Documenti di Didattica
Documenti di Professioni
Documenti di Cultura
CLINICA GENERALE
1
11 MODELLI FUNZIONALI DI SALUTE DI M. GORDON
La raccolta dati viene effettuata seguendo il modello olistico di M. Gordon e non tramite il
modello dei sistemi corporei (=descrivere le caratteristiche ed eventuali alterazioni del
soggetto partendo dai capelli fino alle dita dei piedi) in quanto è considerato un modello che
esclude la sfera psicologica e sociale del soggetto preso in esame.
1. PERCEZIONE E GESTIONE DELLA SALUTE: il paziente gestisce la sua salute, il successo
nel soddisfacimento dei bisogni umani si basa sulla cultura, la società, le aspettative
e la propria salute.
2. NUTRIZIONE E METABOLISMO: modelli stabiliti precocemente nella vita. Soddisfare
questi bisogni umani è necessario per la vita.
3. ELIMINAZIONE: correlata alla nutrizione e al metabolismo. Cruciale nel soddisfare i
bisogni umani.
4. ATTIVITA’ ED ESERCIZIO: energia necessaria per soddisfare altri bisogni. I problemi
nel soddisfare questi bisogni interferiscono con bisogni differenti.
5. COGNITIVO E PERCETTIVO: correlato alla percezione e alla gestione della salute.
Estensione della consapevolezza del paziente relativamente ai bisogni umani.
6. VALORI E CREDENZE: legami fra i modelli fisiologici di salute e la teoria dei bisogni
umani.
7. PERCEZIONE DI SÉ
8. CONCETTO DI SÉ
9. RUOLI E RELAZIONI
10.SESSUALITA E RIPRODUZIONE
11.COPING E TOLLERANZA ALLO STRESS
Visione olistica della persona in continua interazione l’ambiente: ogni modello è
l’espressione di un’interazione biopsicosociale. Nessun modello può essere compreso
senza conoscere gli altri modelli funzionali del soggetto.
L’attenzione sulla persona e non sulla malattia
La giusta qualità e quantità di dati di interesse infermieristico
Permette di identificare i punti di forza e non solo i deficit della persona
Può essere usato per le persone di tutte le età e tutti gli ambiti
RACCOLTA DATI:
Esame fisico
Documentazione clinica e bibliografica DATI OGGETTIVI
Intervista
Osservazione DATI SOGGETTIVI
MODELLO INDIVIDUALE:
DISFUNZIONALE: i dati rilevati mostrano che il soggetto non rientra nei range di
normalità;
RISCHIO: giudizio clinico secondo il quale una persona è più vulnerabile nei confronti
di un certo problema e rischia che ciò possa diventare disfunzionale;
FUNZIONALE: i dati rilevati riguardanti il soggetto rispecchiano uno stato di buona
salute in merito al modello indagato;
2
DIAGNOSI INFERMIERISTICHE NANDA
giudizio clinico riguardante una risposta umana di un individuo, caregiver, famiglia,
gruppo o comunità a condizioni di salute/processi vitali attuali o una vulnerabilità a tale
risposta.
ATTUALE/REALE: sono presenti le caratteristiche definenti tipiche di ogni problema
di salute, in integrazione ai fattori correlati. Non sono presenti quindi solo i fattori
che possono contribuire a scatenare il problema ma i sintomi tipici e riconosciuto per
il problema specifico.
RISCHIO: è una diagnosi che presenta i fattori correlati che possono scatenare il
problema di salute. Potrebbero esserci anche dei sintomi ma se sono considerati
troppo vaghi non contribuiscono alla formulazione di diagnosi reale ma solo attuale.
SINDROME: è una diagnosi che fa riferimento ad un insieme di problemi o rischi che
la persona manifesta in seguito ad un unico fattore correlato.
PROMOZIONE DELLA SALUTE: diagnosi che aiuta i soggetti che potrebbero
manifestare, in seguito, una patologia e gli interventi per prevenirli.
