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INFERMIERISTICA

CLINICA GENERALE

PRIMO ANNO, CORSO DI STUDI DI INFERMIERISTICA


DI BRESCIA
BONCORAGLIO SIRIA

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11 MODELLI FUNZIONALI DI SALUTE DI M. GORDON
La raccolta dati viene effettuata seguendo il modello olistico di M. Gordon e non tramite il
modello dei sistemi corporei (=descrivere le caratteristiche ed eventuali alterazioni del
soggetto partendo dai capelli fino alle dita dei piedi) in quanto è considerato un modello che
esclude la sfera psicologica e sociale del soggetto preso in esame.
1. PERCEZIONE E GESTIONE DELLA SALUTE: il paziente gestisce la sua salute, il successo
nel soddisfacimento dei bisogni umani si basa sulla cultura, la società, le aspettative
e la propria salute.
2. NUTRIZIONE E METABOLISMO: modelli stabiliti precocemente nella vita. Soddisfare
questi bisogni umani è necessario per la vita.
3. ELIMINAZIONE: correlata alla nutrizione e al metabolismo. Cruciale nel soddisfare i
bisogni umani.
4. ATTIVITA’ ED ESERCIZIO: energia necessaria per soddisfare altri bisogni. I problemi
nel soddisfare questi bisogni interferiscono con bisogni differenti.
5. COGNITIVO E PERCETTIVO: correlato alla percezione e alla gestione della salute.
Estensione della consapevolezza del paziente relativamente ai bisogni umani.
6. VALORI E CREDENZE: legami fra i modelli fisiologici di salute e la teoria dei bisogni
umani.
7. PERCEZIONE DI SÉ
8. CONCETTO DI SÉ
9. RUOLI E RELAZIONI
10.SESSUALITA E RIPRODUZIONE
11.COPING E TOLLERANZA ALLO STRESS
Visione olistica della persona in continua interazione l’ambiente: ogni modello è
l’espressione di un’interazione biopsicosociale. Nessun modello può essere compreso
senza conoscere gli altri modelli funzionali del soggetto.
 L’attenzione sulla persona e non sulla malattia
 La giusta qualità e quantità di dati di interesse infermieristico
 Permette di identificare i punti di forza e non solo i deficit della persona
 Può essere usato per le persone di tutte le età e tutti gli ambiti
RACCOLTA DATI:
 Esame fisico
 Documentazione clinica e bibliografica DATI OGGETTIVI
 Intervista
 Osservazione DATI SOGGETTIVI

MODELLO INDIVIDUALE:
 DISFUNZIONALE: i dati rilevati mostrano che il soggetto non rientra nei range di
normalità;
 RISCHIO: giudizio clinico secondo il quale una persona è più vulnerabile nei confronti
di un certo problema e rischia che ciò possa diventare disfunzionale;
 FUNZIONALE: i dati rilevati riguardanti il soggetto rispecchiano uno stato di buona
salute in merito al modello indagato;

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DIAGNOSI INFERMIERISTICHE NANDA
 giudizio clinico riguardante una risposta umana di un individuo, caregiver, famiglia,
gruppo o comunità a condizioni di salute/processi vitali attuali o una vulnerabilità a tale
risposta.
 ATTUALE/REALE: sono presenti le caratteristiche definenti tipiche di ogni problema
di salute, in integrazione ai fattori correlati. Non sono presenti quindi solo i fattori
che possono contribuire a scatenare il problema ma i sintomi tipici e riconosciuto per
il problema specifico.
 RISCHIO: è una diagnosi che presenta i fattori correlati che possono scatenare il
problema di salute. Potrebbero esserci anche dei sintomi ma se sono considerati
troppo vaghi non contribuiscono alla formulazione di diagnosi reale ma solo attuale.
 SINDROME: è una diagnosi che fa riferimento ad un insieme di problemi o rischi che
la persona manifesta in seguito ad un unico fattore correlato.
 PROMOZIONE DELLA SALUTE: diagnosi che aiuta i soggetti che potrebbero
manifestare, in seguito, una patologia e gli interventi per prevenirli.

UD-2 MODELLO NUTRIZIONALE METABOLICO


CONTENUTI:
 Fattori che influiscono sulla nutrizione, l’idratazione, l’equilibrio idro elettrolitico e
sulla temperatura corporea;
 Accertamento e valutazione sulla persona;
 Nutrizione normale e alterazioni delle funzioni nutrizionale e del comportamento
alimentare (scale di valutazione);
 Idratazione normale, bilancio idrico e alterazioni dell’equilibrio idro-elettrolitico e
acido-base;
SCALE DI VALUTAZIONE:
˃ MUST: scala di valutazione della malnutrizione. I parametri considerati sono il BMI,
il calo di peso in breve periodo e il modello dell’assunzione di cibo. Viene assegnato
un punteggio da 0=basso rischio a 2=alto rischio per ciascuno di questi parametri.
˃ MINI NUTRITIONAL ASSESSMENT MNA: scala di valutazione del grado di
malnutrizione. I parametri considerati sono la valutazione antropometrica (peso,
altezza e perdita di peso), dieta e autonomia dell’autovalutazione alimentare.
˃ NRS 2002 ESPEN: scala unidimensionale numerica del rischio di malnutrizione che
identifica il soggetto in diverse score.
˃ BEDSIDE SWALLOW ASSESSMENT: identifica i pazienti con disturbi della deglutizione
ed a rischio di aspirazione.
DIAGNOSI NANDA:
o Nutrizione squilibrata: inferiore al fabbisogno metabolico;
o Volume di liquidi insufficiente;
o Rischio di volume di liquidi insufficiente;
o Volume di liquidi eccessivo;
o Disponibilità a migliorare la nutrizione;
o Sovrappeso;
o Rischio di aspirazione;

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PIANIFICAZIONE DEI RISULTATI ATTESI E DEGLI INTERVENTI ASSISTENZIALI:
 Gestione assistenziale della persona con nutrizione squilibrata inferiore al fabbisogno
metabolico;
 Gestione assistenziale della persona con nausea e vomito;
 Gestione assistenziale della persona con disfagia;

GESTIONE NUTRIZIONE E ALTERAZIONI


I NUTRIENTI:
 Carboidrati
 Proteine Energia
 Grassi

 Vitamine
Processi corporei
 Minerali

 Acqua Equilibrio idrico, digestione, assorbimento, metabolismo dei cibi

TERMINOLOGIA DI RIFERIMENTO
 APPETITO: buona disposizione a mangiare;
 DISAPPETENZA: perdita del piacere di mangiare;
 INAPPETENZA: riduzione o perdita dell’appetito (temporaneo);
 ANORESSIA: perdita persistente dell’appetito (sintomo);
 BULIMIA: esagerazione del senso dell’appetito;
 POLIFAGIA: ingestione di eccessiva quantità di cibo per sensazione di fame
insaziabile;
 POLIDIPSIA: aumento eccessivo della sete;
 ERUTTAZIONE: eliminazione rumorosa, per via boccale, di gas presenti nello
stomaco;
 PIROSI: sensazione di bruciore allo stomaco, spesso seguita da rigurgito;
 RIGURGITO: reflusso in esofago o in bocca di modica quantità di materiale gastrico;
 NAUSEA: sensazione sgradevole di oppressione gastrica che spesso precede il
vomito. Può essere accompagnata da pallore cutaneo, sudorazione, scialorrea,
astenia e malessere generale. È secondaria a stimolazione del sistema nervoso
vegetativo;
 DISPEPSIA: sindrome da non funzionalità gastrica caratterizzata da nausea,
inappetenza, senso di peso epigastrico, eruttazione…
FATTORI CHE INFLUENZANO L’ALIMENTAZIONE:
 Stile di vita;  Stato psicologico;
 Abitudini;  Presenza di dolore, disfagia, astenia,
 Cultura e convinzioni; nausea…
 Risorse economiche;  Esercizio fisico;
 Genere;  Fattori ambientali (confort,
 Assunzione di farmaci o droghe; isolamento);
 Interventi chirurgici;  Capacità di preparare e assumere il
 Tumori e trattamenti; cibo;
 Condizioni patologiche che influenzano la capacità di usare i nutrienti (patologie che
alterano il fabbisogno metabolico);
 Abuso di alcol poiché l’alcol offre inoltre un senso di sazietà scompensato dall’assenza
di nutrienti;

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ACCERTAMENTO  IDENTIFICAZIONE DEL MODELLO FISIOOGICO
 Dieta e liquidi quotidianamente assunti
Nelle 24h oppure con il diario settimanale;
 Grado di appetito;
 Preferenze alimentari (densità dei cibi, gusti, orario, cibi non assunti per cultura o
religione);
 Intolleranze alimentari o allergie;
 Difficoltà di deglutizione o masticazione;
 Livello di energia;
ACCERTAMENTO  IDENTIFICAZIONE DEI FATTORI DI RISCHIO O ALTERAZIONI
 Perdita di peso;
 Abuso di alcol cronico (senso di sazietà);
 Fattori socio-economici (povertà, isolamento…);
 Condizione patologiche croniche o acute (demenze, diabete, tumori…);
 Presenza di segni o sintomi quali: anoressia, problemi di masticazione, ulcere delle
mucose, disfagia, nausea, vomito…
 Assunzione di farmaci o droghe;
ACCERTAMENTO  OSSERVAZIONE DELL’ASPETTO GENERALE
o Pelle  appare secca, anelastica e disidratata;
o Unghie  appaiono macchiate o rotte;
o Capelli e peli  sono fragili;
o Mucose  si infiammano facilmente;
o Tono/ forza muscolare  ipotonia muscolare;
o Addome
ACCERTAMENTO  RILEVAZIONE DELLE MISURE ANTROPOMETRICHE
 Peso;
 Altezza;
 Indice di massa corporea BMI (peso Kg/altezza m2);
 Misurazioni specifiche:
- Circonferenza braccio,
- Pliche cutanee,
- Giro-vita,
ACCERTAMENTO  ESAMI DIAGNOSTICI EMATOCHIMICI
- Albumina e pre-albumina;
- Ematocrito ed emoglobina;
- Transferrina (=proteina che trasporta il ferro)
- Proteina legante il retinolo;
- Creatinina (bassa in caso di atrofia muscolare da malnutrizione);
- Bilancio dell’azoto;
DI DISPONIBILITA’ A MIGLIORARE LA NUTRIZIONE
DEFINIZIONE: modello di assunzione di nutrienti che può essere rafforzato.
CARATTERISTICHE DEFINENTI: dichiarato desiderio di migliorare la nutrizione.
DI RISCHIO DI ASPIRAZIONE
DEFINIZIONE: vulnerabilità all’ingresso nelle vie tracheobronchiali di secrezioni
gastrointestinali, orofaringee, solidi o liquidi che può compromettere la salute.

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FATTORI DI RISCHIO:
o Diminuita mobilità gastrointestinale; o Depressione del riflesso faringeo;
o Riduzione del livello di coscienza; o Tosse inefficace;
o Ritardato svuotamento gastrico; o Disfagia;
o Nutrizione per sonda;

DISFAGIA
 Difficoltà nella deglutizione di cibi solidi o liquidi dovuto ad un deficit delle strutture o
della funzionalità orale, faringea o esofagei.
SEGNI E SINTOMI:
o Residui di cibo in bocca;
o Tosse;
o Segni di soffocamento;
o Voce gorgogliante;
o Rigurgiti nasali e orali;

In base alla
SEDE

Disfagia OROFARINGEA Disfagia ESOFAGEA


+ liquidi + solidi

In base al
TIPO DI LESIONE

Disfagia Disfagia MECCANICA


Problemi nel passaggio
NEUROMOTORIA
esofago stomaco es
COMPLICANZE: restringimento, ostruzione o
da movimenti antiperistaltici
 Malnutrizione;
 Disidratazione;
 Polmonite ab-ingestis;

Durante il pasto parte del cibo va nei polmoni, si hanno problemi


respiratori con insufficienza di ossigeno che può portare alla morte

La TOSSE può rappresentare un riflesso utile anti-soffocamento che consiste nel percepire,
inconsciamente, che parte del cibo è situato all’apertura laringea e non esofagea, viene
quindi prodotto un colpo d’aria che dalla laringe spinge il cibo fino al suo ritorno nella cavità
orale.
RESIDUI DI CIBO
I residui di cibo nella cavità orale possono portare a:
˃ Ulcere date dall’alterazione del pH e della mucosa orale;
˃ Facilita l’insorgenza di infezioni;
Bisogna quindi aumentare la frequenza dell’igiene del cavo orale.

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ACCERTAMENTO  IDENTIFICARE I SOGGETTI DISFAGICI
L Screening disfagia tramite il test di deglutizione dell’acqua o water swallow test
(necessità immediata per poter procedere nell’assistenza infermieristica, sospetto al
momento del ricovero);
L Test di valutazione effettuato tramite la scala di valutazione bedside swallowing
assessment (è più accurato e aiuta la fase di riabilitazione;

WATER SWALLOW TEST


 Valutazione standardizzata della deglutizione al letto del paziente.
1. Accertare il livello di coscienza, postura, riflesso della tosse, qualità della voce e
capacità di deglutire la saliva;
2. Somministrare 5 ml di acqua a temperatura ambiente con un cucchiaino da caffè
per tre volte;
Se il pz presenta tosse severa e voce gorgogliante si sospende il test
Grado 4 – disfagia grave
3. Somministrare 50 ml di acqua in un bicchiere a piccoli sorsi, si fa parlare il pz per
valutare la qualità della voce e si monitorizza la comparsa di tosse o altri segni
Voce rauca e/o gorgogliante
Grado 3 – disfagia moderata
Solo voce rauca e/o gorgogliante
Grado 2 – disfagia lieve
Se non presenta segni e sintomi
Grado 1 – disfagia assente

La disfagia implica affaticamento fisico, quindi evitare igiene o fisioterapia prima dei pasti.
GESTIONE DELLA DISFAGIA
 Verificare il tipo e la gravità della disfagia;
 Selezione degli alimenti e della dieta:
- DIETA OROFARINGEA con ridotta masticazione, difetto del transito orale e
della deglutizione.
Cibi con consistenza semisolida tipo creme, budini o gelati;
Acqua solo gelificata o con addensanti;
Evitare pane secco, riso, carne trita e minestrone;
- DIETA ESOFAGEA con difetto del transito faringeo o esofaringeo.
Cibi di consistenza morbida o più liquida;
Acqua permessa;
 Assistere ed educare all’utilizzo di meccanismi per un’alimentazione in sicurezza:
- Prima del pasto: posizione seduta con schiena eretta e testa lievemente flessa,
verificare lo stato di vigilanza, evitare un ambiente con distrazioni, predisporre
un aspiratore vicino alla zona del pz, garantire l’igiene orale e utilizzare cibi
agri o acidi (aceto, limone…).
- Durante e dopo il pasto: evitare di far parlare il pz mentre mangia,
somministrare una dieta con consistenza, omogeneità, scivolosità e coesione
adeguata al tipo di disfagia. Introdurre il cibo con un cucchiaino da caffè o 10-
15 ml per volta, verificare che abbia deglutito prima di un nuovo boccone,
ispezionare periodicamente il cavo orale, dopo il pasto attendere 30 minuti per
effettuare l’igiene orale. Insegnare a tossire in modo efficace per far eseguire
i colpi di tosse dopo 1-2 deglutizioni. Prevenire le complicanze come polmonite
ab-ingestis, soffocamento e malnutrizione o disidratazione.

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VOMITO (vomito + disfagia = pz a rischio, D.I. di rischio dominio nutrizione, sono
considerati fattori correlati alle patologie infermieristiche poiché come sintomi
sono troppo generici).
 atto riflesso caratterizzato da un rapido svuotamento del contenuto gastrico per via
retrograda attraverso la bocca:
1. Contrazione antiperistaltica dello stomaco;
2. Contrazione della muscolatura diaframmatica e addominale;
3. Apertura dello sfintere cardiale;
In genere è preceduto da:
 Nausea;
 Scialorrea (=aumento della salivazione);
 Sudorazione;
 Ipotensione;
 Pallore;
TIPOLOGIE DI VOMITO
Variano in base all’assenza o alla presenza di sintomi premonitori:
 CENTRALE (cerebrale)
- Vomito a getto,
- La causa non è data da problemi gastrointestinali es tumori, formazioni
benigne,
- Determinato da ipertensione intracranica,
 PERIFERICO: ha cause gastrointestinali
- Ipertensione gastrica,
- Irritazione della mucosa gastrica,
 PSICHICO: legato a turbe, disturbi d’ansia es autoinduzione,
CARATTERISTICHE DEL VOMITO
- QUANTITA’: dipende dal contenuto gastrico e dalla frequenza degli episodi;
 CONSISTENZA
- Liquido;
- Semiliquido;
 ODORE: in relazione al contenuto
- Acido;
- Ematico;
- Fecale
- + sgradevole dato dal cibo;
 QUALITA’:
- ACQUOSO  gastro-succorrea, c’è una prevalenza dei succhi gastrici, tende al
bianco trasparente;
- MUCOSO: dato dalle gastriti catarrali, biancastro e semisolido;
- PURULENTO: dato da gastriti di origine infettiva con ascessi (flemmoni) che
presentano pus;
- ALIMENTARE;
- BILIARE: c’è un reflusso di bile dal duodeno, ha un colorito verdastro o giallo
scuro;
- FECALOIDE  liquame bruno proveniente dall’intestino tenue, molto liquido;
- FECALE  prevalenza di feci provenienti dall’intestino crasso, ha le stesse
caratteristiche del materiale fecale e si vomita per ridurre la pressione;
- EMATICO  CAFFEANO: rosso scuso, sangue vecchio;

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 EMATEMESI: sangue rosso vivo, fresco, indica un sanguinamento
in corso, rischio di emorragia interna e shock. Se non viene trattato
può manifestarsi anche sotto forma di MELENA (=feci scure, nere).
COMPLICANZE DEL VOMITO
 SQUILIBRIO IDRO-ELETTROLITICO: perde liquidi, vomita numerose volte grandi
volumi di succhi gastrici che contengono acido cloridrico, sodio, potassio ed elettroliti.
Così viene a svilupparsi una condizione di ALCALOSI: perdita di liquidi acidi ed
elettroliti;
 AB-INGESTIS: inalazione di liquidi nelle vie aeree con conseguente rischio di
polmonite specifica (inalando il vomito), è frequente in persone con deficit motori e
disturbi delle funzioni cognitive (non sentono i segni premonitori del vomito).

SOFFOCAMENTO
 deprivazione di ossigeno dovuta all’ingestione, nelle vie aeree, di un bolo alimentare o
altro corpo estraneo. È una condizione estrema dettata anche dall’eccessiva quantità di
materiale che ostruisce le vie aeree.
La persona è impossibilitata a parlare o strillare, il viso diventa cianotico, congestionato e
con le vene giugulari ingrossate. Porta disperatamente le mani alla gola, h auna tosse molto
debole e la respirazione diviene difficoltosa e produce un rumore acuto. Può verificarsi
l’arresto cardio-circolatorio.
MANOVRA DI HEIMLICH  persona cosciente
1°. Colpi dorsali:
- Posizionarsi al fianco del paziente, leggermente dietro;
- Sostenere il torace con una mano facendo in modo che il paziente si sporga in
avanti e si appoggi al braccio per favorire la fuoriuscita del corpo estraneo;
- Colpire fino a 5 volte con l’altra mano sul dorso del paziente, fra le scapole;
- Se i colpi non hanno effetto eseguire la manovra di Heimlich IN PIEDI.
2°. Manovra di Heimlich:
- Posizionarsi in piedi, dietro al paziente;
- Cingere le braccia intorno ai fianchi, sotto le braccia del paziente;
- Una mano è piegata con il pugno chiuso e posizionata con la parte del pollice
appiattita contro l’addome, sotto le costole e sopra l’ombelico;
- L’altra mano afferra il pugno e provoca una serie di spinte verso l’alto finché
l’oggetto che ostruisce le vie aeree non viene espulso;
- Le spinte non devono mai comprimere o stringere la gabbia toracica.
Le nuove linee guida prevedono che vengano alternati 5 colpi dorsali e 5
compressioni sottodiaframmatiche.
MANOVRA DI HEIMLICH  persona incosciente
NO  RCP
Le nuove linee guida non prevedono che un soccorritore generico pratichi questa manovra
su una persona priva di coscienza, limitandosi alla procedura di rianimazione
cardiopolmonare.
1. Posizionare supino il paziente;
2. Sollevare il capo ed estendere il mento;
3. Verificare se sono visibili corpi estranei nel cavo orale;
4. Eseguire due insufflazioni, se non efficaci, tentare fino a 5 volte;
5. Se non si ottengono due insufflazioni efficaci, iniziare ad eseguire le compressioni
toraciche;
6. Ogni 30 compressioni effettuare 2 insufflazioni;

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MANOVRA DI HEIMLICH  lattante
Colpi interscapolari o dorsali:
 Posizionare il bambino sull’avambraccio, in modo da creare un piano rigido;
 La testa va tenuta in leggera estensione e più in basso rispetto al tronco;
 Appoggiare l’avambraccio sulla coscia;
 Applicare 5 vigorosi colpi in sede interscapolare;
Compressioni toraciche:
 Mettere il paziente su un piano rigido con la stessa metodica utilizzata per le pacche
dorsali;
 Eseguire 5 compressioni toraciche con la stessa tecnica utilizzata per il massaggio
cardiaco;
 Le compressioni sono applicate con una frequenza di circa 1 ogni 3 secondi;
 5 pacche dorsali e 5 compressioni toraciche;
MANOVRA DI HEIMLICH  bambino
5 colpi dorsali e 5 compressioni subdiaframmatiche fino alla disostruzione o fino a quando
non diventa incosciente.

MALNUTRIZIONE  il 30-60% dei pazienti ospedalizzati è malnutrito


 stato nutrizionale in cui un deficit, un eccesso o squilibrio di energia, proteine e altri
nutrienti causa effetti indesiderati ma misurabili sulla composizione corporea, sulla
funzionalità di organi e tessuti e sulla prognosi a breve e lungo termine.
 stato di squilibrio, a livello cellulare, fra il rifornimento di nutrienti e di energia, troppo
scarso o eccessivo, e il fabbisogno del corpo per assicurare il mantenimento, le funzioni, la
crescita e la riproduzione delle cellule. Si può sviluppare rapidamente ma la sua correzione
richiede un prolungato trattamento nutrizionale.
Una ridotta o aumentata quantità di cibo assunti, insieme ad un alterato assorbimento dei
nutrienti o ad un aumentato fabbisogno di essi, porta alla malnutrizione. Questo stato si
caratterizza per la deplezione delle riserve tissutali, alterazioni funzionali o microstrutturali
con segni e sintomi clinici specifici. Le conseguenze di questa condizioni si dividono in
primarie e secondarie. Le conseguenze primarie sono le difficoltà nella guarigione delle
ferite, della funzionalità intestinale, della funzionalità muscolare, della risposta ventilatoria
ed immunitaria. Le conseguenze secondarie invece sono l’aumentata morbilità e mortalità
che si caratterizzano per un aumento della durata della degenza, l’impiego quotidiano di
farmaci e un peggioramento della qualità della vita.
- Qualità e quantità di nutrienti non soddisfacente;
- Deficit / eccesso / squilibri di energia, proteine e nutrienti;
- Effetti sono misurabili sullo stato di salute;
ACCERTAMENTO  IDENTIFICARE I SOGGETTI A RISCHIO DI MALNUTRIZIONE
UTILIZZARE LE SCALE DI VALUTAZIONE
 MUST malnutrition universal screening tool;
 MNA mini nutritional assessment;
 NRS 2002 ESPEN nutritional risk screening;
IDENTIFICAZIONE DEL BMI / IMC (=indice di massa corporea)
peso g
È il rapporto peso-altezza  BMI/IMC = altezza cm2

Se non ho a disposizione le misure di altezza e peso posso misurare la lunghezza della


gamba oppure la lunghezza dell’avambraccio.

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SQUILIBRIO DELLA RICHIESTA-FORNITURA DI CIBO
Potrebbe esserci un mancato assorbimento intestinale dato da alterazioni funzionali o
strutturali (es intolleranze, tumori, ostruzioni…). Anche lo stomaco può contribuire ad uno
squilibrio in quanto il vomito successivo all’ingestione non permette l’assorbimento dei
nutrienti.
AUMENTO DEL FABBISOGNO DI NUTRIENTI
Fisiologicamente parlando il fabbisogno di nutrienti potrebbe aumentare nel caso
dell’incremento dell’aumento dell’attività fisica mentre, patologicamente parlando la febbre
aumenta il metabolismo e le richieste di nutrienti come le crescite tumorali che portano i
soggetti a cachessia neoplastica.
OBIETTIVI DELL’ASSISTENZA
 Assume un adeguato apporto  Dimostra adeguate conoscenze;
dietetico;  Raggiunge un livello di peso sano;
I CRITERI DI RISULTATO (si valuta se sono presenti in fase di valutazione):
 Assunzione di una dieta ipercalorica 1800 kcal;
 Il pz non perde peso durante la degenza;
PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI
 Identificare i soggetti a rischio di malnutrizione attraverso l’uso di scale;
 Calcolare il fabbisogno calorico della persona assistita e definire il tipo di dieta
necessaria tramite l’intervento del dietista (in media 35 kcal x Kg)
- Dispendio energetico basale BEE
- Grado di attività fisica
 Dieta frazionata per chi presenta disfagia o inappetenza e stabilire la consistenza dei
cibi (es morbida, solida, semisolida, liquida…);
 Se presente il rischio di malnutrizione o in caso di aumentato fabbisogno calorico
fornire una dieta ipocalorica o iperproteica;
 Evitare digiuni inutili e prolungati;
 Monitorare:
- Introiti di liquidi e cibo (suddivisione della portata in 4 parti e bilancio idrico)
- Peso del pz misurato periodicamente;
 GESTIONE DI NAUSEA E VOMITO
- Rilevare segni e sintomi premonitori, se presenti, invitando la persona a
compiere respiri profondi durante la nausea. Fornire il materiale necessario
per affrontare la situazione (contenitore, teli o accompagnare al bagno se la
mobilità lo consente). Evitare di far compiere al pz movimenti bruschi,
comprimere le ferite chirurgiche.
- Posizionare correttamente in pz per evitare l’ab-ingestis e l’aspirazione
Persone coscienti: seduta o decubito laterale;
persone incoscienti: decubito laterale;
- Valutare e registrare le caratteristiche del vomito;
- Assistenza igienica e protettiva, aspirare il materiale residuo dalla bocca e
aspirare correttamente nella persona incosciente;
- Eventuale terapia antiemetica su P.M. (=prescrizione medica);
 GESTIONE DELLA NUTRIZIONE INFERIORE
- Assistere la persona durante il pasto:
o Posizione: se possibile al tavolo o seduta a letto (se gradita),
o Igiene delle mani prima del pasto e igiene orale dopo il pasto,
o Soddisfare il bisogno di eliminare prima del pasto,
o Ausili personalizzati per promuovere autonomia,

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- Adottare strategie volte a stimolare l’appetito e implementare l’apporto
calorico e proteico:
o Frazionare i pasti,
o Limitare l’assunzione di liquidi prima e durante i pasti,
o Fortificare i cibi (burro, mascarpone, miele…),
o Approfittare dei momenti in cui si esprime desiderio di mangiare,
o Favorire il riposo prima del pasto e la socializzazione durante il pasto se
desidera,
o Somministrare cibi graditi,
o Utilizzare integratori alimentari se indicati e secondo il fabbisogno,
 A formulazione completa ipercalorici);
 A formulazione specifica per i nutrienti (iperproteici);
 A formulazione specifica per patologia (nefropatici, diabetici);
o Controllare dolore, nausea, vomito…
o Mantenere un ambiente confortevole (odore, igiene…),
IN DIFETTO
L IMC inferiore alla norma:
- IMC < 18.5 sottopeso;
- IMC < 16 cachessia (=stato di profondo deperimento generale);
L Perdita di peso evidenziata dalle misure della bilancia e dagli esami ematici in quanto
si evidenza una carenza proteica di prealbumina (emivita breve 3 gg, evidenzia
malnutrizione recente) e albumina (emivita di 20 gg, evidenzia malnutrizione in lungo
periodo) e transferrina;
L Carenza di anticorpi (conta linfocitaria), data dalla carenza proteica;
L Riduzione dell’introito di cibo dato anche da problemi primari es disfagia, dolore,
nausea…;
L Riduzione di energia, anche come conseguenza di altri problemi, accentuata
dall’igiene effettuata prima dei pasti o dalla fisioterapia;
L Riduzione dell’appetito data dallo stato d’animo del soggetto, es imbarazzo per essere
dipendente e dato dall’imboccatura (momento di relazione e non solo di intervento
infermieristico), fretta degli operatori percepita come una perdita di tempo
(strategie alternative anche per la prevenzione);
GESTIONE DEGLI INTERVENTI
Funzione intestinale:
 Adeguata  via enterale insufficiente Copertura dei fabbisogni:
- <1 mese SNG/SND
- >1 mese PEG/PEJ SI  nutrizione enterale totale
 Insufficiente  via parenterale totale NO  integrazione con parenterale
- <15 gg via periferica
- >15 gg via centrale
 Somministrare formule enterali tramite sonda qualora il paziente non riesca ad
alimentarsi per os (via orale).
Nutrizione enterale NE – NET (totale):
- ATTRAVERSO SONDA SNG sondino nasogastrico, naso-duodenale e naso-
digiunale;
- ATTRAVERSO STOMIA  PEG-PEJ gastrostomia endoscopica percutanea e
digiunostomia;
 Somministrare soluzioni nutrizionali per via parenterale periferica o centrale.
Nutrizione parenterale NP – NPT:
- CVP catetere venoso periferico;
- CVC catetere venoso centrale;

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IN ECCESSO  30% popolazione è in sovrappeso, 9% obeso
L IMC superiore alla norma:
- IMC tra 25 e 29.9 sovrappeso;
- IMC >30 obesità (3 classi: 30-34.9, 35-39.9, >60);
Possibili problematiche di salute possono essere:
 Ipertensione,  Ictus,  Apnee notturne,
 Diabete,  Tumori,  Incontinenza,
 Colesterolo alto,  Osteoartrite,  Depressione,
 Trigliceridi alto,  Danni in gravidanza,  Maggiore crescita di
 Cardiovascolari,  Mestruo abbondante, peli,

DI SOVRAPPESO
DEFINIZIONE: condizione in cui una persona accumula grasso anomalo o in eccesso in
relazione a valori standard per età e genere.
CARATTERISTICHE DEFINENTI:
- Adulto IMC > 25 Kg/m2
DI RISCHIO DI SOVRAPPESO
DEFINIZIONE: vulnerabilità ad un accumulo di grasso anomalo o in eccesso in relazione a
valori standard per età e genere che può compromettere la salute.

