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Corso di Psichiatria
Docente Prof. C. Cedro
Al momento della nascita ogni individuo viene identificato come maschio o femmina, cioè
gli viene attribuita l’appartenenza al genere sessuale maschile o femminile,
esclusivamente in base all’osservazione dei genitali esterni. Questo riconoscimento
rappresenta l’inizio di un percorso che segnerà il costituirsi dell’identità sessuale.
L’identità di genere fa riferimento ad un preciso sentimento unitario e persistente
riguardo la propria individualità maschile o femminile. Essa è caratterizzata dalla
percezione “sessuata” di se stessi, del proprio corpo e del proprio comportamento.
Al concetto di identità di genere si lega quello di Identità di ruolo che fa riferimento a tutto
quello che una persona fa o dice per indicare agli altri ed a se stesso il grado della propria
mascolinità, femminilità o ambivalenza. Per esempio, pensiamo alla piacevole emozione
che può provare una donna per un complimento che sottolinei la sua bellezza, o
nell’accorgersi di essere desiderata; oppure alla gratificazione provata da un uomo per le
suo doti di forza fisica o di coraggio
L’dentità di ruolo è, in un certo senso, l’espressione sociale dell’ identità di genere.
Dall’identità di genere e da quella ruolo si distingue l’identità sessuale, definibile come
un sentimento unitario di Sé che comprende sia gli elementi relativi all’identità di genere
sia quelli relativi all’identità di ruolo.
Volendo dare una definizione integrata del concetto di identità sessuale possiamo dire che
l'identità sessuale si forma attraverso tappe progressive che conducono
all’autoidentificazione sessuale, sia di genere che di ruolo, e consiste nel raggiungimento
della convinzione intima della propria mascolinità o femminilità. Questa convinzione è un
elemento centrale del modo che ognuno ha di sentire "chi è" nel proprio sè.
Ma che peso hanno gli aspetti biologici e quelli psicopedagogici nel determinismo
dell’identità sessuale?
Joho Money (studioso americano di psicologia medica ed endocrinologia) sostiene che la
dicotomia tra genetico e ambientale, tra innato e acquisito, è una questione antiquata.
Al concetto di sviluppo psicosessuale si preferisce oggi quello di differenziazione
psicosessuale o differenziazione dell’identità di genere. Lo sviluppo psicologico della
sessualità umana non prescinde dallo sviluppo (differenziazione) embrionale dei caratteri
sessuali. Tra i diversi sistemi che si sviluppano nell’embrione, quello sessuale è il solo
dimorfico, così come un dimorfismo sessuale esiste nel successivo sviluppo
comportamentale e psichico. Ma la differenziazione sessuale sul piano fisico (carattere dei
genitali esterni) appare di primaria importanza per l’avvio della strutturazione di una
specifica identità sessuale. Nell’ermafroditismo, dove non si ha una completa
differenziazione della struttura dei genitali esterni, non si potrebbe raggiungere un’identità
di genere se non agisse chirurgicamente per completare la mancata differenziazione ed
orientarla in senso maschile o femminile.
Quando Money fa notare la stretta interdipendenza tra differenziazione dell’identità di
genere e differenziazione embrionale, fa riferimento a ciò che costituirà la base
dell’identità sessuale. Ricordiamo che l’identità di genere è solo una parte dell’identità
sessuale, la quale comprende anche l’identità sessuale di ruolo sulla cui formazione
incidono pesantemente aspetti di ordine psico-socio-educativo. Lo sviluppo
comportamentale e psicologico legato al genere sessuale è dipendente da specifici
condizionamenti educativi che vengono messi in atto precocissimamente e che
perpetuandosi struttureranno l’identità sessuale. Vi sono tuttavia aspetti comportamentali
che possono essere più dipendenti da una specificità bio-genetica più che da una psico-
genetica. Tra questi, alcuni istinti, quali l’istinto all’accudimento (più spiccato nella donna e
direttamente correlato al suo ruolo biologico di nutrice), l’istinto di difesa della proprietà
(attività bellicose proprie del sesso maschile)
L’orientamento sessuale può essere definito come la direzione che segue il bisogno
sessuale (bisogno di creare un legame affettivo-sessuale). Se il soggetto per il proprio
soddisfacimento ricerca individui dello stesso sesso e del sesso si parla di omosessualità;
se ricerca individui di sesso diverso dal proprio, di eterosessualità. L’orientamento
sessuale è indipendente dall’identità di genere. Si presume che nell’essere umano, come
accade per altri esseri viventi, l’orientamento sessuale sia regolato da fattori di ordine
biologico Rimane aperto il problema se nella condizione omosessuale vi sia una mancata
differenziazione dello schema di ricerca eterosessuale, se vi sia una differenziazione
specifica in senso omosessuale (quale alternativa di differenziazione sessuale naturale
presente in natura) o se l’omosessualità ha una sua specifica genesi in funzione di aspetti
di ordine psicodinamico.
I soggetti con disturbo dell’identità di genere possono essere sessualmete orientati verso i
maschi, le femmine, entrambi o nessuno. Un maschio che cambia sesso ed è attratto dagli
uomini non si considera omosessuale; allo stesso modo la donna nel caso inverso.