3
PIANIFICAZIONE DEI RISULTATI ATTESI E DEGLI INTERVENTI ASSISTENZIALI:
Gestione assistenziale della persona con nutrizione squilibrata inferiore al fabbisogno
metabolico;
Gestione assistenziale della persona con nausea e vomito;
Gestione assistenziale della persona con disfagia;
Vitamine
Processi corporei
Minerali
TERMINOLOGIA DI RIFERIMENTO
APPETITO: buona disposizione a mangiare;
DISAPPETENZA: perdita del piacere di mangiare;
INAPPETENZA: riduzione o perdita dell’appetito (temporaneo);
ANORESSIA: perdita persistente dell’appetito (sintomo);
BULIMIA: esagerazione del senso dell’appetito;
POLIFAGIA: ingestione di eccessiva quantità di cibo per sensazione di fame
insaziabile;
POLIDIPSIA: aumento eccessivo della sete;
ERUTTAZIONE: eliminazione rumorosa, per via boccale, di gas presenti nello
stomaco;
PIROSI: sensazione di bruciore allo stomaco, spesso seguita da rigurgito;
RIGURGITO: reflusso in esofago o in bocca di modica quantità di materiale gastrico;
NAUSEA: sensazione sgradevole di oppressione gastrica che spesso precede il
vomito. Può essere accompagnata da pallore cutaneo, sudorazione, scialorrea,
astenia e malessere generale. È secondaria a stimolazione del sistema nervoso
vegetativo;
DISPEPSIA: sindrome da non funzionalità gastrica caratterizzata da nausea,
inappetenza, senso di peso epigastrico, eruttazione…
FATTORI CHE INFLUENZANO L’ALIMENTAZIONE:
Stile di vita; Stato psicologico;
Abitudini; Presenza di dolore, disfagia, astenia,
Cultura e convinzioni; nausea…
Risorse economiche; Esercizio fisico;
Genere; Fattori ambientali (confort,
Assunzione di farmaci o droghe; isolamento);
Interventi chirurgici; Capacità di preparare e assumere il
Tumori e trattamenti; cibo;
Condizioni patologiche che influenzano la capacità di usare i nutrienti (patologie che
alterano il fabbisogno metabolico);
Abuso di alcol poiché l’alcol offre inoltre un senso di sazietà scompensato dall’assenza
di nutrienti;
4
ACCERTAMENTO IDENTIFICAZIONE DEL MODELLO FISIOOGICO
Dieta e liquidi quotidianamente assunti
Nelle 24h oppure con il diario settimanale;
Grado di appetito;
Preferenze alimentari (densità dei cibi, gusti, orario, cibi non assunti per cultura o
religione);
Intolleranze alimentari o allergie;
Difficoltà di deglutizione o masticazione;
Livello di energia;
ACCERTAMENTO IDENTIFICAZIONE DEI FATTORI DI RISCHIO O ALTERAZIONI
Perdita di peso;
Abuso di alcol cronico (senso di sazietà);
Fattori socio-economici (povertà, isolamento…);
Condizione patologiche croniche o acute (demenze, diabete, tumori…);
Presenza di segni o sintomi quali: anoressia, problemi di masticazione, ulcere delle
mucose, disfagia, nausea, vomito…
Assunzione di farmaci o droghe;
ACCERTAMENTO OSSERVAZIONE DELL’ASPETTO GENERALE
o Pelle appare secca, anelastica e disidratata;
o Unghie appaiono macchiate o rotte;
o Capelli e peli sono fragili;
o Mucose si infiammano facilmente;
o Tono/ forza muscolare ipotonia muscolare;
o Addome
ACCERTAMENTO RILEVAZIONE DELLE MISURE ANTROPOMETRICHE
Peso;
Altezza;
Indice di massa corporea BMI (peso Kg/altezza m2);
Misurazioni specifiche:
- Circonferenza braccio,
- Pliche cutanee,
- Giro-vita,
ACCERTAMENTO ESAMI DIAGNOSTICI EMATOCHIMICI
- Albumina e pre-albumina;
- Ematocrito ed emoglobina;
- Transferrina (=proteina che trasporta il ferro)
- Proteina legante il retinolo;
- Creatinina (bassa in caso di atrofia muscolare da malnutrizione);
- Bilancio dell’azoto;
DI DISPONIBILITA’ A MIGLIORARE LA NUTRIZIONE
DEFINIZIONE: modello di assunzione di nutrienti che può essere rafforzato.
CARATTERISTICHE DEFINENTI: dichiarato desiderio di migliorare la nutrizione.
DI RISCHIO DI ASPIRAZIONE
DEFINIZIONE: vulnerabilità all’ingresso nelle vie tracheobronchiali di secrezioni
gastrointestinali, orofaringee, solidi o liquidi che può compromettere la salute.
5
FATTORI DI RISCHIO:
o Diminuita mobilità gastrointestinale; o Depressione del riflesso faringeo;
o Riduzione del livello di coscienza; o Tosse inefficace;
o Ritardato svuotamento gastrico; o Disfagia;
o Nutrizione per sonda;
DISFAGIA
Difficoltà nella deglutizione di cibi solidi o liquidi dovuto ad un deficit delle strutture o
della funzionalità orale, faringea o esofagei.