TEMPERATURA CORPOREA E ALTERAZIONI


TEMPERATURA CORPOREA: è la quantità di calore posseduta dall’organismo
Il calore è prodotto da: Il calore è disperso:
- radiazione: emanazione di calore
- metabolismo
(60%)
- contrazione muscolare
- conduzione: mezzi es acqua (3%)
- ormoni tiroidei
- convezione: es ventilatore (12%)
- sistema nervoso simpatico
- evaporazione (sudore 22% -
perspiratio2%)
- minzione/defecazione (1%)

I MECCANISMI DI REGOLAZIONE DELLA TC


VOLONTARIO INVOLONTARIO
 Aggiungere/rimuovere abiti
 Spostarsi in ambienti più caldi/freddi
 Aumentare/ridurre attività
Ruolo dell’ipotalamo
muscolare
 Immersione in acqua
 Uso ventilatori

REGOLAZIONE INVOLONTARIA  IPOTALAMO


 IPOTALAMO ANTERIORE  CENTRO TERMOLITICO (cellule termosensibili centrali e
periferiche) e causa la dispersione del calore
- Vasodilatazione - < secrezione TSH
- > sudorazione (tirotropina)
- > respirazione - < attività
- < metabolismo - Risposte comportamentali

13
 IPOTALAMO POSTERIORE  CENTRO TERMOGENETICO (recettori termici cutanei) e
causa la produzione e conservazione di calore
- Vasocostrizione - > secrezione TSH,
- Orripilazione adrenalina e noradrenalina
- Raggomitolamento - > attività
- Brividi - Risposte comportamentali
- > metabolismo

FATTORI CHE INFLUENZANO LA TEMPERATURA COMPOREA


 Ritmo circadiano
 Sesso (ovulazione)
 Età
 Esercizio fisico
 Introduzione del cibo
 Temperatura ambientale
 Fattori legati allo stato di salute/malattia
- Patologie che alterano il centro della termoregolazione
- Patologie infettive
- Trattamenti farmacologici
- Assunzione di sostanze stupefacenti, alcool…
ALTERAZIONI DELLA TEMPERATURA CORPOREA:
 Ipertermia febbrile (febbre e iperpiressia)
 Ipertermia non febbrile (es colpo di calore)
 Ipotermia

FEBBRE O PIRESSIA
 aumento TC che supera le normali variazioni giornaliere e si manifesta, insieme
all’aumento del SET POINT, in risposta alla presenza di sostanze PIROGENE (esogene es
batteri e virus, e endogene es citochine).
Quando l’ipotalamo percepisce la presenza di sostanze pirogene aumenta, mediante l’azione
delle prostaglandine, il valore soglia (set point) al fine di creare un ambiente sfavorevole
alla minaccia percepita.
 Iperpiressia: TC > 40-41,5°C

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FISIOPAOLOGIE DELLA FEBBRE
 APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO  APPARATO RESPIRATORIO
- Aumento FC (8 bat/min ogni - Aumento FR
°C) - Polipnea (aumento FC)
- Aumento PA (fase di /dispnea
insorgenza  CUTE
- Riduzione PA (fase - Brividi
defervescenza) - Sudorazione
 SISTEMA NERVOSO  APPARATO DIGERENTE E URINARIO
- Confusione mentale - Digestione lenta
- Alterazioni stato coscienza - Nausea
- Delirio - Stipsi
- Convulsioni - Contrazione diuresi
INTERVENTI ASSISTENZIALI
 Garantire comfort alla persona
 Educarla sul significato della febbre
 Ridurre la temperatura e monitorarne l’andamento
 Prevenire la disidratazione, gli squilibri idro-elettrolitici e/o altre complicanze
FASI DELLA FEBBRE
1° FASE  INSORGENZA in cui il corpo lavora per raggiungere il nuovo set point
- Malessere generalizzato - Cute pallida e fredda
- Sensazione di freddo - Aumento attività muscolare
- Brivido, orripilazione - Accovacciamento
- Aumento metabolismo - Possibile aumento pressorio
INTERVENTI ASSISTENZIALI
 Coprire il paziente con coperte o abiti extra
 Garantire adeguata temperatura ambientale
 Somministrare liquidi caldi
 Ridurre la frequenza e l’intensità dello sforzo (soprattutto nei pazienti con problemi
cardio-vascolari
 e respiratori)
2° FASE  FEBBRILE in cui, raggiunto l’acme (apice), il corpo mantiene la sua temperatura
- Cessano i brividi e si avverte calore - Possibile alterazione della cognizione,
- Cute arrossata e calda crisi convulsive
- Senso di malessere, astenia, cefalea, - Aumento FC (8 batt/min) –FR
dolori muscolari, fotofobia (aumenta il metabolismo 10-13%)
- Sete (mucosa orale secca), disturbi
digestivi
INTERVENTI ASSISTENZIALI
 Favorire la dispersione del calore
 Rimuovere le coperte, far indossare indumenti leggeri
 Favorire il raffreddamento attraverso la conduzione e l’evaporazione se TC >
39°C o pazienti a rischio
- Spugnature con acqua tiepida, coperte refrigeranti…
- Posizionare il ghiaccio a livello dei grandi vasi (inguine, ascella) e/o
Valutarne
applicare impacchi freddi in fronte
l’efficacia
- Aumentare la circolazione dell’aria
- Raffreddare la temperatura ambientale
 Promuovere l’idratazione (aumento introito di liquidi) e monitorare il bilancio idrico
 Favorire una frequente igiene orale
 Se indicato somministrare farmaci antipiretici e riposo
 Favorire una dieta ricca di carboidrati, proteine (facilmente digeribile)

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3° FASE  DEFERVESCENZA O DI CRISI in cui il set point ritorna a livelli più bassi in risposta
alla riduzione dei pirogeni o all’assunzione di antipiretici
- Senso di calore - Possibile riduzione PA
- Sudorazione profusa (calda)

INTERVENTI ASSISTENZIALI
 Mantenere interventi della fase precedente
 Garantire comfort alla persona:
- Cambiare frequentemente gli indumenti e le lenzuola
- Garantire l’igiene
- Far indossare abiti leggeri
 Monitorare eventuale presenza di segni sintomi di disidratazione: mucose secche,
aumento del senso della sete, occhi infossati, oliguria, astenia, tachicardia,
ipotensione…
 Rilevare
 parametri vitali
IPERTERMIA NON FEBBRILE
 Definizione: temperatura interna superiore al normale range diurno a causa di una
termoregolazione inefficace.
 Caratteristiche definenti: arrossamento cutaneo, cute calda al tatto, tachicardia,
tachipnea, irritabilità, convulsioni, aumento TC>37°C.
 Fattori correlati: abbigliamento inadeguato, farmaci/anestesia, attività vigorosa,
aumento del metabolismo, disidratazione, malattia, diminuita capacità di sudare,
esposizione ad ambiente caldo.
 rialzo incontrollato della temperatura (>37,7 orale e 38,8 rettale) che eccede la capacità
del corpo di disperdere calore. Non è legata all’azione di pirogeni e non vi è l’innalzamento
del set point ipotalamico, per questo non risponde agli antipiretici.
FISIOPATOLOGIA DELL’IPERTERIA NON FEBBRILE
Eccesso di produzione di calore da parte del corpo (attività fisica intensa in ambienti caldi
e uso di stupefacenti…)
1°. Incapacità a livello del SN di disperdere il calore (anziani, lesioni ipotalamo, uso di
farmaci…)
2°. Presenza di ambienti molto caldi e/o con alti tassi di umidità
INTERVENTI ASSISTENZIALI
 Favorire il raffreddamento attraverso l’evaporazione e la conduzione (non raffreddare
troppo rapidamente  non abbassare la TC più di 0,2°C al minuto)
 Se prescritto somministrare benzodiazepine (prevenzione delle convulsioni febbrili)
 METODI DI RAFFREDDAMENTO ESTERNO
- Spogliare il paziente
- Ridurre la temperatura ambientale
- Effettuare bagni in acqua fresca
- Coperte di raffreddamento
- Uso di panni freschi sul viso e fronte
- Uso di ghiaccio su inguine e ascelle
 METODI DI RAFFREDDAMENTO INTERNO
- Lavaggio gastrico con fisiologica fredda
- Lavaggio peritoneale con fisiologica fredda
- Somministrazione endovena di liquidi freddi
Non raffreddare troppo rapidamente: non abbassare la temperatura corporea più di
0,2°C al minuto

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COLPO DI CALORE
si ha ritenzione di un’eccessiva quantità di calore corporea perché il meccanismo centrale
di termoregolazione interrompe la regolazione della sudorazione.
Eccessiva attività in ambienti molto caldi e/o molto umidi, può essere associato a turbe
cardiovascolari, alcolismo, obesità, età avanzata, precedenti stati febbrili.
SINTOMI:
o Cute calda o Sensorio
o Secca o Tachipnea
o Capogiri o Tachicardia
o Obnubilamento o Ipotensione

IPOTERMIA <35°C

 Definizione: temperatura interna inferiore al range normale diurno a causa di


termoregolazione inefficace.
 Caratteristiche definenti: brividi, cute fretta, pallore, vasocostrizione,
acrocianosi, letto ungueale cianotico, pilo-erezione, tachicardia, ipertensione,
T°C<35.
 Fattori correlati: abbigliamento inadeguato, farmaci, alcol, danno ipotalamico,
diminuzione del metabolismo, età avanzata, malnutrizione, inattività.

 condizione in cui la temperatura corporea di un individuo scende sotto i livelli di


normalità. Se grave può provocare oltre che vasocostrizione, alterazioni micro-circolatorie,
lesioni ai tessuti (accidentale o indotta).
SINTOMI: CAUSE:
o cute pallida e fredda  esposizione a basse temperature
o bradicardia ambientali
o polso filiforme  esposizione ad acqua fredda
o brividi  lesioni dell’ipotalamo
o alterazione del ritmo cardiaco  assunzione di farmaci o alcol
o alterazione dello stato di coscienza  interventi chirurgici

INTERVENTI ASSISTENZIALI
 fare attenzione ai pazienti a rischio (=anziani e neonati esposti a lungo al freddo,
sottoposti ad intervento chirurgico o con lesioni cerebrali)
 monitorare le condizioni del paziente e ridurre la perdita di calore
 favorire il riscaldamento del paziente con metodi:
- esterni  coprire il paziente, modificare la temperatura ambientale e utilizzare
coperte termiche
- interni  somministrazione di ossigeno preriscaldato a 40-45°C e umidificato
con infusione di soluzioni elettrolitiche calde

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UD-4 MODELLO ATTIVITA’ ED ESERCIZIO FISICO
ESERCIZIO FISICO: energia necessaria per soddisfare altri bisogni. I problemi nel
soddisfare questi bisogni interferiscono con bisogni differenti.
- Grado di funzionalità e capacità motoria
- Grado di autonomia nelle attività quotidiane o cura di sé (ADL)
- Livello di energia e tolleranza all’attività
Accertamento del modello individuale: bisogna capire se il modello è funzionale
(esprime salute, potenzialmente disfunzionale oppure è completamente disfunzionale.
REGOLAZIONE DEL MOVIMENTO
L’attività motoria richiede la coordinazione fra:
 Apparato scheletrico (sostegno-gradi di movimento)
 Apparato muscolare (movimento-postura)
 Sistema nervoso (regola movimento e postura-propriocezione-equilibrio)
 Sistema cardio-vascolare e respiratorio (energia)
 Sistema vestibolare (equilibrio)
FATTORI CHE INFLUENZANO IL MOVIMENTO:
 Stile di vita e abitudini
 Fattori legato allo stato di salute e malattia poiché ci sono situazioni cliniche che
possono determinare un danno:
- Al sistema muscolo-scheletrico e articolare
- Al sistema nervoso centrale
- Al sistema cardio-vascolare
 Problemi congeniti
 Presenza di malattie debilitanti
 Presenza di sintomi o problemi che possono interferire con il movimento (dolore,
astenia, malnutrizione, obesità)
 Atteggiamenti e valori
 Apparecchi che limitano il movimento (gesso, trazioni, monitor, drenaggi…)
 Disturbi psicologici (affettivi o stato emotivo (depressione, ansia)
 Fattori sociali e ambientali (lavoro, socializzazione, barriere architettoniche)

MOBILITA’: è la capacità di muoversi liberamente nell’ambiente.


 NORMALE: possibilità di realizzare senza fatica qualsiasi movimento in modo
coordinato e volontario
 RIDOTTA: impossibilità parziale o totale di eseguire un movimento e/o di spostarsi
nell’ambiente

IMMOBILITA’: impossibilità di muoversi liberamente nell’ambiente ed è una situazione di


inattività muscolo-scheletrica. L’immobilità può essere:
- Temporanea - Regressiva
- Transitoria - Permanente
- Progressiva - Irreversibile
ABILITA’: è la capacità di realizzare un’azione, di compiere un lavoro, AUTONOMIA
di portare a termine un programma o un progetto determinato.
INABILITA’: assoluta incapacità a svolgere un’azione, sia nel caso
che questa capacità non sia mai stata posseduta, sia che sia stata persa.
DISABILITA’: qualsiasi restrizione o carenza (conseguente ad una DIPENDENZA
menomazione) della capacità di svolgere un’attività nel modo o
nei limiti ritenuti normali per un essere umano (OMS).
TIPOLOGIE DI DISABILITA’

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 Confinamento individuale
 Disabilità nelle funzioni
 Disabilità nel movimento
 Disabilità sensoriali
ATTIVITA’ FISICA: qualsiasi forza esercitata dai muscoli scheletrici che aumenta il dispendio
energetico al di sopra del livello base (a riposo).
STATO FUNZIONALE: abilità di realizzare le attività quotidiane a fronte delle limitazioni
fisiche o mentali derivanti dalla malattia.
TOLLERANZA ALL’ATTIVITA’: è l’intensità o la durata di uno sforzo fisico che un individuo
riesce a sostenere.
INTOLLERANZA ALL’ATTIVITA’: condizione nella quale la persona non è in grado di
effettuare esercizio fisico ad un livello o per la durata attesa per una persona in quelle
condizioni fisiche (a causa di dolore, affaticamento o altri effetti negativi).
SEDENTARIETA’:
- Sedentari: 38.4%
- Attività sporadica: 31.2%
L’inattività fisica causa nel mondo annualmente 1.9 milioni di morti (OMS).
È responsabile del:
˃ Cancro mammella, colon, diabete: 10-16%
˃ Cardiopatia ischemica: 22%
Secondo una stima dell’OMS l’eliminazione della sedentarietà può portare alla riduzione:
 Del 15-39% delle malattie cardio-vascolari
 Del 33% degli ictus cerebrali
 Del 22-33% del cancro del colon
 Del 18% delle fratture ossee secondarie a osteoporosi

BENEFICI DELL’ESERCIZIO FISICO:


 RIDUZIONE DELL’ATEROGENESI: Diminuzione:
migliore profilo lipidico - Tono simpatico
Aumento - Aritmie
- Sensibilità insulinica - Spasmo coronarico
- Funzione endoteliale - Pressione arteriosa
Diminuzione:
 EFFETTO PSICOLOGICO
- Adiposità
Aumento:
- infiammazione
- Capacità cognitive
 EFFETTO ANTI-ISCHEMICO - Percezione del controllo
Aumento: - Tono dell’umore
- Flusso coronarico - Percezione di benessere
- Capacità metabolica del tessuto - Autostima
micardiaco - Senso di indipendenza
- Periodo diastolico Diminuzione:
Diminuzione: - Ansia
- Frequenza cardiaca e pressione - Stress
arteriosa a esercizio sub-
 EFFETTO ANTIBIOTICO
massimale
Aumento:
 AZIONE SUL SISTEMA NERVOSO - Attivatore tissutale del
AUTONOMO plasminogeno
Aumento: Diminuzione:
- Tono vagale - Fibrogeno
- Guadagno nei meccanismi - Inibitore dell’attivatore del
baroriflessi plasminogeno

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 PROFILO LIPIDICO Aumento:
Aumento: - β-endorfine
- Colesterolo HDL - GH (ormone della crescita)
Diminuzione: - cortisolo
- Colesterolo totale Diminuzione:
- Trigliceridi - proteina C reattiva
- infiammazione
 METABOLISMO GLUCIDICO: migliore
profilo lipidico  EFFETTO ANTINEOPLASTICO
Aumento: Aumento:
- Sensibilità insulinica - Funzione immunologica
- Uptake di glucosio della cellula - Capacità di riparazione del DNA
muscolare - Azione sulla funzione ormonale
Diminuzione:
 FUNZIONE ENDOTELIALE
- Glucogenesi epatica
Aumento:
- Emoglobina glicata
- Produzione di ossido nitrico
 AZIONE SUL SISTEMA IMMUNITARIO E
 EFFETTO OSTEOGENICO
ORMONALE
Aumento:
- Massa ossea

ATTIVITA’ ED ESERCIZIO
 Percezione e gestione della salute: descrive come la persona percepisce il suo
stato di salute e le modalità in cui la gestisce. Include la gestione dei rischi per la
salute, abitudini e stili di vita che influenzano la salute, comportamenti, trattamenti
e prescrizioni, storia medica e sanitaria in genere.
 Nutrizionale e metabolico: descrive come la persona assume il cibo e i liquidi in
termini di qualità e quantità, gli indicatori di fabbisogno metabolico dell’organismo.
Descrizione della cute, unghie, membrane, mucose, peso, altezza e TC.
 Eliminazione: descrive i modelli della funzione escretoria (intestino, rene e cute)
compreso le abitudini della persona. Include i dispositivi impiegati per il controllo
delle escrezioni.
 Sonno e riposo: descrivere i modelli di sonno e riposo nell’arco delle 24 h, inclusa
percezione della persona rispetto al livello di riposo/sonno energia, gli ausili e le
abitudini.
 Cognitivo-percettivo: descrivere l’adeguatezza delle modalità sensoriali della
persona (sensi), i relativi disturbi e la presenza di protesi (es, percezione del dolore
e la sua gestione), abilità cognitive come il linguaggio, la memoria e l’assunzione di
decisioni.

INTERVISTA
˃ Modello di esercizio fisico dichiarato: tipo, frequenza…
˃ Abilità percepita nei movimenti a letto, fuori dal letto, per gli spostamenti…
˃ Difficoltà o limitazioni percepite nel movimento o cambiamenti
˃ Energia percepita per svolgere le attività necessarie/desiderate
˃ Presenza di sintomi che possono influenzare il movimento: dispnea, dolore,
stanchezza, cardiopalmo durante attività...
˃ Presenza di fattori che possono influenzare il movimento e/o il RISCHIO DI
CADUTA

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OSSERVAZIONE-ESAME OBIETTIVO
 GRADO DI FUNZIONALITA’ MOTORIA:
 Abilità a muovere e utilizzare arti superiori e inferiori, le mani…
 Valutazione della forza, massa e del tono muscolare (=facilità con cui un arto può
essere mosso passivamente, resistenza della massa muscolare alla compressione)
 Capacità ad attuare movimenti finalizzati a svolgere le attività di vita quotidiana

 Indice Kats
 Scala Barthel Guardare da file inviato
 Scala IADL – ADL

 ALTERAZIONI MUSCOLARI:
 Massa: volume/dimensione del muscolo
- Ipertrofia
- Ipotrofia
- Atrofia

 Forza: resistenza/potenza di un muscolo


- Totale: plegia
 Monoplegia
 Emiplegia
 Tetraplegia
 Paraplegia
- Parziale: paresi
 Monoparesi
 Emiparesi
 Tetraparesi
 Paraparesi (arti inferiori)

 Tono: stato in cui si presenta il muscolo


- Ipotono (flaccidità)
- Ipertono (spasticità): i muscoli flessori lavorano in eccessività es piedi
introflessi, mani piegate

 GRADO DI EQUILIBRIO E POSTURA: è la posizione assunta dalle articolazioni, tendini,


legamenti e muscoli (varie parti del corpo) quando la persona è seduta, in piedi o distesa.
La postura eretta e il movimento sono possibili solo se il baricentro (centro di gravità)
è stabile.

 ALLINEAMENTO FISIOLOGICO DEL CORPO: è il corretto allineamento posturale corretto


del soggetto tramite il l’allineamento delle ossa, dei muscoli e delle articolazioni. In questo
caso il baricentro è stabile e le articolazioni/muscoli non sono in condizioni di estensione
o flessione estreme.

Vantaggi dell’allineamento fisiologico:


 Riduce lo sforzo sulle strutture muscolo-scheletriche ed i rischi di lesioni
 Aiuta a mantenere un tono muscolare adeguato
 Contribuisce all’equilibrio ed alla conservazione dell’energia

POSIZIONE ERETTA:
- La schiena si presenta “dritta” rispetto - Le braccia sono lungo i fianchi con una
alla fisiologia vertebrale lieve flessione dei gomiti
- La testa è rivolta in avanti - Le mani sono posizionate a conchiglia
- Il mento è posizionato a 90° sul collo - Ginocchia lievemente flesse
- Le spalle sono lievemente addotte - Gambe lievemente divaricate
- Piedi diretti in avanti

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POSIZIONE SEDUTA:
- La schiena si presenta “dritta” rispetto - Le mani sono posizionate a conchiglia
alla fisiologia vertebrale - Le cosce sono flesse a 90° sul tronco
- La testa è rivolta in avanti - Le gambe sono flesse a 90° sulla coscia
- Il mento è posizionato a 90° sul collo e lievemente divaricate
- Le spalle sono lievemente addotte - Piedi diretti in avanti
- Le braccia con lieve flessione dei gomiti

 ALTERAZIONI DELLA POSTURA E DELL’EQUILIBRIO:


Sono le tendenze di una persona a “pendere verso un lato:
 Retro pulsione
 Antero-pulsione
 Latero-pulsione

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 ABILITA’ DI CAMMINARE/ANDATURA E DEAMBULAZIONE:

FASE DI APPOGGIO FASE DI OSCILLAZIONE

o Regolarità e ciclicità
o Pendolarismo degli arti superiori in direzione controlaterale alle gambe
1. FASE DI APPOGGIO: Posiziono il tallone, poi la pianta del piede con le dita e do una
spinta
2. FASE DI OSCILLAZIONE: prima di ottenere una nuova fase di appoggio
ALTERAZIONI DELLA DEAMBULAZIONE:
 ANDATURA ATASSICA: caratterizzata da vacillamenti e instabilità con tendenza a
cadere all’indietro di lato e con la base d’appoggio (piedi) allargata
 ALTERAZIONE FALCIANTE O EMIPARETICA: una gamba non partecipa egualmente
alla camminata rispetto all’altra, viene trascinata e buttata in avanti con un
movimento ad arco verso l’esterno. Il piede è in flessione plantare
 ANDATURA SPASTICA O STEPPANTE: la camminata diventa rigida e lenta; le cosce
sono vicine e tendono ad incrociarsi anteriormente ad ogni passo, le dita dei piedi
sembrano afferrare e trascinare qualcosa
 ANDATURA ANSERINA O ONDEGGIANTE: caratterizzata da un’accentuata lordosi
lombare e protrusione dell’addome, a piedi larghi e distanti (a papera) con
inclinazione del bacino verso l’arto in movimento ad ogni passo Andatura falciante o
emiparetica
 ANDATURA PARCHINSONIANA O FESTINANTE: a passo corto e strisciante con
riduzione dei movimenti pendolari degli arti superiori e il tronco e il capo flessi in
avanti. Caratterizzata da difficoltà della messa in modo e dell’arresto, nonché da una
progressiva accelerazione.

 ALTERAZIONI DELLA COORDINAZIONE: movimenti incontrollati, si distingue un


movimento coordinato da uno non coordinato si distingue dalla precisione e dal fine che
riesco ad ottenere al fine di raggiungere lo scopo.
-ATASSIA: disturbo della coordinazione muscolare con conseguente irregolarità dei
movimenti e incapacità di conservare l’equilibrio nella posizione eretta (è mantenuta
la forza)
-COREA: si manifesta con un susseguirsi di movimenti involontari, esplosivi, irregolari,
a-finalistici che possono colpire una parte del corpo o tutto il corpo. Di breve durata,
e del tipo a scatti improvvisi, migrano da una parte del corpo all’altra.
-ATETOSI: stato caratterizzato da movimenti di torsione lenti, involontari, irregolari e
continui, soprattutto a carico dei muscoli della faccia, della lingua e delle estremità
distali delle mani e dei piedi;
-TREMORE: movimento oscillatorio involontario, ritmico e ripetitivo, di una parte del
corpo dovuta a contrazioni muscolari. Può essere presente a riposo o quando si
comincia un movimento

23
-DISTONIA: anomalia del tono muscolare caratterizzata da movimenti involontari con
contrazioni (spasmi) al termine del movimento.
 ESCURSIONE ARTICOLARE FISIOLOGICA  ROM (range of motion)
È il movimento possibile che un’articolazione può effettuare
 ATTIVA: quando il soggetto assistito esegue l’escursione in autonomia.
 PASSIVA: quando l’operatore valuta l’escursione articolare della persona assistita.

TIPI DI MOVIMENTO ARTICOLARI:


 FLESSIONE: diminuzione dell’angolo dell’articolazione (es piegare il gomito)
 ESTENSIONE: aumento dell’angolo dell’articolazione (raddrizzare il braccio)
 IPERESTENSIONE: estensione eccessiva o stiramento di un’articolazione (es piegare
la testa all’indietro)
 ABDUZIONE: movimento di allontanamento di un osso dalla linea mediana del corpo
 ADDUZIONE: movimento di avvicinamento di un osso dalla linea mediana del corpo
 ROTAZIONE: movimento di un osso intorno al suo asse centrale
 CIRCONDUZIONE: movimento circolare di una parte distale di un osso mentre rimane
fissa la parte prossimale
 EVERSIONE: rotazione della pianta del piede all’esterno muovendo l’articolazione
della caviglia
 INVERSIONE: rotazione della pianta del piede all’interno muovendo l’articolazione
della caviglia
 PRONAZIONE: movimento delle ossa dell’avambraccio in modo che il palmo della
mano sia rivolto verso il basso quando tenuto davanti al corpo
 SUPINAZIONE: movimento delle ossa dell’avambraccio in modo che il palmo della
mano sia rivolto verso l’alto quando tenuto davanti al corpo

ALTERAZIONI DELLA FUNZIONALITA’ ED ESCURSIONE ARTICOLARE:


o INFIAMMAZIONE DELL’ARTICOLAZIONE: rossore, gonfiore, calore, funzione lesa,
dolore
o LIMITAZIONE FNZIONALE: rigidità
o CONTRATTURE delle articolazioni:
- Piede equino o cadente
- Extrarotazione dell’anca
- Polso cadente

CONTRATTURE: progressivo accorciamento di un muscolo, con perdita della mobilità


articolare dovuta alla fibrosi dei tessuti attorno all’articolazione.
Da una ridotta mobilità può presentarsi una riduzione della flessibilità articolare che porta
dolore e di conseguenza la struttura delle articolazioni diventa fibrosa e rigida. Se non si
interviene adeguatamente i muscoli si atrofizzano e sopraggiunge la contrattura.

