400 i paganti), boicottate dal panora- ma intellettuale dellepoca, eppure pi infuenti del Ventesimo Secolo: i Ca- hiers de la Quinzaine, bimestrale il cui ultimo numero il duecentotrentottesi- mo usc nel luglio del 14. ANARCHICO, SOCIALISTA, CRISTIANO Sulle sue pagine, Pguy coltiv inces- santemente e pazientemente quella so- litudine che costituisce uno dei caratteri pi profondi del suo destino. Una soli- tudine che not Maurice Blanchot il contrappeso alla capacit di decidere e aprirsi continuamente al rischio del- la decisione. Perch nella sua vita, co- me nella sua opera, come nel momen- to estremo se Pguy non ha mai smesso di essere solo, stato perch non ha mai smesso di decidere. In un appello pubblicato sui Cahiers, titolato Ai nostri amici, ai nostri abbo- nati, Pguy decliner questa decisio- ne con parole che sono divenute cele- bri, aprendosi a un popolo possibile, a una comunit di assenti: Una rivista viva solo se ogni volta scontenta un buon quinto dei suoi abbonati. E giusti- zia vuole che non siano sempre gli stes- si a rientrare in questo quinto. Altrimen- ti, quando ci si sforza di non scontentare nessuno, si cade nel sistema di quelle ri- viste che perdono o guadagnano milioni per non dire nulla . Poeta, scrittore, flosofo, uomo di idee e dazione, socialista ma anarchi- co, anarchico e socialista ma cristiano, cattolico patriota che per difese sen- za remore lalto ufciale ebreo Dreyfus dallingiuria di alto tradimento, Pguy fu tra le prime vittime della Grande Guerra. Mor tra tanti, come tanti, nella prima battaglia della Marna, che i libri annoverano tra le pi assurde carnef- cine della storia. Delle loro 44 divisio- ni di 850mila uomini, i tedeschi ne per- sero 185mila, mentre delle 56 divisioni anglo-francesi, composte da 1milione di soldati, 190mila non videro pi il sole. Eppure, con quel suo eroismo fol- le, donchisciottesco e insolito per una guerra dove sottufciali e ufciali pre- feriranno nascondersi nelle retroguar- die o incitare gli altri a obbedire e com- battere, Pguy sembra rappresentare ancora uneccezione incarnata. C chi ha tentato di iscrivere Pguy tra i nazionalisti assetati di guerra e chi lo ha persino additato tra i peggiori scio- vinisti ma, giudizi poco ponderati a par- te, due sono gli elementi da ricordare: Pguy non ha ucciso; Pguy ha combat- tuto una guerra, senza avere il tempo di capire che non era la sua guerra. Ep- pure anche in questo abbaglio, c una decisione, un piccole evento che scom- pone lordine troppo ordinato delle cose. Ne La nostra giovinezza (1910), dal- tronde, Pguy aveva scritto: Quello che c di pi imprevisto sempre levento. Basta avere un po vissuto fuori dai li- bri di storia per sapere, per aver provato che tutto quello che si vuol far emerge- re generalmente quello che accade di meno e quelllo che non si vuol far emer- gere generalmente quello che accade. Ma che cosa accadde fuori dei libri di storia nel settembre del 1914? Dei pochi istanti che precedettero lo sparo, ben oltre la fredda scrittura dei rapporti, i compagni di Charles Pguy ricorderanno le sue ultime parole: Dio, eccomi. Altre volte aveva scritto: Ti render ci che tuo. IL CONCITTADINO DI GIOVANNA DARCO Al netto della retorica e ben oltre la me- morialistica sulla morte di Pguy sono stati versati fumi di inchiostro, ma nul- la vale quanto il libro dedicatogli quasi a caldo dallamico ebreo Daniel Halvy: Charles Pguy et les Cahiers de la Quin- zaine, Payot, Parigi 1918 quelle paro- le hanno un peso. Il peso che si deve allatto meditato di un uomo che ri- spondendo allappello alla mobilitazio- ne generale - ha cercato di riscrivere la propria vita in un accordo solenne con il destino. Se guardiamo con attenzione a Pguy perch le sue parole hanno sempre avuto un peso e delineano un percorso di vita segnato da una straordinaria co- erenza interiore. Questo