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Tiziano Franzi, Simonetta Damele

Leggere insieme
sta i pe r l e g ge r e . ..

LOESCHER EDITORE

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Ristampe

5 4 3 2 1 N
2018 2017 2016 2015 2014 2013

ISBN 9788858307137

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dell’apprendimento (DSA)

Coordinamento editoriale: Francesca Asnaghi, Milena Lant


Redazione: Marta Falco
Disegni: Valentina Mai
Impaginazione: Sara Blasigh
Copertina: Visualgrafika - Torino

Stampa: Sograte Litografia s.r.l. - Zona Industriale Regnano - 06012 Città di Castello (PG)

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INDICE
Tutti i testi sono presenti nel volume Generi, temi, laboratorio delle abilità 1;
il riferimento alla pagina corrispondente è riportato nella colonna in colore.

Tutti gli esercizi conservano la medesima numerazione che hanno in Generi, temi,
laboratorio delle abilità 1. 

La gallina secca p. 5 p. 18
Di che cosa hai paura? p. 9 p. 78
Uno strano pesce p. 14 p. 146
«Bix u kaba, pal?» p. 18 p. 154
L’orto del nonno p. 27 p. 208
La figlia del Sahara p. 32 p. 269
Un cavaliere molto particolare p. 36 p. 341
Un piccolo cavaliere p. 42 p. 387
Gli animali hanno dei diritti? p. 48 p. 411
Se i libri fossero... p. 52 p. 442
Per chi crede e chi non ci crede p. 54 p. 451
L’assedio di Troia p. 56 p. 579
Eolo, il re dei venti p. 63 p. 615
VERIFICA Il principe che sposò una rana p. 67 p. 129
VERIFICA L’uomo che ringhia coi lupi p. 72 p. 422
VERIFICA In chiesa p. 75 p. 511
VERIFICA Aracne p. 77 p. 562

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La gallina secca
Gallina
Salendo incontra la Volpe
secca va in
che rinuncia a mangiarla
montagna per
ingrassare

In montagna Ingrassa
e fa tanti pulcini

Gallina
in autunno decide grassa torna
di scendere e sulla dalla sua
via del ritorno padrona che
inganna la volpe la tiene con sé

C’era una gallina secca secchina1. La padrona le dava da mangiare tante cose
buone, ma la gallina non diventava grassa.

«O gallina, che aspetti a ingrassare?»

«Faccio quel che posso, padrona!»

«E domani ti tiro il collo2, per un po’ di brodo!»

«No, per pietà! Mandami in montagna: con l’aria fresca e l’acqua buona mangerò
l’erba, sarò contenta, ingrasserò!»

1 secchina: diminutivo di «secca» che significa “molto magra”, “tutta ossa”.


2 ti tiro il collo: ti uccido.

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«Va bene, vacci3: ma in autunno torna bella grassa, pronta a covare, o il collo
tirerò e il brodo farò».

La gallina partì: ai piedi della montagna, dietro un albero, c’era una volpe.

«Gallina secchina, ti voglio mangiare!»

«No, vedi? Sono tutta ossa! Quando torno dalla montagna, sarò grassoccia,
e mi mangerai!»

«Ti aspetterò».

La gallina salì in montagna: aria fresca, acqua buona, piante, erba tenera;
raspò4, beccò, tutta contenta, cominciò a ingrassare. Fece anche le uova,
e nacquero dodici pulcini, che rasparono, beccarono, e diventarono grassocci, con
la loro crestina rossa. Ma ecco, dagli alberi cominciarono a cadere le foglie, e si sentì
il tuono.

«È autunno, bisogna tornare a casa», disse la gallina. «Ma prima, vedete quel
campo di panìco5, con gli spennacchi? Ognuno di voi, tranne il più piccolo, prenda
nel becco uno spennacchio, e non dica niente, penso a tutto io».

Così scesero in fila, la chioccia6 davanti, i galletti dietro con un pennacchio

3 vacci: attenzione, è l’imperativo presente del verbo “andare”.


4 raspò: grattò il terreno con le zampe.
5 panìco: pianta simile al grano che produce spighe «spennacchi».
6 chioccia: gallina che ha i pulcini.

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in becco, tranne l’ultimo, il più piccino. La volpe, che aspettava, si leccò il muso, e
quando furono vicini saltò fuori: «Finalmente! Vieni, gallina, che ti mangio per prima!
Ma chi sono questi bei galletti, e cos’hanno nel becco?»

«Sono figli miei, e nel becco hanno la coda delle undici volpi che abbiamo
incontrato venendo giù dalla montagna: ognuno ne ha mangiata una, e la coda
è per ricordo».

«E quello piccino, perché non ce l’ha?»

«Sta aspettando la tua: è il più feroce di tutti!»

La volpe corse via come il vento, e la gallina e i galletti tornarono a casa, e la


padrona fu così contenta che disse: «Gallina grassa, ti terrò sempre, con tutta la
famiglia!»

Così fu, davvero, come l’inchiostro è nero.

(R. Piumini, Fiabe da tutta IItalia, Torino, Einaudi Ragazzi, 2006)

Riassunto
C’era una volta una gallina secca che non ingrassava. Un giorno la sua
padrona la minaccia dicendo che le tirerà il collo se non ingrasserà. Allora
la gallina secca sale in montagna in cerca di aria pulita, erba tenera e
acqua buona. Durante la salita incontra una volpe che, affamata, vorrebbe
mangiarsela, ma a causa della sua eccessiva magrezza decide di aspettare
l’autunno.

La gallina rimane in montagna fino all’autunno, ingrassa e fa tanti piccoli


pulcini. Sulla via del ritorno verso casa la gallina grassa riesce con un
inganno a spaventare la volpe e a ritornare così dalla sua padrona che,
contenta, decide di tenerla con sé per sempre.

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Esercizi

1 Chi è il personaggio più importante della favola?


A La padrona.
B La volpe.
C La gallina.

4 Che cosa succede alla gallina durante l’estate?


A Dimagrisce ancora.
B Ingrassa e fa i pulcini.
C Raspa e becca.

6 Perché i galletti portano degli «spennacchi» nel becco?


A Per avere una riserva di cibo.
B Per ingannare la volpe.
C Per portare un ricordo alla padrona.

8 Come finisce la favola?


A La volpe mangia i galletti.
B La padrona tira il collo alla gallina.
C La gallina e i galletti si salvano.

9 Quale potrebbe essere la morale della favola?


A I forti con l’astuzia e la prepotenza vincono sempre i più deboli.
B I deboli, se sono saggi e furbi, possono vincere i forti.
C Alcuni animali, come molti uomini, non mantengono mai le promesse.

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Di che cosa hai paura?
Ma Ha una paura nascosta:
Mario è un ragazzo
Teme che il ghiaccio si
coraggioso
spezzi e lo porti via

Una volta fa un sogno

Lo spezzarsi della banchisa e


l’arrivo della foca fernanda

L’uccisione di un orso bianco


Il sogno si
Il ritorno trionfante al villaggio interrompe
grazie all’aiuto di una balenottera e il padre lo
rimprovera

Se chiedete a Mario di che cosa ha paura, vi guarderà, scuoterà la testa e vi


risponderà subito:

«Di niente!»

«Non hai paura dell’orso polare?»

Mario scuoterà la testa.

«E dei lupi, Mario?»

Nemmeno: Mario infatti è molto coraggioso, forse è il bambino più coraggioso

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di tutto il villaggio. Eppure una paura segreta ce l’ha anche lui, ma così segreta
che nessuno la conosce, solo la foca Fernanda alla quale l’ha confidata: Mario ha
paura che il ghiaccio della banchisa1 si spezzi e lo porti via.

Non è una paura sciocca la sua, perché in primavera, quando il sole torna ad
affacciarsi e la temperatura si alza, il ghiaccio comincia a scricchiolare2, e qua e là
si spezza.

Alle volte sono dei piccoli blocchi, ma alle volte sono dei massi3 grandi come
isole. E Mario la notte sogna spesso che uno di questi massi lo porti lontano dal
villaggio e da tutti; e si mette a urlare.

Così, quando cammina da solo sul ghiaccio o pesca con Fernanda, tiene sempre
le orecchie bene aperte.

Ma un giorno, mentre sta sulla banchisa a pescare con suo padre, il ghiaccio si
spezza senza rumore e quando lui se ne accorge è già lontano.

«Mario, Mario!» lo chiama suo padre dalla riva tutto disperato. «Torna qui, ti
prego!»

«Non posso, il ghiaccio mi porta via!»

Mentre grida così, vede un muso nero affiorare4 e poi ecco Fernanda, che lo
raggiunge a nuoto.

«Sali,» le dice, e, adesso che sono insieme, Mario non ha più paura. In fondo
è come essere su una barca, non è la cosa spaventosa che lui aveva immaginato.
Mario è molto eccitato.

«Forse scopriremo nuove terre o incontreremo dei pirati!» dice a Fernanda.

1 banchisa: massa di ghiaccio galleggiante che ricopre i mari delle regioni polari.
2 scricchiolare: rumore leggero e secco di qualcosa che si rompe.
3 massi: grandi blocchi.
4 affiorare: spuntare dall’acqua.

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Ma ecco arrivare una zattera di ghiaccio e su
quella un orso bianco dall’aspetto ferocissimo.

«Aiuto!» grida Fernanda.

La zattera dell’orso si avvicina e l’orso già


mostra i denti, pronto a tuffarsi; ma Mario non
gliene dà il tempo.

Un lancio perfetto dell’arpione5 e l’orso


cade in acqua, colpito a morte.

«Sei in gamba, Mario!» gli dice Fernanda.


«Portiamolo al villaggio, facciamolo vedere a
tutti! Nessun bambino ha mai ucciso un orso e
nessuno è mai andato a caccia su una zattera
di ghiaccio!»

Con l’aiuto di Fernanda Mario lega l’orso, poi


fissa la corda sul ghiaccio con l’arpione. Adesso
devono tornare indietro, ma come fare?

«Avete bisogno di una spinta?» chiede una balenottera6 di passaggio.

“Come sono gentili sul mare!” pensa Mario mentre la balena lo riporta indietro.
Ormai vede il villaggio e i suoi abitanti, che a riva guardano lui.

«Sto arrivando!» grida Mario da lontano. «E ho ucciso un orso!»

Fernanda applaude, la balenottera lancia in alto uno spruzzo di gioia e...

«Mario, Mario», sta gridando suo padre. «Vieni ad aiutarmi!»

5 arpione: lancia con uncino finale.


6 balenottera: balena di piccole dimensioni.

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Mario si riscuote7: un pesce sta abboccando. È un salmone così grosso che
devono tirarlo fuori in due.

«Devi essere più attento, devi smetterla di sognare a occhi aperti», dice suo
padre.

Mario guarda il salmone che salta sul ghiaccio e pensa: “Però, se si rompesse
adesso, io e il papà ce ne potremmo andare in giro, a caccia di orsi e di iceberg8...
Con papà non avrei paura...”

(A. Nanetti, Venti... e una storia, Torino, Einaudi Ragazzi, 2007)

7 si riscuote: si risveglia dal sogno.


8 iceberg: enormi massi di ghiaccio galleggianti.

Riassunto
Mario è un ragazzo coraggioso, che non ha paura di niente tranne che
dell’improvviso rompersi del ghiaccio. Questo segreto lo ha confidato solo
alla foca Fernanda, la sua amica.

