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Ristampe
5 4 3 2 1 N
2018 2017 2016 2015 2014 2013
ISBN 9788858307144
Contributi
Il materiale di supporto è stato realizzato con la collaborazione di Filippo Gerli e Vittoria Haun, adolescenti con Disturbi Specifici
dell’apprendimento (DSA)
Stampa: Sograte Litografia s.r.l. - Zona Industriale Regnano - 06012 Città di Castello (PG)
Tutti gli esercizi conservano la medesima numerazione che hanno in Generi, temi,
laboratorio delle abilità 2. Gli esercizi aggiunti sono riconoscibili da questa grafica: 1
Ultimo giorno:
vinta la paura si tuffa dal
trampolino più alto
Avevo circa dieci anni e mi trovavo in vacanza con mamma e papà, e dei loro
amici.
Un uomo mi insegnò a tuffarmi dal bordo1, invece di tapparmi il naso con le dita
e buttarmi alla meno peggio2.
Me ne stavo disteso sulla schiena e li osservavo per dei secoli4, sapendo che
volevo salire lassù.
Sapevo che non sarei sceso dalla parte della scaletta, ma questa volta non c’era
nessuno a sospingermi, né a ridere di me, né a fare il conto alla rovescia.
Nessuno avrebbe mai saputo se l’avevo fatto o no. Era tutto dentro di me: la
volontà di farlo, simile a un liquido spumeggiante e caldo, mescolata alla paura che
mi stringeva la bocca dello stomaco.
Credo che sia stata la più grande impresa della mia vita.
(B. Doherty, Le due vite di James il tuffatore, Casale Monferrato, Piemme, 1998)
Riassunto
Il protagonista della storia è un bambino di dieci anni che non si è mai
tuffato. Mentre è in vacanza con la mamma e il papà, un uomo gli insegna
a tuffarsi dal bordo della piscina. La paura è così grande, che deve essere
spinto in acqua, ma quando riemerge grida come un pazzo dalla gioia.
1 Il narratore ricorda un episodio avvenuto quando era bambino: che età aveva
quando è accaduto? Che cosa è riuscito a fare?
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13 Sul tuo quaderno racconta o immagina la prima volta che ti sei tuffato: dove
ti trovavi? Con chi? Quali erano i tuoi sentimenti prima della prova? E dopo?
Lo rifaresti? Scrivi almeno mezza pagina.
La signora Judith,
l’Esperimento è fallito insegnante privata di
e la mamma ritorna alla inglese, si accorge che
cucina tradizionale Martina non ha capito
nulla delle sue lezioni
Caro diario,
ti scrivo in fretta perché tra poco dovrò andare in piscina e poi a lezione d’inglese.
Oggi a pranzo la mamma aveva preparato delle cose strane: degli spaghetti che
non erano di pasta e delle bistecche che non erano di carne.
Gli spaghetti erano di soia, mollicci e bianchi; la bistecca invece aveva sapore
di sughero.
Poi c’era l’insalata ma, almeno quella, era davvero fatta d’insalata.
A un certo punto, sono stata anche costretta a infilarmi un dito in bocca per
staccare gli spaghetti dal palato ed ero così scocciata che mi è scappato di chiederle:
«Mamma, non ne avevi di pasta normale?»
Lei si è offesa.
Ha detto che quello era davvero un bel ringraziamento per tutto il daffare che
si dava per noi, che la soia è un prodotto naturale e molto nutriente.
La mamma voleva fare l’arrabbiata, ma ha cominciato a ridere anche lei con noi
e sembrava che tutti e tre non dovessimo smettere più.
10
Tutto era diventato di un bel rosa acceso, anche le mutande di papà, perché
avevo messo un paio di calzini rossi dentro la bacinella.
La mamma per fortuna ha detto che a tutti, prima o poi, capita di fallire qualche
esperimento.
11
Caro diario,
In piscina Paola ci ha fatto fare almeno dieci vasche senza quasi farci fermare.
Lei se ne stava all’asciutto, ci guardava e si sgranocchiava una bella pizza salata.
Poi, a lezione d’inglese dalla signora Judith, è successa una cosa che prima o poi
lo sapevo che sarebbe accaduta: sono arrivata alle cinque, come ogni giovedì;
la signora Judith mi ha aperto la porta e mi ha fatto accomodare sul solito divano.
Poi ha sparato tre quattro delle solite domande e io, come faccio sempre,
ho risposto due volte yes e due volte nou.
