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Effetti del trattamento criogenico sulle caratteristiche meccaniche di acciai


commerciali

Conference Paper · January 2008

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Paolo Baldissera
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AIAS – ASSOCIAZIONE ITALIANA PER L’ANALISI DELLE SOLLECITAZIONI
XXXVII CONVEGNO NAZIONALE, 10-13 SETTEMBRE 2008, UNIVERSITÀ DI ROMA “LA SAPIENZA”

EFFETTI DEL TRATTAMENTO CRIOGENICO SULLE CARATTERISTICHE


MECCANICHE DI ACCIAI COMMERCIALI

P. Baldissera, C. Delprete

Politecnico di Torino, Dipartimento di Meccanica,


corso Duca Degli Abruzzi, 24 – 10124 Torino, e-mail: paolo.baldissera@polito.it,
cristiana.delprete@polito.it

Sommario
A partire dagli anni '90 si è manifestato un ritorno di attenzione verso il trattamento criogenico (CT)
volto a migliorare le caratteristiche meccaniche dei materiali. Oltre alla ormai affermata applicazione
sugli acciai da utensili, la letteratura si sta rivolgendo allo studio degli effetti su altri materiali e in
particolare su acciai inossidabili e da cementazione. Nel presente lavoro si riportano i risultati di una
campagna sperimentale mirata alla valutazione degli effetti del CT sulle caratteristiche meccaniche
statiche e a fatica di due acciai commerciali: l’acciaio inossidabile austenitico w1.4310 e l’acciaio da
cementazione 18NiCrMo5. In entrambi i materiali si sono riscontrati significativi incrementi della
durezza e interessanti effetti migliorativi sul comportamento statico e a fatica, effetti successivamente
indagati mediante analisi frattografiche al SEM.

Abstract
Starting from the 1990’s an increasing interest is emerging about the cryogenic treatment (CT) of
materials in order to improve their mechanical properties. Besides the successful application on tool
steels, the literature is turning towards the analysis of the effects on different materials and, in
particular, on stainless and carburized steels. The present paper deals with the results of an
experimental campaign aimed at the evaluation of CT effects on mechanical properties (static and
fatigue) of two commercial steels: the w1.4310 austenitic stainless steel and the 18NiCrMo5
carburized steel. Both materials have shown significant hardness improvements and interesting
ameliorative effects on static and fatigue behaviour, effects which were investigated through SEM
fractographic analysis.

Parole chiave: trattamento criogenico, acciaio inox, acciaio da cementazione.

1. INTRODUZIONE

Il Deep Cryogenic Treatment (DCT) è un trattamento termico che consiste nel raffreddare a velocità
controllata, così da evitare possibili distorsioni o rotture, i componenti fino a temperature nell’ordine
dei -196 °C al fine di ottenere un miglioramento di alcune proprietà meccaniche. Il trattamento viene
effettuato in appositi sistemi, controllati in retroazione, in cui le basse temperature vengono raggiunte
mediante l’utilizzo dei vapori di azoto liquido. I parametri tipicamente controllati e indagati in
letteratura sono la temperatura minima del ciclo, il tempo di permanenza e le velocità di
raffreddamento e di ritorno a temperatura ambiente.
Nell’ultimo decennio il DCT ha conquistato una certa notorietà negli Stati Uniti, dove è proposto da
molte aziende che lo propongono con la promessa di ottimi risultati su una grande varietà di
XXXVII CONVEGNO NAZIONALE – ROMA, 10-13 SETTEMBRE 2008