Una volta, mentre sta pescando con il padre, immagina, sognando a occhi
aperti, che il ghiaccio si rompa silenziosamente sotto i suoi piedi e che lo
porti lontano. Dopo essere stato raggiunto da Fernanda, uccide un orso
bianco. Poi ritorna trionfante e salvo al villaggio grazie all’aiuto di una
balenottera.

Risvegliato all’improvviso, Mario viene rimproverato dal padre perché non si


è accorto che un salmone enorme ha abboccato.

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Esercizi

1 Chi è il protagonista del racconto?


A Il padre di Mario.
B Fernanda.
C La balenottera.
D L’orso.
E Mario.
F Il salmone.

2 Di che cosa ha paura Mario?


A Assolutamente di niente, neanche dei lupi.
B Che il ghiaccio della banchisa si spezzi e lo porti via.
C Della balenottera e dell’orso.

6 L’avventura di Mario è accaduta davvero o è stata solo immaginata?

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7 Che cosa vorrebbe il padre di Mario?


A Che il figlio fantasticasse di meno e lo aiutasse nel lavoro.
B Che il figlio avesse meno paura del ghiaccio.
C Che il figlio non giocasse con gli animali.

8 In che modo Mario riesce ad aiutare il padre?

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13

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Uno strano pesce
Silas è in
riva al mare

Vede la coda di un grosso 1) Ferita


pesce tra gli scogli e si 2) Arrabbiata
accorge che è una sirena 3) spaventata

si siede
si spaventa e accanto alla sirena,
non sa che fare la accarezza cercando
di calmarla E DI
calmarsi

Lentamente, la luce del giorno si faceva più chiara. Silas1 controllò la riva con lo
sguardo. Poco più avanti qualcosa di bianco scintillava2 tra il mucchio di alghe.

Il giovane si avvicinò.

Vide che si trattava della coda di un grosso pesce, ferita a sangue dall’urto contro
gli scogli. Senza perdere tempo, Silas corse avanti, ma non riuscì a capire di che
pesce si trattasse, perché la metà anteriore3 era nascosta tra le alghe.

Tuttavia, di qualsiasi specie fosse, se era ancora fresco avrebbe assicurato a lui e
a suo nonno cibo a sufficienza. Tutto eccitato, prese a scansare4 le alghe.

1 Silas: è il nome del ragazzo protagonista.


2 scintillava: brillava.
3 anteriore: davanti.
4 scansare: spostare.

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Quel che accadde poi gli provocò lo spavento più forte che avesse mai avuto nella
sua giovane vita.

La grossa coda sbatté debolmente. Senza alcun preavviso, un candido braccio


sbucò5 fuori dalle alghe e lo colpì sul viso. Unghie lunghissime gli sfiorarono la
guancia. Con un grido, il ragazzo fece un salto all’indietro.

Il movimento improvviso aveva smosso le alghe. Abbassando lo sguardo, Silas


vide il volto di una fanciulla: occhi fiammeggianti6 e denti candidi7. Il suo cuore
ebbe un sobbalzo8.

A bocca aperta per la sorpresa, fece scorrere lo sguardo da quel volto alla coda
elegante e poi di nuovo al volto.

Non avendo nessuna intenzione di fare la conoscenza diretta di quegli artigli9,


Silas raccolse la tavola di legno e cominciò a scansare le alghe tutt’intorno.

La fanciulla tentò di coprirsi, ma un attimo dopo aveva tutto il fianco scoperto,


dalla spalla alla coda.

5 sbucò: apparve improvvisamente.


6 fiammeggianti: molto vivi, minacciosi e pieni di rabbia.
7 candidi: bianchissimi.
8 sobbalzo: un salto dovuto a una forte emozione.
9 artigli: lunghe unghie, come quelle di una belva feroce.

15

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Il freddo vento e il rumore del mare convinsero Silas che non stava sognando.

Aveva sentito i pescatori raccontare storie di sirene, ma non ci aveva mai creduto
per davvero. E invece, quella che giaceva ai suoi piedi era proprio una sirena,
portata a riva da una tempesta autunnale. Dalla testa alla vita aveva il corpo di una
fanciulla, e dalla vita in giù aveva la coda di un pesce.

Era giovane, bella e arrabbiata. Per giunta10 si vedeva che era ferita
gravemente.

Lei lo guardò con occhi scintillanti.

Silas non sapeva cosa fare. Le si sedette accanto e allungò nervosamente la


mano per toccarle la coda argentata11.

«Non ti farò del male», le disse, come si parlerebbe a un cane ferito di cui però si
ha ancora paura.

(A. Temperley, All’ombra del Pappagallo nero, Casale Monferrato, Piemme Junior, 2000)

10 Per giunta: inoltre, per di più.


11 argentata: lucida e brillante come l’argento.

Riassunto
Il giovane ragazzo di nome Silas vive un incontro inaspettato con una
sirena, che giace ferita con il busto sotto un ammasso di alghe, mostrando
in superficie solo la coda. Inizialmente il ragazzo pensa che sia un grosso
pesce e si avvicina, ma rischia di essere graffiato dalle unghie affilate
della creatura.

Spaventato, Silas è in dubbio sul da farsi, quindi si limita ad accarezzare


la coda della sirena cercando di calmarla e di calmarsi, sussurrandole
che non ha intenzione di farle del male.

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Esercizi

2 Che cosa attira l’attenzione di Silas all’inizio del brano?


A La luce del giorno che si fa sempre più chiara.
B Qualcosa di bianco che scintilla nel mucchio di alghe.
C Un mucchio di alghe accumulate a riva.

4 Perché Silas è eccitato?


A Perché pensa di aver trovato una grossa fonte di cibo.
B Perché il pesce è nascosto sotto le alghe.
C Perché il pesce è fresco.

5 Perché Silas passa dall’eccitazione allo spavento?


A Perché il pesce è spaventoso.
B Perché il pesce salta fuori all’improvviso.
C Perché lo strano pesce lo aggredisce.

7 Quale essere si nasconde in realtà sotto le alghe?

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9 Alla fine, quale sentimento prova Silas per questo essere?


A Paura.
B Pietà.
C Amore.

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«Bix u kaba, pal?»

Nando, un ragazzo
di undici anni, partecipa all’improvviso si ritrova
a un’escursione lungo intrappolato in una
un grande fiume dello profonda grotta
Yucatan

ha paura di morire

Un gigantesco guerriero
Maya (vero o immaginario?)
lo salva

Ispezionai con attenzione il paesaggio che mi circondava.

Sopra di me, la striscia di cielo che le pareti verticali mi permettevano di vedere


era bianca come la vela di una barca.

E le pareti del canyon1, scavate nei millenni dal fiume, erano di una pietra quasi
liscia. Dovevo uscire da quell’inferno al più presto. Ma come?

Scoprii che se fossi arrivato sotto la cascata, un po’ di lato, c’era la possibilità di
arrampicarsi per un paio di metri e raggiungere una piccola piattaforma di roccia
sporgente.

1 canyon: profonda valle dalle pareti verticali, scavata nel corso dei millenni da un fiume.

18

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Nuotai verso la cascata ma l’acqua schiumeggiante mi sospingeva all’indietro.

Raccolsi le ultime forze e, conquistando un centimetro ogni dieci bracciate, mi


avvicinai al punto dove era possibile arrampicarsi.

Mi issai2 a fatica sulla piccola sporgenza rocciosa. Ero stremato3, livido, scosso
da brividi.

Gli spruzzi della cascata, che creavano un arcobaleno bellissimo, mi colpivano


con la violenza di una doccia.

Per la prima volta, dopo quelle che mi erano sembrate ore, mi trovavo fuori
dall’acqua, anche se non proprio all’asciutto.

Attraverso il velo di goccioline che formavano l’arcobaleno guardai la cataratta4:


un muro d’acqua che veniva giù così compatto da sembrare solido.

Il rumore era incredibile. Guardai in su, verso il cielo bianco latte.

Non vedevo nessun modo di risalire all’aperto.

La piattaforma era isolata: da un lato aveva la cascata, dall’altro il vuoto.

Sopra, una parete liscia come quelle del cenote5.

Ero arrivato a un punto morto6.

Dovevo tornare indietro, cercare un’altra via che mi portasse in un luogo


più accogliente [...], ma per farlo avrei dovuto ripercorrere il lunghissimo fiume
sotterraneo. Controcorrente. Impossibile.

2 Mi issai: mi arrampicai.
3 stremato: sfinito, stanchissimo per la fatica.
4 cataratta: salto dell’acqua nel corso di un fiume, simile a una grande cascata.
5 cenote: nella lingua del luogo (Messico) è il nome dato a un tipo di profonda grotta
con presenza, sul fondo, di un piccolo lago di acqua dolce.
6 un punto morto: una situazione da cui non è possibile uscire.

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Non avrei più potuto fare neanche due metri. Né camminando, né nuotando.

Tutto tremante, mi accasciai sulla piattaforma dove mi rannicchiai, inerme7,


flagellato8 dagli spruzzi. [...]

«Fine del viaggio», mormorai. «Sono così stanco che non ce la faccio neanche più
ad avere allucinazioni».

Tanto valeva lasciarsi morire.

Guardai ancora il cielo, sopra di me. Era soltanto una massa di nebbia bianca.

Un cielo di cotone9. Irraggiungibile.

«Addio cielo», biascicai10.

Quindi chiusi gli occhi, per prepararmi.

«Addio mondo. È triste morire a undici anni».

Mi portai le ginocchia al petto. «Addio mamma. Addio papà».

Chinai la testa contro le ginocchia, chiedendomi quanto ci sarebbe voluto a morir


d’inedia11 su quella misera sporgenza rocciosa percossa dagli spruzzi.

Il rombo della cascata si attutì12.

Ero sul punto di addormentarmi [...].

Qualcosa piombò sulla mia spalla lacerando la coltre di indifferenza13 nella


quale ero sprofondato.

7 inerme: incapace di reagire. Letteralmente «inerme» significa “senza armi”.


8 flagellato: colpito con forza.
9 di cotone: bianco e compatto come il «cotone».
10 biascicai: dissi in modo confuso.
11 inedia: fame e stanchezza.
12 si attutì: diminuì.
13 lacerando... indifferenza: rompendo lo stato di abbandono.

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Una tagliola14. Stringeva come una tagliola.

Sollevai la testa.

Sulla mia carne livida c’era una mano.

Una mano possente15. Calda.

Viva, anche se di un colore cadaverico.

La fissai a lungo, inebetito16.

Quindi mi decisi a sollevare lo sguardo per cercare il proprietario di quella mano.

«AAAHHH».

L’urlo mi uscì dalla gola, inarrestabile.

Sovrastava17 persino il fragore della cascata.

Davanti a me avevo un uomo altissimo, vestito con una pelle di leopardo gettata
sopra una tunica.

Le braccia, forti e nude, erano interamente tatuate18.

Il resto del corpo era dello stesso colorito livido, quasi celestino, della mano sulla
mia spalla.

Il volto contratto dall’ira era ricoperto di tatuaggi.

Per la collera scuoteva la testa, facendo ondeggiare un copricapo smisurato, fatto


di legno e piume colorate, fissate su una maschera di giaguaro.

14 tagliola: trappola per catturare animali selvatici.


15 possente: robusta, molto forte.
16 inebetito: incredulo.
17 Sovrastava: superava.
18 tatuate: coperte di tatuaggi.

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Era questa impalcatura a farlo sembrare di un’altezza smisurata.

Non capivo come facesse a stargli in equilibrio sul capo.