«Oh, my God!»
«Ma cara, potevi dirmelo prima che non capivi le mie parole».
Io sono quasi arrossita come quando penso a Roberto e ho provato a dirle che
non ne avevo avuto il coraggio.
12
Mentre leggevo a voce alta apple, mela, car, automobile, dog, pensavo che questo
inglese sarà anche la lingua del futuro ma io, intanto, mi perdo il presente.
(S. Bordiglioni, M. Badocco, Dal diario di una bambina troppo occupata,
San Dorligo della Valle, Einaudi Ragazzi, 2000)
RIASSUNTO
Nelle pagine del suo diario personale Martina racconta quanto le accade
ogni giorno.
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14
Damian
Damian risponde a
frances per ringraziarla
Giovedì 4 febbraio
spero di non disturbarti con questa lettera ma ho visto la tua foto sul giornale
e ho pensato che sei stato molto coraggioso a scendere in quel pozzo per salvare
il tuo cane Victor.
15
Noi una volta avevamo un cane chiamato Killer ma una sera si è perso e non
l’abbiamo più rivisto.
Io vado alla scuola media Saint Simon. Il mio professore si chiama Ramsden
e secondo lui nei temi sono la più brava della classe.
La tua ammiratrice,
Frances Bond
Cara Frances,
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Mi dispiace che tu abbia perso il tuo cane Killer. Se vuoi ti mando una foto grande
di Victor.
Cordialmente,
Damian Drake
Riassunto
Damian Drake ha salvato il suo cane Victor, che era finito in un pozzo.
Frances Bond, amante dei cani, gli scrive per congratularsi.
Damian le risponde, sorpreso dalla sua lettera: lei, infatti, è l’unica ragazza
che gli ha scritto. Le racconta che sta ricevendo un sacco di pubblicità
e che per questo motivo i suoi genitori sono preoccupati, temendo che
qualcuno possa rapirlo. La lettera si conclude con saluti e auguri.
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10 Scrivi sul quaderno una lettera a Damian spiegando perché gli scrivi,
parlandogli un po’ di te e dicendogli quale opinione hai del suo gesto.
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Il protagonista della
storia gli estrae il forcone
e lo prende in braccio
LA Signora Shears
vede il cane morto e SI DISPERA.
Poi arriva LA POLIZIA
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Decisi che con ogni probabilità il cane era stato ucciso proprio con quello perché
non riuscivo a scorgere nessun’altra ferita, e non credo che a qualcuno verrebbe mai
in mente di infilzare2 un cane con un forcone nel caso in cui fosse già morto per
qualche altra ragione, di cancro per esempio, o per un incidente stradale.
Abitava dall’altro lato della strada, due case più in là, sulla sinistra.
Non uno di quei barboncini3 tutti bei pettinati, no, uno di quelli grossi.
2 infilzare: trapassare.
3 barboncini: razza di cani.
4 arruffata: disordinata.
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Perdeva sangue.
I cani mi piacciono.
I suoi stati d’animo sono quattro. Un cane può essere felice, triste, arrabbiato
o concentrato.
E poi i cani sono fedeli e non dicono bugie perché non sanno parlare.
Alzai gli occhi e vidi la signora Shears correre verso di me dalla veranda6.
Indossava un pigiama rosa e una vestaglia.
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«Lascia stare quel cane», continuava a gridare. «Lascia stare quel cane, per
l’amor di Dio».
Mi misi le mani sulle orecchie, chiusi gli occhi e rotolai in avanti finché non mi
ritrovai accovacciato7 per terra con la fronte premuta8 contro l’erba.
Si stava bene.
(M. Haddon, Lo strano caso del cane ucciso a mezzanotte, Torino, Einaudi, 2006)
7 accovacciato: rannicchiato.
8 premuta: schiacciata.
RIASSUNTO
Il cane Wellington della signora Shears viene trovato morto, trafitto da
un forcone.
Il protagonista della storia si avvicina per estrargli il forcone e lo prende
in braccio. In quell’istante la padrona esce di casa urlando e disperandosi.
Il ragazzo allora si allontana per nascondersi. Poco dopo arriva la polizia.
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6 Perché la signora Shears pensa che sia stato il ragazzo a uccidere il cane?
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Lee Joseph
Il padre di
Passano insieme
Joseph muore e
molto tempo
il ragazzo deve
condividendo tutto
partire
1 mi imbattei: incontrai.
