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Telis Marin Maria Angela Cernigliaro

nuovissimo
Progetto 3
Corso di lingua 
italiano
e civiltà  italiana

Trascrizione dei brani audio


Trascrizione dei brani audio

Unità 1
Traccia 1 E2
Il centro della città è la piazza, con i suoi invariabili attributi: la cattedrale, il palazzo municipale (in cui si trovano
gli organi amministrativi e le autorità cittadine, non di rado il museo locale), la fontana, il bar con i tavoli esposti
direttamente sulla piazza. A tutto ciò si aggiunge, oggi, anche il piccolo negozio di souvenir.
Nella straordinaria varietà delle città italiane si può osservare una mirabile unità. Tutte, infatti, possiedono una
struttura comune e vivono secondo le stesse leggi.
La città italiana rappresenta un tutto armonico e unitario. A volte, osservandola dall'alto di una strada che si avvi-
luppa attorno a una collina, non si può reprimere la sensazione di trovarsi di fronte a un unico edificio, con le sue
mura perimetrali e il campanile in mezzo. Anche una volta all'interno della città la sensazione permane. La città è
come una casa, una casa autosufficiente, in cui si può vivere senza mai bisogno di uscire. Tutti gli abitanti, in questo
modo, diventano dei vicini di casa. A volte l'isolamento è reale e concreto: la collina, le mura, le torri la proteggono
efficacemente dal mondo esterno. In una città del genere mancano del tutto gli alberi: ogni forma di vegetazione,
proprio come accade in una casa, cresce nei vasi. La biancheria si stende direttamente nelle strade, parallelamente
o perpendicolarmente alla strada. I vivaci colori dei tessuti sono la principale nota di colore delle strade.
Le strade sono anche il principale luogo di socializzazione, si animano la mattina e la sera, secondo un orario
fisso. Di giorno la gente lavora, pranza, riposa dopo pranzo, di giorno la città è lasciata in pasto ai turisti, se ce ne
sono, ma la mattina e la sera è dei residenti.
Nelle città italiane, soprattutto se piccole, vige finora la pratica della passeggiata serale prima di cena. La gente
mette i vestiti più eleganti e esce per strada. Questo spettacolo ininterrotto, a parte le pause per la siesta pome-
ridiana e il pranzo (anche in teatro, difatti, ci sono gli intervalli), ha sempre costituito il maggior fascino dell'Italia.
Anche i visitatori che venivano solo in cerca d'arte e antichità si sono, loro malgrado, lasciati sedurre da tutto que-
sto. Gli amanti dei quadri e delle statue, appena capitavano nelle strade di una città italiana, circondati dalla gente
e dall'ininterrotta rappresentazione, perdevano subito la testa. E da allora è cambiato ben poco.

Unità 2
Traccia 2 E2
Intervistatore: Siamo a Milano all'interno della Libreria dei ragazzi, di cui il signor Roberto Denti è proprietario,
nonché conduttore, giusto?
Libraio: Sì, non più proprietario, ma comunque sono quello che l'ha fondata, assieme a mia moglie, nel 1972
ed è stata la prima libreria per i ragazzi aperta in Italia, la seconda in Europa. La prima era stata
aperta a Londra nel primo dopoguerra.
Intervistatore: Intanto, dal punto di vista della libreria, Gianni Rodari è un personaggio molto diffuso, diciamo com-
mercialmente, che vende ancora oggi?
Libraio: Vende abbastanza. Quale è stato il suo vantaggio? Che le cose di lui più conosciute sono Le favole
al telefono e Le filastrocche in cielo e in terra, che hanno trovato subito posto nei libri di testo di
lettura della scuola elementare. Perché nei libri di lettura della scuola elementare c'è una legge che
permette l'uso di autori contemporanei che però il compilatore non deve superare le 40 righe. Ed
è difficile trovare qualche storia che è così breve. Rodari invece era bravissimo, perché le sue fila-
strocche e le sue favole sono molto brevi. Quindi ha trovato posto ed è diventato molto presto molto
famoso.
I titoli che mi ha citato prima, sono ancora quelli più venduti?
Intervistatore: 
Libraio: Di quelli di Rodari sono certamente i più venduti, malgrado abbia altre pubblicazioni, ma in genere i
due conosciuti sono questi.
Intervistatore: Gianni Rodari è ancora di fatto il nome della letteratura infantile. Secondo Lei, aveva quello che di-
ciamo è "il suo segreto", una particolarità? Perché lui è così?
Libraio: Intanto perché considerava i bambini delle persone, degli individui, non dei piccoli cretini che devo-
no diventare dei grandi cretini e allora era veramente un'enorme innovazione questa situazione di
rispetto. E poi ha portato nella narrativa degli elementi molto diversi da quelli a cui erano abituati i
bambini di allora. Lui ha parlato dei problemi di tutti i giorni, delle cose che capitano, che i bambini

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possono vedere, ma che gli adulti non gli fanno vedere. Quindi, i suoi argomenti sono sempre stati
argomenti di grande attualità, di grande concretezza, e i bambini hanno dimostrato meravigliosa-
mente di accettarlo.

Unità 3
Traccia 3 G2
Educare è sempre un'esperienza affascinante. Vedere i bambini che crescono, che fanno i primi passi, che dicono
le prime parole, che sono in grado di fare da soli ciò che prima non riuscivano a fare. Osservare gli adolescenti
che, in maniera abbastanza goffa, cercano gli altri, si innamorano, cercano i loro progetti è sempre molto, molto
interessante, ecco. Questo è un po' ciò che noi genitori cerchiamo di fare e cerchiamo di accompagnare per un
lungo tempo della loro e della nostra vita. È importante sintonizzarsi su ciò che serve a loro, ecco, allora su questo
mi piace ricordarvi che è opportuno educare non alla pari: loro hanno bisogno di qualcuno che si occupi della loro
crescita e noi abbiamo bisogno di loro perché in fondo occupino una posizione che è quella di crescere. Ecco, que-
ste due posizioni non vanno… non vanno confuse, è importante. Il genitore è il genitore, il bambino, l'adolescente
rimane lì, nella sua posizione. Ecco, su questo vorrei segnalarvi quattro piccoli segreti, ecco, piccoli, ma efficaci,
ecco. Il primo è questo: non educare in senso autobiografico. Cioè, significa, in altri termini, non confondiamo il
nostro destino con il loro destino, ecco. Sono due destini separati. Certo, si incrociano a un certo punto, però il
loro destino è quello di andare avanti, è quello di separarsi, è quello di avere una loro autonomia, una loro vita,
ecco. Il nostro destino è quello di tenere una posizione ferma, una posizione di chi è di riferimento, soprattutto
per i bambini e poi anche per… per gli adolescenti, ecco. Spesso cadiamo in una simpatica trappola, che è quella
dell'anch’io, anch’io da bambino… o anch’io da ragazzo…, ecco, abbandoniamo questa… confessione, abbandoniamo
questa modalità che semplicemente confonde il bambino e confonde anche l'adolescente. Loro hanno bisogno di
sapere che noi siamo a disposizione, che noi siamo lì per loro, e che non stiamo confondendo il nostro destino con
il loro destino, ecco. Allora, questo primo piccolo segreto: non educare in senso autobiografico, occupati della tua
storia, mettila a posto, fanne memoria, ma lascia che i tuoi figli, i tuoi bambini, i tuoi adolescenti possano andare
avanti per costruire la loro storia.

Unità 4
Traccia 4 H1, H2
Società e costume
Chi trova un amico, afferma il noto proverbio, trova un tesoro. Ma è una fortuna che capita sempre più di rado.
L'aumento delle ore lavorative in una società ipercompetitiva e l'avvento di Internet come compagno inseparabile
del tempo libero hanno creato una generazione di giovani uomini quasi privi di autentici amici, rivela un'indagine
pubblicata recentemente. Vent'anni fa, un rapporto sull'amicizia aveva rivelato che gli uomini avevano una media
di quasi quattro amici. Oggi è stato rifatto lo stesso sondaggio e si è scoperto che la media è scesa a due amici ai
quali ogni uomo sente di poter confidare qualunque segreto.
Significa che ormai gli amici "veri", quelli su cui si può contare e a cui si può dire tutto, si sono quasi dimezzati. Le
fasce d'età più prive di amici sono quelle in cui uomini e donne si concentrano sulla carriera e sulla famiglia da for-
mare, perdendo gradualmente contatto con i compagni di scuola e d'università, ovvero con i grandi amici della gio-
ventù; e quella dei pensionati che vivono a lungo, i cui amici di una vita scompaiono poco per volta, lasciandoli soli.
Il vuoto lasciato dagli amici viene in parte rimpiazzato da una moltitudine di rapporti "semi-distaccati" con col-
leghi di lavoro e genitori di bambini che vanno alla stessa scuola dei propri figli. Ma, riconoscono tutti, non è la
stessa cosa dell'amico del cuore con cui si andava al bar, facendo tardi parlando di sport, politica, fatti personali.
Il numero delle "conoscenze" è alto: ognuno di noi ha rapporti di qualche tipo con settecentocinquanta persone.
Nella stragrande maggioranza dei casi, tuttavia, queste non superano il “test della fiducia”, l’elemento che distin-
gue un’amicizia sincera da una conoscenza occasionale priva di valori e sentimenti.
"È diventato difficile per un uomo avere buoni amici"– conferma una delle persone interpellate dall'inchiesta – "Io
sono molto socievole, vado fuori un sacco, vedo tanta gente, ma facciamo tutti vite sempre più indaffarate, e tra
lavoro, amore, famiglia, la prima cosa che tagliamo è l'amicizia. Negli ultimi quattro anni ho conosciuto un solo
nuovo amico, e la ritengo già una fortuna".

