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Ristampe
5 4 3 2 1 N
2018 2017 2016 2015 2014 2013
ISBN 9788858307137
Contributi
Il materiale di supporto è stato realizzato con la collaborazione di Filippo Gerli e Vittoria Haun, adolescenti con Disturbi Specifici
dell’apprendimento (DSA)
Stampa: Sograte Litografia s.r.l. - Zona Industriale Regnano - 06012 Città di Castello (PG)
Tutti gli esercizi conservano la medesima numerazione che hanno in Generi, temi,
laboratorio delle abilità 1.
La gallina secca p. 5 p. 18
Di che cosa hai paura? p. 9 p. 78
Uno strano pesce p. 14 p. 146
«Bix u kaba, pal?» p. 18 p. 154
L’orto del nonno p. 27 p. 208
La figlia del Sahara p. 32 p. 269
Un cavaliere molto particolare p. 36 p. 341
Un piccolo cavaliere p. 42 p. 387
Gli animali hanno dei diritti? p. 48 p. 411
Se i libri fossero... p. 52 p. 442
Per chi crede e chi non ci crede p. 54 p. 451
L’assedio di Troia p. 56 p. 579
Eolo, il re dei venti p. 63 p. 615
VERIFICA Il principe che sposò una rana p. 67 p. 129
VERIFICA L’uomo che ringhia coi lupi p. 72 p. 422
VERIFICA In chiesa p. 75 p. 511
VERIFICA Aracne p. 77 p. 562
In montagna Ingrassa
e fa tanti pulcini
Gallina
in autunno decide grassa torna
di scendere e sulla dalla sua
via del ritorno padrona che
inganna la volpe la tiene con sé
C’era una gallina secca secchina1. La padrona le dava da mangiare tante cose
buone, ma la gallina non diventava grassa.
«No, per pietà! Mandami in montagna: con l’aria fresca e l’acqua buona mangerò
l’erba, sarò contenta, ingrasserò!»
La gallina partì: ai piedi della montagna, dietro un albero, c’era una volpe.
«No, vedi? Sono tutta ossa! Quando torno dalla montagna, sarò grassoccia,
e mi mangerai!»
«Ti aspetterò».
La gallina salì in montagna: aria fresca, acqua buona, piante, erba tenera;
raspò4, beccò, tutta contenta, cominciò a ingrassare. Fece anche le uova,
e nacquero dodici pulcini, che rasparono, beccarono, e diventarono grassocci, con
la loro crestina rossa. Ma ecco, dagli alberi cominciarono a cadere le foglie, e si sentì
il tuono.
«È autunno, bisogna tornare a casa», disse la gallina. «Ma prima, vedete quel
campo di panìco5, con gli spennacchi? Ognuno di voi, tranne il più piccolo, prenda
nel becco uno spennacchio, e non dica niente, penso a tutto io».
«Sono figli miei, e nel becco hanno la coda delle undici volpi che abbiamo
incontrato venendo giù dalla montagna: ognuno ne ha mangiata una, e la coda
è per ricordo».
Riassunto
C’era una volta una gallina secca che non ingrassava. Un giorno la sua
padrona la minaccia dicendo che le tirerà il collo se non ingrasserà. Allora
la gallina secca sale in montagna in cerca di aria pulita, erba tenera e
acqua buona. Durante la salita incontra una volpe che, affamata, vorrebbe
mangiarsela, ma a causa della sua eccessiva magrezza decide di aspettare
l’autunno.
«Di niente!»
Non è una paura sciocca la sua, perché in primavera, quando il sole torna ad
affacciarsi e la temperatura si alza, il ghiaccio comincia a scricchiolare2, e qua e là
si spezza.
Alle volte sono dei piccoli blocchi, ma alle volte sono dei massi3 grandi come
isole. E Mario la notte sogna spesso che uno di questi massi lo porti lontano dal
villaggio e da tutti; e si mette a urlare.
Così, quando cammina da solo sul ghiaccio o pesca con Fernanda, tiene sempre
le orecchie bene aperte.
Ma un giorno, mentre sta sulla banchisa a pescare con suo padre, il ghiaccio si
spezza senza rumore e quando lui se ne accorge è già lontano.
«Mario, Mario!» lo chiama suo padre dalla riva tutto disperato. «Torna qui, ti
prego!»
Mentre grida così, vede un muso nero affiorare4 e poi ecco Fernanda, che lo
raggiunge a nuoto.
«Sali,» le dice, e, adesso che sono insieme, Mario non ha più paura. In fondo
è come essere su una barca, non è la cosa spaventosa che lui aveva immaginato.
Mario è molto eccitato.
1 banchisa: massa di ghiaccio galleggiante che ricopre i mari delle regioni polari.
2 scricchiolare: rumore leggero e secco di qualcosa che si rompe.
3 massi: grandi blocchi.
4 affiorare: spuntare dall’acqua.
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“Come sono gentili sul mare!” pensa Mario mentre la balena lo riporta indietro.
Ormai vede il villaggio e i suoi abitanti, che a riva guardano lui.
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«Devi essere più attento, devi smetterla di sognare a occhi aperti», dice suo
padre.
Mario guarda il salmone che salta sul ghiaccio e pensa: “Però, se si rompesse
adesso, io e il papà ce ne potremmo andare in giro, a caccia di orsi e di iceberg8...
Con papà non avrei paura...”
