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*** 25 DOMENICA T. O.

ANNO A lì 24/09/23 ***


** Is. 55,6-9 *Romano* Salmo 144 ** Fil. 1,20c-24.27a ** Mt. 20, 1-16 **
< Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse concordato c on me per un denaro?
* diacono 335 7439038 *
PREFAZIONE: Quando l'apostolo Paolo esorta i filippesi a comportarsi in <modo degno del
Vangelo> pensa a un cuore talmente grato, per il dono di grazia ricevuto, da non poter essere in
nessun modo invidioso del gratuità d'amore, di cui parla Gesù nella parabola. San Paolo con grande
lucidità, rivela quanto la sua azione di evangelizzazione è dentro orizzonti di servizio, di gratuità,di
collaborazione, di aderenza ad un piano provvidenziale, che il Signore dirige e fa conoscere a chi
risponde alle sue chiamate, per una vocazione gratuita della sua persona, al suo progetto. La fedeltà
del vero convertito, che esce dalla sua esperienza desertica, mostra fiducia in Dio, perchè ci si
<converte con ottimismo>, credendo che il mistero di Dio, provvidente e misericordioso, ha nel
Crocifisso-Risorto tutte le potenzialità di salvezza, gioia senza fine e nessuna recriminazione
onorifica. Se è vero quanto dice il profeta del Signore, che <largamente perdona>, è ancor più
vero che i nostri <pensieri sono ancora così estranei al modo di guardare e custodire il
cammino dei figli da parte del Padre, il quale ci fa sentire amati, non così corrispondenti alla
sua gratuità>. I verbi, con cui vengono narrati e interpretati dal profeta gli eventi della storia
hanno per soggetto non gli uomini, ma il Signore, il quale <chiama, guida, libera, riconcilia a se
l'umanità>, per una relazione con Dio, che non esonera l'uomo da un coinvolgimento e da una
responsabilità dentro la storia. Se il nostro occhio non è capace di cogliere la bontà e la tenerezza e
la benevolenza, che ci viene usata, allora non può che diventare cieco e duro di cuore, tanto da
diventare sospettoso persino della bontà altrui e non meno di quella di Dio stesso, che vuole essere
buono e paritario con tutti. I sindacati insorgerebbero oggi se qualcuno facesse e si comportasse
come quel padrone della vigna, che dona la stessa paga a chi ha lavorato un'ora rispetto a chi invece
ha faticato tutta la giornata, violando il principio della giusta ricompensa. E' evidente l'equivoco,
infatti si considera il problema della ricompensa in astratto e in termini terreni e non in riferimento
alla ricompensa eterna in cielo. Nella parabola Gesù si riferisce ad una situazione ad un caso
preciso, <dove l'unico denaro, che viene dato a tutti è il Regno dei cieli>. I pagani, gli atei, i
peccatori, i pubblicani e le prostitute si mostrano più pronti ad accogliere l'invito a convertirsi, in
qualunque ora del giorno e della vita, mentre i giusti, in virtù del principio di fedeltà pedissequa,
oltre a sentirsi <capaci di mormorare e superiori ai fratelli, diverranno da primi gli ultimi, per
non aver riconosciuto la magnanimità di Dio>. Dio chiama tutti, laici e consacrati, e chiama a
tutte le ora del giorno, per un universale chiamata a lavorare nella vigna del Signore, non per una
scalata alla ricompensa più alta, bensì a cooperare nell'edificazione del Regno di Dio in semplicità e
umiltà di cuore, quali servi inutili, senza supremazia alcuna e senza secondi fini meritori. La
chiamata vocazionale deve essere sempre espressa in modo peculiare nel tessuto sociale e nelle
realtà delle attività terrene, in cui il cristiano opera alla luce del Vangelo e della carità fraterna <per
una santificazione propria e del mondo, poiché ci si salva salvando>. Tutta la parabola è ispirata
dalla problematica del mondo del lavoro, come si evince dalla risposta sconsolata dei disoccupati
dell'ultima ora, che non hanno ricevuto l'ingaggio giornaliero e sui quali si posa l'occhio benevolo
del padrone=Gesù=Dio. Quel padrone sa benissimo, che gli operai ultimi hanno le stesse necessità
