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12/09/22, 17:30 Come si modellano i controventi nelle strutture in acciaio?

Alberto Marin

Come si modellano i controventi nelle


strutture in acciaio?
Alberto Marin
Ingegnere strutturista ● Lettore compulsivo ● Appassionato di birre e vini + Segui
Data pubblicazione: 23 mar 2020

Chi si occupa di strutture in acciaio ha il problema di dover modellare i controventi.


Come fare un predimensionamento in modo rapido? Quale tipo di elemento finito
bisogna utilizzare nel modello di calcolo? Quale tipo di analisi bisogna eseguire? Come
si fanno le verifiche?

In questo articolo cercherò di rispondere a tutte queste domande.

Presenterò delle applicazioni con PRO_SAP, ma i concetti sono validi per qualunque
programma di calcolo si utilizzi.

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IL PROBLEMA DELLA COMPRESSIONE


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I controventi sono composti da aste con sezioni molto ridotte perciò soffrono di
problemi di instabilità. Questo vuol dire che non è possibile considerare il loro
contributo quando sono compressi. Come ovviare a questo problema?

L’ASTA TESA

PRO_SAP è dotato di un elemento finito tipo asta tesa che può avere solamente uno
sforzo normale di trazione. Questo strumento consente di escludere automaticamente il
contributo del controvento in tutte le combinazioni di calcolo dove risulterebbe
compresso.

L’asta tesa di PRO_SAP richiede il modulo 6 per le analisi non lineari. Ma attenzione,
non viene eseguita un’analisi non lineare. Nel caso sia stata considerata l’azione
sismica l’analisi rimane comunque una semplice analisi statica lineare o dinamica
lineare a seconda delle scelte progettuali.

Nella prima fase dell’analisi, infatti, l’asta tesa può essere indifferentemente tesa o
compressa. Solo dopo l’analisi interviene la non linearità: nelle combinazioni dove
l’asta risulta compressa il controvento viene rimosso e le sue sollecitazioni ridistribuite
sugli elementi rimanenti con l’algoritmo di Newton-Rhapson.

Considerare entrambe le aste nella dinamica, anche se nella realtà quella compressa si
instabilizza, è a favore di sicurezza: la struttura risulta più rigida, i periodi più brevi e
quindi le sollecitazioni maggiori di quelle reali.

C’è solo un problema: la prima parte dello spettro, quella con periodi minori di Tb, è
crescente. Qui periodi più brevi porterebbero a sollecitazioni minori e non sarebbe più
a favore di sicurezza. Però se la struttura è così rigida da avere periodi minori di Tb gli
spostamenti saranno molto limitati perciò, molto probabilmente, in questo tipo di
strutture non è necessario inserire dei controventi.

MODULO ELASTICO DIMEZZATO


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Cosa fare nel caso la licenza di PRO_SAP non comprenda il modulo 6 o il proprio
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programma di calcolo non consenta di definire aste tese?

Una soluzione largamente utilizzata è quella di modellare i controventi con un


materiale che abbia il modulo elastico dimezzato. In questo modo si riesce a
considerare il fatto che quando il controvento è compresso non lavora.

L’ESEMPIO DI APPLICAZIONE

Per non complicare troppo le cose consideriamo un semplice telaio in acciaio composto
da tre elementi: due colonne HEA320 ed una trave HEA600.

Consideriamo un sistema di controventamento a croce di S.Andrea composto da tubi


quadrati 100x5 mm.

Consideriamo un telaio monopiano, un telaio di tre piani ed un telaio di sette piani:

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Il materiale di cui sono composte le colonne e la trave è l’acciaio S275. Nel caso del
modello con le aste tese, anche i controventi hanno assegnato un acciaio S275 come
materiale:

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Invece nel modello con le aste semplici i controventi hanno assegnato un acciaio S275
con i moduli elastici dimezzati:

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Oltre al peso proprio degli elementi strutturali sono stati considerati i seguenti carichi:

Le combinazioni di calcolo sono solamente quelle in SLU, generate secondo il §2.5.3


del D.M.2018.