Riassunto
Mario è un ragazzo coraggioso, che non ha paura di niente tranne che
dell’improvviso rompersi del ghiaccio. Questo segreto lo ha confidato solo
alla foca Fernanda, la sua amica.
Una volta, mentre sta pescando con il padre, immagina, sognando a occhi
aperti, che il ghiaccio si rompa silenziosamente sotto i suoi piedi e che lo
porti lontano. Dopo essere stato raggiunto da Fernanda, uccide un orso
bianco. Poi ritorna trionfante e salvo al villaggio grazie all’aiuto di una
balenottera.
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si siede
si spaventa e accanto alla sirena,
non sa che fare la accarezza cercando
di calmarla E DI
calmarsi
Lentamente, la luce del giorno si faceva più chiara. Silas1 controllò la riva con lo
sguardo. Poco più avanti qualcosa di bianco scintillava2 tra il mucchio di alghe.
Il giovane si avvicinò.
Vide che si trattava della coda di un grosso pesce, ferita a sangue dall’urto contro
gli scogli. Senza perdere tempo, Silas corse avanti, ma non riuscì a capire di che
pesce si trattasse, perché la metà anteriore3 era nascosta tra le alghe.
Tuttavia, di qualsiasi specie fosse, se era ancora fresco avrebbe assicurato a lui e
a suo nonno cibo a sufficienza. Tutto eccitato, prese a scansare4 le alghe.
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A bocca aperta per la sorpresa, fece scorrere lo sguardo da quel volto alla coda
elegante e poi di nuovo al volto.
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Aveva sentito i pescatori raccontare storie di sirene, ma non ci aveva mai creduto
per davvero. E invece, quella che giaceva ai suoi piedi era proprio una sirena,
portata a riva da una tempesta autunnale. Dalla testa alla vita aveva il corpo di una
fanciulla, e dalla vita in giù aveva la coda di un pesce.
Era giovane, bella e arrabbiata. Per giunta10 si vedeva che era ferita
gravemente.
«Non ti farò del male», le disse, come si parlerebbe a un cane ferito di cui però si
ha ancora paura.
(A. Temperley, All’ombra del Pappagallo nero, Casale Monferrato, Piemme Junior, 2000)
Riassunto
Il giovane ragazzo di nome Silas vive un incontro inaspettato con una
sirena, che giace ferita con il busto sotto un ammasso di alghe, mostrando
in superficie solo la coda. Inizialmente il ragazzo pensa che sia un grosso
pesce e si avvicina, ma rischia di essere graffiato dalle unghie affilate
della creatura.
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Nando, un ragazzo
di undici anni, partecipa all’improvviso si ritrova
a un’escursione lungo intrappolato in una
un grande fiume dello profonda grotta
Yucatan
ha paura di morire
Un gigantesco guerriero
Maya (vero o immaginario?)
lo salva
E le pareti del canyon1, scavate nei millenni dal fiume, erano di una pietra quasi
liscia. Dovevo uscire da quell’inferno al più presto. Ma come?
Scoprii che se fossi arrivato sotto la cascata, un po’ di lato, c’era la possibilità di
arrampicarsi per un paio di metri e raggiungere una piccola piattaforma di roccia
sporgente.
1 canyon: profonda valle dalle pareti verticali, scavata nel corso dei millenni da un fiume.
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Mi issai2 a fatica sulla piccola sporgenza rocciosa. Ero stremato3, livido, scosso
da brividi.
Per la prima volta, dopo quelle che mi erano sembrate ore, mi trovavo fuori
dall’acqua, anche se non proprio all’asciutto.
2 Mi issai: mi arrampicai.
3 stremato: sfinito, stanchissimo per la fatica.
4 cataratta: salto dell’acqua nel corso di un fiume, simile a una grande cascata.
5 cenote: nella lingua del luogo (Messico) è il nome dato a un tipo di profonda grotta
con presenza, sul fondo, di un piccolo lago di acqua dolce.
6 un punto morto: una situazione da cui non è possibile uscire.
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«Fine del viaggio», mormorai. «Sono così stanco che non ce la faccio neanche più
ad avere allucinazioni».
Guardai ancora il cielo, sopra di me. Era soltanto una massa di nebbia bianca.
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Sollevai la testa.
«AAAHHH».
Davanti a me avevo un uomo altissimo, vestito con una pelle di leopardo gettata
sopra una tunica.
Il resto del corpo era dello stesso colorito livido, quasi celestino, della mano sulla
mia spalla.
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Era maya19.
Il suo viso, interamente inciso di misteriosi segni, era a pochi centimetri dal mio.
Il dolore alla spalla era reale e ancor più reale fu la forza con la quale,
raddrizzandosi, mi trasse in piedi. [...]
L’uomo mi strattonò ancora, poi con un solo braccio mi issò su una spalla e si girò
verso la cascata.
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Ma non lo fece.
Dalla mia posizione non vedevo molto, capii solo che ci avvicinavamo alla
cataratta.
Ma fu un istante.
Nascosta dal muro d’acqua, una profonda rientranza si apriva nella roccia
fradicia.
22 inerte: indifferente.
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Seguimmo questo passaggio fino a una parete sulla quale erano scavati dei rozzi
gradini.
RIASSUNTO
Nando, un ragazzo di undici anni, partecipa a un’escursione lungo un
grande fiume dello Yucatan (regione del Messico, in America centrale).