4
Trascrizione dei brani audio

Anche le donne hanno lo stesso problema. Dice una di loro: "Quando metti su famiglia, rinunci quasi senza accor-
gertene a coltivare le amicizie. Molte delle mie serate fra amiche di una volta vertevano su come trovare l'uomo
giusto, ma adesso siamo tutte mogli e madri, e a quanto pare non abbiamo più molto di cui parlare".

Unità 5
Traccia 5 A2
Receptionist: Buongiorno, Hotel Fenix.
Cliente: Buongiorno. Senta, vorrei chiederle alcune informazioni.
Receptionist: Dica pure.
Cliente: Sì. Dunque, io e mia moglie vorremmo venire a Roma in estate, ma abbiamo un cane. Ho letto su
internet che nel vostro albergo accettate animali.
Receptionist: Certo, signore: il nostro hotel è un vero paradiso per animali e padroni: in tutte le camere possiamo
sistemare brandine e ciotole senza supplementi per cani di ogni taglia.
Cliente: Ogni taglia, eh? No, perché il nostro è proprio grosso, è un maremmano.
Receptionist: Non c'è problema, signore: ci dica solo di che dimensioni vuole la brandina per il suo cane e gliela
faremo trovare pronta in camera al suo arrivo, insieme a tutto il resto.
Cliente: E tutto questo, mi ha detto, senza supplementi?
Receptionist: Naturalmente. È tutto incluso nel prezzo della camera doppia.
Cliente: Beh, perfetto, direi... E, mi dica, c'è poi possibilità di portare il cane da qualche parte lì vicino, per una
passeggiata? Sa, le sue necessità...
Receptionist: Naturalmente: prima di tutto il nostro hotel ha un grande giardino interno dove i clienti possono por-
tare i loro cani; inoltre, a pochi passi dall'hotel, troverà un'area apposita per cani all'interno del parco
pubblico di Villa Alberoni Paganini.
Cliente: Addirittura! Davvero comodo! Senta, La posso disturbare ancora con un’ultima domanda?
Receptionist: Si figuri, dica pure.
Cliente: No perché io non conosco bene Roma, e venendoci con il cane... Non so, ci sono altri parchi a Roma
dove possiamo portare Neve senza creare problemi? Neve è il nome del cane...
Receptionist: Ah, ah... Sì, l'avevo intuito. Guardi, Roma negli ultimi tempi è diventata sempre più una città "pet
friendly": in ogni quartiere c'è un'area verde all'interno della quale i cani possono correre e giocare
senza guinzaglio e museruola. Se lo desidera, potremmo darle una mappa specifica in cui sono se-
gnalati tutti questi parchi. Ce ne sono davvero moltissimi, non si deve preoccupare: per esempio, a
Villa Borghese in viale del Giardino Zoologico e nella Valle dei Cani; in zona Colosseo e San Giovan-
ni... un po' dappertutto, insomma.
Cliente: E... il vostro hotel si trova in centro?
Receptionist: Sì, certo: siamo precisamente nel quartiere Trieste, a sud dei Parioli, ad appena dieci minuti da Via
Veneto. Anche se non conosce Roma, sicuramente conoscerà via Veneto...
Cliente: Certo, certo... Beh, grazie mille, mi è stata davvero molto d'aiuto. Direi che possiamo procedere con
la prenotazione!
Receptionist: Benissimo! Mi dica pure i suoi dati e il periodo in cui vorrebbe prenotare...

Unità 6
Traccia 6 F1
Ma cos'è l'ansia? L'ansia è una risposta che il nostro corpo dà a un evento esterno, che può essere un evento
appunto negativo e estraneo. Il nostro corpo si prepara a quest'ansia qua. Quindi noi, capendo che dobbiamo
prepararci ad un evento esterno, possiamo anche capire come riuscire a sconfiggere quest'ansia. Esistono delle
tecniche molto semplici che io utilizzo, io stesso utilizzo, e che ho utilizzato anche in passato, per sconfiggere
quest'ansia e rendere più efficaci possibile i miei studi e soprattutto la mia preparazione degli esami. La prima… il

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primo consiglio che voglio darti è quello della meditazione. Da diverso tempo, ormai, pratico una pratica medita-
tiva chiamata mindfulness, che si basa sul concentrarsi sul proprio respiro. Cosa fa la mindfulness? Praticamente
non elimina i pensieri, perché i pensieri ci saranno sempre, ma ci fa concentrare sul momento e sul qui e ora, per
esempio su parti del corpo e sul nostro respiro, appunto. Tutto questo ci fa acquisire consapevolezza e ci fa di-
staccare da tutti quei problemi che in realtà in quel momento ci stanno causando, appunto, ansia oppure stress e
negatività. In questo modo possiamo focalizzarci in maniera più tranquilla e stare più sereni. Il secondo consiglio
che voglio darti è quello di: arriva il pensiero negativo, arriva l'ansia - ad esempio "oddio, ho l'esame, ho l'esame
tra una settimana" - cosa fare effettivamente? Tranquillo. Prendi quel pensiero che ti arriva, magari segnalo su un
foglio, e metti in discussione quel pensiero: perché ho ansia? Ma io ho studiato bene, ho pianificato i miei studi, sto
studiando in maniera corretta, so ripetere quello che ho studiato, sono pronto per fare l'esercizio, per fare l'inter-
rogazione, quindi perché effettivamente sto andando in crisi così tanto? Mettere in discussione l'ansia è il primo
modo e quello più efficace per disinnescarla. Questo veniva anche spiegato su un libro veramente bellissimo, che
ti consiglio di leggere, che è "Intelligenza Emotiva", di Coleman. Un altro consiglio è quello proprio a ridosso dell'e-
same. Ti stai preparando proprio per andare all'esame? Qualche secondo prima dell'esame scritto, l'esame orale?
Non aprire i libri e non leggere in maniera compulsiva tutto quello che trovi davanti a te. È la cosa più sbagliata che
puoi fare. Hai… ti sei preparato bene, ti sei preparata bene, sei pronto per l'esame: non aprire quei libri, stai tranquil-
lo, rilassato, fatti una chiacchiera con i tuoi compagni, magari prendi proprio due… leggi proprio due cose che vuoi
leggerti, ma poi chiudi tutto e stai tranquillo, l'esame andrà alla grande.

Unità 7
Traccia 7 I2
L'idea di "Smartphone. 10 ragioni per non regalarlo alla prima Comunione (e magari neanche alla Cresima)" nasce
da due filoni, possiamo dire. Uno è quello di aver conosciuto tanti genitori (io sono anche madre di tre figli oltre
che studiosa di questi argomenti da molti anni) e aver visto come c'è una difficoltà a educare all'uso di questi
strumenti. Parte della difficoltà nasce proprio dal fatto di non riuscire a decidere più, cioè il genitore si sente quasi
esautorato, e un po' rassegnato, a dover stare alle regole che dettano altri: ce l'hanno tutti quindi lo devo regalare
anche io a mio figlio. Io mi sono sentita poi di scrivere, di dare questi consigli, perché è da molti anni che mi occupo
di tecnologia. La tecnologia mi ha sempre appassionato, è uno… lo smartphone è uno strumento meraviglioso, che
ci… consente di accedere a una quantità enorme di contenuti, che sono quelli poi di internet. Per cui, combinando
un po' questi due aspetti, la passione per la tecnologia e, però, aver constatato come, per riuscire a usarla al me-
glio, occorrono alcune avvertenze. La prima è quella di rispettare una gradualità. Se noi diamo, a dieci anni, uno
smartphone a un ragazzo è come se gli dessimo una Ferrari. Non lo faremmo mai con un neopatentato. Quindi
gli diamo uno strumento che non è soltanto uno strumento, è un mondo, un mondo nel quale si troverà ad avere
accesso a dei contenuti che sono assolutamente inadatti per la sua età. Questo è sicuro. Quindi l'obiezione, natu-
ralmente, è: ma accederà lo stesso a questi contenuti quando si troverà con i suoi compagni. Vero, però noi come
genitori possiamo comunque porre una serie di limiti e di gradualità che crediamo importanti, quindi penso che
per far questo ci vogliano delle ragioni. Allora, quello che ai genitori serve sono le ragioni per dire sì e per dire no.
Quando dire no all'uso dello smartphone e quando dire sì, e magari accompagnare i propri figli con dei consigli,
con una condivisione d'uso. Credo che se si danno le ragioni i genitori riescono poi a riprendere il ruolo educativo
che dovrebbero avere. È fondamentale ricordarci appunto che un bambino di dieci anni non ha la capacità critica
di decidere che cosa vedere e cosa non vedere, e con uno smartphone in mano può vedere tutti i contenuti. Allora
quello che un genitore può fare è intanto stabilire che, se lo smartphone non glielo regala, però gli fa usare il suo,
glielo lascia usare, ecco. Quindi, in questo modo si crea una condivisione e anche per il genitore è utile, perché si
deve contenere nell'uso, quindi per… noi parliamo dei ragazzi, ma è chiaro che i primi ad essere educati sono i geni-
tori. Quindi devono anche loro prendere in mano la loro… dipendenza, o comunque il loro uso eccessivo. Quindi, l'u-
so condiviso e la condivisione di alcuni contenuti, non so, una serie televisiva che si vuole vedere… anziché vederla
sullo smartphone da solo il ragazzo in camera sua, si vede insieme in tv. Magari qualcos'altro invece il ragazzo lo
potrà vedere da solo. Quindi instaurare una situazione in cui c'è uno scambio su questi contenuti perché il rischio,
se no, è che questi contenuti – inadatti, ripeto, nella maggior parte dei casi a un pubblico di ragazzi – arrivino sen-
za nessun filtro e quindi parlino direttamente al cuore e alla mente del ragazzo senza che sia possibile confrontarsi
con un genitore in un'età ancora troppo bassa.