Con la mano libera agitava uno scettro con due serpenti.

«Bix u kaba, pal?» tuonò con voce gutturale.

“Che fai qui, ragazzo?” mi sembrò di capire.

Era maya19.

Chinandosi su di me, spalancò la bocca per ripetere: «Che fai qui?»

Il suo viso, interamente inciso di misteriosi segni, era a pochi centimetri dal mio.

Non riuscivo a staccare gli occhi dalla sua bocca.

I denti davanti erano triangolari e appuntiti e ciascuno di essi aveva incastonata


nel centro una piccola giada20.

Non avevo mai visto niente di così terrificante [...].

Il dolore alla spalla era reale e ancor più reale fu la forza con la quale,
raddrizzandosi, mi trasse in piedi. [...]

Un uccellino nelle fauci di una tigre, ecco cos’ero.

Un uccellino implume21. Le giade incastonate nel bianco smalto dei denti


scintillavano. Me li sentivo già sul collo, quei canini aguzzi.

L’uomo mi strattonò ancora, poi con un solo braccio mi issò su una spalla e si girò
verso la cascata.

19 maya: antica popolazione del Messico.


20 giada: pietra preziosa di colore verde.
21 implume: ancora senza piume, così come i piccoli di volatile nati da poco.

22

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Penzolavo a testa in giù, inerte22 come un sacco.

Se mi avesse buttato in acqua sarei stato felice.

Ma non lo fece.

Dalla mia posizione non vedevo molto, capii solo che ci avvicinavamo alla
cataratta.

E poi ci fummo dentro.

L’acqua veniva giù a valanghe, schiacciando i nostri corpi con violenza.

Ma fu un istante.

L’istante dopo eravamo dietro la cascata.

Nascosta dal muro d’acqua, una profonda rientranza si apriva nella roccia
fradicia.

22 inerte: indifferente.

23

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Lì eravamo protetti dall’acqua.

Seguimmo questo passaggio fino a una parete sulla quale erano scavati dei rozzi
gradini.

L’uomo prese a inerpicarsi23 su di essi senza mollare la sua preda.

L’ascesa durò meno di cinque minuti.

Poi, sempre a testa in giù, vidi delle piante. Un fiore. Terriccio.

E su quel terriccio venni scaraventato come un sacco.

Respirai l’odore dell’erba come se fosse l’odore stesso della vita.

Avevo temuto di non sentirlo mai più.

(S. Gandolfi, La memoria dell’acqua, Milano, Salani, 1999)

23 inerpicarsi: salire con difficoltà.

RIASSUNTO
Nando, un ragazzo di undici anni, partecipa a un’escursione lungo un
grande fiume dello Yucatan (regione del Messico, in America centrale).

All’improvviso si ritrova in una profonda grotta con un laghetto sul


fondo. Intrappolato, senza possibilità di uscita, ha paura di morire.
Inaspettatamente viene afferrato dalla mano di un’altissima figura, vestita
come un guerriero Maya. Senza capire bene che cosa stia succedendo,
Nando viene trasportato oltre la cascata e, finalmente, messo in salvo.

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ESERCIZI

1 Dove si trova Nando?

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3 Perché pensa di stare per morire?

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4 Che cosa succede poi?

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5 Chi è l’uomo che lo afferra? Che aspetto ha?

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6 Come reagisce Nando?

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7 Come viene messo in salvo Nando?

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25

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11 Completa il seguente riassunto del testo dal punto in cui l’abbiamo
interrotto.

Nando, intrappolato nel cenote, cerca una via d’uscita, ma riesce solo
a scorgere in alto una bianca striscia di cielo.
Le pareti del canyon sono lisce e quindi non può arrampicarsi.
Allora pensa di raggiungere una piattaforma di roccia che sporge sul lato della
cascata.
Così si impegna in una faticosa nuotata per raggiungere il punto
in cui è possibile arrampicarsi.
Sfinito e infreddolito, riesce a salire a fatica sulla roccia, tirandosi fuori
dall’acqua.
Da quel punto egli osserva la cascata che scende con rumore assordante,
spessa e compatta come un muro.

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L’orto del nonno
il Nonno è
un ortolano

Coltiva un enorme orto L’orto è ordinato


in tutte le stagioni e bello

Nei momenti di riposo


Siede sotto il ciliegio e
ascolta

un giorno insegna al
nipote ad ascoltare la
natura che lo circonda

L’orto del nonno era molto grande, perché di mestiere lui faceva l’ortolano1,
come suo padre Vincenzo e suo nonno Giovanni. Iniziava dietro la casa, dopo il
recinto del pollaio, e da una parte arrivava al fiume, dall’altra alla strada che portava
in paese.

L’orto era bello e così ordinato che pareva un giardino. Dalla parte del fiume il
nonno aveva una fila di meli e in fondo una piccola vigna; tutto il resto era diviso in

1 ortolano: chi vende frutta e verdura.

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tante strisce regolari, tra le quali passavano dei canaletti d’acqua che servivano per
irrigare2.

Ogni striscia di terra era coltivata in modo diverso a seconda delle stagioni:
c’erano le carote, le insalate, i cavoli, le patate, le cipolle, insomma, tutti i tipi di
ortaggi. Il nonno in una parte seminava e innaffiava, e nell’altra raccoglieva; e così
tutto l’anno.

A camminarci in mezzo, l’orto non era mai vuoto, ma soprattutto era bellissimo
in primavera, quando i meli erano in fiore, gli ortaggi appena spuntati e Felice3, il
ciliegio, tutto ricoperto di bianco.

Il ciliegio era nell’angolo dell’orto tra la strada e il cortile, così che, grande
com’era, si vedeva da ogni parte. Da quando era rimasto solo, il nonno passava
molte ore sotto il ciliegio: prima ci accompagnava soprattutto me, ma ora aveva
messo lì sotto la sedia della nonna Teodolinda4 e, quando l’orto lo lasciava libero
dai lavori o si voleva riposare, si sedeva su quella sedia, con le ochette accanto, e se
ne stava a occhi chiusi, senza muovere nemmeno un dito.

Una volta lo sorpresi così e gli domandai: «Nonno, sei morto?»

Allora lui socchiuse5 un occhio, come facevano i polli della nonna, e mi fece
cenno di andargli vicino.

«Mettiti qui», mi disse, facendomi posto sulla sedia. Io mi sedetti e lui mi cinse6
le spalle con un braccio e con la mano mi coprì gli occhi.

«E adesso dimmi che cosa vedi», mi sussurrò. Io risposi che vedevo solo il buio e
lui mi disse: «Ascolta».

2 irrigare: dare acqua alle piante dei campi.


3 Felice: il nome che il nonno e il bambino avevano dato al ciliegio.
4 Teodolinda: il nome della nonna, morta.
5 socchiuse: aprì un poco.
6 cinse: circondò, abbracciò.

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Allora ascoltai e sentii pigolare7 piano piano, poi un rumore tra le foglie.

«È un nido di cince8. La vedi la mamma che porta da mangiare ai suoi piccoli?»

Vedere non vedevo niente, ma sentivo un battito di ali e poi tutto un cip-cip.
Accipicchia come strillavano!

«Li sta imboccando», spiegò il nonno. «E adesso ascolta ancora».

Sentii un ronzio9 intenso.

«Queste sono le api che vanno al favo10. Hanno succhiato i fiori e ora se ne
tornano a casa con la pancia piena. Le vedi?»

7 pigolare: il cip-cip degli uccellini sui rami.


8 cince: uccelli abbastanza comuni.
9 ronzio: rumore leggero ma continuo provocato da insetti volanti come api, zanzare e mosche.
10 favo: la casa delle api divisa in molte celle dove producono il miele.

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Ascoltai ancora e mi sembrò proprio di vederle, quelle povere api, con una pancia
così grossa che quasi non ce la facevano a volare.

Allora il nonno mi tolse la mano dagli occhi e mi chiese: «Capito? Se ascolti con
attenzione e ti concentri, puoi vedere un mucchio di cose, come se avessi gli occhi
aperti. E adesso ascolta il ciliegio che respira».

Io chiusi di nuovo gli occhi e sentii un’aria leggera che mi passava sul viso e tutte
le foglie del ciliegio che si muovevano piano piano. «È vero, nonno, Felice respira»,
dissi.

Il nonno mi accarezzò la testa e continuò a stare immobile ancora un po’: io lo


guardai e vidi che sorrideva. Quando penso al nonno Ottaviano, non dimentico mai
quel giorno in cui mi ha insegnato ad ascoltare il respiro degli alberi.

(A. Nanetti, Mio nonno era un ciliegio, Torino, Einaudi Ragazzi, 1999)

Riassunto
Il nonno del piccolo protagonista è un ortolano che coltiva un orto enorme
ma ordinato e bello; l’orto inizia dietro la casa, dopo il recinto del pollaio: da
una parte arriva al fiume, dall’altra alla strada che porta in paese.
Qui egli coltiva ogni genere di ortaggi, a seconda delle stagioni. Nei
momenti di pausa si rifugia sotto il ciliegio di nome Felice per ascoltare,
immobile, i rumori della natura.

Così un giorno il nonno insegna al nipote ad ascoltare ciò che lo circonda e


ad apprezzarne il valore, come se potesse vedere a occhi chiusi.

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Esercizi

1 Dove si svolge la vicenda?

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3 Chi sono i due personaggi principali?

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4 Perché il nonno è rimasto solo?


A Perché lo hanno mandato via da casa.
B Perché sua moglie è morta.
C Perché vive bene da solo.

7 a. Quale delle seguenti immagini raffigura un ortaggio?

A B C

b. Da quale nome deriva la parola “ortaggio”?

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La figlia del Sahara

Kadisha e
Dschoher

decidono di liberare accusato


il loro amico ingiustamente di aver
leone Melik ucciso una bambina

una volta libero, l’animale


le riconosce e le saluta prima
di allontanarsi per sempre

Era una notte di luna piena. Il Sahara1 splendeva come un mare d’argento, pieno
di luce e di bellezza.

Kadisha si sentì di colpo molto calma. Non aveva più paura.

In quel momento una mano tremante si posò sulla sua spalla.

«Non devi farlo, è troppo pericoloso».

«Lo so. Ma se non lo libero questa notte, domattina lo uccideranno! Oh,


Dschoher! Non voglio che lo uccidano».

1 Sahara: grande deserto dell’Africa centrale.

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«Se proprio hai deciso... ebbene allora vengo con te. Non ti lascio andare sola».

Ora le due bambine tacevano. E in questo silenzio, pieno di parole che erano
troppo timide o troppo orgogliose per essere dette a voce alta, maturò2 fra loro
un’amicizia destinata a durare tutta la loro vita, e ad accompagnarle per sempre nel
male e nel bene.

«Adesso dobbiamo farlo», disse Kadisha finalmente. «Che Dio ci protegga».

Mentre Dschoher si stringeva a lei paurosamente, si avvicinò a Melik, che


l’accolse con un ruggito cupo.

«Non lo credo che sei così cattivo come tutti dicono. Non lo credo, capisci? Sono
io, Kadisha; e questa è Dschoher. Siamo sempre state amiche tue. Non puoi averlo
dimenticato. Abbiamo diviso l’acqua e il cibo con te, te ne ricordi? E spesso siamo
andate a piedi per cederti il nostro posto su un dromedario3. Sono certa che non
ci farai del male. No, non avere paura del coltello, l’ho preso solo per tagliare le tue
corde. Che Dio ci protegga, Dschoher, lo faccio subito. Va’ via, se hai paura».

