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Cinquanta anni e non li dimostra questo ricordo che mi è rimasto anche dopo che il Presepe non si
faceva più: quindici o sedici anni, l’età della ragione, delle cose vere, l’età della quasi vergogna di
sognare con i pastori, Cosa vuoi stare a giocare con quelle figurine, e poi cambi casa, non c’è spazio
nella in quella nuova, non vorrai sporcare per terra con tutto quel muschio. Finalmente arriva la
televisione, anche a casa mia. Boom economico e tempesta che cancella storie e passioni, che fa
provare i primi lutti in nome del vero e del pratico.
Ma quelle statuine dove saranno adesso?
Adesso che se voglio posso averne anche di più, quelle, con i loro nomi strani, fragili e un po’ rotte
mi mancano.
Questo lavoro lo dedico a loro
Stefano Zuffi
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01 La Madunnena, quando si livò sermone, Romagna 1’12
02 Andiamo noi pastori canto natalizio, Appennino bolognese 1’48
03 Madonèina chèra chèra sermone, trad. S.Ilario d’Enza, Reggio Em. 0’54
04 A Cesare canto natalizio, Appennino modenese 3’51
05 Madonnina bela bela canto/orazione, Appennino bolognese 2’36
06 Stanott a mezzanott sermone, Romagna 0,52
07 Spesso i pastori si fermano. A guardare le stelle.
ballo, Bologna 1’58
08 Due Due canto enumerativo, Bologna 3’30
09 Mo cus’el sermone, Bologna 0’33
10 Manfrina / Polca del piffero balli da piffero 2’52
11 Rumì rumì Sånta Mareia sermone, Romagna 1’20
12 Spagnoletto ballo, Appennino bolognese 2’46
13 Anna Susanna sermone, Romagna 1’41
14 Befana dei vecchi / Befana dei giovani canti per la Befana, Appennino Toscano 3’45
15 Pasquella della valle del Bidente canto di questua, Valle del Bidente 6’05
16 La befana vien di notte/Ecco donne la Befana/ Ninna nanna ninna oh
filastrocche/canto natalizio, Bologna 4’11
17 E piov e piov sermone, Romagna 1’12
18 Manfrine balli, Appennino bolognese 3’42
19 Pasquella delle Marche canto di questua, Marche 5’08
20 Per guarire le scottature scongiuro, Pieve di Cento (Bologna) 0’28
21 Il caprone/Sarmon ed Nadel ballo cantato/sermone,
Appennino bolognese 2’15
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01 La Madunnena, quando si livò
in: Giovanni Bacocco, Antiche orazioni popolari romagnole, Editrice La Mandragora, Imola 2004,
pag. 65
Raccolta nel 1928 da Giovanni Bacocco (Giovanni Bagnaresi) questa orazione sulla maternità
racconta della Madonna intenta a filare, attività prettamente femminile e simbolicamente riferita,
nelle culture tradizionali, a persone in grado di dare la vita o la morte. Anche il cespuglio di salvia
entro cui il fuso va a cadere sfuggendo dalle mani di Maria, rappresenta una velata ed elegante
metafora sessuale.
La Madonnina, quando si levò / prese la sua rocchina e filò: / il primo fusettino che filò / fu quello
per vestire il buon Gesù; / l’altro fusettino che filò / in un piccolo cespo di salvia le cascò. /
Nell’abbassarsi, nell’inchinarsi / dovette venirle un gran male. / “Madruccia mia, non state a gridare
così forte: / quando saranno passati tre giorni / deve venire al mondo un bel figlio: / deve mantenere
la luna con il sole; / la luna con il sole manterrà / fino a che dura e durerà.”
