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MARIA MONTESSORI LA VITA

Maria Montessori nacque a Chiaravalle (Ancona) nel 1870; nel 1873 la famiglia si trasferì a
Firenze e dopo due anni a Roma. Maria studiò francese e pianoforte e dopo gli undici anni
si appassionò allo studio.
Successivamente si voleva iscrivere alla facoltà di medicina, però a quei tempi le donne non
potevano, quindi si laureò in scienze naturali nel 1892. L’anno dopo si riuscì a iscrivere alla
facoltà di medicina e nel 1896 fu la prima donna italiana a laurearsi in questo ambito.
Il lavoro in clinica la portò a entrare a contatto con gli ambienti scientifici inglesi e francesi e
nacque così il suo interesse per la letteratura scientifica del primo Ottocento relativa ai
bambini selvaggi (abbandonati nei boschi). Successivamente studiò la possibilità di
inserimento dei bambini selvaggi nei gruppi dei bambini con problemi psichici e sensoriali,
attraverso percorsi educativi adeguati.
Nel 1907 Maria aprì la prima Casa dei Bambini a Roma nel quartiere di San Lorenzo, con
metodi nuovi della scuola d’infanzia; dopo ne aprì una a Milano.
Maria Montessori pubblicò anche il suo primo manuale, dove esponeva il suo metodo e
sosteneva un’educazione che favorisca l’autonomia del bambino e ne sviluppi il carattere e
che la volontà era l’unico mezzo per stabilire la pace.
Siamo al periodo fascista; all’inizio la Montessori accettò l’appoggio di Mussolini, il quale
era interessato a risolvere i problemi legati all’analfabetismo, ma gli ideali del tempo di
Benedetto Croce e Giovanni Gentile contrastavano l’idea della Montessori. Nel 1934 arrivò
l’ordine di chiusura di tutte le scuole Montessori.
Si trasferì a Barcellona, a Londra e poi in India in seguito allo scoppiò della Seconda Guerra
Mondiale. Tornò in Europa nel 1946 e si stabilì in Olanda.
Nel 1950 fu candidata per il premio Nobel per la pace ma non le fu assegnato; morì nel
1952 in Olanda.

IL METODO MONTESSORI
Maria Montessori concepiva il bambino come un essere completo, che era in grado di
sviluppare energie creative; il principio fondamentale dove essere la libertà dell’allievo in
quanto favoriva la creatività dei bambini, già presente nella loro natura. Per la Montessori
l’infanzia è il periodo più creativo della vita ed è come una spugna perché il bambino
assorbe le caratteristiche dell’ambiente circostante senza troppi sforzi.
L’educatore doveva riuscire a cogliere il giusto momento per intervenire con il bambino in
quanto deve favorire con tutti i mezzi lo sviluppo spontaneo del bambino, che non era
qualcosa di vuoto che l’adulto doveva riempire, piuttosto conteneva in sé la propria legge
organica. Maria Montessori riteneva sbagliato che le scuole fossero fatte a misura di adulto
e che i bambini non potessero agire spontaneamente al suo interno.
LA CASA DEI BAMBINI
Era stata istituita a Roma nel quartiere di San Lorenzo; in questi ambiti le madri potevano
affidare i propri bambini dai 3 ai 7 anni, mentre loro erano a lavoro, gestita dalla
Montessori. Erano stati tolti cattedra e banchi, l’aula era arredata con tavolini leggeri,
armadietti dove i bambini potevano mettere le loro cose e lavandini a misura di bambino.
Tutto l’arredamento era stato progettato su misura di bambino con materiali colorati e
lavabili in modo che essi potevano servirsi di questi oggetti e poi rimetterli al loro posto.
I bambini erano resi responsabili con l’abitudine di provvedere in modo autonomo alle
attività giornaliere con la giusta attenzione. La prima Casa dei Bambini era quindi destinata
a bambini del quartiere romano.