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Nando, intrappolato nel cenote, cerca una via d’uscita, ma riesce solo
a scorgere in alto una bianca striscia di cielo.
Le pareti del canyon sono lisce e quindi non può arrampicarsi.
Allora pensa di raggiungere una piattaforma di roccia che sporge sul lato della
cascata.
Così si impegna in una faticosa nuotata per raggiungere il punto
in cui è possibile arrampicarsi.
Sfinito e infreddolito, riesce a salire a fatica sulla roccia, tirandosi fuori
dall’acqua.
Da quel punto egli osserva la cascata che scende con rumore assordante,
spessa e compatta come un muro.
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un giorno insegna al
nipote ad ascoltare la
natura che lo circonda
L’orto del nonno era molto grande, perché di mestiere lui faceva l’ortolano1,
come suo padre Vincenzo e suo nonno Giovanni. Iniziava dietro la casa, dopo il
recinto del pollaio, e da una parte arrivava al fiume, dall’altra alla strada che portava
in paese.
L’orto era bello e così ordinato che pareva un giardino. Dalla parte del fiume il
nonno aveva una fila di meli e in fondo una piccola vigna; tutto il resto era diviso in
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Ogni striscia di terra era coltivata in modo diverso a seconda delle stagioni:
c’erano le carote, le insalate, i cavoli, le patate, le cipolle, insomma, tutti i tipi di
ortaggi. Il nonno in una parte seminava e innaffiava, e nell’altra raccoglieva; e così
tutto l’anno.
A camminarci in mezzo, l’orto non era mai vuoto, ma soprattutto era bellissimo
in primavera, quando i meli erano in fiore, gli ortaggi appena spuntati e Felice3, il
ciliegio, tutto ricoperto di bianco.
Il ciliegio era nell’angolo dell’orto tra la strada e il cortile, così che, grande
com’era, si vedeva da ogni parte. Da quando era rimasto solo, il nonno passava
molte ore sotto il ciliegio: prima ci accompagnava soprattutto me, ma ora aveva
messo lì sotto la sedia della nonna Teodolinda4 e, quando l’orto lo lasciava libero
dai lavori o si voleva riposare, si sedeva su quella sedia, con le ochette accanto, e se
ne stava a occhi chiusi, senza muovere nemmeno un dito.
Allora lui socchiuse5 un occhio, come facevano i polli della nonna, e mi fece
cenno di andargli vicino.
«Mettiti qui», mi disse, facendomi posto sulla sedia. Io mi sedetti e lui mi cinse6
le spalle con un braccio e con la mano mi coprì gli occhi.
«E adesso dimmi che cosa vedi», mi sussurrò. Io risposi che vedevo solo il buio e
lui mi disse: «Ascolta».
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Vedere non vedevo niente, ma sentivo un battito di ali e poi tutto un cip-cip.
Accipicchia come strillavano!
«Queste sono le api che vanno al favo10. Hanno succhiato i fiori e ora se ne
tornano a casa con la pancia piena. Le vedi?»
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Allora il nonno mi tolse la mano dagli occhi e mi chiese: «Capito? Se ascolti con
attenzione e ti concentri, puoi vedere un mucchio di cose, come se avessi gli occhi
aperti. E adesso ascolta il ciliegio che respira».
Io chiusi di nuovo gli occhi e sentii un’aria leggera che mi passava sul viso e tutte
le foglie del ciliegio che si muovevano piano piano. «È vero, nonno, Felice respira»,
dissi.
(A. Nanetti, Mio nonno era un ciliegio, Torino, Einaudi Ragazzi, 1999)
Riassunto
Il nonno del piccolo protagonista è un ortolano che coltiva un orto enorme
ma ordinato e bello; l’orto inizia dietro la casa, dopo il recinto del pollaio: da
una parte arriva al fiume, dall’altra alla strada che porta in paese.
Qui egli coltiva ogni genere di ortaggi, a seconda delle stagioni. Nei
momenti di pausa si rifugia sotto il ciliegio di nome Felice per ascoltare,
immobile, i rumori della natura.
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A B C
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Kadisha e
Dschoher
Era una notte di luna piena. Il Sahara1 splendeva come un mare d’argento, pieno
di luce e di bellezza.
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Ora le due bambine tacevano. E in questo silenzio, pieno di parole che erano
troppo timide o troppo orgogliose per essere dette a voce alta, maturò2 fra loro
un’amicizia destinata a durare tutta la loro vita, e ad accompagnarle per sempre nel
male e nel bene.
«Non lo credo che sei così cattivo come tutti dicono. Non lo credo, capisci? Sono
io, Kadisha; e questa è Dschoher. Siamo sempre state amiche tue. Non puoi averlo
dimenticato. Abbiamo diviso l’acqua e il cibo con te, te ne ricordi? E spesso siamo
andate a piedi per cederti il nostro posto su un dromedario3. Sono certa che non
ci farai del male. No, non avere paura del coltello, l’ho preso solo per tagliare le tue
corde. Che Dio ci protegga, Dschoher, lo faccio subito. Va’ via, se hai paura».
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Le salutò così per l’ultima volta prima di scomparire dalla loro vita per sempre.
Riassunto
Kadisha e Dschoher sono due bambine che una sera decidono di liberare
il loro amico Melik, un leone accusato di aver ucciso una bambina. Le due
giovani, credendo nell’innocenza dell’animale, in una notte di luna piena,
un po’ insicure e impaurite, riescono a liberarlo tagliando le corde che lo
imprigionano.