«No, rimango con te».

Per qualche tempo il silenzio fu assoluto.


Pareva che anche Melik trattenesse il respiro.

Ora il leone era libero da


tutti i suoi legami: una belva
che poche ore prima aveva
dilaniato4 e forse ucciso una
bambina.

2 maturò: iniziò, nacque.


3 dromedario: animale con una gobba sulla schiena, che nel deserto viene usato come mezzo
di trasporto.
4 dilaniato: fatto a pezzi.

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Kadisha e Dschoher si tenevano abbracciate, pallide e tremanti, e fissavano
Melik che descriveva intorno a loro dei cerchi sempre più stretti, fino a sfiorarle.
Infine parve riconoscerle e diede una testata contro il petto di Kadisha: voleva
giocare con lei.

Ma subito si tirò indietro e in un attacco improvviso di rabbia cominciò a


lacerare5 con gli artigli e con i denti le corde sparse per la sabbia. Infine si avvicinò
di nuovo alle bambine, saltellando graziosamente come un grande gatto innocuo6
e sollevò la zampa destra, un gesto di saluto che le bambine gli avevano insegnato a
gran fatica e che pretendevano da lui tutte le sere.

Le salutò così per l’ultima volta prima di scomparire dalla loro vita per sempre.

(M. D’Arle, La figlia del Sahara, Firenze, Le Monnier, 1983)

5 lacerare: fare a pezzi, distruggere.


6 innocuo: che non può fare del male a nessuno.

Riassunto
Kadisha e Dschoher sono due bambine che una sera decidono di liberare
il loro amico Melik, un leone accusato di aver ucciso una bambina. Le due
giovani, credendo nell’innocenza dell’animale, in una notte di luna piena,
un po’ insicure e impaurite, riescono a liberarlo tagliando le corde che lo
imprigionano.

All’inizio il leone sembra aggressivo e arrabbiato e si avvicina loro


minaccioso. Ma dopo averle riconosciute le saluta alzando la zampa destra,
un gesto che a gran fatica le due bambine gli avevano insegnato. Dopo
averle salutate per l’ultima volta, Melik scompare nella notte.

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Esercizi

1 In quale ambiente si svolge il racconto?


A Nel deserto africano.
B Nella giungla indiana.
C In una prateria americana.

2 Che cosa vuole fare Kadisha?

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5 Chi è Melik? Perché è stato imprigionato?

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7 Perché Kadisha vuole liberarlo?


A Perché altrimenti verrà ucciso.
B Perché è pericoloso.
C Perché ruggisce troppo forte.

9 In che modo Melik dimostra la sua gratitudine e amicizia?


A Scompare dalla loro vita per sempre.
B Lacera con gli artigli e con i denti le corde.
C Si avvicina alle bambine, saltella come un grande gatto,
solleva la zampa.

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Un cavaliere molto particolare
Nel castello
tra questi
della regina YgerNA molti
C’è anche lo
cavalieri e dame attendono
scudiero Kay
udienza

all’improvviso Entra un
Kay lo prende in
cavaliere con un abito da
giro per il suo abito
donna in mano: cerca un
certo Laurin

Il cavaliere ha la
Kay e il cavaliere/donzella
meglio contro Kay
si sfidano a duello
che viene umiliato

Kay, caduto
nel fiume, viene
infine salvato

Il cortile del castello è affollato di cavalieri e dame.

Alcuni attendono un’udienza1 con la regina Ygerna, altri sono seduti a lunghi

1 udienza: permesso di essere ricevuti a colloquio dalla regina.

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tavoli e bevono, altri ancora giocano a scacchi, e c’è uno scudiero2 che cammina su
e giù da solo. È Kay!

Adesso si sente un gran baccano3 presso la porta del salone, e poi un cavaliere
armato dalla testa ai piedi entra a cavallo nel cortile tenendo in mano un abito da
donna. L’abito è di un giallo polveroso, il colore dell’uva spina matura, e vedo che
ha la pettorina4 e le maniche decorate di centinaia di perline. Adesso il cavaliere
smonta di sella e, sempre reggendo il vestito, si avvicina a gran passi alla regina.

«In questo cortile c’è un cavaliere di nome Laurin», dice a voce bassa. «Laurin ha
combattuto con me, mi ha disarcionato5, e quindi mi ha inviato qui da voi perché
facciate di me ciò che volete».

«E quel vestito?» domanda la regina Ygerna. «Perché lo portate con voi? A chi
appartiene?»

«A me», risponde il cavaliere.

«A voi?» fa la regina. [...] «Dunque voi indossate abiti da donna?» chiede la regina.

«Sì», replica6 lui.

Sentendo queste parole alcuni dei cavalieri e delle dame riuniti nel cortile si
mettono a ridere scuotendo il capo.

«Che cosa c’è di strano?» aggiunge il cavaliere. «Sarebbe più strano se non lo
facessi».

«Voi siete cavaliere?» domanda ancora Ygerna.

«Quando indosso questo vestito», risponde quello, «sono una donna. Ma quando

2 scudiero: giovane che accompagna i cavalieri portando il loro scudo.


3 baccano: confusione.
4 pettorina: parte del vestito che ricopre il petto.
5 disarcionato: fatto cadere da cavallo.
6 replica: risponde.

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porto quest’armatura, chiunque mi aggredisca scoprirà che sono un cavaliere».

Udito ciò, tutti scoppiano di nuovo a ridere.

Adesso Kay si fa largo fra la folla e avvicina il viso a


quello del cavaliere. «E così, Laurin vi ha disarcionato?»
esclama in tono sgarbato squadrando7 il giovane dalla
testa ai piedi. [...]

«Beh, non dev’essere stato poi tanto difficile!»

«Kay», dice la regina, [...] «non avete alcun motivo


d’insultare questa donzella8».

«Grazie, mia signora», dice il cavaliere alla regina,


e poi si gira verso Kay.

«Ve la chiuderò io, quella bocca», dice.

«E come?» ribatte9 Kay. «Con un bacio?»

«Vi getterò nel fiume, e vi farò bere tanta di quell’acqua che in pancia avrete tutto
uno sciacquio10».

«Non avete che da provarci», risponde Kay. «Se qualcuno si bagnerà, sarete voi,
mia signora. Sarete zuppa dalla testa ai piedi del vostro sudore puzzolente, prima di
potermi mettere addosso anche soltanto un dito».

«In fede mia, vi sbagliate», ribatte il cavaliere.

«Siete il vostro peggior nemico, Kay», osserva la regina Ygerna. «Dentro di voi
c’è un diavolo». Poi si volge alla donzella. «Kay vi ha insultata», dice, «e io vi do il
permesso di giostrare11 con lui».

7 squadrando: osservando attentamente. 10 sciacquio: rumore d’acqua


8 donzella: giovane ragazza. in movimento.
9 ribatte: risponde. 11 giostrare: combattere a duello.

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Il cavaliere s’inchina davanti alla regina, poi attraversa il cortile e monta a cavallo.

«Siete montata bene, mia signora?» esclama Kay. «State seduta comoda?»

Poi le passa accanto ed esce dal cortile. Si toglie la tunica di fustagno12 e la


cotta di maglia13, si sfila l’elmo e le manopole14, e sale in sella al suo cavallo.

Al primo giro, né Kay né la giovane donna riescono a tenere in equilibrio le lance:


entrambi mancano il bersaglio, e proseguono al galoppo fino alle estremità opposte
del cortile dei tornei. Ma quando ripartono al galoppo l’uno verso l’altra, [...] Kay
colpisce la donzella [...].

Ma la donna è robusta come un pilastro di pietra. Sta in sella eretta15 e prosegue


al trotto fino all’estremità opposta del cortile.

I due partono al galoppo per la terza volta, e Kay le grida contro, ma questo non
basta a fermarla.

Ella scaglia la sua lancia e passa lo scudo di Kay da parte a parte, cosicché16 lui
perde l’equilibrio.

Il suo cavallo s’impenna, lui scivola di lato e cade a terra fragorosamente17.

La giovane donna smonta rapida di sella e comincia a colpire Kay.

Poi lo fa rialzare, fra le urla e gli applausi delle dame e dei cavalieri.

Kay tenta di colpire la donzella con le sue cubitiere18 metalliche e di graffiarla


con le manopole.

Pesta i piedi per terra, ma la donna non lo molla.

«Kay!» esclama. «Vi ho atterrato!»

12 fustagno: pesante tessuto di lana o cotone. 16 cosicché: al punto che.


13 cotta di maglia: giubbetto protettivo. 17 fragorosamente: con grande rumore.
14 manopole: guanti. 18 cubitiere: parti dell’armatura che
15 eretta: ben dritta. proteggevano i gomiti.

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Poi attraversa il cortile trascinando Kay e giunge al fiume, seguita da tutti i
cavalieri e le dame.

Kay urla e strepita19, ma non serve a nulla.

La giovane donna lo lancia in acqua a capofitto20.

Così facendo gli chiude la bocca, e le rapide correnti lo trascinano subito al largo.

Kay fatica non poco a uscire dall’acqua e a mettersi in salvo sulla sponda.

Ma quando la raggiunge, tante braccia forti si protendono per accoglierlo. Kay


tossisce e sputa il fiume dalla gola e dai polmoni, mentre la giovane donna lo guarda
sorridendo di un sorriso interiore.

Ha gli occhi luminosi, e io vedo che uno dei due occhi è feroce, e l’altro
dolcissimo.

«Ecco quel che ti spetta per la tua insolenza21, Kay», dice con voce bassa e roca22.

(K. Crossley-Holland, La pietra delle visioni, Milano, Salani, 2002)

19 strepita: strilla, sbraita. 21 insolenza: arroganza.


20 a capofitto: con impeto. 22 roca: fioca.

Riassunto
Alla corte della regina Ygerna molti cavelieri e dame attendono udienza. Tra
questi c’è anche lo scudiero Kay. All’improvviso entra un cavaliere dicendo
di essere stato disarcionato da un certo Laurin. Il cavaliere tiene in mano un
abito da donna che afferma di possedere poiché egli è cavaliere solo quando
porta l’armatura.
Kay e il cavaliere/donzella si sfidano a duello; quest’ultimo però riesce
a dimostrare la sua audacia e ad avere la meglio. Infine Kay, caduto
vergognosamente nel fiume, viene salvato.

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Esercizi

1 In quale epoca si svolge il racconto?


A Ai nostri tempi.
B In un futuro imprecisato.
C Nel Medioevo.

4 Perché il cavaliere sconosciuto è venuto al castello?

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.....................................................................................................................................

5 Che cosa ha di particolare questo cavaliere?


A È molto forte e coraggioso.
B È una donna.
C È armato dalla testa ai piedi.

7 Kay all’inizio si sente superiore e prende in giro lo sfidante. I fatti gli danno
ragione? Chi vince?

.....................................................................................................................................

.....................................................................................................................................

.....................................................................................................................................

8 Kay riceve un’umiliazione finale, quale?


A Tossisce e sputa acqua.
B Viene buttato nel fiume dal cavaliere.
C Viene salvato dai compagni.

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Un piccolo cavaliere

Fulke fin da bambino viene


educato dai genitori alle buone
maniere di un cavaliere

A sette anni viene impara a cacciare


mandato al servizio di a suonare il liuto e a
un barone come paggio diventare coraggioso

A quattordici anni
diventa scudiero con
una cerimonia in chiesa

dovrà attendere altri


sette anni per diventare
cavaliere

Il piccolo Fulke era nato nel periodo in cui ogni nobile signore riteneva un
grande onore essere un cavaliere degno di stima, e per essere tale era necessario
dimostrarsi leale e generoso, audace e cortese.

