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Chiara Conte Il Territorio di Nettuno in Epoca Romana

Le Grottacce, villa costiera ( tav. 6, n. 27)


Si tratta di una grande villa costiera260 di cui si conservano
i resti raggruppabili in tre gruppi:
A) Resti di un edificio attribuibile alla prima età imperiale,
con muri di terrazzamento in cementizio, alcuni dei quali
rivestiti in opera reticolata261.
B) Resti di ambienti termali situati lungo la scarpata della
spiaggia (fig. 14): si tratta di due muri, il primo (a) costruito in
opera reticolata e databile al I secolo a.C., il secondo (b) in
laterizio, entrambi pertinenti ad un ambiente absidato, che
doveva essere riscaldato, come dimostra la presenza di
suspensurae e tubuli262. Nel muro di opera reticolata è presente
una nicchia, successivamente chiusa. Si conservano inoltre
altri resti di muri in laterizio (c, d, e, f, g) e quelli di un
prefurnio263 (fig. 14 bis).
C) Resti relativi probabilmente ad un edificio di tipo
industriale, come dimostrerebbe la presenza di una serie di
resti di scarichi di fornace situati a breve distanza dal
complesso264. Dell’edificio si conservano un tratto di muro con
cortina in reticolato e una serie di pilastri (fig. 15). Si tratta
probabilmente di un essiccatoio265.
Questi resti testimoniano dunque che la villa doveva essere
collegata ad un vero e proprio settore industriale, connesso con
la lavorazione dell’argilla266.

260
PICCARRETA 1977, n° 15, pp. 76-84; LAFON 2001, p. 293.
261
PICCARRETA 1977, p. 76.
262
PICCARRETA 1977, p. 77.
263
PICCARRETA 1977, p. 80.
264
PICCARRETA 1977, p. 80; EGIDI 1985, p. 110.
265
PICCARRETA 1977, p. 81; EGIDI 1985, p. 110.
266
EGIDI 1985, p. 110; cfr. quivi, cap. 3, p. 28.
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Le descrizioni della villa fatte in passato da vari studiosi267,


che segnalavano ambienti con le pareti intonacate e dipinte e
un pavimento in mosaico geometrico bianco e nero, indicano
che essa doveva essere particolarmente lussuosa268.
Nibby riferisce inoltre dell’esistenza di muri in opera
incerta ed in opera reticolata e in base a ciò datava la villa agli
ultimi anni della Repubblica269.

Fig. 14. Le Grottacce: gruppo B, planimetria dei resti (da Piccarreta, 1977, fig.
155).

267
NIBBY I849, I, p. 276; TOMASSETTI 1975², p. 381.
268
PICCARRETA 1977, p. 84, riferisce della presenza di numerosi frammenti di
marmo e di mosaici nelle immediate vicinanze della villa.
269
NIBBY 1849, I, p. 276.
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Fig. 14 bis. Le Grottacce: resti del prefurnio.

Fig. 15. Le Grottacce: gruppo C, planimetria dell’edificio a pilastri (da Piccarreta


1977, fig. 162).

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Villa costiera (tav. 6, n. 28)


Resti di muri di terrazzamento in cementizio, al di sopra
dei quali è gettato un pavimento in cocciopesto, testimoniano
l’esistenza di una settima villa270.

270
PICCARRETA 1977, pp. 85-86.
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4. Il sistema viario e la «Torre del Monumento»