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In mano teneva due bastoni finemente intagliati2, alti all’incirca quanto lui
e uguali per forma e dimensione.
Non era di colore marrone chiaro come gli altri ragazzi del villaggio, ma di colore
marrone scuro, quasi nero.
Avanzai sino al bordo del fiume. Egli mi gridò qualcosa in una lingua strana.
«Salve!» gridai.
Cercai un posto dove ci fossero delle pietre sporgenti per attraversare il fiume.
Saltando da una pietra all’altra, raggiunsi l’altra riva.
Avanzai verso di lui pian piano. Mentre mi avvicinavo, lui strinse con forza i due
bastoni.
Mi fermai.
Disse qualcosa in tono brusco, lanciò un bastone per terra ai miei piedi e impugnò
l’altro, come se fosse pronto a combattere.
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Mi tese la mano, che io strinsi. Il volto gli si illuminò d’un sorriso radioso.
Disse qualcosa, indicandomi il fiume. Poi mi prese per mano e mi condusse con sé.
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Quando si rese conto che non sapevo nuotare, si fece più attento.
«Zia Liza...»
«Sì?»
«Tu sei un meticcio11. Ci sono tre tipi di persone: i bianchi, i meticci e i neri.
Prima ci sono i bianchi, poi i meticci e, infine, i neri».
«Perché?»
«Perché è così».
Il giorno dopo, quando vidi Joseph, mi battei il petto e dissi: «Lee! Meticcio!»
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«Sì?»
«No».
«E allora da dove veniamo? Joseph e sua madre discendono dai re neri che erano
qui prima dei bianchi».
«Non importa. Tu sei mio fratello. E adesso i miei re sono anche i tuoi re. Vieni:
ho promesso a mia madre di portarti a casa. Ci sta aspettando. Corriamo verso la
collina».
Dalla cima della collina abbracciai con lo sguardo una lunga vallata in cui
pascolava il bestiame.
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13 Piegammo: ci dirigemmo.
14 liquidi: in questo caso significa “dall’espressione dolce”.
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«E io saluto te, figliolo» rispose dolcemente, con uno scintillio negli occhi.
Tutt’intorno alla capanna c’era una specie di pedana circolare un po’ sollevata
da terra.
Ci sedemmo lì, mentre la donna ci portava il cibo: locuste15 fritte salate e una
pannocchia di granoturco.
Trascorsi metà del tempo a casa, con zia Liza e zio Sam, il resto con Joseph
e la piccola madre.
Poi, un giorno, quando già si cominciava a respirare il freddo nell’aria del mattino,
Joseph venne alla location16. [...]
«Sono venuto a dirti addio, fratello. Mio padre è morto nelle miniere, così noi
dobbiamo tornare nelle nostre terre».
15 locuste: cavallette.
16 location: villaggio in cui abitano i meticci o i neri, separati dai bianchi.
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(P. Abrahams, Dire libertà. Memorie del Sudafrica, Roma, Edizioni Lavoro, 1987)
17 schiamazzo: confusione.
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Joseph proviene dalla tribù degli Zulù e insegna a Lee a nuotare e a lottare
con i bastoni. Da parte sua, Lee insegna all’amico un po’ di afrikaans.
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5/6 Come fanno i due ragazzi a comunicare fra loro e come mai all’inizio non si
capiscono?
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7 Chi dei due è il più esperto nel vivere a contatto con la natura? Perché?
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Mattia e il nonno
Vanno al fiume
Mattia e il nonno
pescano insieme
divertendosi
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«Tu dici?» disse il nonno stringendogli un po’ la mano, ma senza voltarsi. «Come
lo sai?»
«Si dice così» osservò Mattia. «Vuol dire che bisogna mettersi con la schiena dalla
parte da dove l’acqua arriva, capisci? Come siamo noi».
«Ho capito: vuol dire che il fiume, là dietro, nasce dalle montagne come fanno
tutti i fiumi».
«Quando si è con la schiena a monte, che non vuol dire che ci sono davvero delle
montagne, come siamo noi, è semplice» disse Mattia. «La sponda che c’è a sinistra è
quella sinistra, e quella che è a destra è la sponda destra. Hai capito?»
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«Esattamente» disse.
[...]
«Lo sa cosa?»
Mattia rise.
E Mattia chiese al fiume se sapeva che quella era la sua sponda sinistra, e che
quell’altra era la sponda destra. Ma il fiume non rispose, e continuò tranquillo
a frusciare4.