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all’improvviso Entra un
Kay lo prende in
cavaliere con un abito da
giro per il suo abito
donna in mano: cerca un
certo Laurin
Il cavaliere ha la
Kay e il cavaliere/donzella
meglio contro Kay
si sfidano a duello
che viene umiliato
Kay, caduto
nel fiume, viene
infine salvato
Alcuni attendono un’udienza1 con la regina Ygerna, altri sono seduti a lunghi
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Adesso si sente un gran baccano3 presso la porta del salone, e poi un cavaliere
armato dalla testa ai piedi entra a cavallo nel cortile tenendo in mano un abito da
donna. L’abito è di un giallo polveroso, il colore dell’uva spina matura, e vedo che
ha la pettorina4 e le maniche decorate di centinaia di perline. Adesso il cavaliere
smonta di sella e, sempre reggendo il vestito, si avvicina a gran passi alla regina.
«In questo cortile c’è un cavaliere di nome Laurin», dice a voce bassa. «Laurin ha
combattuto con me, mi ha disarcionato5, e quindi mi ha inviato qui da voi perché
facciate di me ciò che volete».
«E quel vestito?» domanda la regina Ygerna. «Perché lo portate con voi? A chi
appartiene?»
«A voi?» fa la regina. [...] «Dunque voi indossate abiti da donna?» chiede la regina.
Sentendo queste parole alcuni dei cavalieri e delle dame riuniti nel cortile si
mettono a ridere scuotendo il capo.
«Che cosa c’è di strano?» aggiunge il cavaliere. «Sarebbe più strano se non lo
facessi».
«Quando indosso questo vestito», risponde quello, «sono una donna. Ma quando
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«Vi getterò nel fiume, e vi farò bere tanta di quell’acqua che in pancia avrete tutto
uno sciacquio10».
«Non avete che da provarci», risponde Kay. «Se qualcuno si bagnerà, sarete voi,
mia signora. Sarete zuppa dalla testa ai piedi del vostro sudore puzzolente, prima di
potermi mettere addosso anche soltanto un dito».
«Siete il vostro peggior nemico, Kay», osserva la regina Ygerna. «Dentro di voi
c’è un diavolo». Poi si volge alla donzella. «Kay vi ha insultata», dice, «e io vi do il
permesso di giostrare11 con lui».
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«Siete montata bene, mia signora?» esclama Kay. «State seduta comoda?»
I due partono al galoppo per la terza volta, e Kay le grida contro, ma questo non
basta a fermarla.
Ella scaglia la sua lancia e passa lo scudo di Kay da parte a parte, cosicché16 lui
perde l’equilibrio.
Poi lo fa rialzare, fra le urla e gli applausi delle dame e dei cavalieri.
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Così facendo gli chiude la bocca, e le rapide correnti lo trascinano subito al largo.
Kay fatica non poco a uscire dall’acqua e a mettersi in salvo sulla sponda.
Ha gli occhi luminosi, e io vedo che uno dei due occhi è feroce, e l’altro
dolcissimo.
«Ecco quel che ti spetta per la tua insolenza21, Kay», dice con voce bassa e roca22.
Riassunto
Alla corte della regina Ygerna molti cavelieri e dame attendono udienza. Tra
questi c’è anche lo scudiero Kay. All’improvviso entra un cavaliere dicendo
di essere stato disarcionato da un certo Laurin. Il cavaliere tiene in mano un
abito da donna che afferma di possedere poiché egli è cavaliere solo quando
porta l’armatura.
Kay e il cavaliere/donzella si sfidano a duello; quest’ultimo però riesce
a dimostrare la sua audacia e ad avere la meglio. Infine Kay, caduto
vergognosamente nel fiume, viene salvato.
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7 Kay all’inizio si sente superiore e prende in giro lo sfidante. I fatti gli danno
ragione? Chi vince?
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A quattordici anni
diventa scudiero con
una cerimonia in chiesa
Il piccolo Fulke era nato nel periodo in cui ogni nobile signore riteneva un
grande onore essere un cavaliere degno di stima, e per essere tale era necessario
dimostrarsi leale e generoso, audace e cortese.
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Benché Fulke fosse solo un bambino, entrambi i genitori attendevano con ansia
il giorno in cui lo avrebbero visto con gli speroni3 dorati e la spada alla cintola4,
e avrebbero udito le parole: «Nel nome di Dio, San Michele e San Giorgio, ti nomino
cavaliere».
Pensando al suo futuro rango5 di cavaliere, fin dai primissimi anni, cercarono
di insegnargli a essere coraggioso e cortese, umile e generoso.
Non appena Fulke riuscì a reggersi in piedi, gli fu insegnato a cavalcare. Ogni
giorno veniva messo in sella a uno dei cavalli del padre, mentre un paggio6 gli
camminava al fianco per afferrarlo nel caso fosse caduto. Ma Fulke era figlio di un
cavaliere. Non cadde mai, e se la briglia dava dei problemi non si spaventava,
ma si metteva a urlare e cantare divertito.
Non aveva ancora sei anni che già sapeva andare al trotto7. Un giorno,
tamburellando con i piccoli talloni contro i fianchi del cavallo, partì al galoppo; tornò
sfiatato8, ma orgoglioso come un re. [...]