4.1 Viabilità antica


Per il territorio anziate in età antica è attestata l’esistenza
di almeno tre assi stradali principali: il percorso Antium-
Satricum271; la strada costiera Hostis-Lavinium-Antium-
Terracina, che compare nella Tabula Peutingeriana e la via
Lanuvium-Antium272.
Di questi tre solo il percorso Lanuvium-Antium è oggi
ancora individuabile perché parzialmente conservato273.
A questi andrebbero aggiunte la cosiddetta via Mactorina che
da Praeneste e Velitrae raggiungeva Antium274 e la cosiddetta
via Antiatina275.
L’asse stradale Antium-Satricum è attribuibile probabilmente
ad epoca anteriore alla conquista romana, ma il suo utilizzo
continuò a lungo anche dopo la scomparsa di Satricum.
La creazione di un percorso che collegasse Antium e
Satricum risale probabilmente ad epoca volsca, quando la
vicinanza dei due centri e soprattutto l’appartenenza delle
popolazioni alla stessa etnia contribuì alla realizzazione di una
strada che li mettesse in collegamento, non solo tra di loro, ma
anche con le altre città volsche della pianura pontina276.

271
LIV., VI, 16.
272
BRANDIZZI-VITTUCCI 2000, p. 124. L’esistenza dei tre assi stradali è confermata
dalle fonti letterarie.
273
Cfr. paragrafo success.
274
COARELLI 1984, p. 292.
275
BRANDIZZI-VITTUCCI 2000, p. 124, n. 579, sostiene che si tratti di
denominazioni moderne di tracciati antichi.
276
BRANDIZZI-VITTUCCI 2000, p. 124.
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In questo percorso è probabilmente da riconoscere quello


che dalla zona di Antium consentiva di raggiungere l’Appia in
località Tres Tabernae, come attestano le fonti277.
La strada costiera che collegava le città situate lungo il
litorale compreso tra Ostia e Terracina, da alcuni identificata
con la via Severiana, si può datare al III-IV sec. d.C. La
278
Tabula Peutingeriana , infatti, riporta una strada anonima
con andamento costiero, identificabile appunto con il percorso
Hostis-Lavinium-Antium-Terracina, su cui sono indicate otto
stationes intermedie, tra cui Antium.
Alla direttrice che collegava Lanuvium ad Antium potrebbe
essere pertinente il tratto stradale che si conserva tuttora a
Nettuno.

4.2. La via Lanuvium-Antium (fig. 16)


Nel Febbraio del 2002, in località La Campana, si è
iniziato a riportare alla luce un tratto di strada romana (fig. 17;
tav. 4, nn. 17-18) con andamento parallelo all’odierna via
Selciatella279, identificato, da G. M. De Rossi280, con il
percorso stradale che da Lanuvio giungeva al litorale di Anzio.
Tale strada costituiva, in età romana, uno degli assi principali
del complesso sistema viario che collegava la zona costiera
gravitante intorno ad Anzio con le città dell’interno.

277
CIC., ad Att., II, 12: «…emerseram comode ex Antidati in Appiam ad Tres
Tabernas…».
278
Si tratta di una carta itineraria romana, il cui originale si può far risalire al IV sec.
d.C.
279
La strada in questo tratto si presentava ricoperta da terriccio e sterpaglia, ma ben
conservata. Ha una larghezza di circa 4 m per una lunghezza di 30 m ed è tuttora
sottoposta ad operazioni di pulitura e restauro.
280
G. M. DE ROSSI, La via da Lanuvio al litorale di Anzio, in Quad. Ist. Top. Ant., XI,
Roma 1981, pp. 89-103.
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I resti ancora visibili sono databili al II-I sec. a.C.281 e a


tale epoca ci riconducono anche le fonti che attestano
l’esistenza di un tramite diretto tra Lanuvium e Antium in uso
già dal I sec. a.C., anche se la creazione del percorso sembra
attribuibile ad un’età più antica282.
A questa strada erano collegati centri antichissimi, come
Satricum, Pometia e anche Campoverde e Casal Bruciato,
quest’ultimo identificabile forse con il sito di Longula, piccolo
centro dipendente da Antium283; il percorso, che aveva
andamento N-S, faceva parte di un sistema viario legato
all’Appia, la regina viarum284, e costituiva inoltre il più diretto
tramite con i Colli Albani.
Per quanto riguarda il percorso della via, essa doveva
lasciare Lanuvio nei pressi del tempio di Ercole285; proseguiva
poi verso sud e scavalcava un piccolo fosso per mezzo di un
ponte, il cosiddetto ponte di Loreto, uno dei più importanti
monumenti riscontrabili lungo la via286.
Da qui la via giungeva nei pressi di Torre Spaccasassi,
dove superava il fosso omonimo con un ponte; poi proseguiva
verso Torre del Padiglione e pochi chilometri dopo entrava
nell’attuale territorio di Nettuno. La strada proseguiva poi
verso la località La Campana e quindi verso il fosso