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Trascrizione dei brani audio

Unità 8
Traccia 8 F2, F3
Intervistatrice: Silvia, 26 anni, di Roma, tifosa della Roma. Com'è nata la tua passione per il calcio?
Silvia: È nata grazie ad alcuni miei amici di adolescenza con i quali sono andata allo stadio sin da giovane,
sin da piccola, e sono riusciti a trasmettermi la loro passione per il calcio in generale e per la Roma
in particolare.
Intervistatrice: Segui la tua squadra quanto va in trasferta?
Silvia: Mi piacerebbe, ma per un problema di sicurezza preferisco non farlo. Perché già quando le partite
sono in casa, ho avuto occasioni in cui sono stata a rischio. In alcune occasioni sono state a ri-
schio, mi sono sentita poco sicura, poco protetta dentro lo stadio. Ma comunque è un luogo che
conosco bene e che quindi saprei come affrontare una difficoltà. In uno stadio che non conosco, in
una città che non conosco, scortata da celerini, da polizia, non mi sentirei... mi sentirei un animale.
E non mi considero un animale, quindi non...
Intervistatrice: Se tu dovessi dire qualcosa per convincere qualcuno a diventare tifoso, che cosa diresti?
Silvia: Lo porterei allo stadio in Curva Sud.
Intervistatrice: E che cosa faresti per questi problemi della violenza negli stadi, che cosa si potrebbe fare, secondo te?
Silvia: Io non sono assolutamente d'accordo con i cori che si alzano allo stadio quando si vuole difendere
i tifosi violenti. Quindi ci sono alcuni cori che dicono: "libertà per gli ultrà", oppure "fuori gli ultras
dalle galere": io non sono assolutamente d'accordo, anzi metterei un buon 80% degli ultras in gale-
ra, non farei uscire quella rara percentuale che è riuscita ad andarci, in galera. Ci sono persone che
non sono sportivi o tifosi, sono delinquenti. Poi per un motivo o per l'altro si legano ad una squadra
piuttosto che a un'altra, e semplicemente dicono: "io come tifoso romanista, o come tifoso juven-
tino, interista" di qualunque squadra "vado a menare Tizio Caio e Sempronio". Quello non c'entra
niente il calcio, quella è una questione di rabbia repressa, di voglia di sfogarsi e utilizzano il calcio
per questi loro scopi, secondo me molto molto abbietti, però vabbè...

Unità 9
Traccia 9 F2
C'è un momento nella vita di una coppia in cui sospiri, sguardi, fiori e tramonti lasciano spazio anche a interro-
gativi più pragmatici tipo: «Perché lui lascia per terra giornali, calzini, asciugamani?». È la difficile alchimia della
convivenza: se si hanno le formule giuste non ci sono problemi, se si sbaglia qualche reazione la coppia scoppia.
Partendo da questa universale convinzione, Allan e Barbara Pease, coppia di celebri psicoterapeuti australiani,
tornano sull’argomento con il loro libro Perché gli uomini lasciano sempre alzata l'asse del water e le donne occu-
pano il bagno per ore?.
I Pease, coppia anche nella vita, hanno viaggiato in più di 30 paesi e scoperto che certi problemi fra uomo e donna
sono comuni a prescindere da cultura, status e latitudine. I due studiosi hanno potuto stabilire per esempio sette
punti dolenti che qualsiasi moglie, a Voghera come a Los Angeles, addebita prioritariamente al marito. Eccoli: voler
imporre sempre consigli e soluzioni su tutto; fare nevroticamente zapping con il telecomando; non chiedere mai
indicazioni stradali e quindi sbagliare strada; lasciare sempre alzata l'asse del water; brontolare quando si tratta di
fare compere; incrementare la volgarità con il passare degli anni; divertirsi a raccontare barzellette osé.
Nella lista dell'insofferenza maschile troviamo invece: i rumori inutili mentre si guardano i rigori nella finale di
Champions League; le emicranie strategiche; il rinfacciare all'infinito una vicenda da niente; l'attitudine a esagera-
re, a divagare dall'argomento centrale della conversazione e a disperdersi in dettagli; le richieste di aiuto su tutte
le decisioni, dal menù per la cena al colore d'un vestito.
Queste sono in genere le vere ragioni per cui, in caso di corna, gli uomini spiattellano la famosa frase: «Con mia
moglie? Tesoro, è come se fossimo separati in casa».

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Unità 10
Traccia 10 G2
Giornalista: Siamo collegati con la professoressa Valeria Della Valle, che è docente di Lessicografia e Lessico-
logia all'Università la Sapienza di Roma. Professoressa buonasera.
Professoressa: Buonasera.
Giornalista: Meno male che da tanti anni esiste il termine "professoressa", se no ci trovavamo subito in difficoltà.
Professoressa: Infatti, avremmo cominciato male, ma...
Giornalista: Avremmo cominciato male...
Professoressa: Avremmo cominciato male, tant'è che c'è anche qualcuno che preferisce "professora"; adesso ma-
gari vedremo perché.
Giornalista: Adesso vedremo perché; io però, prima di addentrarci nei meandri di queste difficoltà lessicali,
vorrei invece farLe sapere che noi stamattina, oggi abbiamo fatto il sondaggio proprio su questo
argomento, chiedendo ai nostri ascoltatori se, secondo loro, il nuovo fronte delle pari opportunità
si combatte anche con il femminismo grammaticale. Beh, il 66% dei nostri ascoltatori ritiene di no.
Solo il 33% ritiene di sì. Lei come giudica questo risultato?
Professoressa: Mah, lo giudico un risultato abbastanza equilibrato. Equilibrato nel senso che io non credo che le
pari opportunità e l'uguaglianza si possa stabilire o definire o decidere in base a leggi e a regola-
menti. Ecco, da un punto di vista linguistico saranno le abitudini, sarà l'accoglimento di un certo
termine, sarà soprattutto la evoluzione del costume a portare l'affermazione di certi termini e l'ab-
bandono di altri.
Giornalista: Però ce ne sono alcuni che sono un po'difficili da mandar giù: per esempio "capa"; "ministra" l'ab-
biamo usato molto, lo continuiamo ancora ad usare.
Professoressa: Sì, ma non solo io direi che, vede, "ministra"... lei ha fatto l'esempio giusto. Certamente, al primo
apparire, l'effetto non era buono, ma perché non era buono? Semplicemente perché non eravamo
abituati; e quindi tutte le parole nuove alle quali non siamo abituati fanno un brutto effetto, no,
si dice "sono brutte": ecco, "ministra" che da un punto di vista grammaticale è del tutto corretto,
quindi è solo fastidioso per la poca abitudine, ma "ministra" oramai compare in tutti i quotidiani,
è continuamente pronunciato nel corso dei giornali radio, dei telegiornali e compare già da molto
tempo nei vocabolari della lingua italiana. Ecco, direi che in questo caso parliamo proprio di una di
quelle parole che lentamente, senza nessuna imposizione, si è andata affermando, ma perché si è
andata affermando? Perché negli ultimi anni abbiamo avuto più ministre.
Ma pensi al caso di "sindaco": ecco, molti anni fa naturalmente il sindaco era sempre un uomo
e nel corso del tempo ora abbiamo molte "sindache". Mi è capitato, perché mi occupo di questa
materia, di vedere delle lettere firmate dalla donna che ricopre quella carica, firmate "la Sindaca".