Il bambino cresceva sano e forte. Aveva i capelli dorati e vaporosi9, gli occhi
vivaci come quelli di un falco, il naso dritto e la bocca rossa come una rosa. Al vedere
l’agile figurina montare a cavallo, la madre arrossiva di orgoglio. Ma sospirava
1 ambita: desiderata.
2 dama: la donna alla quale dedicava la propria vita.
3 speroni: punzoni applicati ai tacchi degli stivali usati per incitare il cavallo.
4 cintola: cintura.
5 rango: condizione sociale, stato.
6 paggio: servitore.
7 trotto: andatura del cavallo intermedia tra il passo, lento, e il galoppo, veloce.
8 sfiatato: senza fiato per l’emozione e la fatica.
9 dorati e vaporosi: biondi e leggeri.
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C’erano parecchi paggi della sua età, che, come lui, amavano correre e giocare
al volano12. Ma la giornata, ora, non era fatta solo per il gioco, perché Fulke aveva
molti compiti da svolgere per il suo signore. [...]
Cominciò ad andare a caccia con i falchi, ma al seguito del suo signore non era
più quel gioco divertente di quando era più giovane. Fulke non mancava certo di
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Ma Fulke non doveva essere coraggioso solo a caccia, doveva imparare a esserlo
anche in battaglia.
Per questo motivo veniva condotto ad assistere a tutti i tornei che si svolgevano
nel vicinato, dove poteva osservare i cavalieri combattere l’uno contro l’altro e
sopportare le ferite senza un lamento.
Ogni torneo gli insegnava che il coraggio era una nobile virtù di cui nessun vero
cavaliere poteva essere sprovvisto15.
Chi insegnava le regole della buona condotta era un vecchio cavaliere, molto
severo con i paggi se non si comportavano secondo gli insegnamenti che egli non si
stancava mai di ripetere. [...]
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Si recitarono delle preghiere, poi una cintura e una spada furono allacciate
alla vita del ragazzo. Quando Fulke lasciò la chiesa, era ormai uno scudiero. Tutti
lo guardavano con simpatia e si congratulavano con lui. E Fulke rispondeva con
gentilezza e cortesia, e intanto, con gli occhi lucidi per l’emozione, pensava fra sé e
sé: “La prossima volta sarò cavaliere. Avrò gli speroni e saprò farmi onore”.
Ma, prima di diventare cavaliere, avrebbe dovuto fare lo scudiero per sette anni,
adempiendo a diversi doveri.
Riassunto
Il brano racconta la carriera di un giovane nobile del Medioevo per diventare
cavaliere. I genitori di Fulke, il protagonista, fin dai primissimi anni gli
insegnano le buone maniere e a cavalcare. A sette anni, come da tradizione, il
giovane viene mandato al servizio di un famoso barone come paggio.
Qui impara a cacciare e a suonare, e accompagna il proprio padrone ai tornei,
sviluppando la virtù del coraggio, indispensabile per un cavaliere. All’età di
quattordici anni viene nominato scudiero durante una cerimonia ufficiale
in chiesa, ma dovranno trascorrere altri sette anni prima che Fulke possa
diventare cavaliere.
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10 Scrivi sul quaderno una pagina di diario in cui racconti la giornata tipo di un
giovane paggio.
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Si affeziona
È stato “punito” con
agli animali e
l’obbligo di occuparsi
prende con sÉ
di un canile-gattile
un cane
Accade a Fossano.
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Ne parla con Matteo che non è pentito. Anzi. «Un gatto, che vuoi che sia».
Maltrattare gli animali è reato punito con pene severe; il dodicenne, però, non
è imputabile1.
Un giorno alla settimana, per sei mesi, sotto lo sguardo dei volontari del centro,
dell’assistente sociale e con l’appoggio dello psicologo, il ragazzino contribuisce alla
gestione del ricovero.
Tra le prescrizioni del giudice: pulizia del “gattile”, lavaggio periodico di zampine
e orecchie e obbligo «di dare a ogni animale due carezze al giorno».
Alla fine tra l’ex piccolo maltrattatore, abbandonato a se stesso dalla famiglia,
e i gatti a loro volta rifiutati dai proprietari si è creato un feeling2 inaspettato,
un’intesa che, senza retorica, raramente ho visto in tanti anni di lavoro a contatto
con gli animali.
1 non è imputabile: secondo la legge italiana chi ha meno di quattordici anni non può essere
condannato per reato.
2 feeling: attrazione.
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La prova?
E lo adora.
RIASSUNTO
Matteo è un ragazzo di dodici anni che ha ucciso un gattino nel cortile
di un condominio.
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a. Libro-torrone
b. Libro-prosciutto
c. Libro-marmellata
d. Libro-frutta candita
e. Libro-burro e panna
f. Libro-cioccolata
g. Libro-budino
4 Prepara un menu in cui ogni portata sia formata da libri prelibati come quelli
descritti nella poesia.
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a. Età: ........................................................................................................................
b. Abbigliamento: .....................................................................................................
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2 Dove vivono?
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10 Conosci una favola o hai letto un libro che abbia come protagonista
o personaggio una strega? Scrivila in sintesi sul quaderno.