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 DOCUMENTAZIONE CLINICA RACCOLTA
 Prescrizioni mediche (decubito obbligato a letto-immobilizzazione)
 Patologie presenti e passate
 Esami strumentali:
- Esami radiografici - Artroscopia
- Risonanza magnetica - Elettromiografia
 Esami biochimici:
- Emoglobina: trasportando ossigeno ai muscoli si capisce il deficit da cosa
può essere causato
- Ematocrito

 OSSERVAZIONE ED ESAME FISICO


 Polso: percezione di pressione e battito
 Pressione arteriosa
 Respiro:
- Frequenza - Profondità
- Ritmo - Suoni respiratori

SEGNI E SINTOMI DELL’INTOLLERANZA ALL’ESERCIZIO FISICO:


 Test del cammino: 6 minuti
 Mancato ritorno entro 3-4 minuti al valore FC (frequenza cardiaca) precedente
all’attività
 Aumento eccessivo della FC e FR (frequenza respiratoria) con modificazioni del ritmo
(FC > 100 bpm a riposo);
 Infine si altera la PA sistolica a riposo (PA > 200 mm Hg)
 Dispnea (dato soggettivo), affanno, dolore toracico
La SCALA DI BORG serve per stabilire il livello (da 1 a 10) di dispnea di partenza soprattutto
per i soggetti che soffrono di dispnea cronica, per valutare la variazione ed educare la
persona a fermarsi nel momento in cui si realizzano dei livelli critici.
I dati riferiti al Modello di Attività ed Esercizio fisico sono normali, esprimono un rischio o
sono alterati.
POSIZIONI O DECUBITI A LETTO  i cuscini servono per mantenere l’allineamento
posturale
 Trendelemburg o declive 30°
 Antitrendelemburg o proclive: con un cuscino sotto la testa, uno dietro alla schiena
e dietro alle ginocchia (es pressione intracranica)
 Supina: a pancia in su con un cuscino sotto le ginocchia, uno sotto alla schiena e
uno dietro la testa
 Dorsale: supina con le ginocchia piegate e un ginocchio dietro la testa
 Ginecologica o litotomica
 Semi-seduta o semi-flower 30-45°
 Seduta o flower o semi-ortopedica 80-90°
 Laterale: con un cuscino sotto al ginocchio e uno sotto al braccio
- 30°
Per il cambiamento della pressione e prevenire delle lesioni
- 90°
 SIMS o semiprona: laterale con il ginocchio perpendicolare al corpo con un cuscino
sotto la testa, è una posizione a metà strada tra la lesione da decubito sx e per
favorire l’evacuazione per l’ingresso del liquido da clistere
 Prona: a pancia in giù con un cuscino sotto l’addome, uno sotto i piedi e uno sotto
la testa con le braccia a fianco del cuscino
 Genupetturale: rannicchiato in avanti con il sedere all’insù
 Laterale
 Ortopnoica: seduta sul letto con il soggetto aggrappato e appoggiato al tavolino ad
altezza dei gomiti e con i piedi appoggiati su una posizione piana

25
CAMBIO DI POSIZIONE: solitamente è stabilita ogni 2h ma può variare
o Chiedo al paziente se percepisce dolore o fastidi
o Controllo la cute
o Potremmo cambiare materasso nel caso il paziente non voglia spostarsi così spesso
(es materassi anti decubito)
 bisogna mantenere il paziente con deficit motori in corretto allineamento posturale
 Cambiare la posizione dell’articolazione della spalla ogni 2-4 h
 In posizione di Flower (seduta 80-90°) utilizzando un cuscino sotto la testa
 Sostenere la mano e il polso
 In posizione supina e prona utilizzare un piccolo cuscino lombare
 Utilizzare rulli trocanterici o altri presidi per prevenire l’extrarotazione dell’anca in
pazienti con deficit motori
 Mantenere l’arto superiore in lieve abduzione sostenuto da cuscini con il gomito
lievemente flesso
AUSILI PER IL POSIZIONAMENTO
 Taralli l’extrarotazione (es per tono flaccido
 Cuscini per l’anca non spastico)
 Archetto alzacoperte  Letto articolato
 Staffa/giraffa  Transglide (come quello dei
 Cuscino es per alzare la mano soccorritori)
(circolazione, mantiene la normale  Sollevatore
fisiologia della mano)  Telini alto scorrimento
 Cassetta per il posizionamento
dell’arto inferiore per prevenire

DIAGNOSI INFERMIERISTICHE NANDA RELATIVE ALLA MOBILITA’  Dominio 4,


Classe 2, Focus: deambulazione, mobilità
Mobilità compromessa 00085: limitazione del movimento fisico autonomo e finalizzato
del corpo o di uno o più arti. Presenta una diminuzione delle capacità motorie fini e/o
macroscopiche, diminuzione dell’esecuzione articolare, diminuzione del tempo di reazione,
difficoltà a girarsi, instabilità posturale, dispnea indotta dal movimento, modificazione
dell’andatura e movimenti rallentati o scoordinati…
Mobilità compromessa con la sedia a rotelle 00089: limitazione della capacità di
manovrare in autonomia la sedia a rotelle nell’ambiente. È compromessa la capacità di
manovrare una sedia a rotelle manuale/motore su diverse superfici, in salita o in discesa.
Mobilità compromessa nel letto 00091: limitazione dell’autonomia di movimento da
una posizione all’altra nel letto. C’è una compromessa capacità di spostarsi da seduto a
supino, da prono a supino, di girarsi e la capacità di riposizionarsi autonomamente nel letto.
Capacità di trasferimento compromessa 00090: limitazione del movimento
indipendente fra due superfici vicine. In questo caso si presenta un’incapacità di trasferirsi
tra livelli diversi, dal letto alla sedia, sul gabinetto, nella vasca, dall’automobile alla sedia,
dal letto alla posizione eretta…
Deambulazione compromessa 00088: limitazione dell’autonomia negli spostamenti a
piedi nell’ambiente. È compromessa la capacità di camminare in discesa, in salita, su
superfici irregolari, di percorrere a piedi la distanza prevista e di salire e scendere le scale.
Intolleranza all’attività: il soggetto non ha l’energia necessaria per svolgere determinate
azioni quotidiane.
Rischio di intolleranza all’attività: possibile rischio di incombere nell’intolleranza
all’attività.
 Rischio della sindrome da immobilizzazione 00040: segni e sintomi legati ad
un’immobilità prolungata.

26
CAUSE:
˃ Fisiopatologici (biologici o psichici) ˃ Situazionali (ambientali o personali)
˃ Trattamenti (farmaci, indagini ˃ Fasi maturative (età)
diagnostiche o terapeutiche)

FATTORI CORRELATI
o Alterazioni della funzione cognitiva o Obesità
o Barriere ambientali o Dolore
o Insufficienti coscienze delle strategie o Agenti farmacologici
di mobilità o Ansia/depressione
o Insufficiente forza muscolare o Malnutrizione
o Compromissione muscolo-scheletrica o Stile di vita sedentario
o Compromissione neuro-muscolare o Paura di cadere

PIANIFICAZIONE DEI RISULTATI ATTESI  obiettivi generali a breve o lungo termine


Obiettivi generali  la persona:
1. Mostra un aumento della mobilità
2. Partecipa attivamente alle terapie prescritte e al piano di attività ed esercizio fisico
per favorire una guarigione ottimale e/o la ripresa della mobilità e/o l’adattamento
3. Adotterà misure per prevenire potenziali complicanze derivanti dall’immobilità
4. Manterrà una funzionalità ottimale malgrado le restrizioni motorie
Gli obiettivi sono personalizzati sul soggetto che si assiste e di conseguenza devono essere
specifici e misurabili (soggetto, verbo, condizione, criterio e tempo). Es il signor Franco
cambierà posizione a letto ogni 2 ore e al bisogno utilizzando la staffa e l’aiuto di un
operatore entro una settimana.
Gli indicatori di risultato sono degli strumenti di misurazione per i quali l’infermiere
controlla che il paziente abbia seguito o meno le indicazioni al fine del raggiungimento dei
risultati. Gli indicatori possono anche declinare che il paziente non ha raggiunto gli obiettivi
previsti per condizioni interne o esterne quindi si rivalutano gli obiettivi in base alle
condizioni del paziente. I risultati attesi sono sempre collegati al titolo della diagnosi per
poi agire sulle cause del problema osservato grazie all’osservazione di segni e sintomi.
INTERVENTI PER LA MOBILITA’ COMPROMESSA
Promuovere una mobilità ottimale significa coinvolgere la persona, il caregiver e
promuovere la motivazione ad aderire ad un programma di attività/esercizio fisico
terapeutico che:
o Abbia obiettivi realistici
o Gli ceda la maggiore autonomia possibile
o Fornire rinforzi positivi Non sostituirsi al soggetto nello
o Stimolare la persona all’uso degli arti
svolgimento delle attività
malati e sani
o Insegnare alla persona tecniche di
trasferimento e/o l’uso di ausili
Bisogna stabilire con la persona assistita un programma personalizzato di mobilità di tutti
gli arti volto a:
 Migliorare il tono muscolare, la resistenza e la forza muscolare
 Mantenere un’ottimale esecuzione articolare
 Aumentare la tolleranza all’esercizio fisico
 Prevenire le complicanze legate all’immobilità
AUSILI PER LA DEAMBULAZIONE:
 Bastone  Deambulatori o girelli
 Stampelle  Proporre strumenti adattivi di
 Trepiedi modifica dell’ambiente

27
Unità di misura: MET
(equivalente metabolico)
ossigeno consumato per le
funzioni basali dei vari
organi da un uomo a riposo
 3,5 ml di ossigeno
*kg*min

ATTENZIONE: l’esercizio fisico vigoroso protegge dalla morte improvvisa ma al contempo è


in grado di procurarla.
OMS PER I SOGGETTI SANI RACCOMANDA:
 5-18 anni  almeno 60 minuti di attività fisica moderata o intensa
 18-65 anni  30 minuti di attività fisica moderata 5 giorni alla settimana o 20 minuti
di attività intensa per 3 giorni alla settimana
8-10 esercizi di rinforzo muscolare con cicli da 8-12 serie per almeno 2
giorni alla settimana

 PROMUOVERE IL POTENZIAMENTO MUSCOLARE


- Esercizi isotonici  esercizio dinamico: comprende la contrazione muscolare
con l’accorciamento del muscolo, il movimento è attivo e il lavoro è meccanico.
- Esercizi isometrici  esercizio statico: comprende la contrazione muscolare
senza accorciamento del muscolo e non vi è movimento attivo = scopo:
mantenere il tono muscolare.
- Esercizi aerobi  sono esercizi a bassa intensità ma a lunga durata.
Utilizzano prevalentemente l’energia liberata dai lipidi e dal glicerolo. Avviene
un aumento di FC, si assiste alla vasodilatazione e c’è un poco incremento di
PA.
- Esercizi anaerobici  sono esercizi a sforzo intenso ma in breve tempo.
Utilizzano la fosfocreatinina e producono acido lattico. In questo caso si assiste
ad un aumento della vasocostrizione e all’aumento della PA.

 MANTENERE IL PZ IN CORRETTO ALLINEAMENTO POSTURALE


- In presenza di flaccidità, se indicato, per i piedi utilizzare apposita cassetta
(non usare se presente ipertono e rigidità articolare).
- Cambiare la posizione dell’articolazione della spalla ogni 2-4 ore.
- In posizione di flower utilizzare un cuscino sotto la testa.
- Sostenere la mano e il polso.
- In posizione supina e prona utilizzare un piccolo cuscino lombare.
- Utilizzare rulli trocanterici o altri presidi per prevenire extrarotazione dell’anca
in pazienti con deficit motori.
- Mantenere l’arto superiore in lieve abduzione sostenuto da cuscini con il gomito
lievemente flesso.
- Stimolare la persona all’uso degli arti con deficit e a potenziale quello sano.
- Insegnare alla persona o al caregiver tecniche di trasferimento e l’uso di ausili.

28
 FAVORIRE LA RIPRESA DELLA DEAMBULAZIONE garantendo una mobilitazione
progressiva:
o Rilevare PA e FC in posizione supina
Prevenzione
o Far assumere gradualmente la posizione seduta ipotensione ortostatica
o Far ciondolare le gambe fuori dal letto
o Rilevare PA e FC in posizione seduta/eretta
- Se la PA si riduce di 20 e 10 mm di Hg nei 3 minuti successivi 
riposizionare il paziente a letto (IPOTENSIONE ORTOSTATICA)
- Monitorare la comparsa di segni/sintomi di alterazioni quali ipotensione,
diaforesi, pallore, vertigini e tachicardia
- Limitare il tempo di mobilizzazione fuori dal letto le prime volte a 15 minuti
secondo la tolleranza
- Passare gradualmente alla deambulazione con o senza ausili
- Verificare che gli ausili per la deambulazione siano usati correttamente
 PROMUOVERE GLI ESERCIZI PER L’ESCURSIONE ARTICOLARE in collaborazione con
il fisioterapista. Il soggetto può svolgerlo in modo attivo (assistito o autonomo) dove
la persona esegue parte o tutto il movimento; in modo passivo invece sono fatti alla
persona dall’operatore o attraverso l’utilizzo di dispositivi meccanici. Gli esercizi
dovranno essere:
- Esercizi attivi o passivi almeno 3-4 volte al giorno
- Concordare l’orario
- Per gli esercizi passivi si utilizzano ausili quali:
- Kinetec: dispositivo meccanico per la mobilizzazione passiva dell’arto
inferiore
 PREVEDERE UN PIANO DI MOBILIZZAZIONE PROGRESSIVA E RIPRESA DELLA
DEAMBULAZIONE  GRADUALE
a. Variazione dei decubiti a letto
b. Posizione seduta
c. Deambulazione con o senza ausili
Bisogna prestare attenzione ai pazienti sottoposti a chirurgia d’anca, con deficit
motori o sensitivi, con fratture e a rischio di lesioni o ulcere da pressione.
Ipotensione ortostatica: abbassamento della pressione al cambiamento di posizione da
supino a eretto. Questo si risolve grazie ai barorecettori che rilevano le variazioni di
pressione e danno segnali per aumentare la frequenza cardiaca o la
vasodilatazione/vasocostrizione in modo che la distribuzione del sangue sia garantita in
modo corretto.

RISCHIO DI INTOLLERANZA ALL’ATTIVITA’


Suscettibilità a sperimentare energie fisiche o psichiche insufficienti per continuare o
portare a termine le attività necessarie o desiderate, che può compromettere la salute.
FATTORI DI RISCHIO:
 Immobilità
 Squilibrio fra apporto e richiesta di ossigeno
 Stile di vita sedentario
SOGGETTI A RISCHIO:
 Affetti da malattie cardiovascolari o polmonari croniche
 Affetti da anemia severa
 Malattie neurologiche
 Sindrome da affaticamento cronico

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Intolleranza all’attività: energie fisiche o psichiche insufficienti per continuare o portare
a termine le attività quotidiane necessarie o desiderate.
CARATTERISTICHE:
 Pressione arteriosa (PA) anormale in risposta all’attività
 Frequenza cardiaca (FC) anormale in risposta all’attività (oltre 3-4 minuti)
 Modificazioni ECG
 Dispnea da sforzo
 Malessere dopo uno sforzo
 Debolezza generalizzata
FATTORI CORRELATI:
 Squilibrio fra apporto e richiesta di ossigeno
 Immobilità – allettamento

INTOLLERANZA ALL’ATTIVITA’
La persona dimostrerà l’aumento o il mantenimento della propria resistenza e tolleranza
all’attività fisica e/o ridurrà le pause durante l’attività. Inoltre riferirà una riduzione alla
sensazione soggettiva di affaticamento a riposo o/o durante l’attività.
Gli obiettivi generali dovranno essere personalizzati, specifici e misurabili. In questo caso
gli indicatori di risultato indica le risposte della persona riguardo agli obiettivi prefissati.
GESTIONE ASSISTENZIALE:
Bisogna condividere con il paziente e il caregiver le sue aspettative e il programma di attività
fisica personalizzata:
˃ Attività autonoma/assistita 3-5 volte/s giorni alterni
˃ Esercizi aerobici, per evitare sforzi eccessivi
˃ Pianificare le attività più impegnative alternandole con periodi di riposo
˃ Aumentare in maniera graduale l’attività fisica monitorando le risposte della persona
assistita (pre-post)
- Rilevare FC, FR e PA
- Saturazione ossigeno
- Dispnea (scala Borg)
- Comparsa di altri sintomi (dolore,
astenia…)
˃ Concordare strategie di risparmio
energetico
- Posizionare oggetti vicini
- Igiene da seduto
- Limitare l’attività un’ora dopo il pasto
˃ Educare la persona a riconoscere
precocemente i
segni/sintomi di intolleranza all’attività
anche attraverso
l’uso di strumenti ed indicatori oggettivi
(FC)
˃ Somministrare su prescrizione
l’ossigenoterapia ed
Educare il paziente al suo utilizzo a domicilio se indicato
˃ Favorire l’assunzione di alimenti ad alto valore energetico,
facilmente digeribili e frazionati

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˃ Accompagnare e sostenere il paziente durante la deambulazione prevenendo il rischio
di caduta

Accidentale Fisiologica Fisiologica


o ambientale imprevedibile prevedibile

RISCHIO DI CADUTE
Definizione: suscettibilità ad aumento della probabilità di cadute che potrebbero causare
danni fisici e compromettere la salute.
Strumenti di valutazione del rischio di caduta:
 Scala di stratify
 Scala di Conley
 Test di tinetti
Fattori di rischio cadute:
 Estrinseci
- Pericoli ambientali - Calzature non idonee
- Utilizzo di ausili per la - Assunzione di farmaci che
contenzione fisica influenzano lo stato di vigilanza,
- Utilizzo non corretto di ausili l’equilibrio e la pressione arteriosa
per la deambulazione - Uso di alcool e droghe

 Intrinseci
- Storia di cadute precedenti - Alterazione dell’equilibrio e
- Età > 75 anni deambulazione instabile
- Nicturia (aumento urinazione - Problemi muscoloscheletrici
notturna) o incontinenza - Deficit visus e udito
urinaria - Deformazioni o patologia del piede
- Deterioramento dello stato - Paura di cadere
mentale con confusione e
disorientamento

Interventi di prevenzione sono rivolti a:


 Persona assistita
 Ambiente
 Organizzazione
PREVENZIONE:
 Sostenere la persona nell’attuazione del programma di attività fisica personalizzata
 Rivedere periodicamente le prescrizioni farmacologiche
 Educare la persona e i familiari sui fattori di rischio, sulle strategie preventive e
sull’uso degli ausili
 Far indossare scarpe chiuse antiscivolo
 Evitare o usare solo se necessaria la contenzione fisica e farmacologica
 Modificare l’ambiente e rimuovere i pericoli
- Illuminazione
- Accesso ai campanelli allarme
- No tappeti in camera
- Presenza di corrimano
- Adesivi antiscivolo in bagno
- Braccioli seduta water
Per pazienti ad alto rischio di frattura da caduta:
 Integrare l’apporto di calcio e vitamina D
 Favorire l’esposizione al sole
 Applicare protettori d’anca

31
DI: SINDROME DA IMMOBILIZZAZIONE
IMMOBILITA’: condizione caratterizzata da ridotta o assente capacitò di compiere
movimenti, ad insorgenza acuta o cronicamente progressiva, con conseguente complesso
di alterazioni multisistemiche…
 Un muscolo a riposo perde dal 10-15% della forza a settimana creando nel soggetto
un’ipotonia, una riduzione della forza e della resistenza per la ridotta frequenza delle
contrazioni muscolari.
 La condizione di inattività crea uno squilibrio tra anabolismo e catabolismo dei vari
tessuti (catabolismo + anabolismo -) e si ha una perdita della massa muscolare dopo
10 giorni.
 Il liquido sinoviale determina un’eccessiva rigidità articolare (artralgia)  contratture
 L’osteoporosi da inattività o disuso può portare a fratture patologiche chiamate così
perché lo stimolo nocivo, che produce la frattura, in condizioni normali non sarebbe
in grado di determinarla
 Più calcio nelle urine dando calcoli renali poiché il calcio viene eliminato in
quantità maggiori

PREVENZIONE GENERALE  mantenere la mobilità degli arti e prevenire le contratture


 Esercizi di escursione articolare, potenziamento muscolare
- Fissare orari specifici in relazione alle attività assistenziali
- Stimolare all’uso dell’arto superiore interessato da deficit di forza e a
potenziare l’arto sano (strumenti adattivi)
 Sostenere gli arti interessati da deficit con cuscini in modo da prevenire l’edema
 Mantenere la persona in corretto allineamento posturale
 Prevedere un piano di mobilizzazione precoce e progressiva fuori dal letto
 Ridurre e controllare la demineralizzazione ossea
- Garantire il carico quando possibile
- Monitorare per rilevare segni/sintomi ipercalcemia: nausea, vomito, polidipsia,
poliuria
- Prevenire complicanze (calcolosi): favorire l’idratazione (almeno 1,5/2 l),
mantenere pH urinario acido

PIANIFICAZIONE DEI RISULTATI ATTESI


 La persona NON presenterà:
- LDP; - Ipotensione ortostatica;
- Stipsi; - Diminuzione dell’escursione
- Stasi delle secrezioni articolare;
polmonari; - Disorientamento;
- TVP; - Disturbi del sonno
- Infezioni delle vie urinarie e/p - Disturbi dell’immagine
ritenzione urinaria; corporea;
- Diminuzione della forza e/o - Senso di impotenza;
resistenza;

32
CONSEGUENZE SUL SISTEMA CARDIO-CIRCOLATORIO
˃ Aumento del 30% del lavoro cardiaco: aumenta la frequenza cardiaca e si abbassa
la riserva cardiaca  intolleranza all’attività
˃ Maggior utilizzo della manovra di Valsalva (quando dobbiamo scaricarci o
movimentarci a letto): conseguente affaticamento del cuore (possibili alterazioni del
ritmo)
˃ Ipotensione ortostatica  sincope (svenimento)
˃ Stasi venosa: riduzione attività valvolare delle vene profonde, spostamento plasma
nello spazio interstiziale  edema, ipovolemia (riduzione del volume del sangue),
aumenta la coagulabilità  formazione di trombi (agglomerato di fibrina e piastrine
al quale si aggiungono eritrociti)
˃ Tromboembolismo venoso: ostruzione parziale o completa di una o più vene del
sistema venoso profondo, agglomerato di fibrina e piastrine al quale si aggiungono
eritrociti. 50-150 casi ogni 100 mila abitanti all’anno.

PREVENZIONE  bisogna prevenire il sovraccarico cardiaco e l’ipotensione ortostatica.


 Alternare i decubiti, mantenere la persona assistita in posizione semi seduta/seduta
 Promuovere interventi volti a ridurre l’utilizzo della manovra di Valsalva
- Prevenzione della stipsi
- Controllo della tosse, vomito
- Ridurre il sollevamento, insegnare le tecniche di respirazione
 Favorire gli esercizi e il movimento
 Variazione graduale di postura
 Monitoraggio dei parametri vitali clino e ortostatismo
 Esercizi di ciondolamento delle gambe
 Identificare le persone maggiormente a rischio di trombosi venosa periferica:
- Età > 65 anni
- Sovrappeso – obese
- Che hanno subito traumi pelvici o agli arti inferiori
- Sottoposte a intervento chirurgico (pelvico, ortopedico, spinale)
- Con vene varicose o pregresse trombosi venose
 Promuovere i fattori che migliorano il ritorno venoso e prevenire la trombosi venosa
periferica
- Esercizi attivi o passivi di estensione e flessione articolare degli arti inferiori
(almeno 5 cicli al giorno di 15-20 movimenti): rotazione e dorsi-flessione
plantare piede, flessione ed estensione del ginocchio e dell’anca
- Posizionare la persona in modo da favorire il ritorno venoso (sollevare gli arti
inferiori di 15-30° sopra il livello del cuore)  attenzione ai pazienti
cardiopatici per il maggior afflusso di sangue al cuore
- Su indicazione medica mantenere le calze elastiche a compressione graduata
(14-15 mm Hg) per il periodo di allettamento, rimuovere per 30 minuti ogni 8
ore per controllare lo stato cutaneo
- Nei pazienti ad elevato rischio utilizzare dispositivi specifici come compressione
pneumatica intermittente o sequenziale
- Ridurre o rimuovere la compressione venosa esterna che ostacola il flusso: no
rotolo sotto le ginocchia (cavo popliteo), non usare calze con elastico stretto
sotto il ginocchio, non mantenere accavallate le gambe per molto tempo
- Mantenere una normale idratazione (1,5/2 l)

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-Favorire la ripresa di una deambulazione precoce
-In presenza di allettamento somministrare eparina a basso peso molecolare
(EBPM) per via sottocutanea su prescrizione medica
 Monitorare per rilevare la presenza di segni/sintomi di trombosi venosa: edema,
dolore, arrossamento dell’estremità colpita, calore… Il segno di Homans (flessione
dorsale forzata del piede) non è più considerato affidabile per la diagnosi di TVP e
non è raccomandabile per il rischio di distacco del trombo. Diagnosi della TVP:
ecocolordoppler.

CONSEGUENZE SUL SISTEMA RESPIRATORIO


˃ Riduzione 25-50% della capacità respiratoria
˃ Riduzione della ventilazione e aumento della frequenza respiratoria: atelectasia
(collasso di una porzione di alveoli polmonari)
˃ Stasi delle secrezioni bronchiali: riduzione dei processi ciliari, riduzione del riflesso
della tosse, polmonite ipostatica
˃ Riduzione degli scambi di ossigeno e anidride carbonica: ipossiemia
PREVENZIONE  bisogna promuovere una funzionalità respiratoria ottimale.
 Favorire posizioni che migliorano l’espansione polmonare e il movimento a letto
- Posizione “Brompton-Hospital” (cuscini a lisca di pesce)
- Posizione ortopnoica
 Stimolare a compiere esercizi di respirazione profonda e tosse controllata ad ogni ora
(anche in assenza di stimolo a tossire)
 Insegnare l’utilizzo dello spirometro incentivante: una persona ci soffia dentro e vede
una pallina che si alza in base al livello raggiunto
 Monitorare i parametri vitali: frequenza respiratoria + ritmo e profondità del respiro,
frequenza cardiaca, pressione arteriosa
 Mantenere idratate le secrezioni bronchiali
- Stimolare un’adeguata assunzione di liquidi (almeno 1,5/2 l)
- Mantenere un ambiente con adeguato tasso di umidità (fra 40-65% in
relazione alla temperatura)
- Favorire aerosol terapia con soluzione fisiologica
 Prevenire la distensione addominale
CONSEGUENZE SUL SISTEMA URINARIO
˃ Stasi urinaria ai reni e alla vescica
˃ Calcolosi renale: aumento di calcio nelle urine, ridotta idratazione
˃ Conseguenti infezioni causate dalla stasi urinaria, dalla riduzione delle minzioni e
dall’igiene meno curata
˃ Distensione vescicale: ridotta sensazione di pienezze e conseguente incontinenza
PREVENZIONE  prevenire la stasi urinaria e la formazione di calcoli.
 Favorire l’eliminazione urinaria garantendo la riservatezza e il comfort
 Far assumere la posizione più fisiologica possibile
 Garantire l’assunzione adeguata di liquidi (1,5/2 l)
 Mantenere il pH delle urine acido (inferiore a 6) attraverso cibi dai metaboliti acidi
(cereali, carne, pollame, succo di mirtillo…)
 Evitare cibi ricchi di calcio (latte, latticini, formaggio, sardine, legumi, spinaci,
cioccolata…)
 Invitare la persona a svuotare in modo completo la vescica esercitando contrazioni
post-minzionali

34
CONSEGUENZE SULL’APPARATO GASTRO-INTESTINALE
˃ Riduzione dell’appetito, riduzione dell’assunzione di cibo e bevande. Conseguenze:
- Ipoproteinemia - bilancio azotato negativo - debilitazione
- Disidratazione - secrezioni bronchiali dense - emoconcentrazione – stipsi
˃ Riduzione della motilità gastro-intestinale:
- Meteorismo - crampi - tensione addominale - riduzione espansione polmonare
- Stipsi - fecalomi - tensione addominale - riduzione espansione polmonare
PREVENZIONE  favorire il regime dietetico ipercalorico e iperproteico e stimolare
l’appetito.
 Monitorare il cibo assunto e il peso
 Dieta frazionata: piccoli pasti e frequenti
 Limitare l’assunzione di liquidi durante il pasto
 “Fortificare i cibi” con integratori naturali: latte intero, panna, mascarpone, gelato,
miele, grana…
 Supplementare l’apporto con integratori alimentari
 Rispetto delle abitudini personali (gusti, preferenze, credenze…)
 Favorire il riposo prima del pasto
 Favorire la socialità se utile
 Flessibilità di orari
Mantenere il modello abituale di eliminazione intestinale.
 Monitorare le scariche
 Rispettare/correggere le abitudini personali scorrette
 Facilitare l’utilizzo della comoda e del bagno rispetto alla padella
 Mantenere la posizione fisiologica
 Garantire il comfort e la riservatezza
 Attuare interventi per favorire l’eliminazione intestinale e prevenire la stipsi
- Assunzione di liquidi
- Dieta ricca di fibre e liquidi
- Movimento
- Educazione a non ritardare lo stimolo

CONSEGUENZE SUL SISTEMA IMMUNITARIO


˃ Aumenta il catabolismo delle immunoglobuline G, riduzione degli anticorpi in circolo,
maggior suscettibilità alle infezioni (più frequenti respiratorie, cutanee e urinarie)
˃ Psiche
- Calo del tono dell’umore (depressione): sentimenti di tristezza, melanconia,
rifiuto, vuoto, inutilità, disperazione
- Deprivazione sensoriale
- Cambiamenti ruoli e relazioni
- Alterazione nella percezione di sé e concetto di sé, adattamento
Confusione, aumentata percezione del dolore, ostilità, combattività, paura, ansia,
alterazione ritmo sonno-veglia, senso di impotenza.

PREVENZIONE  promuovere la condivisione e un senso di benessere.