Un canale largo due metri si staccava dal fiume e scivolava fra i campi verdi,
a sinistra.
Non era molto profondo, ed erbe acquatiche erano piegate in avanti dalla
corrente, mentre pesci nuotavano a mezza altezza, tranquilli.
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«Con le mani!»
Ad un tratto Mattia tuffò una mano, sollevando spruzzi fino ai capelli, ma non
prese il pesce.
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«Vieni?» disse a Mattia. «Il sole è caldo, ci asciugheremo in fretta. Non vuoi
prendere i pesci?»
«Mettiti qui, come me» disse il nonno, e si spostò un po’ a destra, lasciando
spazio a Mattia, che allargò le gambe come lui.
«E adesso, nonno?»
«Adesso peschiamo».
«Così fermi?»
«Più fermi che possiamo. Però bisogna tenere le tasche aperte, così».
Il nonno si allargò le tasche dei pantaloni, tirandole con le dita. Mattia fece
lo stesso.
38
All’improvviso Mattia sentì qualcosa che si agitava nella tasca sinistra. «Nonno,
l’ho preso!»
«Chiudi la tasca!»
Mattia chiuse la tasca, mentre qualcosa si agitava dentro, e gli faceva solletico
più dell’acqua.
«Sì, ma piano. Tieni la tasca con una mano, e infila l’altra spostando la stoffa,
dolcemente. Se no scappa».
«Guarda, nonno!»
«Tienilo in acqua, se no muore» disse il nonno, che stava levando dalla sua tasca
39
«Mangiarlo?»
Mattia guardò il pesce, che non si muoveva più molto, come se fosse stanco.
Solo ogni tanto la coda gli vibrava fra le dita. «Ma io non ho fame di pesce» disse.
«Non voglio mangiarlo». [...]
«Buona idea» e il nonno aprì le mani: un’ombra scura guizzò verso l’erba mossa
del fondo, e scomparve.
Anche Mattia lasciò andare il suo pesce, che appena le mani si aprirono tornò
svelto: ma a mezzo metro si fermò, incerto, come se non credesse di essere libero.
7 guizzò: saltò.
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Guardò nel canale, per vedere Liberato: ma tra i pesci che vedeva non lo sapeva
riconoscere.
Il nonno non disse niente, e teneva un filo d’erba fra le labbra, guardando
il canale.
RIASSUNTO
Mattia e il nonno vanno al fiume. Mattia spiega al nonno come riconoscere
la sponda destra e quella sinistra del fiume, poi vuole provare a pescare. Fa
molti tentativi ma non riesce a pescare nulla.
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a. Guizzare: ..............................................................................................................
b. Scivolare: .............................................................................................................
c. Frusciare: .............................................................................................................
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euridice muore
Si innamora di
improvvisamente,
Euridice, che lo
a causa del morso
contraccambia
di un serpente
Orfeo, per
timore di perderla,
si volta ed Euridice
scompare per
sempre
43
Per molti, suo padre era lo stesso dio Apollo1, che gli aveva regalato la lira2
e lo aveva istruito nell’arte della musica.
Quando Orfeo cantava toccando le corde del suo strumento, gli uccelli
gli volavano attorno e i pesci salivano dalle profondità marine; le note avevano
il potere di incantare e di smuovere le rocce e le piante; perfino gli animali selvatici
si tranquillizzavano e si affiancavano a lui.
Orfeo viveva nei boschi selvaggi ai piedi del monte Olimpo3 e molte fanciulle
lo amavano, soprattutto per l’incanto della musica
che sapeva suonare; ma egli si innamorò di
Euridice, una ragazza dolce e fedele
che lo contraccambiava con altrettanto amore.
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Orfeo vagò sino alla punta più meridionale del Peloponneso7, dove prese una
decisione tremenda: per amore di Euridice avrebbe affrontato il regno dei morti.
Stringendo al petto la lira, Orfeo si incamminò dunque per l’oscura via delle
tenebre.
Incontrò prima Caronte, il terribile vecchio con la barba grigia e incolta9 e con
terribili occhi ardenti10, che trasporta le anime da una sponda all’altra del fiume
Stige11, fino alla porta dell’inferno.
Orfeo, tremante, non rispose ma toccò le corde del suo strumento e il feroce
Caronte subito si arrese al canto divino.
Orfeo giunse, così, di fronte a Plutone e Persèfone sua sposa, sovrani degli Inferi.
