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Ecco il mio racconto dove un fantasma gioca a scacchi:

# Il fantasma degli scacchi

Marco era un appassionato di scacchi. Da bambino aveva imparato a giocare con suo
nonno, che gli aveva regalato una bella scacchiera di legno. Da allora Marco non
aveva mai smesso di giocare, sia con gli amici che online. Il suo sogno era di
diventare un campione e di partecipare a tornei internazionali.

Un giorno Marco vide su internet un annuncio che lo incuriosì: si trattava di una


vecchia villa in vendita, che aveva una particolarità: al suo interno c'era una
stanza dedicata agli scacchi, con una grande scacchiera sul pavimento e delle
statue di pezzi giganti. La villa era abbandonata da anni e il prezzo era molto
basso. Marco pensò che fosse un'occasione da non perdere e decise di andare a
vederla.

Arrivato alla villa, Marco fu colpito dalla sua maestosità e dal suo fascino
decadente. Entrò e si mise a esplorare le varie stanze, finché non trovò quella
degli scacchi. Rimase a bocca aperta: la stanza era enorme e la scacchiera occupava
quasi tutto lo spazio. I pezzi erano alti più di un metro e sembravano reali. Marco
si avvicinò alla scacchiera e notò che la partita era in corso: i pezzi bianchi
erano in vantaggio e stavano per dare scacco matto ai neri.

Marco provò una strana attrazione per quella partita e decise di spostare un pezzo
nero, per cercare di salvare la situazione. Non appena lo fece, sentì una voce alle
sue spalle:

• Chi sei tu? E cosa credi di fare?

Marco si voltò e vide un uomo anziano, vestito con abiti eleganti ma logori dal
tempo. Aveva i capelli bianchi, la barba lunga e gli occhi azzurri. Era
trasparente.

• Sono... sono Marco. E tu chi sei?

• Io sono il conte Federico, il padrone di questa villa. E tu sei un intruso.

• Mi scusi, signor conte, non volevo disturbarla. Ho visto l'annuncio su internet


e sono venuto a vedere la villa.

• L'annuncio? Su internet? Di cosa stai parlando?

• Non lo sa? La sua villa è in vendita. E' abbandonata da anni.

• In vendita? Abbandonata? Ma come è possibile? Io ci vivo ancora!

• Signor conte, mi dispiace dirglielo, ma lei è morto.

• Morto? Io? Ma quando?


• Non lo so, forse molto tempo fa. Lei è un fantasma.

• Un fantasma? Ma che assurdità! Io sono vivo e vegeto! E sto giocando a scacchi!

• A scacchi? Con chi?

• Con il mio avversario, naturalmente.

• E chi è il suo avversario?

• E'... è... non lo so. Non lo vedo mai. Ma so che è molto bravo.

• Come fa a giocare con qualcuno che non vede?

• Semplice: ogni giorno muovo un pezzo bianco e lui muove un pezzo nero. Così da
anni.

• Da anni? Ma non si stanca mai?

• No, mi diverto molto. Gli scacchi sono la mia passione.

• Capisco. Anche io amo gli scacchi.

• Davvero? Allora forse potremmo giocare insieme.

• Come?

• Semplice: tu prendi il posto del mio avversario e io continuo a muovere i


bianchi.

• Ma... ma...

• Dai, non essere timido. Ti sfido a una partita.

Marco esitò. Quella situazione era assurda e spaventosa, ma allo stesso tempo
intrigante e stimolante. Era curioso di vedere se sarebbe stato capace di battere
il fantasma degli scacchi.

• Va bene - disse infine - accetto la sfida.

Il conte sorrise e gli fece cenno di avvicinarsi alla scacchiera.


• Bene, allora cominciamo. A te la mossa.

Marco guardò la scacchiera e vide che il pezzo nero che aveva spostato prima era
tornato al suo posto. Il conte aveva annullato la sua mossa.

• Ehi, perché hai fatto così?

• Perché quella mossa era sbagliata. Devi fare meglio se vuoi vincere.

• Va bene, va bene. Vediamo un po'...

Marco si concentrò e cercò di trovare una mossa migliore. Ma non fu facile: il


conte era davvero bravo e non gli lasciava scampo. La partita si fece sempre più
serrata e appassionante. Marco si dimenticò di tutto il resto: del tempo, del
luogo, della realtà. Si sentì come trasportato in un altro mondo, dove esistevano
solo gli scacchi.

E così continuò a giocare, senza accorgersi che fuori dalla finestra il sole
tramontava e la luna sorgeva, che le ore diventavano giorni e i giorni settimane,
che la villa si deteriorava sempre più e che nessuno veniva più a vederla.

E così continuò a giocare, senza sapere che lui stesso stava diventando un
fantasma.

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