281
BRANDIZZI-VITTUCCI 2000, p. 125.
282
Sembra probabile la presenza di un’arteria con percorso N-S congiungente Anzio,
importante luogo di approdo, e Lanuvio, situata all’interno della regione in
posizione strategica, già dall’VIII sec. a.C. DE ROSSI 1981, p. 89; anche
BRANDIZZI-VITTUCCI 2000, p. 125, concorda riguardo l’antichità di tale
percorso stradale ritenendolo il principale collegamento tra la colonia latina, posta
presso l’oppidum delle Vignacce, ed i centri della stessa etnia situati verso l’interno.
283
L’identificazione di Casal Bruciato con Longula risale al NIBBY, I, p. 326.
284
DE ROSSI 1981, p. 89. Anche il percorso Antium-Satricum era collegato all’Appia,
cui si ricongiungeva in località Tres Tabernae. BRANDIZZI-VITTUCCI 2000, p.
125.
285
DE ROSSI 1981, p. 91
286
DE ROSSI 1981, p.96. Lungo il percorso sono inoltre riscontrabili resti di ville
romane.
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dell’Armellino, che superava con un ponte287; attraversava


dunque la zona dei Cioccati288 e dopo il piccolo ponte sul
torrente Pocacqua (località Tinozzi), presentava una
biforcazione: il ramo principale proseguiva verso Anzio; il
ramo secondario, che costituiva una diramazione verso SE,
proseguiva lungo l’odierna via di San Giacomo, continuava
lungo l’attuale via Romana e giungeva, infine, al litorale di
Nettuno289.
Nella zona di Torre del Monumento, 30 m. circa ad Ovest
del sepolcro, nei pressi della strada in questione, erano visibili,
fino agli anni Settanta, tracce di un cunicolo con paramento in
reticolato e fodera di cocciopesto290; sempre nelle vicinanze
del mausoleo, verso Sud, sono inoltre documentati resti di
dimensioni notevoli, forse attribuibili ad una villa romana291.
Inoltre una seconda via, probabilmente, si distaccava dalla
direttrice principale proveniente da Lanuvio, a circa 2 km
prima di Torre del Monumento e si dirigeva direttamente a
Nettuno292. Nel secolo scorso, lungo questa deviazione furono
distrutti numerosi tratti di basolato293.
L’antica strada romana visibile a Nettuno, era nota già nel
XVII e XVIII secolo294, soprattutto grazie all’ottimo stato di
conservazione in cui si presentava; e l’interesse crebbe nel
287
Sino agli anni settanta circa era possibile individuare le ultime tracce di questo ponte.
288
R. LANCIANI in DE ROSSI 1981, p. 102, fig. 22, documenta la presenza in questa
località, poco più di 2 km. a Sud di Torre del Monumento, sul margine occidentale
della strada, di alcuni resti in opera mista attribuibili ad un acquedotto con
andamento parallelo al percorso stradale.
289
Questo tratto finale della via è indicato in alcuni documenti del 1500 col
nome di “strada romana”, denominazione che conserva ancora oggi (attuale via
Romana a Nettuno). Memorie di Nettuno 2002.
290
DE ROSSI, op. cit., p. 102.
291
LANCIANI in DE ROSSI 1981, p. 102.
292
DE ROSSI 1981, p. 102
293
Un documento d’Archivio ricorda la sottrazione di un gran numero di basoli da parte
dell’imprenditore Bambacari, avvenuta nel 1845 a 2 km. da Nettuno, nella macchia
Tinozzi. DE ROSSI 1981, p. 103.
294
VOLPI 1726, p. 94
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XIX secolo, quando la via cominciò ad essere studiata


