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Il susseguirsi continuo delle variazioni di accelerazione per intensità e per direzione nel corso
dell'evento sismico, determina impulsi (martellamento, scrollamento, scuotimento, ecc.) che, nelle
strutture in muratura, generano crisi locali delle connessioni, fenomeni disgregativi e accumulo del
danno con riduzione progressiva della duttilità.
Il monitoraggio del jerk sismico triassiale negli edifici in muratura potrebbe fornire informazioni sui
danni causati dall'evento più significative rispetto al monitoraggio dello spostamento orizzontale di
interpiano.
Al fine di migliorare la capacità resistente nei confronti del fenomeno impulsivo sono proposte
soluzioni per il consolidamento strutturale finalizzate al rinforzo tridimensionale dei collegamenti e al
miglioramento della resistenza delle murature.
Il riferimento alle azioni sismiche impulsive è contenuto nella Normativa Tecnica vigente.
*
Studio Ricerche Applicate - Perugia, www.massimomarianistudio.com, ricercheapplicate@libero.it
**
Ricerca e Sviluppo di AEDES Software, www.aedes.it, francesco.pugi@aedes.it
JERK: EFFETTI DELLE AZIONI SISMICHE IMPULSIVE E CRISI LOCALI NELLE STRUTTURE IN MURATURA
INDICE
PREMESSA 3
CONCLUSIONI 126
BIBLIOGRAFIA 127
RINGRAZIAMENTI 129
ALLEGATO 1: VIDEO 130
ALLEGATO 2: PARTICOLARI COSTRUTTIVI 130
APPENDICE A. ACCELERAZIONE E JERK PER ALCUNI EVENTI NOTEVOLI 131
A.1. ITALIA CENTRALE, 30.10.2016 133
A.2. EMILIA, 29.05.2012 143
A.3. L'AQUILA, 06.04.2009 159
APPENDICE B. PGA, PGJ E FORZE IMPULSIVE PER GLI EVENTI ANALIZZATI
NELLE ELABORAZIONI STATISTICHE DEL CAP. 4 169
APPENDICE C. PERIODO MEDIO DI ACCELERAZIONE E JERK PER GLI EVENTI ANALIZZATI
NELLE ELABORAZIONI STATISTICHE DEL CAP. 4 188
APPENDICE D. MOTO SISMICO ROTAZIONALE 198
PREMESSA
Nel percorso di studio sviluppato dai presenti Autori sono stati posti in evidenza alcuni aspetti, relativi al
moto sismico ed alla conseguente risposta strutturale, finora ignorati o scarsamente considerati: le
caratteristiche caotiche del fenomeno fisico, la natura impulsiva dell'accelerazione, la rilevanza della
componente verticale ed i suoi effetti negativi sulle strutture, la memoria del danno generato, la
disgregazione muraria, quali frequenti cause di crisi per gli edifici esistenti.
Relativamente alla componente sismica verticale, per i metodi di analisi strutturale più diffusi in campo
professionale, come lo studio dei meccanismi di collasso e l'analisi statica non lineare, sono state
sviluppate, in conformità alle Norme vigenti, integrazioni volte a migliorare la qualità del risultato delle
elaborazioni attraverso la completa rappresentazione dell'azione sismica.
Nell'articolo: "La componente sismica verticale è sempre da considerare perché rilevante vicino e lontano
dalla sorgente" (Mariani e Pugi [9]), l'analisi degli accelerogrammi dei terremoti italiani più significativi dal
1976 ad oggi1, condotta attraverso elaborazioni numeriche e grafiche con metodi appositamente messi a
punto dagli Autori, ha posto in evidenza la natura fisica spaziale del moto sismico.
L'accelerazione, il principale parametro del moto sismico in ingegneria strutturale, è stata identificata come
grandezza vettoriale: la traiettoria tracciata ad ogni istante dal vettore costituisce l'estensione al campo
tridimensionale degli accelerogrammi piani.
Si delinea finalmente un percorso progettuale che, partendo dallo studio del contenuto impulsivo del moto
sismico e delle conseguenze sulle strutture, conduce verso la proposta di particolari costruttivi in grado di
contrastare i danneggiamenti locali, quali le disgregazioni e le crisi delle connessioni e di conferire
all'edificio consolidato la necessaria robustezza, originariamente scarsa e insufficiente.
1
Gli eventi sismici analizzati sono, in ordine cronologico a partire dal più recente:
Italia Centrale, 30.10.2016; Accumuli, 24.08.2016; Emilia, 29.05.2012; L'Aquila, 06.04.2009;
Umbria-Marche, 26.09.1997; Irpinia, 23.11.1980; Valnerina, 19.09.1979; Friuli, 06.05.1976.
2
ITACA è l'archivio italiano di forme d'onda accelerometriche (ITalian ACcelerometric Archive). Nel 2019 è stata
pubblicata la versione 3.0 realizzata dal Gruppo di Lavoro ITACA nell’ambito dell’accordo tra Istituto Nazionale di
Geofisica e Vulcanologia (INGV) e Dipartimento della Protezione Civile (DPC) (2012-2021).
Sito web: http://itaca.mi.ingv.it/ItacaNet_30/#/home
Il moto sismico viene caratterizzato in modo quantitativo ed oggettivo dalle tre componenti della
traslazione1.1, tra loro ortogonali: le due orizzontali EW e NS, e la verticale Vert. (indicata anche con UD),
misurate e registrate dagli strumenti generalmente in termini di accelerazione. Si ottengono così gli
accelerogrammi, dai quali, per successive integrazioni, si ricavano i diagrammi di velocità e di spostamento.
Dalle registrazioni sismiche è possibile estrarre vari parametri che caratterizzano il moto sismico, fra i quali:
ampiezza, contenuto in frequenza e durata.
Per ognuna delle tre componenti, i sismogrammi descrivono l'ampiezza di accelerazione, velocità e
spostamento lungo la durata temporale dell'evento. L'ampiezza massima, in valore assoluto, è il picco di
accelerazione (PGA), di velocità (PGV) o di spostamento (PGD); ognuno di questi tre picchi, per ognuna delle
tre direzioni, si consegue ad istanti differenti.
1.1
Il moto sismico è inoltre caratterizzato da tre componenti rotazionali, in genere trascurate ma divenute
recentemente oggetto di studi specifici grazie a strumentazioni di nuova generazione. Per approfondimenti sulle
componenti rotazionali si rimanda all'Appendice D.
Nella classica rappresentazione della registrazione di un dato evento sismico, le tre componenti sono
mantenute separate e i diagrammi descrivono il moto in funzione del tempo.
In un lavoro precedente [9] i presenti Autori hanno mostrato l'evoluzione tridimensionale degli
accelerogrammi: componendo le tre direzioni, si ottiene un grafico spaziale dove la curva viene
progressivamente tracciata, nel corso dell'evento, dal vettore accelerazione, applicato nell'origine del
sistema di riferimento. Ogni punto della curva è definito dalle tre componenti del vettore. La variabile
'tempo' compare in modo indiretto, poiché determina il tracciamento della curva istante dopo istante.
Il grafico spaziale rappresenta il moto sismico in modo unitario, evidenziando la contemporaneità dei
singoli accelerogrammi e consentendo il confronto diretto fra le tre componenti.
Per l'elaborazione grafica è stato utilizzato un apposito software, messo a punto dagli Autori1.2, che, a
partire dalle registrazioni degli eventi (rese disponibili da ITACA o da altre fonti), esegue elaborazioni degli
accelerogrammi finalizzate allo studio del moto del terreno.
La curva 3D ha la forma di un groviglio tanto più compatto e sferico quanto più simili tra loro sono le
intensità delle 3 componenti di accelerazione. Pertanto, tratti di curva che si discostano sensibilmente dal
groviglio indicano, nell'intervallo di tempo corrispondente, la prevalenza di una o di due componenti sulle
altre.
Nel seguito, il termine "groviglio" rappresenterà l'accelerogramma formato da 2 o 3 componenti.
Nel lavoro citato [9], l'evoluzione dell'accelerogramma dal piano (t,ag) per le 3 componenti separate, allo
spazio (agEW, agNS, agVert) per l'accelerazione vettoriale, è stata illustrata con riferimento alla registrazione
della stazione CLO (Castelluccio di Norcia) per l'evento Italia Centrale del 30.10.2016 (figg. 1.11.3, 1.2).
1.2
Il software, denominato Seismic3D, è stato sviluppato da Francesco Pugi e testato insieme a Massimo Mariani.
Le elaborazioni grafiche proposte nel presente articolo, ove non diversamente specificato, sono state prodotte con
Seismic3D.
1.3
Gli accelerogrammi si riferiscono all'intervallo di tempo caratterizzato da valori di accelerazione non inferiori a 0.010
g per almeno una componente. Per la registrazione in esame, l'intervallo ha la durata di 39.385 s sul totale di 48.285 s
della registrazione completa.
2 (𝑡 )
|𝒂(𝑡𝑖 )| = 𝑎3𝐷 (𝑡𝑖 ) = √𝑎𝐸𝑊 2 2
𝑖 + 𝑎𝑁𝑆 (𝑡𝑖 ) + 𝑎𝑉𝑒𝑟𝑡 (𝑡𝑖 ) (𝑖 = 1, … , 𝑁) (1.1)
Ignorando una componente, il groviglio si riduce ad una sua proiezione piana. Ad esempio, trascurando la
componente verticale, si ottiene un grafico nel piano orizzontale (agEW, agNS).
Il confronto fra la curva 3D e la sua proiezione sul piano orizzontale evidenzia il contributo della
componente verticale all'accelerazione complessiva (fig. 1.3).
In fig. 1.4 sono riportate le proiezioni 2D del grafico sui piani orizzontale (agEW,agNS), verticale (agEW,
agVert) e verticale (agNS, agVert): per questa registrazione, gli andamenti delle tre proiezioni mostrano
valori di accelerazione simili per tutte e tre le componenti.
(c)
(d) (e)
I grafici mostrano il carattere caotico delle traiettorie del vettore accelerazione, evidenziato dalle sue
continue variazioni di intensità e di direzione.
L'accelerogramma piano come time-history descrive generalmente un evento relativo ad una sola
direzione; nel caso di componenti sovrapposte, si rende possibile il confronto ad ogni istante dei singoli
contributi. Con tale rappresentazione non si può tuttavia visualizzare in modo esplicito l'andamento fisico
reale del moto sismico. Le registrazioni delle tre componenti in funzione del tempo celano una realtà più
complessa, finalmente svelata dal grafico della loro composizione.
Come si può rilevare dalla fig. 1.5, le accelerazioni maggiori corrispondono ai 'confini' della curva (descritti
nell'immagine dai vettori in colore rosso scuro), ma il nucleo centrale, costituito da valori di accelerazione
più piccoli (vettori in colore giallo o arancio), si presenta molto fitto e mostra quindi le numerosissime
variazioni del vettore in intensità e direzione che caratterizzano una parte notevole dell'evento.
Per evidenziare il grado di complessità dell'accelerogramma spaziale si possono eseguire ingrandimenti del
nucleo centrale.
La fig. 1.6 illustra l'operazione di ingrandimento, attraverso il ridimensionamento del box di visualizzazione:
(a) box ottimizzato automaticamente in base ai massimi e minimi valori dell'accelerazione nelle tre direzioni
di riferimento (PGA: 0.427 g per EW, 0.583 g per NS, 0.797 g per Vert.)
(b) box limitato ad un'intensità massima di 0.500 g; (c) 0.250 g; (d) 0.100 g; (e) 0.050 g; (f) 0.025 g; (g) 0.010
g; (h) 0.005 g. Per consentire questo grado di dettaglio, l'accelerogramma è stato riferito all'intervallo con
almeno una componente di accelerazione non inferiore a 0.005 g (per la durata di 41.985 s, da 15.385 a
57.360). Tutte le linee disegnate sono tratti che uniscono punti effettivamente tracciati internamente al box
e quindi rappresentano escursioni effettive avvenute entro il corrispondente intervallo.
In fig. 1.7 la medesima sequenza viene ripetuta sul piano verticale (NS, Vert).
Le immagini ricordano i frattali: a qualunque scala si osservi, la curva presenta sempre le stesse
caratteristiche.
(fig.1.6): (a) box con valori massimi registrati (b) limiti box: 0.500 g
10
(fig.1.7): (a) box con valori massimi registrati (b) limiti box: 0.500 g
Le immagini precedenti hanno mostrato ciò che è accaduto a Castelluccio di Norcia il 30.10.2016 in circa 40
secondi. Isolando la parte limitata alle accelerazioni non inferiori a 0.250 g, si ottiene il grafico
rappresentato in fig. 1.8, relativo ad un intervallo di 6.480 s, compresi fra 17.435 s e 23.915 s della
registrazione. Nell'immagine sono riportati anche i punti del tracciato corrispondenti a tempi di scansione
di 1 secondo, lungo questo intervallo: inserendo queste informazioni, la variabile 'tempo' torna ad essere
presente nel grafico e le etichette dei secondi scandiscono la costruzione progressiva della curva.
12
Allegato_Video_01 descrive la sequenza rappresentata in fig. 1.6 in due fasi: nella prima la curva viene costruita dal
software, con tempi di elaborazione dipendenti dalle elaborazioni di calcolo e grafiche; terminata la prima parte,
nella seconda fase il grafico viene ricostruito in tempo reale (circa 6 s) e può così mostrare tutta la potenza
dell'evento, sia come ampiezze di accelerazione sia come tempo in cui si manifestano.
Allegato_Video_02 la costruzione della curva 3D viene alternata al disegno degli accelerogrammi come time-history,
mostrando così la dinamica del fenomeno illustrato dalla fig. 1.2 (il video si riferisce ad un intervallo significativo di 4 s
compreso fra 18.000 e 22.000 s della registrazione).
Il vettore accelerazione non è l'unico parametro del moto che può essere descritto attraverso un grafico
ottenuto dalla composizione dei contributi di due o tre direzioni. Anche velocità e spostamento sono
grandezze vettoriali, ognuna formata dalle proprie componenti, e trovano rappresentazione in grovigli
analoghi a quelli dell'accelerazione.
Per la medesima registrazione illustrata nelle immagini precedenti in termini di accelerazione, si riportano
di seguito i grafici relativi allo spostamento del suolo.
13
14
(a) (b)
(c)
(d) (e)
Fig. 1.10. Spostamento del suolo: rappresentazione spaziale (analoga alle figg. 1.3, 1.4 sull'accelerazione)
15
L'evoluzione della rappresentazione dal piano (componente in funzione del tempo) verso la
tridimensionalità mostra, anche per lo spostamento, una nuova informazione: la visualizzazione del reale
moto del punto materiale posto sul suolo, moto risultante dalle tre componenti agenti
contemporaneamente.
Fig. 1.11. Ingrandimento della parte centrale del sismogramma rappresentato in fig. 1.10 (c)
Riguardo allo spostamento del suolo nel moto sismico, è interessante osservare che sono stati utilizzati,
soprattutto in passato, strumenti molto semplici ma efficaci che hanno prodotto elaborati analoghi a quelli
sopra illustrati.
Alla fine degli anni '50 la US Coast and Geodetic Survey progettò il sismoscopio, un semplice strumento in
grado di tracciare gli spostamenti indotti da un evento sismico. Il sismoscopio era costituito da un pendolo,
libero di muoversi in qualsiasi direzione orizzontale, un vetro sferico affumicato e una penna che scriveva
sul vetro registrando il movimento del pendolo durante lo scuotimento sismico. L'oscillatore era
caratterizzato dal periodo proprio di 0.75 s e da uno smorzamento del 10%.
Pur basandosi sulla registrazione delle sole due componenti orizzontali, il tracciato del sismoscopio lasciava
intravedere, attraverso parti disegnate a tratti, gli effetti più elevati della componente verticale quando
questi avevano determinato un sollevamento della penna durante la scrittura sul vetro (fig. 1.11).
I sismoscopi fornivano informazioni importanti per caratterizzare l'evento sismico e supportare le
registrazioni degli accelerografi. In alcuni casi, il tracciato dei sismoscopi è stato utilizzato per completare
informazioni registrate da accelerografi danneggiati dall'evento.
16
Fig. 1.12. Registrazione di sismoscopio, terremoto di Hollister del 19.01.1960 (tratto da [11])
Fig. 1.13. Registrazione di sismoscopio, terremoto di San Fernando del 1971, che mostra alcune interruzioni
nel tracciato: queste indicano il sollevamento della penna durante la scrittura sul vetro.
I danni sugli edifici evidenziarono un'accelerazione verticale che aveva raggiunto 1 g (tratto da [10])
E' importante tenere presente che lo spostamento registrato dal sismoscopio non coincide con lo
spostamento al suolo: esso consiste invece nel grafico dello spostamento ottenuto attraverso l'integrazione
dell'equazione di moto per il particolare oscillatore monodimensionale corrispondente al pendolo dello
strumento.
Scelto un oscillatore, l'integrazione dell'equazione di moto produce la storia temporale del moto di tale
oscillatore; come noto, variando gli oscillatori, ossia variando i periodi, e archiviando solo gli effetti
massimi, si costruiscono gli spettri di risposta che forniscono il massimo effetto prodotto da quel
particolare terremoto su quel particolare oscillatore.
In fig. 1.14 è riportato un esempio di: lettura del massimo spostamento del sismoscopio, trasformazione in
ampiezza di velocità e rappresentazione del punto corrispondente nel grafico dello spettro di velocità; la
tabella mostra il confronto fra la misura incisa sul vetro ed il valore calcolato per lo spettro (si rileva un
ottimo accordo).
17
Ovviamente, se invece che ai valori massimi si fa riferimento, per un dato oscillatore, all'intera storia del
moto, e si considerano due o più componenti contemporaneamente agenti, si ottiene l'andamento dello
spostamento (o della velocità, o dell'accelerazione) corrispondente al tracciato del sismoscopio.
Tale andamento ha caratteristiche di groviglio analogo a quello prodotto direttamente dallo spostamento
del suolo (di cui un esempio è illustrato nelle figg. 1.10, 1.11): il moto sismico del terreno viene filtrato
dall'oscillatore monodimensionale del pendolo ed il groviglio registrato al suolo viene trasformato nel
groviglio della risposta dell'oscillatore stesso.
18
In fig. 1.16, il tracciato di un sismoscopio è stato studiato riproducendo il moto analiticamente a partire dai
dati forniti da un accelerografo e integrando le equazioni di moto per l'oscillatore avente parametri
dinamici corrispondenti al pendolo dello strumento. Il grafico calcolato contiene l'indicazione di alcuni
secondi significativi per la sequenza.
Le registrazioni dei sismoscopi hanno consentito le prime visualizzazioni del moto sismico composto,
seppur limitatamente alle due componenti orizzontali. Il tracciato del sismoscopio può essere considerato
il progenitore del groviglio generato analiticamente dall'elaborazione spaziale dei parametri del moto
registrati: si osservi l'analogia qualitativa tra le figg. 1.8 e 1.16 e tra le figg. 1.11 e 1.15.
19
Il perfezionamento degli accelerografi, con la focalizzazione sui tracciati da questi prodotti (gli
accelerogrammi piani come time-history), ha determinato nel tempo una minore attenzione verso la
rappresentazione composta del moto sismico.
L'osservazione del moto nella sua globalità è tuttavia fondamentale per maturare la consapevolezza della
complessità del fenomeno: è questo un concetto che era già noto agli albori della moderna sismologia.
20
Molti anni prima dell'invenzione del sismoscopio, alla fine del XIX secolo, il geologo e sismologo giapponese
Seikei Seikeya (1855-1896), docente all'Università di Tokyo, visualizzò il moto di una particella del terreno,
relativo ad una registrazione a Tokyo del terremoto del 15 gennaio 1887, attraverso la creazione di un
modello tridimensionale [13].
Fig. 1.17. Modello 3D in filo di rame dello spostamento sismico del suolo per il terremoto
giapponese del 15.1.1887, con epicentro a 35 miglia a SE di Tokyo (Seikeya [13])
A partire dai dati dei sismogrammi relativi alle tre componenti EW, NS e Verticale, Seikeya costruì il modello
utilizzando un filo di rame e suddividendolo in tre sottomodelli: un groviglio relativo ai primi 20 secondi, un
altro per i successivi 20 e un terzo per altri 32 secondi (il modello originale è conservato al Whipple
Museum of the History of Science, University of Cambridge [14)].
Sui fili pose delle etichette che indicavano la posizione della particella con la scansione di 1 secondo.
Lo scopo del modello fu mostrare la complessità e la tridimensionalità del moto del suolo, evidenziandone
la caoticità del percorso geometrico e le irregolarità delle corrispondenti accelerazioni.
Sekiya si interessò molto della componente verticale del moto sismico (cfr. [14]): attraverso la spazialità del
modello ne rese chiara l'importanza.
E' davvero sorprendente osservare come il modello artigianale di Seikeya di fine '800 anticipi le
rappresentazioni tridimensionali dei parametri del moto sismico, oggi generate via software.
La fig. 1.18 illustra l'elaborazione con Seismic3D dei dati registrati a Fabriano il 30.10.2016, caratterizzati da
spostamenti dello stesso ordine di grandezza della registrazione modellata da Seikeya: è evidente
l'analogia, che dal punto di vista qualitativo è estendibile in generale a qualsiasi registrazione, ognuna
caratterizzata dal proprio andamento caotico.
21
Fig. 1.18. Sismogramma 3D dello spostamento per il terremoto di Fabriano del 30.10.2016
Fig. 1.19. Tracciato prodotto da un mobile sul pavimento, durante un evento sismico
(Arnold e Reitherman [13])
Un altro interessante esempio di tracciato del moto sismico è riportato in fig. 1.19 (Arnold e Reitherman
[13]): esso consiste nel graffio inciso sul pavimento da un mobile da cucina, durante il terremoto di Long
Beach, California, del 1933. E' possibile che il movimento registrato in questo tracciato non sia stato
esattamente coincidente con quello del suolo, a causa degli spostamenti del mobile, ma resta senza dubbio
confermata la complessità del moto sismico: anche questo disegno mostra un groviglio simile alle curve
illustrate nelle immagini precedenti1.4.
22
1.4
Agli inizi del '900 il concetto del moto sismico come un un complesso tracciato tridimensionale, introdotto in
Giappone da Seikeya, ebbe una certa diffusione: ciò viene testimoniato dal Grande Dizionario Enciclopedico (GDE)
UTET, la cui prima edizione risale al periodo 1933-1939. La voce 'Terremoto', curata dalla Prof.ssa Rosina Comerci
Zuffardi, docente di "mineralogia e geologia applicate ai materiali da costruzione" presso la R. Scuola Superiore di
Architettura di Torino, riporta quanto segue:
«(...) Alle due principali categorie di scosse (ondulatorie e sussultorie) una terza se ne aggiunge: le scosse rotatorie, per
cui i corpi girano sul loro asse. Le scosse ondulatorie sono le più vaste. Più rovinose sono le scosse sussultorie. Il moto di
ciascun punto sulla superficie terrestre soggetta al terremoto percorre nello spazio una curva irregolare che può
paragonarsi a quella di una matassa di filo ingarbugliata. (...)»