SEGNI E SINTOMI:
o Residui di cibo in bocca;
o Tosse;
o Segni di soffocamento;
o Voce gorgogliante;
o Rigurgiti nasali e orali;
In base alla
SEDE
In base al
TIPO DI LESIONE
La TOSSE può rappresentare un riflesso utile anti-soffocamento che consiste nel percepire,
inconsciamente, che parte del cibo è situato all’apertura laringea e non esofagea, viene
quindi prodotto un colpo d’aria che dalla laringe spinge il cibo fino al suo ritorno nella cavità
orale.
RESIDUI DI CIBO
I residui di cibo nella cavità orale possono portare a:
˃ Ulcere date dall’alterazione del pH e della mucosa orale;
˃ Facilita l’insorgenza di infezioni;
Bisogna quindi aumentare la frequenza dell’igiene del cavo orale.
6
ACCERTAMENTO IDENTIFICARE I SOGGETTI DISFAGICI
L Screening disfagia tramite il test di deglutizione dell’acqua o water swallow test
(necessità immediata per poter procedere nell’assistenza infermieristica, sospetto al
momento del ricovero);
L Test di valutazione effettuato tramite la scala di valutazione bedside swallowing
assessment (è più accurato e aiuta la fase di riabilitazione;
La disfagia implica affaticamento fisico, quindi evitare igiene o fisioterapia prima dei pasti.
GESTIONE DELLA DISFAGIA
Verificare il tipo e la gravità della disfagia;
Selezione degli alimenti e della dieta:
- DIETA OROFARINGEA con ridotta masticazione, difetto del transito orale e
della deglutizione.
Cibi con consistenza semisolida tipo creme, budini o gelati;
Acqua solo gelificata o con addensanti;
Evitare pane secco, riso, carne trita e minestrone;
- DIETA ESOFAGEA con difetto del transito faringeo o esofaringeo.
Cibi di consistenza morbida o più liquida;
Acqua permessa;
Assistere ed educare all’utilizzo di meccanismi per un’alimentazione in sicurezza:
- Prima del pasto: posizione seduta con schiena eretta e testa lievemente flessa,
verificare lo stato di vigilanza, evitare un ambiente con distrazioni, predisporre
un aspiratore vicino alla zona del pz, garantire l’igiene orale e utilizzare cibi
agri o acidi (aceto, limone…).
- Durante e dopo il pasto: evitare di far parlare il pz mentre mangia,
somministrare una dieta con consistenza, omogeneità, scivolosità e coesione
adeguata al tipo di disfagia. Introdurre il cibo con un cucchiaino da caffè o 10-
15 ml per volta, verificare che abbia deglutito prima di un nuovo boccone,
ispezionare periodicamente il cavo orale, dopo il pasto attendere 30 minuti per
effettuare l’igiene orale. Insegnare a tossire in modo efficace per far eseguire
i colpi di tosse dopo 1-2 deglutizioni. Prevenire le complicanze come polmonite
ab-ingestis, soffocamento e malnutrizione o disidratazione.
7
VOMITO (vomito + disfagia = pz a rischio, D.I. di rischio dominio nutrizione, sono
considerati fattori correlati alle patologie infermieristiche poiché come sintomi
sono troppo generici).