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è in corso la guerra
fra troiani e achei
Calcante spiega la
La pestilenza causata causa: agamennone si era
Dal dio Apollo si abbatte rifiutato di consegnare la
sull’esercito acheo schiava Criseide al padre
Crise, sacerdote di apollo
Achille, su
intervento della dea
Agamennone accetta di
Atena, abbandona il
restituire criseide in cambio
campo giurando di
della schiava di achille
ritirarsi per sempre
dalla battaglia
Ma era una strana pace, quella, una strana tregua1. I Troiani gettavano sguardi
ansiosi dagli spalti2 della città verso il mare, verso il campo acheo3. Da lì, alti gemiti
si alzavano, e lamenti, e fuochi funebri4.
1 tregua: pausa.
2 spalti: muri di fortificazioni.
3 acheo: greco.
4 fuochi funebri: grandi fuochi accesi per bruciare i cadaveri e celebrarne i funerali.
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Una sventura tremenda si era abbattuta sugli Achei: da giorni, una febbre
incurabile uccideva i guerrieri, i cavalli e ogni essere vivente. Uno sull’altro gli
uomini cadevano5, a decine, e i sopravvissuti non facevano altro che innalzare
pire6 e bruciare cadaveri. Era la vendetta di Apollo, il dio della luce e del calore
implacabile7.
Era stato offeso dal capo della spedizione achea, Agamennone, che si era
rifiutato di restituire la figlia al vecchio Crise, sacerdote del dio.
Criseide era stata catturata dagli Achei e destinata a servire il loro capo. Quando
Crise venne ad implorarlo8, Agamennone, arrogante9 come al solito, lo cacciò in
malo10 modo.
Sconvolto, il sacerdote se ne andò sulla riva del mare e lì, con il cuore stretto dal
dolore e dalla rabbia, invocò la vendetta del suo dio.
Febo Apollo scese dall’Olimpo armato delle frecce letali11 e a passi grandi e
fermi si diresse su un’altura vicina al campo acheo; di lì, impietoso12, scagliò le sue
frecce. Silenziose, precise, rapidissime e mortali.
5 cadevano: morivano.
6 pire: cataste di legna.
7 implacabile: che non ha pace.
8 implorarlo: supplicarlo.
9 arrogante: che vuole avere la meglio sugli altri con prepotenza.
10 malo: cattivo.
11 letali: mortali.
12 impietoso: senza pietà.
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«Bisogna interrogare un indovino per scoprire il perché e trovare rimedi alla peste,
altrimenti saremo costretti a tornare indietro, in patria, vinti dalla fatica, dalla guerra
e dalla malattia».
«La causa di tanto male è l’offesa portata da Agamennone al vecchio Crise; per
questo Apollo saettante13 si accanisce14 contro di noi con tanta ferocia».
Si alzò, era fuori di sé. «Indovino di mali», urlò, «solo a me sai predire sventure.
Ma va bene, se così deve essere per il bene di tutti, prendetevela pure, Criseide, la
rendo. Però subito, tutti quanti, pensate ad un altro dono adatto a me: non è giusto
che io sia l’unico a rimanerne privo».
«Avidissimo18 fra gli Achei», ribatté19 Achille, «non puoi aspettare che abbiamo
58
«Glorioso Achille», lo schernì20 il re, «voglio ora ciò che mi spetta, non sono
tanto stupido da farmi ingannare dalle tue belle parole».
«Mi chiedo come facciano gli Achei», lo insultò il figlio di Peleo21, «a seguire te,
brutto cane, e ad obbedirti.
Tu, che sei tanto avido quanto spudorato22, che di tutte le prede sempre scegli
20 schernì: derise.
21 Peleo: padre di Achille.
22 spudorato: senza pudore.
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«E vattene, chi ti trattiene», gli urlò dietro Agamennone, «io ho gli altri, o odioso
fra tutti i re, brigante, amante sanguinario delle battaglie, vattene; prima però
mi prenderò il dono che mi spetta di diritto, mi prenderò la tua schiava, Briseide.
Imparerai così ad offendere chi è più potente di te».
Si fermò, si voltò.
«Vigliacco dal cuore di cervo», esplose, «che combatti solo se ci sono altri a
proteggerti, hai passato la misura, hai detto le tue ultime parole».
Pallade Atena25, la dea che vede lontano, lo aveva afferrato per i capelli,
restando invisibile agli altri.
«Frena la tua ira, Achille», disse la dea, «calmati, e io ti prometto che presto
saranno costretti ad offrirti doni in gran quantità, per ripagarti dell’offesa che ora
ricevi. Combatti con le parole, obbedisci al mio volere».
Achille lasciò la spada, ancora con parole violente attaccò il re: «Ora [...] io ti
giuro che un giorno verrai a supplicarmi in ginocchio, quando vedrai i figli degli Achei
23 tumulto: agitazione.
24 elsa: manico della spada.
25 Pallade Atena: la stessa dea era chiamata con i nomi di Atena e Pallade.
60
Riassunto
È in corso la guerra fra Troiani e Achei, i quali hanno messo sotto assedio
Troia. Si abbatte però, per volere del dio Apollo, una forte pestilenza
sull’esercito acheo. L’indovino Calcante spiega che si tratta di una punizione
del dio Apollo perché il re Agamennone ha offeso il vecchio sacerdote
Crise, rifiutandosi di consegnargli sua figlia Criseide. Agamennone accetta
di restituire Criseide in cambio della schiava di Achille. Questo provoca
lo scontro tra Agamennone e Achille, il quale però, grazie all’intervento di
Pallade Atena, decide di abbandonare il campo e di ritirarsi per sempre
dalla battaglia.