soprattutto da topografi295.
Fino a qualche tempo fa era possibile seguirne l’intero
tracciato in località La Campana; oggi invece è quasi
scomparsa del tutto296.
La via doveva essere costeggiata da numerosi monumenti
funerari297, dei quali solo uno è riuscito a sfidare il tempo e a
conservarsi fino ai nostri giorni298: la cosiddetta Torre del
Monumento299, che per secoli ha rappresentato il più
importante punto di riferimento nelle vaste foreste che
circondavano Nettuno, segnalata, per questo, in gran parte
delle carte topografiche della zona300.

295
NIBBY 1849, II, p.185 sgg; LANCIANI, Mss 86, 1, ff. 10 sgg.; TOMASSETTI
1975, p. 293.
296
Nel 1975, in occasione dei lavori di recinzione della pineta della Campana, sono
stati divelti molti basoli della via, che in questa zona presentava tratti ancora
perfettamente integri. Memorie di Nettuno, quaderni, 2002.
297
R. LANCIANI in DE ROSSI 1981, p. 102, segnala l’esistenza di un piccolo rudere,
forse identificabile con un sepolcro, a circa 300 m. a Sud della Torre del
Monumento, sul lato occidentale della strada.
298
La strada e i suoi monumenti funerari in passato furono utilizzati come cave di
marmo.
299
In realtà tale sepolcro era situato lungo una diramazione del percorso principale.
300
Cfr., ad es., la carta del Cingolani del 1692 in FRUTAZ 1972, II, tav.165, XXXII.
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Fig. 16. Il percorso Lanuvio-litorale di Anzio e la viabilità circostante principale


(da De Rossi 1981, fig. 2)

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Fig. 17. Il tratto di strada romana in località La Campana

4. 3. «La Torre del Monumento» (figg. 18,19,20;tav. 3,n.16)


I resti di questo sepolcro monumentale noto come «Torre
del Monumento» o «Torraccio»301 sono ancora oggi visibili a
circa 5 km a nord del centro di Nettuno, in contrada
Cadolino302, lungo quella che in età antica costituiva,

301
NIBBY 1849, II, p. 408.
302
Sul lato settentrionale della via del Pino, circa 700 metri dall’incrocio di questa con
via dell’Alberone. BRANDIZZI-VITTUCCI 2000, p. 125, n. 584.
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probabilmente, una diramazione della direttrice viaria che


collegava Antium e Lanuvium303.
Il monumento funerario ha suscitato l’interesse di molti
studiosi che lo hanno descritto e in alcuni casi anche
raffigurato304. Si presenta quasi nello stesso stato di
conservazione da loro tramandatoci: è composto da un dado di
base di circa 6 metri di lato su cui poggia un corpo cilindrico
ad elementi sovrapposti; è privo della sommità e la sua altezza
è di circa 7 metri305. A G. Giovannoni306 si devono un’accurata
descrizione e una ricostruzione grafica (fig. 18) secondo cui il
monumento, a tre piani, è inseribile nella tipologia dei sepolcri
ad elementi sovrapposti, detti anche a edicola a più piani307.
Esso è costituito da un basamento quadrato, realizzato con
fasce in opera reticolata con cubilia di arenaria, separate da
tegole308; seguiva un corpo tronco conico costruito in opera
mista su cui poggiava un elemento cilindrico decorato con
semicolonne309, coronato in cima da una cuspide310. Sul lato