componenti e per materiali di ogni tipo. Rimandando a [1] per una più esauriente analisi bibliografica,
dal punto di vista della produzione scientifica si può osservare che, dopo una prima serie di
pubblicazioni a cavallo tra gli anni '70 e '80 [2, 3], un crescente interesse verso il DCT si è manifestato
a partire dalla fine degli anni '90 e persiste tuttora. Mentre inizialmente la maggior parte delle ricerche
si concentrava sugli acciai da utensili [4, 5] in virtù dei rilevanti effetti del DCT sulle caratteristiche di
durezza e resistenza a usura, recentemente l’attenzione si è spostata verso l’applicazione del
trattamento a diverse tipologie di acciaio (inossidabile [6, 7], da cementazione [8-11]) e ad altri
materiali (leghe di alluminio [12], ghise [13], polimeri e compositi [14]). Tra le applicazioni
potenzialmente interessate si annoverano componenti motore [15], ruote dentate [16], cuscinetti [17]
oltre ai già citati utensili per asportazione di truciolo [4].
Per quanto riguarda l’approccio microstrutturale al fenomeno, nell’ambito degli acciai sono
ampiamente confermate in letteratura la riduzione dell’austenite residua, per la quale sono solitamente
sufficienti i −80 °C del cosiddetto Shallow Cryogenic Treatment (SCT), e la precipitazione di una fase
fine e omogenea di carburi causata dalla contrazione del reticolo tetragonale della martensite durante il
raffreddamento [18]. Gli atomi di carbonio verrebbero sospinti fuori dai propri siti interstiziali e messi
nella condizione di formare dei cluster che funzionerebbero da veri e propri siti preferenziali di
nucleazione per la precipitazione dei carburi, durante il successivo rinvenimento da −196 °C alla
temperatura ambiente o, in alcuni casi, durante un successivo processo di tempra [9]. Le ricerche più
recenti hanno inoltre evidenziato come questi fenomeni vadano a influire anche sullo stato di tensione
residua [11].
Nell’ambito degli acciai da cementazione, tipicamente usati per ruote dentate, i meccanismi
evidenziati in letteratura sarebbero analoghi a quelli riscontrati negli acciai da utensili [8-11], ma
l’effetto della sequenza di trattamento tra cementazione, tempra e DCT necessita ancora di
approfondimenti.
Nel caso degli acciai inossidabili austenitici è invece reperibile in letteratura una metodologia di
miglioramento delle prestazioni a fatica mediante l’applicazione di un trattamento criogenico
opportunamente calibrato in base alle temperature di nucleazione e crescita della martensite del
materiale [7]. Il risultato ottenuto è imputato dagli autori alla formazione di martensite su scala
nanometrica in grado di rallentare o addirittura bloccare il movimento delle dislocazioni, con l’effetto
di ritardare l’innesco delle cricche.
Nel presente lavoro, in considerazione dei fenomeni di precipitazione esposti in letteratura e del
potenziale coinvolgimento delle tensioni residue, si è ritenuto di interesse indagare gli effetti del DCT
sulla vita a fatica di due acciai commerciali, valutandone inoltre, per completezza, l’influenza sulle
caratteristiche meccaniche statiche e di durezza.

2. MATERIALI E METODI

Per la caratterizzazione sperimentale sono stati scelti due materiali: un acciaio inossidabile austenitico
w1.4310 (secondo UNI EN 10270/3) e un acciaio da cementazione 18NiCrMo5. La composizione
chimica nominale di entrambi i materiali è riportata in Tabella 1.

Tabella 1: Composizione chimica nominale dei materiali indagati (% in peso).


Materiale C Mn Si P S Mo Cr Ni
w1.4310 0.05-0.15 ≤2.00 ≤2.00 ≤0.045 ≤0.015 ≤0.80 16-19 6.00-9.50
18NiCrMo5 0.15-0.21 0.60-0.90 ≤0.40 ≤0.035 ≤0.035 0.15-0.25 0.70-1.00 1.20-1.50

I trattamenti criogenici sono stati effettuati presso l’Università di Trento utilizzando una camera della
capacità di 1000 l raffreddata a nebulizzazione diretta di vapori di azoto liquido con controllo in
retroazione della temperatura. A titolo indicativo, la realizzazione di un intero ciclo DCT con
permanenza di 24 h a −185 °C ha comportato un consumo di azoto liquido di circa 2000 l. In Figura 1
è riportato l’andamento tipico di un ciclo DCT.
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Figura 1: Esempio di ciclo DCT.