fn dal primo libro, consacrato alla sua concittadina Giovanna, che a sua volta lo consacr scrittore: Giovanna dArco (1897), poi ri- visitata nel 1910 e ripubblicato come Il mistero della carit di Giovanna dArco. Anche qui: la guerra, la passione, il tra- dimento, il Golgota. Nellopera del tra- dimento delluomo, si legge nella Gio- vanna dArco, visibile in controluce il inquieto profetico realista anarchico cristiano semplice ardito P R OTAGONI S T I Charl es Pguy di Marco Dotti Egon Schiele, ritratto di Charles Pguy, 1914 VITA agosto 2014 72 73 settembre 2014 VITA to e con lo stesso cuore, e con la stessa mano, con cui quello stesso popolo ave- va scolpito le proprie cattedrali LIMPAGLIATRICE DI SEDIE La madre di Pguy, nato in una fami- glia umile, faceva limpagliatrice di se- die. Eppure, da quel movimento, Pguy ha compreso un sistema. Si potrebbe dire che tutto parte da l, da quel fglio che osserva la madre impagliare con di- ligenza e rispetto le sedie dei benestanti. Un sistema che il moderno ha non solo messo in crisi, ma spazzato via, mante- nendo la fatica, il dolore, ma cancellan- do il rispetto. Per limpagliatrice di se- die, rispetto signifcava questo: sapere che bastava un gesto di troppo, un mo- vimento sbagliato, una pressione in ec- cesso e ogni cosa andava perduta. Lo stesso accadeva per il popolo del- le cattedrali. Nota infatti Pguy che la materia prima, qui identifcata nella pie- tra, nella paglia e nel legno, implica lir- reparabile e questo irreparabile impone un ethos adeguato. Un ethos che il po- polo ha sempre avuto: Nel commer- cio fra uomo e legno, fra uomo e pietra uningiuria non si dimentica pi, nulla si cancella. Ma questa irreversibilit - che Pguy chiama co-destinazione eterna - la base del rispetto. Rispetto delluo- mo per le cose, rispetto delluomo per luomo. Ora il tempo della velocit sono splendide le pagine che Pguy de- dica alla critica della metropolitana e della materia reversibile. Ma, proprio per questo, anche il tempo tutto mo- derno della materia senza memoria. Moderno, per Pguy, cos il mondo che non ci viene pi incontro nel modo della responsabilit, ma nel modo della disponibilit - ha osservato Alain Fin- kielkraut (Lincontemporaneo. Pguy let- tore del mondo moderno, Lindau 2012). Servirebbe piet, servirebbe preghiera, servirebbe umilt. Lumilt che impone il rispetto assoluto della realt, dei suoi misteri, il rispetto religioso della realt sovrana e padrona assoluta, del reale co- me viene, come ci dato, dellevento co- me viene (Brunetire, 1906). Con la guerra, anzi: in quel tradi- mento che la guerra, tutte le parole di Pguy, non solo quelle pronunciate in punto estremo, assumono il peso spe- cifco di un ngagement fnale, un im- pegno fnale sancito proprio nellespo- sizione alla morte. Quel Dio, eccomi, non parla di un eroismo da monumen- to ai caduti. Quel Dio, eccomi si de- clina, semmai, nel renderti ci che ti dovuto in un estremo tentativo di lam- bire una realt oramai negata. Lunit dello stile di Pguy, che tanti critici da Leo Spitzer a Maurice Blanchot hanno rimarcato essere la chiave del suo lavo- ro, risiede proprio in questa severit del suo impegno verso il legame con una realt sempre concreta. In questo, tan- to lavventura della Quinzaine, quan- to il lampo della Grande Guerra sono avventure da cui Pguy sapeva di non ritornare. PASSIONE PER IL POPOLO. MA COS' UN POPOLO? La Grande Guerra Hannah Arendt, tra le pagine del suo libro sullOrigine del totalitarismo, a ricordarcelo sta- to soprattutto questo: un Grande Enig- ma, quasi impossibile da decrifrare nel- le sue conseguenze. Questo enigma e questa logica (o illogica) sacrifcale, Pguy li aveva descritti magistralmen- te in Clio. Dialogo della storia e dellani- ma pagana, unopera pubblicata postu- ma, iniziata nel 12 ma terminata proprio nellagosto del 1914. La storia (Clio) sempre in ritardo. Solo la dolcezza di una donna (Santa Veronica), simile alla madre impagliatrice di sedie, che pone il suo velo sul volto del Cristo morente ri- esce a fssare levento. Il dissidio tra sto- ria ed evento a Pguy appare insanabile. Luomo esposto a questo rischio il ri- schio di non capire mai o di arrivare tar- di o, capendo, di non essere capito: ec- co il dramma della solitudine! ma pu aprirsi a un rischio pi grande. questo rischio la rispettosa sfda allirreversi- bile a farlo propriamente, rispettosa- mente umano. Scrive infatti Pguy, parlando del cristianesimo: Bisogna che ci sia un rischio, un rischio totale. Bisogna che luomo scelga. Nella solitudine sacri- fcale di Pguy si fa infne chiara la sua passione per il popolo. Che cos un po- polo, nel suo specifco un popolo cristia- no? Un popolo la comunit che garan- tisce al singolo quella concretezza e quel contatto col reale senza i quali sarebbe solo una fgura vuota, sradicata, tassel- lo anonimo per guerre, fnzioni o ideolo- gie passate, presenti, future. dramma di ogni storia e della Storia e, di conseguenza, il dramma di Pguy. Qui levento lEvento per eccellenza, os- sia la presenza reale, incarnata, di Cristo. Scrive Pguy: Ne abbiamo ricevu- ti abbastanza di avvertimenti. Tredici secoli di cristiani, tredici secoli di san- ti, tredici secoli di cristianit. Ne do- vremmo sapere. Una volta. Una volta, due volte, tre volte. E il gallo cant. Ma per noi la millesima, la centomille- sima, la centesima di millesime volte che Lo consegniamo: che Lo abbando- niamo, che Lo tradiamo; che Lo disco- nosciamo, che Lo rinneghiamo. Miglia- ia e centinaia di migliaia di volte che Lo rinneghiamo nello smarrimento del peccato... Ahim, ahim, deve comin- ciare a esserci abituato. Gliene abbiamo dato labitudine; unabitudine proprio a Lui; labbiamo abituato. Gli abbiamo dato questa singolare abitudine: di es- sere rinnegato. La stessa storia succede sempre. Grazie alla presenza reale, alla presenza di Ges, la stessa storia. E il moderno che cos se non cos Pguy nel Denaro (1913) una continua diserzione dal e un continuo tradimen- to del reale che quella presenza incar- na? Se c bestemmia, se c blasfemia nel moderno questa coincide proprio con una tonalit generale improntata allarroganza nei confronti del reale. Si potrebbe azzardare che lanticristiane- simo unantirealt. Moderno, per Pguy, un mondo li- bero, sempre pi libero, sempre pi af- francato e colmo di diritti. Ma libero da che cosa? Non certo dal potere, dal- la violenza, dal tradimento o dalle guer- re, ma scrive libero dal reale. Un mondo libero dal reale per un mon- do malleabile, veloce e disponibile, ma irresponsabile. Per questa ragione la rivoluzione so- ciale, per Pguy, impraticabile o persi- no deleteria, se non accompagnata da una rivoluzione morale. Ci sradichereb- be ancora di pi, non dai luoghi, ma dai legami. Pguy, infatti, un patriota del legame, non del luogo. Il suo insistere sulle nozioni di lavoro e popolo, di con- tro a quelle di denaro e borghesia fnan- ziaria ne sono la riprova. DISSODARE LE COSCIENZE PER TRASFORMARE LA SOCIET Scrive infatti: Noi siamo tra quelli cui non riesce per nulla separare la rivolu- zione sociale dalla rivoluzione mora- le, nel duplice senso che da un lato non crediamo che si possa realizzare profon- damente, seriamente, sinceramente la rivoluzione morale dellumanit senza operare lintera trasformazione del suo ambiente sociale, e di contro noi credia- mo che ogni rivoluzione esteriore sareb- be vana se non comportasse il dissoda- mento e il profondo rivolgimento delle coscienze. Alla base della nefasta scissione tra rivoluzione sociale e rivoluzione mora- le, che sar tra le concause della guer- ra in cui trover la morte, Pguy anno- ver larroganza della grande borghesia corruttrice del popolo. In questa gran- de