CONFRONTO DEI RISULTATI OTTENUTI

In questa tabella sono riassunti i principali risultati ottenuti con aste tese ed aste
semplici:

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La differenza nelle sollecitazioni tra il modello con le aste tese e quello con le aste
semplici è sempre inferiore al 10%, in alcuni casi anche al 5%, perciò risulta
trascurabile.

Anche dal punto di vista degli spostamenti non ci sono differenze significative tra le
due modellazioni.

Si può affermare che i risultati dei due modelli considerati sono perfettamente coerenti
tra loro.

Negli esempi è stato considerato un semplice telaio. Le metodologie illustrate sono


comunque valide anche per le strutture più complesse.

LE VERIFICHE DEI CONTROVENTI

Con il semplice esempio abbiamo verificato che considerare dei controventi con un
modulo elastico dimezzato è efficace per simulare il fatto che il controvento compresso

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si instabilizza. Non si osservano differenze significative nei risultati del più sofisticato
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modello con le aste tese.

Però finora abbiamo preso in considerazione solamente sollecitazioni e spostamenti del


telaio. Cosa succede al controvento nelle due diverse modellazioni?

Dimezzando la rigidezza del controvento si è praticamente dimezzato anche lo sforzo


normale. Questo vuol dire che, nel caso venga modellato un materiale con un modulo
elastico dimezzato, prima di eseguire le verifiche bisogna raddoppiare le sollecitazioni
ottenute sul controvento.

I CONTROVENTI NELLE STRUTTURE DISSIPATIVE

Se tra i carichi agenti sulla struttura c’è anche il sisma e si considera la struttura
dissipativa ci sono alcuni particolari a cui fare attenzione quando si dimensionano i
controventi.

La norma individua una categoria di strutture che chiama “a controventi concentrici”:

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Se si considera una struttura di questa tipologia e si decide di progettarla come


dissipativa, è necessario adottare un criterio di gerarchia delle resistenze.

Per questo tipo di strutture la dissipazione di energia deve avvenire proprio nei
controventi. Questo significa che per permettere la dissipazione di energia nel modo
corretto le travi devono andare in crisi dopo la plasticizzazione dei controventi. La
norma esprime questo concetto con altre parole. Dice:

”le travi devono inoltre avere capacità sufficiente a rispondere alla


domanda che si sviluppa a seguito della plasticizzazione delle
diagonali tese e dell’instabilizzazione delle diagonali compresse in
condizioni sismiche”

La domanda di cui parla la norma si può stimare considerando che il controvento teso
trasmetta alla struttura una sollecitazione pari alla sua resistenza a trazione, cioè ,
mentre il controvento compresso trasmette una sollecitazione pari a che è una stima
della capacità residua dopo l’instabilizzazione della diagonale compressa.
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Questo significa che se il controvento ha una sezione troppo importante, e quindi una
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resistenza troppo elevata, diventa difficile fare in modo che la dissipazione di energia
avvenga nelle diagonali. O, da un altro punto di vista, potremmo anche dire che diventa
difficile far tornare le verifiche della trave.

Per evitare problemi di questo tipo il D.M. pone una condizione sui controventi: la loro
snellezza adimensionale deve essere compresa tra 1.3 e 2.0

Una volta fissato il materiale di cui è composta l’asta, e quindi fyk ed E sono noti,
possiamo dire che la snellezza adimensionale è data dalla snellezza moltiplicata per
una costante.

Questo ci permette di scrivere in modo diverso il limite dato dalla norma per le aste.
Anziché usare la snellezza adimensionale possiamo usare la snellezza:

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Perché è comodo riscrivere in questo modo il limite sulla snellezza adimensionale dato
dalla norma?

