AMNISTIA, CRISI DELLA SEPARAZIONE DEI POTERI E AUTORITARISMO GOVERNATIVO di Tomás J. Aliste Santos Profesor Titular de Derecho Procesal (UNIR; España)
Quando scrivo questo articolo (dicembre 2023), in Spagna il nuovo
Governo di coalizione, composto da ministri socialisti e comunisti della nuova generazione, minaccia lo “Stato di diritto”. E ciò dopoché Sánchez ha prestato il suo ulteriore giuramento di Primo Ministro, possedendo una risicata maggioranza parlamentare, Lo scorso 16 novembre Sua Maestà il re Felipe VI, ha provveduto a designarlo come tale tramite il Regio Decreto 828/2023, con il quale don Pedro Sánchez Pérez-Castejón è stato nominato «Presidente del Governo», secondo stabilisce l’art. 62 della Costituzione spagnola del 1978. Va ricordato che al 6 dicembre 2023, la nostra Magna Carta è in vigore da quarantacinque anni fornendo il supporto costituzionale per uno dei periodi più stabili che si ricordino nella lunga storia della Spagna. L'ordine costituzionale del 1978 ha in instaurato una democrazia che garantisce i diritti e le libertà pubbliche perché in base al principio di supremazia costituzionale, proclamato dall'art. 9.1, sono stati profondamente assimilati e interiorizzati come principi guida del nostro ordinamento giuridico, la libertà e l’uguaglianza, il principio di legalità, la gerarchia delle fonti normative e la loro trasparenza, l’irretroattività delle disposizioni sanzionatorie non favorevoli o restrittive dei diritti individuali, la certezza del diritto, la responsabilità e il divieto di arbitrarietà dei poteri pubblici. Così come è stato fondamentale durante questo lungo periodo di tempo, il rispetto del principio della separazione dei poteri, specie l’indipendenza di quello giudiziario e l’obbligatoria efficacia delle sue decisioni. Tuttavia, il presidente Sánchez, il cui debole governo dipende da un conglomerato di forze politiche di sinistra e secessioniste, riunite dall’obiettivo comune di distruggere la Nazione spagnola, la sua Costituzione e le sue istituzioni fondamentali, ha deciso di ignorare la dignità che comporta il suo essere Capo del governo spagnolo. Di ignorare - ancor più! - molto grossolanamente l’ordine costituzionale del 1978, incoraggiando il gruppo politico di maggioranza che lo sostiene, cioè il Gruppo Parlamentare Socialista, a depositare al Congresso dei Deputati la “Proposta di Legge Organica di amnistia per la normalizzazione istituzionale, politica e sociale della Catalogna”, come risulta dalla Gazzetta Ufficiale delle Cortes Generales del 24 novembre 2023. Questa proposta è un'aberrazione giuridica impresentabile da qualunque parte la si guardi, persino imbarazzante per qualsiasi cittadino che abbia una pur minima conoscenza della Costituzione. Ed è insidiosa per l’unità della Nazione, perché impedisce al principio di uguaglianza di raggiunge nello stesso modo tutti gli spagnoli. Perché consente un sovvertimento dell’ordine costituzionale e vulnera la sentenza di condanna che la Corte Suprema ha emesso il 14 ottobre 2019 in ordine a quei delitti di ribellione, sedizione, appropriazione indebita, disobbedienza e appartenenza ad un'organizzazione criminale commessi dagli gli indipendentisti catalani. I quali il 27 ottobre 2017, data di ignominiosa memoria negli annali della storia nazionale, hanno osato sovvertire l'ordine costituzionale del 1978 arrogandosi il potere di dichiarare unilateralmente l'indipendenza della regione spagnola della Catalogna. Ora, qualche anno dopo quegli eventi, il Capo del Governo, va a braccetto con i nemici della Spagna, spinto dalla sua bramosia di potere e per mantenerlo. Forse anche per promuovere un nuovo ordine costituzionale più in linea con le pretese ideologiche della sinistra new age ora al governo spagnolo. Che si fa corifeo intemperante di nazionalisti e arrivisti di ogni genere che gli si accucciano intorno come uno stormo di piccoli vermi fedeli a un vero lupo travestito da agnello, il cui modo di procedere ci ricorda tristemente la lapidaria affermazione di Cicerone e contro Verre: «Perditae civitates, desperatis iam omnibus rebus, hos solent exitus exitiales habere:ut damnati in integrum restituantur, vincti solvantur, exsules reducantur, res iudicatae rescindantur. Quae cum accidunt, nemo est