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02 Andiamo noi pastori
informatrice: Maria Grillini, Roncò di Monghidoro (Bologna)
registrata nell’aprile del 1985 da Stefano Zuffi
In questo canto, così come in molti altri canti rituali e di argomento sacro / devozionale del
territorio in questione, emerge una contaminazione specifica con i repertori e le melodie dell’Italia
centro meridionale. Ciò è ovviamente innanzitutto determinato dalla collocazione geografica, al
confine con l’area toscana, ma anche da scambi e incroci di repertori con gruppi di varia
provenienza (pastori, cantastorie e zampognari primi fra tutti).
Questo brano lo dedichiamo a Maria Grillini, da cui l’abbiamo appreso, che anche dopo essersene
andata, possa sentire questi suoi canti.
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03 Madonèina chèra chèra
registrata nel maggio 1999 dal Gruppo di ricerca sul canto e le tradizioni popolari di S. Ilario
d’Enza.
edita in: Gruppo di ricerca sul canto e le tradizioni popolari di S. Ilario d’Enza, Tra lum e scur,
Comune di S. Ilario d’Enza, 2000, pag, 170.
Questa orazione conserva un elevato valore magico / rituale, messo in evidenza prima dall’elenco di
oggetti / simboli evocati (nominazione), e poi evidenziato definitivamente dalla formula della
ripetizione delle trentasette volte la notte di Natale per salvare un’anima dal Purgatorio. Al centro di
ritualità che hanno origini precristiane, Natale è la notte nella quale sacro e profano sono in
comunicazione, centro del passaggio tra il mondo soprannaturale e quello terreno.
Madonnina cara cara / prestatemi la vostra scala / per andare in paradiso / a trovare San Luigi. / San
Luigi era morto / e nessuno se ne era accorto / gli angeli cantavano / la Madonna in ginocchio /
diceva l’orazione / orazione benedetta: / vale più di una messa / una messa Sant’Anna / San Pietro
la chiama / San Giuseppe risponde / croce in cielo e rami in fondo / Pomoli d’altare / acqua di mare
/ fontana del paradiso / benedetto quel corpo / e quell’anima che la dice / la dirà trentasette volte / la
sera di Natale / toglieremo un’anima dal purgatorio / la metteremo a riposare.
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04 A Cesare
Questo testo l’abbiamo avuto “in prestito” da Graziano Magagnoli, “Monduja”, per anni attivo
come musicista e ricercatore con I Viulàn, ed ora anima de I Paulèm, di Pavullo nel Frignano,
Modena. E’ la trasposizione quasi letterale del racconto della nascita così come la espone il
Vangelo Apocrifo dello Pseudomatteo. Anche qui il rimando alle novene e al canto alle zampogne
del centro sud Italia appare con evidenza, volutamente enfatizzato dall’arrangiamento.
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05 Madonina bela bela
registrata a Gaggio Montano (Bologna) nel 1990 da Paolo Bernardini
edita in: Giorgio Vacchi, Canti Emiliani (e non), Edizioni Calderini, Bologna, 1997, pag. 170
Nota in un’ampia area dell’Italia centro settentrionale, è una delle più diffuse cante / orazioni sulla
Natività. Questa versione dell’Appennino bolognese possiede una linea melodica tra le più delicate
ed interessanti, oltre che congrua con il testo e il significato. L’utilizzo del dialetto in una canta di
carattere sacro rappresenta poi un’ulteriore singolarità.
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06 Stanott a mezzanott
in: Giovanni Bacocco, op. cit., pag. 69.
La Madonna e San Giuseppe nelle orazioni popolari sulla maternità vengono rappresentati, o
raccontati, come persone assolutamente normali, capaci di gesti di tenerezza ‘umanizzati’;
raccontano infatti di Gesù che prende il latte materno, della Madonna che lo fascia e Giuseppe che
fa il fuoco per scaldare la Capanna. Anche sotto l’influsso delle rappresentazioni francescane della
Natività (dal Presepe di statuine a quelli in cui i personaggi sono in carne e ossa, i cosiddetti
“Presepi viventi’), la Nascita viene collocata sul piano di una quotidianità, di una normalità
condivisa e nota, perciò facilmente comprensibile a tutti i fedeli.