2.1. Acciaio inossidabile w1.4310

L’acciaio inossidabile oggetto di studio è tipicamente impiegato nella costruzione di molle, sfere di
precisione per valvole e fascette di serraggio. La passivazione data dalla presenza del cromo rende il
materiale particolarmente indicato per l’impiego in ambienti potenzialmente corrosivi, mentre la
presenza di nichel è necessaria per stabilizzare l’austenite a temperatura ambiente. Esso presenta
inoltre un comportamento altamente duttile, ottime caratteristiche di saldabilità e una buona resistenza
alla fatica nello stato incrudito per trafilatura (da cui l’impiego nella costruzione di molle).
Il materiale è stato acquistato in barre trafilate di diametro 12 mm sulle quali si sono rilevate leggere
proprietà magnetiche dovute alla presenza di martensite indotta dall’operazione di trafilatura.
Successivamente le barre sono state suddivise in due gruppi: il primo (gruppo H) da mandare in
lavorazione direttamente allo stato incrudito e il secondo (gruppo S) da sottoporre a trattamento di
solubilizzazione prima della realizzazione dei provini. Per la solubilizzazione si è proceduto
riscaldando il materiale fino a 1050 °C e raffreddandolo poi rapidamente in acqua a temperatura
ambiente. Mediante lavorazione per asportazione di truciolo sono quindi stati realizzati i seguenti
provini per ciascuno dei due gruppi H e S:
− 25 provini per la caratterizzazione statica conformi a UNI EN 10002;
− 125 provini (sezione utile di diametro 5.05 mm, estremità filettate M11) per le prove di fatica;
− 15 cilindri (diametro 12 mm, altezza 15 mm) dedicati alle prove di durezza.
I provini di ciascun gruppo sono quindi stati suddivisi in cinque sottogruppi per la realizzazione dei
trattamenti criogenici secondo quanto riassunto in Tabella 2, prendendo in considerazione la
temperatura minima e il tempo di permanenza come parametri del DCT. Si è invece scelto di applicare
velocità costanti sia di raffreddamento (21 °C/h) sia di ritorno a temperatura ambiente (15 °C/h).
Al termine delle prove di fatica, 2 provini per ciascun gruppo sono stati testati in cella salina a 50 °C
fino alla comparsa dei primi segni di corrosione al fine di ottenere una valutazione qualitativa degli
effetti del DCT sulla resistenza alla corrosione.

Tabella 2: Gruppi e parametri di trattamento per l’acciaio w1.4310.


Gruppo Trattamento pre-DCT Temperatura minima DCT Tempo di permanenza DCT
[°C] [h]
H - - -
HA - −185 24
HB - −130 24
HC - −185 9
HD - −130 9
S Solubilizzazione a 1050 °C - -
SA Solubilizzazione a 1050 °C −185 24
SB Solubilizzazione a 1050 °C −130 24
SC Solubilizzazione a 1050 °C −185 9
SD Solubilizzazione a 1050 °C −130 9
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2.2. Acciaio da cementazione 18NiCrMo5

Il secondo acciaio preso in esame trova largo impiego, previo trattamento di cementazione e tempra,
nella costruzione di ruote dentate, spinotti e alberi a camme. Si tratta di applicazioni in cui sono
richieste elevata durezza, buona resistenza all’usura e soprattutto alla fatica, alla luce del fatto che in
[19], da un’analisi di oltre 1500 rotture di ruote dentate, la fatica a flessione emerge come causa
primaria di rottura (32% del totale).
Partendo dal materiale acquistato in barre sono stati realizzati i seguenti provini:
− 15 provini per la caratterizzazione statica conformi a UNI EN 10002;
− 75 provini (diametro 5.05 mm, 0.25 mm di sovrametallo da rimuovere in successiva rettifica,
estremità filettate M11) per le prove di fatica;
− 9 cilindri (diametro 12 mm, altezza 15 mm) dedicati alle prove di durezza.
I provini realizzati sono stati sottoposti a un processo di cementazione in bassa pressione tipicamente
applicato su componenti commerciali, calibrato in modo da raggiungere una profondità di circa 1 mm
e con l’accorgimento di appendere i campioni in posizione verticale al fine di minimizzare eventuali
distorsioni. I provini sono quindi stati suddivisi in gruppi di trattamento secondo lo schema riportato in
Tabella 3, al fine di focalizzare lo studio sugli effetti della sequenza complessiva di trattamento
comprendente il processo di cementazione, la tempra successiva e il DCT. In particolare si sono
indagate le conseguenze sulle caratteristiche meccaniche del materiale di un trattamento criogenico
pre-tempra e di uno post-tempra, mantenendo fissi a 24 h e −185 °C i parametri del DCT.
Analogamente, il processo di tempra è stato eseguito a parità di condizioni, 2 h a una temperatura di
180 °C, per tutti i gruppi. Tutti i provini sono infine stati sottoposti a rettifica sul tratto utile
rimuovendo gli 0.25 mm di sovrametallo e portando quindi lo spessore dello strato cementato a circa
0.75 mm.