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Persèfone allora si alzò e con un gesto chiamò Euridice, che avanzava zoppicando
sul piede ferito:
«Avvicinati Euridice!» disse la dea degli Inferi «e segui il tuo sposo poiché la forza
dell’amore ha dato alla sua musica un potere straordinario, tale da modificare
le dure leggi della morte. E tu, Orfeo, riprendi il cammino e lascia questo regno.
La tua sposa ti seguirà. Ma attento, non ti voltare mai, per nessun motivo, non
guardare alle tue spalle finché non avrai raggiunto la luce del giorno. Altrimenti,
tutto sarà inutile».
Orfeo, con il cuore pieno di gioia, obbedì: si incamminò per la difficile via del
ritorno. Procedeva e non riusciva a credere di essere riuscito a riportare in vita la sua
adorata sposa. Procedeva ed era impaziente di essere alla luce per poter abbracciare
e baciare la dolce Euridice.
Ma camminando tendeva l’orecchio; teneva gli occhi ben fissi davanti a sé, ma
cercava di udire un segnale, anche impercettibile14, che la fanciulla lo stesse
veramente seguendo.
Nulla. Non il più piccolo rumore: tutto intorno era morte e silenzio.
Già si intravedeva la luce del mondo esterno, ma ciò non bastava a calmarlo.
Tremava, era in preda alla febbre, non aveva mai amato Euridice così intensamente
come in quel momento e il pensiero di perderla non gli era sopportabile.
13 consenso: permesso.
14 impercettibile: che si poteva udire appena.
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Apollo, che aveva donato la lira a Orfeo, scese a prenderla e la lanciò nel cielo
perché nessuno era ormai degno di suonarla.
Riassunto
Orfeo è figlio del dio Apollo che, dopo avergli regalato la lira, gli ha
insegnato l’arte della musica. Il giovane diviene così esperto nel canto e
nella musica tanto che le sue melodie incantano animali e piante.
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2 Quali effetti aveva la sua musica sugli animali e sulle piante che
lo circondavano?
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5 Quale ordine riceve Orfeo da Persèfone, come patto per lasciare libera
Euridice?
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All’inizio del 1954 la televisione poteva essere vista solo in alcune regioni italiane:
Piemonte, Lombardia, Liguria, Toscana, Umbria e Lazio.
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Quando è nata la televisione la maggior parte degli italiani aveva pochi soldi
e perciò non poteva comprare il televisore.
Per vedere le trasmissioni televisive le persone andavano nei bar, nei circoli, nelle
sedi dei partiti politici.
Le trasmissioni erano tutte in bianco e nero e iniziavano alle 17.30. Dalle 17.30
alle 19 c’era il programma La TV dei ragazzi.
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(www.dueparole.it)
RIASSUNTO
Nel 1954 la RAI (Radiotelevisione italiana) comincia a trasmettere i primi
programmi televisivi. Inizialmente la televisione può essere vista solo in
alcune regioni. Nel 1961 quasi tutti gli italiani possono vedere la televisione.
All’inizio la televisione aveva una sola rete. Nel novembre del 1961
nasce la seconda rete televisiva e si arriva a garantire, in totale, 11 ore di
trasmissioni al giorno. Negli anni Settanta le ore garantite diventano 24.
Nel 1977 cominciano le trasmissioni a colori. Nel 1979 nasce la terza rete,
dedicata soprattutto ai programmi regionali.
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8 Il poeta usa alcune frasi nominali, cioè senza verbo. Con quale scopo?
A Concentrare l’attenzione del lettore su alcune parole significative.
B Costruire versi brevi e agili.
C Risparmiare parole e abbreviare i versi.
D Evitare verbi inutili.
E Non so.
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ma come te ragazza
È come te ragazza.
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Nel campetto dove avevamo fondato lo Sportivo Almafuerte c’era un ragazzo che
aveva il soprannome di Cacho e imitava il meraviglioso Fioravanti.
Quel poveretto non prendeva mai palla. Gliela tiravamo lunga e lui non
ci arrivava, gliela tiravamo corta e lui andava troppo avanti. A volte, perché
ci faceva un po’ pena, dopo un fallo gli lasciavamo battere un “tiro di prima2” che,
immancabilmente, finiva contro la barriera e perfino un rigore che Tito Pereira gli
respinse con le gambe.
Era così negato per il calcio che anche come portiere risultava un disastro.