Questa sintesi contiene tre concetti molto importanti, di grande attualità a quasi un secolo di distanza:
1) l'esistenza di scosse rotatorie, e quindi la completa spazialità del fenomeno sismico
(il moto sismico rotazionale è attualmente oggetto di notevole interesse, grazie a strumenti di registrazione di nuova
generazione, cfr. Appendice D);
2) la rovinosità della componente verticale (scosse sussultorie), avente carattere distinto rispetto alle componenti
orizzontali (scosse ondulatorie, 'più vaste')
(sulla componente sismica verticale gli Autori del presente lavoro hanno discusso in una serie di lavori: [1][9]);
3) il moto sismico di un punto del suolo paragonabile ad una matassa di filo ingarbugliata
(argomento sviluppato nel presente lavoro).
La pubblicazione di questi concetti su un'opera divulgativa italiana, quale il GDE della UTET, palesa il fatto che nel
corso del '900 essi sono stati sempre noti ma evidentemente per molto tempo quasi ignorati o relegati ad un ruolo
secondario.
Per gli accelerogrammi valgono considerazioni del tutto analoghe rispetto ai sismogrammi degli
spostamenti: a fianco quindi della classica rappresentazione nel piano come time-history delle tre singole
componenti, il 'groviglio' tridimensionale generato dalla loro composizione identifica in modo
inequivocabile la caoticità del moto sismico e l'importanza di tutte le sue componenti.
Di esse, la componente verticale, pur prevista nelle Normative Tecniche (vedi anche Mariani e Pugi [5]), è
stata immotivamente trascurata, attraverso giustificazioni non realistiche in particolare per le strutture
in muratura, quali la capacità di sostenere azioni sismiche verticali in ragione dello stato di esercizio sotto
carichi permanenti, pesi propri e portati.
Gli accelerogrammi tridimensionali generati dal vettore accelerazione suggeriscono una nuova prospettiva:
lo studio della forma delle curve e del loro sviluppo lungo la durata dell'evento.
I continui cambiamenti del vettore accelerazione, tradotti in ripidi cambi di direzione, 'riccioli' e
avvolgimenti ed altrettanto improvvisi sbalzi di intensità, determinano la necessità di indagare sulle
variazioni dell'accelerazione.
23
Il carattere caotico del moto sismico è mostrato chiaramente dagli accelerogrammi piani delle singole
componenti: le variazioni di ampiezza dell'accelerazione registrate a varie scale temporali mostrano un
grado di complessità che caratterizza l'evento in ogni sua minima frazione. La fig. 2.1 mostra
l'accelerogramma della componente NS del terremoto di Castelluccio di Norcia, 30.10.2016, per sequenze
temporali via via ridotte: (a) 16.330-55.715 (39.385 s); (b) 17.000-30.000 (13 s); (c) 17.00-22.000 (5 s); (d)
18.000-20.000 (2 s). Per le altre componenti (EW e Vert.) si ottengono diagrammi del tutto analoghi.
(a) (b)
(c) (d)
24
Questo è l'input sismico al suolo per le costruzioni sovrastanti, che filtrano il moto in base alle proprie
caratteristiche dinamiche. L'accelerazione al suolo variabile nel tempo determina accelerazioni strutturali
anch'esse variabili, collegate in ogni istante allo stato di deformazione e di sollecitazione nelle membrature
resistenti.
Nasce spontanea una considerazione: la verifica di sicurezza per sollecitazioni e deformazioni prodotte dalle
forze inerziali, generate dalle masse sottoposte alle accelerazioni strutturali, potrebbe non essere
sufficiente per descrivere completamente la risposta della costruzione. Il controllo di capacità degli
elementi resistenti non può ignorare verifiche su effetti di tipo impulsivo, ossia dipendenti dai brevissimi
intervalli di tempo in cui le sollecitazioni cambiano, si amplificano, si riducono, invertono il segno.
L'accelerogramma in fig. 2.2 ci consegna l'immagine della distruzione avvenuta a Castelluccio di Norcia il
30.10.2016: un tracciato così articolato, con modifiche sostanziali dell'accelerazione in frazioni di decimi o
centesimi di secondo, impone uno studio degli effetti che tali modifiche producono sulle costruzioni.
Da quanto osservato, si può ipotizzare che le variazioni di accelerazione assumano un ruolo fondamentale
nei confronti dei crolli e del danneggiamento degli edifici.
Spostamento, velocità e accelerazione sono i tre parametri del moto che vengono studiati regolarmente
nell'àmbito della Fisica e dell'Ingegneria. La derivata dell'accelerazione, detta anche velocità
dell'accelerazione o derivata terza dello spostamento, è denominata in letteratura jerk ed è indicata con il
simbolo j o con l'acronimo inglese TDoA (Time Derivative of Acceleration).
Il jerk è un parametro del moto percepibile dall'uomo quando si verifica un improvviso cambiamento
dell'accelerazione. Siano 𝒓 e 𝒗 i vettori spostamento e velocità di un moto generico (per fissare le idee, si
può ad esempio immaginare un moto rettilineo). All'inizio la velocità 𝒗 cresce da zero ad un certo valore; la
sua variazione è l'accelerazione:
25
𝑑𝒗 𝑑2 𝒓
𝒂= = (2.1)
𝑑𝑡 𝑑𝑡 2
Poiché il veicolo parte da fermo, anche l'accelerazione è cresciuta fino ad un certo valore; esiste quindi una
variazione di accelerazione, ossia un jerk 𝒋, non nullo:
𝑑𝒂 𝑑2 𝒗 𝑑3 𝒓
𝒋= = 2= (2.2)
𝑑𝑡 𝑑𝑡 𝑑𝑡 3
A sua volta, anche il jerk può non essere costante, e originare una derivata non nulla, come sarà illustrato in
seguito. Poiché la forza esercitata su una massa è proporzionale all'accelerazione, il jerk è legato alla
variazione della forza esercitata sulla massa durante il moto:
𝑑𝑭
)( (2.3)
𝑭 = 𝑚𝒂 ⇒ 𝒋 = 𝑑𝑡
𝑚
Una massa sottoposta ad accelerazione costante, pertanto in assenza di jerk, è soggetta ad un carico statico
(forza costante) e in questa situazione non possono generarsi vibrazioni. Se ne deduce che quando in un
corpo in moto si manifestano vibrazioni, il jerk è sempre presente.
L'effetto del jerk, 'strattone' o 'strappo', si manifesta nelle transizioni 'avvio-arresto', 'decollo-atterraggio',
'accelerazione-decelerazione' e può generare disagio nei passeggeri dei veicoli. Ad esempio nel movimento
dei treni o nella dinamica degli ascensori ad alta velocità il jerk viene controllato in modo da non superare
una soglia ritenuta accettabile, pari a 0.2 g/s ( 200 cm/s3).
La limitazione del massimo valore del jerk riguarda più in generale la dinamica di varie macchine in
Ingegneria Meccanica: jerk elevati possono infatti causare danni importanti, potenzialmente distruttivi,
sugli organi meccanici.
In Ingegneria Civile il jerk viene preso in considerazione nel tracciamento dei percorsi stradali e ferroviari.
Considerando infatti il moto nel passaggio da un tratto rettilineo ad una curva circolare, ipotizzando per la
massa un moto a velocità costante 𝑣, l'accelerazione radiale passa improvvisamente da 0 al valore non
𝑣2
nullo 𝑅 = 𝜔2 𝑅 : la variazione improvvisa del raggio di curvatura 𝑅 può generare nel passeggero effetti
inaccettabili o addirittura instabilizzare il veicolo. Per tali motivi si adottano curve di transizione (a raggio
variabile) in grado di determinare una variazione continua dell'accelerazione evitando il salto improvviso.
E' evidente come gli effetti del jerk possono essere limitati a priori solo quando vi è il pieno controllo del
movimento: sono questi i casi di progettazione relativi al moto dei veicoli o ai tracciati stradali.
La situazione è molto diversa nel caso di un evento dinamico non controllato, ad esempio di origine
naturale, caratterizzato da andamenti delle accelerazioni irregolari nel tempo. E' questo il caso del moto
sismico. In modo del tutto analogo all'accelerazione, il jerk proveniente dal suolo diviene un input nei
confronti della costruzione, la cui risposta dipende dalle proprie capacità. Evidentemente, poiché questo
jerk non può essere controllato a priori, occorre che la struttura sia in grado di contrastarne gli effetti senza
superare soglie di sollecitazione o di danneggiamento considerate accettabili.
Per tutto ciò è pertanto necessario studiare il jerk prodotto dal moto sismico del suolo e gli effetti da esso
indotti.
26
In Ingegneria Sismica spostamento, velocità e accelerazione sono i parametri del moto da sempre studiati
per caratterizzare l'evento sismico e gli effetti prodotti sulle strutture. Il jerk sismico, oggetto di attenzione
soltanto da alcuni anni, ha avuto finora scarsa o nulla applicazione sia nella progettazione delle nuove
strutture, sia nella valutazione delle capacità degli edifici esistenti e dei relativi interventi di
consolidamento.
Nel 2005 Tong et Al. [15] hanno indagato sul jerk di origine sismica, partendo dall'esigenza di conoscerne
ampiezza, frequenza e durata. Lo studio si è basato sui dati registrati in occasione del terremoto di Chi-Chi a
Taiwan (MW 7.6, 17:47, 20.09.1999 e la replica MW 6.2, 00:14, del 22.9.1999). Non essendo disponibili
registrazioni da sensori di jerk, strumenti che sono stati progettati e realizzati solo in anni successivi, i dati
sul jerk sono stati ottenuti dalle registrazioni dell'accelerazione con metodi numerici. Tale metodologia è
generalizzabile a tutti gli eventi dove il jerk non è stato registrato direttamente ed è stata implementata nel
software Seismic3D utilizzato nel presente lavoro per analizzare i dati dei principali recenti terremoti
italiani.
Il jerk è la derivata dell'accelerazione: quest'ultima è una funzione discreta, ossia campionata per punti.
Pertanto, il jerk viene determinato numericamente con le formule alle differenze finite centrate:
𝑎(𝑡𝑖+1 ) − 𝑎(𝑡𝑖−1 )
𝑗(𝑡𝑖 ) = (𝑖 = 2, … , 𝑁 − 1) (2.4)
2𝛥𝑡
dove 𝑎(𝑡𝑖 ) è l'accelerazione all'istante ti, N è il numero totale dei punti di campionamento, 𝛥𝑡 è l'intervallo
di campionamento2.1. Questo calcolo viene eseguito separatamente per ognuna delle tre componenti del
jerk, che insieme formano il vettore 𝒋.
Risulta a questo punto naturale la rappresentazione del sismogramma del jerk sia nel piano come time-
history, suddiviso nelle tre componenti, sia nello spazio come tracciato del vettore 𝒋, ottenendo grafici del
tutto analoghi a quelli già sviluppati per l'accelerazione.
In campo tridimensionale assume inoltre particolare interesse la rappresentazione del vettore 𝒋
sull'accelerogramma: 𝒋 è tangente in ogni punto alla curva tridimensionale tracciata dal vettore 𝒂.
2.1.
La precisione nel calcolo numerico del jerk dipende dalla precisione dei dati di accelerazione e dall'intervallo di
campionamento. Per quanto riguarda le elaborazioni dei principali eventi italiani, ITACA fornisce accelerogrammi il cui
segnale originale è stato registrato con intervallo di campionamento di 5 ms (200 Hz) e successivamente corretto
provvedendo a rimuovere o ridurre gli errori in alta e bassa frequenza; si tratta quindi di dati qualitativamente ottimi.
Le grandezze ottenute per derivazione dall'accelerazione sono pertanto idonee per le finalità della presente Ricerca.
Eseguito il calcolo numerico del jerk attraverso l'elaborazione dei dati registrati per l'accelerazione, è
possibile rappresentare graficamente le tre componenti sul piano 2D (tempo - jerk).
Con riferimento al terremoto di Castelluccio di Norcia del 30.10.2016, si riportano in fig. 2.3, in analogia con
quanto già illustrato per l'accelerazione, i diagrammi del jerk per le componenti singole e sovrapposte, e in
tab. 2.I i picchi (massime ampiezze) di accelerazione (PGA) e di jerk (PGJ) per le tre componenti e gli istanti
di tempo a cui si conseguono nel corso dell'evento.
27
(a) (b)
(c) (d)
Fig. 2.3. Sismogramma del jerk come time-history: ogni componente del jerk è rappresentata
in funzione del tempo: (a) EW, (b) NS, (c) Verticale,(d) le tre componenti sovrapposte
I valori in tab. 2.I indicano chiaramente che i picchi di jerk si conseguono ad istanti non coincidenti con
quelli corrispondenti a PGA. Le massime ampiezze di accelerazione e jerk si manifestano in un intervallo di
tempo compreso fra 18.000 e 21.000 s, con una relazione fra PGA e PGJ variabile con la direzione in modo
casuale; sia l'accelerazione che il jerk per questa registrazione sono molto forti in direzione verticale.
Le accelerazioni verticali a Castelluccio hanno praticamente raggiunto l'elevata soglia di 0.8 g, ed il picco
di jerk verticale è 40 g/s, più del doppio del jerk orizzontale (sia EW, sia NS).2.2
28
2.2
Nella fase avanzata del presente lavoro (cap. 4), le considerazioni su accelerazione e jerk saranno generalizzate
attraverso l'estensione ad un elevato numero di registrazioni, più o meno vicine alla sorgente (near-fault e far-fault).
Nei capitoli 2 e 3 l'evento del 30.10.2016 di Castelluccio viene assunto come riferimento per illustrare la metodologia di
indagine.
Per comprendere le relazioni fra accelerazione e jerk, si isola la porzione di sismogramma della componente
verticale relativa ad un piccolo intervallo di registrazione compreso fra 19.300 e 19.800 s (mezzo secondo)
entro cui si conseguono PGA e PGJ.
Poiché il jerk è la derivata prima dell'accelerazione, gli zeri del suo grafico coincidono con i massimi e i
minimi dell'accelerazione, mentre ai massimi del jerk corrispondono gli zeri della derivata seconda
dell'accelerazione (lo snap, di cui si tratterà in seguito).
In fig. 2.4: (a) il massimo assoluto, o picco, del jerk PGJ; (b) il massimo assoluto dell'accelerazione
corrispondente, come i massimi relativi, a uno zero del jerk; (c) il tratto compreso fra due zeri consecutivi
del jerk coincidente con il tratto compreso fra due punti di massimo o minimo consecutivi
dell'accelerazione. In fig. 2.5 si riportano i diagrammi di accelerazione e jerk per le tre componenti, tutti
relativi all'intervallo di registrazione compreso fra 18.000 e 21.000 s.
Derivando, il numero di oscillazioni fra valori positivi e negativi, con i picchi relativi, aumenta: un esempio è
nell'ingrandimento in fig. 2.6.
Nel corso dell'evento, l'oscillazione secondaria di accelerazione intorno a un valore medio, avente
apparentemente scarsa rilevanza, nel jerk si trasforma in picchi locali significativi alternati nel segno.
La derivazione genera una funzione caratterizzata da un tracciato 'a scatti', con 'punte' raffittite, ossia, in
termini rigorosi, da frequenze maggiori 2.3.
2.3
L'analisi delle frequenze di accelerazione e jerk attraverso gli spettri di Fourier è trattata nel cap. 3 del presente
lavoro.
29
Fig. 2.5. Sismogrammi di accelerazione e jerk per le tre componenti EW, NS, Vert
30
Fig. 2.6. Oscillazioni locali dell'accelerazione e corrispondenti massimi e minimi del jerk
La rappresentazione del sismogramma del jerk nello spazio come tracciato del vettore 𝒋 produce grafici
analoghi a quelli già illustrati per l'accelerazione. Il confronto fra le due curve è riportato nelle figure 2.7
(vista 3D), 2.8 (vista sul piano EW-NS), 2.9 (vista sul piano EW-Vert), 2.10 (vista sul piano NS-Vert).
31
32
Tutte le viste evidenziano un groviglio del jerk più addensato: ciò è in accordo con quanto in precedenza
osservato nel piano (tempo - jerk) dove a oscillazioni locali dell'accelerazione poco significative e con lo
stesso segno corrispondono picchi di jerk a segni alterni. Il groviglio proiettato sul piano verticale assume
una conformazione d'insieme allungata esaltando la componente verticale del sisma.
Allegato_Video_03 pone a confronto la costruzione in tempo reale del tracciato descritto dal vettore accelerazione
con l'analogo descritto dal vettore jerk. Per introdurre il significato fisico dell'azione del jerk sulle costruzioni, è
immediato rilevare che ogni valore del jerk corrisponde a un 'colpo' o 'strattone', ossia ad una forza di tipo impulsivo.
Vedendo l'evoluzione del tracciato in soli 6 secondi si ha la percezione dei successivi 'colpi' subiti dal corpo.
Analogamente all'accelerazione, un corpo rigido subisce un jerk non modificato rispetto al segnale trasmesso dal
suolo; per un corpo deformabile, il jerk strutturale dipende dall'effetto filtro esercitato dalla struttura stessa
attraverso le sue proprietà dinamiche: a questi argomenti è dedicato il cap. 5.
Anche per il jerk è interessante notare la forma tipo frattale del sismogramma composto: la fig. 2.11 mostra
gli ingrandimenti successivi sulla curva del jerk, a partire da un box di visualizzazione che include tutti i
massimi valori e quindi la completa escursione, fino a box con valori di jerk molto bassi.
Ciò a dimostrazione della caoticità del dinamismo rappresentato: procedendo verso il nucleo centrale del
groviglio si evidenzia chiaramente che il numero di oscillazioni, pur aventi intensità minori, è elevatissimo
e conduce ad ipotizzare un'azione perturbatrice sugli intimi legami costitutivi del materiale.
33
(a) box con valori massimi registrati - (b) limiti box: 10 g/s
34
Nel paragrafo precedente si è mostrata la rappresentazione tridimensionale del jerk con il proprio groviglio.
Per comprendere l'evoluzione del jerk nel corso dell'evento, poiché si tratta della derivata prima
dell'accelerazione, il metodo migliore consiste nel visualizzare il vettore 𝒋 sul tracciato prodotto dal vettore
accelerazione. Studiando l'accelerogramma tridimensionale attraverso l'applicazione delle relazioni di
geometria differenziale delle curve in ℝ3 , un primo punto notevole riguarda il vettore tangente alla curva.
All'istante i-esimo 𝑡𝑖 durante l'evento sismico, il vettore 𝒋(𝑡𝑖 ) è tangente alla curva descritta dal vettore
accelerazione nel punto raggiunto a tale istante, e la sua intensità è data dalla radice quadrata della somma
dei quadrati delle tre componenti, ognuna pari alla derivata temporale della corrispondente componente
dell'accelerazione valutata all'istante 𝑡𝑖 :
2 (𝑡 )
|𝒋(𝑡𝑖 )| = 𝑗3𝐷 (𝑡𝑖 ) = √𝑗𝐸𝑊 2 2
𝑖 + 𝑗𝑁𝑆 (𝑡𝑖 ) + 𝑗𝑉𝑒𝑟𝑡 (𝑡𝑖 ) (𝑖 = 2, … , 𝑁 − 1)
𝑑𝑜𝑣𝑒: (2.5)
𝑑𝑎𝐸𝑊 (𝑡) 𝑑𝑎𝑁𝑆 (𝑡) 𝑑𝑎𝑉𝑒𝑟𝑡 (𝑡)
𝑗𝐸𝑊 (𝑡𝑖 ) = | , 𝑗𝑁𝑆 (𝑡𝑖 ) = | , 𝑗𝑉𝑒𝑟𝑡 (𝑡𝑖 ) = |
𝑑𝑡 𝑡=𝑡
𝑑𝑡 𝑡=𝑡
𝑑𝑡 𝑡=𝑡
𝑖 𝑖 𝑖
𝒋 è la velocità dell'accelerazione: vi è completa analogia con la consueta velocità 𝒗 riferita alla curva dello
spostamento 𝒓. La fig. 2.12 mostra il vettore jerk sull'accelerogramma tridimensionale: durante l'intervallo
di tempo corrispondente a valori di accelerazione non inferiori a 0.250 g (compreso fra 17.435 s e 23.915 s),
si è scelto l'istante 𝑡=19.375 s, arrestando il tracciamento a questo punto. Il vettore in colore rosso è il jerk,
fotografato da diversi punti di vista: per ognuno di questi, 𝒋 è ovviamente sempre tangente alla curva, sia in
3D sia in proiezione.
35
Si riprenda ora la tabella 2.I: data la natura vettoriale dei parametri del moto, anche per i picchi si può
esprimere PGA e PGJ non solo separatamente per le tre singole componenti, ma anche unitariamente come
massimo modulo del vettore. La tabella si aggiorna nel modo seguente (tab. 2.II).
I picchi dei moduli dei vettori, cioè dell'intensità, dell'accelerazione e del jerk si manifestano in generale a
istanti diversi rispetto a quelli delle singole componenti, ed hanno ovviamente valori maggiori: gli effetti
massimi del moto sismico al suolo, sia per l'accelerazione che per il jerk, non si verificano in una delle
direzioni ortogonali del sistema di riferimento (X, Y o Z) bensì in una direzione casuale, variabile di volta in
36
Questa considerazione deve essere tenuta presente per inquadrare in modo critico le analisi strutturali che
considerano l'input sismico per ogni direzione separatamente dalle altre.
Errate valutazioni possono manifestarsi per vari motivi:
i) si fa riferimento a direzioni prefissate, nessuna delle quali coincide con la direzione dei picchi di
parametro del moto (ad esempio, di accelerazione);
ii) anche se si effettua una composizione delle direzioni orizzontali, si esclude spesso la componente
verticale, mentre la direzione dei picchi è in generale inclinata rispetto all'orizzontale;
iii) i risultati fondati su verifiche soddisfatte o meno secondo analisi per componenti tra loro separate
possono essere irrealistici: il moto sismico è spaziale, e genera effetti e quindi verifiche diverse rispetto alla
comparazione dei risultati ottenuti considerando le singole componenti.
Naturalmente, una certa convenzionalità delle procedure di analisi strutturale e i margini di sicurezza
garantiti da opportuni coefficienti, possono ridurre la distanza rispetto al comportamento reale. Si deve
tener presente che la progettazione viene eseguita su un terremoto virtuale non coincidente con uno
specifico evento; peraltro, gli eventi già avvenuti non vengono mai ripetuti uguali a se stessi.
In ogni caso, la conoscenza dell'evento sismico come fenomeno fisico è indispensabile per condurre a una
corretta progettazione, ad esempio per le due seguenti fasi fondamentali:
impostazione dell'analisi strutturale (direzioni sismiche scelte con consapevolezza della spazialità del
moto),
definizione tecnica del progetto (particolari costruttivi adeguatamente dimensionati per azioni impulsive).
