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Ora viene una parte molto importante: dovete prendervi del tempo e
concentrarvi molto bene perché vi si sta insegnando la meditazione: “Come posso
imparare lentamente a interiorizzarmi?”.
Lo scopo della vita, nel suo complesso, è l’interiorizzazione. Non si tratta di
correre all’esterno ma di volgersi interiormente: questo è il cammino spirituale. Il
cammino mondano è rivolgersi all’esterno, correre all’esterno, il cammino spirituale
è volgersi interiormente.
Ora arrivano due śloka molto importanti, il decimo e l’undicesimo, che vi
spiegherò dopo la recitazione, e che cercheremo di capire parola per parola.
Yama dice che questa è la metodologia per controllare i sensi, la mente e la
buddhi (intelletto) e infine realizzare l’Ātman per realizzare di essere il Paramātman
e non il Jīvātman. Voi non siete il riflesso del Sole nel vaso ma siete il Sole stesso.
Come si ottiene questa comprensione? Gradualmente, śanaiḥ śanaiḥ, passo dopo
passo: è così che Yama insegna.
Ecco perché Yama è un insegnante molto bravo. Egli sta dicendo: “Come
cominciamo? Da dove cominciamo?”.
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Mahataḥ paramavyaktam avyaktāt puruṣaḥ paraḥ/
puruṣānna paraṁ kiñcit sā kāṣṭhā sā parā gatiḥ//
(Il non manifesto (Iśvara) è superiore al Mahat (Hiraṇyagarbha, la soglia della
creazione tra il non manifesto e il manifesto); il Puruṣa (Il Sé) è superiore al non
manifesto. Non c’è niente di superiore al Puruṣa, che è il culmine, lo scopo supremo)
- Kaṭhopaniṣad 1,3,11
Esaminiamo questi due śloka insieme perché sono collegati l’uno all’altro e
offrono un’ascensione, un passo alla volta, fino allo stato di Brahman.
Come ci realizziamo? Ricordate gli otto passi che conducono alla propria
rovina? dhyāyato viṣayān puṁsaḥ saṅgasteṣūpajāyate/ saṅgāt sañjāyate kāmaḥ
kāmāt krodho ’bhijāyate// krodhād bhavati sammohaḥ sammohāt smṛtivibhramaḥ/
smṛtibhranśād buddhināśo buddhināśāt praṇaśyati// - Bhagavad Gītā 2,62-63
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Questi sono gli otto passi per discendere.
Qui, invece, ci sono gli otto passi per ascendere. Sono dei passi molto
importanti, state a vedere. Prima di tutto dice:
indriya parā hy arthā l’obbiettivo per gli indriya (organi dei sensi), il motivo
per cui essi sono stati dati è più grande degli indriya stessi. Se volete vedere
qualcosa, l’idea di vedere qualcosa è più potente degli occhi.
Se non ci fosse niente da vedere, a che cosa servirebbero gli occhi? Allo stesso
modo, esiste un oggetto da vedere che è più grande dell’occhio fisico. Infatti senza
l’oggetto, l’occhio non ha motivo di esistere poiché esiste soltanto per vedere. Perciò
la facoltà della vista è più grande dei globi oculari inseriti nelle orbite. Essi sono solo
materia. L’idea alla base della materia chiamata occhio è la vista. Se avete un gelato e
volete vederlo, che cosa avviene? L’immagine si forma nella retina al contrario e
viene poi analizzata da che cosa?
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Allo stesso modo gli oggetti dei sensi sono più grandi dei sensi perché essi
funzionano grazie agli oggetti dei sensi. Lo studente va a scuola per istruirsi. Ma cosa
avviene a questi sensi? Dove si trovano? Come li comprendiamo? Grazie alla mente.
Potreste dire: “No, io capisco grazie al cervello”, ma non è vero. Il cervello è soltanto
l’hardware e immagazzina soltanto. La mente è il motore per cui comprendete ogni
cosa. Voi vedete nella mente. Dove vedete le cose? Non negli occhi, non nel cervello,
ma nella mente. Vi darò un piccolo esempio.
Chiudete gli occhi e pensate a un gelato. Riuscite a
vederlo? Sì. Vi torna in mente la volta scorsa quando ne avete
mangiato uno: era un cono o una coppetta e riuscite a vederlo.
Che cosa significa? I vostri occhi sono chiusi, eppure riuscite a
vedere qualcosa. E potete anche sentire qualcosa chiudendo gli
occhi e ricordando un canto eseguito ieri. Le vostre orecchie
possono ancora sentirlo. Tutti e cinque i sensi funzionano allo
stesso modo: śabda, sparśa, rūpa, rasa, gandha, tutti e cinque i
sensi sono capaci di fare ciò che fanno soltanto grazie alla
mente.
Ora vedete quanto è logico. Gli oggetti dei sensi sono il motivo per cui esistono
gli strumenti dei sensi: occhi, orecchie, naso, eccetera, il software di questi strumenti
dei sensi però è śabda, sparśa, rūpa, rasa, gandha che sono installati nella mente. Il
programma chiamato mente ha questi cinque software. Perciò la mente è più grande
degli oggetti dei sensi perché la percezione degli oggetti dei sensi avviene grazie alla
mente. Quindi la mente è più grande. Facciamo un passo ulteriore. Più grande della
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mente è la buddhi, perché la buddhi analizza, invece la mente serve solamente a
raccogliere i dati.
Gerarchia della Coscienza
buddhi – intelletto
↓
manas – mente
↓
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occhi stanno vedendo e ne ha ricavato tutte le impressioni per passarle alla buddhi e
per poterle analizzare e scoprire se questo ragazzo sia Sunil o no. Poi la buddhi va da
citta e dice: “Dammi tutte le immagini che gli assomigliano”, e conclude: “Sì, Sunil
gli assomiglia, e anche Amit, anche Rajesh gli assomiglia e anche un certo Anil”. Il
citta vi mostra quattro immagini e mentre il ragazzo lentamente si avvicina la vostra
analisi si fa più chiara e la buddhi osserva: “Rajesh ha la stessa altezza ma non
cammina in quel modo. Anil ha più o meno lo stesso tono di carnagione ma non è
così scuro”, poi tutto giunge a una conclusione: “Ah, questo ragazzo si chiama …”.
Tutto questo avviene nella nostra mente, come in un sistema di software con una
banca dati chiamata citta, una capacità analitica chiamata buddhi e la mente stessa.
Questo processo avviene molto velocemente.
Chi compie l’analisi? La buddhi. Perciò chi è più grande della mente? La
buddhi. Da dove viene questa buddhi?
manasaśtu parā buddhirbuddherātmā mahān paraḥ più grande della buddhi è
l’ Ātman. Quale Ātman? Il Jīvātman. Vi ricordate che abbiamo parlato del riflesso del
Sole dentro di voi?