Non era grassoccio né scemo, come dicono i luoghi comuni del calcio.
Semplicemente, era il ragazzo con meno talento che abbia vissuto da quelle parti.
Per quello gli ordinavamo di trasmettere da bordocampo.
1 onde corte: sono un particolare spettro di frequenza delle onde radio, che permettono,
con poca potenza, di effettuare collegamenti a lunghissima distanza.
2 tiro di prima: tiro al volo o da fermo, senza passaggio da parte di un altro compagno.
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Per fare l’arbitro bastava essere adulto. Già questo era sufficiente per incutere
rispetto, e ricordo che una delle partite più memorabili che io abbia mai disputato
l’arbitrò mio padre, che si era trovato a passare da lì in bicicletta e si era fermato per
guardarmi giocare. In qualche modo era un intellettuale, un uomo di scienza che
di calcio non sapeva niente.
Quella che sto per raccontare era una partita tra quartieri rivali, e con tutte
le sue ignoranze in fatto di regolamento mio padre non poteva fare altro che una
figuraccia. Lo ricordo fermo sul cerchio di centrocampo, con le braccia incrociate
e con i fermagli da ciclista che gli stringevano le caviglie; portava occhiali da sole
e un orologio da taschino che era stato di suo nonno.
Gli avevamo dato uno di quei fischietti con dentro un cece e il capitano dell’Honor
y Patria aveva subito protestato con lui perché un attaccante nostro era già
sconfinato nel campo avversario prima che io avessi calciato la palla.
In quei tempi remoti, calciava sempre per primo il centravanti. Erano le tavole
della legge: cominciava il nove, i marcatori di punta effettuavano le rimesse laterali
e i wings4 battevano i calci d’angolo.
In quelle partite, Cacho aveva un’unica missione: imitare le voci dei difensori
avversari. Un po’ prima che cominciasse la partita, andava a trovarli per
chiacchierarci, li faceva divertire con le trasmissioni e poi li prendeva di sorpresa,
soprattutto il portiere.
In quella partita parlò soltanto due volte, e molto poco, ma lo fece in momenti
cruciali. Nel primo momento, quando perdevamo per uno a zero, misero fuori
un rigore vergognoso che mio padre gli aveva dato, e poco prima della fine,
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Ma non era la voce del portiere. Era Cacho, che sembrava una cocorita.
Il portiere era rimasto tra i pali, come se stesse prendendo il fresco. La palla
è entrata vicino al palo e siccome non c’era la rete attraversò la strada e andò
a finire in un giardino, proprio in mezzo ai papaveri. Mio padre si avvicinò per
domandarmi sottovoce: «Giurami che non l’hai toccata con la mano».
L’ho guardato in faccia: «Te lo giuro», gli ho risposto. Sudava come un facchino,
aveva i pantaloni stracciati e le scarpe tutte rovinate. Ho immaginato che mia madre
si sarebbe messa a urlare quando saremmo tornati a casa.
Appena cominciato il secondo tempo, mio padre convalidò un goal dei nostri
avversari che per me era parecchio discutibile. Stavamo perdendo e per di più
i nostri avversari giocavano che sembrava che ballassero. Uno di quei balli
trascinanti, contagiosi, come li possono fare i brasiliani o i colombiani.
Ammirato, Cacho Hernández già stava trasmettendo dal suo posto di wing
e questo incitava ancora di più i nostri carnefici. Mio padre si entusiasmò a tal punto
che se pure li toccavamo sui talloni fischiava e ci dava una punizione contro.
Per le strane cose del destino, quel pomeriggio ci avrebbe dato alcune lezioni.
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Era talmente matto, quel povero ragazzo, che appena si fu accomodata la palla
con il braccio cominciò a chiedere la punizione con la voce di Fioravanti, a gridare
«Pessimo arbitraggio!», mentre segnava a porta vuota.
Era il primo goal che segnava al di fuori degli allenamenti e si mise a gridare come
un pazzo mentre mio padre indicava, solenne, il centrocampo.
Due o tre minuti dopo, un moretto rapato a zero mi tolse la palla in area con
l’eleganza di una ragazzina che prende lezioni di piano. Ho cominciato a strillare
come se mi fossi spezzato a metà e a rotolarmi per terra.