303
NIBBY, Appunti manoscritti presso la British School at Rome, p. 54, descrive
questa strada che si distaccava dall’asse viario Lanuvium-Antium con tratti basolati
ancora conservati.
304
VOLPI 1726, p. 50, tav. III, in cui compare una delle prime raffigurazioni del
monumento; NIBBY 1849, II, pp. 408-409; il sepolcro compare anche in un appunto
manoscritto di R. Lanciani; TOMASSETTI 1975², pp. 343-345; Per altra
bibliografia cfr. DE ROSSI 1981, p. 101, n. 32.
305
TOMASSETTI 1975², p. 344, dice che doveva essere alto in totale 8 metri, ma è più
probabile un’altezza maggiore come propone VON HESBERG, p. 156, che lo dice
costituito da tre piani e ne ipotizza un’altezza di circa 17 metri.
306
G. GIOVANNONI, Tomba romana presso Nettuno, in Roma, rivista di studi e di vita
romana, XXI, Roma, sett.-dic. 1943, pp. 378-379. Lo studioso riferisce che il
monumento era noto anche con il nome di Tor Ricotta e che, ritornatovi dopo 7 anni
per effettuarne un rilievo, lo trovò in cattivo stato di conservazione, privo della parte
superiore ormai crollata e utilizzato come stalla per i maiali.
307
G. A. MANSUELLI s.v. Monumento funerario, in EAA, V, Roma 1963, pp. 181-
201; VON HESBERG 1992, p. 144 s.; TOYNBEE 1993, pp. 99-107
308
BRANDIZZI-VITTUCCI 2000, p. 126, n. 589.
309
NIBBY 1849, II, p. 409, lo aveva definito «una specie di tempietto rotondo,
esternamente decorato di mezze colonne»; GIOVANNONI 1943, p. 378, chiama
“lanterna” la parte superiore, per la somiglianza con la cosiddetta «lanterna di
Lisicrate» ad Atene; DE ROSSI 1981, p. 102.
310
GIOVANNONI 1943, propone un elemento a cuspide come nella tomba di
Aefionus Rufus a Sarsina, ma non esclude la possibilità di un coronamento di forma
conica, come, ad esempio, nella tomba dei Giulii a St.-Remy; NIBBY 1849, II, p.
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occidentale, a circa 2,50 metri di altezza esisteva l’incasso che


ospitava la tabella con l’iscrizione311.

Fig. 18. La Torre del Monumento secondo la ricostruzione grafica di


G. Giovannoni.

Il monumento inizialmente è stato datato all’età giulio-


claudia per le caratteristiche architettoniche ed edilizie312, ma,
successivamente, la fine del I secolo d.C. è stata ritenuta la
datazione più attendibile313.

409. e in seguito TOMASSETTI 1975², p. 344 propongono una cupola semisferica a


coronamento del sepolcro.
311
BRANDIZZI-VITTUCCI 2000, p. 126, ritiene che l’incasso, per le dimensioni,
incongruenti rispetto alla mole del sepolcro, ospitasse una lastra con rilievo piuttosto
che l’iscrizione, che invece doveva trovare posto tra questo e l’ingresso della cella
312
GIOVANNONI 1943, p. 379 dice che la tecnica edilizia utilizzata è propria del
periodo che va dalla fine del I sec. a.C. agli inizi del I sec. d.C., datazione cui riporta
anche la tipologia del monumento; DE ROSSI 1981, p. 102.
313
BRANDIZZI VITTUCCI 2000, p. 126.
73
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Infatti, la particolare tecnica muraria utilizzata nel dado di