borghesia, Pguy inscrive anche gran parte degli intellettuali marxisti della sua epoca. Grande borghesia improdut- tiva e idolatra (del denaro), la borghe- sia dei soldi, che Pguy distingue sem- pre dalla piccola borghesia operosa, che ha conservato la dignit del dare. Ci sono pagine memorabili in tal senso nel Denaro, testo del 1910: og- gi, quando si dice popolo, si fa del- la letteratura, della letteratura deterio- re, elettorale, politica, parlamentare. Il popolo come tale non esiste pi, for- se resiste come popolo a venire, come popolo inscritto in una nostalgia di fu- turo. Il popolo che trovava nel lavoro il proprio posto nel mondo stato corrot- to dalla strozzatura economica im- posta dalla logica del denaro. Un tem- po, scrive Pguy, cercare un lavoro non era chiedere, (...) un operaio non cono- sceva il signifcato della parola racco- mandazione. Lavorando, il popolo compartecipava a un rito. Il lavoro era uninconsapevole preghiera rivolta al principio di realt. Questa corruzione del lavoro da par- te del denaro ha trasformato il lavoro in una servit morale, non meno che materiale. Scrive ancora Pguy, nel De- naro: Abbiamo conosciuto un onore del lavoro, quello stesso onore che nel Medioevo sosteneva la mano e il cuore. Abbiamo conosciuto quellaccuratez- za spinta fno alla perfezione, la stessa nellinsieme, la stessa nel minimo det- taglio. Abbiamo conosciuto quel culto dellopera ben fatta spinto e mantenu- to fno allo scrupolo estremo. Ho visto per tutta la mia infanzia impagliare del- le sedie esattamente con lo stesso spiri- 1 00 ANNI DA P EGUY complicato scoprire Charles Pguy per un lettore italiano. Sono ancora poche le sue opere disponibili, mentre si sprecano i saggi su di lui confermando una di quelle anomalie del nostro sistema culturale che preferisce fornire gli autori attraverso sguardi mediati che non nella carne viva dei loro testi. Tra laltro Pguy personaggio la cui prosa complessa e quindi pone problemi di traduzione. Problemi che sono stati brillantemente afrontati nelledizione italiana di Veronique, dialogo della storia e dellanima carnale (Marietti, 280 pag, 14 euro), che si avvale della traduzione di Cristiana Lardo e dell'introduzione di Giacomo Tantardini. reperibile in italiano anche Denaro (editore PianoB, 112 pagine, 10 euro), mentre Jaca Book, la prima casa editrice a proporre lo scrittore di Orlans al pubblico italiano, ha ancora in catalogo I misteri, che compende Il mistero della carit in Giovanna dArco (504 pagine, 22 euro). In occasione del centenario Edizioni di Pagina manda in libreria Storia di unanima carnale Charles Pguy a cento anni dalla morte, che il catalogo della mostra tenuta al Meeting di Rimini (112 pag, 12 euro). Come scoprire Pguy La crisi dellinsegnamento non una crisi dellinsegnamento; le crisi di insegnamento denunciano, rappresentano crisi di vita e sono crisi di vita esse stesse; sono crisi di vita parziali, eminenti, che annunciano e accusano crisi della vita generale; o, se si vuole, le crisi di vita generali, le crisi di vita sociali si agravano, si radunano, culminano in crisi dellinsegnamento; infatti allinsegnamento che le prove eterne attendono, per cosi dire, la cambievole umanit; il resto di una societ pu passare, truccato, mascherato; linsegnamento non passa; quando una societ non pu insegnare, non che manca accidentalmente di un apparato o duna industria; quando una societ non pu insegnare, che questa societ non pu insegnarsi; che ha vergogna, che ha paura lei stessa dinsegnarsi; per ogni umanit, insegnare, in fondo, insegnarsi: una societ che non insegna una societ che non si ama. Charles Pguy (da Pour la rentre)
(Prefazione Di Pierre Nora. Traduzioni Di Giorgina Vivanti, Daniela Cereia) (Piccola Biblioteca Einaudi. Nuova Serie, 488) Georges Duby - La Domenica Di Bouvines. 27 Luglio 1214-Einaudi (2010)