Perché basandosi sulla snellezza è molto più facile fare un predimensionamento della
sezione del controvento che basandosi sulla snellezza adimensionale. Infatti per
stabilire la sezione dei controventi basterà cercare un profilo che abbia un raggio di
inerzia tale da ottenere:

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Poiché i è un dato già presente nei profilatari sarà sufficiente scorrere le tabelle fino a
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trovare un profilo con il raggio di inerzia sufficiente a rispettare i limiti da normativa.

UN’ULTIMA RACCOMANDAZIONE

Volendo considerare dei controventi a croce di S.Andrea non è possibile intersecarli nel
punto centrale della X perché la struttura risulterebbe labile. Il motivo è che se si
considera una struttura nello spazio non è possibile ottenere l’equilibrio nel nodo dove
concorrono le bielle quando la forza applicata alla struttura non agisce nel piano delle
aste.

Non entro nei dettagli della dimostrazione di questo fatto visto che si tratta di concetti
facilmente verificabili su qualsiasi testo di scienza delle costruzioni o meccanica delle
strutture.

A titolo di esempio riporto uno stralcio del testo Teoria delle strutture con
applicazioni del prof.ing.Angelo Marcello Tarantino:

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Nel caso si consideri il sisma o un carico da vento, poiché il modello di calcolo è


tridimensionale, il sisma o il vento agiranno sicuramente anche in direzione ortogonale
al telaio. Perciò spezzando le aste in corrispondenza del loro punto di incontro non c’è
l’equilibrio e non è possibile risolvere la struttura per ottenere le sollecitazioni.

APPENDICE: IL METODO DI NEWTON-RHAPSON

PRO_SAP, nel caso vengano utilizzati elementi finiti tipo asta tesa, usa l’algoritmo di
Newton-Rhapson per calcolare le sollecitazioni sugli elementi strutturali. Questo
metodo è uno dei più diffusi, se non il più diffuso, per le analisi non lineari. Come
funziona?

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Consideriamo, per esempio, di voler determinare gli spostamenti di un’asta dovuti ad


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un certo carico:

L’equazione che ci permette di risolvere il problema è questa:

Se stiamo studiando un problema lineare l’incognita, nel nostro caso gli spostamenti
dell’asta, si può ottenere facilmente invertendo la matrice delle rigidezze:

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Ovviamente se la matrice delle rigidezze è invertibile. Da un punto di vista


matematico, perché la matrice sia invertibile, il determinante deve essere diverso da
zero. Da un punto di vista ingegneristico, perché la matrice sia invertibile, la struttura
deve essere almeno isostatica.

Questo metodo di soluzione però vale solo se il problema è lineare. Quando c’è una
dipendenza tra le forze e gli spostamenti, o tra la matrice delle rigidezze e gli
spostamenti, ed il problema è non lineare, non è più possibile trovare la soluzione al
problema invertendo semplicemente la matrice delle rigidezze. In questi casi è
necessaria una procedura iterativa.

Il metodo di Newton-Rhapson prevede di applicare il carico alla struttura diviso in una


serie di incrementi. All’interno di ogni incremento di carico che viene applicato alla
struttura c’è una procedura iterativa:

1.     Si considera il primo incremento di carico

2.     Si ricalcolano la matrice delle rigidezze e gli spostamenti per questo primo
incremento di carico.

3.     Si calcola il primo errore: carico - rigidezza x spostamento

4.     Se l’errore non è ragionevole si torna indietro e si ricalcolano nuovamente la


matrice delle rigidezze e gli spostamenti

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5.     Si calcola il secondo errore, sempre carico – rigidezza x spostamento


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6.     Se l’errore è ragionevole si procede ad applicare alla struttura il secondo


incremento di carico. Se invece l’errore continua a non essere ragionevole si torna
indietro ancora una volta e si ricalcolano la matrice delle rigidezze e gli spostamenti