atto riflesso caratterizzato da un rapido svuotamento del contenuto gastrico per via
retrograda attraverso la bocca:
1. Contrazione antiperistaltica dello stomaco;
2. Contrazione della muscolatura diaframmatica e addominale;
3. Apertura dello sfintere cardiale;
In genere è preceduto da:
Nausea;
Scialorrea (=aumento della salivazione);
Sudorazione;
Ipotensione;
Pallore;
TIPOLOGIE DI VOMITO
Variano in base all’assenza o alla presenza di sintomi premonitori:
CENTRALE (cerebrale)
- Vomito a getto,
- La causa non è data da problemi gastrointestinali es tumori, formazioni
benigne,
- Determinato da ipertensione intracranica,
PERIFERICO: ha cause gastrointestinali
- Ipertensione gastrica,
- Irritazione della mucosa gastrica,
PSICHICO: legato a turbe, disturbi d’ansia es autoinduzione,
CARATTERISTICHE DEL VOMITO
- QUANTITA’: dipende dal contenuto gastrico e dalla frequenza degli episodi;
CONSISTENZA
- Liquido;
- Semiliquido;
ODORE: in relazione al contenuto
- Acido;
- Ematico;
- Fecale
- + sgradevole dato dal cibo;
QUALITA’:
- ACQUOSO gastro-succorrea, c’è una prevalenza dei succhi gastrici, tende al
bianco trasparente;
- MUCOSO: dato dalle gastriti catarrali, biancastro e semisolido;
- PURULENTO: dato da gastriti di origine infettiva con ascessi (flemmoni) che
presentano pus;
- ALIMENTARE;
- BILIARE: c’è un reflusso di bile dal duodeno, ha un colorito verdastro o giallo
scuro;
- FECALOIDE liquame bruno proveniente dall’intestino tenue, molto liquido;
- FECALE prevalenza di feci provenienti dall’intestino crasso, ha le stesse
caratteristiche del materiale fecale e si vomita per ridurre la pressione;
- EMATICO CAFFEANO: rosso scuso, sangue vecchio;
8
EMATEMESI: sangue rosso vivo, fresco, indica un sanguinamento
in corso, rischio di emorragia interna e shock. Se non viene trattato
può manifestarsi anche sotto forma di MELENA (=feci scure, nere).
COMPLICANZE DEL VOMITO
SQUILIBRIO IDRO-ELETTROLITICO: perde liquidi, vomita numerose volte grandi
volumi di succhi gastrici che contengono acido cloridrico, sodio, potassio ed elettroliti.
Così viene a svilupparsi una condizione di ALCALOSI: perdita di liquidi acidi ed
elettroliti;
AB-INGESTIS: inalazione di liquidi nelle vie aeree con conseguente rischio di
polmonite specifica (inalando il vomito), è frequente in persone con deficit motori e
disturbi delle funzioni cognitive (non sentono i segni premonitori del vomito).
SOFFOCAMENTO
deprivazione di ossigeno dovuta all’ingestione, nelle vie aeree, di un bolo alimentare o
altro corpo estraneo. È una condizione estrema dettata anche dall’eccessiva quantità di
materiale che ostruisce le vie aeree.
La persona è impossibilitata a parlare o strillare, il viso diventa cianotico, congestionato e
con le vene giugulari ingrossate. Porta disperatamente le mani alla gola, h auna tosse molto
debole e la respirazione diviene difficoltosa e produce un rumore acuto. Può verificarsi
l’arresto cardio-circolatorio.
MANOVRA DI HEIMLICH persona cosciente
1°. Colpi dorsali:
- Posizionarsi al fianco del paziente, leggermente dietro;
- Sostenere il torace con una mano facendo in modo che il paziente si sporga in
avanti e si appoggi al braccio per favorire la fuoriuscita del corpo estraneo;
- Colpire fino a 5 volte con l’altra mano sul dorso del paziente, fra le scapole;
- Se i colpi non hanno effetto eseguire la manovra di Heimlich IN PIEDI.
2°. Manovra di Heimlich:
- Posizionarsi in piedi, dietro al paziente;
- Cingere le braccia intorno ai fianchi, sotto le braccia del paziente;
- Una mano è piegata con il pugno chiuso e posizionata con la parte del pollice
appiattita contro l’addome, sotto le costole e sopra l’ombelico;
- L’altra mano afferra il pugno e provoca una serie di spinte verso l’alto finché
l’oggetto che ostruisce le vie aeree non viene espulso;
- Le spinte non devono mai comprimere o stringere la gabbia toracica.
Le nuove linee guida prevedono che vengano alternati 5 colpi dorsali e 5
compressioni sottodiaframmatiche.
MANOVRA DI HEIMLICH persona incosciente
NO RCP
Le nuove linee guida non prevedono che un soccorritore generico pratichi questa manovra
su una persona priva di coscienza, limitandosi alla procedura di rianimazione
cardiopolmonare.