37
Fig. 2.13. Intensità 3D per l'evento di Castelluccio: confronto fra accelerazione (sopra) e jerk (sotto), per gli
intervalli di tempo caratterizzati da almeno una componente di accelerazione non inferiore a: 0.010 g a
sinistra (da 16.330 a 55.715 s), 0.250 g a destra (da 17.435 a 23.915 s)
E' interessante rappresentare nel piano come time-history i moduli dei vettori accelerazione e jerk: si
ricavano i sismogrammi illustrati in fig. 2.13, i cui picchi sono i valori 3D in tab. 2.II.
La rappresentazione grafica delle intensità dei vettori 3D di accelerazione e jerk è stata proposta da Tong et
Al. in [15] (cfr. fig. 2.14), dove, studiando il terremoto di Chi-Chi, Taiwan, del 1999, si sono evidenziati alcuni
aspetti fondamentali:
per un medesimo evento, il picco di jerk può variare in modo significativo fra stazioni vicine;
per una data stazione, le tre componenti di 𝒋 possono essere molto diverse fra loro;
non si rileva una correlazione diretta fra ampiezza dell'accelerazione e ampiezza del jerk nel senso che un
alto valore di jerk può corrispondere a bassi livelli di accelerazione, e viceversa;
i picchi molto elevati di jerk (> 10 g/s) hanno una durata molto breve;
esiste una correlazione fra PGJ e PGA: grandi ampiezze di accelerazione si manifestano in intervalli di
tempo caratterizzati anche da grandi ampiezze del jerk.
Queste considerazioni vengono confermate dagli Autori del presente lavoro attraverso lo studio dei
principali terremoti italiani2.4.
38
39
Allegato_Video_04: nel corso dell'evento, con il tracciamento progressivo della curva dell'accelerogramma 3D, il
vettore jerk cambia continuamente intensità e direzione, restando sempre tangente alla curva.
Durante il video, viene cambiato più volte il punto di vista. Dopo una prima sequenza a velocità ridotta, il grafico
viene riproposto, stavolta generato in tempo reale.
L'azione del jerk, come illustrato nei paragrafi precedenti, è determinata da una variazione di accelerazione.
Durante l'evento sismico, l'accelerazione al suolo cambia rapidamente, e le corrispondenti azioni inerziali
prodotte sulle masse interessate variano in intervalli di tempo dell'ordine del centesimo fino al millesimo di
secondo.
Si generano 'strattoni', ossia forze di tipo impulsivo: ogni forza si manifesta in un intervallo di tempo molto
breve. Affinché il jerk divenga un parametro utilizzabile per la progettazione strutturale, è quindi necessario
trasformarlo in forze impulsive: nel seguito viene proposto un approccio avente validità generale, illustrato
con riferimento al medesimo evento considerato nei paragrafi precedenti (Castelluccio di Norcia,
30.10.2016).
E' qui opportuno evidenziare che le forze impulsive dovute al jerk si distinguono dalle forze inerziali
prodotte dall'accelerazione: le forze impulsive si generano in corrispondenza delle variazioni
dell'accelerazione, e possono essere nettamente superiori alle forze inerziali da accelerazione. L'influenza
su una struttura dipende dal contenuto in frequenza del jerk e dalle proprietà dinamiche della struttura
stessa.
L'integrale del jerk è, per sua stessa definizione, un'accelerazione. Poiché secondo la legge di Newton
l'accelerazione è una forza per unità di massa, l'area del jerk compresa fra due zeri consecutivi può essere
denominata 'forza impulsiva per unità di massa' ed indicata con il simbolo 𝐹𝑖𝑚𝑝 . Due zeri consecutivi
delimitano localmente un massimo dell'accelerazione seguito da un minimo, o viceversa: l'area definita dal
jerk nell'intervallo di tempo compreso fra i due zeri corrisponde all'impulso di accelerazione (andamento
crescente) o di decelerazione (andamento decrescente).
Considerando quindi un intervallo della registrazione compreso fra gli istanti 𝑡1 e 𝑡2 , la forza impulsiva per
unità di massa è data da:
𝐹𝑖𝑚𝑝 𝑡2
= ∫ 𝑗(𝑡) 𝑑𝑡 (2.6)
𝑚 𝑡1
Questa espressione si riferisce ad una qualsiasi delle tre componenti, ognuna delle quali nel corso
dell'evento sarà caratterizzata da una sequenza propria di zeri e quindi di intervalli (𝑡1 , 𝑡2 ).
La fig. 2.15 illustra la definizione della forza impulsiva per unità di massa corrispondente all'area sottesa
dalla funzione 𝑗(𝑡) fra due suoi zeri consecutivi. In colore giallo la forza impulsiva prodotta da un intervallo
di accelerazione in aumento: 𝑎(𝑡) passa da un minimo a un massimo, e produce una forza 'positiva'; in
colore verde, la forza impulsiva immediatamente precedente, dove 𝑎(𝑡) diminuisce, passando da un
massimo a un minimo e produce una forza impulsiva 'negativa'. Ciò significa che la forza impulsiva
corrispondente all'intervallo (𝑡0 , 𝑡1 ) ha verso opposto rispetto a quella dell'intervallo (𝑡1 , 𝑡2 ).
40
Fig. 2.15. Forza impulsiva per unità di massa, definita dall'integrale del jerk
fra due zeri consecutivi, corrispondenti a massimi e minimi locali dell'accelerazione
L'immagine in fig. 2.15 si riferisce alla componente verticale del terremoto di Castelluccio del 30.10.2016
per l'intervallo di tempo compreso fra 19.000 e 20.000 s.
Si osservi la brevissima durata delle forze impulsive. Gli zeri evidenziati corrispondono ai seguenti istanti del
corso della registrazione: 𝑡0 = 19.200 s, 𝑡1 = 19.245 s, 𝑡2 = 19.320 s.
Pertanto, la forza impulsiva per accelerazione decrescente ha una durata di 45 ms, e la forza subito
successiva: 75 ms.
41
Lungo la durata della registrazione, per ogni intervallo di tempo corrispondente a due zeri consecutivi del
jerk si calcola quindi la forza impulsiva: gli impulsi si susseguono con diversi valori delle forze ed è possibile
definire una funzione 'a scalini' che rappresenta la time-history della forza impulsiva per unità di massa.
La fig. 2.16, mostra, per la componente verticale del noto evento di Castelluccio, il sismogramma del jerk
insieme al diagramma a scalini delle forze impulsive per unità di massa, rappresentato in tratteggio e con
maggior spessore. Sulla destra, il grafico viene sovrapposto all'accelerogramma. In alto: l'intervallo di
tempo corrispondente ad accelerazioni non inferiori a 0.250 g, in basso: l'intervallo compreso fra 19.000 e
20.000 s, che costituisce una 'dilatazione' delle immagini sovrastanti.
42
Questa relazione ha validità generale, sia per eventi distinti sia per le diverse componenti: i picchi di jerk e i
picchi di forza impulsiva non si conseguono al medesimo istante. Poiché una relazione analoga, come già
illustrato, vale anche tra picchi di accelerazione e picchi di jerk, si ricava la seguente proprietà: per diversi
eventi, distinte stazioni e per ognuna delle tre componenti, PGA, PGJ e 𝐹𝑖𝑚𝑝,𝑚𝑎𝑥 non sono contemporanei e
non è possibile definire una relazione diretta a priori. Un legame fra queste grandezze può tuttavia essere
ricercato per via statistica (cfr. cap. 4).
43
Nelle fig. 2.18, 2.19 e 2.20 si riportano, sempre per il terremoto di riferimento, i grafici delle forze impulsive
per le tre componenti, sovrapposti o meno al diagramma del jerk, per l'intervallo di tempo relativo ad
accelerazioni non inferiori a 0.250 g2.5 (la scala dei grafici è uniforme per le tre componenti, ma ottimizzata
fra quelli che sovrappongono il jerk e quelli con le sole forze impulsive).
La fig. 2.21 mostra la sovrapposizione dei diagrammi delle forze impulsive relative alle tre componenti.
2.5
La scelta degli intervalli di tempo proposti nel presente contesto è legata alla leggibilità, al fine di consentire
l'osservazione dei parametri caratteristici dei sismogrammi: con lo strumento software è possibile dilatare i diagrammi
come desiderato per focalizzare l'attenzione su specifici intervalli di tempo, corrispondenti ad un limite
sull'accelerazione o direttamente impostati.
44
Fig. 2.20. Jerk e forze impulsive per unità di massa: componente verticale
Fig. 2.21. Time-history delle tre componenti delle forze impulsive per unità di massa
45
La natura dinamica della forzante viene così descritta, attraverso il jerk, da una serie impulsi consecutivi che
eccitano le masse e ne determinano le vibrazioni; si tratta di concetti già noti in Ingegneria Meccanica, dove
le forze corrispondenti al jerk vengono controllate in modo da ottimizzare i processi produttivi [16]2.6.
2.6
Come accennato in precedenza, in Ingegneria Meccanica si ha una situazione diversa rispetto al moto sismico in
quanto i movimenti delle macchine sono progettati per ottenere determinati scopi e vengono controllati in modo da
ridurre gli eventuali danni prodotti dalle vibrazioni.
In fig. 2.17 si è osservato che ai massimi del jerk non corrispondono necessariamente i massimi delle forze
impulsive. La tab. 2.III estende i dati mostrati in tab. 2.II con le forze impulsive massime, che vengono così
confrontate con PGA e PGJ. Per le forze impulsive non viene effettuata una composizione 3D: la natura
istantanea delle forze e l'indipendenza dei valori fra le tre componenti rende sufficientemente descrittiva la
distinzione fra le tre componenti stesse, fermo restando che la caoticità dell'evento potrà generare elevati
valori di forze impulsive in distinte direzioni in intervalli di tempo adiacenti o coincidenti.
Tab. 2.III. Picchi di accelerazione e di jerk e massime forze impulsive per unità di massa
per il terremoto di Castelluccio di Norcia
Dalla tab. 2.III risulta evidente come i valori delle forze impulsive possono essere elevati: per il terremoto di
Castelluccio del 30.10.2016, la forza impulsiva verticale supera la gravità e raggiunge 1.159 g.
Ciò significa che nel corso dell'evento c'è stato un intervallino di tempo (per la precisione, pari a 55 ms,
compreso tra 19.505 s e 19.560 s) in cui lo 'strattone' verticale ha generato una forza superiore alla forza
peso per più del 15%: un'azione di questo tipo ha istantaneamente sottoposto le strutture a sollecitazioni
dinamiche molto impegnative, causando danneggiamenti e crolli che non possono essere compresi
pienamente attraverso valutazioni fondate sulle sole forze inerziali da accelerazione.
Per quanto riguarda le soglie di jerk che possono essere considerate significative per il danneggiamento
delle strutture, e che determinano la necessità di valutare gli effetti del sisma in relazione alle
corrispondenti azioni impulsive, Tong et Al. [15] hanno evidenziato, come livello di jerk capace di generare
disagio per le persone che occupano gli edifici, il valore di 2 g/s.
Si tratta di un limite molto più elevato (circa 10 volte superiore) rispetto a quello utilizzato nel settore dei
trasporti per garantire il comfort dei passeggeri (come accennato in precedenza, questo è pari a circa 0.2
g/s). La soglia di 10 g/s è quella oltre la quale i danneggiamenti strutturali possono divenire importanti.
Gli effetti prodotti dal jerk devono inoltre essere relazionati alle frequenze: questi aspetti verranno trattati
attraverso l'analisi tramite spettri di Fourier (cap. 3).
Per una data registrazione, può essere interessante rilevare quanti impulsi si manifestano nell'intervallo di
tempo caratterizzato dal jerk significativo superiore a 2.0 g/s. Con riferimento al terremoto di Castelluccio,
il software Seismic3D ha evidenziato i seguenti dati per le tre componenti:
EW: j 2 g/s fra 16.885 e 30.475 s (oltre 13 s di forte disagio) con 114 impulsi;
NS: j 2 g/s fra 16.575 e 30.645 s (oltre 14 s di forte disagio) con 109 impulsi;
Vert: j 2 g/s fra 16.410 e 47.850 s (oltre 31 s di forte disagio) con 349 impulsi.
46
Queste elaborazioni confermano che il terremoto considerato è stato particolarmente forte in direzione
verticale: è lecita l'ipotesi che i numerosissimi 'strattoni' subiti dalle masse strutturali, alcuni dei quali molto
violenti, siano stati all'origine del diffuso dissesto disgregativo delle costruzioni in muratura.
In un moto generico, anche il jerk può non essere costante, e originare una derivata non nulla: la derivata
seconda dell'accelerazione, o derivata quarta dello spostamento, è qualificata in letteratura con il termine
snap ed indicata con il simbolo 𝒔:
𝑑𝒋 𝑑2 𝒂 𝑑4 𝒓
𝒔= = = (2.7)
𝑑𝑡 𝑑𝑡 2 𝑑𝑡 4
In un moto rettilineo generico, tutti i vettori che descrivono il moto (spostamento, velocità, accelerazione)
hanno la stessa direzione. Se l'accelerazione è variabile, il jerk è diverso da zero; se il jerk è variabile, esiste
anche lo snap, e così via per derivate di ordine superiore: tutti i vettori sono orientati lungo la stessa
direzione.
In un moto con traiettoria mista, piana o spaziale (a seconda delle componenti di moto non nulle) la
velocità è tangente alla traiettoria, mentre l'accelerazione ha una componente tangente, legata alla
variazione di intensità della velocità, e una ortogonale, dovuta alla variazione di direzione della velocità e
quindi alla curvatura della traiettoria.
La traiettoria percorsa dal corpo in moto è la curva tracciata dall'estremo del vettore assoluto dello
spostamento. Se si considera invece la traiettoria tracciata dall'estremo del vettore assoluto
dell'accelerazione (accelerogramma), il jerk, come già noto, è la velocità dell'accelerazione e lo snap,
derivata del jerk, è l'accelerazione dell'accelerazione: il jerk è sempre tangente all'accelerogramma, mentre
lo snap ha una componente tangente (parallela al jerk e dovuta alla variazione di intensità del jerk) ed una
ortogonale, dovuta alla variazione di direzione del jerk e quindi alla curvatura dell'accelerogramma.
La percezione fisica dello snap non è immediata: l'effetto resta incluso nei colpi generati dal jerk.
Si può immaginare che la variazione di accelerazione produca uno strattone che contiene in sé porzioni
sempre più piccole di ulteriori scatti, legati alle derivate successive. Tutto questo significa che, continuando
a derivare il parametro del moto, si colgono quegli scatti infinitesimi che tutti insieme, in una vibrazione
brevissima ma estremamente complessa, formano la pericolosa azione del jerk.
E' pertanto interessante studiare il cambiamento di direzione del jerk, ossia come cambiano durante il
moto gli effetti legati alle variazioni di accelerazione in diverse direzioni: se questi assumono rilevanza, si
dovranno progettare elementi resistenti nei confronti sia degli 'strattoni' visti come singole forze impulsive
variamente orientate, sia del loro quasi istantaneo cambiamento di direzione. Saranno quindi richieste
proprietà di resistenza il più possibile distribuite2.7.
2.7
La resistenza agli strattoni di un elemento strutturale, ad esempio un collegamento fra membrature, non
necessariamente deve essere isotropa, il che avverrebbe se in tutte le direzioni si garantisse la stessa resistenza.
Le forze impulsive possono assumere valori diversi in direzioni diverse, in relazione anche al filtro effettuato dalla
47
struttura; come evidenziato in seguito, il jerk verticale può essere decisamente più penalizzante rispetto alle direzioni
orizzontali. Tuttavia, le indagini sulla rilevanza dello snap ortogonale rendono auspicabili buone capacità resistenti in
più direzioni tra loro indipendenti. Queste considerazioni trovano un esempio applicativo nel cap. 6 ai fini del
dimensionamento di particolari costruttivi per edifici esistenti in muratura idonei per contrastare le azioni distruttive
del jerk.
Il jerk sismico è una funzione variabile nel tempo, e le forze impulsive si susseguono in modo caotico per
ognuna delle tre componenti: la fig. 2.20 ha illustrato il gran numero di impulsi variamente sovrapposti
rilevati in un intervallo significativo dell'evento, e già tale immagine mostra la complessità del fenomeno.
L'accelerogramma 3D ha evidenziato cambiamenti continui dell'accelerazione per intensità e per direzione.
In ogni punto dell'accelerogramma 3D (ossia, ad ogni istante di tempo) sono in generale definibili i seguenti
vettori:
il jerk, tangente all'accelerogramma, che rappresenta la variazione di intensità dell'accelerazione, ed è
dato dalla derivata prima dell'accelerazione;
lo snap, definito dalla derivata seconda dell'accelerazione, che si scinde in due componenti:
- una tangente alla curva, avente quindi la stessa direzione del jerk, che rappresenta la variazione
dell'intensità del jerk;
- una ortogonale alla tangente alla traiettoria, non nullo quando la curvatura dell'accelerogramma è diversa
da zero (variazione di direzione del jerk).
Lo snap viene determinato numericamente con le formule alla differenze finite centrate del secondo
ordine:
dove 𝑎(𝑡𝑖 ) è l'accelerazione all'istante 𝑡𝑖 , N è il numero totale dei punti di campionamento, 𝛥𝑡 è l'intervallo
di campionamento2.8. Questo calcolo viene eseguito separatamente per ognuna delle tre componenti dello
snap, che insieme formano il vettore 𝒔.
Nel generico punto dell'accelerogramma corrispondente all'istante 𝑡, definendo 𝑻 il versore tangente alla
curva in tale punto (avente la stessa direzione di 𝒋) ed 𝑵 il versore ortogonale a 𝑻, si può scomporre il
vettore snap nel modo seguente:
Lo snap può essere rappresentato sia nel piano come time-history, suddiviso nelle tre componenti, sia nello
spazio come tracciato del vettore 𝒔, ottenendo grafici analoghi a quelli già sviluppati per l'accelerazione e
per il jerk. In campo tridimensionale assume inoltre particolare interesse la rappresentazione del vettore 𝒔
in ogni punto dell'accelerogramma, suddiviso in 𝒔𝒕𝒂𝒏 e 𝒔𝒐𝒓𝒕 .
2.8
Come per il jerk, ed a maggior ragione trattandosi di una derivata successiva, la precisione nel calcolo numerico
dello snap dipende dalla precisione dei dati di accelerazione e dall'intervallo di campionamento.
Eseguito il calcolo numerico dello snap attraverso l'elaborazione dei dati registrati per l'accelerazione, è
possibile rappresentare graficamente le tre componenti sul piano 2D (tempo - snap).
Con riferimento al terremoto di Castelluccio di Norcia del 30.10.2016, si riportano in fig. 2.22, in analogia
con quanto già illustrato per l'accelerazione e per il jerk, i diagrammi dello snap per le componenti singole e
sovrapposte, e in tab. 2.IV i picchi (massime ampiezze) di accelerazione (PGA), di jerk (PGJ) e di snap (PGS)
48
per le tre componenti e gli istanti di tempo a cui si conseguono nel corso dell'evento.
Fig. 2.22. Sismogramma dello snap come time-history: ogni componente dello snap
è rappresentata in funzione del tempo. Dall'alto verso il basso,
e da sinistra verso destra, le componenti: EW, NS, verticale e le tre sovrapposte
Tab. 2.IV. Picchi di accelerazione, jerk e snap per il terremoto di Castelluccio di Norcia,
ed istanti di tempo corrispondenti, distinti fra le tre componenti
I valori in tab. 2.IV indicano che i picchi di snap si conseguono ad istanti non coincidenti con quelli di PGA e
di PGJ, tuttavia PGJ e PGS sono molto vicini. Rispetto al jerk, lo snap in direzione verticale accentua la
differenza rispetto alle componenti orizzontali (circa 4 volte superiore).
49
Per definire soglie notevoli dello snap, è possibile fare riferimento ad un jerk significativo che si esplichi in
un intervallo di circa 20 ms (ricavato dal tempo in cui, in questo esempio, il jerk verticale passa da zero al
picco di PGJ; un intervallo di 20 ms può essere considerato compatibile con il tempo di azione dello
strattone):
- 2.0 g/s in 20 ms equivale allo snap di 100 g/s2 (soglia di snap significativo per le strutture);
- 10 g/s in 20 ms equivale allo snap di 500 g/s2 (soglia di snap forte).
In base a queste soglie, nel terremoto esaminato tutte le componenti di snap si rivelano significative, ed in
particolare quella verticale.
Per comprendere le relazioni fra accelerazione, jerk e snap, in fig. 2.23 si isola la porzione di sismogramma
della componente verticale, già mostrata in fig. 2.4, compresa fra 19.300 e 19.800 s della registrazione,
entro cui si conseguono PGA, PGJ e PGS.
Gli zeri del jerk coincidono con i massimi e i minimi dell'accelerazione; gli zeri dello snap, essendo la
derivata seconda dell'accelerazione, coincidono con i massimi e i minimi del jerk, e con i punti di flesso
dell'accelerazione. Nel brevissimo intervallo del particolare in figura, si notano 3 zeri dell'accelerazione, 4
zeri del jerk e 5 zeri dello snap. Come già rilevato per il jerk, anche dal grafico dello snap si rileva che la
derivazione fa aumentare il numero di oscillazioni fra valori positivi e negativi, con i picchi relativi.
In fig. 2.24 si riportano i diagrammi di accelerazione, jerk e snap per le tre componenti, tutti relativi
all'intervallo di registrazione compreso fra 18.000 e 21.000 s (nella legenda, sg,tot significa il vettore snap
complessivo, composto da snap tangenziale e snap ortogonale).
50
Fig. 2.24. Sismogrammi di accelerazione, jerk e snap per le tre componenti EW, NS, Vert
51
In fig. 2.25, per la componente verticale dello snap nell'intervallo compreso fra 19.000 e 20.000 s:
in alto: a sinistra, snap totale; a destra, snap tangenziale e ortogonali sovrapposti;
in basso: a sinistra: snap tangenziale; a destra: snap ortogonale.
Osservando i grafici, si rileva come lo snap ortogonale sia maggiore del tangenziale, in relazione a
importanti cambiamenti di direzione delle variazioni di accelerazione. Le forze impulsive cambiano
direzione e verso con 'scatti' di pochi millisecondi. In corrispondenza di PGS viene ampiamente superata la
soglia identificata come riferimento (500 g/s2) per danni consistenti.
Diversi picchi locali di snap, ed in particolare della componente ortogonale, raggiungono 1000 g/s2, un
valore elevato capace di generare crisi nelle strutture, particolarmente in quelle sensibili al contenuto in
alta frequenza: il forte snap ortogonale indica che i picchi sono caratterizzati da variazioni di direzione degli
strattoni, e quindi vengono percepiti come 'colpi' associati a rotazioni.
Le variazioni di accelerazione e le azioni roto-traslazionali da esse prodotte colpiscono la materia nel suo
intimo e generano dissociazioni all'origine degli effetti macroscopici disgregativi.