Sapevo che si stava compiendo un’ingiustizia, ma allo stesso tempo intuivo che
quell’aberrazione5 provocata dall’ignoranza di mio padre ci metteva in pieno
nelle miserie della vita6. Quando siamo tornati a casa, mia madre ha urlato
un bel po’ e alla fine ci ha mandati a letto senza cena.
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1 In quale paese del mondo si ambienta il racconto? Per dare la risposta, basati
sugli indizi presenti nel testo. ... / 2
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b. Carattere: ............................................................................................................
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ricordi? Io avevo due grandi occhioni verdi, un mucchio di lentiggini sul naso
e delle ciocche ribelli ramate1, che mia madre cercava disperatamente di
raccogliere in una improbabile2 coda di cavallo. Mi chiamavano Pel di Carota, io mi
offendevo terribilmente e mi rifugiavo sotto il grande salice nel giardino dell’asilo.
Me ne stavo lì ad ascoltare il vento sibilare tra i rami. Accadde così anche quel giorno.
Corsi in lacrime verso il mio albero e ti trovai rannicchiato accanto al tronco nodoso.
«Tutti mi prendono in giro perché porto gli occhiali», mi dicesti, e intanto dei
grandi lacrimoni ti scendevano giù per le guance paffute3. Fu l’inizio
di una bellissima amicizia. Per le suore eravamo due monellacci ed era bellissimo
finire in castigo insieme. Eravamo una coppia indistruttibile, abbiamo preso
contemporaneamente persino le malattie infettive.
Finché un giorno... eravamo nella tua cameretta e tu mi hai messo una mano fra
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Il mio piccolo muscolo cardiaco4 stava per scappare fuori dal mio corpicino...
Scappai via senza dirti una parola, arrivata a casa mi precipitai in bagno,
ma ormai era troppo tardi.
Da allora venivo presa dal terrore ogni volta che mi capitavi attorno.
Era imbarazzante non riuscire a nascondere il rossore e l’affanno.
L’amore era una faccenda da grandi, e a noi tutte quelle moine5 tra innamorati
sembravano ridicole. Eppure ci amavamo, a modo nostro, ma ci amavamo. A noi
bastava costruire una pista nella sabbia e giocare a biglie fino al tramonto per essere
felici; sgattaiolare in cucina e rubare i frollini al burro, quella era la nostra più segreta
perversione.
C’erano tutti: genitori, suore, insegnanti. Ti cercavo per le aule: «Dov’è Enrico?»,
chiesi alla maestra. Lei mi accarezzò i capelli, sorrise: «Enrico non c’è più, è morto».
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Non versai una lacrima al tuo funerale. Tutti gli altri piangevano, persino la Madre
Superiora che ti metteva sempre in castigo. Non riuscivo a capire perché le lacrime
facessero così fatica ad annegarmi gli occhi.
Non è necessario che una persona viva a lungo perché lasci un segno indelebile7
nel cuore di chi la ama.
Ieri abbiamo traslocato nella nuova casa. In fondo all’armadio ho trovato una
scatola di cartone. L’ho aperta... le biglie: una blu e una rosa. Le ho prese e le ho
sotterrate sotto il grande salice. Per sempre.
Pel di Carota
(M. Castano, Lettere al primo amore, a cura di N. Aspesi, Torino, Einaudi, 1996)
6 leucemia: malattia caratterizzata da un eccessivo aumento dei globuli bianchi nel sangue.
7 indelebile: incancellabile.
Esercizi
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8 Col tempo l’amicizia tra i due bambini si trasforma, infatti Pel di Carota
scrive: «ci amavamo, a modo nostro, ma ci amavamo». Che tipo di amore
era il loro? ... / 3
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10 Nel finale della lettera Pel di Carota, ormai adulta, dice di aver compiuto
un gesto, solo apparentemente strano. Quale? Perché lo ha fatto? ... / 4
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13 Indica con una crocetta quali elementi caratteristici della lettera personale
mancano nel brano letto. ... / 3
A Data e luogo. E Formula di chiusura.
B Formula di inizio. F Saluti.
C Introduzione. G Firma.
D Corpo centrale. H Post scriptum.
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«Non sapevo che foste in viaggio. Perché viaggiate?» disse, abbassando la mano
con la quale stava aggrappata alla colonnina. E un’irrefrenabile gioia e animazione
le illuminarono il viso.
«Perché viaggio?» ripeté lui, guardandola dritto negli occhi. «Voi sapete che
io viaggio per essere dove siete voi» disse «e non posso fare altrimenti».