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1 Quali sono i due eserciti che si stanno combattendo nella guerra di Troia?
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ormai Vicini a
Itaca, i compagni aprono Chiude i venti in
il sacco scatenando una un sacco, lasciando
tempesta che sconvolge libero Solo Zefiro
il mare
Dopo aver dormito, Ulisse e i suoi uomini erano ripartiti ed erano approdati
sull’isola di Eolo, il dio dei venti.
Era stato gentile, Eolo: li aveva accolti in grande amicizia, li aveva ospitati per un
mese e aveva offerto loro degli ottimi banchetti e dei letti dove dormire.
1 fiori di loto: fiori che tolgono la memoria; Ulisse e i compagni li avevano mangiati durante
una precedente tappa del loro viaggio.
2 ciclope: gigante mostruoso con un solo occhio in mezzo alla fronte da cui Ulisse e i
compagni erano riusciti a fuggire con l’inganno.
63
Al dio dei venti era riuscito proprio simpatico e aveva deciso di aiutarlo.
Forse perché lui viveva in quella bellissima isola con i suoi dodici figli, ed erano
tutti molto amati e felici.
Eolo pensò che Ulisse si meritasse di tornare a casa. Gli regalò un otre ben chiuso.
Un otre3, per capirci, è come una borsa della spesa, una specie di sacco fatto di
cuoio.
Questo, quello di Eolo, era molto ben chiuso con una catena d’argento. «Non
aprirla», gli aveva detto Eolo, «ho chiuso qui dentro tutti i venti del mondo, solo il
dolce Zefiro è libero di soffiare, e ti spingerà fino alla tua terra».
3 otre: sacco.
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E quando già si poteva vedere il profilo delle montagne, Ulisse, ormai sfinito dalla
stanchezza, aveva lasciato il timone al suo uomo più fidato e si era messo a dormire.
Gli uomini, eccitati all’idea che stavano finalmente per arrivare, cominciarono a
farsi venire strane idee.
Pensarono che nell’otre di Eolo ci fosse chissà quale tesoro, e che Ulisse, in realtà,
voleva tenersi tutto il bottino di guerra, senza lasciare nulla.
(G. Nucci, Ulisse. Il mare colore del vino, Roma, Edizioni E/O, 2006)
Riassunto
Durante il viaggio di ritorno verso Itaca, Ulisse e i suoi uomini approdano
sull’isola di Eolo, il dio dei venti. Egli si commuove ai racconti di Ulisse
e decide di aiutarlo chiudendo tutti i venti in un sacco e lasciando libero solo
Zefiro, che li spinge verso la patria.
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2 Chi è Eolo?
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5 Perché il re Eolo decide di regalare a Ulisse un otre con all’interno tutti i venti
del mondo?
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Il più grande tirò e la pietra arrivò sul tetto d’un forno; ed egli ebbe la fornaia.
Il più grande trovò una giovinotta bella soffice come una focaccia, il mezzano una
pallidina, fina come un filo, e il più piccino, guarda guarda in quel fosso, non ci trovò
che una rana.
Tornarono dal Re a dire delle loro fidanzate. «Ora», disse il Re, «chi ha la sposa
migliore erediterà il regno. Facciamo le prove».
E diede a ognuno della canapa2 perché gliela riportassero di lì a tre giorni filata
dalle fidanzate, a vedere chi filava meglio.
«Rana, rana!»
1 frombola: fionda.
2 canapa: fibra che si ricava dall’omonima pianta e che può essere tessuta.
3 a puntino: nel modo migliore possibile.
4 ciglio: bordo.
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E la rana saltò fuori dall’acqua su una foglia. Il figlio del Re le diede la canapa e
disse che sarebbe ripassato a prenderla filata dopo tre giorni.
Dopo tre giorni i fratelli maggiori corsero tutti ansiosi dalla fornaia e dalla
tessitrice a ritirare la canapa.
La fornaia aveva fatto un bel lavoro, ma la tessitrice – era il suo mestiere – l’aveva
filata che pareva seta.
«Rana, rana!»
«Chi mi chiama?»
Lui si vergognava un po’ di andare dal padre con una noce mentre i fratelli
avevano portato la canapa filata; ma si fece coraggio e andò.
Il Re che aveva già guardato per dritto e per traverso il lavoro della fornaia e della
tessitrice, aperse la noce del più piccino, e intanto i fratelli sghignazzavano.
Aperta la noce ne venne fuori una tela così fina che pareva tela di ragno, e tira
tira, spiega spiega, non finiva mai, e tutta la sala del trono ne era invasa.
«Ma questa tela non finisce mai!» disse il Re, e appena dette queste parole
la tela finì.
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Erano nati tre cuccioli alla sua cagna da caccia preferita, e li diede ai tre figli:
«Portateli alle vostre fidanzate e tornerete a prenderli tra un mese: chi l’avrà allevato
meglio sarà regina».
Dopo un mese si vide che il cane della fornaia era diventato un molosso5 grande
e grosso, perché il pane non gli era mancato; quello della tessitrice, tenuto più a
stecchetto6, era venuto un famelico mastino.
E il Re disse: «Non c’è dubbio; sarà re mio figlio minore e la rana sarà regina».
Il più piccino andò al fosso, e la rana l’aspettava in una carrozza fatta d’una foglia
di fico tirata da quattro lumache.