52
La fig. 2.26 propone la sovrapposizione dell'accelerazione separatamente con il jerk e con lo snap: i due
picchi di accelerazione nella zona temporale di PGA, fra 19.400 e 19.600 s, hanno intensità simile, ma
questo non è vero per jerk e snap, i cui picchi coincidenti con i massimi (PGJ e PGS) sono decisamente più
forti rispetto ai picchi locali adiacenti.
Le grandezze ottenute per derivazione dell'accelerazione, jerk e snap, rivelano effetti (forze impulsive e loro
variazioni) che altrimenti restano celati dentro i dati dell'accelerazione.
La rappresentazione del sismogramma dello snap nello spazio come tracciato del vettore 𝒔 produce grafici
analoghi a quelli già illustrati per l'accelerazione ed il jerk. Il confronto fra le tre curve è riportato nelle
figure 2.27 (vista 3D), 2.28 (vista sul piano EW-NS), 2.29 (vista sul piano EW-Vert), 2.30 (vista sul piano NS-
Vert).
Fig. 2.27. Confronto 3D fra accelerazione, jerk e snap (da sinistra verso destra)
53
Fig. 2.28. Confronto 3D fra accelerazione, jerk e snap (da sinistra verso destra):
vista sul piano orizzontale (senza componente verticale)
Fig. 2.29. Confronto 3D fra accelerazione, jerk e snap (da sinistra verso destra):
vista sul piano verticale EW-Vert (senza componente NS)
Fig. 2.30. Confronto 3D fra accelerazione, jerk e snap (da sinistra verso destra):
vista sul piano verticale NS-Vert (senza componente EW)
Si conferma quanto già osservato per il jerk: le derivazioni successive generano funzioni con frequenze
maggiori che, nella rappresentazione vettoriale dei sismogrammi, sono caratterizzate da un groviglio più
addensato: un nucleo impulsivo 'nascosto' dentro l'accelerogramma, dove la componente verticale
accentua la sua presenza evidenziata dalla forma allungata del groviglio con direzione predominante
parallela all'asse verticale.
54
Come per il vettore jerk 𝒋, per comprendere l'evoluzione del vettore snap 𝒔 nel corso dell'evento il metodo
migliore consiste nel visualizzare 𝒋 e 𝒔 sul tracciato prodotto dal vettore accelerazione 𝒂.
All'istante 𝑡𝑖 dell'evento sismico, il vettore 𝒋(𝑡𝑖 ) è diretto secondo 𝑻(𝑡𝑖 ), versore tangente
all'accelerogramma nel punto raggiunto a tale istante, mentre il vettore 𝒔(𝑡𝑖 ) si scompone nei vettori:
𝒔𝒕𝒂𝒏 (𝑡𝑖 ) tangente alla curva, diretto secondo 𝑻(𝑡𝑖 ) e quindi parallelo a 𝒋(𝑡𝑖 ) ma non necessariamente ad
esso equiverso, e:
𝒔𝒐𝒓𝒕 (𝑡𝑖 ) parallelo al versore normale 𝑵(𝑡𝑖 ) diretto secondo la derivata del versore tangente: 𝑻′(𝑡𝑖 ),
ortogonale a 𝑻(𝑡𝑖 ) (il versore 𝑻, avente lunghezza costante, può variare solo come direzione e in base ai
teoremi della geometria differenziale delle curve, 𝑻 è ortogonale alla sua derivata 𝑻′).
Fig. 2.31. Il vettore snap (in verde), con la scomposizione in tangenziale e ortogonale,
rappresentato insieme al vettore jerk (in rosso) sull'accelerogramma 3D per diversi punti di vista
𝒔 è l'accelerazione dell'accelerazione: vi è completa analogia con l'accelerazione 𝒂 riferita alla curva dello
spostamento 𝒓. La fig. 2.31 mostra il vettore snap, insieme al jerk, sull'accelerogramma tridimensionale:
come per il jerk (fig. 2.11), durante l'intervallo di tempo corrispondente a valori di accelerazione non
55
inferiori a 0.250 g (compreso fra 17.435 s e 23.915 s), si è scelto l'istante 𝑡=19.375 s, arrestando il
tracciamento a questo punto. Il vettore in colore verde è lo snap, suddiviso nelle due componenti
tangenziale e ortogonale; il vettore in colore rosso è il jerk.
Si riprenda ora la tabella 2.IV: data la natura vettoriale dei parametri del moto, anche per i picchi si può
esprimere PGA, PGJ e PGS sia separatamente per le tre singole componenti, sia unitariamente come
massimo modulo del vettore. La tabella si aggiorna nel modo seguente (tab. 2.V).
Tab. 2.V. Picchi di accelerazione, jerk e snap per il terremoto di Castelluccio di Norcia:
oltre alle singole componenti, si indica il valore massimo dell'intensità del vettore (3D)
Lungo la traiettoria curvilinea dell'accelerogramma, in ogni punto i due vettori jerk 𝒋 e snap 𝒔 (o
equivalentemente i due versori 𝑻 e 𝑵) determinano un piano detto piano osculatore.
Se si considerano tre istanti di tempo consecutivi 𝑡𝑖−1 , 𝑡𝑖 , 𝑡𝑖+1 ed il piano determinato dai corrispondenti
punti dell'accelerogramma 𝒂(𝑡𝑖−1 ), 𝒂(𝑡𝑖 ), 𝒂(𝑡𝑖+1 ), la posizione limite di tale piano quando 𝑡𝑖−1 e 𝑡𝑖+1
tendono a 𝑡𝑖 è il piano osculatore in 𝒂(𝑡𝑖 ). Si può affermare che il piano osculatore nel punto
corrispondente a 𝑡𝑖 è il piano al quale la curva "si adatta" meglio nell'intorno di tale punto.
Se la curva fosse piana, ma non rettilinea (ad esempio, un accelerogramma senza componente verticale), il
piano osculatore sarebbe costante in ogni punto e coincidente col piano che contiene la curva. Poiché
l'accelerogramma è definito da tre componenti variabili nel tempo indipendentemente tra loro, il piano
osculatore varia al variare di 𝑡.
Oltre ai versori 𝑻 e 𝑵 nelle direzioni tangente e ortogonale alla curva che definiscono il piano osculatore, si
definisce il vettore unitario 𝑩 ortogonale al piano osculatore, denominato: binormale, dato dal prodotto
vettoriale: 𝑩 = 𝑻 × 𝑵.
La terna 𝑻, 𝑵, 𝑩 (detta terna di Frenet), o, equivalentemente, la terna 𝒋, 𝒔, 𝑩, costituisce un riferimento
mobile lungo la curva (cfr. Allegato_Video_05): al continuo cambiamento di giacitura del piano osculatore
corrisponde il continuo cambiamento di orientamento nello spazio della terna di Frenet.
Oltre al piano osculatore, definito da 𝑻 e 𝑵, si possono individuare altri due piani caratteristici di ogni punto
della curva: il piano normale, definito da 𝑵 e 𝑩, ed il piano rettificante, definito da 𝑻 e 𝑩.
La fig. 2.33 illustra da diversi punti di vista il piano osculatore, con i vettori jerk e snap corrispondenti
all'istante 𝑡=19.375 s, già mostrato in fig. 2.31.
In fig. 2.34, per lo stesso piano osculatore, rappresentato da un altro punto di vista, si propone un
ingrandimento che evidenzia i vettori jerk e snap ed oltre a questi il vettore binormale 𝑩 ortogonale al
piano osculatore.
56
Fig. 2.32. Intensità 3D per l'evento di Castelluccio: time-history del vettore snap
e delle sue componenti tangenziale e ortogonale all'accelerogramma
57
Fig. 2.33.Piano osculatore e terna jerk, snap, binormale da vari punti di vista
58
Fig. 2.34.Particolare del piano osculatore e della terna jerk, snap, binormale
59
Allegato_Video_05: nel corso dell'evento, con il tracciamento progressivo della curva dell'accelerogramma 3D, il
vettore snap cambia continuamente intensità e direzione, mostrando le sue componenti tangenziale (parallela al
jerk) e ortogonale alla curva. La variazione dei vettori jerk e snap è resa evidente dalla rappresentazione del piano
osculatore, definito dalla giacitura individuata da 𝒋 e 𝒔.
Considerando che ad ogni variazione di giacitura del piano osculatore corrisponde un cambiamento di direzione delle
forze impulsive, ed osservando inoltre il tracciamento della curva in tempo reale, si ha la percezione diretta degli
scossoni generati in una struttura che riceve dal suolo questo input sismico, con un effetto idealmente analogo
all'inserimento della stessa in uno shaker.
Il filtro esercitato dalla struttura stessa attraverso le sue proprietà dinamiche può in alcuni casi attenuare gli effetti
delle vibrazioni ad alta frequenza. E' tuttavia certo che una parte delle costruzioni, in particolare le più rigide, sarà
sottoposta uno stress dinamico vibrazionale capace di determinare gravi crisi nei punti di debolezza: come sarà
illustrato nel cap. 5, questi punti sono identificabili nelle connessioni locali fra elementi eterogenei.
|𝒋(𝑡) × 𝒔(𝑡)|
𝑘(𝑡) = (2.10)
|𝒋(𝑡)|3
Nella formula della torsione compare il vettore corrispondente alla derivata terza dell'accelerazione,
indicato con il simbolo 𝒄 e denominato crackle [17].
𝑑𝒔 𝑑2 𝒋 𝑑3 𝒂 𝑑5 𝒓
𝒄= = = = (2.12)
𝑑𝑡 𝑑𝑡 2 𝑑𝑡 3 𝑑𝑡 5
Il crackle viene determinato numericamente con le formule alla differenze finite centrate del secondo
ordine:
dove 𝑎(𝑡𝑖 ) è l'accelerazione all'istante 𝑡𝑖 , N è il numero totale dei punti di campionamento, 𝛥𝑡 è l'intervallo
di campionamento. Analogamente a jerk e snap, questo calcolo viene eseguito separatamente per ognuna
delle tre componenti del crackle, che insieme formano il vettore 𝒄2.9.
2.9
Pur in presenza di dati di accelerazione adeguatamente processati e quindi corretti, la precisione nel calcolo della
torsione dell'accelerogramma può essere condizionata dalla procedura numerica di derivazione terza dei dati di
registrazione, combinata inoltre, tramite operazioni vettoriali (2.11), con i risultati delle derivazioni prima e seconda.
Anche la curvatura (2.10) contiene questi condizionamenti. Tali aspetti sulla precisione esulano dal presente contesto,
60
dove lo scopo principale del calcolo della curvatura e della torsione consiste nell'evidenziare l'importanza delle
variazioni di direzione delle forze impulsive durante l'evento sismico.
La curvatura assume sempre valori positivi, mentre la torsione può essere maggiore o minore di zero.
La torsione è zero quando la curva tridimensionale è contenuta in un piano: non è questo il caso
dell'accelerogramma, che a causa della componente verticale dell'accelerazione presenta torsione non
nulla lungo lo sviluppo della curva, ossia lungo la time-history. Si può quindi affermare che la torsione
dell'accelerogramma tridimensionale costituisce un importante indicatore per la rilevanza della
componente verticale.
Trattandosi di grandezze scalari, la curvatura e la torsione si rappresentano come time-history: le figg. 2.35
e 2.36 presentano questi due parametri per il citato terremoto di Castelluccio di Norcia.
61
I diagrammi presentano 'punte' corrispondenti a rapidissime variazioni (consistenti nei 'riccioli' e negli
avvolgimenti più rapidi lungo il tracciato dell'accelerogramma): alcune di queste 'punte' raggiungono valori
molto elevati, aspetto dipendente non tanto dalla realtà fisica quanto piuttosto dalle operazioni di
derivazione numerica.
Ricercando quindi un dato che globalmente identifichi per l'evento l'intensità di questi parametri del moto,
più che al valore medio, condizionato da alcuni valori estremi troppo elevati di origine numerica, si può fare
riferimento alla mediana: ed è questa la linea orizzontale rappresentata nei grafici di fig. 2.35.
Per la curvatura, sempre positiva, si ha solo una linea, mentre per la torsione si generano due linee, con
mediana calcolata separatamente per i valori positivi e per i valori negativi.
Nei diagrammi della curvatura e della torsione viene inoltre fissata una fascia significativa, ossia un limite
superiore e inferiore, oltre il quale le 'punte' non vengono rappresentate. Si è scelto di adottare una fascia
di valore pari a due volte la mediana; ciò rende i grafici maggiormente leggibili, evitando i citati valori
estremi di origine numerica.
Per il terremoto di Castelluccio del 30.10.2016, utilizzando il software Seismic3D, si sono ottenuti i seguenti
valori:
mediana della curvatura: 19.754 (il cui inverso, pari al raggio di curvatura, vale 0.051 g; l'unità di misura del
raggio di curvatura è coerente con l'unità di misura dell'accelerogramma);
mediana della torsione: -21.477 per la negativa, e 12.242 per la positiva.
Fig. 2.36. Confronto della curvatura con l'intensità dello snap ortogonale 3D
Futuri studi potranno approfondire i legami fra curvatura e torsione dell'accelerogramma e gli altri
parametri del moto di tipo vettoriale (accelerazione e derivate superiori).
In fig. 2.36 si propone infine il confronto fra la curvatura ed intensità del vettore in 3D dello snap
62
ortogonale, parametro intimamente collegato, come già esposto, alla curvatura stessa. Il confronto viene
eseguito nell'intervallo di 1 s (tra 19.000 e 20.000 s) per meglio evidenziare le relazioni fra i tracciati delle
funzioni.
Anche se la curvatura dipende dai vettori jerk e snap, e non è quindi attesa una forte similitudine tra i due
andamenti, tuttavia i due diagrammi presentano diversi massimi locali in sincronia, ad esempio in
corrispondenza di PGS (conseguito a 19.555 s).
63
Per i parametri rappresentativi del moto sismico, fra cui l'accelerazione e la sua derivata jerk, è molto
importante esaminare il contenuto in frequenza. La risposta dinamica di una struttura dipende infatti non
solo dalle ampiezze (ad esempio, l'ampiezza massima dell'accelerazione PGA) ma anche dalle frequenze del
moto sismico e dal rapporto fra queste e le frequenze proprie della struttura stessa: lo studio delle
frequenze viene condotto attraverso l'analisi di Fourier.
Un qualunque segnale periodico nel tempo 𝑥(𝑡), con periodo 𝑇, può essere rappresentato tramite una
serie di Fourier, ossia una combinazione infinita di seni e coseni che, tra loro composti, forniscono ad ogni
istante il valore del segnale. Il segnale passa dal dominio del tempo al dominio delle frequenze, dove in
corrispondenza della frequenza di ogni componente sinusoidale si riporta la sua ampiezza (fig. 3.1).
La serie di Fourier viene espressa anche sotto forma di esponenziali complessi, grazie alla relazione di
Eulero: 𝑒 𝑖𝑛𝑥 = cos(𝑛𝑥) + 𝑖 sin(𝑛𝑥). La forma complessa viene preferita per la compattezza delle relazioni
e la conseguente agevolazione nello studio delle proprietà.
Se il segnale 𝑥(𝑡) è continuo ma non periodico, ed è definito su un intervallo di tempo [0, 𝑇], si considera 𝑇
come periodo dell'estensione periodica della funzione. Il passaggio della funzione 𝑥(𝑡) dal dominio del
tempo al dominio delle frequenze 𝑋(𝑓) avviene attraverso la trasformata di Fourier (FT):
viene trasformato nella successione di numeri complessi (i valori dello spettro di Fourier):
64
𝑁−1 (3.3)
𝑋(𝑓𝑘 ) = ∑ 𝑥(𝑡𝑛 )𝑒 −𝑖(2𝜋𝑓𝑘 𝑡𝑛 ) 𝛥𝑡 (𝑘 = 0, … , 𝑁 − 1)
𝑛=0
dove:
𝛥𝑡 = intervallo di campionamento (intervallo di tempo fra un valore del segnale ed il successivo);
𝑇 = 𝑁 𝛥𝑡 : durata del segnale;
1 𝑁
𝑓𝑐 = = 𝑇 : frequenza di campionamento;
𝛥𝑡
𝑘 𝑘 𝑘𝑛
k-esima frequenza di Fourier: 𝑓𝑘 = 𝑇 , 𝑓𝑘 𝑡𝑛 = 𝑇 𝑛𝛥𝑡 = 𝑁 .
Il coefficiente di Fourier 𝑋(𝑓𝑘 ) è un numero complesso, che in forma polare assume l'espressione:
Il suo modulo |𝑋(𝑓𝑘 )| e l'argomento 𝜑𝑘 sono associati rispettivamente all'ampiezza e alla fase delle
sinusoidi in cui può essere scomposto il segnale. In particolare, si pone attenzione allo spettro di Fourier in
termini di ampiezza, costituito dal diagramma dove |𝑋(𝑓𝑘 )| è espresso in funzione di 𝑓𝑘 .
L'unità di misura di |𝑋(𝑓𝑘 )|, con riferimento alla (3.3), è quella del segnale in input moltiplicata per il
tempo3.1.
3.1
Un'altra modalità di rappresentazione dello spettro prescinde dalla moltiplicazione per il tempo, cioè l'intervallo 𝛥𝑡
comune a tutti i valori, e riporta nel diagramma il modulo di 𝑋(𝑓𝑘 ) a meno di 𝛥𝑡.
In base alla teoria della trasformata discreta di Fourier (per approfondimenti si rinvia ai testi specializzati),
la frequenza più alta che può essere catturata da un segnale temporale campionato discretamente è pari
𝑓
alla metà della frequenza di campionamento, ed è definita frequenza di Nyquist: 2𝑐 .
Nelle applicazioni reali, la trasformata discreta di Fourier viene calcolata con algoritmi ottimizzati, ed il più
utilizzato è l'algoritmo FFT, acronimo del termine inglese Fast Fourier Transform.
I sismogrammi sono costituiti da segnali digitali acquisiti in un tempo finito per mezzo del campionamento
periodico di una quantità analogica corrispondente al moto sismico.
Applicando ai sismogrammi la trasformata di Fourier, tenendo presenti le considerazioni sopra esposte, lo
spettro di Fourier è costituito da un diagramma dove in funzione delle frequenze, comprese fra 0 e la metà
della frequenza di campionamento, sono espresse le ampiezze misurate nell'unità di misura del segnale in
input per il tempo.
Ad esempio, nel caso di un accelerogramma ottenuto con intervallo di campionamento pari a 5 ms, si ha
una frequenza di campionamento pari a 200 Hz e la frequenza di Nyquist vale 100 Hz: pertanto lo spettro di
Fourier fornisce ampiezze per frequenze comprese fra 0 e 100 Hz, valori che sono espressi nell'unità di
misura dell'accelerazione per il tempo, ad esempio: g·s.
Per quanto riguarda il jerk, valgono considerazioni analoghe, con unità di misura dello spettro data da
quella del jerk (accelerazione per unità di tempo) moltiplicata per il tempo, ad esempio: (g/s) · s = g.
Tong et Al. [15] nel loro studio sul terremoto di Chi-Chi, Taiwan, del 20.9.1999 hanno elaborato gli spettri di
Fourier sia per l'accelerazione sia per il jerk. Nelle immagini seguenti sono riportati i sismogrammi e gli
spettri relativi alla componente EW registrata nella stazione TCU068, confrontati con le medesime
elaborazioni effettuate dagli Autori del presente lavoro su dati ottenuti dal Center for Engineering Strong
Motion Data (fig. 3.2).
65
66
Fig. 3.4. Spettri di Fourier di accelerazione e jerk (Chi-Chi 20.9.1999, TCU068, comp.EW).
A sinistra: Tong et Al. ([15]), a destra: Mariani e Pugi (2020)
Come osservato da Tong et Al. [15], la zona delle frequenze dominanti per accelerazione e jerk, cioè delle
frequenze alle quali corrispondono le massime ampiezze dello spettro, può essere considerata simile e
compresa fra 1 e 10 Hz, ma il jerk si distribuisce in una banda più ampia ed ha contenuti in alta frequenza
con valori di spettro molto più alti rispetto all'accelerazione: l'intervallo di frequenza più significativo per il
jerk si estende almeno fino a 30 Hz3.2.
Questa caratteristica, rilevata per la prima volta per questo evento verificatosi a Taiwan, si conferma in tutti
gli spettri dei terremoti italiani elaborati per il presente lavoro (cfr. cap. 4): lo spettro di Fourier del jerk,
rispetto all'analogo dell'accelerazione, presenta una finestra di valori dominanti più estesa e un contenuto
in alta frequenza molto più importante.
Rappresentando lo spettro di Fourier in unità g·s per l'accelerazione e g per il jerk, anziché rispettivamente
in cm/s e in cm/s2, la differenza fra i due parametri del moto è resa ancor più evidente (fig. 3.5).
3.2
Si faccia riferimento alla fig. 3.4. Lo spettro proposto in [15] contiene frequenze fino a 100 Hz. I dati ottenuti
dal Center for Engineering Strong Motion Data presentano un tempo di campionamento pari a 10 ms, e quindi la
frequenza massima che può essere catturata, come osservato in precedenza, è la frequenza di Nyquist, pari a 50 Hz
(pari alla massima frequenza nello spettro di Mariani e Pugi). Gli spettri dei diversi Autori sono di fatto coincidenti;
peraltro, lo spettro in accelerazione elaborato da Mariani e Pugi è stato validato attraverso altro software
indipendente [18]. Evidentemente, Tong et Al. hanno elaborato dati caratterizzati da tempo di campionamento pari a 5
ms (frequenza di campionamento: 200 Hz, frequenza Nyquist: 100 Hz). Ciò non modifica in alcun modo l'ottimo
accordo fra le due elaborazioni in fig. 3.4 e le considerazioni conseguenti.
67
L'identificazione di una frequenza rappresentativa del moto sismico assume un ruolo fondamentale ai fini
del confronto con le frequenze proprie delle strutture.
Dallo spettro di Fourier si può immediatamente ricavare il valore della frequenza o del periodo
fondamentale o predominante, cioè quello in corrispondenza del quale si ha il valore dell’ampiezza
massima dello spettro di Fourier (fig. 3.6). Tuttavia la frequenza così ottenuta non sembra adeguatamente
rappresentativa del contenuto in frequenza, perché prescinde dalla distribuzione delle frequenze.
Fig. 3.6. Frequenza dominante per lo spettro di Fourier (Chi-Chi, TCU068, comp.EW)
per l'accelerazione: in corrispondenza di 0.38 Hz si ha la massima ampiezza spettrale
68
In un lavoro del 1998, Rathje et Al. [19] hanno esaminato alcuni possibili parametri rappresentativi del
moto sismico, in particolare nei riguardi dell'accelerazione: il periodo predominante 𝑇𝑝 , il periodo
predominante dello spettro regolarizzato 𝑇𝑜 ed il periodo medio 𝑇𝑚 .
Il periodo predominante 𝑇𝑝 è il periodo corrispondente alla massima accelerazione spettrale, in uno spettro
di risposta in termini di accelerazione calcolato per uno smorzamento pari al 5%. 𝑇𝑝 è stato spesso scelto
come parametro rappresentativo del contenuto in frequenza, tuttavia esso indica semplicemente il periodo
dove si consegue il picco dello spettro di risposta, e non descrive come si distribuisce il contenuto in
frequenza intorno a tale picco. Come osservato da Rathje et Al. [19], due spettri di risposta potrebbero
avere picchi in corrispondenza dello stesso periodo, ma forme nettamente diverse: 𝑇𝑝 non può distinguere
questi due casi.