Stanott a mezzanott
Chi l’è ned un bel baben,
bianch e ross e rizzulen,
chi l’è là in cla capanna:
a ‘e puvirin i i fa nanna;
sol un po’ d’paia, sol un po’ d’fen
da indurmintè chi burdilen.
Chi éla mai cla zovna bela
Ch’l’arsplend cum ‘e ‘na stella?
Ma l’è propri la su mamma,
pimpinella, dolza rama.
E che vcin a n’e’ cnunsì?
L’è Iusef prufetì.
Stanotte a mezzanotte / è nato un bel bambino / bianco, rosso e ricciolino, / che è là in quella
capanna / al poverino fanno la nanna; / solo un po’ di paglia, solo un po’ di fieno / da addormentare
quel fanciullino. / Chi è mai quella giovane bella / che risplende come una stella? / Ma è proprio la
sua mamma / pimpinella, dolce rama. / E quel vecchino non lo conoscete? / E’ Giuseppe profeta. /
Se lo so, gente mia, / mi farete un ringraziamento, / e per finire il mio sermone / vi domanderò scusa
e perdono.
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07 Spesso i pastori si fermano. A guardare le stelle.
Immaginando un bivacco, un accampamento di pastori, vicino alla Capanna, vicino al Cielo, forse
sugli Alai Tau dell’Asia Centrale: aria di festa, di pace. E allora un ballo.
08 Due Due
Canto enumerativo che rimanda ad antiche formule rituali che risalgono alle origini della cultura
popolare indoeuropea, dove spesso l’ordine dei numeri ha una funzione beneaugurale e di scongiuro
contro il male.
La versione che riproponiamo viene da Bologna ed è nota soprattutto come filastrocca e gioco
infantile. Quante volte con mio fratello abbiamo giocato a chi la recitava più velocemente senza
sbagliare…
Due due
l'asino e il bue
Tre tre
tre santi Re Magi
Quattro quattro
quattro evangelisti
Cinque cinque
cinque precetti
Sei sei
sei an al sò brisa
Sette sette
sette Sacramenti
Otto otto
otto ciara ciara
Nove nove
nove cori angelici
Dieci dieci
dieci comandamenti
ritornello
Il bimbo nella culla
la luna'l sol
chi ha creato il mondo
l’è stà nostro Signor
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09 Sarmon ad Nadèl
Sermone natalizio che i bambini erano soliti recitare alla cena della Vigilia di Natale o al pranzo,
spesso sontuoso e abbondante del giorno di Natale stesso: trionfo di tortellini e di lesso, di zuppa
inglese e budini della nonna. Per noi bambini era però come un teatrino dove recitare i Sermoni,
poesie molte volte composte da noi per l’occasione, forse anche con l’aiuto dei nonni. Venivano
recitati ai parenti tutti, i quali pagavano la performance con qualche soldino o regalo.
Questo Sermone fa parte dei miei ricordi d’infanzia.
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11 Rumì rumì Sånta Mareia
registrata da: Pietro Sassu e Isa Melli a Sant’Alberto di Ravenna nel 1979 - 1980
edita in: Romagna: le voci. Ricerca sul folklore di Sant’Alberto di Ravenna, a cura di Pietro Sassu,
Longo Editore, Ravenna 1991, pag. 157.
Preghiera di questua di un pellegrino (romeo, appunto) che nella Romagna di fine ottocento era
assai noto e che venne ricordato da Paolo Toschi, nel suo lavoro “Spunti di folklore romagnolo
suggeritimi dagli studi di F. Balilla Pratella”, in: Francesco Balilla Pratella, Poesia, narrazioni e
tradizioni popolari in Romagna, s.e., Forlì, 1921.
“Uno sopra tutti gli altri altri ha lasciato vivo il ricordo di sé in tutta la gente della bassa Romagna:
è Rumì “ d’ Sånta Mareja” di cui i nostri babbi si ricordano ancora assai bene.