Unità 11
Traccia 11 H1
La mostra de "La fabbrica di Carosello" nasce da un progetto di recupero della memoria storica della trasmissione,
nata nel 1957, che ha concluso il suo percorso nel gennaio del '77, quindi dopo 20 anni, e che ha rappresentato un
momento straordinario e importantissimo della nostra televisione e della pubblicità. Carosello ha rappresentato in
quel periodo un elemento di unificazione nazionale perché, con la televisione che… cominciando ad arrivare in tutte
le case in Italia, con Carosello ha dato dei suggerimenti di vita, di interessi, comuni per tutto il paese. Carosello ha
raccolto in quel momento gli attori, i cantanti, gli autori, i registi, i disegnatori più importanti del nostro Paese, e li
ha coinvolti per creare degli spettacoli, degli spettacolini, brevissimi, intensissimi, costruiti al meglio perché dove-
vano essere efficaci, gradevoli, coinvolgere e conquistare la gente nell'arco di un paio di minuti. Il risultato è stato
straordinario. Ogni sera c'erano quattro, poi cinque filmati, tutti diversi, e diventava un appuntamento alla fine del-
la giornata, prima che i bambini andassero a letto e cominciasse l'appuntamento serale dell'ultima trasmissione
dell'unico canale televisivo dell'epoca, Rai 1. Carosello puntava soprattutto sul pubblico dei bambini. Il bambino
diventava un moltiplicatore forte del messaggio pubblicitario. Il fatto che la memorizzazione di canzoncine, di
jingle, di battute particolari fosse ripetuto era molto utile e importante per i pubblicitari. Erano quei tormentoni
che però non erano sgradevoli, ma era una cosina gradevole, una cosina simpatica che rimaneva nella memoria, e
ancora a distanza di quaranta, cinquant'anni, può essere ricordata con piacere.
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Trascrizione dei brani audio

Unità 12
Traccia 12 L2
Il pettegolezzo è più potente della verità. Alcuni ricercatori lo hanno dimostrato: usando studenti-cavia, psicologi
tedeschi hanno confermato che "il gossip ha più effetto di ciò che abbiamo visto con i nostri occhi". Gli studio-
si hanno coinvolto 126 studenti suddivisi in gruppi di nove ragazzi ciascuno, bersagliandoli di pettegolezzi sui
giovani degli altri gruppi ed è emerso che le "cavie" tendevano sempre a credere di più alle maldicenze o alle lodi
intessute da altri, piuttosto che a ciò che avevano potuto sperimentare di persona o che già sapevano sul conto
delle inconsapevoli vittime. E non è tutto. Secondo la ricerca, i gossip non influenzerebbero solo i giudizi sulle
star dello spettacolo, ma inducono anche opinioni e comportamenti della vita comune. "Una recente indagine –
spiega il coordinatore della ricerca – ha evidenziato per esempio che due persone su tre credono il gossip una
fonte per apprendere nuove cose: non importa se i pettegolezzi alla fine siano veri o meno. Diventano la realtà". Gli
studiosi hanno seguito dall'inizio alla fine il processo di gestazione delle chiacchiere degli studenti e il percorso
di trasferimento di queste chiacchiere e i comportamenti conseguenti del fruitore del pettegolezzo. In pratica, ad
ogni studente è stata passata una chiacchiera, buona o maligna, su un altro studente e poi gli è stato chiesto se
avrebbe avuto voglia o meno di lavorare con la persona oggetto del pettegolezzo. Non solo, com'era ovvio aspet-
tarsi, i ragazzi hanno tendenzialmente rifiutato di far coppia con coloro sui quali circolavano voci negative, ma è
emerso anche che la chiacchiera ha più effetto dell'informazione diretta sulla persona. Il 44% dei partecipanti,
infatti, ha cambiato la propria opinione su una persona sotto l'influenza del gossip, anche quando le chiacchiere
contraddicevano ciò che avevano visto di persona.

Unità 13
Traccia 13 D2
Lalalà, lalalà, lalalalalà… E poi noi mangiamo loro.
Ma questo è tuo? Appunto!
Forse ti è caduto in mare per sbaglio? Quindi anche noi mangiamo la plastica.
Per sbaglio? Anche noi.
Cotton fioc. Esatto.
Cannucce. Quella che butti tu.
Assorbenti. In questo momento gli oceani contengono oltre 165
Lattine. milioni di tonnellate di plastica.
Bombolette. Milioni.
Sigarette. Di tonnellate.
Pneumatici. La maggior parte sono bottiglie.
E basta! Sai quanto tempo ci mette una bottiglia di plastica a
degradarsi?
Ah, quindi solo questo?
Mille anni!
Basta! Dicevo a lui!
Mille anni?
C'è un sacco di altra immondizia!
E un cotton fioc?
Basta!
Cento anni!
Basta!
E una cicca di sigaretta?
Adesso stammi a sentire.
Cinque anni!
Parlo io.
Cinque anni, come me!
Il mare ricopre il 71% della superficie terrestre.
Ah, cinque anni sono pochi.
E tu sei stato capace di inquinarlo tutto.
Ma sono sempre cinque anni.
Secondo uno studio, nel 2050, ci saranno più plastica
che pesci. È come se ogni minuto si gettasse un camion di rifiuti
nel mare.
E questi pesci, intanto…
Uno al minuto.
Si stanno mangiando tutta la plastica.
Tutti a mare.

9
Questa non mi sembra una spiaggia. E non stai facendo nulla.
È più una discarica. Anzi, compri e butti continuamente.
Se continui così, dice l'ONU che io tra quarant'anni non Compri e butti, compri e butti, compri e butti.
potrò più fare il bagno. Apri bene le orecchie.
E chi ci sarà fra quarant'anni? Da oggi le regole le faccio io.
Tu, boh. Usa una borraccia invece di mille bottiglie.
Io sì! Un bicchiere di vetro al posto di mille di plastica.
Comincio ad avere paura di respirare l’aria. E basta con le cannucce.
Perché sento che è sporca. Non sai bere direttamente dal bicchiere?
E già è sporca, io la sento. Io sì.
Ho paura di andare al sole. Anch’io.
Perché brucia troppo. Tieni il tuo mozzicone qui, che il mare non è il tuo
E tra poco avrò paura pure di fare il bagno. posacenere.
Io non ci voglio più nuotare su un mare di plastica! E poi…
E se mi ammalo? Riduci.
Di una cosa brutta? Riusa.
Quando tu eri piccolo come me… Rottama.
Mica ti preoccupavi. Ricicla.
Mica ci pensavi prima di tuffarti. E trova tu altre soluzioni.
Anzi, non vedevi l’ora di fare il bagno. Inventale!
Ed io non merito la stessa cosa? Io sono solo un bambino.
Continui a vivere come se ci fosse ancora chissà Ma posso darti una mano.
quanto tempo! No si è mai troppo piccoli per fare la differenza.
Invece… Ma neanche troppo grandi.
Il tempo sta finendo! Per fare di questo mondo…
Sai quanto tempo ancora abbiamo per salvare il Un posto migliore.
pianeta?
Manca pochissimo.
L’unico che abbiamo, ovviamente.
Ma possiamo ancora fare qualcosa.
Dodici anni.
Devi incominciare tu.
Dodici anni?
Fallo per me.
Dodici anni?
Per me.
Ma è pochissimo.
Per me.

Unità 14
Traccia 14 E1
Giornalista: Nei primi sette mesi di quest'anno, nel suo complesso, l'agroalimentare italiano ha sostanzialmente
mantenuto le sue quote di esportazioni: positivo invece il bilancio della sola industria alimentare che
segna una crescita del 2,4% e questo a dimostrazione che quando il nostro prodotto è immediatamen-
te riconoscibile – da un marchio che oramai si promuove da solo, oppure anche da una etichetta che
comunque richiama le origini italiane e alcune caratteristiche particolari – quando il nostro prodotto,
dicevo, è immediatamente riconoscibile in un negozio o negli scaffali di un supermercato, il sapore
italiano continua ad essere associato alla qualità. C'è il problema delle contraffazioni, è vero, e quindi
della concorrenza sleale o addirittura illegale; questo però non ci deve indurre al vittimismo: gli altri
concorrenti stranieri non sono tutti imbroglioni o incapaci; in molti settori hanno standard qualitativi
perlomeno uguali ai nostri e sono anche competitivi per quanto riguarda i prezzi.

10
Trascrizione dei brani audio

Giornalista: Allora, onorevole Urso, proviamo ad elencare innanzitutto i punti di forza e quelli di debolezza del no-
stro settore agroalimentare e poi quindi della nostra capacità di fare sistema-paese all'estero, poi li
analizzeremo meglio uno per uno.
Onorevole: I punti di forza sono sicuramente il fatto che vengono riconosciuti i nostri prodotti agroalimentari
come prodotti di eccellenza, di qualità, prodotti per i quali il consumatore medio è disposto a pagare
qualcosa di più, e lo dimostrano alcune ricerche significative sul mercato statunitense, soprattutto
in riferimento ai prodotti contraffatti, meglio ancor di più ai prodotti imitativi italiani, e sono tanti. Lei
pensi che sulle esportazioni italiane pari a 1,8 miliardi di dollari, agroalimentari negli Stati Uniti, vi
sono almeno altre dieci volte di più prodotti imitativi italiani. Ebbene, una ricerca ha dimostrato che il
consumatore americano è disposto a pagare dal 30 all'80% di più se un prodotto appare, ripeto appa-
re, italiano ancorché non lo sia. Basta che abbia un richiamo di qualunque tipo all'Italia, una piccola
bandierina tricolore, l'immagine della gondola di Venezia, quel prodotto può essere venduto sui grandi
ipermercati americani anche con un prezzo dal 30 all'80% in più rispetto a invece... se fosse apparso,
se apparisse al consumatore americano come un prodotto realizzato in un altro paese. E quindi il
valore del "made in Italy" in questo settore è un valore estremamente elevato e questo è l'elemento
sicuramente di forza.