Abbiamo parlato di quel piccolo sole che è il riflesso dentro di voi del grande
Sole all’esterno. Quella coscienza, di cui esiste una parte dentro di voi e che è
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espansa ovunque. È quella coscienza che permette alla vostra buddhi di discriminare.
È come se io spegnessi la corrente elettrica: potrebbero funzionare l’hardware e il
software del computer? No, si spegnerebbe tutto.
Allo stesso modo la coscienza dà energia alla buddhi e permette alla buddhi di
analizzare e di pensare. Perciò la coscienza che risiede dentro di noi è il motore che ci
fa pensare. Se la buddhi riesce a pensare, la mente riesce a capire. Se la mente capisce
ed esegue il comando, verranno compresi e sperimentati gli oggetti dei sensi e i sensi.
Senza questa coscienza non funziona nulla. Perciò la coscienza è il motore a cui
questi aspetti sono connessi. La coscienza è connessa alla buddhi, la buddhi è
connessa alla mente, la mente è connessa ai sensi e agli oggetti dei sensi: è una
connessione. Se si spezza una connessione, succede come quando una persona va in
coma: c’è la coscienza, c’è il prāṇa (respiro), c’è la mente, c’è anche la buddhi ma la
connessione si è interrotta. Un virus è entrato nell’hardware, perciò il software e
l’hardware non dialogano più. Gli occhi, le orecchie non parlano più né con la mente
né con la buddhi. Anche se c’è la corrente, se c’è tutto, è entrato un virus. Allo stesso
modo, nel coma si interrompe la connessione tra l’oggetto e le facoltà dei sensi, i
sensi, la mente e la buddhi.
Quando una persona è ubriaca, cosa
avviene? Si interrompe la connessione tra la
buddhi e la mente. I sensi ci sono: mani,
gambe, occhi, orecchie, tutto è presente, la
persona non è in coma ma non ha controllo
sulle mani o sulle gambe perché è avvenuto
qualcosa: si è spezzata la connessione tra la
mente e la buddhi e si è sfilacciato il collegamento tra la mente e i sensi. Gli arti sono
diventati deboli perché la mente non è capace di controllarli ed è incapace di prendere
istruzioni dalla buddhi. “Non guidare, sei ubriaco, se guidi puoi fare un incidente”.
“Oh, non succederà nulla, guiderò comunque”. La persona sarà fuori controllo,
non riuscirà a muovere il volante in modo corretto e in questo modo nel mondo
avvengono tantissimi incidenti a causa di chi beve e poi si mette alla guida. Cosa gli è
successo? Il corpo è andato fuori controllo, duḥsthaśva: la mente è diventata debole a
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causa dell’alcol ed è diventata incapace di ascoltare la buddhi. Quando la buddhi
dice: “Non andare, chiama un taxi, chiama un amico, ma non guidare”, queste
persone non ascoltano, si mettono in auto e poi fanno gli incidenti.
La buddhi, dunque, è più grande della mente, ma la buddhi stessa riceve
l’energia dall’Ātman che è dentro ciascuno di noi. È tutto? Meditate in questo modo:
“Esistono gli oggetti ma questi oggetti
vengono visti grazie ai miei occhi. Non sono
gli occhi, però, a vedere ma la facoltà della
vista e la facoltà della vista risiede nella
mente, perciò io sono la mente”. Poi
continuate: “Ma neanche la mente funziona
da sola: è l’intelligenza che è dietro la mente
il motivo per cui io comprendo il mondo.
Perciò l’intelligenza è più profonda della
mente ma l’intelligenza, da sola, non è tutto, viene azionata dall’Ātman. Pertanto
l’Ātman è più grande dell’intelligenza, perciò devo interiorizzarmi nell’ Ātman inteso
come me stesso: ciò che è alla base di ogni cosa che sperimento”.
È tutto o c’è di più? Dal decimo śloka si passa all’undicesimo che dice che
dobbiamo andare oltre a questo Mahān Ātman, che è ciò che abbiamo realizzato
finora ritirandoci dai sensi, dagli oggetti dei sensi, dalla mente e dalla buddhi e
giungendo infine allo stato dell’Ātman definito Mahān Ātman: questa è la grande
anima dentro di noi, la Coscienza dentro di noi. Ed è tutto? Dice di no: mahataḥ
paramavyaktam.
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che viene chiamata Avyakta, l’Ātman non manifesto. Dall’Avyakta Ātman, l’Ātman
non manifesto, passiamo al Puruṣa, al Brahman, che è superiore. Il Brahman non ha
né manifestazione né non manifestazione, è al di là di entrambe. Non si può dire che
sia manifesto né che sia non manifesto, ESSO È, ed è tutto, Brahman non ha attributi.
ESSO È, è consapevolezza, coscienza, ESSO È. E com’è? È maschio o femmina?
Non possiamo dirlo. È intelligente o sciocco? Non possiamo dirlo. È felice o triste?
Non possiamo dirlo, ESSO È, asti (Esso è). Tale è la natura del Brahman.
Perciò la natura del Brahman è la più alta. Ora, quanti passi avete fatto?
Siete partiti dai sensi (indriya) per giungere a indriyārtha (facoltà dei sensi):
śabda, sparśa, rūpa, rasa, gandha - udito, tatto, vista, gusto, olfatto.
Da lì siete andati nella mente, il terzo passo.
Dalla mente vi siete ritirati nella buddhi, il quarto passo.
Dalla buddhi vi siete ritirati nel Mahan Ātman, il quinto passo, l’Anima
individuale o Jīvātman.
Da lì avete fatto il sesto passo: Avyakta - Ātman, l’Ātman non manifesto.
Da lì vi ritirate nel Paramapuruṣa, il Brahman Supremo.
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Sette livelli di interiorizzazione
indriya, i sensi
↓
indriyartha, facoltà dei sensi
↓
manas, la mente
↓
buddhi, l’intelletto
↓
E dopo non ci sono più passi da fare, così dice. Questo è il livello finale di
interiorizzazione al quale si può giungere. Eliminando ogni cosa, continuate ad
andare dentro, andare dentro e infine raggiungerete uno stadio che non può essere
eliminato. Potete togliervi il soprabito, potete togliervi la camicia, potete togliervi la
maglietta ma potete eliminare voi stessi? No. Allo stesso modo continuate a eliminare
le apparenze esterne e lentamente procedete sempre più all’interno fino a raggiungere
lo stadio del Brahman supremo che non può più essere eliminato.
Se vi ricordate, abbiamo già fatto questo esercizio dell’uomo che ha un bel
soprabito. Viene tolto il soprabito, poi si toglie la carne, si eliminano le ossa, si
eliminano gli atomi e le molecole e togliendo anche gli atomi e le molecole rimane lo
spazio. Alla fine, ciò che resta è solo lo spazio. Tale spazio è la Coscienza. Lo spazio
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è blu, verde o rosso? Non ha colore. Lo spazio è lungo o corto? Non ha forma. Lo
spazio è vecchio o nuovo? Non ha tempo, non ha età. Lo spazio è qui o là? È
dappertutto. Questa è la natura del Parabrahman di cui tutti noi siamo costituiti. Su
tale Parabrahman, tuttavia, vi sono queste modificazioni (upādhi).