La psicologia medica e psicodinamica si è da sempre interessata degli aspetti psicologici
che entrano in gioco nel divenire dell’identità di genere (che si struttura già nei primi tre
anni di vita) o dell’orientamento sessuale (che si struttura in modo definitivo dopo la
pubertà)
Di seguito vengono riportati alcuni esempi di attribuzione di significati da parte dei genitori
alle azioni dei bambini fin dalla nascita (a) e corrispettive attribuzioni di qualità maschili o
femminili nell’adulto (b).
Nonostante la gran parte dei comportamenti dei bambini piccoli siano sovrapponibili tra
loro a prescindere dal sesso di appartenenza, i genitori producono risposte specifiche nei
riguardi del bambino in funzione del sesso che gli è stato attribuito (sesso biologico).
L’evoluzione e la differenziazione dei comportamenti sessuali del bambino passano
attraverso numerosi stadi che vedono l’attuarsi di processi sempre più complessi di
identificazione e complementarità.
Già dalle prime relazioni oggettuali che il bambino instaura con le figure genitoriali e sociali
avvengono specifici processi di identificazione in cui il genitore dello stesso sesso diviene
oggetto di imitazione, emulazione, ecc. I comportamenti d’identificazione vengono in
genere più o meno consapevolmente rinforzati dal mondo esterno, creando un vero e
proprio vissuto inconscio di sé (condizionamento emozionale inconscio) in cui si viene a
costituire un’immagine sessuale di sé come identico agli altri appartenenti allo stesso
genere sessuale. I comportamenti tenderanno ad adeguarsi al modello interno di
riferimento. Il vissuto dell'identità di genere si rinforza anche grazie a dei meccanismi di
complementarità che nascono dal confronto con l’altro sesso e dal rinforzo positivo delle
differenze.
E’ verosimile che alla base del transessualismo vi siano fattori di ordine genetico che
ancora non sono stati identificati.
Il transessualismo presenta i suoi primi segni gia in età infantile. Un approccio di tipo
psicoterapeutico può essere indicato, quindi, già in tale fase. La psicoterapia può essere
sia individuale che di gruppo, ma spesso dovrà coinvolgere i genitori del bambino, i quali
dovranno essere informati su quali possano essere gli atteggiamenti più adeguati per
evitare il rinforzo del desiderio o del convincimento del bambino di appartenere al sesso
opposto. La psicoterapia ha lo scopo di aiutare il soggetto a trovare una soluzione
psicologica a questa sua condizione che gli consenta non solo di adattarsi in modo
funzionale al proprio sesso biologico ma anche di sviluppare un adeguato orientamento
sessuale.
Accade, però, che in molti casi, la psicoterapia anche se utile a supportare il soggetto
lungo il cammino della sua crescita, non si dimostra sufficiente a risolvere il disturbo. In
questi casi, ad avvenuto compimento della maggiore età, il soggetto potrà intraprendere
specifiche cure mediche (somministrazione di ormoni femminilizzanti nel maschio e
mascolinizzanti nella femmina) per dare al corpo sembianze quanto più possibile simili a
quelle del sesso opposto, adeguando la struttura somatica all’identità di genere a cui il
soggetto si sente di appartenere.
Una terza ed ultima fase del processo terapeutico potrà prevedere l’intervento di chirurgia
plastica che nel maschio determinerà la castrazione con ricostruzione chirurgica degli
organi genitali femminili, e nella femmina l’asportazione dei genitali esterni e la
ricostruzione plastica del pene. Tale possibilità terapeutica è stata stabilita in Italia nel
1982 con Legge del 14 aprile n. 164 che ha dettato le norme in materia di rettificazione di
sesso. Le controindicazioni all’intervento di rettifica del sesso, come mette in evidenza
Walters et al. [1986] sono: presenza di una psicosi, stati di demenza o di ritardo mentale,
abuso di farmaci o droghe, incluso l’alcool, atti ripetuti di criminalità, mancanza di supporto
da parte di parenti e amici.
Legge 14 aprile 1982, n. 164
Norme in materia di rettificazione di sesso
(G.U. 19 aprile, n. 106)
Art. 1. - La rettificazione di cui all'articolo 454 del codice civile si fa anche in forza di
sentenza del tribunale passata in giudicato che attribuisca ad una persona sesso diverso
da quello enunciato nell'atto di nascita a seguito di intervenute modificazioni dei suoi
caratteri sessuali.
Art. 5. - Le attestazioni di stato civile riferite a persona della quale sia stata giudizialmente
rettificata l'attribuzione di sesso sono rilasciate con la sola indicazione del nuovo sesso e
nome.
Art. 6. - Nel caso che alla data di entrata in vigore della presente legge l'attore si sia già
sottoposto a trattamento medico-chirurgico di adeguamento del sesso, il ricorso di cui al
primo comma dell'articolo 2 deve essere proposto entro il termine di un anno dalla data
suddetta.
Si applica la procedura di cui al secondo comma dell'articolo 3.