In letteratura si trova anche un metodo chiamato Newton-Rhapson modificato. Questo


metodo si differenzia da quello di Newton-Rhapson perché si evita di ricalcolare la
matrice delle rigidezze ad ogni iterazione. La convergenza del metodo di Newton-
Rhapson modificato è più lenta, di norma servono più iterazioni per portare l’errore
sotto una soglia ragionevole. Ma le analisi sono molto più veloci che con il metodo di
Newton-Rhapson tradizionale. Il motivo è che ricalcolare ad ogni iterazione la matrice
delle rigidezze ha un onere computazionale piuttosto elevato. In pratica con Newton-
Rhapson modificato si fanno molti più calcoli, ma sono calcoli più semplici, perciò i
solutori sono molto più veloci.

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Il limite del metodo di Newton-Rhapson modificato è che non consente di arrivare a


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convergenza quando la funzione non è monotona. Per esempio, se ad un certo punto
per qualche ragione lo spostamento dell’asta dovesse diminuire all’aumentare del
carico, non sarebbe possibile applicare il metodo modificato ma sarebbe obbligatorio
utilizzare Newton–Rhapson tradizionale.

Nelle righe precedenti ho riassunto brevemente la filosofia del metodo. Per una
trattazione più rigorosa ci sono molti testi in letteratura. Per esempio il classico Teoria
e tecnica delle strutture di Pozzati (volume III – capitolo quinto) da cui sono tratte le
immagini riportate sopra.

RIASSUMENDO

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⇒ I controventi non possono lavorare a compressione perché si instabilizzano. Ci sono


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due soluzioni al problema:

Modellare i controventi con aste tese se il programma di calcolo, come fa PRO_SAP,


consente

Considerare un materiale che abbia un modulo elastico dimezzato

⇒ Se il controvento viene modellato con un modulo elastico dimezzato è necessario


raddoppiare le sollecitazioni ottenute dall’analisi della struttura prima di procedere alle
verifiche

⇒ Nelle strutture dissipative il predimensionamento può essere fatto basandosi sulla


snellezza del controvento e sui limiti dati dalla norma

⇒ Non si possono modellare nodi dove concorrono solamente aste perché


risulterebbero labili per i carichi fuori dal piano

--

Ing. Alberto Marin (marin@2si.it)

64 ·
14 commenti

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Maurizio Maria Malatesta

11 mesi
In un controvento concentrico a diagonale tesa attiva il modello ad aste tese non può
prevedere un nodo all'intersezione delle aste e quindi rispetto alla struttura reale ove tale
nodo esiste, perso che si possa avere una discrepanza di comportamento. Del resto il
nodo di cui sopra è molto utile in alcuni casi per rispettare i limiti richiesti al cap. 7.5.5
(NTC2018) per telai con controventi a X: 1,3 <= lambda adimensionale <= 2, soprattutto
se i profili dei diagonali sono profili aperti (HEA, HEB.....). Le chiedo se nel modello sia
possibile introdurre un elemento che simuli l'esistenza del nodo anche in forma
approssimata.

Ringrazio anticipatamente per l'eventuale risposta complimentandomi per la sua chiara


competenza della materia tecnica e della divulgazione.

Maurizio Malatesta

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11 mesi
https://it.linkedin.com/pulse/come-si-modellano-i-controventi-nelle-strutture-acciaio-alberto-marin 20/23
12/09/22, 17:30 Come si modellano i controventi nelle strutture in acciaio?

Alberto Marin

Dal Marin
Alberto punto di vista della modellazione una soluzione potrebbe essere inserire una
molla con una piccola rigidezza in modo da risolvere la labilità e non modificare
in modo significativo i risultati delle analisi. Poi nella struttura reale dovrebbe
esserci qualche elemento che vada ad impedire lo spostamento fuori dal piano,
per esempio una piastra sufficientemente rigida.

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Ugo Pellegrino

2 anni
articolo interessantissimo!