Sempre pronto a coprirsi di gloria in guerra o in altre imprese avventurose, il

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cavaliere giudicava come la più ambita1 delle ricompense un sorriso o una parola di
lode della sua dama2.

Benché Fulke fosse solo un bambino, entrambi i genitori attendevano con ansia
il giorno in cui lo avrebbero visto con gli speroni3 dorati e la spada alla cintola4,
e avrebbero udito le parole: «Nel nome di Dio, San Michele e San Giorgio, ti nomino
cavaliere».

Pensando al suo futuro rango5 di cavaliere, fin dai primissimi anni, cercarono
di insegnargli a essere coraggioso e cortese, umile e generoso.

Non appena Fulke riuscì a reggersi in piedi, gli fu insegnato a cavalcare. Ogni
giorno veniva messo in sella a uno dei cavalli del padre, mentre un paggio6 gli
camminava al fianco per afferrarlo nel caso fosse caduto. Ma Fulke era figlio di un
cavaliere. Non cadde mai, e se la briglia dava dei problemi non si spaventava,
ma si metteva a urlare e cantare divertito.

Non aveva ancora sei anni che già sapeva andare al trotto7. Un giorno,
tamburellando con i piccoli talloni contro i fianchi del cavallo, partì al galoppo; tornò
sfiatato8, ma orgoglioso come un re. [...]

Il bambino cresceva sano e forte. Aveva i capelli dorati e vaporosi9, gli occhi
vivaci come quelli di un falco, il naso dritto e la bocca rossa come una rosa. Al vedere
l’agile figurina montare a cavallo, la madre arrossiva di orgoglio. Ma sospirava

1 ambita: desiderata.
2 dama: la donna alla quale dedicava la propria vita.
3 speroni: punzoni applicati ai tacchi degli stivali usati per incitare il cavallo.
4 cintola: cintura.
5 rango: condizione sociale, stato.
6 paggio: servitore.
7 trotto: andatura del cavallo intermedia tra il passo, lento, e il galoppo, veloce.
8 sfiatato: senza fiato per l’emozione e la fatica.
9 dorati e vaporosi: biondi e leggeri.

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anche, perché il tempo correva inesorabilmente e lei sapeva che presto Fulke
avrebbe dovuto lasciare la casa.

A quei tempi, quando un bambino di nobile nascita


compiva i sette anni, veniva mandato alla casa di un
grande barone a fare il paggio. Là, a poco a poco,
imparava a diventare un perfetto cavaliere e la sua
educazione durava di solito fino al ventunesimo anno.

Quando il settimo compleanno fu passato, Fulke


salutò la madre, i fedeli servitori, i levrieri10 e i falchi
a cui era affezionatissimo, e partì a cavallo insieme al
padre alla volta del11 castello di un famoso barone.

Benché all’inizio il bambino fosse un po’ timido,


non ebbe problemi di adattamento, poiché la nuova
vita non era molto diversa da quella che aveva sempre condotto, e il castello
assomigliava molto a quello di suo padre. E non si sentiva nemmeno solo.

C’erano parecchi paggi della sua età, che, come lui, amavano correre e giocare
al volano12. Ma la giornata, ora, non era fatta solo per il gioco, perché Fulke aveva
molti compiti da svolgere per il suo signore. [...]

Così a Fulke furono insegnate le belle maniere e la cortesia e in breve imparò


anche a suonare il liuto13 e il flauto.

Cominciò ad andare a caccia con i falchi, ma al seguito del suo signore non era
più quel gioco divertente di quando era più giovane. Fulke non mancava certo di

10 levrieri:cani da corsa e da caccia.


11 alla volta del: verso il.
12 volano: gioco che consisteva nel colpire con delle racchette una semisfera di sughero con
una corona di piume d’oca.
13 liuto: strumento musicale a corde.

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passione e coraggio, ma prima di tenere i falchi ebbe molto da imparare.

I suoi maestri furono il capocaccia e il capo falconiere. Il cacciatore gli insegnò


ad allevare e a tenere curati i levrieri, a suonare il corno14 e a uccidere il cervo. Il
falconiere gli insegnò come nutrire un falco in gabbia, come farlo levare in volo,
richiamarlo e tenerlo una volta tornato.

Per un ragazzino dell’età di Fulke nessuna di queste attività era semplice, ma


con l’esercizio egli divenne ben presto esperto in tutte le regole minori della caccia e
della falconeria.

Ma Fulke non doveva essere coraggioso solo a caccia, doveva imparare a esserlo
anche in battaglia.

Per questo motivo veniva condotto ad assistere a tutti i tornei che si svolgevano
nel vicinato, dove poteva osservare i cavalieri combattere l’uno contro l’altro e
sopportare le ferite senza un lamento.

Ogni torneo gli insegnava che il coraggio era una nobile virtù di cui nessun vero
cavaliere poteva essere sprovvisto15.

Chi insegnava le regole della buona condotta era un vecchio cavaliere, molto
severo con i paggi se non si comportavano secondo gli insegnamenti che egli non si
stancava mai di ripetere. [...]

Al compimento del quattordicesimo anno di età, Fulke era ormai un paggio


eccellente. Seguiva il suo signore a caccia, lo serviva ai tornei, consegnava messaggi,
era così aggraziato nei modi che tutti lo lodavano. Ora era pronto a diventare uno
scudiero16 e aspettava con ansia il giorno della cerimonia che lo avrebbe reso tale.

E finalmente il gran giorno arrivò. Era il compleanno di Fulke. Il padre e la madre,

14 corno: strumento a fiato ricavato dal corno di un animale.


15 poteva essere sprovvisto: poteva fare a meno, poteva non possedere.
16 scudiero: servitore che portava lo scudo del cavaliere presso il quale si trovava a servizio.

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giunti al castello, furono ricevuti molto umilmente dal figlio e introdotti alla presenza
del barone. Furono portati cibi e bevande e Fulke servì a tavola. Per l’occasione,
erano convenuti17 al castello numerosi cavalieri, dame e scudieri.

Dopo il rinfresco18, si incamminarono tutti verso la chiesa vicina. Fulke, fra i


genitori che reggevano delle candele accese, fu presentato a un prete.

Si recitarono delle preghiere, poi una cintura e una spada furono allacciate
alla vita del ragazzo. Quando Fulke lasciò la chiesa, era ormai uno scudiero. Tutti
lo guardavano con simpatia e si congratulavano con lui. E Fulke rispondeva con
gentilezza e cortesia, e intanto, con gli occhi lucidi per l’emozione, pensava fra sé e
sé: “La prossima volta sarò cavaliere. Avrò gli speroni e saprò farmi onore”.

Ma, prima di diventare cavaliere, avrebbe dovuto fare lo scudiero per sette anni,
adempiendo a diversi doveri.

(E. e R. Power, C’eravamo anche noi, Ferrara, Bovolenta, 1981)

17 convenuti: arrivati, si erano riuniti.


18 rinfresco: offerta di cibi e bevande.

Riassunto
Il brano racconta la carriera di un giovane nobile del Medioevo per diventare
cavaliere. I genitori di Fulke, il protagonista, fin dai primissimi anni gli
insegnano le buone maniere e a cavalcare. A sette anni, come da tradizione, il
giovane viene mandato al servizio di un famoso barone come paggio.
Qui impara a cacciare e a suonare, e accompagna il proprio padrone ai tornei,
sviluppando la virtù del coraggio, indispensabile per un cavaliere. All’età di
quattordici anni viene nominato scudiero durante una cerimonia ufficiale
in chiesa, ma dovranno trascorrere altri sette anni prima che Fulke possa
diventare cavaliere.

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Esercizi

2 Qual è la condizione di nascita del protagonista?

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3 Descrivi sinteticamente l’aspetto fisico di Fulke.

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4 Quali sono le qualità che un vero cavaliere deve possedere?

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6 Che cosa impara il futuro cavaliere, oltre a cavalcare e a cacciare?

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10 Scrivi sul quaderno una pagina di diario in cui racconti la giornata tipo di un
giovane paggio.

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Gli animali hanno dei diritti?
Matteo Ha ucciso
un gattino

Si affeziona
È stato “punito” con
agli animali e
l’obbligo di occuparsi
prende con sÉ
di un canile-gattile
un cane

A dodici anni ha ucciso un gattino, di fronte ai compagni di giochi, nel cortile di un


condominio.

Il giudice dei minori ha deciso di “punirlo” perché imparasse a rispettare gli


animali: per sei mesi è stato costretto ad occuparsi di un “gattile”, il ricovero dei
randagi, con la prescrizione «di almeno due carezze ad ogni animale, prima di
andarsene».

La storia ha un lieto fine: Matteo, scontata la pena, ha adottato un cane che


«tratta benissimo», assicurano amici e assistenti sociali.

Accade a Fossano.

Protagonista Matteo (nome di fantasia), 12 anni e una famiglia sfortunata alle


spalle, costantemente seguita dai servizi sociali.

Un giorno i compagni di gioco lo vedono uccidere un gatto nel cortile del


condominio. [...]

I bambini lo raccontano in casa.

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L’episodio viene segnalato all’assistente sociale.

Ne parla con Matteo che non è pentito. Anzi. «Un gatto, che vuoi che sia».

Meglio non lasciar correre.

E l’assistente sociale segnala il tutto al giudice dei minori.

Maltrattare gli animali è reato punito con pene severe; il dodicenne, però, non
è imputabile1.

Serve un provvedimento “alternativo” che abbia una funzione rieducativa. Così


scatta l’insolita “pena”: accudire i gatti abbandonati e assistiti da volontari in un
grande canile-gattile, il «Pinco Pallino» di Fossano.

Un giorno alla settimana, per sei mesi, sotto lo sguardo dei volontari del centro,
dell’assistente sociale e con l’appoggio dello psicologo, il ragazzino contribuisce alla
gestione del ricovero.

Tra le prescrizioni del giudice: pulizia del “gattile”, lavaggio periodico di zampine
e orecchie e obbligo «di dare a ogni animale due carezze al giorno».

«All’inizio era chiaro che il bambino viveva l’incarico come un’imposizione


assurda», commenta Monica Pavani, responsabile del centro per animali che ospita
cento cani abbandonati e decine di gatti.

«Poco per volta, le carezze obbligatorie sono diventate spontanee».

Alla fine tra l’ex piccolo maltrattatore, abbandonato a se stesso dalla famiglia,
e i gatti a loro volta rifiutati dai proprietari si è creato un feeling2 inaspettato,
un’intesa che, senza retorica, raramente ho visto in tanti anni di lavoro a contatto
con gli animali.

1 non è imputabile: secondo la legge italiana chi ha meno di quattordici anni non può essere
condannato per reato.
2 feeling: attrazione.

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Morale: esperienza conclusa positivamente tanto
da essere considerata “pilota3” dai servizi sociali
per futuri casi di questo tipo.

La prova?

Scontata la “pena”, oggi Matteo ha un cane.

E lo adora.

(B. Morra, in «La Stampa», 12 gennaio 2006)

3 pilota: di esempio, un modello.

RIASSUNTO
Matteo è un ragazzo di dodici anni che ha ucciso un gattino nel cortile
di un condominio.