Tabella 3: Gruppi e parametri di trattamento per l’acciaio 18NiCrMo5.


Gruppo Sequenza di trattamento Temperatura minima DCT Tempo di permanenza DCT
[°C] [h]
CEM-A Cementazione + Tempra - -
CEM-B Cementazione + DCT + Tempra −185 24
CEM-C Cementazione + Tempra + DCT −185 24

2.3. Caratterizzazione statica

Le prove di caratterizzazione statica dei due materiali scelti e dei loro sottogruppi di trattamento sono
state eseguite presso il Laboratorio del Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Torino
utilizzando le seguenti attrezzature:
− Macchina di trazione elettromeccanica Schenck Trebel RSA-100 attrezzata con cella di carico
da 100 kN ed estensometro Schenck Trebel RDA-2;
− Durometro Rockwell Galileo.
Le prove di trazione sono state eseguite impostando una velocità di spostamento della traversa di
0.5 mm/min a una temperatura ambiente compresa tra 20 °C e 25 °C secondo le indicazioni della
normativa UNI EN 10002. Il modulo elastico di ciascun gruppo è stato ricavato mediante regressione
lineare dei dati sperimentali nell’intervallo di tensione 50-200 MPa.
Per le prove di durezza sono state eseguite 30 indentazioni per ciascun gruppo di trattamento di
entrambi i materiali considerati. In particolare, sono state effettuate 10 indentazioni su ciascun provino
cilindrico: 6 sulle facce piane (3 su ogni faccia) e 4 sulla superficie cilindrica. Come verrà dettagliato
in seguito, sono stati eseguiti controlli statistici incrociati per valutare la coerenza dei dati provenienti
dalle due collocazioni geometriche e per confermare l’appartenenza dei 3 provini di ciascun gruppo
alla medesima popolazione. La caratterizzazione della durezza è stata effettuata su scala Rockwell-C,
con penetratore conico in diamante con angolo al vertice di 120° e carico di 150 kg, per l’acciaio
inossidabile incrudito e per quello da cementazione, mentre nel caso dell’acciaio inossidabile
solubilizzato, date le caratteristiche del materiale, si sono utilizzati un penetratore sferico in acciaio da
1/16 di pollice e un carico di 100 kg riferendosi alla scala Rockwell-B.
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2.4. Caratterizzazione a fatica

Sempre presso il Laboratorio del Dipartimento di Meccanica del Politecnico di Torino sono state
eseguite le prove di fatica. In considerazione delle caratteristiche meccaniche dell’acciaio w1.4310
solubilizzato, nettamente inferiori rispetto allo stesso materiale incrudito e rispetto all’acciaio da
cementazione, si è scelto di parallelizzare le prove sfruttando due differenti attrezzature:
− Tavola vibrante Baldwin SF1U da 5 kN (acciaio w1.4310 solubilizzato);
− Vibroforo Amsler da 100 kN (acciai w1.4310 incrudito e 18NiCrMo5 cementato).
L’acciaio w1.4310 solubilizzato è stato provato a una frequenza di 30 Hz con carico alternato
simmetrico (R = −1), mentre l’acciaio inossidabile incrudito e l’acciaio da cementazione sono stati
sottoposti a un carico ciclico pulsante di trazione (R = 0.1).
Per la determinazione del limite di fatica si è utilizzata la metodologia stair-case seguendo le
disposizioni della normativa UNI 3964, andando a calcolare la tensione alternata limite per le prove
condotte su tavola vibrante (passo di 5 MPa) e la tensione massima limite per le prove sul vibroforo
(passo di 10 MPa sulla tensione massima del ciclo). Terminate le prove necessarie alla metodologia
stair-case sono state effettuati alcune ulteriori prove a livelli di carico più elevati per la determinazione
delle curve di vita a termine. La rappresentazione sul diagramma di Wöhler è stata realizzata, per tutti
i gruppi di provini, applicando il metodo della Massima Verosimiglianza [20] al fine di tenere in
considerazione sia i provini giunti a rottura sia quelli sopravvissuti, ottenendo in tal modo le curve a
diversi livelli di affidabilità, ciascuna con il rispettivo intervallo di confidenza al 95%, utili alla
valutazione comparativa degli effetti dei diversi trattamenti. Al termine delle prove di fatica sono
infine state effettuate analisi frattografiche al SEM di confronto tra i diversi gruppi di trattamento.