Cosa sono le modificazioni? C’è la modificazione dell’Avyakta Brahman, c’è la
modificazione del Mahan Ātman, poi la modificazione della buddhi, la modificazione
della mente e la modificazione dei sensi e delle funzioni dei sensi. Tutte queste
modificazioni (upādhi) hanno coperto completamente il Brahman che, invece, è
soltanto la natura dello spazio non manifesto.
Dunque, vi spiegherò questo insegnamento basato sull’Aitareyopaniṣad. È una
piccola deviazione dalla Kaṭhopaniṣad ma daremo un’occhiata veloce
all’Aitareyopaniṣad.
L’Aitareyopaniṣad viene dal Rig Veda, il testo più antico. Parla dei vari livelli
dell’Esistenza. Uno è a livello del Jīvātman ma, al di là del Jīvātman, che cosa esiste?
Vi ricordate, come abbiamo appena detto, che esiste qualcosa di più grande del nostro
Jīvātman (anima individuale), che viene chiamato Virāṭa. Prendete nota: Virāṭa.
Superiore al Virāṭa è l’Hiraṇyagarbha, superiore all’Hiraṇyagarbha è Iśvara.
Questi sono soltanto i tre livelli di Brahman, cioè il Brahman modificato. Essi sono
chiamati Brahman manifesto.
Ci sono questi livelli: Virāṭa, Hiraṇyagarbha e Iśvara. Al di là esiste il Brahman
non manifesto. Ora andremo a comprendere che cos’è ciascun livello e perché sono
chiamati in questo modo.
Cominciamo dall’inizio: ātmā vā idameka evāgra āsīnnānyatkiṃcana miṣat| sa
īkṣata lokānnu sṛjā iti|| Questo è il primo mantra dell’Aitareyopaniṣad che significa
che all’inizio c’era soltanto l’Ātman, il Brahman, il Brahman Supremo.
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Na anyat, non esisteva nient’altro che battesse ciglio: significa che non esisteva
nessun altro individuo, nessuna manifestazione fisica, niente, ma soltanto la pura
Coscienza. SAT, esiste. E come esiste? È lungo, corto, felice, triste? Non può essere
descritto. Esso È: questa è la descrizione definitiva. Satyam, sat significa Esso È,
soltanto Esso È. Esso pensò: “Sono solo, che Io possa creare i mondi”. Questo è il
pensiero che ebbe l’Ātman.
È come quando siete seduti in casa e pensate: “Fammi mangiare”. Nel momento
in cui quel pensiero arriva, l’azione comincia. E cosa fate? Andate in cucina e vi
cucinate qualcosa oppure andate in mensa e prendete qualcosa da mangiare. Eravate
tranquilli, seduti pacificamente a casa, senza fare nulla, poi vi ha attraversato un
pensiero ed è cominciato il disturbo. Che disturbo? ‘Il mio corpo deve alzarsi, deve
muoversi e cominciare a pensare, a analizzare’: tutto questo ha cominciato a crearsi
dopo quel pensiero. Finché non avevate pensieri, eravate soltanto pura Coscienza.
Questo è ciò che stavo dicendo l’altro giorno: quando non fornite pensieri alla mente,
c’è lo stato di samādhi che è molto vicino alla pura Coscienza.
Siete completamente identici al Brahman ma tale stato dura soltanto per delle
frazioni di secondo. Anche solo pensare: “Sto pensando, sto meditando” è un
pensiero che interrompe quello stato di coscienza. Infatti, è molto sottile. Anche
pensare: “Non sto pensando”, è un pensiero. Questo è il motivo per cui la
meditazione vene disturbata e fallisce. Giunge uno stato in cui non esiste più l’idea di
pensare o meditare, ma avviene di per sé e quello stato è Brahman che non è lontano,
è dentro di voi, è la vostra esperienza, ma non ve ne rendete conto. Come dico
sempre, fra due pensieri, c’è uno spazio e in quello spazio risiede il Brahman.
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vedevo questo e ora sto vedendo quello, stavo analizzando questo e ora analizzo
quello: tra i due c’è uno spazio microscopico e in quello spazio voi non state
pensando affatto. Se si dilata questo spazio, quell’Esistenza senza pensiero è il
Brahman. Nel momento in cui entra veramente un pensiero, il Brahman viene
disturbato e non è più Brahman, non può essere definito tale, è una modificazione di
Esso. Perciò Brahman è puro silenzio.
Ecco perché vi ho parlato di Oṁ upāsana, il puro silenzio
sul quale meditare nel quale non ci sono pensieri, nemmeno il
pensiero che state recitando l’Oṁ, nemmeno quel pensiero.
All’inizio, però, è difficile, perciò vi diciamo: “Va bene, almeno
comincia a praticare il silenzio”. Un giorno l’idea: “Io sto
praticando il silenzio” scomparirà. Scomparirà come quando
avete cominciato a camminare, quando avete fatto i primi passi,
tutti hanno applaudito e voi eravate felici: “Oggi ho fatto quattro
passi”. Tutti parlavano di voi, eravate su Facebook e Twitter,
tutti sapevano che quel giorno avevate fatto i primi passi. Oggi,
quando camminate, state pensando che state camminando? Non
ci state nemmeno pensando. Camminare avviene di per sé, non è uno sforzo cosciente
alzarsi e dire: “Gambe, preparatevi che devo camminare”. Alzarsi e camminare
avviene inconsciamente, perché camminare non è l’attività principale. L’attività
principale può essere andare alla mensa ma camminare non è l’attività su cui ponete
l’attenzione, non più: avviene di per sé.
Allo stesso modo la meditazione comincerà ad avvenire di per sé, il silenzio
verrà da sé. Questa comprensione avverrà quando avrete praticato per molto, molto
tempo. All’inizio per imparare a camminare siete caduti, avete avuto bisogno della
mano della madre o del padre o di
oggetti a cui tenervi, di toccare il
muro, di tenervi al muro, al divano, ai
mobili: è così che avete cominciato a
camminare. Ma una volta che
camminare è diventato una pratica
naturale, non ci avete più pensato e
l’atto del camminare avviene da sé. Allo stesso modo, ora, la meditazione per voi è
uno sforzo ma quando diventerà parte di voi, quando sarà un’abitudine naturale,
avverrà di per sé anche quando sarete in movimento compiendo delle azioni e la
meditazione continuerà dentro di voi: “Io sono Brahman”. Le altre cose sono tutte
esterne. Mentre camminate non parlate forse? Sì, e non mangiate mentre camminate?
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Sì, camminate e mangiate. Non cantate mentre camminate? Sì, cantate camminando.