Nello stesso tempo, come se avesse superato degli ostacoli, il vento spazzò via
la neve dai tetti delle vetture, strascinò una lamiera di ferro ch’era riuscito a
strappare, e il fischio della locomotiva ruggì, lugubre e cupo. A lei ora tutto l’orrore
della tormenta pareva ancora più bello. Egli aveva detto proprio quello che l’anima
sua desiderava, ma che la sua ragione temeva. Ella non rispondeva nulla, e sul viso
di lei egli scorgeva la lotta interiore.
Parlava con cortesia, con rispetto, ma con tanta fermezza e ostinazione che per
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«Non una vostra parola, non un vostro gesto dimenticherò mai, e non posso...»
«Basta, basta!» gridò lei, cercando invano di dare un’espressione severa al viso
che egli andava scrutando avidamente. E afferratasi con la mano alla colonnina
gelida, montò sul predellino ed entrò in fretta nel corridoio della vettura. Ma nel
piccolo ingresso si fermò per riflettere a quello che era accaduto. Non ricordava
né le parole proprie, né quelle di lui, ma ebbe la sensazione che quella conversazione
di pochi istanti li avesse terribilmente avvicinati e ne era spaventata e felice.
Dopo esser rimasta in piedi per qualche secondo, entrò nello scompartimento e
sedette al proprio posto.
Quello stato di tensione che l’aveva tormentata poco prima non solo si rinnovò,
ma aumentò sino a farle temere che da un momento all’altro si spezzasse in lei
qualcosa di troppo teso. Non dormì tutta la notte. [...]
Sedeva sulla sua poltrona, ora con gli occhi fissi davanti a sé, ora osservando
quelli che entravano e uscivano; e se anche prima egli colpiva e disorientava
le persone che non lo conoscevano, per quella sua aria di imperturbabile
indifferenza, ora sembrava ancor più pieno e soddisfatto di sé. Guardava agli uomini
come a cose. [...]
Che cosa sarebbe venuto fuori da tutto questo, non lo sapeva, e non lo
immaginava neppure. Sentiva che tutte le sue forze, fino ad ora rilasciate e disperse,
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Esercizi
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10 Aiutandoti con il brano, descrivi quali sono gli stati d’animo dei due
personaggi prima e dopo la dichiarazione d’amore, e spiega perché entrambi
non riescono a dormire la stessa notte. ... / 4
a. Anna:..................................................................................................................
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b. Vronskij:..............................................................................................................
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12 Per comprendere la psicologia dei due personaggi sono più utili, secondo te,
le informazioni che il lettore ricava dalla lettura della parte narrativa
o di quella dialogata? Motiva la risposta. ... / 3
A Della parte narrativa.
B Della parte dialogata.
C Non so.
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La tendenza a ingrassare è però in forte aumento. In appena nove anni nel Nord-
Ovest il numero di giovanissimi extralarge è raddoppiato, passando dal 6,1% al
13,6%. L’Unione Europea ci assegna il non invidiabile primato di nazione col più alto
numero di giovani pesi massimi: i bambini obesi hanno infatti dal 30 al 60%
di possibilità di esserlo anche da adulti. Tra i primi imputati di questa emergenza
c’è la “Cattiva maestra TV”, come vent’anni fa la definì il filosofo Karl Popper.
Conferma ora il ministro della salute: «L’obesità aumenta di pari passo con le ore
passate davanti al video».
Secondo gli esperti statunitensi ne bastano due al giorno per entrare in zona
allarme; dopo di che i bambini tendono a mangiare molte più merendine e snack
del necessario. Il rischio di diventare obesi aumenta in media del 2% per ogni ora
trascorsa ogni giorno davanti al video.
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Proibire gli spot per i cibi più grassi può essere una soluzione?
Altra sostenitrice dello stretto rapporto fra obesità infantile e pubblicità televisiva
è Maria D’Alessio, ordinario di Psicologia dello sviluppo all’Università La Sapienza
di Roma. «I bambini di 8 anni da noi intervistati sono estremamente influenzati dalla
pubblicità. Vestono tutti allo stesso modo, con sole quattro marche di giubbetti
o di scarpe...
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Esercizi
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6 Quali nazioni europee vogliono abolire gli spot televisivi per i cibi
più grassi? ... / 2
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8 Scrivi lo schema delle rime della seconda e della terza strofa. ... / 4
a. Seconda strofa:...................................................................................................
b. Terza strofa:.........................................................................................................
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