 Stimolare la persona a comunicare ed esternare emozioni, preoccupazioni…
 Programmare le visite dei parenti
 Permettere alla persona di compiere le scelte relative alla sua assistenza

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 Ergoterapia: coinvolgere le persone in alcune attività riguardanti l’unità operativa
(preparare le garze, rifare il letto…)
 Creare condizioni ambientali che favoriscono il riposo di notte

CONSEGUENZE SUL SISTEMA TEGUMENTARIO


˃ Aumento della pressione + effetti della frizione e della sollecitazione tangenziale
˃ Ischemia tissutale
˃ Ipossia tissutale
˃ Necrosi
˃ Lesione o ulcera da pressione o da decubito
PREVENZIONE  prevenire formazione LPD (vedi approfondimento)
DI RISCHIO DI SINDROME DA IMMOBILIZZAZIONE
DEFINIZIONE: vulnerabilità al deterioramento di sistemi corporei per inattività muscolo-
scheletrica prescritta o inevitabile che può compromettere la salute.
FATTORI CORRELATI:
o Alterazione del livello di coscienza;
o Dolore grave;
o Immobilizzazione prescritta o meccanica;
o Paralisi;
DI RISCHIO DI TROMBOSI VENOSA PROFONDA
DEFINIZIONE: vulnerabilità al deterioramento di sistemi corporei per inattività muscolo-
scheletrica prescritta o inevitabile che può compromettere la salute.
FATTORI CORRELATI:
o Alterazione del livello di coscienza;
o Dolore grave;
o Immobilizzazione prescritta o meccanica;
o Paralisi;

CURA E IGIENE PERSONALE


La pelle costituisce un’interfaccia fra interno ed esterno, un punto di confine e di passaggio.
Funziona come una barriera ma anche come un involucro e un contenitore. Attraverso la
pelle il corpo comunica con il mondo e, al tempo stesso, si difende dalle intrusioni. La pelle
ci rivela agli altri, oltre che a noi stessi; così da rendere “superficiale” ciò che normalmente
riteniamo “profondo”: pensieri, emozioni, sentimenti.
Nella cura personale il corpo necessità di essere concepito non come fisico ma come corpo
caratterizzato da un vissuto e da un sentire, da proprietà simboliche, culturali e sociali che
si manifestano attraverso gli abiti, gli odori, i profumi e le posture.
PRINCIPI SCIENTIFICI DELL’IGIENE
o Fisiologico o Psicologico
o Microbiologico o Sociologico
SCOPI DELL’IGIENE
˃ Mantenere l’integrità e l’elasticità ˃ Favorire il circolo sanguigno
della cute e degli annessi cutanei ˃ Migliorare l’immagine di sé
˃ Prevenire l’insorgenza di infezioni ˃ Favorire i rapporti interpersonali
˃ Favorire il benessere ed il
rilassamento

36
CURA DI SE’  capacità di svolgere autonomamente le attività di vita quotidiana
 Lavarsi  Alimentarsi
 Vestirsi  Usare il gabinetto
CAUSE:
˃ Incapacità  abilità
˃ Dimenticanza  cognizione
˃ Trascuratezza  volontà
ACCERTAMENTO:
Indagare le abitudini, le preferenze e i modelli culturali della persona rispetto alla cura del
corpo e dell’aspetto e il significato attribuito dalla persona alla cura del corpo e del proprio
aspetto.
Indagare la capacità di esprimere i bisogni di lavarsi, vestirsi, andare in bagno, assumere
alimenti.
Valutare la presenza di fattori che espongono il paziente a rischio di alterazione della cura
di sé (dolore, affaticamento, difficoltà motorie o immobilità, confusione mentale, riduzione
vista, incontinenza urinaria o fecale, fattori
socio-economici, depressione…).
Definire il livello di autonomia nelle ADL e il grado
di energia percepito tramite la scala funzionale sul
grado di dipendenza o la scala di KATS ADL
(attività di vita quotidiana):
- Paziente autonomo?
- Richiede supporto di ausili?
- Necessita di supervisione o
minimo aiuto?
- Necessita di istruzione o
educazione?
- Necessità di sostituire
parzialmente o totalmente il
paziente?
Valutare la capacità e la volontà della persona di attuare la cura e l’igiene personale del
corpo:
L Capacità di spogliarsi
L Capacità di raggiungere l’acqua
L Capacità di percepire la temperatura dell’acqua ed ottenere una miscelazione
L Capacità di predisporre il materiale necessario (acqua, sapone, asciugamani…)
L Capacità di lavarsi ogni parte del corpo e di provvedere all’igiene orale e dei capelli
Valutare la capacità e la volontà della persona di curare il proprio aspetto, vestirsi e
cambiarsi:
L Capacità di pettinarsi, radersi,
L Capacità di tagliare e curare le unghie
L Capacità di usare prodotti cosmetici
L Capacità di mettersi e togliersi i vestiti
L Capacità di procurarsi i vestiti e/o di scegliere gli indumenti adatti al clima ed alla
situazione
Valutare la capacità e la volontà della persona di provvedere all’uso del gabinetto
(eliminazione):
L Capacità di raggiungere e andare il bagno
L Capacità di abbassare i pantaloni e di sedersi e alzarsi dal gabinetto
L Capacità di pulirsi e tirare lo sciacquone

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L Capacità di provvedere all’igiene intima e delle mani
L Capacità di mettere/togliere pannoloni e/o altri ausili
Valutare la capacità e la volontà della persona di assumere gli alimenti (alimentazione):
L Capacità di procurarsi il cibo
L Capacità di cucinare gli alimenti
L Capacità di tagliare e sminuzzare gli alimenti
L Capacità di portare il cibo alla bocca
Valutare la presenza di fattori che possono influenzare la cura di sé:
 Fattori che aumentano il bisogno di cura di sé della persona
 Fattori che possono ridurre la volontà o la capacità di decidere
 Fattori che compromettono la capacità motoria o funzionale
 Fattori ambientali
 Fattori che richiedono cure specifiche della cute o del cavo orale
CONDIZIONI PATOLOGICHE CUTANEE
 Dermatite da pannolone e incontinenza
 Micosi cutanee
 Dermatosi parassitarie (pidocchi, scabbia…)
 Verruca vulgaris
 Psoriasi
 Alopecia
 Eritema
 Pallore
 Ittero
 Vitiligine Colore della pelle
 Albinismo
 Macule: petecchie, ecchimosi, ematomi
 Cianosi
VALUTAZIONE DELL’ASPETTO CUTANEO:
o elasticità e spessore o temperatura
- tensione ridotta - calda
- tensione eccessiva - fredda
o odore
- eccessivamente acre
Struttura e integrità:
- Pomfo: rilevanza tondeggiante di varia - Squama: lamina di cellule epiteliali
forma e grandezza che compare e dello strato corneo sfaldate, tipica di
scompare velocemente. Impallidisce cute disidratata o di patologie cutanee.
alla digitopressione. - Edema
- Papula: lesione cutanea elevata, - Cicatrice: porzione di tessuto fibroso
solida, piccola (meno di 1 cm di non vascolarizzato, pallido, retratto e
diametro), superficiale, interessa solo il duro che si osserva durante la fase
derma e l’epidermide. iniziale della riparazione tissutale.
- Vescicola, bolla o flittene: piccola - Abrasione/erosione/escoriazione:
lesione cutanea elevata con pareti perdita di continuità dell’epidermide,
sottili contenente un liquido secondaria alla rottura di una vescicola,
trasparente. con esposizione del derma.
- Nodulo: elemento solido, circoscritto, - Ulcerazione: soluzione di continuo
prominente, di dimensioni variabili. della cute che può cronicizzare ed avere
varie origini e differente stadiazione.

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- Ragade: lesioni di forma lineare della - Cunicolo
pelle e delle mucose che si presentano - Gangrena: necrosi tissutale
come piccoli tagli o lacerazioni. conseguente ad anossia

o Eritema
o Pallore + condizioni dei capelli
o Ittero + condizione delle unghie
o Vitiligine (macchie bianche) + condizione delle mucose
o Albinismo + condizioni della zona perineale
o Macule:
 petecchie
 ecchimosi
 ematomi
o Cianosi
CONDIZIONI PATOLOGICHE DEL CAVO ORALE
 Denti  Alito
- Numero e condizioni - Alitosi
(adentulia, carie…)
 Lingua
- Protesi fissa o mobile
- Colore
 Gengive - Umidità
- Gengivite - Erosioni
- Malattia paradontale - Patinosa
- Sanguinamento
 Segni di infiammazione  stomatiti o mucositi (candilosi orale)
 Ulcerazione/i labbra  cheilite angolare, afte, lesioni erpetiche (vescicole che
evolvono in crosta causate dal virus Herpes Simplex), scialorrea o xerostomia
 Candidosi orale
ACCERTAMENTO DI MANI E PIEDI
o Callosità
o Unghia incarnita
o Unghie a corno d’ariete  onicogrifosi
o Paronichia (girodito)
Accertamento della PRESENZA DI DISPOSITIVI:
 Catetere vescicale
 Pannolone
 Sondino naso-gastrico
 Drenaggi percutanei

DI DEFICIT DELLA CURA DI SÉ


BAGNO  incapacità di completare in autonomia le attività di igiene personale
USO DEL GABINETTO  incapacità di svolgere in autonomia le azioni associate
all’eliminazione intestinale e urinaria
VESTIRSI  incapacità di inossare o togliere in autonomia gli indumenti
ALIMENTAZIONE  incapacità di mangiare in autonomia

Compromessa capacità di IGIENE:


 Accedere al bagno e/o di procurarsi il materiale
 Regolare l’acqua
 Lavarsi e/o asciugarsi…

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Compromessa capacità di VESTIZIONE:
 Scegliere i vestiti
 Vestire la parte superiore/inferiore del corpo
 Allacciare gli indumenti…etc.
Compromessa capacità di ALIMENTAZIONE:
 procurarsi il materiale per il pasto,
 di aprire i contenitori, usare le posate o portare il cibo alla bocca…
Compromessa capacità di USO GABINETTO:
 raggiungere il gabinetto
 di abbassarsi i pantaloni
 svolgere pratiche igieniche appropriate
FATTORI CORRELATI AL DEFICIT DELLA CURA DI SÉ
˃ Astenia
˃ Barriere ambientali
˃ Diminuzione della motivazione
˃ Dolore
˃ Malessere
˃ Alterazioni delle funzioni cognitive
˃ Disturbi percettivi
˃ Compromissione neuromuscolare
˃ Compromissione muscolo-scheletrica, dolore e facile affaticabilità

Si manifesta con l’incapacità di procurarsi il materiale per


l’igiene, la vestizione, l’alimentazione, l’eliminazione e
l’incapacità di provvedere all’igiene intima, degli arti inferiori e
dei piedi

PIANIFICAZIONE DEI RISULTATI ATTESI


 La persona parteciperà attivamente alle attività relative all’igiene/vestizione
 La persona aumenta, nei limiti della sicurezza, la sua autonomia nell’alimentazione
 La persona raggiunge la massima autonomia possibile nell’uso del gabinetto
Si pianificano anche i CRITERI DI RISULTATO (esempio): la signora Pina provvederà ogni
giorno all’igiene del viso, del tronco ed orale in autonomia, previa preparazione del
materiale, e sarà sostituita da un operatore nell’igiene intima per le prime 48 ore di ricovero.
PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI
 Promuovere una partecipazione ottimale della persona
- Valorizzare le capacità residue, supportare la persona senza sostituirsi se non
necessario
- Adattare l’ambiente per promuovere l’autonomia e il mantenimento delle
capacità
- Dare il tempo alla persona di espletare le mansioni affidategli, promuovere
indipendenza
- Concordare con la persona le modalità di esecuzione delle cure igieniche
- Permettere alla persona di operare scelte e rispettare le abitudini della persona
- Rinforzare positivamente i progressi
- Coinvolgere la persona assistita durante la cura del corpo anche se non è in
grado di collaborare

 Garantire la sicurezza
o Verificare il comfort della persona e dell’ambiente:
- Considerare le preferenze della persona
- Preferire la stanza del bagno se il paziente non è allettato

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- Temperatura ambientale 20-23° evitando correnti d’aria
- Rispettare lo spazio e l’intimità della persona
o Rispettare i principi scientifici nell’applicazione delle tecniche relative all’igiene
evitando la traslocazione batterica cutanea (dalla zona più pulita a quella più
sporca, lavare dal pube al coccige, dall’interno verso l’esterno e dall’alto verso
il basso)
o Istruire la persona all’utilizzo di prodotti non aggressivi per la detersione in
grado di rispettare il pH cutaneo (4-5) e il NMF (fattore naturale di idratazione)
utilizzando:
- Detergenti sintetici syndet (pH acido 3,5-5,5) per l’igiene intima e del
corpo
- Sapone tradizionale (con pH alcalino 9-11)
- Creme pasta barriera, con ossido di zinco, che isolano l’epidermide
dall’aggressione chimico-fisica e dalla contaminazione ambientale

 Garantire le pratiche di igiene quotidiane secondo il bisogno dell’individuo:


- Cure igieniche totali (bagno in vasca, a letto, doccia)
- Cure igieniche parziali (viso, arti inferiori/superiori, tronco, perineo)
- Cure igieniche specifiche (occhi, naso, orecchie, cavo orale, capelli, piedi)
TIPOLOGIE DI BAGNO
Lo scopo è rimuovere lo sporco, secrezioni, batteri, cellule di sfalsamento e sudore.
Mantenere l’integrità cutanea e migliorare il benessere della persona.
 PER LA PULIZIA: rimuovere sporco, secrezioni, batteri, cellule di sfaldamento,
sudore, mantenere l’integrità cutanea, migliorare il benessere della persona
 BAGNO TERAPEUTICO
- Semicupio: pulire, rilassare, ridurre l’infiammazione delle aree perineale e
vaginale (post-parto, emorroidi…)
- Bagno caldo: alleviare spasmi e dolori muscolari tramite immersione totale
- Impacchi: per ammorbidire e liberare delle secrezioni quando si rinnova una
medicazione, ridurre il dolore, edema, irritazioni o infiammazioni.
Scelta del metodo di bagno:
- Bisogno - Bagno nella vasca
- Livello di energia - Bagno a letto
- Presenza di ferite, drenaggi, zone - Doccia in piedi
che devono rimanere asciutte - Doccia seduta
- Preferenze della persona - Spugnature
- Possibilità di facilitare l’autocura - Igiene parziale al lavandino
- Presenza di limitazioni

FASI DELLA CURA DI SÉ:


1°. Detergere accuratamente prestando attenzione a pieghe cutanee, come interdigitali
o prominenze ossee
2°. Asciugare tamponando delicatamente
3°. Monitorare lo stato della cute, soprattutto se in caso di incontinenza (dermatiti da
pannolone)
4°. Permettere alla persona di indossare ogni giorno indumenti puliti consoni alla
stagione
5°. Evitare l’aggressività/agitazione associata all’igiene delle persone dementi
6°. Economizzare l’energia dei pazienti con problemi di tolleranza all’attività (frazionare
attività)

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ABBIGLIAMENTO
Preferire abiti:
 Comodi, elastici, pratici da indossare
 Facili da infilare, sfilare
 Facili da aprire/chiudere
 Tessuti lisci e naturali
 Calzature con chiusura in velcro con suola antiscivolo
 Utilizzare la camicia ospedaliera solo quando necessario
Nella difficoltà a provvedere all’uso del gabinetto:
 Posizionare campanello a portata di mano
 Stabilire l’uso del gabinetto ad orari predefiniti
 Utilizzare la padella, il pappagallo, il pannolone solo se necessari
 Selezionare e insegnare l’uso di ausili adattivi
 Adattare ambiente
Nella difficoltà all’assunzione del cibo:
 Fornire interventi di supporto o sostituzione (taglio alimenti, imboccare…)
DI RISCHIO DI INTEGRITA’ DELLA MUCOSA ORALE COMPROMESSA
Definizione: suscettibilità ad una lesione delle labbra, dei tessuti molli, del cavo orale e
dell’orofaringe che può compromettere la salute.
lesione delle labbra, dei tessuti molli, del cavo orale e/o dell’orofaringe
CARATTERISTICHE DEFINENTI:
 Lesioni o ulcere del cavo orale  Iperemia
 Cattivo sapore in bocca  Edema del cavo orale
 Sanguinamento  Placche
 Lingua patinata  Xherostomia
 Iperplasia delle gengive  Papule del cavo orale
 Alitosi

FATTORI DI RISCHIO:
˃ Agenti chimici lesivi ˃ Disidratazione
˃ Barriere alle cure dentali ˃ Respirazione con la bocca
˃ Barriere all’autocura ˃ Salivazione diminuita
˃ Nutrizione inadeguata ˃ Depressione
˃ Insufficienti conoscenze ˃ Condizioni patologiche
˃ Fattori di stress

DI INTEGRITA’ DELLA MUCOSA ORALE COMPROMESSA


DEIFINIZIONE: lesione delle labbra, dei tessuti molli, del cavo orale e/o dell’orofaringe
CARATTERISTICHE DEFINENTI:
 Lesioni o ulcere del cavo orale  Iperemia
 Cattivo sapore in bocca  Edema del cavo orale
 Sanguinamento  Placche
 Lingua patinata  Xerostomia
 Iperplasia delle gengive  Papule cavo orale
 Alitosi

PIANIFICAZIONE DEI RISULTATI ATTESI: la persona manterrà la mucosa orale integra,


presenterà segni di miglioramento della compromissione della mucosa orale.

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PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI  bisogna individuare le popolazioni vulnerabili:
o Anziani (effetti invecchiamento, protesi…)
o allettati,
o dementi,
o con malattia mentale,
o ricoverati in UTI,
o sottoposti a chemioterapie, radioterapia
o in ossigenoterapia, esposti a secchezza e riduzione salivare
Valutare il rischio e la necessità di igiene anche attraverso l’uso di scale (OAG), garantire
una frequenza di igiene ottimale:
˃ Almeno 3 volte al giorno dopo i pasti
˃ Ogni 2-4 ore nei pazienti incoscienti o intubati (PREVENZIONE VAP =polmonite
associate alla ventilazione)
Selezionare i prodotti da utilizzare:
 Spazzolino manuale
 Spazzolino elettrico
 Spazzolino con aspirazione
 Filo interdentale
 Scovolino
 Tampone di schiuma
 Dentifrici
QUALITA’
ULCERE DA PRESSIONE DELL’ASSISTENZA
 È definita ULCERA DA PRESSIONE (o da decubito) O LESIONE DA PRESSIONE LDP una
lesione tissutale, evolutiva di tipo ischemico-necroticoche interessa l’epidermide, il derma,
il sottocute e, nei casi più gravi i tendini, i muscoli e le ossa.
È causata dalla prolungata compressione dall’azione di forze di stiramento che
compromettono la distribuzione ed il riassorbimento del sangue nei tessuti (stress
meccanico ai tessuti e la strozzatura dei vasi sanguigni).
EPIDEMIOLOGIA
Aumento del problema in relazione all’invecchiamento della popolazione. La variabilità di
incidenza è di:
o 0.4-38% in strutture per acuti,
o 2.3-28% in strutture per lungodegenti,
o 0-29% in ambito domiciliare,
FATTORI EZIOLOGICI PRIMARI
 Intensità e durata della pressione
 Immobilità
 Forze di stiramento
L’associazione con altri fattori di rischio determina un maggior rischio senza la presenza di
uno di questi fattori non si può parlare di ulcere da pressione.
FISIOPATOLOGIA DELLA PRESSIONE
Il peso corporeo esercita una compressione fra i tessuti interposti (hanno una diversa
tolleranza allo stress pressorio, il danno inizia a livello muscolare) fra un piano di appoggio
e prominenze ossee generando un cono di pressione la cui base corrisponde alla superficie
ossea.
Se la compressione esercita una pressione superiore alla pressione ematica all’interno del
distretto arteriolo-capillare (POC) riduce o interrompe il flusso ematico nel cono di pressione
 POC da 26 a 95 (media > 32) mm Hg in relazione al tempo, stato dei tessuti e peso.
A parità di peso, minore è la superficie di appoggio, maggiore è lo scarico della pressione.

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SOGLIA PRESSIONE-TEMPO
Tempo massimo di tolleranza di un tessuto all’ischemia, causata da uno stress pressorio in
grado di interrompere il circolo ematico, oltre il quale le zone ischemiche del tessuto vanno
incontro a necrosi. È condizionata dalla diversa tolleranza dei tessuti all’arresto del flusso.
Su materassi semplici il tempo massimo è di 2 ore prima che le cellule muscolari inizino ad
accusare delle lezioni (soglia muscolare < soglia sottocute < soglia cutanea).
 < 2 ore in relazione ai fattori di rischio presenti
 > 2 ore in presenza di materassi antidecubito
Il flusso diminuisce man mano che lo stress pressorio aumenta fino a circa 10 mm Hg,
dopodiché, aumentando fino a 30 mm Hg tende a rimanere costante per effetto della
vasodilatazione. Con un ulteriore aumento dello stress pressorio il flusso riprende a
diminuire.
I tessuti compressi tollerano meglio alte pressioni per brevi periodi rispetto a pressioni
minori ma prolungate nel tempo.
 Alte pressioni X tempo breve  minore danno Vasodilatazione  rossore, gonfiore
 Basse pressioni X tempo lungo  maggiore danno

EFFETTI DELLA RIDUZIONE DELLA CIRCOLAZIONE


1. Ipossia tissutale METABOLISMO ANAEROBIO
2. Emorragia interstiziale 
3. Eritema permanente Accumulo di cataboliti tossici con acidosi locale

Aumento della permeabilità vasale

Formazione di trasudato ed edema

Ulteriore sofferenza cellulare e necrosi

FORZE TANGENZIALI O DA TAGLIO O DA STIRAMENTO


SFORZO DA TAGLIO  risultato dell’applicazione di una forza parallela (tangenziale) ad una
superficie mentre la base rimane ferma.

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Un’azione o una sollecitazione derivante dall’applicazione di una forza che determina o
tende a determinare la deformazione di due parti interne contigue di un corpo, sul piano
trasversale (sollecitazione di taglio). È la forza per unità d’area applicata parallelamente al
piano interessato.
Anche solo con la pressione si determinano forze di stiramento ma soprattutto favorite dalla
frizione (sfregamento tra due corpo persona-letto). La deformazione dei tessuti abbassa la
soglia delle pressioni medie all’interno del microcircolo, rendendolo più vulnerabile anche
nei confronti di basse pressioni di contatto.

INTENSITA’ DELLA PRESSIONE


POC 32 mmHg

La lesione si manifesta in
tutta la sua gravità solo
alla rottura della cute
TOLLERANZA DEI TESSUTI DURATA DELLA PRESSIONE
 
- Tessuto muscolare più sensibile - soglia pressione-tempo su piano
alla mancanza di O2 standard (muscolare): 2 ore
- Stato dei tessuti

FATTORI DI RISCHIO
 ESTRINSECI:
 Pressione, frizione e sfregamento
Asportazione degli strati superficiali (epidermide + forze di stiramento)
 Assistenza non ottimale: carenze organizzative, di personale, inadeguata
preparazione del personale
 Tipologia del piano d’appoggio: pieghe, corpi estranei, tipo di materasso
 Uso di presidi: contenzioni, maschere ossigeno, tutori…
 Igiene e macerazione dei tessuti: prodotti utilizzati, grado di pulizia
(infezione), incontinenza, umidità, temperatura, sudorazione (macerazione)
 Uso di farmaci e radioterapie: sedativi, anticoagulanti, antinfiammatori-
steroidi, immunodepressori, chemio/radioterapici

 INTRINSECI:
 Immobilità
- allettamento
 Età avanzata (> 70 anni)
- Riduzione del tessuto adiposo - Rallentamento della guarigione delle
- Diminuzione percezione del ferite
dolore - Riduzione del microcircolo
- Ridotta risposta immunitaria - Riduzione della sensibilità ed elasticità
- Riduzione attività proliferativa della cute
dell’epidermide
 Patologie neurologiche
- Mobilità e sensibilità
 Patologie muscolari e osteo-articolari
- Mobilità e sensibilità
 Malnutrizione
- Scarsa idratazione dei tessuti e deficit proteico (albumina < 3g/Dl)
- Riduzione della risposta immunitaria
- Rischio di infezione
- Ritardo nella cicatrizzazione

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 Alterazioni metaboliche/emodinamiche (ipoperfusione)
- Diabete mellito - Ipossiemia
- Obesità  Vasculopatie
- Neoplasie  Presenza di stasi
- Stati febbrili  Anemizzazione
- Alcolismo  Vasocostrizione protratta
- Ipercapnia  Ipotensione arteriosa
 Stato dei tessuti
- Zone cicatriziali - Disidratazione
- Ematomi - Edemi

LOCALIZZAZIONE DELLE ZONE A MAGGIOR RISCHIO


Qualsiasi zona dove i tessuti molli sono compressi fra le strutture ossee e il piano
d’appoggio. Sono più frequenti sulle prominenze ossee  scapole, sacro e talloni.

CLASSIFICAZIONE
 NPUAP: national pressure ulcer advisory panel
 EPUAP: European pressure ulcer advisory panel

EVOLUZIONE DELLA LESIONE  CLASSIFICAZIONE EPUAP


1) ERITEMA PERSISTENTE NON SBIANCABILE
La cute è intatta con arrossamento non sbiancabile in zona adiacente ad una
prominenza ossea (cute rossa o violacea) L’area può essere più calda, dolorosa con
consistenza diversa.
L’area cutanea può essere più dolorosa, calda e con consistenza diversa rispetto agli
altri tessuti
È superficiale e reversibile (2 -4 giorni).
- Iperemia persistente alla digitopressione

2) PERDITA PARZIALE DI SPESSORE CUTANEO


Parziale perdita di spessore del derma che si presenta come un’ulcera aperta,
superficiale con un colore rosso senza tessuto devitalizzato (SLOUGH) o ecchimosi. Può
anche presentarsi come una vescica intatta (flittene) o aperta/rotta contenente siero o
liquido siero-ematico.
SLOUGH: mix di tessuti necrotici, cellule di sfaldamento, leucociti, essudato, batteri.

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3) PERDITA COMPLETA DELLO STRATO CUTANEO
È presente un danno del tessuto sottocutaneo, il grasso sottocutaneo può essere
visibile ma senza coinvolgere il tendine o muscoli o osso. Il tessuto devitalizzato è
presente ma non oscura la profondità della perdita di tessuto. È’ possibile la
tunnelizzazione o sottominatura dei tessuti adiacenti.
La profondità di un’ulcera varia dalla localizzazione anatomica.

4) PERDITA TOTALE DI SPESSORE TESSUTALE


Lesione a tutto spessore con vasta distruzione con esposizione dell’osso, tendine o
muscolo. Possono essere presenti essudato o escara, oltre a tunnelizzazione o
sottominatura dei tessuti.
NON STABILE  PROFONDITA’ NON CONOSCIUTA
Perdita di tessuto a spessore totale in cui la profondità reale dell’ulcera è completamente
oscurata da tessuto devitalizzato (giallo, marrone, grigio, verde o bruno scuro) o/e escara
(marrone, bruno scuro o nera) nel letto dell’ulcera.
SOSPETTO DANNO RPOFONDO DEL TESSUTO  PROFONDITA’ NON CONOSCIUTA
Area localizzata color viola o marrone di cute intatta scolorita o flittene contenenti sangue
dovuto al danno dei tessuti sottostanti conseguente a pressione e/o dalle forze da taglio.
CLASSIFICAZIONE CROMATICA
 ROSA: inizio della riepitelizzazione che precede la cicatrizzazione della ferita
 ROSSO: presenza di tessuto di granulazione pulito e sano
 VERDE: quadro clinico infetto con secrezioni verdastre o giallo verdastre
 GIALLO: prevalenza di tessuto devitalizzato (umido, SLOUGH)
Il tessuto devitalizzato può anche presentarsi sotto forma di materiale filamentoso,
giallo o beige o biancastro a seconda della variabilità della composizione dello
SLOUGH  mix di tessuti necrotici, cellule di sfaldamento, leucociti, essudato, batteri
 NERO: presenza di escara, tessuto necrotico stabile e secco
Il tessuto devitalizzato tende a disidratarsi e via via forma uno strato duro, ispessito,
coriaceo
PREVENZIONE
Necessita di un approccio globale e interdisciplinare.
PIANO ASSISTENZIALE OMOGENEO  medico, dietista, fisioterapista, OSS, chirurgo,
infermiere…
DI RISCHIO DI ULCERA DA PRESSIONE
 Suscettibilità ad una lesione localizzata alla cute e/o al tessuto sottostante di solito su
una prominenza ossea, quale risultato della pressione in combinazione con le forze da
frizione.
FATTORI CORRELATI:
o Ridotta mobilità/immobilità o Denutrizione
o Riduzione del sensorio o Disidratazione
o Compromissione neuromuscolare o Mancanza di conoscenze
o Ipertermia o Umidità
o Dolore o Sovrappeso
o Stato di debilitazione
OBIETTIVI GENERLI:
 Mantenere l’integrità cutanea (o ripristinare l’integrità cutanea)
 Preservare la tolleranza dei tessuti ai periodi di compressione

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PREVENZIONE  giudizio clinico
 INDIVIDUARE I SOGGETTI A RISCHIO  e i fattori di rischio
 VALUTARE E QUANTIFICARE IL RISCHIO  tramite le scale di valutazione del rischio
 Fare una valutazione dei rischi presenti attraverso un approccio strutturato:
1. Entro 8 ore dal ricovero della persona assistita ed ogni volta che
insorgono cambiamenti nelle sue condizioni di salute
2. Considerare la valutazione dell’attività/mobilità, lo stato della cute e la
presenza di altri fattori di rischio (perfusione, ossigenazione, umidità,
nutrizione temperatura corporea…)
 Utilizzare le scale di valutazione standardizzate e validate associate al giudizio
clinico dell’infermiere. In questo caso la SCALA DI NORTON (condizioni cliniche
generali, stato mentale, attività o deambulazione, mobilità o mobilizzazione,
incontinenza).
 Un programma di prevenzione basato sull’accertamento del rischio può ridurre
l’incidenza di ulcere del 60%.
 Valutare il rischio delle persone sottoposte ad intervento chirurgico (durata >
2 ore, possibile ipotensione, posizionamento)
INTERVENTI DI PREVENZIONE  per i pazienti identificati a rischio
Possono essere a LIVELLO GENERALE (alimentazione, metabolismo, funzionalità muscolo-
scheletrica, supporto psicologico, educazione alla salute) o LOCALE.
INTERVENTI A LIVELLO LOCALE:
 RIDURRE LA PRESSIONE, FRIZIONE E LE FORZE DI STIRAMENTO
Adottare un programma di cambio di posizione personalizzato considerando la
tolleranza dei tessuti, il livello di attività e mobilità, le condizioni mediche generali, gli
obiettivi del trattamento, le condizioni della cute e il comfort (30 min – 2 ore massimo
in assenza di presidi)
- Decubito supino - Decubito laterale
- Posizione di flower - Talloni rialzati
- Decubito prono
ADOTTARE UN PIANO DI RIPOSIZIONAMENTO:
- Eviti la frizione e le forze di stiramento
- Eviti il posizionamento della persona direttamente sopra sistemi di drenaggio o
fattori esterni che incrementano la pressione (pieghe letto)
- Mantenga l’allineamento posturale
- Eviti il posizionamento diretto su prominenze ossee per lunghi periodi
- Allevi completamente la pressione sul tallone (evitando pressione sul tendine
d’Achille)
- Eviti il posizionamento su una zona di eritema, se possibile
Mantenere la testata del letto alla minima inclinazione (30°). Alternare ogni 15 minuti
la posizione delle persone costrette a stare sedute, addestrarle a spostare il peso
favorendo riposizionamenti frequenti.
Utilizzare dispositivi, presidi e supporti per il posizionamento (sollevatori, teli,
trasglide…).
Controllare la cute sotto e intorno ai dispositivi medici almeno due volte al giorno
(utilizzare presidi in materiale biocompatibile).
Utilizzare superfici e dispositivi antidecubito come sovramaterassi, sistemi letto,
cuscini, talloniere, gomitiere. Una superficie di supporto è un dispositivo specializzato
per la ridistribuzione della pressione, progettato per gestione del carico dei tessuti, del
microclima e/o altre funzioni terapeutiche.
 SUPERFICI ANTIDECUBITO: atte a ridurre o scaricare la pressione di contatto
esercitata dal corpo su di una superficie. Sono utilizzate a scopo preventivo, curativo e
palliativo ma il numero di strati di lenzuola e traverse presenti fra il soggetto e il

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materasso antidecubito ne riduce l’efficacia e bisogna evitare l’effetto “amaca” quindi
non rimboccare le lenzuola.
Nessuna di queste superfici elimina in modo completo gli effetti della pressione, per
cui NON SOSTITUISCONO I CAMBI DI POSTURA ma permette di ridurne la frequenza.
- SUPERFICIE DI SUPPORTO REATTIVA (STATICA): una superficie di supporto,
alimentata o non alimentata a energia elettrica, avente la capacità di modificare
le proprie proprietà di distribuzione del carico soltanto in risposta all’applicazione
di un carico.
Scaricano le pressioni di contatto su una zona più ampia grazie alla propria forma
e composizione. La ridistribuzione delle pressioni.
È dipendente dalla presenza e movimento del paziente, infatti è adatta per i
pazienti a basso rischio con mobilità ridotta che possono essere mobilizzati.