3. RISULTATI E DISCUSSIONE

I risultati ottenuti dalle prove di durezza e di trazione sui diversi gruppi sono riassunti in Tabella 4,
mentre in Figura 2(a) e 2(b) sono riportati a titolo rappresentativo i diagrammi tensione-deformazione
ottenuti dalle prove di trazione dei gruppi di riferimento (senza DCT) per ciascun materiale.

Tabella 4: Risultati delle prove di durezza e di trazione (intervalli di confidenza al 95% di probabilità).
Gruppo Durezza E Rp0.2 Rm
Rockwell [GPa] [MPa] [MPa]
Acciaio inossidabile austenitico w1.4310 incrudito (durezza Rockwell-C)
H 41.3 ±0.3 172.9 ±8.6 878 ±45 1193 ±22
HA 40.3 ±0.3 175.1 ±9.3 884 ±39 1197 ±18
HB 41.6 ±0.4 169.8 ±7.2 903 ±40 1209 ±21
HC 41.2 ±0.3 156.0 ±7.1 906 ±39 1202 ±18
HD 40.2 ±0.3 156.7 ±14.1 899 ±55 1203 ±28
Acciaio inossidabile austenitico w1.4310 solubilizzato (durezza Rockwell-B)
S 70.3 ±0.3 191.3 ±3.6 254 ±9 657 ±12
SA 71.0 ±0.5 194.1 ±7.4 252 ±11 648 ±5
SB 70.5 ±0.4 154.6 ±13.9 259 ±6 655 ±10
SC 71.6 ±0.4 162.5 ±5.5 261 ±5 661 ±1
SD 70.6 ±0.4 153.7 ±8.2 258 ±10 659 ±9
Acciaio 8NiCrMo5 cementato (durezza Rockwell-C)
CEM-A 59.1 ±0.5 201.3 ±1.2 - 1151 ±66
CEM-B 61.5 ±0.6 211.9 ±0.8 - 1095 ±73
CEM-C 59.7 ±0.5 203.8 ±0.6 - 1274 ±65

Coerentemente con quanto riportato in letteratura, l’acciaio inossidabile austenitico presenta un


comportamento altamente duttile, ma con valori di tensione nettamente inferiori dopo la
solubilizzazione. Estremamente fragile si è rivelato invece il comportamento del 18NiCrMo5
cementato, a prescindere dalla presenza o meno del DCT, soprattutto per ragioni legate alla geometria
del provino utilizzato. L’area ridotta della zona centrale duttile in confronto a quella dello strato
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superficiale cementato fa sì che a dominare sia il comportamento di quest’ultimo, altamente resistente


ma incapace di deformare plasticamente: al cedimento dell’anello esterno cementato il carico si sposta
rapidamente sulla restante sezione del cuore duttile del provino causandone una rottura immediata.

(a) (b)

Figura 2: Diagrammi tensione-deformazione degli acciai w1.4310 (a) e 18NiCrMo5 (b).