Viveva, adunque, circa trenta o quarant’anni fa, e girava, mendicando, per tutti i nostri paesi e
villaggi: si trovava a tutte le fiere, nei mercati e nelle feste di campagna. Era alto, con due larghe
spalle e il volto prognato a musi di porco; lurido, con le vesti a brindelli. Tutti regazzi gli si
affollavano intorno, sbeffeggiandolo e tormentandolo, ed egli li scacciava con un lungo bastone che
soleva portare sempre con sé. Aveva una sua lunga cantilena, una nenia semi-cantata su poche
estese modulazioni: con essa egli soleva incominciare per raccogliere il pubblico intorno a sé: ne
ricordo il principio
Rumì Rumì d’Santa Mareja,
chi mi dà la bona veja,
chi mi dà la bona strè,
chi mi dà lo bono amdè,
chi mi dà la sanitè,
la sanitè u la dà Idio
la caritè pr’amor di Dio…”
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õn in braz a e’ Signór mi
e’ Signór mi l’è là ingidéa
cun e’ sãngh tot sparpaiéa
mi rusura mi rusura
tri quatrè la móart in scura
chi la sa e chi la dis
i guadãgna e’ paradis
chi la dis tre vóalt ‘t un fiéa
e’ paradis l’è guadagnéa.
Romeo romeo Santa Maria / chi mi dà la buona via / buona via e buon andare / chi mi dà la salute /
la salute me la dà Iddio / perché vada in mezzo all’acqua / quando sono in mezzo all’acqua / la
Madonna mi abbraccia / mi porta sulla mano destra / perché sia benedetta / benedetta bella e buona
/ la mia vita ve la dono / ve la dono a voi San Pietro / che avete le chiavi da aprire il cielo / valle
aprendo valle chiudendo / la Madonna va chiamando / va chiamando il pio riposo / Madonna mia
avete visto il mio figliolo / sì che l’ho visto / l’ho visto là in Gerusalemme / con tre croci: una in
piedi, una in mano / una in braccio al Signor mio / il Signor mio è là inchiodato / con il sangue tutto
sparpagliato /mi rusura, mi rusura (?) / tre quattrini la morte scura / chi la sa e chi la dice /
guadagnano il paradiso / chi la dice tre volte di un fiato / il paradiso è guadagnato:
12 Spagnoletto
Ancora un ballo, questa volta dal repertorio di Melchiade Benni, il leggendario violinista di
Monghidoro. Con il suo stile e con la sua capacità di ricordare i balli, o come diceva lui le suonate,
è possibile, ancora oggi, riproporre i balli della tradizione che altrimenti sarebbero andati
definitivamente perduti. Questa nostra interpretazione è ispirata all’origine o alla reinterpretazione
colta di questa danza documentata fin dal XV secolo, riportando linea melodica e forma in maniera
assolutamente concordante.
A Melchiade, al suo violino e alla generosa disponibilità che sempre ha avuto con noi.
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13 Anna Susanna
in: Giovanni Bacocco, Antiche orazioni popolari romagnole, Editrice La Mandragora, Imola 2004,
pag. 65
Preghiera sulla Natività composta però dall’accostamento di testi di varia natura e origine, capace
contenere tracce di sacre rappresentazioni, di elementi mitici o fiabeschi, cosiccome formule
apotropaiche e magiche. Il tutto confezionato all’interno di una struttura metrica iterativa,
caratteristica delle ninne nanne o delle filastrocche infantili.
Anna Susanna,
rispondi a chi ti chiama,
guarda la luna,
quel che c’è in bocca,
una presa di fuoco,
di là del mare
la notte di Natale, quando e’ Signor nasceva
la terra fiureva, i énzel i cantava,
la Madonna la predicheva.
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Cun di l’acqua di lumega;
e’ Signor e la Madonna
ch’i si vegna a ripusè;
tot i sent i ha pres amor,
sia ludè noster Signor.