Gli assistenti sociali e il tribunale decidono di “punirlo” obbligandolo


a frequentare un canile-gattile per prendersi cura degli animali facendo loro
almeno «due carezze al giorno».

Inizialmente Matteo vive l’incarico come un obbligo ma poi le carezze


obbligatorie diventano sempre più spontanee e, alla fine, il ragazzo prende
con sé un cane di cui si occupa con tanto amore.

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ESERCIZI

1 Che cosa ha di particolare il primo capoverso del testo?


A Ha uno stile diverso da quello degli altri.
B È più corto degli altri.
C Riassume il contenuto di tutto il testo.

2 Nel testo ci sono opinioni personali: di chi sono?


A Di chi ha scritto il testo.
B Della responsabile del canile-gattile.
C Del giudice.

4 Riassumi brevemente l’evoluzione psicologica di Matteo.

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9 Confrontati con i compagni e con l’insegnante sulle cause che portano


alcuni individui a maltrattare gli animali e sulle conseguenze di questo
comportamento.

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Se i libri fossero...
Se i libri fossero di torrone

ne leggerei uno a colazione.

Se un libro fosse fatto di prosciutto

a mezzogiorno lo leggerei tutto.

Se i libri fossero di marmellata

a merenda darei una ripassata.

Se i libri fossero di frutta candita

li sfoglierei leccandomi le dita.

Se un libro fosse di burro e di panna

lo leggerei prima della nanna.

Se i libri fossero di cioccolata

me ne farei una scorpacciata.

Se i libri fossero di budino

li sfoglierei con il cucchiaino.

(R. Piumini, C’era un bambino profumato di latte,


Milano, A. Mondadori, 2001)

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Esercizi

1 Completa lo schema scrivendo il momento della giornata in cui il poeta


immagina di mangiare il “libro-cibo”, oppure indicalo tu.

Libro Momento della giornata

a. Libro-torrone

b. Libro-prosciutto

c. Libro-marmellata

d. Libro-frutta candita

e. Libro-burro e panna

f. Libro-cioccolata

g. Libro-budino

4 Prepara un menu in cui ogni portata sia formata da libri prelibati come quelli
descritti nella poesia.

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Per chi crede e chi non ci crede
Per chi crede e chi non ci crede
parleremo delle streghe.
Dice la gente che sono vecchie
con i pidocchi fin dentro le orecchie,
con gli occhi storti e affumicati,
con i vestiti sporchi e stracciati.
Vivono dentro castelli in rovina
con gli uccellacci da rapina:
perché gufi e barbagianni
son delle streghe gli eterni compagni.
Durante il giorno stan chiotte chiotte1
aspettando che faccia notte.
Mastican vermi vivi tra i denti,
per questo sono così puzzolenti;
e più dei ladri e degli assassini
vogliono fare paura ai bambini.
Così ti dicono se fai i capricci
e a far la nanna se non ti spicci.
(G. Giudici, Scarabattole, Milano, A. Mondadori, 1989)

1 chiotte chiotte: ben nascoste.

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Esercizi

1 Secondo la gente, che aspetto hanno le streghe? Completa lo schema.

a. Età: ........................................................................................................................

b. Abbigliamento: .....................................................................................................

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c. Azioni abituali: .....................................................................................................

...............................................................................................................................

2 Dove vivono?

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3 Quali animali fanno loro compagnia?

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5 Qual è la principale “attività” delle streghe?

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6 Perché sono «puzzolenti»?

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10 Conosci una favola o hai letto un libro che abbia come protagonista
o personaggio una strega? Scrivila in sintesi sul quaderno.

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L’assedio di Troia

è in corso la guerra
fra troiani e achei

Calcante spiega la
La pestilenza causata causa: agamennone si era
Dal dio Apollo si abbatte rifiutato di consegnare la
sull’esercito acheo schiava Criseide al padre
Crise, sacerdote di apollo

Achille, su
intervento della dea
Agamennone accetta di
Atena, abbandona il
restituire criseide in cambio
campo giurando di
della schiava di achille
ritirarsi per sempre
dalla battaglia

Da giorni il campo di battaglia era deserto, la pianura di Troia tranquilla.

Ma era una strana pace, quella, una strana tregua1. I Troiani gettavano sguardi
ansiosi dagli spalti2 della città verso il mare, verso il campo acheo3. Da lì, alti gemiti
si alzavano, e lamenti, e fuochi funebri4.

1 tregua: pausa.
2 spalti: muri di fortificazioni.
3 acheo: greco.
4 fuochi funebri: grandi fuochi accesi per bruciare i cadaveri e celebrarne i funerali.

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«Che succede?» si chiedevano a Troia. «Cosa sta succedendo?»

Una sventura tremenda si era abbattuta sugli Achei: da giorni, una febbre
incurabile uccideva i guerrieri, i cavalli e ogni essere vivente. Uno sull’altro gli
uomini cadevano5, a decine, e i sopravvissuti non facevano altro che innalzare
pire6 e bruciare cadaveri. Era la vendetta di Apollo, il dio della luce e del calore
implacabile7.

Era stato offeso dal capo della spedizione achea, Agamennone, che si era
rifiutato di restituire la figlia al vecchio Crise, sacerdote del dio.

Criseide era stata catturata dagli Achei e destinata a servire il loro capo. Quando
Crise venne ad implorarlo8, Agamennone, arrogante9 come al solito, lo cacciò in
malo10 modo.

Nessuno al mondo l’avrebbe convinto a restituirgli la figlia!

Sconvolto, il sacerdote se ne andò sulla riva del mare e lì, con il cuore stretto dal
dolore e dalla rabbia, invocò la vendetta del suo dio.

Febo Apollo scese dall’Olimpo armato delle frecce letali11 e a passi grandi e
fermi si diresse su un’altura vicina al campo acheo; di lì, impietoso12, scagliò le sue
frecce. Silenziose, precise, rapidissime e mortali.

Portavano la peste, l’angoscia, il lutto.

5 cadevano: morivano.
6 pire: cataste di legna.
7 implacabile: che non ha pace.
8 implorarlo: supplicarlo.
9 arrogante: che vuole avere la meglio sugli altri con prepotenza.
10 malo: cattivo.
11 letali: mortali.
12 impietoso: senza pietà.

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Erano ormai nove giorni che durava la pestilenza, quando Achille, veloce nella
corsa, non poté più sopportare la morte di tanti compagni e chiamò i guerrieri in
assemblea.

In mezzo a loro si alzò e disse:

«Bisogna interrogare un indovino per scoprire il perché e trovare rimedi alla peste,
altrimenti saremo costretti a tornare indietro, in patria, vinti dalla fatica, dalla guerra
e dalla malattia».

Gli rispose Calcante, l’indovino che meglio di tutti ricordava il passato,


conosceva il presente, vedeva il futuro:

«La causa di tanto male è l’offesa portata da Agamennone al vecchio Crise; per
questo Apollo saettante13 si accanisce14 contro di noi con tanta ferocia».

«Si dovrà restituire la ragazza ai suoi», soggiunse15, «se vogliamo scamparla16,


e non da sola, ma accompagnata da doni e da cento buoi da sacrificare al dio, solo
così blandiremo17 la sua collera».

Agamennone non poté sopportare queste parole.

Si alzò, era fuori di sé. «Indovino di mali», urlò, «solo a me sai predire sventure.
Ma va bene, se così deve essere per il bene di tutti, prendetevela pure, Criseide, la
rendo. Però subito, tutti quanti, pensate ad un altro dono adatto a me: non è giusto
che io sia l’unico a rimanerne privo».

«Avidissimo18 fra gli Achei», ribatté19 Achille, «non puoi aspettare che abbiamo

13 saettante: colui che lancia saette (“frecce”).


14 si accanisce: si scatena.
15 soggiunse: aggiunse.
16 scamparla: salvarci la vita.
17 blandiremo: addolciremo.
18 Avidissimo: chi vuole qualcosa a tutti i costi.
19 ribatté: rispose.

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preso Troia, per avere il tuo dono? Fatto il bottino, ti daremo il triplo, il quadruplo di
quello che ora perdi».

«Glorioso Achille», lo schernì20 il re, «voglio ora ciò che mi spetta, non sono
tanto stupido da farmi ingannare dalle tue belle parole».

«Mi chiedo come facciano gli Achei», lo insultò il figlio di Peleo21, «a seguire te,
brutto cane, e ad obbedirti.

Tu, che sei tanto avido quanto spudorato22, che di tutte le prede sempre scegli

20 schernì: derise.
21 Peleo: padre di Achille.
22 spudorato: senza pudore.

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la più bella, mentre io, che combatto dieci volte più di te e che non per mio desiderio
venni a Troia, io mi accontento del poco e con piccoli doni ogni volta torno alle
tende. Ma sentimi bene, ora: me ne vado, ritorno a casa, sono stanco di combattere
una guerra che non volli io, ma tu e tuo fratello Menelao».

«E vattene, chi ti trattiene», gli urlò dietro Agamennone, «io ho gli altri, o odioso
fra tutti i re, brigante, amante sanguinario delle battaglie, vattene; prima però
mi prenderò il dono che mi spetta di diritto, mi prenderò la tua schiava, Briseide.
Imparerai così ad offendere chi è più potente di te».

Il cuore di Achille era un tumulto23 di rabbia, di odio e dolore.

Si fermò, si voltò.

«Vigliacco dal cuore di cervo», esplose, «che combatti solo se ci sono altri a
proteggerti, hai passato la misura, hai detto le tue ultime parole».

La sua mano correva già alla spada pesante, ma all’improvviso si fermò


sull’elsa24.

Pallade Atena25, la dea che vede lontano, lo aveva afferrato per i capelli,
restando invisibile agli altri.

«Frena la tua ira, Achille», disse la dea, «calmati, e io ti prometto che presto
saranno costretti ad offrirti doni in gran quantità, per ripagarti dell’offesa che ora
ricevi. Combatti con le parole, obbedisci al mio volere».

E scomparve, la dea che ha azzurro lo sguardo.

Achille lasciò la spada, ancora con parole violente attaccò il re: «Ora [...] io ti
giuro che un giorno verrai a supplicarmi in ginocchio, quando vedrai i figli degli Achei

23 tumulto: agitazione.
24 elsa: manico della spada.
25 Pallade Atena: la stessa dea era chiamata con i nomi di Atena e Pallade.

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cadere sotto i colpi dei Troiani, quando non ci sarà nessuno a difenderli e a seminare
il terrore tra i nemici. Perché io, d’ora in poi, non combatterò più».

Scagliò a terra lo scettro26 e se ne andò verso la tenda.

(F. Giordani, L’assedio di Troia, Roma, Nuove Edizioni Romane, 2007)

26 scettro: bastone del comando.

Riassunto
È in corso la guerra fra Troiani e Achei, i quali hanno messo sotto assedio
Troia. Si abbatte però, per volere del dio Apollo, una forte pestilenza
sull’esercito acheo. L’indovino Calcante spiega che si tratta di una punizione
del dio Apollo perché il re Agamennone ha offeso il vecchio sacerdote
Crise, rifiutandosi di consegnargli sua figlia Criseide. Agamennone accetta
di restituire Criseide in cambio della schiava di Achille. Questo provoca
lo scontro tra Agamennone e Achille, il quale però, grazie all’intervento di
Pallade Atena, decide di abbandonare il campo e di ritirarsi per sempre
dalla battaglia.