degli altri, anche loro hanno una famiglia da campare e sostenere nelle necessità, <per cui non
tiene conto del merito del lavoro profuso, bensì del bisogno, mostrandosi non solo giusto ma
buono, generoso ed umano>. L'atteggiamento del datore di lavoro, conosce come la persona
disoccupata si senta inutile, come se la società intera potesse fare a meno di lui, essendo considerato
di troppo al mondo e incapace di mostrare la sua dignità con il lavoro delle sue mani, per questo
rispettando l'impegno contrattuale con quelli della prima ora, elargisce la stessa paga a tutti coloro,
che hanno lavorato nella vigna,<in virtù di una visione della vita, non secondo i parametri di
efficienza e dedizione manuale, ma di gratuità verso l'uomo, capace di mostrarsi sincero e
volitivo>. La vigna di Dio siamo noi=mondo, sua coltivazione privilegiata, che non ha prezzo, così
come la parabola del proprietario terriero mostra uscendo di casa, in cerca di braccianti a tutte le ore
del giorno, fino a che c'è luce solare. Ciò che l'evangelista racconta ha dell'assurdo, infatti a che
serve reclutare lavoratori, quando manca un'ora soltanto al tramonto?, evidentemente quel cercatore
di braccia perdute si interessa più degli uomini e della loro dignità, che della sua vigna e delle sue
risorse, più delle persone che del suo profitto oneroso. La paga diventa la cartina di tornasole della
personalità del padrone della vigna, in quanto spiazza tutti, pagando gli ultimi per primi con la
stessa retribuzione pattuita con i lavoratori della prima ora, dimostrando che <non paga ma fa un
regalo>, in più giustificandosi, con ragione, nel pagamento dei primi, con il rispetto dell'accordo di
quanto pattuito in precedenza,<creando una vertigine dentro il nostro modo mercantile di
concepire la vita, cioè mettendo l'uomo prima del mercato, la dignità della persona prima
delle ore lavorate>. Il padrone avvolge di carità e di giustizia l'avventura della bontà proclamando
e invitando l'umanità ad un avventura sconosciuta quella, cioè di un <economia solidale, del dono,
e della cura dell'anello debole, perchè la catena non si spezzi>. Il Dio presentato da Gesù
<intende immettere vita, nelle vite dei più precari>, spezzando quella pretestuosa giustizia
umana di dare a ciascuno il suo, mentre quel padrone=Padre da a ciascuno il meglio, infatti nessun
imprenditore, contabile dei meriti produttivi, farebbe così, LUI invece è donatore capace di saper
sorprendere anche con quella sua domanda retorica < ti dispiace che io sia buono?>, per la quale
l'ultimo bracciante, cercato e voluto a lavorare potrà dirti grazie, sapendo di essere cercato
ancora, non con un wanted, bensì con l'amore di un Padre>. VANGELO: Gli operai della prima
ora non chiedono un aumento di salario, ma sono indispettiti dalla generosità del padrone e in
questo modo si manifesta come la loro <mormorazione> non sia legata a un bisogno, bensì a una
passione e rancore del cuore che, sotto il pretesto della giustizia, cerca di dare spazio alla mancanza
di rispetto e di fraternità. Essere insensibili fino ad attaccare l'autocoscienza di Dio, che vuole essere
<buono con tutti>, non può che intristire la nostra stessa vita, scoprendoci non capaci di amare. La
trascendenza divina, rispetto agli schemi umani, è descritta secondo il tradizionale modello biblico
della <verticalità>, ma essa è visibile proprio nella grandezza <orizzontale> della misericordia, del
perdono, della tenerezza di un Dio, vicino e compassionevole, come un padre e una madre. Nella
narrazione di Matteo, siamo di fronte ad una situazione tipica della vita di Gesù e testimoniata più
volte nei Vangeli, dove i farisei, i giusti, i maestri della Legge mosaica si scandalizzano che il
Maestro di Nazaret offra la stessa salvezza anche ai peccatori, agli ultimi e ai pagani. La parabola
evidenzia, ed è rivolta a gente, che ricopia questo <mormorare=mancanza di fede>, dove
l'uguaglianza del trattamento scandalizza l'attuale neo fariseismo per l'apertura della Buona Notizia
