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Il territorio
La Repubblica di Albania è uno Stato della Penisola balcanica che si affaccia sul Canale d'Otranto,
un braccio di mare che separa l'Albania dalla Puglia e che collega il Mar Adriatico al Mar Ionio.
Confina a nord-ovest con il Montenegro, a nord-est con il Kosovo, a est con la Macedonia e a sud-
est con la Grecia. La maggior parte del territorio è occupata da
colline, ricche di olivi, e da rilievi, anche molto aspri, come quelli delle Alpi Albanesi. Le zone
pianeggianti e agricole si trovano prevalentemente nella fascia costiera settentrionale e centrale, in
alcuni tratti paludosa, e nelle valli fluviali, come quella del Drin e del Seman, fiumi dal corso
breve e a carattere torrentizio. I laghi più importanti sono tre e si trovano ai confini con gli Stati
vicini: il Lago di Scutari confina con il Montenegro, quello di Ocrida confina con la Macedonia, e
infine quello di Prespa è diviso con la Macedonia e con la Grecia.
Il clima
Il clima nell'entroterra è principalmente continentale, mentre la fascia costiera è caratterizzata da
un clima mediterraneo.
Popolazione e società
La storia
La popolazione albanese presenta una composizione etnica molto omoge
nea, costituita per il 97 % da Albanesi, un gruppo che si ritiene discenda dagli Illiri, gruppo di
Indoeuropei che abitava un tempo la regione. Dopo aver fatto parte dell'Impero bizantino, nel XV
secolo l'Albania cadde sotto il dominio dell'Impero ottomano da cui si liberò solo nel 1912: i quat-
tro secoli di dominazione turca hanno portato, attraverso conversioni di mas
sa, alla diffusione dell'islam, oggi la religione maggìoritaria. Dopo la Seconda guerra mondiale, nel
1946 l'Albania è stata sottoposta a un rigido regime comunista che la isolò politicamente ed
economicamente dal resto del mondo, non contraendo con nessuno impegni o alleanze. Nel 1991 la
situazione internazionale e i movimenti di protesta interni portarono alla fine dell' esperienza
comunista e alla rinascita della democrazia.
L'economia albanese
La scelta isolazionista e xenofoba compiuta dal regime comunista ha per lungo tempo ostacolato lo
sviluppo socio-economico del Paese. Nei cinquant'anni di regime, infatti, fu imposta l'autarchia,
cioè l'autosufficienza economica, con lo scopo di produrre sul territorio soltanto i beni strettamente
necessari, limitando o annullando gli scambi con l'estero. Per questo motivo venne abolita la
proprietà privata e venne assicurato a tutti un lavoro ma con salari minimi. Quando è crollato il
comunismo, che vedeva nello Stato l'unico proprietario e gestore di qualunque
attività e impresa, anche l'assetto sociale è crollato. Sono allora esplose la disoccupazione e la
miseria. In questo contesto da una parte ha potuto affermarsi con facilità la malavita organizzata,
dall'altra si è assistito a una disordinata migrazione verso i Paesi economicamente avanzati tra cui
l'Italia, investita in pieno da questo fenomeno a causa della vicinanza tra le coste dei due Stati.
Attualmente la situazione è parzialmente migliorata, ma l'economia del Paese è ancora sostenuta in
buona parte dalle rimesse degli emigrati. Dal punto di vista occupazionale, circa il 54% della forza
lavoro è ancora impiegato nel settore primario, ossia nell'agricoltura (frumento, mais, patate, olivi e
viti) e nell'allevamento (soprattutto di ovini). Il 13% circa lavora invece nell'industria (in fase di
crescita grazie a investimenti stranieri), il 31% circa nei servizi, in particolare nel turismo.