Il parametro 𝑇𝑜 viene calcolato attraverso una regolarizzazione dello spettro di risposta, effettuando una
media pesata su tutti i periodi dello spettro. Ma anche 𝑇𝑜 , come 𝑇𝑝 , non utilizza la time-history
dell'accelerazione: come noto, una curva di spettro di risposta è un insieme di massime risposte di singoli
oscillatori elementari aventi diversi periodi e tutti con lo stesso smorzamento; per diversi valori di
smorzamento si costruiscono altri corrispondenti spettri.
Il contenuto in frequenza della time-history dell'accelerazione è espresso dallo spettro di Fourier: esso
fornisce una descrizione del contenuto in frequenza del moto sismico migliore rispetto allo spettro di
risposta.
Si definisce periodo medio 𝑇𝑚 la media dei periodi di spettro 𝑇𝑖 (reciproci delle frequenze 𝑓𝑖 ) ognuno
pesato con il quadrato della corrispondente ampiezza della trasformata discreta di Fourier:
1
∑𝑖 𝐶𝑖2 ∙ ( )
𝑓𝑖 (3.5)
𝑇𝑚 = con: 0.25 Hz ≤ 𝑓𝑖 ≤ 20 Hz
∑𝑖 𝐶𝑖2
In fig. 3.7 il periodo medio 𝑇𝑚 nello spettro di Fourier del terremoto di Chi-Chi, TCU068, comp.EW, viene
posto a confronto con la frequenza dominante dello stesso spettro: la media pesata che tiene conto delle
ampiezze di spettro per le frequenze comprese fra 0.25 e 20 Hz determina lo spostamento del parametro
rappresentativo dello spettro verso una frequenza maggiore rispetto a quella dominante: da 0.38 Hz a 0.66
Hz. Secondo Rathje et Al. [19], il periodo medio è il miglior parametro in grado di rappresentare il
contenuto in frequenza del moto sismico.
Fig. 3.7. Periodo medio per lo spettro di Fourier (Chi-Chi, TCU068, comp.EW)
dell'accelerazione: 1.513 s (0.66 Hz)
69
Il periodo medio può caratterizzare lo spettro di Fourier di un qualsiasi parametro del moto, non solo
dell'accelerazione. E' opportuno osservare che nella (3.5) l'intervallo di frequenza fra 0.25 e 20 Hz ha una
relazione diretta con il parametro del moto oggetto di studio in [19], cioè l'accelerazione.
Gli spettri di Fourier del jerk, come in precedenza osservato, presentano un intervallo di frequenza
significativo esteso fino a valori molto più alti rispetto all'accelerazione: per definire il periodo medio del
jerk sembra preferibile non applicare la limitazione a 20 Hz ma estendere il calcolo fino alla frequenza più
alta (la frequenza di Nyquist).
Fig. 3.8. Periodo medio per lo spettro di Fourier (Chi-Chi, TCU068, comp.EW)
dell'accelerazione: 1.513 s (0.66 Hz), e del jerk: 0.194 s (5.15 Hz)
La fig. 3.8 illustra i periodi medi per accelerazione e jerk relativi all'evento studiato da Tong et Al. [15].
Mentre l'accelerazione mostra un valore elevato, pari a 1.513 s, per il jerk il valore del periodo medio
cambia drasticamente: il contenuto in alta frequenza determina 𝑇𝑚 = 0.194 s, un valore che diviene
comparabile con i periodi propri delle strutture.
Già da questa prima osservazione si può rilevare come il contenuto vibrazionale dell'accelerazione (il jerk)
possa innescare fenomeni di magnificenza nella risposta nelle costruzioni: è questo un aspetto da
considerare con attenzione nello studio degli effetti strutturali delle azioni impulsive (cfr. cap. 5).
Nel presente lavoro, diversi eventi sismici verificatisi sul territorio italiano verranno studiati identificando il
contenuto in frequenza sia dell'accelerazione sia del jerk, per le varie stazioni e per ognuna delle tre
componenti, attraverso il periodo medio 𝑇𝑚 .
Un primo esempio di analisi di Fourier con determinazione del periodo medio per un evento italiano viene
riferito al terremoto di Castelluccio di Norcia del 30.10.2016, già trattato in precedenza.
Per tutte e tre le componenti EW, NS, Vert. si riporta lo spettro di accelerazione e jerk, con l'indicazione del
periodo medio rappresentativo (figg. 3.9, 3.10, 3.11).
70
71
𝑇𝑚 (s) EW NS Vert.
Accelerazione 0.657 0.540 0.319
Jerk 0.107 0.137 0.073
Tab. 3.I. Periodo medio per accelerazione e jerk per il terremoto di Castelluccio di Norcia
La tab. 3.I mostra un aspetto importante: il contenuto spiccatamente impulsivo della componente verticale.
Le frequenze contenute nel segnale verticale sono più elevate in modo significativo rispetto alle
componenti orizzontali, come ben illustrato dai grafici di sovrapposizione degli spettri: in fig. 3.12 per
l'accelerazione, in fig. 3.13 per il jerk.
Esaminando i periodi medi delle componenti del moto sismico, risulta evidente come i periodi del jerk siano
dello stesso ordine di grandezza dei periodi propri delle costruzioni più rigide, quali gli edifici in muratura:
ciò evidenzia possibili criticità prodotte dall'azione impulsiva sugli elementi strutturali.
72
Il terremoto di Castelluccio di Norcia del 30.10.2016 è stato adottato come riferimento nei contenuti finora
illustrati sulla spazialità del moto sismico e sulle caratteristiche dell'accelerazione e delle sue derivate. Le
considerazioni fin qui sviluppate possono essere generalizzate e approfondite alla luce dell'esame di un
73
Per tale obiettivo, è necessaria la valutazione della risposta delle costruzioni (cap. 5): in particolare, si deve
indagare su quale sia il comportamento strutturale atteso per effetto del jerk e della sua propagazione dal
suolo agli elementi strutturali sovrastanti. Ciò costituisce il fondamento ingegneristico per la definizione di
adeguate valutazioni e studi sugli stati di fatto delle costruzioni e sui particolari costruttivi in grado di
contrastare gli effetti delle azioni impulsive.
Tale indagine viene condotta in completo accordo con la Normativa Tecnica (cfr. §5.3). Per quanto
riguarda gli aspetti relativi alle azioni di natura impulsiva, e ai loro effetti quali le disgregazioni murarie,
le attuali Norme (D.M. 17.1.2018 e documenti collegati) si rivelano fonte di utili indicazioni, il cui
trasferimento nella realtà progettuale viene agevolato dalle considerazioni sviluppate nell'àmbito della
presente ricerca sul jerk.
74
Mariani e Pugi in lavori precedenti [9] hanno analizzato, con finalità di studio delle caratteristiche delle
accelerazioni sismiche ed in particolare della componente verticale, 8 eventi sismici di rilevante entità
verificatisi in territorio italiano: Italia Centrale, 30.10.2016; Accumuli, 24.08.2016; Emilia, 29.05.2012;
L'Aquila, 06.04.2009; Umbria-Marche, 26.09.1997; Irpinia, 23.11.1980; Valnerina, 19.09.1979; Friuli,
06.05.1976. Nel complesso, sono state considerate 29 stazioni, scelte, per ogni evento, in base alla distanza
dall'epicentro (near-fault, media distanza e far-fault). L'evento di Castelluccio di Norcia illustrato nei
paragrafi precedenti appartiene all'evento Italia Centrale del 30.10.2016 in una posizione vicina alla
sorgente (7.8 km dall'epicentro).
Con riferimento ad alcuni di questi eventi rilevanti, e più precisamente: Italia Centrale, 30.10.2016; Emilia,
29.05.2012; L'Aquila, 06.04.2009, in Appendice A si studiano le time-history di jerk e forze impulsive e gli
spettri di Fourier di accelerazione e jerk. Queste analisi forniscono utili indicazioni sulle caratteristiche
principali del contenuto impulsivo del moto sismico.
Al fine di determinare una correlazione fra accelerazione, jerk e forze impulsive valida in generale, si esegue
uno studio di tipo statistico riguardante tutti e 8 gli eventi citati, utilizzando le numerose stazioni presenti
per tali eventi nel database di ITACA4.1, per un totale di 447 registrazioni.
Un'altra analisi di tipo statistico (§4.2), condotta ancora sullo stesso gruppo di dati, fornisce indicazioni sul
periodo medio definito attraverso lo spettro di Fourier. Le relazioni ottenute dalle analisi statistiche
saranno in seguito utilizzate per lo studio delle azioni impulsive sulle costruzioni.
4.1
ITACA è l'archivio italiano di forme d'onda accelerometriche (ITalian ACcelerometric Archive). Nel 2019 è stata
pubblicata la versione 3.0 realizzata dal Gruppo di Lavoro ITACA nell’ambito dell’accordo tra Istituto Nazionale di
Geofisica e Vulcanologia (INGV) e Dipartimento della Protezione Civile (DPC) (2012-2021).
Sito web: http://itaca.mi.ingv.it/ItacaNet_30/#/home
A causa della caoticità del fenomeno sismico, si rivela necessaria un'elaborazione delle registrazioni con
criteri statistici: per questa via è possibile individuare linee di tendenza che pongono in relazione fra loro
PGA, PGJ e Forze Impulsive.
Questa elaborazione costituisce il primo passo verso l'applicazione delle forze impulsive nell'àmbito della
progettazione strutturale: se i valori del jerk al suolo e delle corrispondenti forze impulsive non sono
noti, occorre una loro stima per valutarne gli effetti sulle strutture.
L'analisi statistica, la cui validità è garantita dal vasto numero di campioni, individua le funzioni di
correlazione fornendo contemporaneamente informazioni sulla qualità dell'approssimazione.
Lo studio di tipo statistico viene condotto su dati forniti da ITACA. Per gli 8 eventi di riferimento: Italia
Centrale, 30.10.2016; Accumuli, 24.08.2016; Emilia, 29.05.2012; L'Aquila, 06.04.2009; Umbria-Marche,
26.09.1997; Irpinia, 23.11.1980; Valnerina, 19.09.1979; Friuli, 06.05.1976, il database di ITACA consente il
download dei dati di molte registrazioni, con procedure di correzione del segnale già effettuate: i dati
possono quindi essere direttamente utilizzati per finalità progettuali.
Fra tutte le registrazioni di accelerazione al suolo disponibili per gli 8 eventi, ai fini dell'analisi statistica sono
state prese in considerazione le stazioni per le quali almeno una delle tre componenti mostra una PGA non
inferiore a 0.005 g e per un intervallo di tempo pari almeno a 100 ms: da qui il totale di 447, suddivise nel
seguente modo: Italia Centrale, 30.10.2016: 152; Accumuli, 24.08.2016: 121; Emilia, 29.05.2012: 89;
L'Aquila, 06.04.2009: 32; Umbria-Marche, 26.09.1997: 19; Irpinia, 23.11.1980: 21; Valnerina, 19.09.1979: 7;
Friuli, 06.05.1976: 6. Il maggior numero di registrazioni per gli eventi più recenti è dovuto alla progressiva
estensione nel tempo della rete accelerometrica italiana.
75
Per ognuna di queste registrazioni sono stati calcolati, utilizzando il software Seismic3D:
(1) picco di accelerazione PGA, per ognuna delle 3 componenti (EW, NS, Vert);
(2) picco di jerk PGJ, per ognuna delle 3 componenti;
(3) forza impulsiva massima, per unità di massa, per ognuna delle 3 componenti;
(4) periodo medio di accelerazione e jerk, da spettro di Fourier, per ognuna delle 3 componenti.
Questi contenuti sono trattati nei seguenti paragrafi:
(1) (2) (3): §4.1.1, §4.1.2, §4.1.3; (4): §4.2.
76
Dalle time-history delle accelerazioni vengono calcolati, per derivazione numerica, i jerk: la prima relazione
da considerare è l'espressione di PGJ in funzione di PGA.
77
Il grafico PGA-PGJ presenta molti punti addensati per le basse accelerazioni e una certa dispersione per
valori di ag all'incirca maggiori di 0.200 g. Il coefficiente di determinazione 𝑅 2 è pari a 0.82 per le
componenti orizzontali e 0.89 per la verticale: si tratta di una buona correlazione.
78
Determinati analiticamente i jerk, vengono definite le forze impulsive per unità di massa, aventi dimensione
di accelerazione e calcolate come aree fra gli zeri consecutivi del jerk, secondo l'espressione (2.6).
Si ricerca quindi la relazione che esprime la massima forza impulsiva in funzione di PGJ (si ricorda che ai
picchi massimi di jerk non corrispondono necessariamente i picchi delle forze impulsive: cfr. fig. 2.17 in
§2.1.5).
Correlazioni PGJ-Forza impulsiva massima (per unità di massa) per le due componenti orizzontali separate:
79
Correlazioni PGJ-Forza impulsiva massima (per unità di massa) per le componenti orizzontali unite e per la
componente verticale:
Il grafico PGJ-Forza impulsiva massima presenta molti punti addensati per i jerk inferiori a 10 g/s e una
certa dispersione per valori superiori. Il coefficiente di determinazione 𝑅 2 è pari a 0.81 per le componenti
orizzontali (correlazione buona) e 0.91 per la verticale (correlazione ottima).
80
Effettuato il percorso: accelerazione (con determinazione di PGA) jerk (con determinazione di PGJ)
forze impulsive per unità di massa, si può ricercare la relazione che esprime le forze impulsive massime in
funzione di PGA: questa relazione diviene uno strumento operativo fondamentale in fase di progettazione,
poiché da essa dipende la determinazione delle azioni impulsive a partire dai dati in input
sull'accelerazione.
Correlazioni PGA-Forza impulsiva massima (per unità di massa) per le due componenti orizzontali separate:
81
Correlazioni PGJ-Forza impulsiva massima (per unità di massa) per le componenti orizzontali unite e per la
componente verticale:
I grafici PGA-Forza impulsiva massima presentano tutti un'ottima correlazione: si evidenzia un legame fra
picco di accelerazione in input e picco di forza impulsiva descritto molto bene dalla linea di tendenza.
𝑅 2 pari a 0.97 indica dati fortemente addensati sulla retta di regressione, come peraltro risulta immediato
consultando i grafici soprastanti. Tutto ciò nonostante i picchi di accelerazione, di jerk e di forze impulsive si
manifestino ad istanti non coincidenti (un esempio è mostrato in tab. 2.III).
Accelerazione, jerk e forze impulsive vengono originate da un fenomeno caotico: le operazioni analitiche
eseguite con la derivazione numerica effettuata sull'accelerazione per determinare il jerk e con il calcolo
82
delle forze impulsive costituiscono un processo che non corrisponde ad una funzione analitica
predefinita.
La correlazione tra PGA e forze impulsive ottenuta elaborando i dati dei principali eventi italiani è una
proprietà intrinseca agli eventi sismici stessi, ed il fatto che tale correlazione abbia un indice di
determinazione molto vicino ad 1 fornisce un ottimo supporto progettuale per ottenere una stima delle
azioni impulsive a partire da dati in input per le accelerazioni.
I legami fra PGA e PGJ (PGA in g e PGJ in g/s) e fra PGA e forze impulsive (PGA in g e Forza impulsiva
massima per unità di massa anch'essa espressa in g) ricavati dall'analisi statistica, sono riepilogati nelle
formule (4.2) e (4.3), dove i pedici hanno il seguente significato: H= componente orizzontale,
V=componente verticale:
Per una conferma della validità delle relazioni determinate attraverso l'analisi statistica, nonostante gli
eventi esaminati siano tutti riferiti al territorio italiano, è interessante effettuare un controllo con i valori
del jerk elaborati da Tong et Al. [15] per il terremoto di Chi-Chi avvenuto a Taiwan il 20.9.1999 e quindi non
avente alcun legame con gli eventi sismici italiani. Nel lavoro di Tong et Al. sono reperibili valori di PGA e di
PGJ per due stazioni dell'evento citato: CHY028 e TCU095 (tabella seguente).
Fermo restando la diversità degli eventi considerati, si effettua il confronto utilizzando le (4.2) e (4.3) per
calcolare PGJ in funzione di PGA. Le unità di misura in tabella sono le seguenti: PGA: g, PGJ: g/s, F imp (forza
impulsiva per unità di massa): g.
83
La stazione CHY028 fornisce uno scarto intorno al 30% per la componente orizzontale, piuttosto elevato,
ma lo scarto si riduce fortemente per la componente verticale (11%): data la totale estraneità dell'evento di
Taiwan rispetto ai terremoti italiani, e poiché inoltre la procedura di calcolo analitico del jerk, seppur
fondata su basi analoghe (derivazione numerica), è stata condotta in modo totalmente indipendente, il
risultato è soddisfacente. Considerando che il fenomeno impulsivo è particolarmente caratteristico della
componente sismica verticale, il valore di 25.72 g/s stimato dalla (4.3) è in buon accordo con 23.20 g/s di
Tong et Al. Si tratta peraltro di intensità di jerk notevoli, decisamente superiori alla soglia di 10 g/s,
considerata causa di danneggiamenti importanti: i valori 25.72 e 23.20 g/s corrispondono ad analoghi
effetti indotti sulle strutture.
Una concordanza più sorprendente riguarda la stazione TCU095 per la quale il valore del jerk per la
componente di picco massimo (NS) è praticamente coincidente con quella degli Autori della presente
Ricerca: 31.61 vs. 31.80, ed anche per la verticale il jerk è quasi coincidente: 18.97 vs. 19.80 g/s.
L'indagine statistica sul jerk deve essere completata dallo studio delle frequenze. L'influenza del moto
sismico sulle costruzioni dipende infatti dalle modalità con cui esso viene filtrato: la definizione di un
modello affidabile di valutazione degli effetti delle azioni impulsive da jerk sulle strutture richiede
un'indagine sulle frequenze che può essere condotta attraverso lo studio del periodo medio da spettro di
Fourier.
La definizione di un periodo medio 𝑇𝑚 avente valore statistico permetterà di conoscere l'ordine di
grandezza medio delle frequenze di accelerazione e jerk.
84
Nell'àmbito dell'elaborazione statistica sui più rilevanti eventi sismici italiani condotta nel presente lavoro
(cfr. § 4.1), vengono studiati, oltre ai picchi di accelerazione e di jerk e alle forze impulsive, i periodi medi
ricavati dagli spettri di Fourier 𝑇𝑚 (cfr. §3.2) per accelerazione e jerk, per ognuna delle 3 componenti EW,
NS, Vert.
Il periodo medio 𝑻𝒎 è indipendente dai picchi di ampiezza: PGA, PGJ e Forze Impulsive non hanno
correlazione con 𝑻𝒎 ricavato dallo spettro di Fourier. Come per le singole armoniche che sovrapponendosi
formano il segnale, ampiezza e contenuto in frequenza sono tra loro indipendenti, ed una riprova è data
dalle immagini seguenti, contenenti i grafici (PGA/Forze impulsive max, 𝑇𝑚 𝑎𝑐𝑐. ) e (PGJ, 𝑇𝑚 𝑗𝑒𝑟𝑘) riferiti alla
componente verticale (si omettono per semplicità grafici delle componenti EW e NS, per i quali valgono
considerazioni del tutto analoghe).
L'assenza di correlazione è resa evidente dal coefficiente di determinazione 𝑅 2 pari circa a 0.10 per tutti i
casi, un valore talmente basso da qualificare la completa indipendenza dei due parametri per ognuna delle
coppie esaminate: PGA-𝑇𝑚 𝑎𝑐𝑐., Forze impulsive max-𝑇𝑚 𝑎𝑐𝑐., PGJ-𝑇𝑚 𝑗𝑒𝑟𝑘. (PGA e Forze impulsive in g, PGJ
in g/s, 𝑇𝑚 in s).
85
L'indagine sul periodo medio si effettua quindi elaborando direttamente i valori di 𝑇𝑚 ricavati dai 447
eventi. Alcune stazioni presentano per 𝑇𝑚 valori fortemente scostati dalla media, a causa di effetto locali
dei siti: poiché lo scopo dell'analisi è la ricerca di un valore di 𝑇𝑚 che possa essere assunto come
rappresentativo dell'accelerazione o del jerk per eventi generici, è preferibile individuare tale valore nella
mediana, misura di sintesi che si presenta più affidabile della media in quanto meno influenzata dalla
presenza di valori estremi, ossia quei valori di 𝑇𝑚 molto più elevati o bassi rispetto al resto della
distribuzione e che rappresentano perciò casi isolati.
In particolare, per quanto riguarda il jerk, noto il valore di sintesi di 𝑇𝑚 è possibile porlo in relazione con le
frequenze proprie della costruzione per comprendere le modalità secondo cui l'azione impulsiva si propaga
nell'elevazione della costruzione stessa, individuando parallelamente gli elementi strutturali sensibili a tali
effetti: questi argomenti vengono sviluppati nel cap. 5.
Nelle immagini seguenti, per accelerazione e per jerk, e per ognuna delle 3 componenti, si riportano:
i punti corrispondenti ad ogni stazione che esprimono il periodo medio; nel grafico sono incluse la linee
della media e della mediana (per tutti i casi, la mediana è posta sotto alla linea media);
la distribuzione delle frequenze (con suddivisione del periodo in classi ad intervallo 0.1 s per
l'accelerazione e 0.025 s per il jerk).
86
87
88
In tabella seguente si riassumono i valori rappresentativi dei periodi medi ed il principale contributo nella
distribuzione.
Dall'analisi degli spettri di Fourier è evidente come il contenuto in frequenza del jerk sia costituito da
frequenze molto più alte rispetto all'accelerazione, aspetto che peraltro è stato mostrato in dettaglio nei
grafici degli spettri riportati per alcune stazioni in Appendice A; ciò corrisponde alla natura stessa del jerk
che può essere identificato nel contenuto impulsivo dell'accelerazione.
Inoltre, mentre per le accelerazioni non si rilevano differenze significative fra le componenti orizzontali e la
verticale, essendo tutte caratterizzate da 𝑇𝑚 ≅ 0.500 s, invece per il jerk la differenza fra orizzontali e
verticale è evidente: 𝑇𝑚 ≅ 0.100 s per le orizzontali, 𝑇𝑚 ≅ 0.075 s per la verticale. Il jerk contiene quindi
frequenze più alte dell'accelerazione; inoltre il jerk verticale accentua questa caratteristica e contiene
frequenze più elevate rispetto alle componenti orizzontali.
Il periodo medio del jerk, infine, è caratterizzato da una distribuzione più addensata rispetto
all'accelerazione e quindi il valore determinato dall'analisi statistica ha un grado di rappresentatività
superiore; peraltro, anche sotto questo aspetto il risultato per il jerk verticale si distingue ed appare
particolarmente robusto: il 28% dei campioni fornisce un valore pari a 0.0750.0125 s (0.0625 0.0875), ed
il 69% corrisponde a un valore compreso fra 0.050 e 0.100 s.