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𝘿 𝙖𝙣𝙞𝙚 𝙡𝙚 𝘾𝙤𝙡𝙡𝙪𝙧 𝙖

2 anni
Molto interessante. Complimenti

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Marco Ciriani

2 anni
Grazie, articolo molto interessante. Vorrei solo suggerire di aggiungere come modellare il
pretensionamento attraverso l'utilizzo del carico termico.

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Alberto Marin

2 anni
Grazie per il suggerimento. Appena possibile farò una revisione trattando anche
questo argomento.

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Gabrielli Enrico

2 anni
Grazie Ing. Marin.

Sempre chiaro e puntuale come tutta la 2SI.

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Carlo Sigmund

2 anni
Mi permetto di aggiungere uno spunto a questo interessante argomento. È il caso
particolare dei controventi concentrici a X (croce di sant’Andrea, con nodo di intersezione)
con due diagonali che entrano ciclicamente e alternativamente in trazione e compressione.
Per evitare che già nel primo ciclo di carico ci sia un picco di resistenza al taglio sul
controvento (ancora non sbandato), il progetto “iinvita” a considerare un limite inferiore
alla snellezza: infatti, nel primo ciclo di carico (diagonali ancora soggette a reazioni assiali
quasi vicine in modulo) c’è un aggravio (un picco) per la resistenza delle giunzioni al piede
delle colonne interessate dai controventi. Nei cicli successivi, la diagonale compressa
“sbanda” e la forza di taglio viene assorbita dalla diagonale tesa che entra in campo
plastico. Nel primo ciclo, le due diagonali entrano in resistenza ancora rettilinee. E ad
incipiente sbandamento, il taglio massimo è 2(N_crit) cos (alpha). Quando la prima
diagonale compressa sbanda (N > N_crit), la seconda è costretta ad assorbire tutto il taglio,
reagendo in trazione, con (N_y) cos(alpha); essendo “alpha” l’angolo delle diagonali
rispetto all’orizzontale. Per evitare questo assetto di reazioni (per evitare questo picco), si
può pensare di dimensionare le sezioni in modo che risulti (al primo ciclo di carico):
2(N_crit) cos (alpha) < (N_y) cos(alpha). Da cui risulta: N_crit < 0.5N_y. Questo si ottiene
praticamente imponendo una snellezza adimensionale maggiore di 1.3 (ATTENZIONE: non
si sta quindi imponendo una condizione di sicurezza solo orientata verso una snellezza
minore!). Pertanto, in questo particolare caso, progettare in sicurezza vuol dire
direttamente imporre una snellezza comunque bassa? Già il Prof. Piero Gelfi (nel 2008)
aveva sollevato questo particolare problema: un criterio a favore di sicurezza non può
soddisfare sia il limite inferiore che il limite superiore per la lunghezza di libera inflessione.
L’Eurocodice 8 (e di conseguenza le NTC), infatti, per garantire un sufficiente
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comportamento isteretico prescrive l’adozione di un valore massimo per la snellezza


adimensionale,
Alberto Marin ma nessun limite inferiore sulla snellezza adimensionale (come d’altronde è
anche l’orientamento di vedute della norma americana AISC). Questa particolare
problematica ha dalla sua parte pochi lavori sperimentali e le norme dicono poco.

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Alberto Marin

2 anni
Grazie mille per questo prezioso ed autorevole contributo!

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Alberto Signorato

2 anni
Complimenti! Bella esposizione... semplice ed efficace!

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donato picarelli

2 anni
Bellissimo articolo,spero che scriverà altri come questo.... 

Devi dire che è molto interessante l'approccio che ha utilizzato nella stesura dello stesso, in
quanto tocca sia aspetti teorici che pratici.

Complimenti.

Consiglia
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Alberto Marin

2 anni
Grazie! Sto già preparando del materiale per altri articoli. Spero di riuscire a
pubblicarli presto.

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Daniele Bernabei

2 anni
Grazie, un articolo interessante

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Alberto Marin

2 anni
Grazie a te per avere dedicato un poco di tempo al mio articolo.

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