Unità 15
Traccia 15 E
Giornalista: I soldi della pensione, la paghetta e lo stipendio. C’è chi si impegna tutto pur di giocare d’azzardo. La
ludopatia è una delle nuove emergenze sociali in Italia. Il giocatore non si rende conto della sua ma-
lattia, la sua vita ruota intorno all’assoluta necessità di rischiare, nella convinzione di essere capace
di smettere in qualsiasi momento, precipitando invece in un vortice dal quale non è facile uscire. Ad
aiutare chi è afflitto dalla febbre delle scommesse ci sono associazioni, che tramite un percorso ben
preciso sostengono chi non riesce a farne a meno.
Intervistato: Io ne sono uscito grazie a un'associazione di auto mutuo aiuto, che è l’associazione Giocatori Anoni-
mi, che mi ha dato l’opportunità non solo di smettere di giocare, ma iniziare un percorso introspettivo
e quindi in qualche modo cambiare il mio atteggiamento nei confronti della vita, migliorare negli at-
teggiamenti che, comunque sia, in qualche modo m'avevano fatto, ripeto, non solo sprofondare sotto
l’aspetto economico, ma perdere assolutamente anche la dignità. Il gioco d’azzardo d’altronde ti por-
ta a questo. E quindi l’associazione mi ha aiutato in qualche modo a, passatemi il termine, a rinascere
a tutti gli effetti.
Giornalista: Il nostro interlocutore ha scelto di restare anonimo. Vuole essere così più libero di aiutare chi ancora
non ce l’ha fatta, come lui, a uscire dal tunnel.
Intervistato: Il nostro percorso verte sui dodici passi del recupero. È molto simile a quello degli alcolisti anonimi
che è una… è una fratellanza molto più antica della nostra, e quindi praticamente si inizia a lavorare su
questo e si comprende che poi alla fine il gioco è l’ultimo dei miei problemi. Effettivamente è sempli-
cemente la punta di un iceberg, mentre le difficoltà che poi in qualche modo mi spingevano a giocare
erano sommerse.

Unità 16
Traccia 16 E1
Giornalista: Io a questo punto chiamerei in causa Tonino Cantelmi, che è docente di psichiatria ed esperto di "cy-
berpsicologia", una nuova branca, vero professore? Buongiorno.
Professore: Eccomi, buongiorno. Sì, una branca che nasce dal fatto che l'impatto della mente umana con la tec-
nologia digitale ha determinato delle conseguenze che non possiamo più eludere.
Giornalista: Ecco, quand'è che l'uso della Rete può diventare un problema? Perché si potrebbe pensare che questo
sia esclusivamente un fatto di dosaggio, no, come per altre dipendenze. Però non è solo questo.
Professore: Non è solo questo, la Rete è molto più intrigante: in qualche modo la realtà cosiddetta virtuale sem-
bra essere più affascinante di quella reale. E quindi diventa un problema quando viene vissuta come

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alternativa. Ad esempio, quando alcune persone non possono innamorarsi se non attraverso chat, o
attraverso una tecnomediazione della relazione.
Giornalista: E
 cco, Internet offre naturalmente molti vantaggi di partenza a chi ne fa uso, e uno dei più importanti mi
pare sia proprio quello dell'anonimato, no, perché si superano di colpo tutte le barriere relazionali, le
timidezze, le difficoltà a socializzare con gli altri, è così?
Professore: Beh, l'anonimato è una grande... ha una enorme importanza. In realtà, più che di anonimato parlia-
mo di personalità online, cioè ognuno di noi si presenta in rete con una o addirittura più personalità
online, personalità che naturalmente non può sperimentare nella vita reale. Cioè se io mi chiamo, che
ne so, "dolce pensiero blu" e mi propongo come una giovane ragazza affascinante e romantica, mi
porrò in un certo modo; poi magari sono un adolescente brufoloso, timido e impacciato. Oppure se
mi propongo come una persona estremamente riflessiva e poi invece nella vita reale... Insomma, noi
possiamo sperimentare molteplicità del nostro sé in Rete e questo sganciandolo dalla realtà e questo
sembra essere estremamente affascinante. Le donne lo amano moltissimo, diciamo che le donne
sono molto attratte da questa possibilità di mascheramento e anche di svelamento.
Va benissimo corteggiare qualcuno – peraltro anonimo, e quindi non sappiamo esattamente chi – in
rete, ma va poi benissimo saper mettere questo insieme a un corteggiamento reale, insomma, come
dire, la possibilità di sperimentarsi in più ambiti. La rete è una sorta di estensione della nostra mente,
il problema è se diventa tutto lì il nostro stare... diciamo il nostro essere totalmente online, e questo
diventa il vero problema.

Unità 17
Traccia 17 G2
Giornalista: Siamo al San Raffaele Turro di Milano, una tra le eccellenze ospedaliere italiane. In particolare ci tro-
viamo al reparto dedicato ai disturbi dell’umore, in cui viene utilizzata la terapia della luce nella cura
di pazienti depressi. Professoressa, qui al San Raffaele avete messo a punto una terapia della luce.
Che cosa significa?
Dottoressa: Significa utilizzare una fonte di luce che viene associata a tutti i percorsi terapeutici del paziente. La
luce è importante perché è il primo sincronizzatore di una piccola parte del cervello che si chiama
orologio biologico, che è l’orologio che regola tutto quello che nelle 24 ore si modifica nel corpo, quin-
di la crescita dei capelli, l’appetito, il sonno.
Giornalista: Qual è il percorso che fa un paziente che arriva qui da voi?
Dottoressa: Il paziente arriva da noi con una sintomatologia di tipo depressivo. Viene valutato. Se si decide che il
paziente è meglio che venga ricoverato, che faccia un periodo di ricovero, viene curato con una terapia
farmacologica e, nella maggior parte dei pazienti, si aggiunge come potenziamento la terapia della
luce. Siamo nella stanza della luce. Ci sono queste lampade, che sono delle lampade che danno una
luce molto forte. I pazienti stanno 30 minuti qui, possono leggere, chiacchierare, non devono fissare
le lampade.
Giornalista: Un paziente quando entra qua è scettico sulla capacità di una stanza di curarlo?
Dottoressa: All’inizio sì. Ci guarda perplesso e pensa di essere capitato in un posto alternativo, poco scientifico, e
poi piano piano vede gli effetti e la vuole ripetere.
Giornalista: Terapia della luce, professoressa, che unite anche ad un’altra terapia che è la deprivazione del sonno.
Dottoressa: Teniamo i pazienti svegli, li teniamo svegli per 36 ore filate, e poi il paziente può dormire. Ripetiamo
questo ciclo per tre volte. Ha degli ottimi risultati clinici, dopo la prima notte sentono clamorosamente
il beneficio.
Giornalista: Come si fa a stare svegli per 36 ore di seguito?
Dottoressa: Beh, abbiamo del personale addestrato, che aiuta i pazienti con dei giochi, degli spettacoli, la tele-
visione, il movimento, il giardino. E spesso questa terapia ci consente anche di non utilizzare i far-
maci. Per esempio i pazienti che hanno un disturbo bipolare, ci aiuta tantissimo a non assecondare,
diciamo, la fluttuazione naturale della malattia. Non andiamo dietro alla malattia, ma consentiamo al
paziente di uscire dalla fase senza usare farmaci, spessissimo questo ci accade.

12
Trascrizione dei brani audio

Unità 18
Traccia 18 H2
Giornalista: Dal lungomare di Coroglio al cosmo stellato il passo è breve, grazie al nuovo Planetarium 3D
inaugurato a Città della Scienza. L’impianto, il più grande e avanzato d’Italia, permette agli
spettatori un totale coinvolgimento grazie alle più avanzate tecnologie al mondo. Venti metri di
diametro e 120 posti a sedere, con la fruizione di video che porteranno alla scoperta dell’univer-
so nella sua forma, ma anche nelle sue ricerche storiche, dalle prime scoperte degli astronomi
dei tempi antichi, fino agli odierni telescopi in orbita nello spazio. Ascoltiamo Marco Cosmacini,
amministratore di Sky Point, che ha curato la struttura.
Dottor Cosmacini: È un planetario, il primo planetario 3D active, con tecnologia 3D active, d’Italia. È il più grande.
Sostanzialmente quello che distingue questo planetario da molti altri planetari è l’immersività.
Questo planetario permette a tutti i visitatori di avere una vista a 180 gradi sul planetario e non
essere distratti da altre fonti, da altre… diciamo così, da altre cose.
Giornalista: È intervenuto Luigi Amòdio, direttore dello Science Centre di Città della Scienza.
Dottor Amòdio: Il nostro planetario sarà uguale a quello dell’osservatorio dell’ESO a Garching, in Germania.
Avremo le immagini in tempo reale che vengono proprio scattate dalle sonde che vengono lan-
ciate nel cielo e sarà uno spettacolare strumento di avvicinamento dei giovani all’astronomia,
all'astrofisica e allo spazio. Quindi, appunto, recuperiamo quello che abbiamo perduto quattro
anni fa con, però, delle straordinarie potenzialità in più.