Quando si svegliò, gli s’era fermata davanti una carrozza d’oro, imbottita di
velluto, con due cavalli bianchi e dentro c’era una ragazza bella come il sole con un
abito verde smeraldo.
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«Sono la rana», e siccome lui non ci voleva credere, la ragazza aperse uno scrigno
dove c’era la foglia di fico, la pelle della rana e quattro gusci di lumaca.
Il Re fu tutto contento e ai figli maggiori che si rodevano7 d’invidia disse che chi
non era neanche capace di scegliere la moglie non meritava la Corona.
Esercizi
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Si chiama Shaun Ellis, l’“esperimento” gli è valso un soprannome degno dei film
di Kevin Kostner o Jack Nicholson: “The Wolfman”, uomo-lupo, e un documentario
intitolato senza troppa fantasia nello stesso modo, The Wolfman, che verrà messo in
onda dall’emittente inglese Channel 5.
Shaun non si è lavato per settimane per non cambiare odore (i lupi hanno olfatto
e vista portentosi), è vissuto all’aperto con i predatori.
Ha dovuto imparare a ululare come i lupi per farsi sentire da lontano e segnalare
la propria presenza.
L’ululato, tra i predatori, serve a rinsaldare i legami nel branco ed è una specie di
“avvertimento” ai consimili che potrebbero sconfinare in territorio “nemico”.
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L’avventura sarebbe più plausibile nei grandi spazi americani, dove si può
camminare per giorni senza incontrare anima viva, non in Inghilterra, Paese
altamente urbanizzato dove sembra impossibile che i lupi siano raramente (o mai)
venuti a contatto con la specie umana, quella che temono di più.
Eppure sembra che per farsi prendere sul serio Shaun abbia anche ringhiato
ferocemente, e che per evitare di farsi sbranare – così dicono i primi resoconti –
abbia dovuto sempre comportarsi da “maschio alfa”, ovvero da lupo dominante,
«sottomettendo gli altri con morsi, ringhi e aggressività controllata».
Una cosa, però, l’uomo-lupo non è riuscito a fare: ingoiare, oltre alla carne cruda
che i ranger del parco buttavano al branco, le viscere: «Mi facevo segretamente
cuocere il fegato del cervo», ha ammesso.
Esercizi
1 Chi è il protagonista del racconto? Cancella solo le risposte false. ... / 3
A Un ricercatore universitario.
B Un operatore cine-televisivo.
C Un addetto a un parco naturale.
D Un esperto di lupi.
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8 Indica quale delle seguenti informazioni sulla vita dei lupi non è presente nel
testo. ... / 3
A I lupi hanno la vista e l’olfatto molto sviluppato.
B L’ululato è un segnale di riconoscimento.
C I lupi cambiano tana a seconda delle stagioni.
D I lupi allevano i cuccioli in tane protette.
E I lupi sono animali estremamente sensibili.
9 Indica quale delle seguenti affermazioni può essere ricavata dal testo pur
non essendo presente in forma esplicita. ... / 3
A I lupi ululano e ringhiano.
B L’ululato rinsalda i legami del branco.
C I lupi mangiano solo carne cruda.
D I lupi riescono a capire dall’odore se uno cambia dieta.
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1 Sciama: esce a piccoli gruppi, come uno sciame di api che escono da un alveare.
2 stridente: dal verbo stridere, che significa “emettere un suono acuto e penetrante”.
3 fiorita: fioritura (perché le donne indossano vesti dalle tinte vivaci).
4 svaria: si distingue, spicca per il suo diverso colore.
5 pie laudi: preghiere (fatte dalla gente).
6 palpita: risuona, si sente.
7 sperdesi: si disperde, si dissolve.
8 mente... ginestre: piante di menta e di ginestra.
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1 Nella prima strofa, che cosa descrive il poeta? Specifica i particolari. ... / 2
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2 Con quale espressione viene descritto il rumore prodotto dalla gente? ... / 2
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7 Nella quarta strofa che cosa descrive il poeta? Che cosa avverte e sente?
... / 3
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Sicura che al mondo non vi fosse nessuno capace di eguagliarla nella tessitura,
era divenuta la protettrice delle filatrici.
Aracne, figlia di un celebre tintore, sin da piccina si era divertita a giocare con il
telaio.
Con il trascorrere degli anni, quello che da bambina era un passatempo diventò
una vera e propria passione.
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«Non ho nulla da imparare dagli dèi, tutto ciò che faccio lo devo solo a me stessa.
Sarei pronta anche subito a sfidare Atena».
Lavorarono entrambe con lo stesso ardore, senza mai cedere alla fatica. Infine
gli dèi furono chiamati a giudicare l’operato delle due contendenti e, loro malgrado,
dovettero esprimere un verdetto unanime6.
Aracne sentì una fitta al cuore: comprese in quel momento che non avrebbe
potuto combattere contro il potere di Atena.
4 astio: odio.
5 sembianze: aspetto.
6 verdetto unanime: decisione finale concorde.
7 oltraggio: offesa.
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Ma l’ira della dea non si placò neppure di fronte alla disperazione della fanciulla.
Da allora la povera ragazza continua a tessere la sua tela e anche gli uomini, così
come fece Atena, distruggono senza pietà i suoi incomparabili arazzi9.
8 addome: ventre.
9 arazzi: pregiatissimi tessuti eseguiti a telaio.
Esercizi
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5 Perché Atena si presenta alla fanciulla con l’aspetto di una vecchia? ... / 1
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