Non vedete mentre camminate? Sì, vedete mentre camminate. Vedere, cantare,
parlare, ascoltare, odorare: tutto questo avviene anche mentre camminate e dov’è la
vostra attenzione? Non state prestando attenzione all’atto di camminare. Il camminare
avviene da sé. Le altre cose vengono sovrapposte al camminare. Allo stesso modo,
tutto ciò che avviene nel mondo intorno a voi, il lavoro d’ufficio, gli studi, ogni
attività avverrà, ma anche la meditazione. Questo stadio giungerà grazie alla pratica
continuativa. Questa è una delle pratiche. Yama sta insegnando a interiorizzarsi,
interiorizzarsi, interiorizzarsi, interiorizzarsi e vi dice chi siete veramente.
Torniamo alla Aitareyopaniṣad. Brahman era seduto da solo. Non posso dire
nemmeno che stesse seduto, perché non ha braccia, né gambe né mani e nemmeno
una sedia per sedersi “Egli era” il
Brahman. Non posso nemmeno dire
“Egli”, posso dire solo: ‘era’, il
‘Brahman era’. Il ‘Brahman era’ e
pensò: “Che Io possa creare il
mondo”. Nel momento in cui lo
pensò, il Suo nome diventò Iśvara,
‘Brahman pensante’. È come quando
un uomo si sposa: viene chiamato marito. Il marito non è un uomo nuovo, è lo stesso
uomo ma, grazie al matrimonio, viene chiamato marito. Allo stesso modo il Brahman
grazie al pensiero viene chiamato Iśvara. Iśvara significa il Signore ed è padrone di
ogni cosa. Perché? perché Egli creò ogni cosa.
Iśvara aveva un potere chiamato māyā. Che cos’è la māyā? La conoscenza che
si ha, come saper cuocere l’upma Poiché avete fame, la Conoscenza diventa la
conoscenza della māyā, la māyā śakti. C’è un pensiero: “Voglio mangiare”. Questo è
Iśvara. Voi possedete l’intera cucina perciò siete il signore della cucina e poi avete
māyā śakti, sapete esattamente come fare l’upma, cosa prendere e cosa metterci
dentro: sapete tutto. Egli aveva quella śakti dentro di Sé, come voi avete la
conoscenza di come si fa l’upma Allo stesso modo Egli aveva questa conoscenza che
viene chiamata māyā śakti. Perciò Egli disse a Sé stesso: sa imām̐llokānasṛjata, “Che
Io possa creare il mondo”, e creò il mondo.
E che mondi creò? Come c’è bisogno di ingredienti per creare l’upma, così Egli
creo quattro ingredienti: ambha, marīci, mara e āpaḥ.
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sa imām̐llokānasṛjata/
ambho marīcīrmāpo'do'mbhaḥ pareṇa divaṃ dyauḥ pratiṣṭhā'ntarikṣaṃ marīcayaḥ ||
pṛthivī maro yā adhastātta āpaḥ ||
(Egli (il Sé) creò tutti questi mondi: ambha (l’acqua celestiale), marīci (i raggi di
luce, mara (la morte e i mortali) e āpaḥ (acqua).
Ciò che è al di là della regione luminosa dell’etere, che è il suo sostegno, è ambha. Il
cielo è marīci, la terra è mara e poi c’è āpaḥ, l’acqua) – Aitareyopaniṣad 1,1,2
Ambha è il paradiso sopra di noi che contiene le nuvole, così è stato detto. Che
nuvole? Le nuvole gassose, non le nuvole fatte di acqua.
All’inizio c’era questa nebulosa e tutto l’universo e la galassia di cui avete
sentito parlare. C’erano delle nuvole, quel tipo di spazio. E poi Egli creò lo spazio di
mezzo, dove viaggia la luce. Poi creò la materia, la terra, lo stato solido e poi āpaḥ, lo
stato liquido.
Iśvara, come prima cosa, crea quattro loka (mondi)
ambhas i paradisi celesti stato gassoso
marīci lo spazio dove campo di energia
viaggia la luce
mara la terra stato solido
āpas l’acqua lo stato liquido
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Ora facciamo un paragone fra questi quattro aspetti. Il più alto era il paradiso,
poi mara e āpaḥ. Questi sono i tre stati: uno è gassoso, fatto di nuvole e cosa
significa? Fondamentalmente gas. Perciò ambha era lo stato gassoso, mara, la terra,
era lo stato solido e āpaḥ, l’acqua, era lo stato liquido. Dove esistevano? La materia
viene tutta dall’energia. Questa è il concetto di base dell’Aitareyopaniṣad. Se volete
spiegarlo semplicemente, ma scientificamente, non c’era nulla, solo l’energia di
Brahman. Questa energia si trasformò in materia. E come avvenne? L’energia stessa
è lo spazio, la materia in tre forme: liquida, solida e gassosa. Gassoso è ambha; la
terra, mara, è lo stato solido e l’acqua è lo stato liquido. E così che al principio, Dio
creò questi quattro elementi, tramite il Suo potere.
Ora chiederete: “Come ha fatto a creare? Non c’era nulla!”. No, c’era l’energia
del Brahman che è sempre esistita. Ecco perché l’energia non può essere né creata né
distrutta: questo è il concetto, come viene spiegato nella teoria della relatività: E =
mc2. L’energia è materia e la materia è energia.
Perciò in principio che cosa aveva Brahman?
Aveva l’energia dell’esistenza. Quell’energia si
convertì in materia e in energia. La parte di
materia del Brahman è āpaḥ, mara e ambha. Lo
spazio è ciò in cui questi tre elementi esistono.
Tutta questa materia che aspetto aveva? Aveva
l’aspetto di un Uovo cosmico, così è stato detto.
Avete sentito parlare di Iśvara, lo stato precedente. Egli creò i loka (mondi) da Sé
stesso, come un ragno crea la tela da sé stesso e non ha bisogno di andare in un
negozio di ferramenta per comprare dell’acciaio o cose simili per creare la propria
casa.
Il ragno crea la tela da sé stesso. Allo stesso modo, nel Vedānta, viene fatto
l’esempio del Brahman che creò tutta la materia dall’energia che è sempre stato.
Questa materia aveva l’aspetto dell’Hiraṇyagarbha, a forma di uovo. L’uovo è la
forma perfetta, l’equilibrio delle forze è perfetto nella forma ovoidale. Perché le
galline e i pavoni e tutti gli animali, che producono uova, non le fanno rettangolari o
cubiche? Nella forma ovoidale (ellissoide) le forze sono perfettamente bilanciate.
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Le forze nella forma ovoidale
(ellissoide) sono perfettamente
bilanciate.
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generato molto calore, molta luce ed è ciò che continua ad accadere oggi
nell’universo. Nella bocca entrò il fuoco, così è stato detto. Il fuoco uscì dalla bocca
di questa prima Entità che era stata creata.
E poi ne scaturì il naso, una sorta di narici, due buchi e che cosa ne fuoriuscì?
L’aria. Prāṇa è la deità che fuoriuscì dalle narici.