Unità 19
Traccia 19 E2
Gianluigi: Nella vita nulla è impossibile, ma è proprio un motto mio personale.
Giornalista: Lui è Gianluigi Parrotto, 21 anni, è il baby milionario d'Italia. Tre anni fa ha creato una start-up per la
produzione di pale eoliche verticali per uso domestico. L'anno scorso quattro investitori americani lo
hanno ricoperto d'oro acquistando, per 5 milioni di euro, il suo progetto. Oggi continua ad occuparsi
di rinnovabili ed è a capo di tre aziende in Puglia.
Gianluigi: Io mi sento orgoglioso di aver creato questa cosa e mi sento molto, molto, molto più orgoglioso quan-
do a fine mese riesco a pagare gli stipendi di tutte le persone che lavorano con me.
Giornalista: Tutto è iniziato durante l'ultimo anno delle scuole superiori quando, con la sua piccola start-up, ha
prodotto e venduto le prime turbine. Già allora si è dovuto dividere tra studio e meeting di lavoro.
Gianluigi: Io sono arrivato il giorno della maturità che, purtroppo, avevo una riunione importante su Roma, io ho
detto "ho solo pochissimo tempo perché tra tre quarti d'ora ho l'aereo".
Giornalista: In questo stabilimento, a Casarano, dove studia l’applicazione delle minipale ai motoscafi, ha assunto
il padre, che poco prima del grande affare con gli americani aveva perso il lavoro.
Padre: Quando vedo quello che ha fatto, che sta realizzando, è una cosa proprio che… rimani e dici "non è
possibile, non è mio figlio".
Giornalista: Che effetto le fa lavorare nell'azienda dove il principale è suo figlio?
Padre: E chiaramente dovrei essere io il titolare e lui il dipendente, invece è al contrario.
Giornalista: Al ritmo di due milioni al giorno per chiudere i contratti con i rivenditori italiani ed esteri, e di almeno
dieci viaggi al mese, nella sua vita resta poco tempo per altro.
Gianluigi: Non c'è proprio il tempo da dedicare in discoteche e cose varie.
Giornalista: Non avresti tempo neanche per l'università.
Gianluigi: Non avrei tempo… no, non avrei tempo, no.
Giornalista: Niente laurea in futuro, ma tra i progetti c'è quello di aprire, entro il prossimo anno, un nuovo stabili-
mento di produzione in Francia, a Parigi.
Gianluigi: La pelle e le ossa te le fai quando hai a che fare con le persone, quando devi lavorare con le persone,
con i fornitori, che devi cercare di quadrare i conti ogni mese. Questo non te lo insegnano all'università.

13
Unità 20
Traccia 20 E2
Giornalista: Presentato ieri a Matera nella libreria Di Giulio, l’ultimo libro di Pino Aprile edito per i tipi della Piemme
Edizioni, dall’eloquente titolo “Carnefici”. Aprile, giornalista d’inchiesta e scrittore filomeridionale, ha
conosciuto la grande notorietà con il suo “Terroni”, al quale sono seguiti altri volumi che hanno uno
specifico obiettivo, quello di far luce su una guerra d’aggressione mai dichiarata ufficialmente da
parte dei Savoia al Regno delle Due Sicilie, e sulle drammatiche conseguenze che ne derivarono ai
meridionali. Prima fra tutte la campagna sanguinaria e spietata contro il brigantaggio, seguita dalle
deportazioni e dalle esecuzioni di massa. In questo suo ultimo volume, alla cui presentazione a Mate-
ra ha partecipato Raffaele Vescera, ma anche Margherita Lopergolo, Aprile pone la sua attenzione su
di un termine, genocidio, perché è questo l’ordine di grandezza che emerge dall’incrocio dei risultati
dei censimenti disposti dai Savoia nel 1861 e nel 1871, e dei dati delle anagrafi borboniche. Centinaia
di migliaia di persone scomparse, la cifra della strage di italiani del sud compiuta per unificare l’Italia.
Si scopre così di come venivano rasi al suolo paesi interi, saccheggiate le case, bruciati vivi i super-
stiti. Si apprende di come avvenivano i rastrellamenti degli abitanti di interi villaggi: li si sottoponeva
a marce forzate di decine di chilometri e a torture. Ci si imbatte in fucilazioni a tappeto di centinaia di
persone.
Pino Aprile: Fino al 1860, nelle province che abbiamo conquistato, la popolazione cresceva di tot all’anno. Quindi
nel 1861 avremmo dovuto trovarne X, invece ne abbiamo trovati Y di meno. “La differenza, Maestà”,
questo è fra virgolette, scrive il ministro Andrè, “è dovuta alle gravi circostanze del grande atto del
nostro rinnovamento, la guerra, cioè”, chiuse virgolette. La differenza è 458mila persone. I padri della
statistica italiana scoprono, correnti e maestri, che in un anno, al sud, dove la popolazione cresceva
più che nel resto d’Italia, in un anno smette di crescere e diminuisce di 120mila persone.

Unità 21
Traccia 21 I2
Speaker: Questa volta parliamo di sètte, di maghi, e di tutti coloro che attirano in qualche modo con promesse –
naturalmente poi per spillare grandi quantità di soldi – con promesse di felicità, di riparazioni, persone
evidentemente poco caute, poco attente, o forse particolarmente fragili, pensiamo. Antonio Lojacono,
presidente della Società italiana di psicologia, benvenuto a Baobab.
Presidente: Buongiorno.
Speaker: Dottore, le persone che si rivolgono ai maghi, ai cartomanti, o che entrano a far parte di determinate
sètte, sono persone particolarmente fragili, come stavamo dicendo?
Presidente: Beh, in realtà sì, perché manifestano in qualche modo una paura, se vuole, di crescere, cioè di essere
autonomi. Spesso in questa società, piena di sicurezze, diciamo “insicure”, questa esigenza di magia
si esprime sempre di più; o di magia intesa in senso religioso o di magia, appunto, con i maghi che in
qualche modo in pochi secondi possono far guarire o far apparire delle cose che in realtà sono più
nella propria testa che nel quotidiano, diciamo.
Speaker: Quindi questa “creduloneria”, Lei la vede abbastanza legata con una incapacità di crescere?
Presidente: Sì, in questa società, come si dice da tempo, senza padre, si cercano padri e dèi un po’ dappertutto.
Tante volte il mago è molto più, come dire, affascinante, perché fa crescere diciamo immediatamente
con la fantasia una situazione irreale, ma che poi in realtà spesso e volentieri è più un’illusione. Quindi,
questa situazione anche di mondo virtuale, di computer, di mass media, è molto facile, no, entrare in
questo meccanismo compulsivo, no?
Speaker: Senta dottore, vorrei farLe sapere che noi abbiamo fatto un sondaggio, come del resto facciamo tutti i
pomeriggi, e la domanda che abbiamo fatto ai nostri ascoltatori era questa: se fossero mai stati da un
cartomante. Beh, il 66% dicono di esserci stati.
Presidente: Sì.
Speaker: Come giudica questa affermazione da parte del nostro pubblico?
Presidente: Beh, io penso che è legata un po’ alla paura della solitudine, secondo me, cioè la paura di non riuscire a
entrare in contatto in modo adeguato col proprio io e a viverci bene. Molte persone hanno bisogno ap-

14
Trascrizione dei brani audio

punto di distrarsi con altre cose e allora il mago aiuta, no, è diciamo una buona stampella, per l’illusione.
È anche la paura, secondo me, dell’autonomia: in questa società che cambia velocemente si ha molta
paura del cambiamento perché in realtà rappresenta l’estremo cambiamento, cioè la paura di morire, no?

Unità 22
Traccia 22 E2
Il terzo piano di Galata, il Museo del Mare del porto antico di Genova, ospita una mostra permanente dedicata
all’immigrazione italiana via mare e all’immigrazione straniera. Il visitatore è condotto lungo un itinerario che
comincia dalla Genova di fine Ottocento, punto di partenza per il viaggio della speranza verso l’America, e arriva
fino ai giorni nostri, ai barconi di Lampedusa e al difficile ma affascinante cammino verso l’integrazione di chi cerca
l’America in Italia. Ad ogni visitatore, all’ingresso, viene consegnato un passaporto appartenuto ad un migrante
del passato di cui può rivivere la storia grazie ad oltre 40 postazioni multimediali, molte delle quali interattive.
L’esposizione racconta il fenomeno migratorio con un allestimento molto curato, che ricostruisce i vicoli di Genova,
il piroscafo Città di Torino, utilizzato per la traversata dell’oceano, fino ai luoghi di approdo come Ellis Island a New
York, il coloratissimo quartiere de La Boca di Buenos Aires fino alla foresta brasiliana. L’ultima sezione è dedicata
all’immigrazione in Italia, con un richiamo forte alla tragedia degli sbarchi, ma anche al processo di integrazione,
che passa dal lavoro, dalla scuola e dalla cucina, insomma, dalla vita di ogni giorno, perché il fenomeno migratorio
non è solo un problema umanitario o di ordine pubblico, ma una realtà consolidata. Oggi, dice l’ISTAT, gli stranieri
costituiscono 7,4 per cento della popolazione.