[… ]quando il Signore nasceva / la terra fioriva / gli angeli cantavano / la Madonna predicava. //
San Giuseppe è un vecchierello, / porta il fuoco sotto il mantello / da scaldare Gesù bello; / Gesù
bello è un bel bambino, / bianco e rosso e ricciolino: / la sua mamma lo fasciava, / San Giovanni lo
battezzava; / lo battezzava grande e grosso, / che portava il mondo addosso; / mondo addosso,
arriva l’acqua, / arriva l’acqua alla cintura, / perdonate questo peccato; / peccato bello e buono, / la
mia vita ve la dono, / la dono a voi, San Pietro, / che avete le chiavi da aprire il cielo; / da aprire e
da chiudere, / la Madonnina lo chiamò; / chiama, chiama: “Pietro e Paolo, / che ho visto il Figlio
mio; / un [chiodo] in braccio e uno nei piedi, / da donare al Signor mio”. / Signor mio è stato
inchiodato, / tutto il sangue è sparso. / Mala usura, vile usura, / tre fratelli sono morti sotto la scure,
/ morte sotto la scure malvolentieri, / Gesù Cristo e la bandiera. / Chi ha fatto questo bel vaglietto? /
L’hanno fatto i sasalnes / con dell’acqua di lumaca, / Il Signore e la Madonna / che vadano a
riposarsi; / tutti i Santi hanno preso ad amarlo, / hanno lodato nostro Signore.
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14 Befana dei vecchi / Befana dei giovani
Registrazione sul campo e trascrizione di Ester Seritti, Montefegatesi, (Lucca) anni ‘70
Montefegatesi è una amena nonchè splendida località nel cuore dalla Garfagnana, non distante da
Bagni di Lucca. Ho assistito personalmente, prendendovi parte, ad un paio di edizioni della
“befana” di questua della sera del cinque di gennaio a Montefegatesi.
Questo è lo svolgimento della befana dei vecchi: un gruppo di persone si ritrova, in maniera
spontanea, con una fisarmonica e/o altri strumenti e accompagna la befana alle porte delle case,
intonando una strofa dedicata ai presenti (ragazzetti, vecchiarelli, donne maritate, ecc...). La befana,
dopo aver lasciato un piccolo dono, raccoglie la questua (farina dolce, salumi, altre cibarie). Il giro
va avanti per tutta la sera fino a tarda ora, senza trascurare nessuna abitazione.
Sembra che in origine, tra i beni raccolti, vi fosse in prevalenza farina di castagne, distribuita poi
alle famiglie più povere del paese che non avevano la proprietà delle selve. Spirito solidale che
ritroviamo nella locale società del libero pensiero “Giordano Bruno”.
Negli ultimi decenni la tradizione vuole che finito il giro di questua, i beni vengano consumati con
tutto il paese nella sala del circolo, dove il più anziano taglia col filo la polenta dolce, che viene
mangiata con il biroldo.
La befana dei giovani, più ritmata e dall’andamento più mosso e allegro, nonostante nel testo ci sia
una indicazione temporale relativa al cinque di Gennaio, secondo Enzo Lanini, appassionato
conoscitore delle tradizioni locali, sembra che sia uso cantarla da ragazzi giovani la settimana dopo
quella dei vecchi.
Entrambi i testi presentano la classica quartina di ottonari con il verso ripetuto usato anche nei canti
del maggio.