Poi scaturirono gli occhi, così pare, di questo grande Essere in forma di liquido.
Gli occhi erano gli organi della vista e chi occupava gli occhi? Dagli occhi fuoriuscì
il sole, così è stato detto. Il sole non è il sole fisico che noi vediamo ora, ma è l’idea
della luce grazie alla quale vediamo. Tale luce fuoriuscì dagli occhi.
Poi, da quell’Uovo cosmico, scaturirono le orecchie e dalle orecchie venne il
senso delle direzioni. Vedete com’è giusto: è soltanto grazie alle orecchie che noi
individuiamo le direzioni. Come? Quando si sta per cadere è l’orecchio a dirci che
stiamo cadendo. Nell’orecchio c’è un fluido che ci avverte che l’equilibrio
gravitazionale del fluido si muove nella direzione sbagliata e che stiamo per cadere. È
così che mettiamo giù la mano per fermarci. Perciò le orecchie conoscono le
direzioni: su, giù, davanti, dietro, qualsiasi direzione. Fu così che le direzioni
fuoriuscirono dalle orecchie dell’Essere cosmico.
Poi dall’Essere cosmico scaturì la pelle. E cosa venne dalla pelle? Tutte le piante
e gli alberi. I peli crebbero dalla pelle e da essi emersero le piante e gli alberi, così è
stato detto. La pelle della Terra è l’erba, le piante e gli alberi. Se si toglie la pelle
dalla Terra, che cosa c’è sotto? C’è lava bollente, il nucleo magnetico fuso. Ma il
terreno è come la pelle della Terra e dal terreno nascono le piante e gli alberi come
dalla nostra pelle nascono i peli e i capelli. Questa è l’idea. Perciò la pelle fuoriuscì
da quel liquido.
Poi, nel centro di quell’Essere cosmico, si aprì il cuore e da quel cuore emerse
la mente, così pare. La mente è la capacità di analizzare e comprendere che contiene
la buddhi, citta, ahaṁkāra, tutto. Apparve così la mente e la Luna apparve dalla
mente, così è stato detto. La luna, però, non è la luna fisica che noi vediamo in cielo,
la luna è l’idea, è il Signore del pensiero, colui che pensa e governa la mente e che
viene chiamato luna (Candra). Perché la mente subisce dei cambiamenti, come la
luna che subisce dei cambiamenti. Sodaśakala (fasi lunari). Allo stesso modo la
mente continua a cambiare, perciò è stata paragonata alla luna che è uscita dalla
mente.
Poi si aprì lo stomaco, l’ombelico e nell’ombelico entrò apānavāyu, il potere
che ci aiuta a eliminare ogni cosa dal nostro corpo. Qualsiasi cosa che debba essere
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eliminato dal corpo avviene grazie all’energia chiamata apāna. Quell’energia entrò
nello stomaco e il Signore di questa parte del corpo è Yama perché egli, alla fine, ci
porta via dal corpo, come se ci eiettasse. Ecco perché apparve anche Yama, il Signore
della morte. Queste sono tutte forze. Non pensatele come divinità dotati di mani,
gambe, occhi e naso, no, sono tutte forze della natura come la creazione, la
preservazione, il pensiero, la digestione, l’escrezione o la morte, la distruzione: tutte
queste forze fuoriuscirono e presero posto.
Dopo di ciò giunsero gli organi di riproduzione che si aprirono come buchi
nell’Uovo cosmico e il dio dell’acqua andò a prendere posto, perché sappiamo che
tutti i nostri fluidi genitali o seminali sono fluidi, non sono solidi, non sono come
l’apparato escretorio. Perciò gli antichi pensarono ad esso come acqua e infatti noi
diciamo che l’acqua è la vita e senza l’acqua non possiamo sopravvivere. Il corpo è
costituito al 70% di acqua e tutto, rasovaisā, ogni cosa è essenza, è basata sull’acqua.
Gli antichi pensarono che la vita è acqua e che la riproduzione, ciò che avviene di lì
in poi è fluido, perciò il dio del fluido, Varuṇa occupò le parti riproduttive di questo
essere cosmico e fu così che l’intero Essere cosmico fu creato.
Aveva mani, gambe e tutto il resto? Non c’era alcuna descrizione. L’unica
descrizione è che:
- Ha una bocca dalla quale uscì il fuoco.
- Occhi da cui uscì il Sole e la facoltà della vista.
- Il naso, prāṇa, fuoriuscì insieme alla facoltà di respirare.
- Il calore dal quale uscì la Luna e, con essa, la mente.
- L’ombelico nel quale risiede apāna da cui fuoriuscì Yama
- I genitali nei quali il dio dei liquidi, Varuṇa, risiedeva
- La pelle da cui fuoriuscirono tutte le erbe e le piante.
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Questa è l’idea originale della prima creazione delle forze della natura. Viene
chiamato Puruṣa, parama. A quei tempi, nei tempi vedici veniva chiamato Virā̠ṭa.
Virata significa enorme, espanso, enorme, significa che non è una cosa piccola. Esso
pervade l’universo intero. Nel Puruṣasūktam vi è anche la descrizione: sa̠hasra̍śīrṣā̠
puru̍ṣaḥ | sa̠ha̠srā̠kṣah sa̠hasra̍pāt | sa bhūmi̍ ṃ vi̠ śvatō̍ vṛ̠tvā |
atya̍tiṣṭhaddaśāṅgu̠lam ||
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Livelli dell’Esistenza
Brahman Iśvara Hiraṇyagarbha Virāṭa Indriyārtha Indriya
Puruṣa
Coscienza il il ‘Brahman l’Essere le facoltà i sensi
suprema ‘Brahman materiale’ cosmico dei sensi (o
pensante’ oggetti dei
sensi)
il l’Uovo d’oro un Essere la fame e i sensi
Signore cosmico che che la sete ospitati
che usa consiste di pervade delle in un
māyā- energia e l’Universo facoltà (per corpo
śakti materia intero nel attivarle) fisico
(l’energia quale le tramite
creativa o forze il quale
la naturali le forze
capacità divine divine
di creare sono possano
ogni cosa) emerse espri-
come mersi
facoltà perfetta-
mente
Il livello successivo è: “Da questo Virāṭa”, pensò Brahman, “cosa dovrei fare
adesso?”. È come quando si dà un compito a dei bambini: quando hanno finito
chiedono “E adesso che facciamo?”. Da questa idea: “Cosa devo fare poi?”, Egli
pensò: “Ora ho creato tutti i loka e ho creato anche i lokapāla”. I lokapāla sono
Candra, Surya, Yama, apāna, prāṇa, tutti questi sono lokapāla, cioè sono
responsabili di questi loka. “Che faccio adesso?”, Egli pensò, “che Io possa creare la
fame e la sete in modo che ci sia del lavoro da fare”.