Unità 23
Traccia 23 F1
Giornalista: Uno spettacolo potente ed emotivo, pensato a più livelli per i bambini e per i genitori, che
racconta i volti invisibili della criminalità organizzata attraverso una divertente messa in
scena di burattini.
Interpretato da Corrado Portuesi sotto la direzione di Alessio Di Modica, “Mafia Off” è
l’ultimo lavoro della compagnia siciliana Area Teatro, che proprio ieri è partita da Siracusa
per toccare Napoli, Roma e infine Firenze, dove parteciperà alla Giornata dell’Impegno e
della Memoria promossa dall’associazione Libera.
Regista: Abbiamo voluto fare uno spettacolo didattico, che raccontasse la storia della mafia dall’ori-
gine, la mafia di campagna, fino ad arrivare alla mafia dei nostri giorni, utilizzando dei testi
che sono nati proprio nei momenti di laboratorio con i bambini di queste scuole. È la mafia
come sopruso, come angherie, come il togliere quell’entusiasmo di vivere nei propri luoghi
d’appartenenza. Questa per noi rappresenta la prima tappa di un lungo viaggio che ci por-
terà fino a Firenze, il 16 marzo, alla giornata nazionale contro la mafia.
E proprio grazie all’associazione Libera, questa mattina lo spettacolo ha fatto tappa nell’I-
Giornalista: 
stituto “Giacomo Leopardi” di Fuorigrotta, per un pubblico di bambini della scuola primaria,
suscitando la curiosità e le domande, qualcuna davvero inaspettata, dei giovani spettatori.
Dirigente della scuola: Quest’attività, Mafia Off, rientra a pieno titolo in tutte le attività che già svolgiamo nella
scuola per... a favore della legalità. Quindi devo... colgo l’occasione per ringraziare Libera
per la disponibilità, e che ha dato l’occasione a questa compagnia di venire gratuitamente
nella nostra scuola, perché riteniamo assolutamente essenziale, nel complesso dell’offerta
formativa, andare a sostenere tutti gli aspetti che sono connessi alla legalità.
Giornalista: Nel pomeriggio lo spettacolo viene replicato al rione Sanità per i ragazzi dell’associazione
Sott’o Ponte, che si occupa di teatro e di educazione alla legalità.
Assessora alla scuola: I bambini della scuola “Leopardi” hanno un corpo docenti eccezionale, che normalmente
svolge attività didattiche a tutto campo, a 360 gradi. È una delle scuole che più lavora sui
valori della cittadinanza, in primis i valori della legalità. Mafia Off è uno spettacolo che vie-
ne offerto da una compagnia di Libera, siciliana, e che viene portato in giro per l’Italia per
ribadire per l’ennesima volta, nei luoghi scolastici, attraverso i laboratori coi bambini, che

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la camorra e la mafia sono problemi di tutti, non sono un problema soltanto di alcune fasce
di cittadinanza. Quindi noi dobbiamo solo ringraziare gli artisti di Mafia Off perché ci danno
un’opportunità e,…come dire, di estendere il messaggio attraverso l’estensione dei linguag-
gi, l’espansione dei linguaggi.

Unità 24
Traccia 24 F2
Giornalista: Lo scorso anno gli italiani che hanno preso in mano un libro sono poco più del 40 per cento,
e quelli che scelgono l’e-book il 32 per cento, ma noi il libro preferiamo sfogliarlo. Il semplice
leggere dà molti benefici: stimola la mente, riduce lo stress, amplia le conoscenze, arricchi-
sce il nostro vocabolario, migliora la memoria, l’attenzione e la concentrazione, ma chi legge
ne è consapevole?
Titolare della libreria: C’è la..…la consapevolezza che comunque leggere è un’attività che dà… che dà quel piacere
dato da tutto un insieme di collegamenti: il ricordo, l’immagine, la vista, il... l’immagine che si
ha in mente di un determinato luogo o di una cosa o di un posto. Quindi no, non è consape-
vole, però lo fa, lo fa proprio per completare tutti questi sensi.
Giornalista: Alimentare la lettura significa scegliere il libro giusto per la persona giusta e, certo, il libraio
è la figura migliore per questi consigli.
Titolare della libreria: È ovvio che i libri si possono acquisire in molti modi, però un conto è che io debba acquistare
un libro sapendo già che cosa cerco, se vado in internet devo sapere che cosa mi serve, lo
devo cercare direttamente abbastanza in maniera mirata, mentre invece il libraio e la libreria,
soprattutto, ti offre una panoramica e è il libro che ti viene incontro, è il libro che ti chiama.
Giornalista: Secondo ricerche dell’Università di Stanford leggere anche un solo romanzo richiede la co-
ordinazione di funzioni e cognitive complesse e multiple, come dire un toccasana per la no-
stra salute intellettuale.
Titolare della libreria: Laddove la lettura sconfina con lo studio, o comunque con una lettura impegnativa, diventa
effettivamente una fatica. Fatica che può essere associata, secondo me, ad un’attività fisica.
Serve per tenere allenato il nostro fisico, i nostri muscoli, la nostra mente. E così la lettura ci
mantiene in uno stato di sforzo che dà questa soddisfazione nella tensione del raggiungere
un qualche cosa.
Giornalista: Stimolare i nostri sensi è ciò che fa un libro e noi preferiamo quello cartaceo, che è da sfo-
gliare, da odorare, anche da guardare e da ascoltare, se lo si legge in compagnia, comunque
sempre da regalare.

Unità 25
Traccia 25 F1, F2
Se una sta libera, poi sta meglio, ricordatelo. Fortunata ha una vita affannata, una bambina di 8 anni e un matrimonio
fallito alle spalle con Franco. Fa la parrucchiera a domicilio, mentre sogna di aprire un negozio tutto suo con il suo
amico di infanzia Chicano, così da raggiungere un po’ di indipendenza economica e anche un po’ di felicità. Ha
pensato a tutto ed è pronta a tutto, ma non ha considerato la variabile dell’amore, che arriva all’improvviso e ha
un nome: Patrizio. Sergio Castellitto si conferma autore di cinema per un grande pubblico. Racconta la storia
di Fortunata come un vero e proprio romanzo popolare, pieno di colori e di vitalità disperata. La vera forza del
film sta nella sua regia fisica, muscolare, irrequieta, affamata di vita, gioiosa e indisciplinata, proprio come la
sua protagonista. Fortunata è bellissima nel suo istinto vitale e sensuale, proprio quello che Franco vorrebbe
sopprimere, e che Patrizio non riesce a contenere. Il vero protagonista maschile di questo film è il denaro che
manca, che diventa anche una scusa per giustificare i propri fallimenti. Perché l’illusione secondo cui è la gente
con i soldi che fa girare il mondo è anche un po’ una scusa per ritardare all’infinito la presa di responsabilità di ogni
personaggio in cerca di una via d’uscita. Come già in “Non ti muovere”, Castellitto mostra una profonda empatia
con le reali difficoltà di essere donna e madre nel nostro paese. Fortunata incarna il desiderio di sentirsi libere e il
bisogno di venire rispettate.

16
Trascrizione dei brani audio

Unità 26
Traccia 26 H2
Giornalista: Agostino Saccà, direttore di Rai Fiction ha detto che ci sono troppe fiction “romano-centriche”, allu-
dendo al dialetto romano, ma comunque di dialetto ce n’è abbastanza. Ne vogliamo parlare con En-
rico Menduni, docente di Cultura e Formati della TV e della radio all’Università Roma Tre, buonasera,
professore.
Professore: Buonasera a tutti.
Giornalista: Allora, io dicevo: non c’è tanto Roma, ma c’è anche dell’altro, c’è anche, non so, il siciliano di Camilleri,
tanto per dirne una, e vorremmo cercare di capire con il suo aiuto: è bene che ci siano questi dialetti,
è bene invece che la televisione parli un buon italiano, come succedeva quando...
Professore: Negli anni Sessanta già la televisione parlava con un piccolo accento romanesco che poi insieme al
cinema ha contribuito a fare del romanesco la lingua ufficiale italiana, non più il fiorentino, il toscano,
l’Accademia della Crusca eccetera eccetera; queste cose le ha già dette Tullio De Mauro molto meglio
di me. Dagli anni Sessanta l’italiano con venature romanesche è la lingua nazionale. Punto. La Rai
non ha fatto eccezione, è stata anzi una delle battistrada finché non è arrivata la televisione privata
che parla in milanese. Ancora oggi le annunciatrici della Mediaset sono generalmente molto più nor-
diche della Rai. La Rai, punta sul vivo, oppure non so con qualche capostruttura leghista, non lo so,
cerca di recuperare, mettendoci qualche ambientazione padana. Non è male, non è male perché non
dimentichiamo che anche Camilleri in televisione, o anche La squadra, sì, sono vernacoli, ma il tes-
suto connettivo è sempre la romanità. Cioè sono dialetti siciliani o napoletani mediati da un sostrato
romanesco. È bene che siano cose fatte bene e non delle grandi, come si dice in radio, delle grandi
fesserie, ecco, mi stava venendo una parola un po’ più rude.
Giornalista: No, quella che ha detto per la radio va bene. Senta, però questo genere di tendenza, che però non è
solamente una tendenza, evidentemente, ormai è una pratica diffusa è anche in ogni altro genere di
messaggio, io stavo pensando per esempio alla pubblicità.
Professore: No, dunque... Beh, qui non so se sono proprio interamente d’accordo con Lei, perché storicamente,
diciamo lo spettacolo nasce a Roma e la pubblicità a Milano, no? Storicamente.