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Esercizi

1 Quali sono i due eserciti che si stanno combattendo nella guerra di Troia?

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2 Su quale esercito si è abbattuta una pestilenza?

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4 Chi ha diffuso la peste fra gli Achei?


A Apollo, adirato contro i Greci.
B Apollo, adirato contro i Troiani.
C Atena, adirata contro Achille.
D Agamennone, adirato contro Criseide.

6 Perché Agamennone e Achille litigano?


A Perché sono nemici e si odiano.
B Perché sono orgogliosi.
C Perché sono protetti da divinità tra loro nemiche.

7 Perché Achille abbandona il campo di battaglia?

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Eolo, il re dei venti
Ulisse e i suoi
Eolo si commuove
uomini approdano
al loro racconto e
sull’isola di Eolo,
decide di aiutarli
dio dei venti

ormai Vicini a
Itaca, i compagni aprono Chiude i venti in
il sacco scatenando una un sacco, lasciando
tempesta che sconvolge libero Solo Zefiro
il mare

Dopo aver dormito, Ulisse e i suoi uomini erano ripartiti ed erano approdati
sull’isola di Eolo, il dio dei venti.

Era stato gentile, Eolo: li aveva accolti in grande amicizia, li aveva ospitati per un
mese e aveva offerto loro degli ottimi banchetti e dei letti dove dormire.

E aveva voluto ascoltare le storie di Ulisse: la partenza da Itaca, la guerra,


il cavallo di legno e la bellezza di Elena, la conquista di Troia, poi il ritorno, i fiori di
loto1 e infine il ciclope2.

1 fiori di loto: fiori che tolgono la memoria; Ulisse e i compagni li avevano mangiati durante
una precedente tappa del loro viaggio.
2 ciclope: gigante mostruoso con un solo occhio in mezzo alla fronte da cui Ulisse e i
compagni erano riusciti a fuggire con l’inganno.

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Eolo aveva ascoltato, e Ulisse come sempre aveva saputo ben raccontare.

Al dio dei venti era riuscito proprio simpatico e aveva deciso di aiutarlo.

Forse perché lui viveva in quella bellissima isola con i suoi dodici figli, ed erano
tutti molto amati e felici.

Eolo pensò che Ulisse si meritasse di tornare a casa. Gli regalò un otre ben chiuso.

Un otre3, per capirci, è come una borsa della spesa, una specie di sacco fatto di
cuoio.

Questo, quello di Eolo, era molto ben chiuso con una catena d’argento. «Non
aprirla», gli aveva detto Eolo, «ho chiuso qui dentro tutti i venti del mondo, solo il
dolce Zefiro è libero di soffiare, e ti spingerà fino alla tua terra».

3 otre: sacco.

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Il vento Zefiro aveva soffiato sulle vele delle navi per nove giorni e nove notti,
Ulisse era stato al timone e avevano navigato spediti verso Itaca.

E quando già si poteva vedere il profilo delle montagne, Ulisse, ormai sfinito dalla
stanchezza, aveva lasciato il timone al suo uomo più fidato e si era messo a dormire.

Gli uomini, eccitati all’idea che stavano finalmente per arrivare, cominciarono a
farsi venire strane idee.

Pensarono che nell’otre di Eolo ci fosse chissà quale tesoro, e che Ulisse, in realtà,
voleva tenersi tutto il bottino di guerra, senza lasciare nulla.

Quindi decisero di prendersi almeno un po’ del tesoro di Eolo.

Sciolsero la catena d’argento e intorno alle navi si scatenò l’inferno.

(G. Nucci, Ulisse. Il mare colore del vino, Roma, Edizioni E/O, 2006)

Riassunto
Durante il viaggio di ritorno verso Itaca, Ulisse e i suoi uomini approdano
sull’isola di Eolo, il dio dei venti. Egli si commuove ai racconti di Ulisse
e decide di aiutarlo chiudendo tutti i venti in un sacco e lasciando libero solo
Zefiro, che li spinge verso la patria.

Dopo nove giorni e nove notti di navigazione, quando la meta è ormai


vicina, Ulisse decide di dormire; i compagni, pensando che all’interno
del sacco ci sia un tesoro, lo aprono, scatenando una forte tempesta che
sconvolge il mare.

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Esercizi

1 Dove si svolge la prima parte della vicenda?

.....................................................................................................................................

.....................................................................................................................................

2 Chi è Eolo?

.....................................................................................................................................

3 Per quanto tempo Ulisse e i suoi compagni rimangono ospiti sull’isola?

.....................................................................................................................................

4 Eolo vive da solo sull’isola?

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5 Perché il re Eolo decide di regalare a Ulisse un otre con all’interno tutti i venti
del mondo?

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.....................................................................................................................................

7 Qual è la causa della tempesta che sconvolge il mare?


A La stanchezza di Ulisse.
B L’ignoranza dei compagni.
C L’otre che non è ben chiuso.
D L’avidità dei compagni.

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V E R I F I C A
Il principe che sposò una rana
C’era una volta un Re che aveva tre figli in età da prender moglie. Perché non
sorgessero rivalità sulla scelta delle tre spose, disse: «Tirate con la frombola1 più
lontano che potete: dove cadrà la pietra, là prenderete moglie».

I tre figli presero le frombole e tirarono.

Il più grande tirò e la pietra arrivò sul tetto d’un forno; ed egli ebbe la fornaia.

Il secondo tirò e la pietra arrivò alla casa di una tessitrice.

Al più piccino la pietra cascò in un fosso.

Appena tirato, ognuno correva a portare l’anello alla fidanzata.

Il più grande trovò una giovinotta bella soffice come una focaccia, il mezzano una
pallidina, fina come un filo, e il più piccino, guarda guarda in quel fosso, non ci trovò
che una rana.

Tornarono dal Re a dire delle loro fidanzate. «Ora», disse il Re, «chi ha la sposa
migliore erediterà il regno. Facciamo le prove».

E diede a ognuno della canapa2 perché gliela riportassero di lì a tre giorni filata
dalle fidanzate, a vedere chi filava meglio.

I figli andarono dalle fidanzate e si raccomandarono che filassero a puntino3;


e il più piccolo, tutto mortificato, con quella canapa in mano, se ne andò sul ciglio4
del fosso e si mise a chiamare:

«Rana, rana!»

1 frombola: fionda.
2 canapa: fibra che si ricava dall’omonima pianta e che può essere tessuta.
3 a puntino: nel modo migliore possibile.
4 ciglio: bordo.

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V E R I F I C A
«Chi mi chiama?»

«L’amor tuo che poco t’ama».

«Se non m’ama, m’amerà, quando bella mi vedrà».

E la rana saltò fuori dall’acqua su una foglia. Il figlio del Re le diede la canapa e
disse che sarebbe ripassato a prenderla filata dopo tre giorni.

Dopo tre giorni i fratelli maggiori corsero tutti ansiosi dalla fornaia e dalla
tessitrice a ritirare la canapa.

La fornaia aveva fatto un bel lavoro, ma la tessitrice – era il suo mestiere – l’aveva
filata che pareva seta.

E il più piccino? Andò al fosso:

«Rana, rana!»

«Chi mi chiama?»

«L’amor tuo che poco t’ama».

«Se non m’ama, m’amerà, quando bella mi vedrà».

Saltò su una foglia e aveva in bocca una noce.

Lui si vergognava un po’ di andare dal padre con una noce mentre i fratelli
avevano portato la canapa filata; ma si fece coraggio e andò.

Il Re che aveva già guardato per dritto e per traverso il lavoro della fornaia e della
tessitrice, aperse la noce del più piccino, e intanto i fratelli sghignazzavano.

Aperta la noce ne venne fuori una tela così fina che pareva tela di ragno, e tira
tira, spiega spiega, non finiva mai, e tutta la sala del trono ne era invasa.

«Ma questa tela non finisce mai!» disse il Re, e appena dette queste parole
la tela finì.

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V E R I F I C A
Il padre, a quest’idea che una rana diventasse regina, non voleva rassegnarsi.

Erano nati tre cuccioli alla sua cagna da caccia preferita, e li diede ai tre figli:
«Portateli alle vostre fidanzate e tornerete a prenderli tra un mese: chi l’avrà allevato
meglio sarà regina».

Dopo un mese si vide che il cane della fornaia era diventato un molosso5 grande
e grosso, perché il pane non gli era mancato; quello della tessitrice, tenuto più a
stecchetto6, era venuto un famelico mastino.

Il più piccino arrivò con una cassettina; il Re aperse la cassettina e ne uscì un


barboncino infiocchettato, pettinato, profumato, che stava ritto sulle zampe di
dietro e sapeva fare gli esercizi militari e far di conto.

E il Re disse: «Non c’è dubbio; sarà re mio figlio minore e la rana sarà regina».

Furono stabilite le nozze, tutti e tre i fratelli lo stesso giorno.

I fratelli maggiori andarono a prendere le spose con carrozze infiorate tirate da


quattro cavalli, e le spose salirono tutte cariche di piume e di gioielli.

Il più piccino andò al fosso, e la rana l’aspettava in una carrozza fatta d’una foglia
di fico tirata da quattro lumache.

Presero ad andare: lui andava avanti, e le lumache lo seguivano tirando la foglia


con la rana.

Ogni tanto si fermava ad aspettarle, e una volta si addormentò.

Quando si svegliò, gli s’era fermata davanti una carrozza d’oro, imbottita di
velluto, con due cavalli bianchi e dentro c’era una ragazza bella come il sole con un
abito verde smeraldo.

5 molosso: cane di grossa taglia.


6 a stecchetto: quasi a digiuno.

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V E R I F I C A
«Chi siete?» disse il figlio minore.

«Sono la rana», e siccome lui non ci voleva credere, la ragazza aperse uno scrigno
dove c’era la foglia di fico, la pelle della rana e quattro gusci di lumaca.

«Ero una Principessa trasformata in rana, e solo se un figlio di Re acconsentiva a


sposarmi senza sapere che ero bella avrei ripreso la forma umana».

Il Re fu tutto contento e ai figli maggiori che si rodevano7 d’invidia disse che chi
non era neanche capace di scegliere la moglie non meritava la Corona.

Re e regina diventarono il più piccino e la sua sposa.

(I. Calvino, in Fiabe italiane, Milano, A. Mondadori, 2002)

7 si rodevano: provavano rabbia.

Esercizi

2 Chi è il protagonista della fiaba? ... / 2

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3 Qual è il premio per il protagonista? ... / 2

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5 Quali mezzi magici hai incontrato nella fiaba? ... / 2

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V E R I F I C A
7 Nella fiaba compare spesso il numero tre. Sapresti individuare in quali
occasioni? ... / 4

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.....................................................................................................................................

8 Come reagiscono i fratelli di fronte al successo del più piccolo? ... / 2

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9 Dove si svolgono i fatti? ... / 2

.....................................................................................................................................

10 È possibile specificare in quale località? Perché? ... / 2

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14 Esprimi brevemente qual è secondo te la morale del racconto. ... / 4

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< 12 = ripassa 12-16 = abbastanza > 16 = molto TOTALE


ancora bene bene ..... / 20

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V E R I F I C A
L’uomo che ringhia coi lupi
È una storia che ha dell’incredibile, pare la trama di un film hollywoodiano: invece
è avvenuta in Inghilterra, dove un uomo di 42 anni, che lavora da sette nel parco
naturale di Combe Martin, nel Devon1, sarebbe riuscito a vivere per 18 mesi con un
branco di lupi, comportandosi come loro, mangiando, ringhiando e ululando insieme
ai figli della notte.