- SUPERFICIE DI SUPPORTO ATTIVA (DINAMICA): una superficie di supporto,


alimentata a energia elettrica, avente la capacità di modificare le proprie
proprietà di distribuzione del carico, con o senza carico applicato.
Variano le proprie pressioni ottenendo un cambio dei punti di appoggio a tempi
alternati in modo indipendente dalla presenza e posizione del paziente (grazie ad
alimentazione elettrica).
Eliminano la pressione quindi sono adatti a pazienti a medio e alto rischio, non in
grado di assumere posizioni diverse.

La scelta del presidio deve considerare:


 Stato generale della persona
 Livello di immobilità-inattività
 Necessità di controllare il microclima e ridurre le forze da taglio
 Dimensioni e peso dell’individuo
 I soggetti allettati devono essere posizionati su un sistema dinamico

Tipologie di superfici: Tecnologie/strumenti: - Aria statica


- Sovramaterasso - Schiuma - Aria fluidizzata
- Materasso - Gel - Pressione alternata
- Sistemi letto - Fluidi viscosi - Fibra cava
- Presidi
Per essere efficace, la superficie, deve favorire:
 Riduzione della pressione del corpo sul piano d’appoggio
 Riduzione delle forze d’attrito e stiramento
 Dispersione del calore e umidità
 Mantenimento di una postura corretta

 GARANTIRE INTERVENTI SULLA CUTE  proteggere la cute e preservare l’integrità


Ispezionare e palpare sistematicamente la cute dei soggetti a rischio e nelle zone a
rischio (edema, eritema, dolore, rossore…).
Effettuare l’igiene del corpo a intervalli regolari e quando necessario:
- Saponi a pH bilanciato, non sensibilizzanti, evitare lozioni o saponi a base
alcolica
- Evitare lavaggi frequenti se non utili, rimuovere residui di sapone, asciugare
tamponando (non frizionare)
- Evitare acqua troppo calda e detergenti alcalini
- Evitare massaggio o frizionamento sulle prominenze ossee

49
Controllare, contenere o correggere l’umidità o la secchezza cutanea:
- Evitare prolungato contatto con liquidi biologici (per umidità e alterazione pH)
- Minimizzare l’esposizione cutanea all’umidità
•Incontinenza
•Sudorazione
•Secrezioni di ferite
- Mantenere l’idratazione della cute
•Condizioni ambientali (scarsa umidità o esposizione al freddo)
•Applicare creme o soluzioni idratanti (olio a base di olio di mandorle,
lantoina, albumina di latte)
Proteggere la cute dall’eccessiva esposizione all’umidità con un prodotto barriera
(crema non idratante)
Valutare l’opportunità di applicare una medicazione in film o schiuma poliuretanica
sulle prominenze ossee a scopo preventivo.
 Assistenza ottimale (basata su prove di efficacia)
 Gestione dei presidi

INTERVENTI A LIVELLO GENERALE:


 ALIMENTAZIONE E METABOLISMO
Effettuare uno screening sullo stato nutrizionale ai soggetti a rischio.
Valutare il peso e determinare la presenza di calo ponderale.
Sviluppare un piano nutrizionale individualizzato:
- Apporto energetico adeguato in relazione alle condizioni e all’attività:
o 30-35 Kcal per Kg di peso negli adulti a rischio o con ulcere da pressione e
valutati a rischio di malnutrizione
o Se necessario rivedere con il medico le restrizioni dietetiche quando le
limitazioni si traducono in diminuzione nell’assunzione di cibo o nutrienti
o Fortificare i cibi se necessario o garantire supporto nutrizionale quando
l’assunzione orale è inadeguata
Garantire l’assunzione di una dieta bilanciata:
- PROTEINE: se possibile 1,25 –1,5 gr/Kg/die negli adulti a rischio di ulcera e di
malnutrizione (valutare funzionalità renale)
- VITAMINE A, C, E, PPMINERALI ZINCO, RAME, FERRO
Garantire l’assunzione di almeno 1500-2000 ml di liquidi/die con incrementi in
presenza di disidratazione, ipertermia, vomito, sudorazione, diarrea o ulcere molto
essudanti

ALTRI INTERVENTI:
 Gestione delle risorse umane, materiali, operative
 Sostegno del trofismo e del tono muscolare, della funzionalità articolare, tendinea
(FKT Attiva e Passiva)
 Riconoscere le reazioni del paziente dei familiari. Creare un rapporto di fiducia
 Educare i soggetti a rischio, i parenti e gli addetti all’assistenza (tirocinanti, figure
di supporto…)

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SCALE DI VALUTAZIONE

SCALA DI NORTON

CONDIZIONI STATO
GENERALI MENTALE ATTIVITA’ MOBILIZZAZIONE INCONTINENZA

4 BUONE VIGILE CAMMINA AUTONOMIA0 ASSENTE

CAMMINA
3 MEDIOCRI APATICO CON AIUTO RIDOTTA SALTUARIA

2 SCADENTI CONFUSO STA SEDUTO MOLTO LIMITATA ABITUALE

MOLTO STA NEL


1 SCADENTI INCOSCIENTE LETTO IMMOBILE DOPPIA

PUNTEGGIO:
 > 14 basso rischio
 10-14 medio rischio
 = 0, < 10 alto rischio

SCALA BRADEN

1 2 3 4

PERCEZIONE MOLTO LEGGERMENTE


SENSORIALE ASSENTE LIMITATA LIMITATA NORMALE

UMIDITA’
CUTANEA COSTANTE MOLTO A VOLTE RARAMENTE

CAMMINA CAMMINA
ATTIVITA’ A LETTO IN POLTRONA OCCASIONALMENTE FREQUENTEMENTE

TOTALMENTE MOLTO LEGGERMENTE LIMITAZIONI


MOBILITA’ LIMITATA LIMITATA LIMITATA ASSENTI

MOLTO
NUTRIZIONE SCARSA INADEGUATA ADEGUATA OTTIMA

SCIVOLAMENTO/ RICHIEDE PROBLEMA PROBLEMA NON


FRIZIONE ASSISTENZA POTENZIALE EVIDENTE

PUNTEGGIO:
 < = 10 rischio altissimo
 11-15 rischio alto
 16-20 rischio medio
 > 20 rischio basso
VALIDITA’ DELLE SCALE DI VALUTAZIONE
 SENSIBILITA’: capacità della scala di identificare fra le persone classificate a rischio
quelle realmente a rischio
- NORTON: 73-92%
- BRADEN: 83-100%

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 SPECIFICITA’: capacità della scala di identificare fra le persone classificate a non
rischio quelle realmente a non rischio
- NORTON: 61-94%
- BRADEN: 64-77%
DI INTEGRITA’ CUTANEA COMPROMESSA  alterazione dell’epidermide o del derma.
DI INTEGRITA’ TISSUTALE COMPROMESSA
DEFINIZIONE: danno della mucosa, cornea, sistema tegumentario, fascia muscolare,
muscoli, tendini, ossa, cartilagini, capsule articolari o legamenti.
PROCESSO DI GUARIGIONE
1°. FASE INFIAMMATORIA (0-4 GIORNI)
Attivazione del processo coagulativo il quale origina una matrice di fibrina ovvero un
telaio per la riparazione cellulare.
Reazione infiammatoria che crea condizioni positive per lo sviluppo della flogosi,
l’attivazione dei neutrofili e macrofagi e la sintesi di collagene.
2°. FASE PROLIFERATIVA (3-21 GIORNI)
Comparsa di nuovi vasi sanguigni.
Utilizzo del collagene per la granulazione e la riepitelizzazione.
3°. FASE DI RIMODELLAMENTO (21 GIORNI – 2 ANNI)
TRATTAMENTO LDP
OBIETTIVO  favorire il processo di guarigione ed evitare le complicanze che possono
manifestarsi a livello locale e sistemico.
LIVELLO LOCALE  rimuovere i fattori eziologici ed intervenire sulla lesione e sui fattori di
rischio locali.
LIVELLO GENERALE  intervenire sui fattori di rischio a livello generale e supportare
l’organismo per facilitare la guarigione.
 Valutazione e documentazione della lesione presente (necrotica, infetta, flittene,
detersa)
- Stadiazione EPUAP;
- Caratteristiche fisiche: localizzazione, dimensioni, tipo di tessuto, quantità,
colore, consistenza, odore essudato, stato cute perilesionale…
 Rivedere ed intensificare il piano di prevenzione
- Preparazione del letto della ferita;
- Detersione della lesione;
- Gestione della necrosi;
- Gestione delle complicanze;
- Scelta della medicazione;
 Ambiente favorevole alla guarigione
- Umidità fisiologica;
- Assenza di processi infiammatori prolungati e/o infettivi;
- Fondo deterso privo di tessuto necrotico;
- Mantenimento della temperatura corporea nella norma;
- Assenza di margini sottominati;
PREPARAZIONE DEL LETTO DELLA FERITA
Gestione globale e coordinata della lesione tra accelerare i processi endogeni di guarigione
e promuovere l’adozione di misure terapeutiche efficaci.
TESSUTO le cellule non vitali impediscono la guarigione.
INFEZIONE O INFIAMMAZIONE provoca un incremento delle citochine infiammatorie e
dell’attività proteasica con riduzione dell’attività dei fattori di crescita.

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SQUILIBRIO IDRICO  la disidratazione cutanea rallenta la migrazione delle cellule
epiteliali, un eccesso di liquidi provoca macerazione dei margini della ferita.
MARGINI DELL’EPIDERMIDE  i cheratinociti che non migrano e le cellule della ferita che
non rispondono agli stimoli impediscono la rimarginazione dei tessuti.
DETERSIONE DELLA LESIONE
Si effettua ad ogni cambio della medicazione, bisogna irrigare con soluzione fisiologica (no
antisettici frequentemente) a temperatura ambiente o corporea ed utilizzando una
pressione di irrigazione non traumatica (siringa da 20-35 ml con ago 19 o 20 Gauge).
SBRIGLIAMENTO/DEBRIDMENT  rimozione del tessuto necrotico
SI RIMUOVE SEMPRE TRANNE IN PRESENZA DI ESCARA DEL CALCAGNO (lesione secca
nera) LA NECROSI NON VA RIMOSSA IN ASSENZA DI EDEMI, ERITEMA O SEGNI DI
INFEZIONE. Il tallone ha una ridotta superficie di contatto ed una scarsa quantità di tessuto
sottocutaneo per cui si rischia d mettere a nudo il periostio del calcagno con pericolo di
osteomielite. Se l’escara rimane ben secca può essere lasciata in sede e coperta da garze.
Bisogna applicare la protezione della cute circostante con prodotti ad effetto barriera per
ammorbidire i margini della lezione.
Il tessuto necrotico diventa ricettacolo d’infezione che prolunga la risposta infiammatoria e
ostacola la riepitelizzazione. La scelta del tipo di debridment dipende dalle condizioni della
persona e dagli obbiettivi dell’assistenza:
˃ D. MECCANICO (chirurgico) o TOILETTE CHIRURGICA
Bisogna scegliere la medicazione in base al materiale posto a diretto contatto con la
ferita (primaria) che può aver bisogno di un fissaggio (secondaria).
- Mantenere un ambiente umido,
- Controllare l’essudato,
- Mantenere asciutta la cute circostante,
- Garantire l’isolamento termico e una temperatura stabile della ferita,
- Proteggere dalla contaminazione esterna,
- Non causare trauma sul letto della ferita alla rimozione,
- Dovrebbero essere lasciate in sede il maggior tempo possibile.
Medicazioni avanzate: film semipermeabili in poliuretano, idrocolloidi e schiume in
poliuretano.
 Capacità assorbente medio-bassa,
 Mantengono un microambiente umido,
 Permettono il passaggio di ossigeno ma non di liquidi e batteri
 Bisogna fare attenzione nelle ferite infette per il rischio di sviluppo di infezioni
anaerobie.
Medicazioni favorenti la granulazione: alginati, collageni e idrogel.
 Mantengono un microambiente umido,
 Non assicurano stabilità termica.
Medicazioni favorenti lo sbrigliamento: enzimi proteolitici.
Preparazioni enzimatiche causano la degradazione del tessuto necrotico attraverso
la digestione o la dissoluzione.
˃ D. ENZIMATICO (chimico) con farmaci proteolitici come la fibrolisina o collagenasi
Si esplica attraverso l’impiego di composti costituiti principalmente da collagenasi o
proteasi in grado di digerire in modo selettivo il collagene nativo e denaturato.
La collagenasi promuove lo sbrigliamento e la crescita del tessuto di granulazione in
un periodo che varia tra i 3 e i 30 giorni.

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 Da utilizzare sul tessuto necrotico;
 Medicazione rinnovata ogni 12/24 ore;
 NON può essere utilizzata sotto medicazioni semi-occlusive;
 NON può essere utilizzata insieme allo jodopovidone, argento, zinco,
detergenti e saponi;
˃ D. AUTOLITICO;
˃ D. COMBINATO;

GESTIONE DELLE COMPLICANZE


 Dolore;
 Iperessudazione/ipoessudazione date da medicazioni altamente o poco assorbenti;
 Colonizzazione batterica  detersione;
 Infezione  detersione, dall’uso di agenti antisettici di nuova generazione per breve
durata ed esami colturali con antibiotico terapia sistemica mirata;
 Controllo della carica batterica effettuato rimuovendo l’antisettico con soluzione
fisiologica per evitare interazioni con la medicazione. NON vanno utilizzate soluzioni
colorate in quanto non permettono la valutazione della ferita e possono ridurre
l’azione antisettica;
 Cronicizzazione della lesione;
 Depressione;
 Limitazioni funzionali;
 Disidratazione;
MEDICAZIONI
I stadio
Asepsi medica
II stadio chiuso
II stadio aperto
III stadio Asepsi chirurgica
IV stadio

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MEDICAZIONE STANDARD – LESIONE NON INFETTA
a. Detersione
b. Asciugatura
c. Medicazione primaria
- Eventuale medicazione secondaria
MEDICAZIONE STANDARD – LESIONE INFETTA
a. Detersione
b. Asciugatura
c. Tamponi e prelievi colturali
- Eventuale disinfezione
d. Asciugatura
e. Medicazione primaria
- Eventuale medicazione secondaria
MEDICAZIONI IN BASE AGLI STADI
1° STADIO  ripristinare l’integrità cutanea e prevenire la progressione della lesione.
Utilizzare un film in poliuretano insieme alla pasta barriera poiché:
 Aderiscono alla cute senza danneggiarla;
 Fanno da barriera per i liquidi esterni ed i batteri;
 Permettono all’ossigeno di passare;
 Mantiene un ambiente umido;
 Evita lo strofinamento;
 Permette di osservarne l’evoluzione;
2° STADIO  mantenere il microambiente umido, controllare l’essudato ed eventuali
infezioni, stimolare la granulazione e la riepilizzazione.
In presenza di flittene:
 Evitare comunicazioni interno-esterno proteggendo la lesione;
 In caso di rottura accidentale mantenere la copertura in presenza di un piccolo foro;
 Valutare la necessità di aspirare il contenuto in presenza di grosse bolle o di liquido
torbido che possano far pensare ad un’infezione;
 Rimuovere la copertura in presenza di lembi molli e ampia scopertura del fondo della
lesione;
Lesione detersa, poco essudante o Lesione ipersecernente:
iposecernente:
 Alginati o idrofibre;
 Idrocolloide;  Idrocolloide con fibra di cellulosa;
 Idrogel;  Schiume in poliuretano;
 Film in poliuretano;
In presenza di tessuto necrotico:
 Debridment autolitico con idrogel;
 Debridment enzimatico con enzimi proteolitici o combinato;
 Toilette chirurgica;
In presenza di infezione:
 Esame colturale  è preferibile l’aspirazione di materiale con siringa al tampone da
effettuare dopo la detersione;
 Regolare detersione e disinfezione con medicazioni quotidiane;
 Applicazione di prodotti antimicrobici topici a base di argento;
 Antibioticoterapia sistemica;

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RIMUOVERE UNA MEDICAZIONE
Per rimuovere i sistemi di fissaggi e/o medicazioni evitando possibili traumatismi bisogna
allentare i capi del sistema di fissaggio e tirare delicatamente il capo esterno parallelamente
al piano cutaneo e verso la lesione.
VALUTAZIONE DEL PROCESSO DI GUARIGIONE
Una lesione detersa mostra i segni dell’inizio di guarigione entro 2 settimane.
 Scala PUSH: il punteggio totale esprime lo stato della lesione. Un valore che tende
allo zero indica che la lesione è in via di miglioramento e guarigione. Al contrario un
valore che si allontana dallo zero e tende ad aumentare è indice di peggioramento.
- Dimensione (lunghezza e larghezza);
- Essudato;
- Tipo di tessuto;

 Valutazione cromatica;
 Valutazione PSST;
 Valutazione e documentazione della lesione (sede, dimensioni, margine, bordo,
forma, segni di infezione, essudato, tessuto, cute perilesionale…);
 Supportare l’organismo:
- Incremento della quota proteica nella dieta e ricca di vitamine (A, C, K, zinco);
- Fornire una dieta ipercalorica con adeguato apporto idrico;
- Terapia sistemica con emotrasfusioni, albumina…);
 Prevenire le complicanze;
TERAPIE FISICHE
o VAC vacuum assisted closure: metodo non invasivo che agisce creando una pressione
negative localizzata e controllata, continua o ciclica di aspirazione creando un vuoto
con effetto di suzione che facilita la rimozione dell’essudato;
o Laser terapia;
o Raggi infrarossi;
o Terapia iperbarica;
o Onde d’urto;
o O2 terapia;

56
MODELLO DI ELIMINAZIONE URINARIA
 modello riguardante la funzione escretoria delle persone (vescica). Comprende la
percezione della regolarità dell’individuo rispetto alla funzione escretoria, le abitudini e
qualunque cambiamento o disturbo del modello riferito ai tempi, alle modalità di escrezione,
alla qualità o alla quantità.

Sono compresi anche tutti i mezzi per controllare l’escrezione.

L’infermiere ha un ruolo fondamentale nella promozione della funzione urinaria ottimale e


nella prevenzione delle complicanze urinari in tutti gli assistiti.

L’infermare è colui che personalizza gli interventi specifici al fine di aiutare gli assistiti di
tutele età a integrare con le problematiche di tale modello. (Craven)

La struttura del tratto urinario comprende:


˃ I reni dove si forma l’urina
˃ Gli ureteri che connettono i reni con la vescica
˃ La vescica che raccoglie l’urina
˃ L’uretra che permette all’urina di uscire dal corpo

La funzione del sistema urinario è di eliminare i liquidi di rifiuto dal corpo. Ciò avviene
attraverso due PROCESSI PRINCIPALI:
1°. FORMAZIONE DELL’URINA: la funzione principale del rene è la regolazione del volume
e della composizione del liquido extracellulare (LEC) del corpo.
Il rene attua questa funzione selezionando la quantità di acqua e altre sostanze da
ritenere ed eliminando l’acqua e le altre sostanze indesiderate nell’urina.
La formazione dell’urina avviene attraverso i processi di:

- Filtrazione
- Riassorbimento
- Secrezione
Nelle 24 ore i corpuscoli renali estraggono dal sangue (ultrafiltrazione glomerulare)
circa 160-180 litri di pre-urina.al suo passaggio nei tuboli renali, questa viene in gran
parte riassorbita e riportata nel sangue (riassorbimento tubulare) e la sua
composizione è regolata in modo da soddisfare le esigenze di omeostasi idrica e salina
del corpo (secrezione tubolare). Si passa da circa 160-180 litri al giorno di pre-urina
a 1.5 litri di urina secreta effettiva.
2°. ELIMINAZIONE DELL’URINA: negli adulti, in genere, lo svuotamento della vescica si
verifica quando questa è piena o distesa con circa 250-400 ml di Urina nei bambini
anche quantità inferiori possono stimolare lo svuotamento della vescica. Quando il
volume di urina nella vescica raggiunge i 250-400 ml la pressione stira il detrusore
tanto quanto basta per innescare le forze che determinano l’apertura del collo
vescicale.
La contrazione del detrusore provoca maggiore tensione e pressione e, di solito, è a
questo punto che la persona percepisce di avere la vescica piena e sente il bisogno
di urinare. Questo atto si definisce MINZIONE RIFLESSA ed è un riflesso involontario
del midollo spinale. La persona può coscientemente decidere di posporre la minzione
trattenendo lo sfintere esterno.

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DIUERESI: volume di urina prodotto in un determinato periodo di tempo. Possiamo avere
una diuresi oraria (diuresi di un’ora) o diuresi giornaliera (diuresi delle 24 ore).
Il range di riferimento riguarda naturalmente una situazione di funzionalità normale.
L’adulto tipo a cui fa riferimento il dato (1500ml/ die) ha una funzionalità normale e pesa
75kg. Per definire la diuresi adeguata alla persona la quantità deve rientrare all’interno del
range: 0,5ml/Kg/ora <X> 1,5ml/ Kg/ora:

˃ Neonato/2: 500-600 ml/die


˃ 2-5 anni: 500-800 ml/die
˃ 5-8 anni: 600-1200 ml/die Ematuria: sangue nelle urine
˃ 8-14 anni: 1000-1500 ml/die Proteinuria: proteine nelle urine
˃ 14 e oltre: 1500 ml/die Batteriuria: batteri nelle urine
Piuria: presenza di pus nelle urine
Glicosuria: presenza di glucosio nelle
urine
ALTERAZIONI DELLA DIUERESI

 Poliuria: > 2500/3000ml/24h > 1,5 ml/Kg/h;


 Nicturia: aumento produzione di urine con aumento frequenza delle minzioni
notturne;
 Oliguria: < 500ml/24h <0,5ml/Kg/h;

MINZIONE  è l’atto di eliminazione d’urina. Inizia come atto volontario e prosegue come
atto riflesso. La distensione vescicale invia impulsi nervosi al tronco encefalico ed alla
corteccia cerebrale, rendendo la persona conscia della necessità di urinare. Il desiderio di
urinare può essere avvertito quando la vescica contiene 300/400 ml di urina. Il riempimento
della vescica con 700/900 ml di urina provoca dolore ed innesca la minzione per via riflessa.

ALTERAZIONI DELLA MINZIONE


 Disuria: difficoltà alla minzione;
 Stranguria: minzione dolorosa;
 Enuresi: volontario o involontario rilascio ripetuto di urina o nei vestiti in pazienti in
cui controllo sfinterico dovrebbe essere acquisito (> 3 anni);
 Tenesmo: sensazione di incompleto svuotamento della vescica;
 Pollacchiuria: aumento della frequenza delle minzioni con emissione di piccole
quantità di urina;

URINA  è il liquido sterile, prodotto finale dell’escrezione de rene. L’urina si forma


attraverso 3 processi: filtrazione, riassorbimento, secrezione/escrezione.
RIFERIMENTO URINA
 COLORE: giallo paglierino.
Alterazione urina-colore: Il colore può variare per fattori fisiologici quali la quantità
di liquidi assunti, gli alimenti assunti (barbabietole, more, mirtilli, rabarbaro...),
farmaci somministrati (Propofol, blu di metilene).

Il colore può variare per fattori patologici quali la presenza di sostanze che
normalmente non dovrebbero essere presenti nelle urine o che comunque
dovrebbero essere presenti solo in modica quantità come:

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sangue, batteri, bilirubina Colore  significato  patologia

- Varie gradazioni di giallo  normale


- Giallo pallido  urina diluita  diabete mellito; diabete insipido; difetti
capacità di concentrazione
- Ambra: giallo scuro + rosso  urina concentrata  febbre; sedimento
laterizio
- Arancio + rosso + marrone  urobilina
- Arancio vivo  farmaci azoici
- Rosso  sangue i pigmenti ematici  patologie nefro-urologiche
- Rosso  usati
- Rosso  farmaci  levodopa; metildopa; antrachinonici
- Rosso limpido  emoglobina  emoglobinuria; emolisi intravascolare
- Rosso scuro-marrone  mioglobina  sindrome da schiacciamento; infarti
muscolari estesi
- Rosso porpora  porfirine  porfiria
- Marrone + gialla + verde  bilirubina  ittero; epatopatie
- Marrone-nero  melanina  melanoma
- Marrone-nero  fenolo  intossicazione da fenolo
 LIMPIDEZZA: trasparente/liquido.
La limpidezza delle urine può variare a causa di fattori fisiologici (urine torbide da
raffreddamento) e a causa di fattori patologici quali la presenza di pus, muco,
albumina, batteri, cellule di sfaldamento
 ODORE: aromatico.
Alterazioni urina-odore:  causa biochimica
- Ammoniacale, putrido scissione batterica dell’urea, infezioni urinarie
- Dolce, fruttato Chetoni (acidosi diabetica)
- Piedi sudati Acidi organici
- Zucchero d’orzo Acidi organici
- Cavoli o luppolo acidi organici
- Urina di topo acidi organici
- Pesce  trimetilammina
 PH: 4,6-8.
- Se > 8: dieta ricca di frutta, presenza di infezione, alterazioni metaboliche
- Se < 4,6: dieta ricca di carne, mirtilli, digiuno, alterazioni metaboliche
 PESO SPECIFICO: 1,015-1,025.
Se < 1,015: aumento apporto di liquidi, malattie renali, farmaci diuretici
-
Se > 1,025: ridotto apporto di liquidi, aumentate perdite di liquidi, aumento
-
di secrezioni ADH
 COSA CONTIENE: 95% H2O; 5% sostanze organiche
ACCERTAMENTO DEL MODELLO DI ELIMINAZIONE DELL’URINA
ACCERTAMENTO STEP 1

1°. VALUTAZIONE DEL MODELLO NORMALE DELLA PERSONA ASSISTITA


Chiedere:
- Caratteristiche delle minzioni e diuresi
- Caratteristiche delle urine
- Utilizza eventuali di presidi
- Le abitudini di eliminazione urinaria

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2°. VALUTAZIONE DEI RISCHI
Identificare i fattori che possono mettere a rischio la normalità del modello:
- Raccogliere informazioni riguardanti precedenti problemi a livello del prato
urinario (calcolosi, insufficienza renale, interventi di tipo genito-urinario)
- Raccogliere informazioni riguardanti problematiche acute che potrebbe andare
ad agire sul modello (patologie neurologiche, scompenso cardiaco)
- Problematiche motorie o cognitive che potrebbero limitare la “normalità” del
modello
- Utilizzo di eventuali farmaci che potrebbero alterare l’eliminazione urinaria

RISCHIO DI INFEZIONE DEL TRATTO URINARIO  saranno da indagare:

- Presenza di pregresse UTI


- Presenza di CV (durata) o manovre invasive sul tratto urinario
- Prolungato allettamento- immunocompromissione
- Ridotta assunzione di liquidi
- Ostruzione delle vie urinarie
- Presenza del reflusso vescica-ureterale
- Gravidanza
- Diabete mellito
- Attività sessuale- uso di creme spermicide

3°. VALUTAZIONE DEI PROBLEMI: le problematiche presenti e quindi l’accertamento


andrà a valutare:
- Le alterazioni delle minzioni
- Le alterazioni delle diuresi
- Le alterazioni delle urine
- L’eventuale utilizzo momentaneo di presidi

ACCERTAMENTO STEP 2

INTERVISTA:

 Utilizzo domande aperte: “ha problemi a fare l pipi?”


 Utilizzo domande specifiche: “quante volte va in bagno ad urinare di notte?”