base del monumento è impiegata in costruzioni di Pompei
successive al terremoto del 62 d.C.314 e alla fine del I sec. d.C.
sembra ricondurre anche la presenza, riscontrabile in
particolare nel tamburo superiore, dell’opus mixtum, la cui
maggiore diffusione nella zona anziate si verifica proprio in
questo periodo315.
Per quanto riguarda il proprietario del sepolcro non è
possibile alcuna attribuzione sicura316. Secondo quanto
sostiene la Brandizzi Vittucci, tra le epigrafi note, l’unica
riferibile al nostro monumento sarebbe la dedica funeraria ad
A. Larcius Lepidus Sulpicianus317, cui rimanderebbero la
condizione sociale della moglie Caecinia Larga, nipote del
console del 13 d.C., A. Caecina Largus e soprattutto la
probabile datazione dell’iscrizione ad età flavia, che si
accorderebbe con la datazione del sepolcro stesso318.
Come abbiamo visto, il monumento appartiene al folto
gruppo di sepolcri a edicola a più piani, caratterizzati da un
alto zoccolo coronato da un’edicola, molto diffusi nel mondo
romano a partire dal II sec. a.C.319, e derivanti da precedenti
ellenistici320. All’interno di questa tipologia, poi, le varianti
possono essere molteplici, soprattutto nella realizzazione
dell’edicola: si hanno così edicole su podio o con basamento a

314
ADAM 1990, p. 152, fig. 331.
315
BRANDIZZI-VITTUCCI 2000, p. 125.
316
VON HESBERG 1992, p. 149, afferma che di solito i proprietari di questo tipo di
tombe a edicola a più piani erano senatori o cavalieri.
317
CIL X, 6659.
318
BRANDIZZI-VITTUCCI 2000, p. 126.
319
Lo attestano i numerosi esempi presenti nelle necropoli delle città italiche, collocati
lungo le strade suburbane. MANSUELLI 1963, p. 187; VON HESBERG-ZANKER
1987, pp. 155-182, riporta l’esempio di Sarsina; VON HESBERG 1992, p. 144;
TOYNBEE 1993, pp. 101-103.
320
Tra questi il celebre Mausoleo di Alicarnasso.
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più piani, con lo zoccolo rotondo, monopteri a forma di tholos


o soluzioni prostile, con timpani o alzati piramidali321.
Comunque, di qualsiasi forma sia, l’edicola ha la funzione
di baldacchino, in genere destinato ad accogliere l’immagine
del proprietario della tomba322.
Fin dall’inizio questi sepolcri presentano una decorazione
architettonica molto varia e ricca, con fregi, capitelli figurati,
ecc.
I pochi esemplari compiutamente ricostruibili, ci
testimoniano come questi monumenti, da una prima fase in cui
si rifanno, nella forma e nelle dimensioni, a piccoli templi, con
una cella dietro il vestibolo prostilo, passino in seguito a forme
sempre diverse acquisendo dimensioni sempre maggiori. Il
basamento diviene più alto e su di esso compare l’iscrizione
commemorativa del proprietario323; dalla fine del I sec. a.C.,
poi, da una forma rettangolare stretta esso passa ad una forma
quadrata o longitudinale324 e può essere liscio325 o decorato326,
spesso posto su gradini molto alti.
Per quanto riguarda l’edicola, una delle forme più diffuse
tra la fine del I sec. a.C. e gli inizi del I sec. d.C., accanto a
quella a pianta rettangolare, è quella a tholos monoptera, con

321
MANSUELLI 1963, pp. 187-188; VON HESBERG 1992, p. 144.
322
Le statue-ritratto del proprietario compaiono però nella decorazione solo in un
secondo momento. VON HESBERG 1992, c. s..
323
Ne è un esempio la cosiddetta Tomba delle Ghirlande a Pompei, di età sillana,
costituita da uno zoccolo sul cui lato anteriore era alloggiata l’iscrizione, e da
un’edicola, in cui era collocata la statua del defunto. VON HESBERG 1992, p. 146
e p. 149, fig. 72; TOYNBEE 1993, p. 102.
324
Come si riscontra nelle tombe di età augustea della necropoli di Porta Nocera a
Pompei, molto simili alla Tomba delle Ghirlande, ma caratterizzati da una struttura
ridotta a semplice facciata. VON HESBERG 1992., p. 147 e p. 150, fig. 73;
TOYNBEE 1993, p. 103
325
Come nella tomba di Aefonius Rufus a Sarsina. VON HESBERG-ZANKER 1987,
pp. 155-187; VON HESBERG 1992, p. 151 e p. 152, fig. 174
326
Il basamento poteva presentare gli angoli decorati da semicolonne e lesene oppure da
pilastri, con, in alcuni casi, una porta al centro del lato anteriore. VON HESBERG
1992, p. 151.
75
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gli intercolunni aperti o chiusi, in cui generalmente sono