Dai risultati si osserva inoltre che per tutti i materiali, alcuni gruppi di trattamento hanno rivelato
significative variazioni del modulo elastico, con un incremento del 5% circa nel caso del 18NiCrMo5
(gruppo CEM-B) e decrementi del 10% e del 20% rispettivamente per il w1.4310 incrudito (gruppi
HC e HD) e solubilizzato (gruppi SB e SD). Osservando le tensioni di snervamento e di rottura l’unica
variazione statisticamente significativa si registra nel caso del 18NiCrMo5 trattato criogenicamente
dopo la tempra (gruppo CEM-C), con un incremento dell’11% nella tensione ultima di rottura.
Le prove di durezza hanno evidenziato un aumento di circa 1 punto su scala Rockwell-B per il
w1.4310 solubilizzato (gruppi SA e SC), mentre lo stesso materiale incrudito ha subìto un
abbassamento della stessa entità su scala Rockwell-C (gruppi HA e HD). Interessanti si sono rivelati
gli effetti sul 18NiCrMo5 cementato che, partendo da valori già elevati, ha evidenziato un notevole
incremento di durezza Rockwell-C: +2.4 effettuando il DCT prima della tempra finale. Più modesto
(+0.6), seppur significativo, il cambiamento ottenuto invece eseguendo il DCT dopo la tempra.
I risultati delle prove stair-case per la determinazione del limite di fatica sono riportati in Tabella 5. Si
riportano quindi le curve di Wöhler al 50% di probabilità di rottura ottenute per i diversi gruppi di
trattamento del w1.4310 solubilizzato e incrudito (Figura 3) e del 18NiCrMo5 cementato (Figura 4).
Per ciascun materiale, sono riportate anche le curve rappresentative dell’intervallo di confidenza al
95% per il gruppo di riferimento non trattato criogenicamente.
L’acciaio inossidabile solubilizzato ha rivelato incrementi significativi del limite di fatica al 50% di
probabilità per tutti i gruppi di trattamento, più marcati nel caso del gruppo SD (+8%). Essendo
confrontabili i valori di deviazione standard ottenuti sui diversi gruppi di trattamento, le variazioni
osservate si riflettono in proporzione pressoché invariata anche sui limiti di fatica calcolati a
probabilità di rottura inferiori, di comune impiego nella progettazione meccanica.
Nessun cambiamento significativo si è invece ottenuto nel caso dell’acciaio inossidabile allo stato
incrudito, ricadendo tutti i risultati ottenuti nell’intervallo di confidenza del gruppo di riferimento non
trattato, come emerge chiaramente dal diagramma di Wöhler di Figura 4.
L’analisi frattografica al SEM ha evidenziato (Figura 6), nel caso del materiale solubilizzato, la
presenza di numerosi inneschi di cricche secondarie in corrispondenza di precipitati all’interno del
gruppo SD. L’osservazione riportata suggerisce che a migliorare il comportamento a fatica sul
materiale trattato criogenicamente possa essere stata la dissipazione di una parte dell’energia
meccanica fornita dall’esterno nella nucleazione di queste cricche secondarie. Inoltre, seppur
difficilmente quantificabile mediante SEM, si è osservata una maggior presenza di precipitati di
dimensioni inferiori al micron nel gruppo SD. Nessuna differenza significativa è emersa dalle prove di
corrosione in cella salina, indicando che questa importante peculiarità del materiale non viene
intaccata dal trattamento criogenico.
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Tabella 5: Risultati delle prove stair-case.


Gruppo Slim (50%) Deviazione standard Slim (90%) Slim (99.7%)
[MPa] [MPa] [MPa] [MPa]
Acciaio inossidabile austenitico w1.4310 incrudito (R = 0.1, limite inteso sulla Smax)
H 838 18 815 784
HA 837 30 799 747
HB 865 52 798 709
HC 872 8 862 848
HD 798 22 770 732
Acciaio inossidabile austenitico w1.4310 incrudito (R = −1, limite inteso sulla Sa)
S 207 6 199 189
SA 213 6 205 195
SB 211 4 206 199
SC 217 4 212 205
SD 223 7 214 202
Acciaio 18NiCrMo5 cementato (R = 0.1, limite inteso sulla Smax)
CEM-A (passo 10 MPa) 705 154 508 243
CEM-A (passo 20 MPa) 686 45 628 551
CEM-B 585 22 557 519
CEM-C 715 9 703 688

Curve B50 Curve B50


S (int. confidenza 95%) H (int. confidenza 95%)
SA SC HA HC
SB SD HB HD

Figura 3: Curve S-N del w1.4310 solubilizzato (a) e incrudito (b).

Curve B50
CEM-A
CEM-B
CEM-C

Figura 4: Curve S-N del 18NiCrMo5 cementato.