Daniele Poli
Ha portato ai ragazzetti
delle noci e dei confetti
ciaschedun le calze metti
ai’ camin gli verrà dato
delle noci e dei confetti
Ha portato ai vecchiarelli
un baston di buon legname
e per più se avvesser fame
un buon piatto di tortelli
ha portato ai vecchiarelli
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con le pietre inargentate
alle donne maritate
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15 Pasquella della valle del Bidente
registrata a Meldola (Forlì Cesena) il 5 gennaio 1983 da Fabio Lombardi
edita in: Fabio Lombardi, Canti e strumenti popolari della romagna bidentina, Società Editrice Il
Ponte Vecchio, Cesena 2000, pag. 105
La Pasquella è un canto rituale che viene eseguito la notte del 5 e la giornata del 6 gennaio. Canto di
questua che gruppi di ragazzi mascherati vanno cantando casa per casa accompagnandosi talvolta
con strumenti musicali. Beneaugurali sono le formule rivolte ai padroni di casa i quali
corrispondono a tali dediche e benedizioni con regali di prodotti alimentari, vino e regalie varie, che
vengono successivamente consumate dal gruppo dei “pasqualotti”, così come vengono chiamati in
area romagnola, in una grande cena / festa colettiva. Forse anche questo è un rimando al senso più
proofndo della Comunione…
Giunti a Gerusalemme
ed Erode salutato
dite a lui che l’è già nato
nei confini di Betlemme
hu! L’è figlio di Maria
viva pasqua epifenia
hu! L’è figlio di Maria
viva pasqua epifenia
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Dopo assai lungo cammino
vedon che l’amica stella
sopra l’umil capannella
nel percorso del bambino
egli è nato da Maria
viva pasqua epifenia
egli è nato da Maria
viva pasqua epifenia
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16 La befana vien di notte / Ecco donne la Befana / Ninna nanna ninna oh
informatrice: Maria Grillini, Roncò di Monghidoro (Bologna)
registrata nell’aprile del 1985 da Stefano Zuffi
Canto d’evidente origine tescana, noto anche a Monghidoro. Il testo che abbiamo registrato appare
frammentario, privo soprattutto di quelle parti che collocano questo canto tra le questue della
Befana.
Le due filastrocche che accompagnano il testo cantato appartengono ai miei ricordi d’infanzia:
riproporle e riascoltale registrate ha provocato una certa emozione. Forse mia nonna proprio a
questo tendeva quando cinquanta anni fa me le cantava, sempre quelle e sempre uguali. I vecchi, si
sa, sono saggi…
Da Firenze in lucchesia
la Befana l’è venuta
tutti quanti vi saluta
quando siete nel paese
quando siete nel paese.
La Befana poverina
porgetele qualcosa
non ha panni e non ha dote
si marita domattina
si marita domattina
Vi ringrazia la Befana
che l’avete favorita
Iddio vi dia una lunga vita
bona gente state sana
bona gente state sana
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perché già son bianchi i monti
abbiam fatto i nostri conti
vi facciam la riverenza
vi facciam la riverenza
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17 E piov e piov
in: Giovanni Bacocco, op, cit., pag. 247
Questo testo formato da immagini e vicende poco collegate tra loro, conferisce alla preghiera una
connotazione magica: uno scongiuro, una formula magica contro il cattivo tempo. E’ la notte di
Natale è notte sacra ma anche notte magica. L’apertura del condotto astrale (il camino del “zoch ed
Nadel” e della Befana), via di comunicazione tra l’alto e il basso, tra il terrestre e il soprannaturale,
tra il mortale e il divino, consente infatti prodigi e miracoli, divinazioni e guarigioni. E’ in questa
notte, e solo in questa, che le donne che sanno “segnare” possono passare il loro sapere ad altri,
senza commettere infrazioni che le priverebbero dei loro poteri. D’altra parte anche coloro che
apprendono solo in questa notte possono ricevere il “dono”, che altrimeti perderebbe di efficacia.
Piove, piove, vuol nevicare, / tante pecore da badare, / ne ho una fila tanto lunga, / non la posso più
raggiungere: / ho quelle di San Lorenzo, / che mi fanno guastare il tempo; / il tempo e la grandine, /
il Signore alla finestra, / che aveva tre ghirlande in testa: / una gli cadde in mezzo al mare, / tutti gli
angiolini andarono a pescare; / pesca, pesca, pescatore, / pesca le anime del Signore, / pesca le
belle, pesca le brutte, / angiolini pescatele tutte.