inserite le statue del proprietario della tomba e dei suoi
familiari327. Esempi interessanti sono la cosiddetta
«Conocchia» di Santa Maria Capua Vetere, che presenta, tra
l’altro, un basamento dalla forma molto particolare, e il
mausoleo dei Giulii a St.- Remy328.
In genere questi monumenti funerari ad elementi
sovrapposti sono a due piani329, ma non mancano esempi di
mausolei a tre piani, come ad esempio il già menzionato
sepolcro dei Giulii a St.- Remy; l’edicola inoltre, nella
maggior parte dei casi, è coronata da elementi piramidali più o
meno decorati, che ne sottolineano l’importanza330.
Questa tipologia di sepolcro, particolarmente adatta alle
esigenze di autorappresentazione delle classi dirigenti urbane,
a partire dal I sec. d.C. comincia a perdere importanza a Roma
e in Italia331, mentre il suo uso continua nelle province,
soprattutto in quelle renane e danubiane e in Africa, dove si
incontrano numerosi esemplari databili al II e III sec. d.C.332.
In conclusione, il monumento di Nettuno è inseribile nella
variante a tre piani con edicola a tholos con intercolunni chiusi
su tutti i lati333 e, probabilmente, con decorazioni di vario

327
VON HESBERG 1992, p. 159
328
MANSUELLI 1963, p. 188; TOYNBEE 1993, pp. 106-107
329
Il piano inferiore costituito dal basamento a gradini, quello superiore dall’edicola,
spesso poggiante su una specie di podio. VON HESBERG 1992, p. 159.
330
Queste terminazioni piramidali in alcuni casi sono decorate con sfingi agli angoli
inferiori e capitelli alla sommità, come a Sarsina. VON HESBERG 1992, p. 159.
331
Comunque, anche se poco numerosi, non mancano esempi databili al II sec. d.C., in
cui viene ripresa la forma a baldacchino, come ad esempio nella « tomba Barberini »
a Roma, sulla via Latina. VON HESBERG 1992, p. 172.
332
In questi sepolcri il ritratto del proprietario non costituisce più l’elemento dominante
e si diffondono nuovi valori e nuove forme, come è possibile vedere, ad esempio,
nei cosiddetti monumenti funerari a pilastro della Germania. VON HESBERG 1992,
p. 171 e pp. 180-182, figg. 97, 98.
333
Il monoptero poteva presentare gli intercolunni aperti sul davanti e chiusi sul lato
posteriore, oppure poteva avere un solo intercolunnio aperto sul lato anteriore, o
ancora gli intercolunni potevano presentarsi chiusi su tutti i lati; molto rara invece
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Chiara Conte Il Territorio di Nettuno in Epoca Romana

genere o anche ritratti del defunto, inseriti tra una colonna e


l’altra334.
È probabile che il tratto di strada lungo il quale sorge la
« Torre del Monumento », sia caduto in disuso già verso il III-
IV sec. d.C.335, determinando così una situazione di isolamento
del sepolcro, che contribuì alla sua conservazione nel tempo336.
Attualmente il sepolcro è in attesa di essere restaurato e
nell’area circostante è in procinto di essere avviata una
campagna di scavi archeologici, che, si spera, possa fornire
nuovi elementi utili alla conoscenza, non solo del monumento,
ma anche della zona limitrofa.