quin intellegat ruere illam rem publicam; hæc ubi eveniant, nemo est qui ullam spem salutis reliquam esse arbitrentur» (In Verrem II, liber V, 6,12). Il panorama è cupo. Per tutto il mese di novembre si sono succedute dichiarazioni di avvertimento contro questo. ignominioso disegno di amnistia da parte di prestigiosi giuristi, nonché di enti giuridici pubblici e privati, di gruppi imprenditoriali e sindacali e di tutte le associazioni che operano in ambito giudiziario e tributario in tutt’un con un grande intreccio di altri soggetti che riunisce buona parte della nostra società civile. Ma lungi dall’intimidire i sostenitori di questa assurdità, sembra piuttosto che tutto ciò abbia serrato i loro ranghi attorno alla volontà e all'ambizione morbosa di un solo uomo. Sant'Agostino diceva che è saggio correggere e stolto perseverare nell'errore. Ebbene, il Governo e il gruppo socialista che istituzionalmente lo sostiene in Parlamento, hanno preso come propria bandiera l'errore più grossolano. È vero che ci sono momenti in cui l’errore alza la testa e si impone con efficacia di risultati. Ma questa volta ci troviamo in una di quelle situazioni cruciali che la storia riserva ai popoli. E il Paese si è svegliato con la stessa determinazione e orgoglio delle migliori occasioni della nostra storia: lo ha fatto con la legge in una mano e il rosario nell'altra, proclamando che l'unità delle Terre di Spagna è un tesoro multisecolare, trascendentale e lasciato in eredità dagli spagnoli di tutti i tempi a quelli dell’ora presente affinché lo conservino a vantaggio delle generazioni che verranno. Pertanto, sorprendentemente, mentre succedono tutte queste sciocchezze, migliaia di cittadini, pur con diversità di convinzioni, sono scesi in strada a difesa dell’ordine costituzionale. Non lo fanno per meschini interessi individuali: escono in difesa del bene comune che si indentifica in quello della Nazione. Naturalmente, la Costituzione spagnola del 1978 contiene al suo interno meccanismi per controllare il potere e fermare l’arbitrarietà di ciò che le Cortes Generales effettivamente potrebbero concretizzare siccome sono orientate a fare. Da un lato, la nostra Corte Costituzionale dovrà pronunciarsi su ogni ricorso per incostituzionalità che potrà essere presentato da cinquanta deputati o senatori nel caso in cui l'aberrante disegno eversivo venisse tradotto in legge e come tale promulgato. D’altra parte, i nostri giudici di merito, soprattutto quelli cui spetta di procedere nelle procedure criminali pendenti (tra cui quelle riguardanti il golpista Puigdemont e i suoi principali scagnozzi fuggiti dalla Spagna) potranno promuovere eccezioni pregiudiziali su tale sventurata legge di amnistia davanti alla stessa Corte Costituzionale e, soprattutto, davanti a corti sovranazionali come la Corte dell’Unione Europea. Inoltre, se necessario, dopo avere esaurito le procedure del diritto interno, anche i i cittadini, da soli o organizzati in gruppi potranno rivolgersi alla Corte di Strasburgo come querelanti deducendo la manifesta violazione dell'art. 14 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo. Né voglio concludere senza ricordare che, oltre a tutti questi pesi e contrappesi, spetta alla massima magistratura spagnola, a Sua Maestà il re Felipe VI, il potere costituzionale di controllare e moderare il regolare funzionamento delle istituzioni. Questo potere del monarca, esercitato nel rispetto della più ampia aequitas nondum constituta, può rivelarsi decisivo in questi momenti cruciali di indubitabile collisione tra il potere giudiziario e gli altri due poteri politici dello Stato: e specie per quelle accuse che vengono rivolte ai nostri giudici di “farsi fonte normativa” con la malcelata pretesa di calpestare la loro indipendenza e condizionare così le sentenze agli intendimenti di chi detiene il potere governativo. Si tratta di questione che, laddove non fosse risolta, significherebbe il trionfo della tirannia e la fine dello Stato di diritto in Spagna, il cui ordinamento costituzionale sarebbe un mero trompe l'oeil per nascondere gli indicibili desideri di un despota la cui sinistra arroganza e grossolana stupidità non permettono di vedere oltre la sua ombra.
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