a tutti. La parificazione dei pagani feriva certi privilegi della classe sacerdotale, in quanto lo stile di
Gesù è un opportunità per giudei e pagani, fondata sulla grazia e non sul rispetto pedissequo
dell'Alleanza, che sancisce il passaggio dal giudaismo all'universalismo, poiché il Regno è un dono
di Dio e non un salario per le opere della Legge, non una ricompensa contrattuale, ma una adesione
all'iniziativa divina di amore e comunione, a cui l'uomo è invitato a partecipare con gioia e senza
paure. Contro una concezione troppo spesso <economica e interessata>, del nostro impegno nei
confronti del prossimo, siamo invitati ad una generosità libera e gratis, come Cristo, che si offre
gratuitamente a malati, poveri e miscredenti, non aspettandosi ne riconoscenza ne tanto meno una
sudditanza per altri fini, esprimendo invece capacità di collaborazione per costruire un mondo di
pace e relazioni fraterne. Gli ultimi, i poveri gli anziani e i malati costituiscono il centro della
comunità cristiana, essendo la vera gerarchia dell'amore fraterno, per un Vangelo che s'incarna nelle
necessità reali dei fratelli. Il fidarsi di Dio comporta anche il rischio e l'attesa, l'oscurità e la
domanda, che ci fa inoltrare nel mistero dell'amore di Dio, nonostante in noi non si plachi il rovello
di non capire come mai Dio è così, così come ce lo presentano il tremore del nostro cuore, i dubbi
della nostra mente e i decreti oscuri e diversi da come li speravamo, insomma una barlume di
speranza e risposta confortante all'eterno dilemma, che nonostante Dio, il dolore abiti il mondo.
Non una ricerca razionale ma la visione del senso e fine della meta propostaci dalla fede nel
Crocifisso-Risorto, infatti solo riscoprendo questo anelito, questa immersione in Dio questa purezza
della fede, questo abbandono in Dio si dischiude nel nostro cuore la grande via dell'amore gratuito,
della preghiera per una salvezza comune e della maturità spirituale. Il Dio delle religioni è colui che
retribuisce ciascuno secondo i suoi meriti, Gesù invece presenta un Dio completamente diverso,
infatti parla di un Padre buono, misericordioso e provvidente, non dipendente se lo amiamo o
meritiamo, EGLI conosce i nostri limiti e i nostri bisogni, per questo EGLI ama buoni e malvagi. Il
Regno dei cieli, cioè questa società, è simile a un padrone di casa, che uscì all'alba, ruolo
normalmente affidato al fattore, per prendere a giornata i lavoratori, volendo indicare così la
premura e l'urgenza di promuovere la dignità del lavoro, assoldando manovalanza alla prima ora,
già di per se sufficiente per il lavoro nella vigna, ma contro ogni logica imprenditoriale, non
guardando la propria necessità, ma il bisogno degli operai=uomini di famiglia, esce a più riprese
nelle ore del giorno per assoldare i disoccupati, coloro che non hanno trovato da lavorare. Quando
fu sera il Signore=Dio chiama il fattore, perchè provveda a pagare, cominciando dagli ultimi fino ai
primi, i quali vedendo retribuiti gli ultimi con un denaro a testa senza praticamente aver lavorato, si
aspettavano una ricompensa maggiore del pattuito, onde e per cui ricevuto la moneta d'argento di 4
grammi, che corrispondeva alla paga abituale degli operai, proposta dal padrone e da loro accettata
all'inizio della giornata si mettono a <mormorare contro il datore>. Nel proseguo del racconto si
evince la risposta del Signore a uno di loro, richiamato alla sua attenzione come <amico>, al quale
evidenzia il rispetto di quanto concordato in precedenza per l'intera giornata lavorativa e di seguito
dichiarando la sua generosità nel fare delle sue cose quello che vuole, delle quali i mormoratori si
mostrano invidiosi cioè, <occhi maligni, ossia avari e taccagni circa la sua bontà>. Ecco la
novità= il novum di Dio, che presenta Gesù riferendosi al Padre, il quale non dà secondo i meriti
delle persone, ma secondo i loro bisogni, affinchè ogni sperequazione non si presenti ai suoi occhi.