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19 Pasquella
registrata a Monsano (An) da La Macina nel 1973
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je daremo ‘na raschiadella
bon anno novo e bbona Pasquella.
Gesù Bambino appena nato / fu unto e poi lavato / la sua Mamma con gran cura / carne cotta
diventa cruda / Gesù Giuseppe Maria / per tre volte si ripete sempre segnando il male e poi si unge.
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21 Il caprone / Sarmòn ed Nadèl
informatrice: Maria Grillini, Roncò di Monghidoro (Bologna)
registrata nell’giugno del 1985 da Stefano Zuffi
Il caprone era considerato un animale magico, con poteri soprannaturali. Il testo di questo ballo
cantato è una formula magica dove vengono a mescolarsi scongiuri contro la grandine e il fulmine,
con una ricetta curativa a base di foglie di felci seccate al sole. Il richiamo al volo fa anche pensare
ad un viaggio sciamanico (vedi i Benandanti friulani di Carlo Ginburg). Questo brano pare essere
una parte di un foglio volante di cantastorie dell’ottocento di area toscana, che Caterina Bueno
ripropone integralmente nel suo discoCanti di Maremma e di anarchia, col titolo Le streghe di
Barigazza.
Ho ballato il caprone
da Monghidor fino a Bargazza
ma un caprone di quella razza
non l’avevo mai trovà
Libera i fulmini…
Sarmon ed Nadel
l’acqua l’um fa mel
al ven l’um fa bon
dem una mlaranza
ch’a i’h dett al mì sarmon.
Sermone di Natale / L’acqua mi fa male / il vino mi fa bene /datemi una arancia / che ho detto il
mio sermone.
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STEFANO ZUFFI &
PNEUMATICA EMILIANO ROMAGNOLA
Stefano Zuffi: voce, chitarra, ghironda, piffero, piva emiliana, flauto, violino, clarinetti (in sib, in
sol, contralto in mib),
Marco Bartolini: percussioni
Veronica Benuzzi: voce
Umberto Cavalli: fisarmonica, melodica
Marco Muzzi: contrabbasso, basso acustico
OSPITI
Carla Artioli: voce
Franco Renzoni: voce
Daniele Poli: chitarra, voce
Felice Lippolis: tamburelli
Registrazione: Umberto Cavalli presso Horse’s studio, Castel San Pietro (Bologna), ottobre 2006
Stampa: EasyReplica, Pesaro
Mixaggio: Stefano Zuffi e Marco Bartolini presso Ondaparse Studio, San Clemente, Monterenzio
(Bologna)
Foto: Marco Muzzi
Grafica: Matteo Venturi e Marco Bartolini
Ringraziamenti
Un lavoro come questo è frutto di un corpo unico e solidale fatto di relazioni, incontri, passioni ed
amicizie.
Ringraziamenti e dediche non bastano a spiegare quanto, di questo lavoro, dobbiamo a tanti di voi.
Grazie di cuore a:
Giovan Battista Mafessoli, che ci ha lasciato per andare a scambiare quattro chiacchere di persona
con i suoi amici Camuni;
Vanda e Vittorio, per il cibo mai scarso, anche d'affetto e sorrisi;
Don Aldo di Forlimpopoli che anche prima di noi ha creduto in questo lavoro.
Che queste musiche siano d’auspicio per quella creatura che, dolcemente cullata dal ventre materno,
ha potuto ascoltare in anteprima quasi tutto. I nostri strumenti ed i nostri microfoni ti aspettano per
darci il cambio.
La carta costa, gli alberi scarseggiano, la vista si affievolisce, i caratteri sono sempre troppo piccoli
e quelli che hanno voglia di leggere i libretti sono sempre meno. Abbiamo così deciso di farci e
farvi uno, ma che dico, due regali: in allegato troverete tutti i testi (e le traduzioni) dei brani del
disco ed il frutto del lavoro che, con il sudore della fronte, ha portato alla Laurea Filippo Pasini...
tanto per completare l’opera.
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