Immaginiamo di non avere mai fame e mai sete, pensate che lavoreremmo in
questo mondo? La fame e la sete non riguardano solo lo stomaco e la bocca, ma la
fame e la sete riguardano tutti i sensi: “Voglio vedere, voglio odorare, voglio gustare,
voglio toccare”. Se non fossero state create da Dio, pensate che, in questo mondo, noi
lotteremmo per giungere a qualcosa? Perché se nulla avesse gusto, non proveremmo
interesse in niente. Ma poiché ci sono state date la fame e la sete, che
fondamentalmente sono i desideri dei sensi, le tentazioni dei sensi, noi compiamo le
azioni.
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A che servono i sensi? Indriyārtha (facoltà dei sensi), perciò Egli creò
indriyārtha. Che cosa sono? Sono la fame e la sete per lo stomaco e allo stesso modo
il desiderio di vedere, gustare, odorare, toccare, sentire, udire: tutti questi sono gli
indriyārtha che Egli creò. Dove dovrebbero risiedere gli indriyaārtha? Hanno
bisogno degli indriya (strumenti dei sensi) dove risiedere.
Vedete, fino a quel momento gli indriya non erano stati ancora creati. Fino a
quel momento erano state create solo le facoltà ma i sensi fisici non erano ancora stati
creati. Non confondete il Virāṭa Puruṣa con la vostra forma e la vostra misura. Non è
quello. Il Virāṭa Puruṣa è un Essere cosmico fluido e gassoso che ha sviluppato tutti
questi poteri, il potere di vedere, di sentire, di gustare, di odorare ma non ha un corpo
fisico come il vostro e il Mio. Egli creò tutte le facoltà e poi creò la fame e la sete in
queste facoltà. Egli creò gli indriyārtha: śabda, sparśa, rūpa, rasa, gandha (udito,
tatto, vista, gusto, olfatto). Dove avrebbero dovuto risiedere? Questa è la prima volta
in cui venne creato un essere fisico. Egli chiese a quei devatā (deità) (ecco perché gli
indriya vengono anche chiamati devatā, perché sono nati dai devatā stessi): “In che
luogo vorreste andare a vivere?”.
Gli indriya devatā risposero: “Per favore dacci un luogo dove risiedere perché
non abbiamo un corpo, non abbiamo un posto dove vivere, siamo solo forze della
natura ma non possiamo manifestarci e vogliamo farlo. Poiché Tu hai creato la fame
e la sete noi vogliamo soddisfare tale fame e tale sete di vedere, toccare, gustare,
odorare, mangiare. Per favore dacci un luogo dove risiedere”.
Perciò Egli disse: “Creerò qualcosa”. Pensò e ripensò a quale fosse la miglior
forma dell’essere in cui questi devatā potessero risiedere e in primo luogo creò un
cavallo, così pare, dicendo: “Il cavallo è un bell’essere, siete felici?”.
Risposero tutti: “No, no, no, il cavallo non è la creazione migliore, non
vogliamo risiedere in un cavallo e mangiare erba per tutta la vita”.
Allora Egli disse: “Va bene, creerò qualcos’altro” e creò la mucca, così pare,
chiedendo: “La mucca è un buon luogo dove risiedere?”
Tutti gli indriya, tutti i devatā dissero: “No, non ci piace nemmeno la mucca”.
E dunque pensò: “Che cosa posso creare?” e creò una figura umana, così pare,
con la testa, due mani, le gambe, lo stomaco e tutto il resto, il naso, gli occhi, le
orecchie e disse: “Questo è un buon luogo dove volete risiedere?”.
Tutti i devatā risposero: “Sì, sì, questa è la creazione migliore”. Gli piacque.
Perciò l’Aitareyopaniṣad afferma che di tutte le creazioni di Dio, la creazione umana
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è la migliore, in cui tutti i devatā sono felici di risiedere. Non sono felici di risiedere
nel corpo di un animale o di un insetto o di un uccello. Dunque, in quattro e
quattr’otto, venne creato il corpo umano.
Qual è il concetto? Che l’essere umano è il luogo migliore dove risiedere per gli
dei. Ecco perché tutti gli indriya sono dei. C’è il dio Sole, il dio Luna, c’è Yama in
noi, tutti gli dei appaiono in noi. Egli concluse: “Va bene vi do questo luogo dove
risiedere. Ora dove volete andare a risiedere nel corpo umano?”.
Immediatamente il Sole si precipitò: “Voglio stare negli occhi”. Allo stesso
modo anche gli altri si precipitarono. Il Sole corse dicendo: “Occuperò gli occhi” e
andò a occupare gli occhi diventando la vista. Ecco perché vediamo soltanto quando
sorge il Sole e giunge la luce. Cosa avvenne poi?
Il prāṇa, il respiro vitale che si trovava nel Virāṭa si precipitò: “Che cosa posso
occupare? Occuperò il naso”, disse e andò a occupare il naso in quella figura umana.
Poi vi sono le direzioni (diśas) che corsero a occupare le orecchie.
Il fuoco occupò la bocca. E poi cos’altro avvenne?
Lo stomaco, l’ombelico venne occupato dall’apāna vāyu (soffio vitale) e Yama
andò a risiedervi dicendo: “Se mangi troppo, ti porterò via. Se mangi troppo poco, ti
porterò via, soltanto se mangi correttamente ti permetterò di vivere”. Fu così che
Yama occupò l’ombelico e incominciò a prendersi cura dell’apparato escretorio ed
anche della dipartita finale dell’anima dal corpo, che è il compito di Yama.
Poi cosa avvenne? Si formò la pelle. Gli alberi e le piante divennero la pelle,
occuparono la pelle, così pare. Ecco perché i peli e i capelli continuano a crescere
come l’erba. Non possiamo impedire ai capelli di crescere come non possiamo
impedire all’erba di crescere. Quel tipo di crescita cominciò dalla pelle, così pare.
Questa è immaginazione poetica. E cos’altro disse?
La Luna andò a risiedere nella mente, così pare e divenne il potere del pensiero e
dell’attrazione. Tutti loro occuparono il proprio posto ma il cuore rimase libero, non
occupato. Dal cuore venne la mente, la mente fu occupata dalla Luna, ma il cuore
stesso non era occupato da nulla. Perciò Dio pensò: “Ho creato tutto questo, e Io dove
dovrei risiedere?”. È come un padre che crea una grande casa per tutti i figli, una casa
di otto stanze per otto figli ma poi si chiede: “Dove starò io? Devo stare con un figlio
o una figlia o un altro figlio?” e conclude: “No, dovrei avere una stanza padronale
tutta per me”. Perciò disse: “Io occuperò il cuore”, ma come poteva entrare nel
cuore? Tutti i fori erano occupati: gli occhi, il naso erano occupati.