89
La componente verticale del jerk assume particolare importanza, in quanto rappresenta il contenuto
maggiormente impulsivo del moto sismico.
Ciò segna il definitivo superamento della concezione secondo la quale gli edifici, essendo progettati per
resistere alle sollecitazioni verticali, possono superare la fase sussultoria del terremoto sostanzialmente
senza danni, contrariamente agli effetti delle azioni orizzontali, alle quali 'non sono abituati'.
Alla luce degli studi sul jerk, gli effetti negativi della componente verticale del moto sismico si esplicano
inoltre attraverso l'innesco di crisi dovute alla rapidissima alternanza di decompressioni e
sovrappressioni prodotte dalle vibrazioni verticali.
Il fenomeno sismico è di tipo dinamico e pertanto la risposta strutturale è diversa da quella determinata
da carichi agenti staticamente.
Laddove le frequenze dei parametri del moto sismico, che possono essere considerate corrispondenti ai
periodi medi rappresentativi, assumono valori prossimi alle frequenze proprie della costruzione, gli
effetti subiscono le massime amplificazioni e gli elementi strutturali sono sottoposti alla domanda più
impegnativa.
Studiando le varie tipologie edilizie è possibile inquadrare i casi in cui gli effetti prodotti dal jerk possono
rivelarsi critici e potenzialmente distruttivi: ad esempio, la vicinanza dei periodi medi del jerk ai periodi
propri delle costruzioni in muratura suggerisce l'opportunità di indagare sul collegamento fra azioni
impulsive e danneggiamenti locali quali disgregazioni murarie e crisi dei collegamenti.
90
La presente Ricerca ha intersecato nel corso del suo sviluppo i pochi studi disponibili sulle variazioni
dell'accelerazione sismica condotti in àmbito internazionale. Rispetto a tali studi, che hanno suffragato i
risultati ottenuti, la Ricerca in atto si muove dall'identificazione delle sollecitazioni impulsive e dei danni da
queste generate in particolare in costruzioni in muratura, per giungere alla definizione di soluzioni tecniche
progettuali in grado di contrastare tali fenomeni.
5.1. JERK E SNAP NELLA LETTERATURA INTERNAZIONALE. SPETTRI DI RISPOSTA DEL JERK
Tong et Al. ([15]), studiando il terremoto di Chi-Chi del 20.9.1999, hanno esaminato le registrazioni
effettuate su diverse costruzioni (edifici, ponti) dove erano stati installati strumenti di rilevamento. In
particolare, gli Autori hanno approfondito i dati sulle accelerazioni e i jerk da esse ricavati riguardanti un
edificio di 7 piani in calcestruzzo armato presso la National Chung Hsiung University, con accelerometri
installati a diversi livelli: in fondazione, al 1° piano, al 4° piano e sul tetto (fig. 5.1), in due serie poste ai due
lati dell'edificio; le registrazioni esaminate sono relative alla direzione NS (si tratta quindi di accelerazione e
jerk in una direzione orizzontale).
In fig. 5.2 sono riportate sulla sinistra le time-history dell'accelerazione relative, per semplicità, ad una serie
(i canali 27, 10, 15, 22) e sulla destra i sismogrammi corrispondenti del jerk calcolati numericamente con la
derivazione dei dati sull'accelerazione.
In tab. 5.I sono riportati: picco di accelerazione 𝑎𝑚𝑎𝑥 (coincidente con PGA per il canale 10 in fondazione) e
suo rapporto con PGA, picco di jerk 𝑗𝑚𝑎𝑥 (coincidente con PGJ per il canale 10) e suo rapporto con PGJ,
istante corrispondente (𝑇𝑎𝑚𝑎𝑥 e 𝑇𝑗𝑚𝑎𝑥 ) e durata del jerk forte 𝜏𝑗 ( 2 g/s).
Le unità di misura sono le seguenti: accelerazioni in g, jerk in g/s, tempi in s.
Il moto sismico al suolo è stato amplificato dalla struttura in modo significativo: il rapporto fra la massima
risposta in termini di accelerazione e di jerk al 4° piano ed i corrispondenti picchi al suolo è pari a circa 1.5
volte, ed oltre 2 volte a livello della copertura. Anche la durata del jerk forte si è prolungata (20% in più in
copertura rispetto alla fondazione: 27.8 s vs 23.2 s).
L'amplificazione del jerk orizzontale in elevazione è sostanzialmente analoga a quella dell'accelerazione.
91
Fig. 5.2. Accelerazione e Jerk per l'edificio di cui in fig. 5.1 (rielaborazione da Tong et Al. [15])
𝑎𝑚𝑎𝑥 𝑔 𝑗𝑚𝑎𝑥
Canale Ubicazione 𝑎𝑚𝑎𝑥 (𝑔) ⁄𝑃𝐺𝐴 𝑇𝑎𝑚𝑎𝑥 (𝑠) 𝑗𝑚𝑎𝑥 ( ) ⁄𝑃𝐺𝐽 𝑇𝑗𝑚𝑎𝑥 (𝑠) 𝜏𝑗 (𝑠)
𝑠
C22 Copertura 0.563 2.656 48.2 9.19 2.247 45.9 27.8
Tab. 5.I. Accelerazione e jerk massimi ai vari livelli per l'edificio di cui in fig. 5.1. In evidenza, le amplificazioni
di accelerazione e jerk in elevazione (rielaborazione da Tong et Al. [15])
Questo esempio mostra quindi che la struttura filtra il moto sismico al suolo provocando un'amplificazione
di jerk orizzontale in elevazione avente lo stesso ordine di grandezza dell'amplificazione di accelerazione.
Nel medesimo lavoro, Tong et Al. puntualizzano altri aspetti fondamentali per comprendere gli effetti del
jerk. Viene evidenziato in modo esplicito che l'entità di una forza e la velocità con cui questa viene applicata
sono due questioni diverse. Per tale motivo, la forza d'inerzia corrispondente all'accelerazione non può
92
descrivere l'impulso prodotto dalla variazione dell'accelerazione: sono due aspetti complementari,
entrambi da considerare ai fini del comportamento delle strutture.
In particolare, secondo Tong et Al., un moto sismico al suolo con jerk elevato associato a una forte
accelerazione producono un carico dinamico disomogeneo, a causa della propagazione delle onde di
vibrazione, che può causare concentrazioni di sforzi e danni locali. Gli Autori proseguono osservando che
alcuni studi hanno mostrato che le plasticizzazioni indotte nel corso del fenomeno sismico possono ridurre
la velocità di propagazione delle onde vibrazionali.
Y. Xueshan et Al. ([20]) hanno evidenziato come il jerk sia direttamente correlato al processo di danno fisico
al materiale costituente una struttura sottoposta a carichi dinamici, osservando che il danno è innescato
dalle separazioni nei legami molecolari del materiale.
Haoxiang He et Al. ([21]) hanno studiato gli spettri di risposta del jerk per sistemi elastici ed anelastici. Lo
spettro di risposta del jerk, costituito dalla massima risposta su oscillatori monodimensionali di diversa
frequenza propria, è un campo oggetto di sviluppo molto recente, e l'obiettivo è il miglioramento di criteri
di progettazione delle strutture.
Gli Autori hanno pubblicato gli spettri del jerk e dell'accelerazione per le categorie di sottosuolo A e C,
calcolati per un coefficiente di smorzamento viscoso pari al 5%, elaborando i dati di 250 registrazioni di
accelerazioni orizzontali relative a 22 eventi significativi a livello mondiale (da Northern, 1952 fino a
Wenchuan, 2008). I risultati sono riportati nelle figg. 5.3 (per suolo di tipo A) e 5.4 (per suolo di tipo C).
Gli spettri sono distinti in base ai valori della duttilità 𝜇, definita per l'oscillatore elastoplastico dal rapporto
tra spostamento massimo e spostamento al limite elastico. La duttilità 𝜇 è legata al fattore di riduzione 𝑅,
fattore che riduce le forze statiche equivalenti che una struttura deve essere in grado di sostenere in
funzione della duttilità del sistema5.1. Lo spettro per 𝜇 =1 è lo spettro elastico; gli altri sono gli spettri di
progetto ottenuti riducendo le ordinate dello spettro elastico per effetto di una duttilità 𝜇 >1.
5.1
La Normativa italiana utilizza il fattore di comportamento 𝑞, avente lo stesso significato del fattore di riduzione 𝑅.
Dalle figg. 5.3 e 5.4 è interessante rilevare che lo spettro di risposta del jerk orizzontale presenta la
massima ampiezza nella zona di periodi compresi fra 0.050 e 0.100 s: l'elaborazione statistica eseguita da
Mariani e Pugi (tab. 4.I) individua proprio in 0.100 s il periodo rappresentativo delle direzioni orizzontali EW
e NS, con il periodo 0.075 s corrispondente alla seconda classe più importante in base alla distribuzione
delle frequenze EW e NS: vi è quindi un ottimo accordo fra tab. 4.I e spettri elaborati da Haoxiang He et Al.
93
94
95
Nel lavoro citato, gli Autori definiscono il fattore di riduzione dell'impatto 𝑅𝐽 pari al rapporto fra il massimo
jerk dell'oscillatore monodimensionale elastico e quello dell'oscillatore elastoplastico: analogamente a 𝑅,
fattore di riduzione per lo spettro di risposta dell'accelerazione, anche 𝑅𝐽 dipende dalla duttilità.
Gli Autori hanno osservato che 𝑅𝐽 , a differenza di 𝑅, assume un valore poco sensibile al periodo proprio
della struttura e contenuto entro un intervallo limitato per le diverse duttilità: migliorando la duttilità il
fattore di riduzione dell'impatto aumenta, ma nelle strutture più rigide lo spettro di progetto coincide quasi
con lo spettro elastico e ciò può ritenersi dovuto al carattere impulsivo del jerk.
Wakui et Al. ([22], [23]) hanno proposto un metodo per lo studio della deformazione plastica di un
oscillatore monodimensionale elastoplastico utilizzando jerk e snap, giungendo a stimare l'entità della
deformazione collegata a danni nei giunti di travi e colonne e nei bulloni di ancoraggio nelle piastre di base
delle colonne.
Taushanov ([24]) ha proposto una formulazione analitica per lo spettro di risposta del jerk, supponendo che
i quattro parametri del moto: spostamento, velocità, accelerazione e jerk, abbiano spettri tra loro collegati
da relazioni ricorrenti.
Da rilevare anche le ricerche di Sofronie ([25], [26]), che ha studiato alcuni effetti del jerk sismico, partendo
dalle osservazioni del fisico russo Landau (1908-1968) secondo il quale poiché il tempo di azione del jerk è
troppo breve per sviluppare deformazioni, i danni si localizzano nelle zone con imperfezioni strutturali
caratterizzate da concentrazioni di sforzi. Sofronie si è occupato di edifici in muratura, ed ha evidenziato
come le azioni impulsive possano condurre alla rottura degli elementi costitutivi. Secondo l'Autore, un
miglioramento del comportamento strutturale si consegue rinforzando con reti polimeriche, le quali
reagiscono elasticamente in quanto il brevissimo tempo del jerk non consente lo sviluppo di deformazioni
plastiche e quindi non si attinge alla duttilità della rete bensì alla sua resistenza: è questa che esercita
un'azione di confinamento sulla muratura tendendo a diffondere le vibrazioni indotte dal moto sismico e
quindi ad ammortizzarne gli effetti. La muratura rafforzata con reti polimeriche sembra efficace anche nei
confronti di altre azioni impulsive, quali urti ed esplosioni.
Sofronie pone inoltre in rilievo la pericolosità dell'amplificazione della risposta sismica in direzione
verticale. L'Autore riferisce che il fenomeno, che può essere violento (definito: "snap of whip",
letteralmente: schiocco di frusta), è stato riscontrato sperimentalmente su modelli 3D in scala reale di
edifici in muratura posti su tavola vibrante.
Dalle osservazioni dei vari Autori, e con il supporto della Ricerca condotta nel presente lavoro, si possono
evidenziare 7 punti notevoli:
(1) la forza d'inerzia corrispondente all'accelerazione e l'azione impulsiva prodotta dalla variazione
dell'accelerazione sono due aspetti tra di essi complementari, entrambi da considerare ai fini del
comportamento delle strutture (Tong et Al. [15]);
(2) in occasione del terremoto di Chi-Chi, Taiwan, del 20.9.1999, un edificio in calcestruzzo armato con
accelerometri posti a più livelli ha mostrato un'amplificazione del jerk in elevazione sostanzialmente
analoga a quella dell'accelerazione (Tong et Al. [15]);
(3) lo spettro di risposta del jerk mostra una riduzione dello spettro di progetto rispetto allo spettro
elastico minore dello spettro di risposta dell'accelerazione; per periodi bassi (strutture rigide) il fattore di
riduzione dell'impatto 𝑹𝑱 è praticamente pari a 1 e quindi lo spettro di progetto è quasi coincidente con
quello elastico (Haoxiang He et Al. [21]);
(4) in generale, migliorando la duttilità gli effetti del jerk si riducono, ossia il fattore di riduzione
dell'impatto 𝑅𝐽 aumenta (in modo analogo al fattore di riduzione 𝑅, cioè al fattore di comportamento 𝑞, per
96
Per le direzioni orizzontali del moto sismico, utili indicazioni operative ai fini della progettazione possono
ricavarsi dagli spettri di risposta del jerk illustrati nelle figg. 5.3 e 5.4 (Haoxiang He et Al. [21]), che
forniscono informazioni sulla risposta in termini di azioni impulsive in funzione del periodo proprio della
struttura, e dalle considerazioni di Tong et Al. [15], che indicano lungo l'elevazione dell'edificio effetti
amplificativi del jerk analoghi a quelli dell'accelerazione;
(5) la propagazione delle onde vibrazionali del jerk è direttamente collegata alle concentrazioni degli
sforzi e ai danneggiamenti locali, che nei materiali omogenei vengono innescati dalla rottura dei legami
molecolari (Y. Xueshan et Al. [20]). Nel caso delle murature, è naturale estendere questo concetto al livello
macroscopico di dissociazione del legame fra gli elementi lapidei per disgregazione della malta (più
raramente a rotture fragili degli elementi rigidi);
(6) per gli edifici esistenti in muratura i consolidamenti che confinano la muratura ed ammortizzano gli
effetti locali di concentrazione delle tensioni migliorano la risposta nei confronti del jerk (Sofronie [25]).
Considerando la brevissima durata dell'azione impulsiva ed il comportamento rigido-fragile della muratura,
questi consolidamenti possono essere dimensionati per resistenza.
In generale, per gli edifici esistenti in muratura è molto importante assicurare la capacità di resistenza nei
confronti dei danneggiamenti locali quali la disgregazione muraria e la tenuta dei collegamenti fra elementi
strutturali eterogenei;
(7) gli effetti del jerk sono particolarmente importanti in direzione verticale, considerazione confermata
dal carattere maggiormente impulsivo della componente verticale rispetto alle orizzontali, descritta da un
periodo medio rappresentativo più basso (cfr. §4.2).
Gli effetti negativi della componente verticale del jerk sono esaltati dall'impulsività del fenomeno e dalla
rigidità in direzione verticale. E' quindi opportuno indagare sui fenomeni di amplificazione, a carattere di
risonanza, che possono essere innescati dalla vicinanza fra la frequenza propria della costruzione e quella
del jerk.
Il contenuto in frequenza del jerk verticale è caratterizzato da valori elevati; l'analisi statistica sui principali
recenti eventi italiani (cfr. cap. 4) ha mostrato un periodo medio rappresentativo pari a circa 0.075 s,
avente ordine di grandezza simile al periodo proprio principale in direzione verticale di molte strutture
rigide, quali gli edifici esistenti in muratura.
Per inquadrare il fenomeno dell'amplificazione della risposta dell'edificio in termini di spostamenti e di
sollecitazioni, dal momento che l'input sismico può essere visto come combinazione di più forzanti
armoniche, è possibile fare riferimento alla teoria che analizza le oscillazioni forzate con azioni armoniche e
smorzamento viscoso.
Lo studio dell'oscillatore semplice conduce ad un fattore di amplificazione 𝐶𝑎𝑚𝑝𝑙 espresso in funzione del
rapporto fra periodo proprio della struttura e periodo della forzante dalla seguente formula:
1
𝐶𝑎𝑚𝑝𝑙 =
𝑇12 2 𝑇1
2 (5.1)
√(1 − 2 ) + 4 𝜉𝑒𝑞
𝑇 𝑇2
dove:
𝑇1 = periodo proprio della struttura,
𝑇 = periodo della forzante; in questo caso coincide col periodo rappresentativo del jerk verticale,
𝜉𝑒𝑞 = coefficiente di smorzamento viscoso equivalente.
97
La tabella seguente riporta il calcolo del fattore di amplificazione per periodi propri 𝑇1 compresi fra 0 e
0.200 s, per un coefficiente di smorzamento 𝜉𝑒𝑞 pari 5% (valore indicato in Normativa), e per tre valori del
periodo rappresentativo del jerk: 𝑇 = 0.075 s, 0.050 s e 0.100 s che corrispondono alle tre principali
frequenze nella distribuzione ottenuta dall'analisi statistica (cfr. §4.2); la tabella è seguita dal
corrispondente grafico.
Nella tabella sono indicati in rosso scuro tutti i coefficienti di amplificazione maggiori di 1.000, valori
corrispondenti ad un incremento dell'azione impulsiva del jerk dovuto al filtro operato dalla struttura; in
grassetto sono evidenziate le amplificazioni maggiori di 2.000.
Con un periodo della forzante 𝑇 pari a 0.075 s, l'effetto impulsivo verticale viene esaltato in corrispondenza
di un intervallo di periodi propri 𝑇1 compreso fra 0 e 0.105 s, con amplificazioni elevate per 𝑇1 compreso fra
0.050 s e 0.090 s.
Con 𝑇 = 0.050 s l'intervallo di esaltazione è compreso fra 0 e 0.070 s, con amplificazioni elevate per 𝑇1
compreso fra 0.040 s e 0.060 s.
Con 𝑇 = 0.100 s l'intervallo di esaltazione si estende fino a 0.140 s, e la fascia di periodi propri che conduce
alle maggiore amplificazioni si sposta nell'intervallo compreso fra 0.075 s e 0.120 s.
In tutti i casi esaminati, gli intervalli di periodo proprio 𝑇1 in direzione verticale caratterizzati da importanti
amplificazioni riguardano una vasta classe di costruzioni in muratura: questo aspetto risulta fondamentale
per la calibrazione delle azioni impulsive verticali che agiscono lungo lo sviluppo in elevazione dell'edificio e
la conseguente valutazione dei loro effetti sugli elementi strutturali.
98
Fig. 5.5. Amplificazioni strutturali per il jerk verticale in funzione del periodo proprio
della costruzione in muratura, per diversi valori del periodo della forzante sismica
e del coefficiente di smorzamento viscoso
100
In questo paragrafo si evidenziano alcuni contenuti normativi che trattano lo scuotimento sismico e le
corrispondenti azioni impulsive, con particolare riferimento agli edifici esistenti in muratura.
La Normativa Tecnica per le Costruzioni vigente (D.M. 17.1.2018, Circolare 7 del 21.1.2019 e documenti
collegati) si occupa delle sicurezza degli edifici esistenti in muratura in relazione agli scuotimenti sismici e
agli effetti ad essi collegati, quali la disgregazione muraria. Per scuotimento sismico si intende l'eccitazione
sismica a cui la struttura è soggetta a causa del moto al suolo, e tale concetto include implicitamente le
azioni di tipo impulsivo che possono generare criticità locali.
Particolarmente rilevante è l'attribuzione di validità alle analisi per corpi rigidi (cinematismi, o meccanismi
di collasso di pareti singole o composte) solo se la parete muraria non è vulnerabile ai fenomeni di
disgregazione.
Se ne deduce che un progetto di consolidamento deve assicurare la tenuta del materiale costitutivo
dell'edificio: occorre contrastare la disgregazione; in altre parole, il progetto deve conferire dignità
strutturale agli elementi resistenti (pareti, volte, solai).
Le linee guida CNR DT 214/2018: Istruzioni per la valutazione della robustezza delle costruzioni, riprendono
e sviluppano contenuti dell'EuroCodice 1 relativi alle azioni eccezionali.
Particolarmente importanti, nel contesto del presente lavoro, sono i riferimenti alle azioni sismiche
impulsive e ai criteri di rafforzamento locale finalizzati ad impedire collassi sproporzionati, cioè effetti
globali prodotti da crisi locali.
Di seguito si illustrano alcuni estratti significativi dai testi normativi, affiancati da commenti degli Autori
(i commenti sono inseriti in riquadri). Le Norme sono indicate con le seguenti sigle:
[NTC 2018]: D.M. 17.1.2018 : Aggiornamento delle norme tecniche per le costruzioni
[CIRC 2019]: Circolare 7 del 21.1.2019 applicativa delle nuove norme tecniche per le costruzioni del
17.1.2018
[CNR DT 214]: CNR DT 214/2018: Istruzioni per la valutazione della robustezza delle costruzioni
[EC1 1-7]: EuroCodice 1: Azioni sulle strutture. Parte 1-7: Azioni in generale - Azioni eccezionali, UNI EN
1991-1-7:2006
101
[CIRC 2019] §C8.7.1.2 MECCANISMI LOCALI - METODI DI ANALISI DELLA RISPOSTA SISMICA E CRITERI DI
VERIFICA
Negli edifici in muratura, per effetto dello scuotimento sismico, possono avvenire collassi parziali per
perdita di equilibrio di porzioni murarie.
I meccanismi locali nelle pareti si attivano, prevalentemente, per azioni perpendicolari al loro piano medio,
ma anche per azioni nel loro piano medio. Fanno parte dei meccanismi locali, ad esempio, le criticità
connesse a rotazioni delle pareti fuori dal proprio piano e alla presenza di elementi spingenti (come archi,
volte o puntoni), ma anche alla sconnessione di orizzontamenti e coperture e alla fuoriuscita delle travi
dalle sedi di appoggio. (...)
102
La robustezza strutturale è la capacità propria di una struttura di sopportare eventi eccezionali senza
essere danneggiata in maniera sproporzionata rispetto all'entità della causa che ha originato il danno
(EuroCodice 1, EN 1991-1-7). Collegato al concetto di robustezza c'è quello di collasso progressivo
consistente in una reazione a catena di cedimenti strutturali conseguenti al danno subito da una porzione
relativamente piccola della struttura. Il danneggiamento causato dal collasso progressivo è sproporzionato
rispetto al danno da cui ha avuto inizio il cedimento strutturale.
Il D.M. 17.1.2018 dedica il §2.2.5 alla Robustezza.
Nella Normativa si indica quindi la necessità di prevenire gli effetti delle azioni eccezionali considerandole
unitamente alle altre azioni di progetto e adottando opportune soluzioni strutturali finalizzate ad evitare
danneggiamenti localizzati da cui può innescarsi un collasso progressivo.