MONITORAGGIO:

˃ Osservazione delle urine (colore, odore, presenza di muco, sangue...);


˃ Osservazione delle modalità di espletamento dell’eliminazione urinaria (è in grado di
raggiungere il bagno da solo?);
˃ Monitoraggio delle uscite e in particolare modo della diuresi oraria e delle 24 ore;

ESAME FISICO:

 Ispezione del basso addome, valutare la presenza di eventuali gonfiori;


 Ispezionare l’area perineale se necessario (valutare segni di infezione);
 Ispezionare il meato urinario (cute arrossata, umida...);
 Palpazione della vescica (se > 400-500 ml si può apprezzare la presenza di globo
vescicale);
 Percussione vescica: se la vescia è vuota o con meno di 150 ml si avrà un suono
sordo, se la vescica è distesa allora si ha presenza di un suono ottuso, soffocato;

60
DIAGNOSTICA:

 Utilizzo di ecografia vescicale


 Diagnosi per immagine (TC; RM)
 Cistoscopia
 Studi urodinamici
 Esame chimico fisico urine
 Urinocoltura
 Esame citologico urine
PROBLEMATICHE DEL MODELLO DI ELIMINAZIONE

 RITENZIONE URINARIA  è l’incapacità di vuotare la vescica causata da:


˃ Incapacità della persona di percepire il riempimento vescicale
˃ Incapacità di rilasciare il collo vescicale e lo sfintere esterno per permettere
il deflusso di urina dal corpo

EZIOLOGIA:

- Ostruttiva: ostacolo al normale deflusso di urine (calcolosi);


- Infettiva: edema mucosa uretrale;
- Neurologica: alterazioni neurologiche (danni a livello del midollo spinale o a
livello cerebrale);
- Farmacologica;
- Post-partum: il gonfiore di meato urinario è frequente nel parto naturale;
- Fattori psicologici o ambientali;
SEGNI E SINTOMI:

o Distensione vescicale palpabile nell’area sovrapubica (>500-600ml),


o Disuria: minzione scarse e frequenti da sovraflusso o rigurgito o
gocciolamento (50.100ml),
o Dolore alla palpazione,
o Agitazione psico-motoria,
o Residuo urinario post-minzionale > a 100-150 ml (ritenzione urinaria
cronica),
COMPLICANZE:
 Accumulo di urine può causa una stasi di urine o portare ad:
- Predisposizione alle infezioni;
- Predisposizione a formazione di calcoli;
 Distensione vescicale (data dall’accumulo di urine), può dare un possibile
ritorno dell’urina negli ureteri/rene, un aumento della pressione sul nefrone
e una possibile insufficienza renale;
 INCONTINENZA URINARIA: perdita involontaria di urina dalla vescia che può essere
temporanea o permanente a seconda della tipologia e della causa dell’incontinenza
stessa.
Ci sono varie tipologie:

 DA STRESS: perdita improvvisa e involontaria di una piccola quantità di urina


causata da un improvviso aumento della pressione addominale.
Cause: alta pressione addominale causata da tosse, starnuti, salti o debole
supporto pelvico da obesità o gravidanza. Da interventi alla prostata.

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 DA URGENZA: perdita improvvisa e involontaria di una quantità di urina dopo
un’impellente bisogno di urinare.
Cause:
- Iperattività del muscolo detrusore
- Ridotta capacità vescicale
- Irritazione della vescia
- Infezione a livello della vescica
- Sovra-distensione vescicale
- Assunzione diuretici, caffeina, alcol
 RIFLESSA: perdita improvvisa e involontaria di una quantità di urina che si
verifica ad intervalli predicibili al raggiungimento di un volume vescicale
specifico.
Cause:
- Danno a livello del midollo spinale
- Patologie cerebrovascolari
- Tumori cerebrali
- Chirurgia radicale pelvica
- Vescica neurologica flaccida
 FUNZIONALE perdita di urina solitamente in quantità abbondante, in persone
con capacità di controllo sfinterico ottimale e con vescia non lesionata, per
incapacità o mancanza di volontà nel raggiungere in tempo il bagno.
Cause:
- Scarsa cura dell’ambiente (poca luce, impedimenti quali spondine
alzate)
- Deficit sensoriali o cognitivi (disorientamento, farmaci)
- Deficit motori, neurovascolari, psicologici
 TOTALE: continua, involontaria e imprevedibile perdita di urina in persona con
una vescica non distesa.
Cause:
- Lesione neurologica, trauma, malformazione congenita a livello del
midollo spinale o del cervello. Gravi deficit cognitivi
 ENURESI: perdita involontaria di urina senza una sottostante causa
fisiopatologica dopo l’età in cui è solito raggiungere il controllo sfinterico (>4
anni).
Cause:
- Scarsa capacità vescicale
- Sonno profondo
- Stress
- Ansia a casa o scuola
- Storia familiare di enuresi notturna
DI INCONTINENZA URINARIA FUNZIONALE 00020

DEFINIZIONE: incapacità di una persona abitualmente continente di raggiungere il bagno


in tempo per evitare una perdita involontaria di urina.
CARATTERISTICHE DEFINENTI:
˃ Capacità di svuotamento vescicale completo;
˃ La persona avverte il bisogno di urinare;
˃ Perdita di urina prima di raggiungere il bagno;
˃ Possibile incontinenza solo mattina presto;

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˃ Tempo necessario per raggiungere il bagno troppo lungo dopo la sensazione di
urgenza;
FATTORI CORRELATI: indebolimento delle strutture peluche di sostegno.
CONDIZIONI ASSOCIATE: alterazioni delle funzioni cognitive; compromissione della vista;
compromissione neuromuscolare; disturbo psicologico.
DI INCONTINENZA DI URINA RIFLESSA 00018
DEFINIZIONE: perdita involontaria di urina che si verifica a intervalli abbastanza prevedibili,
quando la vescica ha raggiunto un determinato riempimento.
CARATTERISTICHE DEFINENTI:
˃ Assenza della sensazione di svuotamento
˃ Assenza della sensazione di urgenza
˃ Incapacità di inibire volontariamente la minzione
˃ Incapacità di iniziare volontariamente la minzione
˃ Modello di svuotamento prevedibile
˃ Sensazioni associate alla pienezza vescicale
˃ Sensazioni di urgenza di urlare senza inibizione volontaria
˃ Svuotamento incompleto in presenza di lesioni al di sopra del centro pontino della
minzione
FATTORI CORRELATI: da sviluppare.
CONDIZIONI ASSOCIATE: compromissione neurologica sopra il livello del centro pontino
della minzione; compromissione neurologica sopra il livello del centro sacrale della
minzione; danno tissutale.

DI INCONTINENZA URINARIA DA URGENZA 00019


DEFINIZIONE: emissione involontaria di urina che si verifica subito dopo una forte
sensazione o urgenza minzionale.

CARATTERISTICHE DEFINENTI:

˃ Bisogno urgente di urinare;


˃ Incapacità di raggiungere il bagno in tempo per evitare la perdita di urina;
˃ Involontaria perdita di urina in presenza di contrazioni vescicali;
˃ Involontaria perdita di urina in presenza di spasmi vescicali;
FATTORI CORRELATI: abitudini intestinali inefficaci; consumo di alcol/caffeina; fecaloma;
rilassamento involontario dello sfintere.
CONDIZIONI ASSOCIATE: contrattilità vescicale compromessa; diminuzione della capacità
vescicale; infezione vescicale; iperattività del detrursore con compromissione della
contrattilità vescicale; piano terapeutico; uretrite atrofica; vaginite atrofica.

DI INCONTINENZA URINARIA DA SFORZO 00017


DEFINIZIONE: perdita improvvisa di gocce di urina durante lo svolgimento di attività che
aumentano la pressione addominale.
CARATTERISTICHE DEFINENTI:
˃ Involontaria perdita di piccole quantità di urina;
˃ Involontaria perdita di piccole quantità di urina in assenza di contrazione del
detrusore;
˃ Involontaria perdita di piccole quantità di urina in assenza di una vescica iperdistesa;

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FATTORI CORRELATI: debolezza della muscolatura pelvica.
CONDIZIONI ASSOCIATE: alterazioni degenerative della muscolatura; aumento della
pressione intra-addominale; deficienza intrinseca dello sfintere uretrale.
DI RITENZIONE URINARIA 00023
DEFINIZIONE: incapacità di svuotare completante la vescica.

CARATTERISTICHE DEFINENTI:
- Distensione vescicale
- Disuria
- Emissione di una ridotta quantità di urina
- Gocciolamento
- Incontinenza da rigurgito
- Mancata emissione di urina
- Minzione frequente
- Presenza di residuo urinario
- Sensazione di pienezza vescicale
FATTORI CORRELATI: debolezza della muscolatura pelvica.
CONDIZIONI ASSOCIATE: alterazioni degenerative della muscolatura pelvica; aumento
della pressione intra-addominale; deficienza intrinseca dello sfintere uretrale.

INTERVENTI RITENZIONE URINARIA:

 Favorire la minzione spontanea efficace


 Istruire sui metodi di svuotamento vescicale non invasivo
 Contrazione dei muscoli addominali
 Manovra di valsala
 Educare all’autocateterismo
 Attuare interventi ambientali e di rilassamento per favorire la minzione spontanea
efficace
 Garantire riservatezza e comfort
 Favorire il rilassamento, tranquillizzare la persona assistita
 Concedere tempo adeguato per la minzione
 Far assumere posizione comoda e funzionale all’eliminazione in relazione al
genere
 Favorire l’accesso e l’utilizzo del bagno come prima scelta

 Utilizzare stimoli sensoriali per facilitare la minzione:

- Scroscio acqua rubinetto


- Versare acqua tiepida sul perineo
- Far bagnare le mani in acqua calda
- Semicupio tiepido

 Eseguire cateterismo estemporaneo (dopo attuato gli interventi senza successo)
INTERVENTI TERAPEUTICI
CATETERE VESCICALE
Introduzione provvisoria o permanente di una sonda sterile in vescica per via sovrapubica
o transuretrale a scopo:
 Diagnostico
 Terapeutico
 Educativo

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Indicazioni sul cateterismo vescicale:
 Ritenzione urinaria
 Monitoraggio pazienti critici
 Interventi chirurgici e/o interventi sull’apparato genito-urinario
 Chemioterapia in situ
 Test funzionalità vescicale
 Incontinenza urinaria se LDP 3°-4° stadio
 Macroematura
 Pazienti terminali
CLASSIFICAZIONE:

1. Breve permanenza: permanenza massima di 28 giorni. Il catetere in questo caso è


morbido, flessibile ed economico. Presenza del sistema di ancoraggio (Foley).
Svantaggio: rischio allergie;
2. Lunga permanenza: permanenza massima di 12 settimane. I batteri sono meno
flessibili e meno economici di quelli in lattine. Presenza del sistema di ancoraggio
(Foley). Vantaggio: biocompatibile;
3. Intermittente: i cateteri sono più rigidi, assenza del sistema di ancoraggio e ha una
punta nelaton;
4. A dimora;
CARATTERISTICHE DEL CATETERE:
 Calibro: diametro esterno in CH (1 CH= 1/3 mm). Utilizzare sonde col minor calibro
possibile rispetto al meato urinario:
- 12-16 CH nella donna
- 16-18 nell’uomo
- 12-14 CH per cateterismo provvisorio
- 20-24 CH piuria e macroematuria
 Numero di vie:
- 1 via: drenaggio urina
- 2 vie: drenaggio urina e palloncino
- 3 vie: drenaggio urina, palloncino e irrigazione
 Materiale e consistenza: PVC; lattice/lattice siliconato; silicone
 Forma e caratteristiche della punta. Forme a punta si dividono in:
- Nelaton - Couvelaire
- Mercier - Dufour
- Tiemann

PROCEDURA ASETTICA
La procedura deve essere asettica; dobbiamo mantenere i massimi sistemi di Barriera;
utilizzare materiale e presidi sterili; compiere un’antitesi del meato uretrale prima di
introdurre il catetere vescicale.
Bisogna porre molta attenzione al RISCHIO DI INFEZIONE:
L Aumento della durata della degenza
L Aumento dei costi
L Aumento al ricorso dell’antibiotico
L Aumento farmaco-resistenza
L Aumento della mortalità

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Il CIRCUITO CHIUSO del cateterismo vescicale: ovvero avere la sacca di raccolta collegata
sin da subito e fino alla fine al catetere vescicale. Nell’eventualità in cui il circuito non può
rimanere chiuso, bisogna porre molta attenzione poiché le conseguenze possono essere di
una contaminazione:
 Intraluminare
 Extraluminare
DRENAGGIO PER GRAVITA’
Il drenaggio deve essere più basso rispetto al punto di fuoriuscite del catetere dal copro.
Quindi va bene ancorare la sacca al letto ma non va bene lasciar che un paziente vada in
giro con la sacca in alto mantenendo il tubo di raccolta più alto rispetto al sacchetto di
drenaggio.
RISCHI DEL CATETERISMO:
L Infezione
L Perdita di urina
L Discomfort- dolore
L Emorragia
L Ostruzione
L Lesioni da pressione
PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI:
 Determinare grado e tipologia dell’incontinenza;
 Supportare la persona durante l’esposizione del problema;
 Favorire l’assunzione di liquidi;
 Adattare l’ambiente e l’abbigliamento alle funzioni cognitive e fisiche della
persona;
 Istruire e sostenere la persona e effettuare esercizi per la muscolatura pelvica;
 Progettare un piano di rieducazione vescicale e sostenere l’adesione al
trattamento;
 Scegliere e gestire il corretto utilizzo dei dispositivi per l’incontinenza;

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MODELLO DI ELIMINAZIONE DELLE FECI
La funzione di eliminazione ha come obiettivo l’allontanamento dall’organismo dei prodotti
solidi di scarto. Le feci si formano all’intento dell’intestino crasso e, attraverso il processo
di defecazione le feci vengono eliminate.
FORMAZIONE DELLE FECI:

˃ Quando i prodotti della digestione arrivano nel colon la maggior parte dei nutrienti
è stata assorbita attraverso le pareti intestinali ileali.
˃ A livello del colon (ascendente e traverso) il contenuto ha ancora consistenza
liquida, e qui vengono assorbiti liquidi ed elettroliti. Il materiale alla fine del
percorso attraverso il colon ha una consistenza solida  feci.
˃ Nel colon distale le feci si depositano in attesa della successiva fase di defecazione.
DEFECAZIONE
Il processo di defecazione inizia con la peristalsi che spinge le feci nel retto con la sua
distensione  il bisogno di defecare è stimolata dalla distensione del retto che provoca:
o Rilassamento del muscolo sfintere anale interno;
o Rilassamento dello sfintere anale esterno;
o Rilassamento dei muscoli della regione pelvica;
o Aumento della pressione intra-addominale;
La defecazione è aiutata se si effettua un respiro a glottide chiusa (per abbassare il
diaframma), contraendo i muscoli addominale (per aumentare la pressione
intraddominale) e i muscoli del pavimento pelvico (per spingere all’esterno le feci) 
manovra di valsalva.
CARATTERISTICHE DELLE FECI
 Sono composte da 25% acqua e 75% materiale solido;
 La quantità e la consistenza è direttamente proporzionale alla componente acquosa
(da 150 a 300gr);
 Materiale solido: batteri; fibra non digerita (cellulosa); grasso; materiale
inorganico;
 Consistenza: soffice con forma cilindrica;
 Colore: marrone; conversione della bilirubina in stercobilina. Cibi di colori
particolari (rape; assunzione di farmaci);

ALTERAZIONI QUALITATIVE

˃ Feci con presenza di grasso e muco (steatorrea)  patologia che indica un mal
assorbimento dei grassi;
˃ Feci non formate: diarrea, liquide, definite poltacee;
˃ Feci giallo verdi: causa  rapido transito nel ileo e nel colon; patologia  diarrea;
˃ Feci acoliche: colore  bianche, color argilla; causa assenza di bile; patologia
 ostruzione vie biliari, patologie epatiche (cirrosi, epatocarcinoma)
˃ Feci scure: colore  picee, nere; causa  terapia con farmaci a base di ferro,
emorragia tratto gastro intestinale superiore; definizione terminologica  melena;
˃ Feci striate di rosso (proctorragia): colore  marrone con striature rosso vivo;
causa  sanguinamento retto, emorroidi; patologia  emorroidi sanguinanti,
ragadi anali, polipi rettali, tumori rettali, sanguinamenti;
˃ Feci contenenti sangue rosso scuro (melena): colore  nero, picee;
consistenza  liquide non formate; causa  presenza di sangue digerito; patologia
 sanguinamento del tratto gastroenterico superiore;

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˃ Feci misto a sangue (ematochezia): colore  rossiccio marrone; causa 
sanguinamento del tratto digerente inferiore di live entità. Se il sanguinamento è
di quantità maggiore si definisce rettoragia;
ALTERAZIONI FORMA-CONSISTENZA
˃ Feci caprine dure: palline separate (tipo pecora) difficili da far uscire; sono tipiche
del fecaloma e si riscontrano quando il transito è rallentato e determina un maggior
assorbimento di acqua;
˃ Feci formate dure: a forma di salsiccia ma divisa in palline attaccate tra loro;
˃ Feci formate con superfici crepate: forma di salsiccia ma con delle spaccature sulla
superficie;
˃ Feci formate morbide: a forma di salsiccia con forma omogenea;
˃ Feci caprine morbide: vari pezzetti morbidi meno formati;
˃ Feci semiliquide e/o muscose: cacca non formata, spumosa, odore acido;
˃ Feci liquide caratteristiche di un rapido transito del materiale enterico nel lume
intestinale;
ACCERTAMENTO
È molto importante indagare il modello di eliminazione dell’assistito:
 Valutare la percezione del paziente del personale modello di eliminazione come
“normale” o “alterato”;
 Con quale frequenza si scarica il paziente? La frequenza della defecazione può
variare da 1 a 2 movimenti al giorno a 1 movimento ogni 2/3 giorni;
 Quali sono le caratteristiche delle feci dell’assistito?
 Il paziente riferisce doloro addominale, rettale o durante la defecazione?
 Il paziente riferisce uno sforzo eccessivo o difficoltà nella defecazione
 Ci sono stati recenti cambiamenti nel normale modello di eliminazione?
VALUTAZIONE DEI RISCHI
Nell’accertamento è necessario indagare la presenza di fattori che influenzano
l’eliminazione esponendo il paziente ad un rischio di alterazione della funzione stessa.
ESAME FISICO
L’esame fisico dell’addome e dell’area peri-rettale permette di raccogliere dati obiettivi
sullo stato di eliminazione della persona.
 ISPEZIONE ADDOMINALE: l’addome normale non mostra asimmetrie in caso di
accumulo di gas, l’addome risulta protuberante;
 AUSCULTAZIONE: viene eseguita con il fonendoscopio; viene eseguita auscultando
4 quadranti addominali con l’obiettivo di rilevare i suoni intestinali segno di
peristalsi attiva. Esempio, in vaso di diarrea i suoni sono iperattivi; in caso di
occlusione intestinale si possono rilevare suoni ipoattivi a valle dell’ostruzione e
suoni intestinali iperattivi a monte dell’ostruzione;
 PERCUSSIONE: viene utilizzata per identificare la presenza di aria, liquidi. I suoni
percepibili sono:
- Suoni a basso timbro in caso di presenza di liquidi;
- Suoni sordi in presenza di massa o di feci;
 PALPAZIONE la palpazione viene eseguita usando le dita di una mano che eseguono
una decisa compressione dell’addome. Durante questo manovra si valuta:
- La presenza di distensione addominale;
- La presenza di possibili masse addominali;

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 MISURAZIONE DELLA CIRCONFERENZA ADDOMINALE: la misurazione della
circonferenza addominale è una tecnica che deve essere ripetuta nel tempo per
rilevare variazioni;
 ESAME AREA PERI-RETTALE: permette una valutazione della cute perineale e
permette di valutare la presenza di emorroidi, ragadi, fistole ed eventuali
sanguinamenti;
Posizione del paziente: sul fianco sinistro, gambe frese verso l’addome
 ESPLORAZIONE RETTALE: viene eseguita per verificare la presenza di fecalomi da
rimuovere;
DIAGNOSTICA ed ESAMI
 RACCOLTA CAMPIONE DI FECI:
- Raccolta sangue occulto (SOF): L’obiettivo è indagare sorgenti patologiche
di sanguinamento;
- Esame colturale: l’esame indaga la presenza di microrganismi intestinali
atipici (esempio, Salmonella);
 PROCEDURE RADIOLOGICHE: viene eseguito l’esame del tubo digerente,
attraverso l’utilizzo del bario (sostanza radiopaca) obiettivo dell’esame è la
visualizzazione dell’ileo e del colon, per la diagnosi di tumori, diverticoli, ostruzioni;
 ESAMI ENDOSCOPICI: gli esami endoscopici permettono di visualizzare le strutture
interne del tratto gastrointestinale. Tali esami permettono di diagnosticare
infiammazioni, ulcerazione, neoplasie della muscosa intestinale. È possibile
eseguire biopsie per poter eseguire l’esame istologico. Possono essere:
- EGDS: visualizzazione dell’esofago, stomaco e duodeno;
- COLONSCOPIA: visualizzazione del colon fino alla calcola ileocecale;
- SIGMOIDOSCOPIA: visualizzazioni del retto e del sigma;
FATTORI CHE INFLUENZANO L’ELIMINAZIONE INTESTINALE
˃ ETA’: alterata masticazione, problemi di detenzione; ridotto esercizio fisico; ridotta
peristalsi.
˃ APPORTO DI LIQUIDI: l’apporto di liquido influenza la consistenza delle feci. In caso
di perdita di liquidi eccessive o un’inadeguata assunzione di liquidi, le feci diventano
più dure e più difficoltoso il loro transito nell’intestino.
˃ APPORTO DI FIBRE: se inadeguato porta a scariche meno frequenti, ridotta
distensione intestinale, peristalsi ridotta le feci rimangono nell’intestino più a lungo
con conseguente riassorbimento aumentato di acqua e aumentata difficoltà
nell’eliminazione.
˃ ATTIVITA’ ED ESERCIZIO: l’esercizio fisico promuove la peristalsi e il tono
muscolare riducendo il rischio di stipsi.
˃ INTOLLERANZA AI CIBI:
- Intolleranza al lattosio: si ha una difficoltosa digestione per carenza
dell’enzima deputato alla scissione del lattosio il paziente riferisce formazione
di gas, crampi addominali, diarrea;
- Intolleranza al glutine: glutine = proteina del grano, segale, orzo). La
mancata digestione della proteina del glutine può provocare ritenzione di
carboidrati e grassi. Il paziente avverte distensione addominale, gonfiore,
diarrea, feci grasse e voluminose;
˃ POSIZIONE DEL CORPO  posizione seduta: posizione che aiuta l’eliminazione delle
feci sfruttando la gravità; in questa posizione i muscoli addominali e pelvici si
contraggono + facilmente; alcuni pazienti che devono mantenere la posizione
supina non riescono a scaricarsi nella padella.

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˃ IGNORARE L’URGENZA DI DEFECARE: se la persona ignora lo stimolo di defecare
agendo sul controllo dello sfintere esterno, le feci rimangono nel retto, fino allo
stimolo successivo. La permanenza prolungata delle feci nel retto provoca un
continuo riassorbimento a livello intestinale di acqua. Le feci diventano + dure e
sciatte, difficili da eliminare. Situazioni a rischio: bisogno di privacy, presenza di
dolore (emorroidi, ragade anale, fistola perineale, chirurgia a livello anale,
perianale).
˃ GRAVIDANZA: spesso la donna gravida presenta stipsi per 2 motivi: cambiamento
nell’assetto ormonale e compressione da parte del feto sul retto.
˃ FARMACI
Alcune categorie di farmaci aumentano il rischio di problemi nell’eliminazione
intestinale:
- Oppiodio, farmaci a base di ferro —> stipsi
- Antibiotici —> diarrea
Farmaci usati negli interventi chirurgici:
- Farmaci anestetici generali possono rallentare la motilità gastrointestinale,
con la conseguente riduzione della funzione intestinale.
- Farmaci analgesici narcotici utilizzati nel post-operatorio in associazione alla
ridotta attività e alla paura del dolore possono portare ad una ridotta
funzionalità intestinale.
- Chirurgia addominale: i pazienti sottoposti a chirurgia addominale,
specialmente sul tratto gastrointestinale, presenta una ridotta funzionalità
intestinale nei primi 2/3 giorni del postoperatorio.
INTERVENTI INFERMIERISTICI
Interventi educativi/promozione della salute:
o Dieta ricca di fibre e liquidi
o Assumere almeno 2L di acqua al giorno
o Incoraggiare l’attività ed esercizio fisico
o Monitorare il numero di evacuazione e le caratteristiche delle feci
Interventi che favoriscono l’eliminazione intestinale:
o Eseguire eventuali clisteri a piccolo volume
o Somministrazione eventuali di lassativi prescritti
Interventi che garantiscono comfort e sicurezza:
o Favorire accesso al bagno se possibile
o Garantire riservatezza e comfort
o Lasciare il tempo
DIARREA
 È una condizione patologica caratterizzata da:
 Aumento della frequenza delle evacuazioni (> 3 al giorno)
 Aumento della quantità delle feci espulse (>200g al giorno)
 Alterazioni consistenza di feci (eccessiva liquidità) Il colore varia da marrone chiaro
a giallo, fino a verde.
SINTOMI ASSOCIATI:
L Crampi addominali
L Nausea
L Sensazione di bruciore dell’ano
L Infiammazione perineale legato all’acidità delle feci

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CAUSE:

 Alcuni microorganismi specifico possono portare a diarrea


 Uso inappropriato di lassativi
 Utilizzo di alcuni farmaci (antibiotici)
 Infezione da Clostridium difficile
 Cambiamenti stili di vita che provocano stress
 Durante i viaggi dopo ingestione di alcuni cibi o acqua (diarrea da viaggiatore da
Escherichia coli)
 In ambito ospedaliero la nutrizione parenterale

DIARREA ACUTA

 Emissione di feci particolarmente liquide o non formate con aumentata frequenza


 Durata: < 2 settimane
 Eziologia: nel 90% dei casi l’agente eziologico è infettivo
 Trasmissione: ingestione di cibo o acqua contaminate
 Persone a rischio: viaggiatori; cibi contaminati da salmonella; infezioni virali;
gastroenteriti virali

DIARREA CRONICA

 Emissione di feci particolarmente liquide o non formate con aumentata frequenza


 Durata > 4 settimane
 Eziologia:
- Infiammatoria: Morbo di Chron, rettocolite ulcerosa
- Alterata mobilità: ipertiroidismo, farmaci, sindrome intestino irritabile
- Steatorrea: malassorbimento di grassi che porta diarrea co feci untuose e
maleodoranti
INCONTINENZA FECALE
 È un’involontaria eliminazione del contenuto intestinale.
 Cause: alterazione neurologiche, emotive, mentali;
 Conseguenze sociali: rappresentano un aspetto rilevante per i soggetti coinvolti;
 Fattore predisponente: diarrea;
 Le persone con danni alla corteccia cerebrale possono avere difficoltà nella
percezione della distensione rettale oppure a mettere in atto le risposte motorie
volte a inibire la defecazione;
 Le persone con danno al midollo sacrale e persone con malattie neurologiche (con
alterazione nervosa a livello del retto e dello sfintere anale) possono essere anche
incapaci di percepire il riflesso della defecazione;
 Le persone disorientate o confuse possono perdere le inibizioni sociali che
prevengono l’evacuazione fecale immediata;
STIPSI
 Condizione persistente caratterizzata da defecazione difficoltosa, poco frequente, che
sembra incompleta.
 La frequenza nell’evacuazione non rappresenta un criterio sufficiente per
considerare una persona affetta da stipsi, poiché molti pazienti pur mantenendo
una normale frequenza di defecazione presentano altri sintomi.

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I criteri di Roma III sono utilizzati per definire un quadro di stipsi nell’adulto.
Devono essere presenti 2 o + sintomi per un periodo di almeno tre mesi nel corso degli
ultimi 6 mesi.
 Tensione > al 25% durante i movimenti intestinali
 Feci dure o grumose > al 25% dei movimenti intestinali
 Sensazione di evacuazione incompleta
 Sensazione di blocco delle feci a livello ano-rettale
 Necessità di manovre manuali per facilitare l’evacuazione
 Meno i 3 evacuazioni intestinali settimanali
 Esclusione della diagnosi di sindrome del colon irritabile
FATTORI FISIOPATOLOGICI:
1. Ridotto contenuto di fibre nell’intestino; ridotta massa fecale; ridotta peristalsi.
2. Compromissione normale; attività neuromuscolare sul pavimento pelvico, riduzione
del movimento e del tempo di transito intestinale. Fattori predisponenti: astenia;
riduzione di mobilità; malattie neurologiche (lesioni lombosacrali, sclerosi multipla,
morto di Parkinson, ictus).
FATTORI PREDISPONENTI

L Fattori ambientali
L Necessità di rimandare lo stimolo
L Inattività fisica
L Dipendenza da altri per l’eliminazione
L Ridotta privacy
L Ciclo mestruale
L Dolore rettale per emorroidi, ragadi
L Alcune categorie di farmaci

INTERVENTI ASSISTENZIALI
• Somministrazione lassativi per via orale:
- Regolatori di massa (aumentano la massa fecale-cellulosa)
- Emollienti
- Soluzioni saline (richiamano liquidi nel lume intestinali > peristalsi >
massa fecale)
- Stimolanti (irritano l’epitelio del colon aumentando l’emissione di muco)
•Somministrazione di clisteri a grande volume:
- Puliscono l’intestino
- Soluzione salina o acqua calda
- Quantità per l’adulto: 1000 ml
- Meccanismo di azione: distensione colica
- Stimolazione defecazione
- Utilizzo: stipsi
- Pulizia dell’intestino prima dell’intervento chirurgico
- Esame radiografico

•Somministrazione di clisteri a piccolo volume (150ml): sono soluzione


ipersoniche che osmoticamente attirano acqua nel lume intestinale che aumenta
la peristalsi distende il retto. Stimolare la defecazione con soluzioni comunemente
usate per i clisteri.