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Vedete, noi abbiamo dieci fori nel nostro corpo ed erano stati tutti occupati
dall’uno o dall’altro. Varuṇa aveva occupato anche l’apparato riproduttivo e Yama
l’apparato escretorio. L’ombelico è apāna, il naso è occupato da prāṇa, gli occhi
sono occupati da Surya, il Sole. La mente è occupata da Candra, la Luna, le orecchie
sono occupate da diśas, le direzioni, la bocca è occupata dal fuoco: non vi erano fori
rimasti per cui come avrebbe potuto entrare in questo corpo? Egli pensò tra Sé e sé:
“Anch’io voglio risiedere in
questa casa. Devo entrare dalla
porta sul retro, dalla porta
principale, dalla porta laterale,
da quale porta?”. Perché tutte
queste sono come delle porte di
questo corpo. Infine concluse:
“Creerò una nuova porta per
Me stesso ed entrerò”, e così
Egli aprì un foro proprio in
cima al teschio dove i capelli si
dividono. Esso viene chiamato vdṛti. Usando quello Egli entrò nel cuore del primo
Essere umano. Perciò Brahman risiede nel cuore, così è stato detto.
Gli indriyārtha (facoltà dei sensi) occuparono gli indriya
(organi dei sensi)
Quando venne creato il corpo umano, gli indriyārtha
immediatamente occuparono gli indriya.
La Luna occupò la mente.
Il Sole occupò gli occhi e divenne la vista.
Le direzioni occuparono la bocca
Il respiro vitale occupò il naso
Il fuoco occupò la bocca
Apāna vāyu (insieme al signore Yama) occuparono l’ombelico
Gli alberi, le piante occuparono la pelle (peli e capelli)
L’acqua occupò gli organi riproduttivi
Tramite vdṛti (la fontanella) Brahman entrò nel cuore.
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E dov’è il cuore? Dove si mette la propria mano per indicare sé stessi? La
mettete qui? (indicando la gamba) La mettete qui? (indicando la testa) La mettete
qui (indicando il cuore), in modo naturale la mano va lì. Nessuno indica il proprio
stomaco o la testa, le orecchie o il naso, tutti mettono la propria mano qui (zona del
cuore). Perché? Perché in qualche modo tutti istintivamente sappiamo che è lì che si
trova il nostro vero Sé, riconosciamo noi stessi in quello. È lì che il Brahman risiede,
così è stato detto. È dove risiede il Jīvātman, perché Brahman è entrato nel corpo
tramite un foro nella testa ma non andate a cercare dove si trova perché non è fisico.
Si trova nel sūkṣmaśarīra (corpo sottile) tramite il quale Egli è entrato e risiede nel
cuore.
Ricordate che abbiamo parlato di sthūlaśarīra (corpo fisico), sūkṣmaśarīra
(corpo sottile), kāranaśarīra (corpo causale)? Il corpo fisico è soltanto un
contenitore. Al suo interno vi è l’involucro della mente, il prāṇa, vijñāna (la buddhi)
e ānandamaya (involucro dell’esperienza/beatitudine). Il Brahman è entrato e risiede
nell’involucro dell’ānandamaya e non risiede nel vijñānamaya né nel manomaya, né
nel prāṇamaya né nell’annamaya ma risiede nell’involucro ānandamaya che viene
chiamato kāranaśarīra. Se il Brahman non ci fosse, nessuno di questi involucri
potrebbe funzionare. È come quando non c’è la batteria e il telefono non funziona. Se
non c’è l’elettricità, nessuno di questi aggeggi può funzionare. Allo stesso modo se
non ci fosse il Jīvātman dentro di noi, la buddhi, la mente, il prāṇa, i sensi non
potrebbero funzionare. È quello che fa funzionare tutto il resto.
È così che il concetto di Jīvātman venne a esistere ma, in definitiva chi è il
Jīvātman? Il Jīvātman è nato dall’Hiraṇyagarbha Virāṭa e l’Hiraṇyagarbha Virāṭa
da che cosa è nato? Da Iśvara. E Iśvara da che cosa è nato? Da Brahman oltre il
quale non esiste nessuno. Ora torniamo a rivedere la sequenza:
Brahman
↓
Iśvara
↓
Hiraṇyagarbha
↓
Virāṭa Purusa, che viene chiamato il primo Jīvātman
↓
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Il Jīvātman ha questo corpo ed è dotato di indriya (organi dei sensi)
↓
E indriyārtha (facoltà dei sensi), cioè vedere, toccare, gustare, odorare, tutte
queste facoltà.
Ora ritorniamo allo śloka.
Indriyebhyaḥ parā hyarthā: gli artha degli indriya sono più grandi degli
indriya, è stato detto. Perché? perché grazie a loro vennero creati gli indriya.
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Indriyebhyaḥ parā hyarthā, più grandi degli indriya sono gli indriyaārtha, il
prāna, Aditya (Sole), Candra (Luna), Yama, eccetera.
Arthebhyaśca param manaḥ: ma tutti questi indriya vengono compresi soltanto
quando la mente è attiva. Perciò la mente va più in profondità dei sensi.
E poi, manasaśtu parā buddhir, la mente non può funzionare da sola a meno
che la buddhi non la guidi. Se si tratta di una buona o di una cattiva buddhi viene in
secondo luogo, ma c’è bisogno di una buddhi.
Poi che cosa avviene? buddherātmā mahān paraḥ, migliore, superiore alla
buddhi è l’Ātman, perché senza l’Ātman la buddhi non può funzionare, Esso infatti
fornisce l’energia. Voi usate male l’energia ed è questo il vostro problema. Se usaste
bene l’energia sarebbe ottimo. L’Ātman fornisce l’energia suprema, perciò è
superiore al resto.
Ma chi è più grande del Jīvātman? Colui da cui tutto provenne. Da dove venne?
Prima di noi chi c’era? C’era il Virāṭa o Hiraṇyagarbha. Il Virāṭa non è altro che un
Hiraṇyagarbha modificato.
Continua dicendo: parama mahataḥ. Mahataḥ è l’ Hiraṇyagarbha. Il Mahat
viene anche chiamato Hiraṇyagarbha.
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‘Brahman pensante’ che non si è ancora manifestato. Tutti i poteri sono dentro di Lui
e sta pensando come manifestarsi.
Perciò venne l’Avyakta Puruṣa (avyakta significa non manifesto) e più grande
dell’Avyakta Puruṣa (Iśvara) chi c’era? Il Puruṣa, cioè Brahman che viene chiamato
Puruṣa.
Pu-ru-ṣa: pu significa città e ṣa significa Colui che va a risiedere nella città (il
corpo), ṣaya. Perciò il Brahman finalmente entrò nel corpo umano.
Ricordate che Egli entrò dalla cima della testa per giungere nei nostri cuori.
Dunque, il corpo che noi portiamo e la mente e i sensi sono Brahman manifesto
perché sono nati tutti dall’Hiraṇyagarbha, mentre la parte di noi che è occupata dalla
pura Coscienza, dal Brahman non manifesto, colui che esisteva in principio, è
l’Ātman. Noi, dunque siamo una combinazione di Brahman non manifesto e
manifesto, e viene chiamato saguṇa e nirguṇa Brahman.