Unità 27
Traccia 27 I2, I3
Nonostante sia considerato uno dei più importanti pittori italiani, Giorgio de Chirico nasce a Volo, in Tessaglia. La
Grecia e il mondo classico avranno un ruolo fondamentale nell’immaginario dell’artista. Nei suoi dipinti, al fianco
di piazze e caseggiati moderni, compaiono colonne, busti classici e candide statue di marmo. Giorgio de Chirico
studia al Politecnico di Atene, all’Accademia di Belle Arti di Firenze e all’Accademia di Belle Arti di Monaco di Baviera,
dopodiché si trasferisce a Milano, nel 1909, e infine a Parigi nel 1911, dove già viveva suo fratello Alberto. Nella
capitale francese fa la conoscenza di Picasso e stringe amicizia con i poeti Paul Valery e Guillaume Apollinaire. È
in questo periodo che dà vita ad una delle serie di quadri più note, quella delle piazze metafisiche. Il dipinto della
prima piazza di De Chirico, Enigma di un pomeriggio d’autunno, nasce da una visione, come spiegò l’artista stesso
in seguito: “ebbi la strana impressione di guardar quelle cose per la prima volta, e la composizione del dipinto si
rivelò all’occhio della mia mente”. Quando esplode la prima guerra mondiale si arruola come volontario insieme
al fratello Alberto. I due vengono inviati in servizio a Ferrara. È qui che Giorgio incontrerà il pittore futurista Carlo
Carrà, più grande di lui di 7 anni. I due daranno avvio alla corrente nota come Pittura metafisica. Per pittura
metafisica si intende un’arte che usa gli strumenti tecnici tipici della pittura per rappresentare qualcosa che va al
di là dell’esperienza sensoriale, lasciando spazio a sogni e visioni frutto dell’inconscio. Nella pittura metafisica
anche i luoghi, per quanto realistici, assumono una valenza onirica per via di una prospettiva spesso distorta di
elementi apparentemente fuori luogo e di colori innaturali. Elementi chiave delle opere metafisiche di De Chirico
sono le immense piazze prive di presenza umana, in cui emergono elementi bizzarri come manichini, busti di
marmo e colonne classiche. Da queste opere spesso traspare un senso di solitudine e inquietudine, come se ci
trovassimo immersi in uno strano sogno. Per la figura del manichino, simbolo dell’uomo automa contemporaneo,
De Chirico trae ispirazione dall’uomo senza volto, personaggio di un dramma del fratello Alberto Savinio, pittore e
scrittore. Le opere più celebri di questo periodo sono Ettore e Andromaca e Le muse inquietanti.

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Unità 28
Traccia 28 L1
Attore: L’attore chi è? È uno che finge, in maniera anche abbastanza... abbastanza preoccupante, sul pia-
no proprio etico generale, che finge sentimenti che non prova. È uno che riveste... che riveste idee
e sentimenti altrui, cioè è un abnorme, è un mostro per definizione. Poi si tratta di farlo, appunto,
senza prendersi troppo sul serio perché, per carità di dio, dicevo prima: “oggi soprattutto ci sono
problemi molto più importanti”.
Intervistatore: Ma io mi ricordo di certe sue dichiarazioni di non moltissimi anni fa, in cui lei diceva che faceva il
cinema soltanto per pagarsi il teatro, quasi che il cinema fosse un genere inferiore rispetto al teatro.
Ecco, adesso, dopo le grandi rivalutazioni della commedia all’italiana - e di film di cui lei è stato
protagonista, Il sorpasso, I soliti ignoti - lei direbbe ancora che fa il cinema soltanto per potersi
permettere l’arte del teatro?
Attore: Le dichiarazioni, che rimontano effettivamente a molti, molti anni fa, direi una ventina d’anni fa,
erano anche dovute al fatto che il cinema non mi voleva bene, in quel momento, e allora anch’io non
l’amavo molto. Ho aspettato poi di avere delle occasioni un pochino più valide delle prime che mi
son capitate, ma anche il mio atteggiamento e il mio amore è cambiato.
Intervistatore: Senta, parliamo un po’ di questa Commedia all’italiana. Forse è una delle ultime occasioni che si
hanno per parlarne fra noi in modo semplice, perché adesso andrà in mano ai “professori”. Lei sa
che a Parigi i Cahiers du Cinéma, dei quali tutti parliamo con rispetto, pubblicheranno due numeri,
uno appresso all’altro, sulla commedia all’italiana.
Attore: Be’, in Francia effettivamente, negli ultimi anni, c’è stata un’attenzione vorace sul cinema italiano. E
sulla commedia all’italiana, che poi è un’etichetta che significa e non significa. Io credo però che sia
giusto, un’attenzione giusta, e che ripaga quel tanto di… perfino di snobismo con cui, al suo apparire,
alcuni buoni prodotti della commedia all’italiana sono stati un pochino trascurati, o anche… smentiti,
per poi accettarli di riflesso. Ma questo succede sempre, non c’è da far polemiche né da scandaliz-
zarsi nemmeno troppo.

Unità 29
Traccia 29 G
Giornalista: Allora, stasera noi abbiamo Gianmarco Ciampa, un grande talento del conservatorio.
Intervistato: È... è veramente un grande talento, ma è un ragazzo adorabile, tra l’altro, perché si paga gli studi, si
è pagato gli studi insegnando ai ragazzi delle scuole medie, facendo tournée in giro per il mondo e
gli ho detto: “ma come fai a trovare ingaggi, hai un agente?”. Ha detto: “no, no, no, io guardo le riviste,
vedo dove ci sono i concorsi, vado là, li vinco, eh, li vinco tutti, e poi loro mi tengono per un po’ di
tempo”. Adesso parteciperà al master… però vorrei che la gente che lo sentirà non lo considerasse “un
giovane”, cioè, lui è un talento che già è arrivato, c’ha la sua, ehm, posizione, una posizione importan-
te e, se mi è consentito da questa gentile signora che è vicino a me, vorrei spendere una parola sul
Conservatorio di Santa Cecilia. È un’istituzione vecchissima, è un’istituzione che raccoglie, a Roma,
1557 studenti di 52 nazioni diverse. Io vivo a Milano, il conservatorio di Milano ha 1500 allievi, ma di
una ventina di nazioni. Quindi questa è una specie di Nazioni Unite della musica. Solo che ho trovato
una situazione logistica di stanze, di aule, di cose che… ascensori, strumenti…veramente molto vecchi.
Quindi un invito che faccio, se viene raccolto da qualcuno: aiutate il Conservatorio di Santa Cecilia.
Perché io tra un anno non ci sarò più, ma il Conservatorio esiste da tantissimi anni, insomma, e quindi…
Roma merita d’avere un conservatorio più bello visto che i valori che sono dentro sono veramente
valori di grande interesse artistico.
Giornalista: Intanto siamo qui, Lungotevere... al Lungotevere Roma che si apre, proprio, con i ragazzi di Santa
Cecilia. Vogliamo fare un augurio?
Intervistato: Cosa? Assolutamente. Glielo faccio a loro. E tra l’altro si apre con i ragazzi e continua con i ragazzi,
perché tutto il programma musicale sarà curato dai ragazzi. Dai ragazzi, dagli studenti, dai diplomati
di Santa Cecilia e la gente che verrà qua si accorgerà quanta varietà di musica e a che livello questi
ragazzi sono capaci di cantarla e di suonarla.

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Trascrizione dei brani audio

Unità 30
Traccia 30 F2
Giornalista: Dal 14 al 16 agosto Urbino, città patrimonio dell’Unesco e fulcro del Rinasci-
mento italiano, vestirà nuovamente i preziosi abiti di corte per la trentaquat-
tresima edizione della Festa del Duca, in un fine settimana ricco di spettacoli
rinascimentali, teatro di corte, musiche e danze quattrocentesche, mostre, la-
boratori e tanto altro ancora per ricordare lo splendore del Montefeltro.
L’intero centro storico tornerà indietro nel tempo per far rivivere la quotidianità
quattrocentesca. Rigorosamente in costume d’epoca, le truppe del signore
del Montefeltro per i vicoli e le salite del centro, dove si esibiranno colorati
sbandieratori di Sansepolcro, musici con ghironde e danzatori in coreografie
rinascimentali, mentre il corteo storico accompagnerà verso i momenti centrali
della festa.
Assessore: Per noi la Festa del Duca è un pretesto per evocare tutto il ricco lascito culturale
e dell’artigianato artistico che, nel nostro Montefeltro e anche nel Montefeltro
storico, perché ci sono artisti che arrivano da una zona estesa, non soltanto
qua della nostra provincia, ma anche da Rimini, da tutto quello che era il Mon-
tefeltro storico.
Giornalista: Quest’anno, vista l’enorme affluenza dello scorso anno, l’amministrazione ha
voluto puntare forte su questo evento centrale nell’estate urbinate, raddoppian-
do l’offerta di spettacoli e intrattenimento.
Assessore: Questo è un appuntamento del... del… mese d’agosto più importante. L’anno
scorso ci sono stati flussi di presenze che hanno sfiorato gli 80.000 visitatori,
quindi quest’anno abbiamo spalmato tutti i mercati storici nella città, quindi
per offrire ancora di più al turista e catturarlo, impressionarlo, con la speranza
che poi ritorni ad Urbino.
Giornalista: Cuore della manifestazione la rievocazione storica dedicata all’ingresso del
Duca Federico nell’Ordine della Giarrettiera, la più alta carica inglese, avvenuta
nel 1474.
Presidente Associazione Culturale: Da alcuni anni noi, come associazione, abbiamo preso, diciamo, come punti di
riferimento delle nazioni ospiti. Quest’anno è stata scelta l’Inghilterra perché,
molti sapranno già, nel periodo di Federico da Montefeltro l’Inghilterra con l’al-
lora Signoria di Urbino ha avuto dei grandi rapporti che si sono protratti anche
nel tempo, con soddisfazione da entrambe le parti.

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