Per gli edifici esistenti la robustezza può essere verificata valutando fra l'altro l'efficacia delle misure
strutturali adottate per limitare il rischio di collassi di tipo sproporzionato causati dalla crisi di un
componente strutturale.
Le linee guida CNR DT 214/2018 sviluppano i concetti relativi alla robustezza fornendo utili indicazioni
applicative. Si riportano nel seguito estratti relativi alle azioni sismiche e alle sollecitazioni di tipo
impulsivo.
Si trattano quindi anche le azioni sismiche, relativamente alla loro capacità di indurre sulla struttura
azioni eccezionali: fra queste restano incluse le azioni di tipo impulsivo, nella misura in cui esse sono in
grado di generare criticità locali, la cui importanza viene esplicitata poco più avanti nel medesimo
paragrafo:
(...) Vengono quindi presentati i principali metodi di progettazione: il metodo della resistenza locale che ha
l’obiettivo di evitare il danneggiamento locale di quegli elementi il cui collasso porterebbe ad una
propagazione incontrollata del danno (progettazione degli elementi chiave); (...)
103
Per gli edifici in muratura, il danneggiamento dei collegamenti strutturali di tipo locale (parete sottostante-
parete sovrastante, solaio-parete, capriata-parete, trave-parete, parete-fondazione, coesione di elementi
eterogenei costitutivi della muratura) può portare ad una propagazione incontrollata del danno (collasso
progressivo).
Il paragrafo prosegue indicando che nel seguito non vi saranno indicazioni particolari per la robustezza
delle costruzioni esistenti in muratura, la cui importanza è tale da richiedere estese ed approfondite
trattazioni, come ad esempio le CNR DT 213 che trattano i ponti esistenti in muratura. Tuttavia il testo
normativo, prima di addentrarsi in particolari tipologie come calcestruzzo e legno, illustra concetti
generali, applicabili quindi anche agli edifici esistenti in muratura.
Si tratta di una progettazione di particolari costruttivi non collegata ad un calcolo numerico bensì alla
validità comprovata dall'esperienza e dalla regola dell'arte.
(...) Incremento della resistenza locale. Intervento che riduce la vulnerabilità locale di una struttura
prevenendo o attenuando l’effetto di un danno iniziale che potrebbe portare ad un collasso
sproporzionato.
(...) Elemento chiave. Un elemento strutturale (o una parte della struttura) progettato per evitare
l’estensione, potenzialmente all’intera struttura, del collasso non controllato. Generalmente è di
dimensioni più ridotte della parte strutturale assunta come oggetto di potenziale collasso conseguente ad
uno scenario di rischio, e da esso dipende la sicurezza del resto della struttura.
[CNR DT 214] §2. SCENARIO DI RISCHIO E QUANTIFICAZIONE DELL'INTENSITA' DELLA RELATIVA AZIONE
104
Esempi di pericoli generati non intenzionalmente dall’attività umana sono le esplosioni di materiale
pericoloso, l’incendio (quando non di origine dolosa).
Le norme di progettazione definiscono solo le più comuni di tali azioni in termini di tipologia e loro
quantificazione.(...)
Dal punto di vista dell’interazione tra l’evento naturale/antropico e la costruzione, i pericoli ascrivibili alle
tre precedenti categorie possono essere modellati sulla struttura come:
- carichi distribuiti di entità eccezionale, quali ad esempio, sovrapressioni dovute ad esplosioni o
detonazioni, pressioni genericamente dovute al movimento di fluidi (aria nel caso di tornado, acqua nel
caso di allagamenti, acqua e detriti nel caso di colate detritiche, neve nel caso di valanghe);
- carichi di impatto, quali ad esempio urto di veicoli, natanti, velivoli, impatto di corpi (da crolli di roccia, da
demolizioni, etc.);
- accelerazioni impresse alla struttura, per esempio durante un’azione sismica; (...)
(...) Le azioni possono essere inoltre classificate sulla base della loro durata, considerando comunque che,
nella maggior parte dei casi, gli scenari di rischio (e quindi le azioni) hanno durata breve rispetto alla vita
utile della struttura.
Nella modellazione strutturale, queste azioni possono essere applicate sulla struttura in maniera statica,
dinamica, oppure con un andamento impulsivo.
La medesima azione può essere considerata quale statica o dinamica, a seconda del contenuto in
frequenza della stessa rapportato alle proprietà dinamiche della struttura: qualora l’intensità dell’azione
presenti oscillazioni con periodo paragonabile ad uno dei periodi di vibrazione dell’elemento interessato
è opportuno considerare il contributo dinamico derivante dall’azione considerata, piuttosto che
considerare tale azione in modo puramente statico, e con valore pari, ad esempio, al valore medio o
massimo dell’azione stessa. (...)
(...) Relativamente ai pericoli di Categoria 1 (pericoli di origine naturale o derivanti dall’attività umana
involontaria), per valutarne gli effetti sulla costruzione è opportuno: (...)
3. predisporre un modello che descriva l’intensità dell’azione e come il fenomeno naturale interagisce
con la costruzione (carico di pressione, forza impulsiva, etc.); (...)
105
Infatti, a causa della breve durata dell’azione la struttura non oscilla con il suo periodo proprio di
vibrazione, per cui l’analisi con spettro di risposta può essere poco significativa; per lo stesso motivo, spettri
di velocità e di spostamento derivati dallo spettro in accelerazione possono non essere significativi.
Inoltre, azioni epicentrali possono implicare elevate accelerazioni verticali del suolo, non considerate
tipicamente dalle norme di progettazione (che considerano solo le accelerazioni verticali derivanti dal moto
in orizzontale del suolo). (...)
In questo paragrafo si danno informazioni importanti sulle accelerazioni contenute nelle Norme Tecniche
per le Costruzioni, che si riferiscono ad azioni non epicentrali (far field).
Quindi, per considerare gli effetti impulsivi, particolarmente importanti per le accelerazioni verticali e per il
near fault, le azioni possono essere superiori a quelle di normativa.
Ne risulta convalidata l'amplificazione di PGA, emersa dallo studio statistico effettuato nel presente lavoro,
per ottenere l'entità delle azioni impulsive, utilizzando i dati relativi al sito di ubicazione della costruzione.
Da notare l'osservazione sul fatto che la struttura sottoposta ad azioni di breve durata non ce la faccia ad
oscillare col proprio periodo, comportandosi sostanzialmente come rigida. Si ritiene comunque che
occorra in ogni caso valutare le reali capacità deformative della struttura, ed infatti gli studi internazionali
citati nella presente Ricerca (§5.1) hanno elaborato per il jerk, parametro del moto a carattere impulsivo,
spettri di risposta.
Per quanto riguarda le strutture in muratura composte da pietrame e malta, possono essere pensate come
assemblaggio di corpi rigidi uniti tra loro dai collegamenti, che assorbono le azioni impulsive e
garantiscono la solidarizzazione dell'organismo strutturale; in altre parole, le azioni impulsive possono
essere utilizzate per la verifica locale dei collegamenti, intesi in senso generalizzato (coesione fra elementi
lapidei e malta, e connessioni fra elementi strutturali eterogenei). La deformabilità che rende il periodo di
vibrazione non nullo può essere rivista come dovuta ai giunti di malta.
106
Le prescrizioni atte a far raggiungere alla struttura il livello di robustezza richiesto, si limitano
essenzialmente alla richiesta di incatenamenti continui per le costruzioni di calcestruzzo armato e, per le
costruzioni di acciaio o composte acciaio-calcestruzzo, connessioni trave-colonna e travi secondarie travi
principali dimensionate per trasferire non solo azioni flettenti e taglianti, ma anche sforzi assiali di trazione.
L’obiettivo è incrementare le capacità membranali dei piani in modo che il collasso locale di una
membratura possa essere assorbito attraverso redistribuzioni che sfruttino anche l’effetto catenaria o, più
in generale l’effetto membrana (vedi Figura 4-2).
Dovranno in particolare essere previsti incatenamenti tridimensionali quali indicati in Figura 4-3:
- Incatenamenti perimetrali di piano (nelle due direzioni principali);
- Incatenamenti interni di piano (nelle due direzioni principali);
- Incatenamenti orizzontali fra le colonne o i setti;
- Incatenamenti verticali.
La resistenza di questi incatenamenti dipenderà dal sistema strutturale secondo le indicazioni fornite nel
Capitolo 6.
Figura 4-2 – Sviluppo dell’effetto catenaria a seguito della rimozione di una colonna
(da http://www-personal.umich.edu/~eltawil/catenary-action.html)
Figura 4-3 – Diversi tipi di incatenamento (Department of Defense (DoD) Unified Facilities Criteria (UFC-04-
023-03) (2016). Design Building to Resist Progressive Collapse. Washington, D.C.)
107
Occorre infine sottolineare che i metodi di progetto indiretti non permettono in nessun caso una
quantificazione della robustezza strutturale ottenuta.
Viene qui ribadito un concetto già espresso: grazie alla cura dei collegamenti si evita la propagazione
incontrollata del danno. Il "Metodo della resistenza locale" può essere identificato nella verifica locale dei
collegamenti, come le linee guida specificano chiaramente in §5.2.
(...) Il progettista dovrà quindi essere in grado di individuare lo strumento di analisi più idoneo in relazione
alle informazioni che desidera ottenere dall’analisi stessa ed in funzione delle proprie competenze, anche
considerando che i metodi di analisi più semplici sono sempre di più immediata interpretazione rispetto a
quelli più sofisticati.(...)
E' questo un punto molto importante: i metodi di analisi più semplici, purché ovviamente appropriati, sono
caratterizzati da una più immediata interpretazione dei risultati. Relativamente quindi a una delle
principali problematiche suscitate dal documento sulla robustezza, la verifica locale dei collegamenti può
essere condotta con metodi semplificati adeguatamente calibrati.
Non vi sono quindi motivazioni valide per ignorare la valutazione degli effetti delle azioni sismiche
impulsive, anche in assenza di modelli evoluti. Pur attendendo ovviamente sviluppi sull'argomento,
applicando ad esempio le indicazioni operative che derivano dalla presente Ricerca è possibile intervenire
sull'irrobustimento di un edificio esistente in muratura, con l'obiettivo di garantire un'adeguata capacità
nei confronti del contenuto impulsivo della sollecitazione sismica.
E' interessante riportare qui il contenuto del §3.3 dell'EuroCodice 1: Azioni sulle strutture. Parte 1-7: Azioni
in generale - Azioni eccezionali (UNI EN 1991-1-7:2006): anche in questo contenuto si evidenzia
l'importanza di una progettazione che preveda l'utilizzo di 'elementi chiave', cioè elementi finalizzati ad
l’estensione ad altre parti della struttura di un collasso locale.
108
[EC1 1-7] 3.3 SITUAZIONI DI PROGETTO ECCEZIONALI - STRATEGIE PER LIMITARE L’ESTENSIONE DI
ROTTURE LOCALIZZATE
(1)P Nella progettazione, deve essere mitigato il potenziale collasso della struttura dovuto a una causa non
specificata.
(2) Si raccomanda che la mitigazione sia ottenuta adottando uno o più dei seguenti approcci:
a) progettare elementi chiave, dai quali dipende la stabilità della struttura, per sostenere gli effetti di un
modello di un’azione eccezionale;
b) progettare le strutture in modo che nel caso di rotture localizzate (per esempio il collasso di un singolo
elemento) la stabilità dell’intera struttura o di una sua significativa parte non sia messa in pericolo;
c) applicare regole prescrittive di progetto e relative ai dettagli costruttivi che forniscano un’accettabile
robustezza alla struttura (per esempio legature tridimensionali per conferire ulteriore resistenza, o un
livello minimo di duttilità degli elementi strutturali sottoposti all’urto).
Da notare quando indicato al punto c): le legature tridimensionali, evidenziate nella CNR-DT 214/2018
nella fig. 4.3 sopra riportata, possono essere generalizzate alla capacità degli elementi strutturali locali di
sostenere azioni eccezionali nelle varie direzioni dello spazio.
E' naturale collegare questa importante indicazione normativa alla tridimensionalità delle azioni sismiche
impulsive. Nel §2.2 del presente lavoro, dove è stato introdotto lo snap, parametro del moto
corrispondente alla variazione del jerk, si è proposta la seguente considerazione:
"(...) E' pertanto interessante studiare il cambiamento di direzione del jerk, ossia come cambiano durante il
moto gli effetti legati alle variazioni di accelerazione in diverse direzioni: se questi assumono rilevanza, si
dovranno progettare elementi resistenti nei confronti sia degli 'strattoni' visti come singole forze impulsive
variamente orientate, sia del loro quasi istantaneo cambiamento di direzione. Saranno quindi richieste
proprietà di resistenza il più possibile distribuite."
5.4. JERK E MONITORAGGIO PER INFORMAZIONI SUI DANNI CAUSATI DAL SISMA
Alla luce della correlazione fra jerk sismico e danneggiamento fisico di materiali e strutture durante
l'evento, si rivela opportuna una considerazione riguardante l'attività di monitoraggio sismico.
Attualmente il parametro rappresentativo del danno strutturale indotto su un edificio monitorato viene
109
identificato con il drift o spostamento orizzontale relativo fra due piani consecutivi dell'edificio [28],
misurato in tempo reale attraverso software che processano i dati registrati da accelerometri posizionati a
diversi livelli dell'edificio. Altri parametri monitorati sono i picchi di accelerazione PGA al suolo e PSA
strutturali, ma solo nelle due direzioni orizzontali di riferimento X e Y, e i periodi di oscillazione.
Il drift è un indicatore del possibile danneggiamento, fondamentale per edifici intelaiati in calcestruzzo
armato e in acciaio; per le strutture in muratura, molto rigide e caratterizzate da crisi di tipo fragile, questo
parametro appare meno consistente rispetto al rilevamento del jerk.
La differenza fra i due parametri consiste inoltre nella possibilità, attraverso il jerk, di rappresentare in
modo completo gli effetti spaziali dovuti al moto sismico, compresa quindi la direzione verticale, un aspetto
che il drift non considera affatto.
In aggiunta a ciò, si evidenzia che il jerk può fornire informazioni importanti su crisi localizzate anche per
altre tipologie strutturali, quali ad esempio in telai in acciaio nelle giunzioni [23], sedi di crisi locali che
possono generare un collasso esteso a porzioni essenziali delle strutture.
Il collegamento fra valori elevati di azioni impulsive, determinate dalle derivate dell'accelerazione, e gli
stati di danneggiamento nelle zone sottoposte a concentrazioni di stress (discontinuità di varia natura)
conferisce ai picchi del jerk (al suolo, PGJ, e strutturali, PSJ) un ruolo fortemente significativo per la stima
degli effetti negativi prodotti dall'evento sismico.
Il posizionamento di sensori di jerk triassiali, disponibili da alcuni anni [20], o il calcolo analitico in tempo
reale della time-history del jerk, con definizione dei picchi corrispondenti, possono incrementare la
qualità dell'informazione acquisita, con indiscutibili vantaggi nei confronti della rapida definizione di
scenari di danno, uno dei principali obiettivi del monitoraggio sismico.
110
Alla luce dei riscontri ottenuti dalla presente Ricerca sugli effetti delle azioni impulsive sulle strutture
murarie esistenti, si propongono particolari costruttivi di interventi di consolidamento strutturale per i quali
sono state previste soluzioni che possano implementare le capacità reagenti di 'regioni particolari (zone di
discontinuità, punti di applicazione del carico, zone di concentrazione degli sforzi, nodi, connessioni, ecc.…)',
secondo le indicazioni normative vigenti (cfr. §5.3).
Gli studi effettuati hanno evidenziato la necessità di porre nuova e specifica attenzione verso il
confinamento delle murature ed i collegamenti fra elementi strutturali distinti, sia in pianta che in elevato.
Come richiesto dalla Normativa, i dettagli costruttivi sono finalizzati ad incrementare la robustezza della
struttura attraverso legature tridimensionali.
La presente Ricerca sarà proseguita dagli Autori con la finalità di giungere al dimensionamento degli
elementi di rinforzo strutturale mostrati nei particolari costruttivi, per fornire soluzioni progettuali e metodi
di calcolo nei riguardi delle sollecitazioni impulsive tridimensionali.
Copyright:
i particolari costruttivi che seguono sono stati ideati ed elaborati da Massimo Mariani.
Per volere dell’Autore tutti i disegni contenuti in questo paragrafo non sono coperti da copyright,
quindi sono utilizzabili ai fini professionali personali.
111
Fig. 6.1. Collegamenti verticali dell’intonaco armato applicato alla struttura muraria in corrispondenza dei
collegamenti con i solai. Caso del solaio da conservare, con orditura in acciaio, vincolato alla muratura
esterna all’edificio.
112
Fig. 6.2. Collegamenti verticali dell’intonaco armato applicato alla struttura muraria in corrispondenza dei
collegamenti con i solai. Caso del solaio da conservare, con orditura in legno, vincolato alla muratura
interna all’edificio.
113
Fig. 6.3. Collegamenti verticali dell’intonaco armato alla struttura muraria in corrispondenza dei
collegamenti con i solai. Caso del solaio da conservare, con orditura in acciaio, vincolato alla muratura
interna all’edificio.
114
Fig.6.4. Vincoli in sommità tra l’intonaco armato applicato alla struttura muraria e la copertura con orditura
principale in legno lamellare. Sono previsti i cordoli di sommità in “muratura armata”.
115
Fig.6.5. Collegamenti orizzontali dell’intonaco armato applicato alla struttura muraria esterna ed interna.
116
Fig.6.6. Collegamenti orizzontali tra strutture murarie di perimetro (situazione d’angolo) in presenza di
intonaco armato sulle facce interne ed esterne e fasciatura interna con profilati piatti di acciaio vincolati
alla struttura utilizzando il “Dispositivo Massimo Mariani” per la presollecitazione manuale dei perni di
collegamento finalizzata ad incrementare la collaborazione tra la fascia di acciaio e la struttura muraria da
coadiuvare. La presollecitazione è esercitata facendo ricorso alla “chiave dinamometrica”. Le fasce o i tiranti
ottenuti con i profilati piatti di acciaio sono contenuti dentro lo spessore dell’intonaco.
117
Fig.6.7. Collegamenti orizzontali tra strutture murarie in presenza di intonaco armato sulle facce interne ed
esterne e fasciatura interna con profilati piatti di acciaio vincolati alla struttura utilizzando il “Dispositivo
Massimo Mariani” per la presollecitazione manuale dei perni di collegamento finalizzata ad incrementare la
collaborazione tra la fascia di acciaio e la struttura muraria da coadiuvare. La presollecitazione è esercitata
facendo ricorso alla “chiave dinamometrica”. Le fasce o i tiranti ottenuti con i profilati piatti di acciaio sono
contenuti dentro lo spessore dell’intonaco.
118
Fig. 6.8. Collegamenti orizzontali tra strutture murarie di perimetro (situazione d’angolo) consolidate con
l’intonaco armato. Rinforzo del solaio con orditura principale in acciaio.
119
Fig. 6.9. Intervento di consolidamento della struttura muraria con la combinazione delle tecniche della
“ristilatura armata” all’esterno e dell’”intonaco armato” all’interno dell’edificio. Collegamento verticale in
corrispondenza dei solai con orditura principale in legno.
120
Fig. 6.10. Confinamento della muratura con un intervento di consolidamento sulle due facce della struttura
muraria con le tecniche della “ristilatura armata” e dell’”intonaco armato”.
121
Fig. 6.11. Collegamenti orizzontali tra strutture murarie di perimetro (situazione d’angolo) consolidate con
le tecniche della “ristilatura armata” all’esterno e dell’”intonaco armato” all’interno.
122
Fig. 6.12. Vincoli in sommità tra l’”intonaco armato” interno e la “ristilatura armata” esterna applicati alla
struttura muraria. È presente una fasciatura interna ottenuta con profilati piatti di acciaio vincolati alle
strutture utilizzando il “Dispositivo Massimo Mariani” per la presollecitazione manuale dei perni di
collegamento finalizzata ad incrementare la collaborazione tra la fascia di acciaio e la struttura muraria da
coadiuvare. La presollecitazione è esercitata facendo ricorso alla “chiave dinamometrica”. Le fasce o i tiranti
ottenuti con i profilati piatti di acciaio sono contenuti dentro lo spessore dell’intonaco.
123
Fig. 6.13. Collegamenti orizzontali tra strutture murarie di perimetro (situazione d’angolo) consolidate con
le tecniche della “ristilatura armata” all’esterno, dell’”intonaco armato” all’interno e con la fasciatura
interna ottenuta con profilati piatti di acciaio, vincolati alle strutture utilizzando il “Dispositivo Massimo
Mariani” per la presollecitazione manuale dei perni di collegamento finalizzata ad incrementare la
collaborazione tra la fascia di acciaio e la struttura muraria da coadiuvare. La presollecitazione è esercitata
facendo ricorso alla “chiave dinamometrica”. Le fasce o i tiranti ottenuti con i profilati piatti di acciaio sono
contenuti dentro lo spessore dell’intonaco.
124
Fig. 6.14. Intervento di consolidamento delle volte in muratura con il ricorso allo svuotamento dei loro
riempimenti, questi ultimi da sostituire con calcestruzzo leggero (rimovibile con un utensile manuale).
Continuità del confinamento della struttura muraria con la tecnica dell’“intonaco armato” su entrambe le
facce.
125
CONCLUSIONI
Un nuovo percorso è stato delineato: la variazione di accelerazione assume un ruolo importante per la
progettazione del consolidamento delle strutture esistenti, in particolare degli edifici in muratura.
Essa dà ragione all'evidenza di crisi locali quali disgregazione e sconnessioni tra elementi strutturali.
Particolare rilevanza viene assunta in questo contesto dalle sollecitazioni di tipo verticale, nei confronti
delle quali la struttura non esprime un comportamento dissipativo e può essere soggetta ad amplificazioni
degli effetti per fenomeni di risonanza.
Come indicato dalla Normativa vigente, la fase dell'accertamento o del conseguimento della dignità
strutturale non può prescindere dall'attenta valutazione delle capacità locali, valutazione che deve sempre
precedere le analisi che presuppongono un comportamento d'insieme (meccanismi di collasso e pareti
collaboranti).
126
BIBLIOGRAFIA
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23.12.2017
[2] Mariani M., Pugi F.: Effetti negativi del sisma verticale sul comportamento delle pareti esistenti in
muratura, Ingenio, 25.07.2018
[3] Mariani M., Pugi F., Francioso A.: Sisma verticale: amplificazione della vulnerabilità degli edifici esistenti
in muratura, Ingenio, 01.10.2018
[4] Mariani M., Pugi F., Francioso A.: Sisma verticale: modellazione e analisi in ambito professionale sugli
edifici esistenti in muratura, Ingenio, 20.12.2018
[5] Mariani M., Pugi F.: Circolare NTC2018: finalmente si dovrà progettare considerando il sisma verticale,
Ingenio, 18.02.2019
[6] Mariani M., Pugi F.: Circolare NTC2018: "sisma verticale" da considerare in entrambe le analisi non
lineari statica e dinamica, Ingenio, 12.03.2019
[7] Mariani M., Pugi F.: "Sisma verticale" nelle NTC 2018: edifici esistenti e comportamento strutturale
"atteso", Ingenio, 03.04.2019
[8] Mariani M., Pugi F., Francioso A.: Vertical component of the seismic action: amplified vulnerability of
existing masonry buildings, CompDyn 2019, Crete, Greece, 24–26 June 2019
[9] Mariani M., Pugi F.: La componente sismica verticale è sempre da considerare perché rilevante vicino e
lontano dalla sorgente, Ingenio, 07.11.2019
BIBLIOGRAFIA INTERNAZIONALE
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San Fernando, California, earthquake of February 9, 1971, United States Government Printing Office,
Washington, 1971.