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Soluzione / costituente / azione / tempo necessario per l’effetto / effetti collaterali
 Ipertonica: 90-120 ml di soluzione; richiama l’acqua del colon; 5-10 min;
ritenzione di sodio
 ipotonica: 500-1000 ml di acqua di rubinetto; distende il colon, stimola la
peristalsi e ammorbidisce le feci; 15-20 min; squilibrio idroelettrolitico e
intossicazione di acqua
 Isotonica: 500-1000 ml di soluzione fisiologica; irrita la mucosa e distende il
colon; 10-15 min; irritazione. Possibile danneggiamento della mucosa
 Oleosa: 90-120 ml; lubrifica le feci e la mucosa del colon; 0,5-3 h
STOMIA INTESTINALE
La chirurgia intestinale può richiedere l’asportazione del colon e l’abboccamento alla parte
addominale, tramite procedura chirurgica, di un tratto intestinale.
STOMIA= si parla di derivazione perché la via normale per le feci è alterata. Le stomie
possono essere classificate in base al tratto intestinale abboccato alla parete addominale:
 ILEOSTOMIA: le feci sono liquide
 CECOSTOMIA
 COLOSTOMIA: le feci sono solide; nel caso della colostomia del sigma si può
eseguire una ginnastica intestinale, attraverso l’irrigazione della storia per ottenere
un’evacuazione prevedibile
Le stomie alterano la funzione di eliminazione, poiché viene meno la continenza.
I PRESIDI PER LA RACCOLTA DELLE FECI
In presenza di stomia vengono definiti stoma care, si dividono in:
˃ Monopezzo (sacco e placca integrate e non separabili)
˃ Bipezzo (placca e sacca di raccolta separabili)
I sacchetti di raccolta si dividono in 2 tipologie:
- A fondo aperto (per feci liquide tipiche delle ileostomie)
- A fondo chiuso (per feci formate tipiche delle colostomie)

GESTIONE DELLA STOMIA INTESTINALE

L Valutazione della stomia e la cute peristomale


L Igiene della stomia e della cute peristomale
L Gestione dei dispositivi per stoma care
L Rilevazione di complicanze
L Educazione del paziente

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FUNZIONE RESPIRATORIA
FUNZIONI DEL SISTEMA RESPIRATORIO:
VENTILAZIONE: movimento fisico dell’aria che avviene all’interno ed esterno dell’albergo
respiratorio e che è garantito dal meccanismo dell’inspirazione ed espirazione. Il risultato
di questo movimento è il ricambio dell’aria all’interno degli alveoli così da assicurare delle
concertazioni di ossigeno e di anidride carbonica all’interno dell’attività alveolare
sufficiente a mantenere quel gradiente pressorio con l’ossigeno e l’anidride carbonica che,
invece, sono contenuti nel sangue capillare, così da garantire un continuo scambio a
approvvigionamento di ossigeno e anidride carbonica.
La stretta adesione tra i due foglietti pleurici, quello parietale che riveste la cavità toracica
e quello polmonare che avvolge il parenchima, determina una cavità chiusa in cui si
genera una pressione negativa per il continuo effetto di trazione che l’elasticità del
polmone esercita sulla pleura durante i suoi movimenti.
INSPIRAZIONE: contrazione del diaframma e dei muscoli costali che decimano un
aumento delle dimensioni della gabbia toracica, aumentando la negatività della pressione
intrapleurica che distende il polmone e ne favorisce un aumento di volume. La pressione
intralveolare scende velocemente e si genera così un gradiente pressorio tra l’atmosfera
e gli alveoli che permette l’ingresso di aria nei polmoni. È un meccanismo attivo che
implica un lavoro sostenuto dia muscoli respiratori.
ESPIRAZIONE: abbiamo il meccanismo opposto, il diaframma e i muscoli costali si
rilassano e la cavità toracica torna nella posizione di riposo, la pressione negativa
intrapleurica si riduce e le forze elastiche polmonari facilitano lo svuotamento dei polmoni.
Processo passivo che richiede un limitato lavoro muscolare, poiché è strettamente
dipendete dalle proprietà elastiche dei polmoni che tendono a svuotarsi autonomamente
a fine respiro; concorrono anche le fibre elastiche del tessuto polmonare e la tensione
superficiale in particolare il surfactante che è il composto chimico prodotto dagli alveoli
che mantiene la tensione superficiale evitando il collasso durante la fase espiratoria.
SCAMBIO DEI GAS
L’aria che viene ispirata raggiunge gli alveoli, che sono le strutture che consentono lo
scambio dei gas, ossigeno e anidride carbonica attraversano la membrana alveolo-
capillare che è costituita dalla membrana basale dell’endotelio capillare, da un spazio
interstiziale che si frappone tra il capillare e la parete alveolare e dalle cellule epiteliali
dell’alveolo. Il passaggio di gas avviene per diffusione che è il movimento di molecole che
favorisce il passaggio da un’alta concertazione ad una concentrazione minore, quindi
abbiamo un passaggio dell’ossigeno presente in alta concentrazione nell’aria ispirata ricca
di ossigeno al sangue capillare e viceversa, invece, il passaggio dell’anidride carbonica
che è maggiormente concentrata nel capillare a livello dell’alveolo.
In termini di velocità è dipendete/influenzata da alcuni fattori:
 Caratteristiche fisiche del gas
 Spessore della membrana alveolo-capillare
 Estensione area ventilata
REGOLAZIONE DELLA VENTILAZIONE
Regolato dal sistema nervoso centrale, in particolare a livello del tronco encefalico,
abbiamo die neuroni specializzati detti “cento respiratorio” che sono in grado di generale
impulsi che vengono trasmetti ai muscoli respiratori al fine di determinare una contrazione
ed un rilasciamento in maniera ritmica.
Abbiamo i chemorecettori situati sia a livello periferico che centrale, sono in gradi di
rilevare le variazioni della composizione chimica del sangue poiché sono sensibili ai

74
cambiamenti della concertazione in particolare di anidride carbonica e di ioni di idrogeno;
quindi l’anidride carbonica ricopre il ruolo principale nella determinazione della frequenza
della profondità del respiro.
Lo stimolo a respirare è dato:
 IPERCAPNIA: con l’aumento del PaCO2
 IPOSSEMIA: diminuzione di PaO2 e alterazione del pH—> meccanismo di
emergenza attivato a livello del centro del respiro in condizioni patologiche
L’ossigeno viene trasportato ai tessuti in due forme: una piccola quantità di
discioglie nel sangue (3%) e la maggior parte si lega alle molecole di emoglobina
nei globuli rossi.
L’anidride carbonica viene trasportata nel sangue in varie forme: disciolta nel sangue
oppure legata ad alcuni aminoacidi formando composti (in particolare l’acido carbonico);
entra in gioco anche nell’equilibrio acido-basico.
COMPLIANCE POLMONARE: aiutata dalla produzione di una sostanza lubrificante, ovvero
il surfactante.
˃ Facilità espansione polmoni;
˃ Resistenza offerta dalle vie respiratorie: determinata dall’attrito del flusso dell’aria
sulle pareti delle vie aeree ed è strettamente collegato al calibro delle stesse e alla
differenza di pressione tra la bocca gli alveoli in relazione alla frequenza del flusso
dei gas respiratori. Quando la resistenza aumenta la quantità di aria che penetra è
ridotta e quindi si prende necessario, per una corretta ventilazione, uno sforzo e
un prolungamento della fase inspiratoria ed espiratoria della persona assistita;
Quindi, la quantità di energia spesa per respirare dipende dalla velocità e dalla profondità
della respirazione (compliance polmonare) ossia dalla felicità di espansione die polmoni e
la resistenza delle vite aeree.
MECCANISMI DI DEPURAZIONE DELLE VIE AEREE:
o CLEARANCE MUCO-CILIARE: All’interno delle vie aeree esistono delle cellule
dell’epitelio respiratorio che insieme alle ghiandole mucose producono il muco che
è quella sostanza che protegge le vie respiratorie intrappolando polveri, detriti o
microrganismi che penetrano nelle vie, favorendone l’eliminazione che può
avvenire attraverso due meccanismi:
- Espettorazione: meccanismo della tosse
- Deglutizione
Il muco è composto per il 95% di acqua il 5% da proteine libere e glicoproteine,
quindi è una sostanza fluida difficile da eliminare. Il muco si dispone in tre starti:
- Strato schiumoso: a dirotto contatto con la muscosa e costituito da solfitante
- Stato intermedio: costituito da acqua
- Strato a gel: diretto contato con l’aria e composto da glicoproteine, all’intento
del quale vengono trappolate eventuali polveri, detriti o microrganismi
L’albero trocheo-bronchiale è rivestito da un epitelio colonnare, dove sulla
superficie ci sono proiezioni citoplasmatiche che sono chiamate ciglia vibratili che
operano sopra lo stato schiumoso del muco e si muovano nel stato intermedio come
una frusta, quindi accingiamo lo strato a gel spingendolo in avanti al fine di portarlo
verso l’esterno delle vie aeree. Attraverso il momento delle ciglia vi è ,quindi, un
trascinamento del muco verso la faringe dove viene deglutito e degradando per
mezzo degli enzimi gastrici, tutto questo meccanismo avviene quotidianamente e
nemmeno ci accorgiamo, ce ne rendiamo conto solo quando ci sono sostanze
irritanti o microrganismi che, determinando un processo infiammatorio, stimolando

75
una maggiore produzione di muco che spesso associata alla presenza di febbre o
presenza di liquidi ne alterano le caratteristiche della densità.
La velocità con il quale il muco viene trasportato è direttamente proporzionale
all’elasticità ed inversamente proporzionale alla viscosità del muco.
o TOSSE: è un rilesso che utilizza un’ispirazione esplosiva forzata per depurare le vie
aeree da irritanti o secrezioni;
FATTORI D’INFLUENZA E PRINCIPALI ALTERAZIONI
Tra i fattori che influenzano la Compliance polmonare:
 AMBIENTE:
- Inquinamento atmosferico,
- Pollini e allergeni,
 STILI DI VITA:
- Esercizio fisico,
- Attività lavorativa,
- Tabagismo,
- Alimentazione e idratazione,
- Farmaci e alcool,
 STATO DI SALUTE E MALATTIA:
- Patologie respiratorie croniche,
- Situazioni che influenzano la perfusione polmonare,
- Situazioni che riducono gli scambi gassosi,
- Disturbi psicologici (ansia, depressione),
- Fattori che possono determinare un aumento del consumo di ossigeno
(febbre),
 OSTACOLI ALLA NORMALE RESPIRAZIONE:
˃ Condizioni che provocano restrizione e riduzione del movimento polmonare:
- Riduzione elasticità polmonare (fibrosi polmonare, polmoniti, fumo);
˃ Fattori che ostacolano espansione della gabbia toracica:
- Allettamento;
- Fasciature toraciche o addominali;
- Dolore post-chirurgico;
- Lesini costali;
- Deformità gabbia toracica;
- Obesità grave/aumento pressione addominale;
- Astenia grave;
˃ Condizioni che provocano ostruzione delle vie respiratorie:
- Anatomica: neo formazioni; corpi estranei;
- Funzionale: alterazione intrinseca del bronco  edema, spasmi della
muscolatura bronchiale e ipersecrezione bronchiale;
CARATTERISTICHE DI UN RESPIRO NORMALE
EUPNEA  respiro senza sforzo, di normale frequenza e profondità Condizioni di respiro
“normale”:

 Armonioso
 Normo-frequente (12-18/20 atti al minuto)
 Regolare
 Silenzioso
 Simmetrico

76
Le malattie respiratorie in Italia sono la terza causa di morte, quindi è estraneamente
importante conoscerle.
ALTERAZIONI RESPIRATORIE
DISPNEA: esperienza soggettiva di difficoltà nel respirare; normale e disagevole
consapevolezza del proprio respiro. Sono numerosi i fattori fisiologici, psicologici, sociale
ed ambientali che possono determinare l’insorgenza di dispnea. Abbiamo diverse tipologie
di dispnea in base alla durata e all’insorgenza del sintomo:
- Dispnea acuta: insorgenza del disturbo in un periodo breve (ore o giorni) in pazienti
che precedentemente erano in buona salute;
- Dispensa cronica: caratterizzata dalla presenza del sintomo in un periodo che varia
da mesi ad anni determinata da patologie corniche che possono interessare le vie
aeree;
- Dispnea parossistica notturna: episodio che insorgono durante il sonno e deprimo
risvegli improvvisi del paziente, spesso presenti in condizioni di scompenso
cardiaco poiché durante la notte la posizione e la facilitazione del ritorno venoso
del sangue possono determinare un sovraccarico di circolo;
- Dispnea terminale: “del malato terminale” che caratterizza quella condizione in cui
il sintomo non risponde ai normali trattamenti farmacologici e in genere si presenta
negli ultimi giorni di vita del paziente in fase terminale;
- Ortopnea: condizione caratterizzata da difficoltà respiratoria che insorge quando il
paziente è supino, costringendolo a mettersi seduto; i soggetti con questa dispnea
non riescono a tollerare la posizione da sdraiati;
TACHIPNEA: aumento della frequenza respiratoria > 20 atti al minuto in un adulto.
POLIPNEA: aumento della frequenza respiratoria > 20 atti al minuto associato ad una
riduzione della profondità del respiro (respiro che osserviamo sulla gabbia toracica sarà
più superficiale, riduzione del volume aria < 5 l/m’).
APNEA: assenza di respiro e di qualsiasi movimento respiratorio.
BRADIPNEA: frequenza respiratoria < 12 atti al minuto.
IPOVENTILAZIONE: volume di aria che raggiunge gli alveoli inadeguato a soddisfare la
domanda metabolica (<5 l/m). Vetrina un aumento di PaCO2 ipercapnia e una riduzione
del pH < 7,35. L’iperventilazione può portare all’acidosi respiratoria.
IPERVENTILAZIONE: aumento della quantità di aria che raggiunge gli alveoli (volume
> 10 l/m) prodotta dall’aumento della frequenza e/o profondità del respiro. La presenza
di iperventilazione determinano una riduzione di PCO2 ipocapnia e di conseguenza un
aumento del Ph arterioso > 7,45. L’iperventilazione può portare all’alcalosi respiratoria.
IPOSSIA: deficit di ossigeno a livello cellulare, può essere:
 Acuta: segni e sintomi dell’Ipossia acuta:
- Cardiaci: tachicardia; aritmia; ipertensione-ipotensione; calo temperatura
corporea; sudorazione fredda
- Respiratori: dispnea; tachipnea; pallore poi cianosi; affaticamento
- Neurologici: compromissione capacità di giunzione e coscienza con
disorientamento, confusione mentale, agitazione, sonnolenza/ sopore,
coma; incoordinazione motoria/tremori
 Cronica
- Grado Lieve: Sa02 91-93%; Pa O2 60-80 mmHg
- Grado moderata: SaO2 75-90%; Pa O2 40-60 mmHg
- Grado Grave: SaO2 <74%; Pa 02 <40 mmHg

77
IPOSSEMIA: riduzione contenuto di O2 nel sangue arterioso (PaO2) anche definito come
riduzione parziale di ossigeno che può variare in relazione all’età.
L’ipossiemia può essere:
 Acuta
 Cronica segni e sintomi:
- Facile affaticabilità, ridotta tolleranza all’attività
- sonnolenza, apatia, disattenzione
- Dispnea e dispnea da sforzo
- Aumento profondità e frequenza respiro
- Aumento frequenza cardiaca
- Diminuzione Sa02 e ridotto livello di Pa02
- Aumentato livello della CO2
- Ridotto pH ematico
- Cianosi
- Policitemia
- Ippocratismo digitale (clubbing): dita a bacchetta di tamburo

VALORI NORMALI SANGUE ARTERIOSO


PO2 = 80-100 mmHg
PCO2 =35-45 mmHg
SaO2 = 93-98%
Ph = 7,35-7,45
HCO3 = 22-26 mEq/l

ACCERTAMENTO INIZIALE INFERMIERISTICO


Ha lo scopo di valutare il livello normale di respirazione della persona assistita al fine di
identificare l’eventuale presenza di rischio o la presenza di problemi che successivamente
definiamo attraverso l’utilizzo delle diagnosi infermieristiche secondo la tassonomia
NANDA che abbia come riferimento.
L’accertamento dei dati è resa possibile attraverso l’utilizzo di diversi metodi:
 INTERVISTA: quali domande fare alla persona? Bisogna tenere in considerazione
due aspetti:
- La persona non è consapevole del proprio respiro quindi le domande devono
poter fornire le risposte di cui abbiamo bisogno;
- Bisogna tener presente se stiamo procedendo all’accertamento della
funzione respiratoria in presenza di alterazioni del respiro oppure no;
 ESAME OBIETTIVO: si utilizzano delle tecniche per indagare lo stato di salute:
- Ispezione (utilizza la vista e l’osservazione);
- Palpazione;
- Percussione;
- Auscultazione;
- Osservazione e uso dei sensi;
- Consultazione documentazione sanitaria;
Cosa deve guardare per un corretto l’accertamento e i dati che deve approfondire:
1°. Identificazione del modello di respirazione della persona:
 Consapevolezza dei propri dati respiratori,
 Percezione di fatica a respirare,
 Valutazione caratteri del respiro e della presenza di eventuali alterazioni,

78
 Postura assunta dal paziente,
 Utilizzo dei muscoli accessori respiratori: trapezio, scaleno, alitamento
pinne nasali; sternocleidomastoideo; muscoli intercostali,
VALORI NORMALI DEL RESPIRO
Frequenza  12-20 atti/minuto
Ritmo  regolare
Profondità  volume corrente (500 ml); volume
l/m da 5-6 a 8-10 litri
Espansione simmetrica della gabbia toracica
Qualità  eupnea

2°. Identificazione die fattori che influenzano la respirazione che possono costituire dei
rischi:
 Stile di vita (sedentarietà, fumo, assunzione di farmaci, alcool),
 Esposizione ad inquinamenti ed allergeni,
 Ridotto apporto di nutrimenti e liquidi,
 Situazioni che ostacolano la normale ventilazione,
 Patologie che compromettono gli scambi gassosi o il trasporto dei gas,
 Titubi psicologici,
 Fattori che possono determinare un aumento del consumo di ossigeno
(febbre),
3°. Identificazione di alterazioni respiratorie:
 Presenza di tosse con o senza espettorato,
 Incapacità della persona di tossire in modo efficace,
 Caratteristiche delle secrezioni bronchiali,
TOSSE  emissione esplosiva e rumorosa di aria dai polmoni. È un riflesso provocato
dall’irritazione delle vie respiratorie atto a rimuovere corpi estranei o muco dalle stesse.
In base alle caratteristiche si divide in:
˃ Tosse secca ˃ Tosse convulsiva
˃ Tosse umida/produttiva ˃ Tosse abbaiante
In base alla durata si divide in:
 Tosse acuta < 3 settimane, nel 85% dei casi è provocata dal raffreddore
 Tosse sub-acuta 3-8 settimane
 Tosse cornica
ESPETTORATO/MUCO RESPIRATORIO: è il secreto bronchiale normalmente
prodotto dalle cellule californi delle mucose bronchiali, faringee e nasali espulso
attraverso colpi di tosse.

Le secrezioni bronchiali normali sono trasparenti o bianche, non hanno odore e sono di
media consistenza. Oppure si possono dividere in basse:
 Colore:
- Giallo-verdastro o grigiastro
- Roseo
- Con striature rose di sangue
- emoftoe - Sangue - Emottisi
 Consistenza:
- Denso e appiccicoso
- Schiumoso

79
-Sieroso/acquoso
 Odore: putrido o stantio

TIPI DI ESPETTORATO

MUCOSO: di aspetto bianco, vischioso, costituito prevalentemente da muco  fasi iniziali


di processi infiammatori delle vie respiratorie.
MUCO-PURULENTO: di aspetto torbido, opaco e di colore giallo. È ricco di leucociti e di
cellule di disfacimento  infezioni respiratorie quali ad esempio bronchiti,
broncopolmoniti.
SIEROSO: di aspetto acquoso, schiumoso, di colore trasparente a volte rosato. Talvolta
può essere misto a muco o a pus, in tal caso viene detto siero-purulento  edema
polmonare.
PURULENTO: di aspetto torbido, di colore verde marrone, maleodorante. Raro,
determinato dallo svuotamento attraverso i bronchi di raccolte purulenti polmonari 
ascessi polmonari.
VOMICA: ormai assai rara, consiste in una espulsione dalla bocca di notevole quantità di
espettorato in un solo momento. L’emissione di espettorato con un singolo colpo di tosse
è così cospicuo, da apparire simile ad un episodio di vomito. L’espettorazione solitamente
avviene per drenaggio di materiale purulento che si è raccolto in notevole quantità, nei
polmoni e nei bronchi  in caso di presenza di caverne polmonari tubercolari, avessi
polmonari.

SINTOMI DI DISTURBI RESPIRATORI:


 Alterazioni del colorito cutaneo:
■ Pallore (ipossia lieve)
■ Cianosi: colorito bluastro cute e mucose. Dovuta ad un aumento a livello
capillare dell’emoglobina ridotta > 5 gr/100 ml sangue oppure a causa di un
aumento quantitativo di sangue venoso nella cute (dilatazione venule).
Quindi, SaO2 < 75-80 mmHg e PaO2 < 40-50; è un segno tardivo di ipossia.
La cianosi può essere:
- Centrale: dovuta a immissione in circolo di sangue poco ossigenato
 lingua, palato molle e zone a flusso elevato;
- Periferica - cianosi fredda: dovuta a riduzione della portata cardiaca,
del circolo o a vasocostrizione periferica  estremità degli arti, letto
unguale e lobi delle orecchie;
 Presenza di dolore durante la respirazione o tosse;
 Ispezione della gabbia toracica:

■ Simmetria espansione emitorace dx e sx;


■ Deformità: torace a botte; cifosi; scoliosi;
 Stato di coscienza e orientamento della persona: ansia, agitazione; irritabilità,
sonnolenza, obnubilamento del sensorio e coma;
 Sensazione di ansia e paura di morire;
 Gradi di tolleranza all’attività (dispnea da sforzo);
 Presenza di Ippocratismo digitale o dita a bacchetta di tamburo (clubbing);

80
 Presenza di RESPIRI PATOLOGICI: caratterizzati da una struttura
irregolare che sono caratteristici di alcune condizioni patologiche, i
principali:

■ Respiro di Biot: 4-5 atti respiratori consecutivi più veloci e profondi


separati da una breve pausa di apnea; insorge in presenza di patologie a
carico del sistema nervoso centrale (encefaliti, meningiti) o tumori
endocranici che esercitano una compressione a livello del centro del respiro.
■ Respiro di Cheyne-Stokes: atti respiratori di profondità prima crescente
poi decrescente alternate da pause di apnea che possono essere anche
molto lunghe; le cause più frequenti sono: scompenso cardiaco grave, coma
uremico, alcune forme di danni cerebrali (emorragie; prossimi alla morte).
■ Respiro di Kussmaul: atti respiratori molto lenti, ed in particolare da una
inspirazione profonda e rumorosa, a cui segue una breve apnea inspiratoria,
quindi una espirazione breve e gemente, infine una pausa post-espiratoria
decisamente prolungata.
■ Respiro paradosso: movimenti del torace e dell’addome fuori fase,
dissincroni.
■ Respiro boccheggiante o “gasping”: minimi movimento irregolari toracici o
laringei non in grado di introdurre un quantitativo d’aria sufficiente a
raggiungere gli alveoli per gli scambi gassosi (non vi è respirazione) (gravi
ipossie).
 Palpazione e percussione;
 Auscultazione del torace:

■ Ascolto dei suoni legati al movimento del corpo;


■ Lo scopo è quello di identificare se l’aria raggiunge tutte le zone polmonari.
L’assenza di rumori può indicare una:
- Murmure vescicolare: rumore fisiologico prodotto dai movimenti
dell’aria all’intento degli alveoli;
- Rumori avventizi: rumori patologici;
RUMORI RESPIRATORI

SUONI DISCONTINUI

 Crepitii (fini), detti anche rantoli a piccole bolle:


- Caratteristiche: suoni alti, brevi, scoppiettanti, auscultabili durante
l’inspirazione e non eliminati dalla tosse; suoni discontinui, possono essere
simulati facendo rotolare una ciocca di capelli tra le dita, vicino all’orecchio.
- Localizzazione: Alveoli.
- Origine: l’aria inalata apre improvvisamente le piccole vie respiratorie non
pervie e rivestiti internamente di essudato appiccicoso.
- Significato clinico: I crepiti che accompagnano la fase finale dell’inspirazione
sono associati a malattie restrittive quali polmonite e scompenso cardiaco
congestizio. I crepiti che accompagnano la fase iniziale dell’ispirazione sono
associati a malattie ostruttive quali bronchite, asma o enfisema.
 Crepiti (grossolani), detti anche rantoli a grosse bolle:
- Caratteristiche: suoni bassi, gorgoglianti, umidi, che possono durare dall’inizio
dell’inspirazione all’inizio dell’espirazione.

81
- Localizzazione: vie respiratorie periferiche.
- Origine: l’aria inalata entra in contatto con le secrezioni nei grossi bronchi e
nella trachea.
- Significato clinico: possono indicare condizioni quali polmonite, edema
polmonare, fibrosi polmonare.

SUONI CONTINUI

 Sibili (bassi), detti anche rochi o gorgogli:


- Caratteristiche: suoni bassi simili al russare o a gemiti, uditi principalmente
durante l’espirazione, possono essere auscultati durante tutto il ciclo
respiratorio. Questi sibili possono scomparire con tosse.
- Localizzazione: vie respiratorie maggiori.
- Origine: passaggio dell’aria attraverso vie respiratorie dal lume ridotto per la
presenza di edema, di secrezioni o di un tumore (il tono del sibilo non è
correlato al lume della via respiratoria in cui il suono ha origine).
- Significato clinico: i sigilli bassi sono spesso uditi in caso di bronchite o di
un’ostruzione di un singolo bronco.
 Sibili (acuti):
- Caratteristiche: suoni alti, musicali; auscultati principalmente durante
l’espirazione, possono essere auscultati anche durante l’inspirazione.
- Localizzazione: vie respiratorie maggiori o minori.
- Origine: come per sibili bassi.
- Significato clinico: i sibili acuti sono spesso uditi in casi di asma acuta o di
enfisema cronico.
 Rumore di sfregamento pleurico:
- Caratteristiche: suoni bassi, secchi, simili a crepiti, ma più superficiali e presenti
sia durante l’inspirazione sia durante l’espirazione.
- Localizzazione: superfici pleuriche.
- Origine: il suono è il risultato dello sfregamento delle due superfici pleuriche
infiammate.
- Significato clinico: pleurite.
VIE RESPIRATORIE ARTIFICIALI
o Cannula oro-faringea o di mayo
o Tubi endotracheali
o Cannule tracheali
ESAMI E PROCEDURE DIAGNOSTICHE
 Ossimetria/saturimetria: rilevazione della saturazione ossigeno;
 Pulso-ossimetria: permette anche la rilevazione della FC;
- Sa02 superiore a 95% = normale
- Sa02 inferiore a 93% = ipossia  necessita di ossigenoterapia
 Monitoraggio dell’End-Tidal C02 (Et-C02): misurare l’anidride carbonica al termine
dell’espirazione, rappresenta un sensibile indicatore di un’adeguata respirazione.
Per monitorare l’end-tidal C02 l’assistito dovrebbe indossare un dispositivo di
prelievo nasale (simile ad una cannula per l’ossigeno), questo dispositivo è
collegato ad un monitor che mostra il valore sotto forma di un grafico (capnografia)
o in versione numerica (capnometria);
 valore normale: 35-45 mmHg

82
 Emogasanalisi arteriosa (o Ph): campione di sangue arterioso; rileva in modo
preciso la pressione parziale di ossigeno, pressione parziale di anidride carbonica,
Ph, saturazione di ossigeno, bicarbonati;
 Emoglobina;
 Radiografia/TAC del torace;
 Test di funzionalità polmonare;
 Esame espettorato;
 Broncoscopia;

MISURAZIONE SATURAZIONE DI OSSIGENO


 Educare il soggetto ad una normale respirazione;
 Posizionare correttamente il sensore e il paziente (attenzione alle estremità fredde e
a situazioni di vasocostrizione);
 No smalto a unghie;

Il DOLORE
La IASP (International Association for the Study of Pain - 1986) definisce il dolore:
“esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole scocciata a danno vissutale, in atto o
potenziale, descritta in termini di danno. È un’esperienza individuale e soggettiva, a cui
convegno componenti puramente sensoriali (nocicezione) relative al trasferimento dello
stimolo doloroso dalla periferia alle strutture centrali, e componenti esperienziali e
affettive, che modulano in annera importante quanto percepito”.
Definizione di McCaffrey: “il dolore è tutto quello che una persona che lo prova dice che
sia, esistendo ogni qualvolta si affermi che esista”.

TRASMISSIONE DEL DOLORE

La trasmissione dello stimolo doloroso inizia nei recettori del dolore (nocicettori) e si
sposta lungo i nervi sensoriali all’interno del ganglio della radice dorsale.
L’impulso entra nel midollo spinale dove attraverso il tratto spinotalamico ascende verso
il cervello e il talamo al fine di essere interpretato.
Una volta elaborata l’informazione all’interno della corteccia sensoriale del sistema limbico
la percezione del dolore diviene consapevolezza cosciente e interpretazione personale
dell’esperienza dolorosa.
CLASSIFICAZIONE DEL DOLORE
 DOLORE ACUTO: ha la funzione di avvisare l’individuo della lesione tessutale in
corso ed è normalmente localizzato, dura per alcuni giorni, tende a diminuire con
la guarigione;
 DOLORE CRONICO: è duraturo, spesso determinato dal persistere dello stimolo
dannoso e/o da fenomeni di automantenimento, che mantengono la stimolazione
nocicettiva anche quando la causa iniziale si è limitata. Si accompagna ad una
importante componente emozionale e psicorelazionale. Elimina la performance
fisica e sociale del paziente. È rappresentato soprattutto del dolore che accompagna
malattie ad andamento cornico (reumatiche, ossee, oncologiche, metaboliche...).
è un dolore difficile da curare: richiede un approccio globale e frequentemente
interventi terapeutici multidisciplinari gestiti con elevati livelli di competenza e
specializzazione;
 DOLORE PROCEDURALE: accompagna molteplici indagini diagnostiche/
terapeutiche, rappresenta in ogni setting, e situazioni ed età, un evento
particolarmente temuto e stressante. Il dolore si associa ad ansia e paura e non

83
infrequentemente la sua presenza condiziona in maniera importante la qualità
percepita di cura, nonché la qualità di vita;
CLASSIFICAZIONE EZIOPATOLOGICA
˃ NOCICETTIVO: attivazione diretta dei recettori della nocicezione, risultato di una
stimolazione normale.