Si chiama Shaun Ellis, l’“esperimento” gli è valso un soprannome degno dei film
di Kevin Kostner o Jack Nicholson: “The Wolfman”, uomo-lupo, e un documentario
intitolato senza troppa fantasia nello stesso modo, The Wolfman, che verrà messo in
onda dall’emittente inglese Channel 5.

Shaun non si è lavato per settimane per non cambiare odore (i lupi hanno olfatto
e vista portentosi), è vissuto all’aperto con i predatori.

Forse si è costruito rifugi occasionali, specialmente d’inverno, perché i lupi


frequentano più tane, a seconda delle stagioni: quando nevica, ad esempio, lasciano
le quote più alte e scendono più a valle.

Ha dovuto imparare a ululare come i lupi per farsi sentire da lontano e segnalare
la propria presenza.

L’ululato, tra i predatori, serve a rinsaldare i legami nel branco ed è una specie di
“avvertimento” ai consimili che potrebbero sconfinare in territorio “nemico”.

«I lupi sono estremamente sensibili», ha detto Shaun, «riescono anche a capire se


uno cambia la dieta, quindi bisogna stare attenti a non ricadere nei comportamenti
umani».

Mancano al momento ulteriori dettagli (L’intrepido Shaun avrà camminato

1 Devon: regione situata nel sud-ovest dell’Inghilterra.

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V E R I F I C A
a quattro zampe? Sarà corso dietro ai caprioli?), ma sembra incredibile che, per
quanto “abbrutito”, sia stato scambiato dai diffidenti e assai schivi animali per uno di
loro, sorvolando sul fatto che fosse quello che era, cioè un uomo.

L’avventura sarebbe più plausibile nei grandi spazi americani, dove si può
camminare per giorni senza incontrare anima viva, non in Inghilterra, Paese
altamente urbanizzato dove sembra impossibile che i lupi siano raramente (o mai)
venuti a contatto con la specie umana, quella che temono di più.

Eppure sembra che per farsi prendere sul serio Shaun abbia anche ringhiato
ferocemente, e che per evitare di farsi sbranare – così dicono i primi resoconti –
abbia dovuto sempre comportarsi da “maschio alfa”, ovvero da lupo dominante,
«sottomettendo gli altri con morsi, ringhi e aggressività controllata».

Una cosa, però, l’uomo-lupo non è riuscito a fare: ingoiare, oltre alla carne cruda
che i ranger del parco buttavano al branco, le viscere: «Mi facevo segretamente
cuocere il fegato del cervo», ha ammesso.

(C. Grande, in «La Stampa», 10 maggio 2007)

Esercizi
1 Chi è il protagonista del racconto? Cancella solo le risposte false. ... / 3
A Un ricercatore universitario.
B Un operatore cine-televisivo.
C Un addetto a un parco naturale.
D Un esperto di lupi.

3 Per quali ragioni Shaun si è comportato in quel modo? ... / 3

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4 Chi sono i «figli della notte»? Perché sono chiamati così? ... / 3

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8 Indica quale delle seguenti informazioni sulla vita dei lupi non è presente nel
testo. ... / 3
A I lupi hanno la vista e l’olfatto molto sviluppato.
B L’ululato è un segnale di riconoscimento.
C I lupi cambiano tana a seconda delle stagioni.
D I lupi allevano i cuccioli in tane protette.
E I lupi sono animali estremamente sensibili.

9 Indica quale delle seguenti affermazioni può essere ricavata dal testo pur
non essendo presente in forma esplicita. ... / 3
A I lupi ululano e ringhiano.
B L’ululato rinsalda i legami del branco.
C I lupi mangiano solo carne cruda.
D I lupi riescono a capire dall’odore se uno cambia dieta.

10 Chi è nel branco il «maschio Alfa»? ... / 2

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11 Chi sono i ranger? Quale compito hanno? ... / 3

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< 12 = ripassa 12-16 = abbastanza > 16 = molto TOTALE


ancora bene bene ..... / 20

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V E R I F I C A
In chiesa
Sciama1 con un ronzìo d’api la gente
dalla chiesetta in sul colle selvaggio;
e per la sera limpida di maggio
vanno le donne, a schiera, lente lente;

5 e passano tra l’alta erba stridente2,


e pare una fiorita3 il lor passaggio:
le attende a valle tacito il villaggio
con le capanne chiuse e sonnolente.

Ma la chiesetta ancor nell’alto svaria4

10 tra le betulle, e il tetto d’un intenso


rossor sfavilla nel silenzio alpestre.

Il rombo delle pie laudi5 nell’aria


palpita6 ancora; un lieve odor d’incenso
sperdesi7 tra le mente e le ginestre8.

(G. Pascoli, da Myricae, in Poesie, Milano, Garzanti, 1974)

1 Sciama: esce a piccoli gruppi, come uno sciame di api che escono da un alveare.
2 stridente: dal verbo stridere, che significa “emettere un suono acuto e penetrante”.
3 fiorita: fioritura (perché le donne indossano vesti dalle tinte vivaci).
4 svaria: si distingue, spicca per il suo diverso colore.
5 pie laudi: preghiere (fatte dalla gente).
6 palpita: risuona, si sente.
7 sperdesi: si disperde, si dissolve.
8 mente... ginestre: piante di menta e di ginestra.

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V E R I F I C A
Esercizi

1 Nella prima strofa, che cosa descrive il poeta? Specifica i particolari. ... / 2

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2 Con quale espressione viene descritto il rumore prodotto dalla gente? ... / 2

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3 In quale momento del giorno e in quale stagione si svolge la scena? ... / 2

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5 Perché le capanne sono «chiuse e sonnolente»? ... / 3

.....................................................................................................................................

7 Nella quarta strofa che cosa descrive il poeta? Che cosa avverte e sente?
... / 3

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11 Le parole «ronzìo» e «rombo» indicano un suono e sono onomatopeiche.


Quali suoni o rumori ti ricordano? Quale diversità c’è tra i due suoni? ... / 4

.....................................................................................................................................

13 Analizza le rime della prima strofa. Qual è il loro schema? ... / 4


A AABB  B ABAB  C ABBA

< 12 = ripassa 12-16 = abbastanza > 16 = molto TOTALE


ancora bene bene ..... / 20

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V E R I F I C A
Aracne
La dea Atena veniva amata e venerata per il suo senso di giustizia ma non
brillava in modestia1, come d’altronde tutti gli dèi.

Sicura che al mondo non vi fosse nessuno capace di eguagliarla nella tessitura,
era divenuta la protettrice delle filatrici.

A Colofone, però, in Lidia, vi era una fanciulla di nome Aracne, non


particolarmente graziosa e affabile2, ma che indubbiamente sapeva tessere
con grande maestria, tanto da far accorrere da ogni luogo le Ninfe, desiderose di
possedere i suoi capolavori.

Aracne, figlia di un celebre tintore, sin da piccina si era divertita a giocare con il
telaio.

Con il trascorrere degli anni, quello che da bambina era un passatempo diventò
una vera e propria passione.

A differenza delle altre tessitrici, Aracne si era sempre rifiutata di attribuire


il suo talento a un’ispirazione divina3 e non aveva mai posseduto una
raffigurazione di Atena nella sua stanza di lavoro.

Atena, venuta a conoscenza dell’abilità e della presunzione di quella fanciulla,


decise di metterla alla prova e, dopo aver assunto l’aspetto di una vecchia, andò alla
casa di Aracne.

Aracne le aprì la porta ma si comportò in modo così scostante e frettoloso, che la


dea, accolta tanto freddamente, si convinse che la fanciulla meritava di essere punita.

1 non brillava in modestia: non si distingueva per umiltà.


2 affabile: cortese.
3 si era sempre... divina: non aveva mai voluto pensare che la sua bravura nel tessere fosse
dovuta a un regalo degli dèi.

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V E R I F I C A
«Sei davvero brava, indubbiamente è Atena a guidare le tue mani veloci, quando
dai vita a queste opere ineguagliabili!»

Aracne si irritò e guardò la vecchia con astio4.

«Non ho nulla da imparare dagli dèi, tutto ciò che faccio lo devo solo a me stessa.
Sarei pronta anche subito a sfidare Atena».

Ferita nell’orgoglio, Atena assunse le sue vere sembianze5 e si presentò alla


fanciulla in tutta la sua sfolgorante potenza. Iniziò così una sfida che sarebbe durata
diversi giorni.

Lavorarono entrambe con lo stesso ardore, senza mai cedere alla fatica. Infine
gli dèi furono chiamati a giudicare l’operato delle due contendenti e, loro malgrado,
dovettero esprimere un verdetto unanime6.

La tela di Atena non presentava alcuna imperfezione ed era un immenso tributo


agli abitanti dell’Olimpo, ognuno dei quali era rappresentato nell’abilità in cui
eccelleva; i mortali erano raffigurati nei quattro angoli della tela, umiliati e puniti per
aver osato sfidare la potenza degli dèi.

Il lavoro di Aracne era perfetto: aveva una composizione originale, presentava


efficacia nel disegno e armonia nelle tinte: raffigurava anch’essa gli dèi, ma con tutti
i loro difetti.

La dea della giustizia non poté resistere a quest’oltraggio7 e in preda all’ira e


all’umiliazione, si scagliò contro l’opera della rivale riducendola a brandelli.

Aracne sentì una fitta al cuore: comprese in quel momento che non avrebbe
potuto combattere contro il potere di Atena.

4 astio: odio.
5 sembianze: aspetto.
6 verdetto unanime: decisione finale concorde.
7 oltraggio: offesa.

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V E R I F I C A
Corse allora nel bosco per impiccarsi con un filo d’argento a un albero.

Ma l’ira della dea non si placò neppure di fronte alla disperazione della fanciulla.

In un estremo impeto di vendetta la salvò dalla morte, per riservarle un


destino ben più terribile: il corpo di Aracne si trasformò lentamente in un animale
dall’addome8 peloso, mentre gli arti diventavano lunghe zampe sottili.

Da allora la povera ragazza continua a tessere la sua tela e anche gli uomini, così
come fece Atena, distruggono senza pietà i suoi incomparabili arazzi9.

(E. Mutti, A. Berti, Il tesoro dell’Olimpo, Milano, Archimede, 2000)

8 addome: ventre.
9 arazzi: pregiatissimi tessuti eseguiti a telaio.

Esercizi

1 Quali sono i pregi e i difetti del carattere di Atena? ... / 2

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2 Perché Atena è la protettrice delle filatrici? ... / 2

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3 Quale aspetto del carattere hanno in comune Atena e Aracne? ... / 2

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V E R I F I C A
4 Quale fatto dimostra che Aracne era un’ottima tessitrice? ... / 1
A È figlia di un famoso tintore.
B Tesseva fin da bambina.
C Tesseva per passione.
D Anche le Ninfe volevano possedere i suoi lavori.

5 Perché Atena si presenta alla fanciulla con l’aspetto di una vecchia? ... / 1

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6 Perché, secondo Atena, la fanciulla merita di essere punita? ... / 2

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8 Perché Aracne decide di impiccarsi? ... / 3

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9 In che cosa viene trasformata Aracne? Secondo te perché? ... / 3

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13 Indica a quale genere di mito corrisponde la storia di Aracne. ... / 4


A Cosmogonico.  B Irreale.  C Naturalistico.

< 12 = ripassa 12-16 = abbastanza > 16 = molto TOTALE


ancora bene bene ..... / 20

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