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the Seismological Society of America, Vol. 51, No. 2, pp.159-174, April, 1961.
[12] Ronald F. Scott: The calculation of horizontal accelerations from seismoscope records, Bulletin of the
Seismological Society of America, Vol. 63, No. 5, pp.1637-661, October, 1973.
[13] C. Arnold, R.Reitherman: Building configuration and seismic design: the architecture of earthquake
resistance, NSF-CEE 81064, National Science Foundation, Washington, 1981.
[14] Whipple Museum of the History of Science, University of Cambridge.
[15] M. Tong, G.-Q. Wang, G.C. Lee: Time derivative of earthquake acceleration, Earthquake Engineering
and Engineering Vibration, Vol. 4, No. 1, pp.1-16, June, 2005.
[16] Weihan Weng, Jeffrey Kuo: Jerk decision for free-form surface effects in multi-axis synchronization
manufactoring, International Journal of Advanced Manufacturing Technology, 105, pp.799-812, November,
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[17] D. Eager, A.M. Pendrill, N. Reistad: Beyond velocity and acceleration: jerk, snap and higher derivatives,
European Journal of Physics, 37 (2016) 065008 (11pp).
[18] Seismosoft [2020] "SeismoSignal 2020 - A computer program for signal processing of strong-motion
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[19] E.M. Rathje, N.A. Abrahamson, J.D. Bray: Simplified frequency content estimates of earthquake ground
motions, J. Geotech. Geoenviron. Eng., 124(2), pp. 150-159, 1998.
[20] Y. Xueshan, Q. Xiaozhai, G.C. Lee, M. Tong, C. Jinming: Jerk and Jerk Sensor, 14th World Conference on
Earthquake Engineering, October 12-17, 2008. Beijing, China.
[21] Haoxiang He, Ruifeng Li, Kui Chen: Characteristics of Jerk Response Spectra for Elastic and Inelastic
Systems, Shock and Vibration, Vol. 2015, Article ID 782748.
127
[22] M. Wakui, J. Iyama, T. Koyama: Estimate of plastic deformation of vibrational systems using the high‐
order time derivative of absolute acceleration, in: Proceedings of the 16th World Conference on Earthquake
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[23] M. Wakui, J. Iyama: Threshold value and applicable range of nonlinear behavior detection method
using second derivative of acceleration, Japan Architectural Review, Vol. 2, No. 2, pp.153-165, April, 2019.
[24] A. Taushanov: Jerk Response Spectrum, Annual of the University of Architecture, Civil Engineering and
Geodesy, Sofia, Vol. 51, Issue 2, 2018.
[25] R. Sofronie: Seismic strengthening of masonry in buildings and cultural heritage, SÍSMICA 2004, 6°
Congresso Nacional de Sismologia e Engenharia Sísmica, pp.81-100.
[26] R. Sofronie: On the seismic jerk, Journal of Geological Resource and Engineering, Vol. 4, pp.147-152,
2017.
[27] S. Grimaz, P. Malisan: Near field domain effects and their consideration in the international and Italian
seismic codes, Bollettino di Geofisica Teorica ed Applicata, Vol. 55, No. 4, pp.717-738, December, 2014.
[28] Çelebi, M.: Health monitoring of Buildings Using Threshold Drift Ratios - Now an Established Method,
International Conference on Structural Health Monitoring, Vancouver, B.C., Canada, October 2007.
128
RINGRAZIAMENTI
Durante la presente Ricerca è stato prezioso il supporto dei seguenti Colleghi e Collaboratori,
che si ringraziano:
Luca Ranocchia, Alessia Travanti e Nicola Pero Nullo per la composizione ed il disegno dei particolari
costruttivi;
Fulvio Massimo Mariani, per la selezione dei dati sul database ITACA;
Alessio Francioso, per le elaborazioni degli spettri di Fourier.
Si ringrazia inoltre Aedes Software, per aver sostenuto la creazione del software Seismic3D,
sviluppato da Francesco Pugi nell'àmbito delle attività di Ricerca Applicata.
129
ALLEGATO 1. VIDEO
I video allegati (i LINK nelle IMMAGINI a lato testo) sono forniti in formato mp4. Accanto al nome del file è
riportato il paragrafo a cui il video fa riferimento (es.: Allegato_Video_01 viene proposto nel paragrafo §1).
Allegato_Video_01 (§1, Fig. 1.6): costruzione dell'accelerogramma spaziale per Castelluccio di Norcia,
30.10.2016, con riferimento all'intervallo centrale di 6 secondi circa con accelerazioni al suolo non inferiori
a 0.250 g. Dopo una prima costruzione della curva in un tempo dipendente dalle elaborazioni del software,
nella seconda fase il disegno viene composto in tempo reale.
Allegato_Video_02 (§1, Fig. 1.2): con riferimento ad un intervallo significativo della stessa registrazione del
video precedente (4 s compresi fra 18.000 e 22.000 s), la costruzione dell'accelerogramma spaziale viene
alternata al disegno degli accelerogrammi piani con time-history, evidenziando il ruolo della componente
verticale.
Allegato_Video_03 (§2.1.3): pone a confronto la costruzione in tempo reale del tracciato descritto dal
vettore accelerazione con l'analogo descritto dal vettore jerk. Per introdurre il significato fisico dell'azione
del jerk sulle costruzioni, è immediato rilevare che ogni valore del jerk corrisponde a un 'colpo' o 'strattone',
ossia ad una forza di tipo impulsivo.
Vedendo l'evoluzione del tracciato in soli 6 secondi si ha la percezione dei successivi 'colpi' subiti dal corpo.
Analogamente all'accelerazione, un corpo rigido subisce un jerk non modificato rispetto al segnale
trasmesso dal suolo; per un corpo deformabile, il jerk strutturale dipende dall'effetto filtro esercitato dalla
struttura stessa attraverso le sue proprietà dinamiche: a questi argomenti è dedicato il cap. 5.
Allegato_Video_04 (§2.1.4): nel corso dell'evento, con il tracciamento progressivo della curva
dell'accelerogramma 3D, il vettore jerk cambia continuamente intensità e direzione, restando sempre
tangente alla curva.
Durante il video, viene cambiato più volte il punto di vista. Dopo una prima sequenza a velocità ridotta, il
grafico viene riproposto, stavolta generato in tempo reale.
Allegato_Video_05 (§2.2.4): nel corso dell'evento, con il tracciamento progressivo della curva
dell'accelerogramma 3D, il vettore snap cambia continuamente intensità e direzione, mostrando le sue
componenti tangenziale (parallela al jerk) e ortogonale alla curva. La variazione dei vettori jerk e snap è
resa evidente dalla rappresentazione del piano osculatore, definito dalla giacitura individuata da 𝒋 e 𝒔. Se il
piano è parallelo al piano orizzontale, l'accelerazione non sta variando nella direzione verticale, mentre
piani verticali indicano che l'accelerazione non sta variando secondo una componente orizzontale.
I particolari costruttivi illustrati nel cap.6 vengono forniti su immagini in formato jpg (il LINK nell'IMMAGINE
a lato testo).
Il nome del file coincide con il numero della figura corrispondente ( es.:
Allegato_Particolare_Costruttivo_6_1.jpg si riferisce alla fig. 6.1 del cap. 6).
130
APPENDICE A.
ACCELERAZIONE E JERK PER ALCUNI EVENTI NOTEVOLI
Si prendono in esame tre eventi sismici italiani di rilevante entità, già studiati nei precedenti lavori di
Mariani e Pugi: (1) Italia Centrale, 30.10.2016; (3) Emilia, 29.05.2012; (4) L'Aquila, 06.04.2009 (il numero
identificativo dell'evento è lo stesso utilizzato nei lavori precedenti [9]).
Per ognuno di essi si propone:
una tabella riassuntiva con i dati su PGA, PGJ, Forze impulsive per unità di massa, Periodo medio;
i sismogrammi del jerk e delle forze impulsive su time-history, separatamente per le tre componenti e
sovrapposti, riferiti all'intervallo di tempo che nel corso dell'evento ha registrato un jerk significativo
( 2 g/s);
gli spettri di Fourier di accelerazione e jerk per ognuna delle tre componenti e i tre spettri del jerk
sovrapposti, con indicazione dei corrispondenti periodi medi.
Ogni stazione è contrassegnata con un indicatore, ad es. 1_2, corrispondente a:
Numero identificativo dell'evento _ Numero progressivo della stazione analizzata
allontanandosi dall'epicentro, diminuisce la durata del jerk forte e diminuisce il picco di jerk. Si può
osservare che entro un raggio di 10-20 km dall'epicentro il jerk mantiene valori elevati, in particolare per la
componente verticale;
aumentando la distanza dall'epicentro, anche le forze impulsive per unità di massa diminuiscono insieme
al jerk, risultando tuttavia sempre superiori alle massime accelerazioni registrate;
il periodo medio del jerk per la componente verticale è sempre nettamente inferiore rispetto alle
componenti orizzontali: il jerk rappresenta il contenuto impulsivo dell'accelerazione, e tale contenuto si
esalta nella componente verticale;
le stazioni più distanti dall'epicentro mostrano l'attenuazione della componente impulsiva del moto
sismico attraverso la diminuzione del jerk e la riduzione della sua componente verticale rispetto alle
orizzontali, per le quali il jerk e le forze impulsive possono diventare superiori.
Le forze impulsive, ad alta frequenza, investono maggiormente le costruzioni poste vicino all'epicentro, ma
sono presenti in modo significativo anche in zone più lontane: è dunque importante valutarne sempre gli
effetti strutturali sia per la valutazione di vulnerabilità di uno stato di fatto, sia per la definizione di un
progetto di consolidamento.
Sismogrammi: tutti i sismogrammi di una stazione sono disegnati nella stessa scala.
A: sismogrammi del jerk per ognuna delle tre componenti, riferiti all'intervallo con jerk ≥ 2.0 g/s per almeno
una delle componenti. E' possibile rilevare il forte contenuto impulsivo della componente verticale del
moto sismico.
B: forze impulsive, per ognuna delle tre componenti, nel medesimo intervallo caratterizzato da jerk ≥ 2.0
g/s e sovrapposizione con il corrispondente accelerogramma. Le forze impulsive sono definite per unità di
massa ed hanno la dimensione di un'accelerazione: per un corpo rigido sottoposto al moto sismico, gli
'strattoni' corrispondenti alle variazioni di accelerazione corrispondono alle forze impulsive calcolate
attraverso il jerk al suolo, ed in tal senso un confronto con l'accelerazione, responsabile delle forze inerziali,
ed in particolare con la PGA, fornisce un ordine di grandezza delle forze prodotte dal jerk.
131
132
133
134
135
1_1 - C: spettri di Fourier di accelerazione e jerk per le tre componenti singolarmente, e per le tre
componenti del jerk sovrapposte. Scala logaritmica sia per la frequenza sia per l'ampiezza
136
137
138
1_2 - C: spettri di Fourier di accelerazione e jerk per le tre componenti singolarmente, e per le tre
componenti del jerk sovrapposte. Scala logaritmica sia per la frequenza sia per l'ampiezza
139
140
141
1_3 - C: spettri di Fourier di accelerazione e jerk per le tre componenti singolarmente, e per le tre
componenti del jerk sovrapposte. Scala logaritmica sia per la frequenza sia per l'ampiezza
142
3_1 - MIR01 3_2 - MRN 3_3 - MIR03 3_4 - FIN0 3_5 - SAG0
Stazione e distanza
da epicentro
Medolla Mirandola Quarantola 1 Finale Emilia Sant'Agostino
0.5 km 4.1 km 11.2 km 17.5 km 26.3 km
15.020 13.795 11.985 10.320 3.710
Δt jg ≥ 2.0 g/s
(19.955 - 34.975) (17.120 - 30.915) (39.450 - 51.435) (14.800 - 25.120) (30.520 - 34.230)
Accelerazione, Jerk e massima Forza impulsiva per unità di massa
EW: PGA 0.419 0.223 0.208 0.212 0.081
PGJ 20.84 20.60 13.05 6.22 2.07
Fimp max 0.748 0.418 0.336 0.295 0.150
NS: PGA 0.380 0.294 0.327 0.239 0.068
PGJ 14.84 11.43 15.17 7.06 2.61
Fimp max 0.716 0.390 0.436 0.372 0.101
Vert.: PGA 0.369 0.857 0.406 0.193 0.067
PGJ 32.43 88.28 38.44 17.50 3.29
Fimp max 0.617 1.611 0.723 0.313 0.101
Periodo medio da spettro di Fourier
EW: Acc. 0.456 0.404 0.337 0.404 0.563
Jerk 0.085 0.058 0.047 0.085 0.127
NS: Acc. 0.745 0.665 0.543 0.438 0.582
Jerk 0.084 0.077 0.067 0.079 0.114
Vert.: Acc. 0.162 0.099 0.119 0.107 0.265
Jerk 0.033 0.033 0.038 0.035 0.050
143
3_1 - A: sismogrammi
144
145
3_1 - C: spettri di Fourier di accelerazione e jerk per le tre componenti singolarmente, e per le tre
componenti del jerk sovrapposte. Scala logaritmica sia per la frequenza sia per l'ampiezza
146
147
148
3_2 - C: spettri di Fourier di accelerazione e jerk per le tre componenti singolarmente, e per le tre
componenti del jerk sovrapposte. Scala logaritmica sia per la frequenza sia per l'ampiezza
149
150
151
3_3 - C: spettri di Fourier di accelerazione e jerk per le tre componenti singolarmente, e per le tre
componenti del jerk sovrapposte. Scala logaritmica sia per la frequenza sia per l'ampiezza
152
153
154
3_4 - C: spettri di Fourier di accelerazione e jerk per le tre componenti singolarmente, e per le tre
componenti del jerk sovrapposte. Scala logaritmica sia per la frequenza sia per l'ampiezza
155
156
157
3_5 - C: spettri di Fourier di accelerazione e jerk per le tre componenti singolarmente, e per le tre
componenti del jerk sovrapposte. Scala logaritmica sia per la frequenza sia per l'ampiezza
158
159
160
161
4_1 - C: spettri di Fourier di accelerazione e jerk per le tre componenti singolarmente, e per le tre
componenti del jerk sovrapposte. Scala logaritmica sia per la frequenza sia per l'ampiezza
162
163
164
4_2 - C: spettri di Fourier di accelerazione e jerk per le tre componenti singolarmente, e per le tre
componenti del jerk sovrapposte. Scala logaritmica sia per la frequenza sia per l'ampiezza
165
166
167
4_3 - C: spettri di Fourier di accelerazione e jerk per le tre componenti singolarmente, e per le tre
componenti del jerk sovrapposte. Scala logaritmica sia per la frequenza sia per l'ampiezza
168
APPENDICE B.
PGA, PGJ E FORZE IMPULSIVE PER GLI EVENTI ANALIZZATI
NELLE ELABORAZIONI STATISTICHE DEL CAP. 4
Parametri ottenuti da elaborazione dei dati forniti da ITACA1 attraverso il software Seismic3D, utilizzati in
§4.1 per la definizione delle correlazioni fra PGA, PGJ e massime forze impulsive per unità di massa.
Le unità di misura sono le seguenti: PGA: g, PGJ: g/s, Forza impulsiva (massima) per unità di massa (indicata
con: Fimp): g.
La tabella dei parametri PGA, PGJ e Fimp (pagg. 178 - 186) è preceduta dalla localizzazione geografica delle
stazioni, elencata secondo la medesima numerazione progressiva (pagg. 169 - 177).
I valori di PGA, PGJ e Fimp, per uno degli eventi considerati e per uno dei siti corrispondenti, possono
costituire un utile riferimento per valutazioni finalizzate alla comprensione del fenomeno.
1
ITACA è l'archivio italiano di forme d'onda accelerometriche (ITalian ACcelerometric Archive). Nel 2019 è stata
pubblicata la versione 3.0 realizzata dal Gruppo di Lavoro ITACA nell’ambito dell’accordo tra Istituto Nazionale di
Geofisica e Vulcanologia (INGV) e Dipartimento della Protezione Civile (DPC) (2012-2021).
Sito web: http://itaca.mi.ingv.it/ItacaNet_30/#/home
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APPENDICE C.
PERIODO MEDIO DI ACCELERAZIONE E JERK PER GLI EVENTI ANALIZZATI
NELLE ELABORAZIONI STATISTICHE DEL CAP. 4
Periodi medi da Spettri di Fourier (pagg. 188 - 196), espressi in secondi, ottenuti da elaborazione dei dati forniti
da ITACA1 attraverso il software Seismic3D, utilizzati per le elaborazioni statistiche condotte in §4.2.
La numerazione progressiva coincide con quella utilizzata in Appendice B, incluso la localizzazione geografica delle
stazioni (pagg. 169 - 177).
I valori dei Periodi medi di accelerazione e jerk, per uno degli eventi considerati e per uno dei siti corrispondenti,
possono costituire un utile riferimento per valutazioni finalizzate alla comprensione del fenomeno.
1
ITACA è l'archivio italiano di forme d'onda accelerometriche (ITalian ACcelerometric Archive). Nel 2019 è stata pubblicata la
versione 3.0 realizzata dal Gruppo di Lavoro ITACA nell’ambito dell’accordo tra Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia
(INGV) e Dipartimento della Protezione Civile (DPC) (2012-2021).
Sito web: http://itaca.mi.ingv.it/ItacaNet_30/#/home
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Oltre alle tre componenti di traslazione, il moto del suolo comprende tre componenti di rotazione,
generalmente trascurate ai fini ingegneristici. Fino a non molto tempo fa si è ritenuto che i movimenti di
rotazione non avessero rilevanza tale da comportare effetti significativi sulle strutture, probabilmente a
causa dell'utilizzo di strumenti non abbastanza sensibili per la loro misurazione.
Danneggiamenti di strutture dovuti ad evidenti effetti rotazionali sono stati osservati in numerosi casi;
d'altra parte, osservando gli effetti è difficile scindere il contributo della rotazione pura da quello della
rotazione indotta dal moto traslazionale come avviene in caso di struttura a pianta asimmetrica [D.1].
Grazie a recenti sviluppi della strumentazione aeronautica e astronomica, sono stati prodotti sensori
rotazionali che hanno consentito progressi anche in sismologia.
Alcuni Autori, a partire dalle misurazioni effettuate da strumenti in grado di registrare le rotazioni del moto
198
sismico, hanno studiato le relazioni fra accelerazioni di picco traslazionale (PGA) e rotazionale (PRA) [D.2].
La fig. D.1 illustra una tipica registrazione dei 6 gradi di libertà del moto sismico.
Nei sismogrammi sono rappresentati, dall'alto verso il basso:
a sinistra: componenti traslazionali: accelerazione, velocità, spostamento;
a destra: componenti rotazionali: accelerazione angolare, velocità angolare, angolo di rotazione.
Gli effetti rotazionali sembrano particolarmente rilevanti in zone vicino alla sorgente; in casi del genere
sono state osservate strutture che hanno subito rotazioni o rovesciamenti. I movimenti rotazionali
contengono frequenze elevate, e quindi diventano particolarmente importanti per strutture rigide in siti
near-fault.
Lo studio degli effetti delle componenti sismiche rotazionali trova attualmente regolamentazione
normativa nel caso di strutture molto alte e snelle: nell'EuroCodice 8 (Progettazione delle strutture per la
resistenza sismica), Parte 6 (Torri, pali e camini), l'Annesso A propone un metodo per includere le
componenti rotazionali in analisi dinamica lineare; queste devono essere considerate simultaneamente con
le componenti traslazionali. Vengono formulati gli spettri di risposta per le componenti rotazionali: essi, in
modo del tutto analogo allo spettri di risposta traslazionali, forniscono l'accelerazione angolare di picco
(PRA) di un oscillatore monodimensionale in funzione del periodo e dello smorzamento.
Secondo quanto riportato in [D.2], lo spettro fornito in EuroCodice deve essere convalidato da procedure
sperimentali. In tale studio vengono illustrati spettri di risposta elaborati su misurazioni di eventi; a titolo dii
esempio, in fig. D.2. si riportano spettri riferiti ad una registrazione far-field.
Le tre componenti traslazionali mostrano valori spettrali simili per periodi elevati (> 1 s), mentre per periodi
minori (< 1s) le componenti orizzontali (NS, EW) sono più del doppio della verticale (UD). Le ordinate
spettrali delle tre rotazioni, due flessionali (rocking) e una torsionale, sono tra loro simili per periodi
inferiori a 1.5 s, mentre la componente torsionale è più bassa per periodi maggiori.
E' molto probabile che in futuri sviluppi dell'ingegneria sismica gli spettri di risposta rotazionali debbano
essere utilizzati per altre tipologie strutturali oltre quelle citate previsti dall'EuroCodice.
La relazione fra effetti delle componenti sismiche rotazionali e rigidità delle strutture, sopra accennata,
suggerisce che tali effetti potrebbero concorrere a spiegare danni significativi nelle costruzioni esistenti in
muratura, almeno in casi near-fault.
Seguendo lo spirito di indagine del presente articolo, gli Autori ritengono inoltre che insieme alle
sollecitazioni flessionali e torsionali globali prodotte dalle accelerazioni angolari svolgano un ruolo degno di
indagine anche le variazioni di accelerazione angolare, ossia i jerk rotazionali.
199
Una rappresentazione completa del fenomeno sismico che investe una costruzione terrà conto quindi di
tutte e 6 le componenti, traslazionali e rotazionali, sia per le accelerazioni sia per le variazioni di queste,
ossia i contenuti impulsivi (jerk).
[D.1] Lee, W. H. K., Evans, J. R., Huang, B.-S., Hutt, C. R., Lin, C.-J., Liu, C.-C., Nigbor, R. L. (2012): Measuring
rotational ground motions in seismological practice. In: Bormann, P. (Ed.), New Manual of Seismological
Observatory Practice 2 (NMSOP-2), Potsdam : Deutsches GeoForschungsZentrum GFZ, 1-27.
https://gfzpublic.gfz-potsdam.de/rest/items/item_43316/component/file_56116/content
[D.2] Yin, Jianming, Nigbor, Robert, Chen, Qingjun, Steidl, Jamison (2016): Engineering analysis of measured
rotational ground motions at GVDA. Soil Dynamics and Earthquake Engineering. 87. 125-137.
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200