Tipologie:
- Acuto: dovuto ad una lacerazione;
- Persistente: dovuto, ad esempio, da una colite;
- Somatico: ha origine nelle ossa, nella cute, nei tessuti molli ed è spesso ben
localizzato (es, distorsione alla caviglia);
- Viscerale: risultato di uno stiramento, distensione, infiammazione o danno di
organi cavi o solidi, viene descritto come continuo, crampiforme, pulsante,
profondo, radiante (es, dolore al petto dovuto ad infatti del miocardio);
˃ NEUROPATICO: da interessamento del sistema nervoso centrale e/o periferico.
Nasce da un danno a livello dei nervi periferici o del SNC. Presenta variabilità di
sintomi (formicolio, bruciore, freddo, pungente, simile a shock elettrico) ma
accompagnato sempre da formicolio, torpore e dolore con tocco normale (es,
neuropatia diabetica);
˃ PSICHICO: attivato da stazioni psico-relazionali;
˃ MISTO: con la presenza di tutte le componenti precedenti (neuropatico, nocicettivo,
psichico);
CARATTERISTICHE DEL DOLORE
o Insorgenza
o Localizzazione
o Durata
o Tipologia
o Intensità

RISPOSTA DEL CORPO AL DOLORE


 Aumento della pressione arteriosa
 Aumento della frequenza cardiaca
 Aumento della frequenza respiratoria
 Aumento metabolismo
 Risposte verbali
 Riposte non verbali

SCALE DI VALUTAZIONE
UNIDIMENSIONALI
 NUMERICA NRS da 0 a 10:
Vantaggi:
- Praticità: uso verbale, nessun supporto cartaceo
- N° di intervalli maggiore della VRS
- Ottimo utilizzo per via telefonica (in assistenza domiciliare)
Svantaggi:
-
Difficoltà a ridurre la sensazione dolorosa in numero
-
N° di intervalli minori rispetto alla VAS
 VERBALE VRS da 0 a 4 (nessun dolore; lieve; moderato; forte; insopportabile)

84
Vantaggi:
- Praticità: uso verbale, nessun supporto cartaceo, assistenza domiciliare
- N° di intervalli maggiore della VRS
Svantaggi:

- Difficoltà a ridurre la sensazione dolorosa in numero


- N° di intervalli minori rispetto alla VAS
 VISIVO - ANALOGICHE VAS (Scott-Hiskisson): in supporto del cartaceo, è un
cannone dimensionale quindi si indaga l’intensità e va da un dolore assenza ad un
massimo dolore e la loro distanza è di 10 cm; una volta che il paziente ci indica il
livello del proprio dolore deve essere appoggiata su una scala da 0 a 10 (sempre di
10 cm) per valutare l’effettivo valore del dolore.
Vantaggi:
- Alta sensibilità
Svantaggi:
- Necessita di un supporto cartaceo
- Non può essere utilizzata con pazienti con disturbi visivi, deficit cognitivi o
fisici
- Difficile per pazienti con stato avanzato di malattia
 FACIES PAIN SCALE FPS: si va da 5 (con faccina che piange) ad 1 (con una faccina
che sorride) utilizzato con chi ha difficoltà a comunicare ma comunque riesce a
comunicare.

MULIDIMENSIONALI
 MPQ: il McGill Pain Questionnaire è una scala a 3 dimensioni: sensoriale, affettiva
e valutativa. Comprende 78 descrittori del dolore (Melzack 1975). Ognuna delle tre
dimensioni presenta delle sottoclassi: 20 per la dimensione sensoriale, 5 per quella
affettiva e 2 per quella valutativa. Ogni sottoscala presenta da 2 a 6 termini in
ordine crescente di intensità. L’uso della scala MPQ richiede al paziente di scegliere
un termine per sottoclasse e di esprimere l’intensità del dolore in base ad una scala
numerico-verbale. La scala MPQ permette di ottenere 4 punteggi:
1. Present Pain Index (PPI): intensità del dolore espresso con la sola
numerico-verbale;
2. Number of Word Chosen (NWC): corrispondente al numero di descrittori
scelti dal paziente;
3. Pain Rating Index (PRir): corrispondente all’ordine con cui sono stati
selezionati i descrittori dal paziente);
4. Pain Rating Index (PRis): corrispondente alla somma dei punteggi di ciascun
descrittore selezionato dal paziente;
L’MPQ è disponibile anche in una versione ridotta (SF-MPQ) comprendente 15
descrittori, ognuno dei quali è associato ad una scala di intensità numero verbale e
a 4 punti.

SPECIFICHE PER I BAMBINI


 FLACC: nel 1997 fu sviluppata una scala di valutazione del dolore applicabile ai
bambini dei 2 mesi ai 3 anni, prese in nome di FLACC dai 5 parametri che vengono
presi in considerazione dov’ è possibile attribuire un punteggio da 0 a 2 per ogni
parametro e l’osservazione deve essere fatta per 5 minuti.

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Faccia:
- 0 = espressione neutra
- 1 = smorfie saltuarie, sopracciglia aggrottate
- 2 = tremolio del mento frequente, mandibola serrata
Gambe:
- 0 = rilassate in posizione normale
- 1 = muscoli contratti, movimento continuo
- 2 = gambe flesse, retratte
Attività:
- 0 = tranquillo, in posizione normale, si muove facilmente
- 1 = inquieto, agitato, si gira da un l’alto all’alto
- 2 = rigido, inarcato, movimenti spasmodici
Pianto:
- 0 = non piange (sveglio o addormento)
- 1 = geme, si lamenta occasionalmente
- 2 = piange, urta, singhiozza
Consolabilità:
- 0 = tranquillo, rilassato
- 1 = rassicurato dal contatto o dalle parole, distraibile
- 2 = difficilmente consolabile, non si calma

SPECIFICHE PER GLI ANZIANI


 Scala di doloplus esplora:
- Le razioni somatiche: ovvero lamento, protezione di parti del copro, adozione
di posture antalgiche, espressioni di dolore, disturbo del sonno;
- Le razioni psicomotorie: comportamento del soggetto durante l’igiene e
mentre indossa o toglie gli indumenti, ridotta mobilità;
- Le reazioni psicosociali: inusuale richiesta di attenzione o rifiuto di
comunicare, ridotta socializzazione e partecipazione ad attività, anomala
reattività a stimoli esterni;
 NOPPAIN permette di stimare l’intensità del dolore tramite la ricerca dei seguenti
segni:
- Mimica facciale spontanea o in seguito a comuni atti di assistenza
- Impossibilità di muovere parti del copro
- Irrequietezza
Lamenti e versi che esprimono dolore
 PAINAD analizza:

- Il respiro
- La vocalizzazione negativa (lamento, grido, pianto)
- L’espressione facciale
- Il linguaggio del corpo
- La consolabilità
CLASSIFICAZIONE E TRATTAMENTO OMS
L’OMS nel 1996 ha proposto una scala a tre gradini per la gestione farmacologica del dolore
in prima istanza applicabile a quello oncologico e successivamente anche per il trattamento
non oncologico.

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Abbiamo una scala a 3 gradini:
- Dolore lieve (da 1 a 3): è indicato il trattamento con FANS, paracetamolo e adiuvanti;
- Dolore moderato (da 4 a 6): è indicato il trattamento con oppioidi minori, FANS,
paracetamolo, adiuvanti;
- Dolore severo (da 7 a 10): è indicato il trattamento con oppioidi maggiori, FANS,
paracetamolo, adiuvanti;
GESTIONE NON FARMACOLOGICA
La terapia antalgica non farmacologia comprende diversi tipi di interventi che tendono a
modificare molti di quei fattori che tendono ad aumentare o rendere più angosciosa
l’esperienza del dolore. La ricerca conferma l’efficacia delle uniche non farmacologiche
(TNF). La riduzione dell’ansia e della paura associate al dolore l’uso di strumenti adeguati
per affrontare la condizione dolorosa, il coinvolgimento dei caregiver nella gestione del
sintomo risultano elementi essenziali di cura e vanno ad integrare l’utilizzo del farmaco. I
metodi non farmacologici ottengono un ottimo risultato soprattutto nei bambini per le
capacità fantastiche e di immaginazione, inoltre consono costose e facilmente attuabili.
TECNICHE NON FARMACOLOGICHE:
o Rilassamento
o Registrazione
o Visualizzazione
o Meditazione
o Ipnosi
o Musicoterapia
o Aromaterapia
o Massaggio
o Agopuntura
o Digitopressione
OSPEDALE SENZA DOLORE
La legge 38 del 15 Marzo 2010 prevede che all’interno della cartella clinica, nelle sezioni
medica ed infermieristica, in uso presso tutte le strutture sanitarie, debbano essere
riportate le caratteristiche del dolore rilevato e della sua evoluzione nel corso del ricovero,
nonché alla tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il risultato antalgico
conseguente.
Come previsto dalle Linee guida del progetto “Ospedale senza dolore” approvate con
l’accordo tra il Ministero della sanità, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano,
in data 24 Maggio 2001, le strutture sanitarie hanno facoltà di scegliere gli strumenti più
adeguati, tra quelli validati, per la valutazione e la rilevazione del dolore da riportare
all’interno della cartella clinica.
Finalità specifica delle linee guida è quella di aumentare l’attenzione del personale coinvolto
nei processi assistenziali nelle strutture sanitarie italiane affinché vengano messe in atto
tutte le misure possibili per contrastare il dolore, indipendentemente dal tipo di dolore
rilevato, dalle cause che lo originano e da contesto di cura.
CODICE DEONTOLOGICO INFEMRIERE 2019
Art 17: Nel percorso di cura l’Infermiere valorizza e accoglie il contributo della persona, il
suo punto di vista e le sue emozioni e facilita l’espressione della sofferenza. L’Infermiere
informa, coinvolge, educa e supporta l’interessato e con il suo libero consenso, le persone
di riferimento, per favorire l’adesione al percorso di cura e per valutare e attivare le risorse
disponibili.

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Art.18: L’Infermiere previene, rileva e documenta il dolore dell’assistito durante il percorso
di cura. Si adopera, applicando le buone pratiche per la gestione del dolore e dei sintomi a
esso correlati, nel rispetto delle volontà della persona.
art.24: L’Infermiere presta assistenza infermieristica fino al termine della vita della persona
assistita. Riconosce l’importanza del gesto assistenziale, della pianificazione condivisa delle
cure, della palliazione, del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale e spirituale.
L’Infermiere sostiene i familiari e le persone di riferimento della persona assistita
nell’evoluzione finale della malattia, nel momento della perdita e nella fase di elaborazione
del lutto.
DI DOLORE ACUTO 0132
DEFINIZIONE: esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole che deriva da un danno
tessutale reale o potenziale, o che viene descritta nei termini di tale danno (IASP);
insorgenza improvvisa o lenta di qualunque intensità da lieve a severa, con un termine
previsto o prevedibile e con una durata inferiore a 3 mesi.
CARATTERISTICHE DEFINENTI: evidenza di dolore, rilevata utilizzando scale di valutazione
standard dei comportamenti correlati al dolore per coloro che non possono comunicare
verbalmente. Espressioni di dolore sul viso. Documentata da sé le caratteristiche del dolore
utilizzando rumeni standardizzati. Posizione antalgica. Modificazione parametri fisiologici.
Diaforesi. Midriasi. Concentrato su di sé. Mancanza dell’appetito.
FATTORI CORRELATI: agenti biologici lesivi, agenti chimici lesivi, agenti fisici lesivi.
GESTIONE DEL DOLORE ACUTO:
 Somministrazione di farmaci secondo prescrizione medica
 Monitoraggio del dolore
 Educazione automonitoraggio dolore
 Educazione autosomministrazione farmaci
 Gestione ambiente
 Tecniche rilassanti-clamanti
 Utilizzo de caldo/freddo
 Sostegno emozionale
 Massaggio
DI DOLORE CRONICO 0133
DEFINIZIONE: esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole che deriva da un danno
tessutale reale o potenziale, o che viene descritta nei termini di tale danno (IASP);
insorgenza improvvisa o lenta di qualunque intensità da lieve a severa, costante o
ricorrente, senza un termine previsto o prevedibile e con una durata superiore a 3 mesi.
CARATTERISTICHE DEFINENTI: evidenza di dolore, rilevata utilizzando scale di valutazione
standard dei comportamenti correlati al dolore per coloro che non possono comunicare
verbalmente. Espressioni di dolore sul viso. Documentata da sé le caratteristiche del dolore
utilizzando strumenti standardizzati.
Posizione antalgica. Concentrato su di sé. Anoressia. Alterazioni del modello di sonno.
FATTORI CORRELATI: agenti lesivi. Aumento IMC. Malnutrizione. Stress emotivo.
Isolamento sociale
POPOLAZIONE A RISCHIO: età > 50anni. Genere femminile. Storia di abusi. Storia di attività
fisica intesa. Storie di posture di lavoro statiche.
GESTIONE DEL DOLORE CRONICO:
 Somministrazione farmaci secondo prescrizione medica
 Monitoraggio de dolore

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 Educazione automonitoraggio dolore
 Educazione autosomministrazione farmaci
 Gestione comfort ambiente
 Tecniche rilassanti-clamanti
 Utilizzo de caldo/freddo
 Sostegno emozionale Percezione
 Massaggio elaborazione
informazione
MODELLO PERCETTIVO
PERCEZIONE: la percezione sensoriale è una funzione che comprende la ricezione delle
informazioni (sai dell’ambiente esterno che intendo) la loro trasmissione a livello encefalico
dove avviene la loro elaborazione e la trasformazione in informazioni significative.
PERCEZIONE-FUNZIONE SENSORIALE: gli stimoli ambientali vengono recepiti attraverso gli
organi si senso:
 l’occhio riceve gli stili visivi
 L’orecchio ricevono gli stimoli uditivi
 In naso riceve gli stimoli olfattivi
 La lingua riceve gli stimoli gustativi
 Terminazione nervosa della cute ricevono gli stimoli tattili
 Internamente gli stimoli sono ricevuti dai sensi viscerali e cinestetici. Tali stimoli
provengono da recettori terminazioni nervose pesanti nei tessuti corporei:
 Il senso viscerale riceve gli stimoli correlati alla consapevolezza dei grandi organi
interni del copro
 Il senso cinestetico influenza la consapevolezza della posizione e dell’azione da
parte del corpo

PERCEZIONE INFLUENZATA DA:

 Esperienze precedenti;
 Stile di vita ed abitudini: le persone possono vivere con stimoli esterni abbondanti
(frequenti cambiamenti ambientali, presenza di molta gente, intensi stimoli uditivi e
visivi) oppure al contrario vi sono persone che preferiscono stili di vita più tranquilli
con meno rumore e mono folla. Le persone abituate ad uno stile di vita percepisco
gli stimoli in modo diverso e possono manifestare difficoltà di adeguamento a
cambiamenti;
 Fumo di sigaretta: causa atrofia delle papille gustative con la conseguente percezione
del gusto;
 Dalla malattia;
 Età: provoca una degenerazione sensoriale come:
- La perdita di udito: può portare a depressione, disfunzione sociale,
diminuzione funzionamento cognitivo
- La perdita della vista: può provocare depressione, disabilità nello svolgimento
d’attività di vita quotidiana, stabilità nello svolgimento di attività quali la
lettura e guidare, aumento di rischio cadute
- La riduzione dell’innervazione cutanea: può provocare una diminuita
percezione degli stimoli nocicettivi (dolore) e termici
 Dall’alterazione della stimolazione:
o Sovraccarico sensoriale (delirio iperattivo): si verifica quando gli input
sensoriali in entrata sono eccessivi per la persona che non è in grado di
elaborarli. Per esempio: fornire al paziente eccessive informazioni relative ai
trattamenti può essere causa di eccessiva stimolazione sensoriale; l’ambiente
sanitario espone il paziente a stimoli esterni eccessivi; fattori legati

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all’individuo come il dolore, la preoccupazione, l’insonnia, sono elementi che
provocano un sovraccarico sensoriale. I segni clinici che possono presentare
un sovraccarico sensoriale sono:
- Ansia
- Confusione
- Insonnia
- Inquietudine
o Derivazione sensoriale (delirio ipoattivo): consiste in una diminuzione o
mancanza di stimoli sensoriali oppure di interferenze nell’analisi delle
informazioni. In ambiente ospedaliero la percezione sensoriale è alterata
oppure espone il paziente al rischio di deprivazione sensoriale.
 Patologie:
˃ DIABETE ed IPERTENSIONE: queste patologie possono provocare:
- Deficit visivi
- Diminuzione sensazioni al tocco delle estremità (dita pedi e mani)
correlata ad alterazioni microcircolatorie
˃ PATOLOGIE CEREBROVASCOLARI: questa categoria di patologie provoca
un’alterazione del flusso ematico al cervello, con conseguente blocco delle
percezioni sensoriali
ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE SENSORIALE
DEFICIT SENSORIALI: consiste inuma alterato funzionamento della ricezione o percezione
sensoriale. Il deficit può essere temporaneo o permanente a causa della malattia o del
trattamento. Se la perdita sensoriale è graduale l’organismo mette in atto una
compensazione fisiologica.
Una percezione alterata può portare ad ansia, legata ad un’alterata capacità di interagire
con l’ambiente (es, deficit uditivi).
PROBLEMI COGNITIVI: in caso di sovraccarico sensoriale il paziente può presentare
problemi:
 Di memoria
 Ragionamento
 Di problem solving
 Disorientamento
 Verbalizzazione sconnessa
DEFICIT SENSORIALE VISTA-UDITO
Visione compromessa: trovano causa nei disturbi del SNC, problemi microvascolari
(diabete, ipertensione) malattie oculari (cataratta, glaucoma).
Udito compromesso: trovano causa in malattie dell’orecchio, processi infettivi, artrite, danni
al VII nervo cranico, tappi di cerume, otite media.
DEFICIT SENSORIALE GUSTO-ODORATO
Gusto compromesso: il gusto può essere compromesso a causa di assenza di saliva in
bocca. Alcune categorie di farmaci danno xerostomia (atropina); inadeguata assunzione di
liquidi; infezione naso o bocca; raffreddore; fumo di sigaretta.
Odorato compromesso: può essere compromesso da danni al nervo cranico; sinusite;
sterosclerosi.
DEFICIT SENSORIALI DEL TATTO
la perita di funzionalità tattile può essere causata da un ictus; neoplasie cerebrali o spinali;
danni nervosi periferici (causa diabete).

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LA DEPRIVAZIONE PUO’ CAUSARE:
 DEPRESSIONE: per esempio il paziente posto in isolamento protettivo si trova in una
situazione di ridotta stimolazione di tutti i sensi che lo può condurre in uno stato
depressivo;
 ALLUCINAZIONI: sono impressioni sensoriali, che si basano su stimoli interni che non
hanno riscontro nella realtà. Le allucinazioni possono presentarsi sia in condizioni di
deprivazione che sovraccarico sensoriale, oppure in presenza di deficit sensoriale
(perdita di udito e vista);

ACCERTAMENTO INFERMIERISTICO
L’infermiere deve eseguire un preciso accertamento della percezione sensoriale volto:
˃ Alla valutazione del modello normale
˃ All’individuazione di eventuali alterazioni sensoriali (problemi)
˃ Valutazione dei fattori di rischio
I soggetti possono presentare:
L Alterazioni sensoriali preesistenti
L Alterazioni correlate alla malattia che possono essere permanenti e temporanee
L Fattori che rappresentano un rischio di insorgenza di alterazioni della percezione
sensoriale

VALUTAZIONE MODELLO FUNZIONALE


L’infermiere per valutare il modello funzionale relativo alla percezione sensoriale valuta il
livello quotidiano di stimolazione, la reazione di fronte ai cambiamenti, il grado di
indipendenza del soggetto e di complessità della sua vita, abitudini e stili di vita della
persona.
ACCERTAMENTO  dati soggettivi:
 Valutazione livello stimolazione giornata: come trascorre la giornata’
 Valutazione reazione a stress e cambiamenti: è cambiato qualcosa nella sua vita
recentemente
 Valutazione condizioni di vita: con chi vive? Dove vive? Usa l’auto?
 Valutazione abitudini e interessi: partita hobby? Fuma? Dorme?
ACCERTAMENTO  valutazione dei rischi:

Deficit sensoriali Deficit visivi uditivi

Tipologia di trattamenti sanitario Ricovero in terapia intensiva,


isolamento protettivo

Patologie concomitanti Ipertensione,diabete

Barriere linguistiche

Ambiente Condivisione stanza, o stanza singola,


stimoli uditivi, eccessiva luminosità

Farmaci Sedativi, antibiotici ad alte dosi


(gentamicina)

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ACCERTAMENTO  valutazione dei problemi:
La valutazione dei problemi reali del paziente presenta inerenti la percezione sensoriale. Va
indagato:
 Se la persona è ansiosa o depressa
 Se è integrata nel tessuto sociale
 Se sono presenti problemi di memoria, di concentrazione, decisionali

ESAME FISICO:
Valuta:
 Alterazione sensoriale
 Il livello di coscienza
 Orientamento
 Durata dell’attenzione
 Memoria Percezione
 Abilità cognitive elaborazione
MODELLO COGNITIVO informazione

FUNZIONE COGNITIVA NORMALE:

 Percezione: sentire ed interpretare gli stimoli dell’ambiente esterno e interno,


 Coscienza: consapevolezza di sé,
 Pensiero,
 Memoria: processo attraverso cui le informazioni sono depositate e richiamate,
CARATTERISTICHE COGNITIVE NORMALI:
 Intelligenza: è prodotto di memoria, comprensione, concentrazione,
 Percezione della realtà - comprensione del tempo, dello spazio, di sé, della situazione,
 Orientamento: localizzazione tempo spazio,
 Giudizio: processo di ragionamento,
 Richiamo e riconoscimento: abilità necessario per il richiamo delle informazioni della
memoria,
 Linguaggio: capacità di esprimere bisogni, idee, sentimenti,
FATTORI CHE INFLUENZANO LA FUNZIONE COGNITIVA:
 FATTORI AMBIENTALI:
- Invecchiamento
- Stress emotivo
- Depressione
- stress di un ambiente non familiare
- Ospedalizzazione
 FLUSSO EMATICO: le alterazioni cognitive per rimanere intatte necessitano di un
costante afflusso di ossigeno. Qualsiasi interruzione del flusso ematico alle cellule
cerebrali;
 EQUILIBRIO IDROELETTROLITICO: le alterazioni dell’equilibrio dei liquidi e degli
elettroliti possono causare alterazioni dei processi cognitivi. I disturbi più lievi sono:
iponatriemia; ipernatriemia; ipercalcemia; ipo e iperglicemia. Gli accumuli di prodotti
metabolici se non eliminati, possono essere tossici per il SNC. Per esempio, ammonio
convertito in urea dal fegato, escreto dai reni, per patologie renali o epatiche si può
accumulare nell’encefalo causando coma e delirio;

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 AGENTI FARMACOLOGICI: i farmaci che agiscono sul SNC possono causare
confusione e alterare il pensiero (antidepressivi, anticonvulsivanti, ansiolitici,
oppioidi, ipnotici). Nei primi stadi o con l’aumento di dosaggio si possono avere
interazioni nel linguaggio e nella comprensione. I farmaci che non agiscono n modo
primario sul SNC possono creare confusine (esempio: diuretici  iponatriemia;)
 PROCESSI INFETTIVI: i processi infetti a carico del SNC (encefaliti, ascessi cerebrali)
causano lattazioni cognitive. Anche processi infettivi localizzati nell’organismo, o
sistemici (batteriemie, setticemie) possono danneggiare il SNC (letargia,
confusione);
 NUTRIZIONE E METABOLISMO: il cervello necessita di glucosio per l’energia
metabolica. L’emoglobina è correlata all’apporto di ossigeno, per cui patologie che
influenzano la presenza di emoglobina del sangue (anemia, anemia falciforme)
influiscono sui processi cognitivi;
ALTERAZIONI DEI PROCESSI DI PENSIERO
ALTERAZIONE DELLO STATO DI COSCIENZA:
 Normale stato di vigilanza: il paziente è sveglio e consapevole di sé e di quanto lo
circonda;
 Confusione: sono alterazioni dei contenuti coscienza il paziente è disattento,
disorientato, ha un deficit di percezione e di pensiero coerente;
 Stato soporoso: i contenuti di vigilanza riaffiorano solo su stimolo e i contenuti di
coscienza sono alterati;
COMPONENTI DELLA COSCIENZA
 Vigilanza: (stato di veglia) espressione delle funzioni vegetative (apertura occhi);
 Contenuti della coscienza: attività cognitiva, il contenuto della coscienza necessita
uno stato di veglia per poter essere operativo. Al contrario lo stato di veglia può
essere presente in qualunque alterazione dello stato di scienza (stato di vegetativo);
 Stato stuporoso: il paziente è risvegliabile solo con stimolo vigoroso e ripetuto. Si
può verificare l’apertura degli occhi. La risposta ai comandi verbali è assente,
rallentata o inadeguata. Il paziente, senza stimolazione ricade in uno stato simile al
sonno;
 Coma: nello stato di coma entrambe le componenti dello stato di coscienza sono
perse. Il paziente in coma non apre gli occhi, neanche se intensamente stimolato.
Non ha alcun contenuto di coscienza, neanche rudimentale, non emette suoni
comprensibili, non esegue ordini, non ha movimenti intenzionali;
CAUSE DELLE ALTERAZIONI:
˃ INTRACRANICHE: ictus, TIA, tumori cerebrali. Traumi cerebrali con conseguenti
ematomi;
˃ EXTRACRANICHE: di origine vascolare (shock, infarto, miocardio acuto, emorragie);
di origine metaboliche; sindromi uremiche da insufficienza renale, ipossia e disturbi
della termoregolazione, intossicazione da farmaci, oppiacei, alcol e altre sostanze
tossiche;
COMPROMISSIONE DEL PROCESSO DI PENSIERO
La cognizione è un processo complesso che si manifesta con una risposta adattiva
appropriata o in una risposta emotiva. L’interruzione di questo processo, qualsiasi sia la
causa, può portare ad alterazioni di pensiero a comportamenti o a pensieri anormali.
Molti soggetti con alterazioni del processo di pensiero presentano deficit:
 Di giudizio
 Di pianificazione
 Di problem solving

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MANIFESTAZIONI CLINICHE  DISTURBI MENTALI
 DELIRIO: definizione del DSM.V: “una disfunzione del cervello acuta e altalenante,
che si manifesta con un disturbo di coscienza con ridotta capacità di focalizzare,
mantenere o postare l’attenzione”. Esistono tre tipologie di delirio:
- Ipoattivo: caratterizzato da una chiusura del paziente in sé stesso
- Il delirio iperattivo in cui i pazienti sono agitati e turbolenti
- La forma mista prevede una combinazione di questi due e varia nelle 24 ore
I fattori di rischio del delirio:
 Età > 65 anni
 Ictus
 Abuso di alcol e droghe
 Prece
 denti episodi di demenza
 Sepsi
Le situazioni cliniche che possono portare al delirio:
- Insufficienza respiratoria
- Pazienti in isolamento
- Pazienti sottoposti ad anestesia
- Polipatologie
- Ricoveri in terapia intensiva, ventilati meccanicamente
- Pazienti colpiti da ictus
Fattori precipitanti: polifarmaciterapia, malnutrizione, contenzione fisica, deprivazione
del sonno.
 DEPRESSIONE
 DEMENZA: sindrome clinica caratterizzata ad alterazione progressiva della funzione
intellettiva e della memoria. Interferisce con la funzione sociale o occupazionale.
I cambiamenti si sviluppano nel tempo e sono permanenti.
Cause:
- Traumi
- Alterazioni circolatorie
- Predisposizione genetica
- Alterazioni neurotrasmettitori
- Agenti infettivi
 DEMENZA DI ALZHEIMER:
 Perdita di memoria deficit comportamentali
 Problemi legati al sonno
 Assenza di consapevolezza dei deficit cognitivi
 Compromissione progressiva delle attività di vita quotidiana
COMPROMISSIONE DELLA COMUNICAZIONE
Deficit del linguaggio  AFASIA
CAUSE:
 Ictus cerebrali
 Tumori cerebrali
 Traumi cranici
 Lesioni degenerative della corteccia cerebrale
TIPI DI AFASIA:
 Afasia espressiva: linguaggio limitato rallentato espresso con grandi sforzi; la
persona sa quello che vuole dire (perché l’intelligenza è conservata) ma non riesce a

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trovare le parole (anomia); deficit nell’espressione scritta, conservata la
comprensione; spesso il deficit è associato a frustrazione e rabbia.
 Afasia ricettiva: il linguaggio è ben articolato anche se il contenuto è disorganizzato
senza contenuti specifici; le persone hanno difficoltà nella comprensione del
linguaggio circo e parlato.
 Afasia anomica: il linguaggio è fluente, con difficoltà a individuare i termini coretti,
per cui “girano intorno all’argomento”; si hanno alterazioni a livello sia di lettura che
di scrittura con danni che vanno da lievi a gravi. I soggetti mostrano rabbia,
frustrazione e depressione.
 Afasia globale: è l’espressione di danni cerebrali estesi a tutte le aree del linguaggio.
Non vi è comprensione del linguaggio, e il linguaggio è quasi totalmente
compromesso (suoni ricorrenti privi di senso). Non riescono a leggere e a scrivere.
Deficit del linguaggio  DISATRIA
Insieme di disturbi del linguaggio derivanti da deficit del controllo motorio, debolezza,
paralisi, incoordinazione della muscolatura orale. Avendo un disturbo motorio del linguaggio
si ha difficoltà nell’articolazione delle parole e nell’immissione dei suoni precisi (altezza,
timbro, controllo). Il linguaggio è biascicato non chiaro. Rimane intatta la comprensione del
linguaggio (scritto e parlato).
ACCERTAMENTO INFERMIERISTICO
L’infermiere esegue un accertamento sullo stato cognitivo normale al fine di identificare
procacemente l’insorgenza di disturbi mentali riducendone gli effetti. È importante una
precoce identificazione a gestione dei sintomi.
Son stati identificai interventi infermieristici favorenti il miglioramento del delirio: è
importante agire sull’ambiente dell’assistito gestendo i bisogni essenziali favorendo la
mobilizzazione precoce minimizzando il ricorso alle restrizioni programmando il ritmo
sonno/veglia.

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