Oltre all’ambiente il metodo Montessori prevedeva anche materiale scientifico studiato per
esercitare tutto l’apparato senso-motorio.
 Per l’educazione sensoriale erano previsi esercizi come le tavolette lisce e ruvide, i
tessuti, oggetti a forma diversa e molti altri.
 Per l’educazione dell’udito era prevista una lezione di silenzio dove i bambini si
abituavano a percepire rumori leggeri
 Per la scrittura e la lettura si usavano numerosi esercizi di disegno di riempimento
delle figure geometriche per abituare il movimento della mano a scrivere e sempre
per la scrittura le educatrici facevano toccare le lettere corsive minuscole ritagliate in
carta vetrata e posta su dei cartoncini lisci; in questo modo iniziava l’apprendimento
della scrittura ma anche della lettura
 Per l’aritmetica venivano usati vari materiali per le addizioni e per le operazioni

Un fattore importante era sicuramente la presenza dei genitori per la cura della salute e
della loro igiene come prerequisito.
Il compito dell’insegnante era quello di organizzare l’ambiente, aspettare che i bambini si
concentrassero su un determinato materiale e poi dedicare la giusta attenzione ai
comportamenti individuali; l’insegnante doveva aiutare il bambino secondo i suoi ritmi
naturali e in base alla personalità che mostrava.
ROSA E CAROLINA AGAZZI
Le sorelle sono nate a Vologo (vicino Cremona) e furono due innovatrici dell’educazione
infantile; la loro esperienza didattica iniziò a Nave dove entrambe ebbero una grande
passione per l’insegnamento. Il direttore consigliò loro di fare un corso per maestre
giardiniere nell’istituto fondato da Friedrich Froebel; successivamente furono divise in asili
diversi dove utilizzarono il loro metodo.
Come prima cosa le sorelle Agazzi abituavano i bambini alla pulizia e all’ordine utilizzando
un sistema di contrassegni personali, cioè predisponevano delle figurine con un’immagine
che attaccavano su tutti gli oggetti corrispondenti al bambino; in questo modo erano
facilitati nel mettere a posto le proprie cose e trovarle in autonomia.
Nel 1895 le due maestre furono invitate a fondare la prima scuola materna sperimentale
dove avrebbero usato solo il loro metodo; qui viene confermato il metodo di fare da sé;
venne confermato l’uso dei contrassegni e proposero ai bambini esercizi di giardinaggio e
allevamento di piccoli animali domestici.
Il nome scuola materna sottintendeva l’idea di un ambiente familiare, ordinato e pulito
dove ci si aiutava; Rosa e Carolina volevano che i bambini capissero che la scuola non era
un luogo anonimo dove erano lasciati in custodia, piuttosto un luogo familiare dove si
imparavano tante cose, si facevano le pulizie, si coltivava l’orto ma si facevano anche giochi
e conversazioni. “Materno” doveva essere l’atteggiamento delle maestre dedicate a
prevalere gli esercizi di vita pratica e attività di carattere estetico come il disegno, il canto e
gli esercizi ritmici.
Il materiale didattico era molto vario: le sorelle notarono che ai bambini piaceva
raccogliere oggetti piccoli come i bottoni o i sassolini colorati, quindi decisero di costruire il
museo delle cianfrusaglie ossia la raccolta di tutti gli oggetti che i bambini avevano trovato
interessanti per qualche motivo. Gli oggetti erano ordinati secondo criteri di forma,
dimensione, colore e tipo e diventavano materiale didattico da utilizzare per i giochi di
riconoscimento sensoriale o per esercizi di individuazione delle forme geometriche.
Altri oggetti come le figurine e le immagini permettevano esercizi di nomenclatura e di
pronuncia esatta. Le sorelle inoltre avevano la convinzione che il giardino fosse importante
per la didattica del bambino in quanto aveva tanti scopi, come occupare bene il tempo dei
bambini all’aria aperta, impegnarsi a far nascere fiori e frutti e di istruire i bambini sul ciclo
delle stagioni e la vita della natura e soprattutto di dare il senso di proprietà e di
responsabilità.

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