Un discorso a parte meritano i risultati a fatica ottenuti con l’acciaio 18NiCrMo5 cementato. Durante
l’esecuzione delle prove si è ottenuto, per il solo caso del gruppo CEM-A (non DCT), un andamento
anomalo della prova stair-case che ha restituito un valore di deviazione standard molto elevato, fuori
dai limiti consigliati dalla UNI 6934 in rapporto al passo di carico applicato. Per questo motivo si è
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ritenuto utile ripetere la prova con un nuovo gruppo di provini portando a 20 MPa il passo sulla
tensione massima del ciclo. Da questa seconda prova si è ottenuto un andamento più regolare e di
conseguenza si sono calcolati valori di deviazione standard conformi a quanto indicato dalla normativa
in rapporto al passo utilizzato. In ogni caso, la riduzione della dispersione dei dati di fatica a seguito
del DCT appare evidente dal confronto con i gruppi CEM-B e CEM-C. Nel caso del gruppo CEM-B si
è misurato un decremento del 15% del limite di fatica, che non si riflette però sulla vita a termine a
livelli di sollecitazione più elevati (Figura 4) e che viene in parte recuperato a livelli di affidabilità più
elevati. In questo caso la curva di Wöhler del materiale risulta cambiata nella sua stessa forma,
probabilmente a seguito di un calo delle tensioni residue analogo a quanto riportato in [11]; nel caso
del gruppo CEM-C l’andamento appare simile a quello del gruppo CEM-A benché traslato. In virtù
della forte riduzione misurata sulla deviazione standard rispetto al gruppo CEM-A, il miglioramento
del comportamento a fatica per il gruppo CEM-C appare tanto più evidente quanto più alto è il livello
di affidabilità a cui si rappresentano le curve S-N o, analogamente, si calcolano i limiti di fatica. A
titolo di esempio si riporta in Figura 7 un confronto tra le curve di fatica dei gruppi CEM-A e CEM-C
al 90% di affidabilità. Spingendosi al 99.7% di affidabilità (Tabella 5, ultima colonna), valore
largamente utilizzato nella progettazione, l’incremento apportato dal DCT al limite di fatica risulta
essere addirittura del 25%.

(a) (b)

(c) (d)

Figura 6: Immagini frattografiche ottenute al SEM per l’acciaio w1.4310 solubilizzato,


gruppo S (a, b) e gruppo SD (c, d).

L’osservazione al SEM delle superfici di frattura non ha portato in questo caso informazioni utili a
comprendere la causa del cambiamento misurato, che probabilmente si manifesta su scala più piccola
e necessita di una differente tecnica di indagine (TEM). Si riportano tuttavia in Figura 8 alcune
immagini, rappresentative di tutti i gruppi, in cui è possibile distinguere la zona di nucleazione (a, b),
la zona di propagazione stabile attraverso i grani (c) e la zona finale di propagazione instabile
intergranulare (d). In riferimento ai meccanismi di nucleazione della cricca e di interazione tra
dislocazioni e precipitati all’interno del grano cristallino, si propone l’ipotesi che una precipitazione
omogenea di carburi su scala sub-micrometrica sia in grado di livellare verso l’alto il comportamento
dei grani più favorevolmente orientati di ciascun provino, restringendo in tal modo la dispersione dei
dati di fatica ad alto numero di cicli (dove la nucleazione rappresenta la maggior quota della vita utile).
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Curve B10
Intervallo confidenza 95%
CEM-A
CEM-C

Figura 7: Curve S-N dei gruppi CEM-A e CEM-C


(18NiCrMo5) al 90% di affidabilità.

(a) (b)

(c) (d)

Figura 8: Immagini frattografiche ottenute al SEM per l’acciaio 18NiCrMo5 cementato.

4. CONCLUSIONI

L’analisi sperimentale condotta sugli acciai oggetto dello studio ha evidenziato significativi
cambiamenti apportati dal DCT al comportamento meccanico di entrambi. Di particolare interesse, tra
i cambiamenti misurati, risultano essere:
− Un significativo aumento di durezza per alcuni gruppi del w1.4310 solubilizzato e un
incremento del limite di fatica per tutti i gruppi dello stesso materiale, più evidente nel gruppo
SD (+8%), a indicare la possibilità di una futura ottimizzazione dei parametri del DCT al fine
di massimizzare la vita a fatica;
− Un notevole aumento in durezza (+2.4 HRC) del 18NiCrMo5 effettuando il DCT prima della
tempra finale (gruppo CEM-B), accompagnato però da un peggioramento nel comportamento
a fatica da attribuire probabilmente a un effetto negativo sulle tensioni residue;
XXXVII CONVEGNO NAZIONALE – ROMA, 10-13 SETTEMBRE 2008


Un significativo aumento (+11%) nel carico unitario di rottura del 18NiCrMo5 (gruppo CEM-
C) accompagnato da un’importante riduzione nella dispersione dei dati di fatica, che ne
determina un miglioramento del comportamento ciclico tanto maggiore quanto più alto è il
livello di affidabilità a cui si fa riferimento.
Alla luce dei risultati documentati il DCT risulta indicato per gli acciai analizzati quando l’impiego ne
preveda condizioni di carico particolarmente critiche, specialmente in termini di fatica e usura.
Ulteriori indagini sono invece necessarie per verificare e approfondire gli inaspettati effetti misurati
sul modulo di elasticità a seguito del DCT.

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