Perciò il Jagat (universo) è il saguṇa Brahman (manifesto). L’Atman dentro di
noi è il nirguṇa Brahman (non manifesto), l’Ātman è la parte di quel Brahman
supremo che non si è mai manifestato. Ma che cosa ha manifestato? I Suoi poteri si
sono manifestati nell’universo. E da lì è avvenuta l’evoluzione, dai gas e dai liquidi e
dalla materia, con la combinazione delle energie, finalmente è nato un essere umano
come noi, da un organismo unicellulare fino a degli organismi complessi.
Tutto ciò accadde. L’Aitareyopaniṣad ne parla in una sola strofa ma, da un
punto di vista scientifico, questo processo ha impiegato milioni e miliardi di anni.
Così si è verificata l’intera sequenza. Ora andate a riflettere e a mettere in
relazione questi elementi.
In relazione agli indriya, gli strumenti dei sensi, gli obbiettivi dei sensi sono più
potenti.
Rispetto a essi, la mente è più sottile.
Rispetto alla mente, la buddhi è più sottile.
Rispetto alla buddhi, l’Ātman è più sottile.
Rispetto all’Ātman, l’Avyakta Puruṣa è più sottile. L’Avyakta Puruṣa, Iśvara è
più sottile.
Rispetto all’Avyakta Puruṣa vi è il Puruṣa supremo. Chi è? Il Brahman che è il
più sottile.
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In questo modo andate a ritroso e giungete finalmente alla vostra origine che è il
puro Brahman. Una volta giunti lì, si è arrivati alla meta, poiché è il Supremo, il
piano superiore e non si può andare oltre. È anche il piano supremo che si può
ottenere nella vita.
Potete diventare molto forti grazie al vostro corpo, ma non avete ottenuto nulla.
Potete avere dei sensi molto acuti, ma non avete ottenuto nulla.
Potete avere una mente molto sveglia, ma non avete ottenuto nulla.
Potete avere un intelletto molto sottile (sūkṣma), potete essere una persona molto
intelligente, ma non avete ottenuto nulla.
Potete pensare di essere il Jīvātman, siete diventati degli yogi e ora potete
usufruire di ogni tipo di poteri, ma non avete ottenuto nulla.
Al di là di tutto ciò, quando realizzerete di essere il Brahman Supremo, avrete
raggiunto la meta. Altrimenti non avrete ottenuto nulla. Che cosa significa giungere
alla meta? Lo dicono questi due śloka della Kaṭhopaniṣad.
Ora, sedetevi e scrivete queste cose:
indriya
indriyebhyaḥ artha
manas
buddhi
e ripercorrete voi stessi la sequenza in modo che questo concetto vi sia
completamente chiaro.
Ora, chiedendovi chi siete voi, come risponderete? “Io sono soltanto Brahman
che si manifesta come un Jīvātman in
questo corpo.
CHI SONO IO?
Io sono Brahman che si
manifesta come un Jīvātman in
questo corpo
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Questa è la vostra vera descrizione ed è una nuova definizione di voi stessi
poiché è ciò che voi siete. Non siete un organismo complesso multicellulare.
Non siete tutti i pensieri e le emozioni.
Non siete tutta la vostra intelligenza e furbizia.
Non siete nemmeno l’esperienza della beatitudine e della felicità.
Al di là di tutto ciò vi è la Super-coscienza che siete voi stessi.
Perciò tutti noi siamo Brahman che si manifesta come Jīvātman in questo
complesso di corpo-mente.
Non siamo né maschi né femmine. Non siamo né ricchi né poveri. Non siamo né
giovani né vecchi. Non siamo né felici né tristi. Non siamo né intelligenti né duri di
comprendonio.
Che cosa siamo noi? Siamo lo stesso Brahman che si manifesta come Jīvātman
nel complesso di corpo-mente. Questa è la nostra vera definizione.
Ora, meditate su questa definizione e come meditare? Questi sono i passi da
fare:
Prima pensate ai vostri indriya (organi di senso).
Pensate che negli indriya ci sono le vostre facoltà dei sensi: śabda, sparśa, rūpa,
rasa, gandha (udito, tatto, vista, gusto, olfatto).
Le facoltà risiedono nella mente.
La mente dipende dalla buddhi.
La buddhi ha origine nel Jīvātman. Il Jīvātman ha origine nel Brahman.
Perciò ‘io sono Brahman’. Questo è il motivo per cui ripetiamo ‘Aham
Brahman’. Perché aham (io sono)? Perché non diciamo: ‘io sono questo corpo’, ‘io
sono la buddhi’, aham manas, ‘io sono la mente’? Diciamo invece ‘Aham Brahman’
ed è questo il motivo. Quando vi interiorizzate, togliete una scorza dopo l’altra fino a
raggiungere il centro che non può essere ‘sbucciato’ ulteriormente e questo è
Brahman, che è ciò che voi siete.
Questi mantra: Prajñānam Brahma, Ayam Atma Brahma, Aham Brahmasmi,
rispondono tutti a questa logica che i ṛṣi hanno scoperto grazie alla meditazione
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costante. L’Aitareyopaniṣad ne parla in questo modo ed è una storia meravigliosa che
potete leggere.
Chi fra di voi è studente di scienze può fermarsi a paragonare questo con le
teorie dell’evoluzione che partono dal Big Bang fino alla teoria dell’espansione
dell’universo, eccetera. L’Aitareyopaniṣad non lo descrive con molte parole, lo fa
molto velocemente, ma vi renderete conto che i ṛṣi, fondamentalmente, sapevano
come era avvenuta la Creazione ma lo espressero in maniera molto concisa. Ora,
invece, gli scienziati spaccano il capello in quattro e esaminano ogni aspetto.
Lentamente, però, essi torneranno all’idea che in realtà esiste solo la Coscienza, ci
stanno arrivando e nei prossimi anni vi sarà una ricerca nel campo della coscienza per
provare, in qualsiasi modo essi si approccino alla questione, che in questo universo
esiste la Coscienza, una Intelligenza superiore che fa funzionare l’universo stesso e
nient’altro che questo. Questo è ciò a cui gli scienziati arriveranno, alla fine.
E da dove è venuta la materia? È venuta dall’energia che è l’Intelligenza. E
quell’Intelligenza conosceva ogni cosa, sapeva come creare, come fare un’ameba,
come fare un paramecio (protozoo), come fare un idrone (catione dell’idrogeno
atomico) o sapeva come fare i dinosauri, come creare gli esseri umani e la terra,
l’acqua, il cielo, tutta l’intelligenza, come nel DNA vengono contenuti tutti i nostri
geni. Se un piccolo seme contiene in potenza l’intero albero, il DNA contiene in
potenza l’intero essere umano.
Allo stesso modo la Coscienza superiore originale conosceva tutto. E grazie alla
sua Conoscenza, è germogliata ed è diventata un albero. È così che l’Universo si è
manifestato.
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