La retribuzione non è fatta secondo i meriti o diritti acquisiti ma si tratta di gratuita e generosa
ricompensa da parte del Padrone di casa e della vigna, per una chiave di lettura della parabola circa
il Regno dei cieli dove molti dei primi saranno gli ultimi e viceversa. Davvero Gesù rivela un Dio
che non si comporta come si comporterebbe l'uomo, ma come tale teologia su Dio e il suo sguardo
sull'uomo, praticata con evidenza provocatoria da Gesù verso i lontani e i peccatori e i pagani abbia
scandalizzato le aree religiose del tempo, così come anche oggi non manchino tali reazioni nei
credenti. La parabola dei braccianti chiamati al lavoro nelle ore successive è specchio dell'opera di
Gesù, che con il suo stile porta a compimento la storia di salvezza, guardando con fiducia la
disponibilità e la gratitudine anche dell'uomo dell'undicesima ora. Siamo di fronte al <ghiaccio
bollente>, per un espressione che vuole significare come la giustizia umana e la misericordia siano
chiamate, non tanto a verifiche di eventuali infrazioni, ma per la magnanimità di Dio a soccorrere,
perdonare e condividere, con l'intellectus fidei, tutte le pregnanti conseguenze negative per l'uomo.
La giustizia di Dio e similmente quella degli uomini non sono fatte solo per un giudizio di condanna
ma sono sinonimo di salvezza, perchè devono caratterizzare una relazione donata da Dio, in cui
l'uomo ottiene la comunione con LUI e i fratelli uomini amati e perdonati come lui dall'infedeltà. E'
il nuovo comandamento dell'amore, che cambia radicalmente il cuore, permeato dalla grazia dello
Spirito Santo, dove non basta più l'osservanza della Legge per avere giustizia, ma occorre vivere il
comandamento con Gesù, per Gesù e in Gesù, affinchè il dono della misericordia di Dio sia vissuto
in pienezza, bellezza e applicazione delle Beatitudini. I criteri, che ispirano le azioni sindacali e le
rivendicazioni salariali non possono essere applicati <tout court> al disegno di salvezza per la
realizzazione del Regno, in quanto è necessario togliere <l'invidia dal cuore>, per non confinare la
bontà nei confini della giustizia retributiva, per una comunione da veri fratelli, non concentrati sui
propri meriti, ma sulla gioia di Dio e la felicità degli uomini. IL Dio di Gesù non è solo un <Dio
buonista>, dal cuore troppo tenero, è invece imperdonabilmente ed eccessivamente <buono>, a tal
punto che rifiutarlo significa tagliarsi fuori dalla sua offerta di grazia e vita con LUI. Nessuno può
sentirsi in diritto di far valere la sua anzianità o primariato vale per tutti il principio del servo inutile
per un monito e avvertimento di non imporre a Dio il proprio modo di ragionare ne tanto meno di
far valere il proprio menefreghismo, bensì tutti partecipi attivi di una ricompensa non meritata.
***GESU' INTERPELLA LA TUA UNICITA' E NON LA TUA UTILITA' PER UNA GIOIA
MISSIONARIA CHE SCALDA LA VITA, CHE RIEMPIE IL CUORE E DONA SPERANZA
ETERNA*** QUEL DENARO E' IL REGNO DI DIO, CHE GESU' RECA IN DONO CON SE',
INFATTI QUEI 4 GRAMMI D'ARGENTO SONO LUI STESSO PAROLA DI DIO ED
EUCARISTIA*** OGNUNO DI NOI TROVA IN GESU' UNA SUA FORMA EFFETTIVA ED
AFFETTIVA DI COMUNIONE SAPPIATEVI E SENTITEVI AMATI E NON UTILIZZATI***

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