Fig. 19. La «Torre del Monumento» in una fotografia di fine Ottocento.

era la forma aperta a baldacchino. VON HESBERG 1992, p. 162.


334
VON HESBERG 1992, p. 160.
335
La stessa sorte toccò probabilmente anche all’intero percorso stradale Lanuvium-
Antium, come sembra attestare la Tabula Peuntingeriana, risalente al IV sec. d.C.,
in cui compare solo il percorso costiero da Ostia a Terracina.
Atlante storico-ambientale. Anzio e Nettuno, Roma 2002, p. 342.
336
BRANDIZZI-VITTUCCI 2000, p. 126.
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Chiara Conte Il Territorio di Nettuno in Epoca Romana

Fig. 20. La «Torre del Monumento» in una fotografia recente.

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5. Catalogo dei reperti sporadici nel territorio


di Nettuno

Premessa
Numerosi sono i reperti oggi disseminati nel territorio di
Nettuno. Ritrovati in modo fortuito, alcuni sono oggi
conservati nell’Antiquarium comunale, altri si presentano
riutilizzati all’interno del borgo medioevale, altri ancora sono
invece collocati in giardini privati.
A proposito del borgo, interessante è il reimpiego di alcuni
di questi materiali, soprattutto fusti di colonna, riscontrabile in
edifici, piazze e vie del centro storico. Lo stesso vale per le
mura di alcuni palazzi, anche di età medievale, in cui si nota la
presenza di piccoli frammenti di mosaico, elementi
architettonici e iscrizioni.
Dei fusti di colonna, oggi visibili, ci fornisce un elenco
Lanciani337: «Finalmente nel solo caseggiato di Nettuno ho
noverato 49 fusti di antiche colonne impiegati ad usi diversi,
fra i quali 19 di granito bigio, 1 di granito orientale, 13 di bigio
lumachellato, 6 di cipollino, 9 di marmo lunense ed 1 di
bell’africano in Piazza Segneri di m. 0,60 di diametro».
I reperti attualmente visibili nella città di Nettuno, sono,
per la prima volta, raccolti e analizzati all’interno del catalogo
da me presentato, organizzato per tipologia e suddiviso, al suo
interno, in base all’attuale luogo di conservazione.
Inoltre, allo scopo di documentare lo stato di
conservazione dei reperti analizzati, il catalogo è corredato da
tavole fotografiche. Ad esse seguono alcune tavole

337
LANCIANI in Bollettino dell’Instituto di Corrispondenza Archeologica, Roma
1870, pp. 14-18. Parte dei fusti menzionati dallo studioso è oggi andata perduta.
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planimetriche con la localizzazione delle presenze di età


romana oggi visibili, in modo da fornire una visione generale
della situazione attuale del territorio.
Alcuni dei reperti338 conservati nell’Antiquarium comunale
sono stati recentemente sottoposti a operazioni di restauro e
saranno esposti in occasione di una mostra, che verrà
prossimamente allestita all’interno del Forte Sangallo.
Tale materiale, collocato precedentemente in un giardino
privato, è stato recuperato e sequestrato nell’anno 2003 dal
Nucleo Patrimonio Artistico dei Carabinieri e sistemato nei
magazzini dell’Antiquarium.
Ciò ha reso possibile uno studio particolarmente attento di
questi reperti, consentendomi di osservarli giorno per giorno
durante le fasi del restauro, cosa che ha semplificato il
successivo lavoro di interpretazione.
Spero vivamente che il lavoro di restauro, riguardante
finora solo un ristretto numero di reperti, possa essere esteso
alla maggior parte di essi, in modo da costituire un ulteriore
strumento di studio nel generale quadro di ripresa, da me più
volte segnalato all’interno di questo lavoro, degli interventi
conoscitivi sul territorio.

338
Cfr cat. nn. 13, 45, 48, 49, 50, 51.
80

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