1. Posizionare supino il paziente;
2. Sollevare il capo ed estendere il mento;
3. Verificare se sono visibili corpi estranei nel cavo orale;
4. Eseguire due insufflazioni, se non efficaci, tentare fino a 5 volte;
5. Se non si ottengono due insufflazioni efficaci, iniziare ad eseguire le compressioni
toraciche;
6. Ogni 30 compressioni effettuare 2 insufflazioni;
9
MANOVRA DI HEIMLICH lattante
Colpi interscapolari o dorsali:
Posizionare il bambino sull’avambraccio, in modo da creare un piano rigido;
La testa va tenuta in leggera estensione e più in basso rispetto al tronco;
Appoggiare l’avambraccio sulla coscia;
Applicare 5 vigorosi colpi in sede interscapolare;
Compressioni toraciche:
Mettere il paziente su un piano rigido con la stessa metodica utilizzata per le pacche
dorsali;
Eseguire 5 compressioni toraciche con la stessa tecnica utilizzata per il massaggio
cardiaco;
Le compressioni sono applicate con una frequenza di circa 1 ogni 3 secondi;
5 pacche dorsali e 5 compressioni toraciche;
MANOVRA DI HEIMLICH bambino
5 colpi dorsali e 5 compressioni subdiaframmatiche fino alla disostruzione o fino a quando
non diventa incosciente.
10
SQUILIBRIO DELLA RICHIESTA-FORNITURA DI CIBO
Potrebbe esserci un mancato assorbimento intestinale dato da alterazioni funzionali o
strutturali (es intolleranze, tumori, ostruzioni…). Anche lo stomaco può contribuire ad uno
squilibrio in quanto il vomito successivo all’ingestione non permette l’assorbimento dei
nutrienti.
AUMENTO DEL FABBISOGNO DI NUTRIENTI
Fisiologicamente parlando il fabbisogno di nutrienti potrebbe aumentare nel caso
dell’incremento dell’aumento dell’attività fisica mentre, patologicamente parlando la febbre
aumenta il metabolismo e le richieste di nutrienti come le crescite tumorali che portano i
soggetti a cachessia neoplastica.
OBIETTIVI DELL’ASSISTENZA
Assume un adeguato apporto Dimostra adeguate conoscenze;
dietetico; Raggiunge un livello di peso sano;
I CRITERI DI RISULTATO (si valuta se sono presenti in fase di valutazione):
Assunzione di una dieta ipercalorica 1800 kcal;
Il pz non perde peso durante la degenza;
PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI
Identificare i soggetti a rischio di malnutrizione attraverso l’uso di scale;
Calcolare il fabbisogno calorico della persona assistita e definire il tipo di dieta
necessaria tramite l’intervento del dietista (in media 35 kcal x Kg)
- Dispendio energetico basale BEE
- Grado di attività fisica
Dieta frazionata per chi presenta disfagia o inappetenza e stabilire la consistenza dei
cibi (es morbida, solida, semisolida, liquida…);
Se presente il rischio di malnutrizione o in caso di aumentato fabbisogno calorico
fornire una dieta ipocalorica o iperproteica;
Evitare digiuni inutili e prolungati;
Monitorare:
- Introiti di liquidi e cibo (suddivisione della portata in 4 parti e bilancio idrico)
- Peso del pz misurato periodicamente;
GESTIONE DI NAUSEA E VOMITO
- Rilevare segni e sintomi premonitori, se presenti, invitando la persona a
compiere respiri profondi durante la nausea. Fornire il materiale necessario
per affrontare la situazione (contenitore, teli o accompagnare al bagno se la
mobilità lo consente). Evitare di far compiere al pz movimenti bruschi,
comprimere le ferite chirurgiche.
- Posizionare correttamente in pz per evitare l’ab-ingestis e l’aspirazione
Persone coscienti: seduta o decubito laterale;
persone incoscienti: decubito laterale;
- Valutare e registrare le caratteristiche del vomito;
- Assistenza igienica e protettiva, aspirare il materiale residuo dalla bocca e
aspirare correttamente nella persona incosciente;
- Eventuale terapia antiemetica su P.M. (=prescrizione medica);
GESTIONE DELLA NUTRIZIONE INFERIORE
- Assistere la persona durante il pasto:
o Posizione: se possibile al tavolo o seduta a letto (se gradita),
o Igiene delle mani prima del pasto e igiene orale dopo il pasto,
o Soddisfare il bisogno di eliminare prima del pasto,
o Ausili personalizzati per promuovere autonomia,
11
- Adottare strategie volte a stimolare l’appetito e implementare l’apporto
calorico e proteico:
o Frazionare i pasti,
o Limitare l’assunzione di liquidi prima e durante i pasti,
o Fortificare i cibi (burro, mascarpone, miele…),
o Approfittare dei momenti in cui si esprime desiderio di mangiare,
o Favorire il riposo prima del pasto e la socializzazione durante il pasto se
desidera,
o Somministrare cibi graditi,
o Utilizzare integratori alimentari se indicati e secondo il fabbisogno,
A formulazione completa ipercalorici);
A formulazione specifica per i nutrienti (iperproteici);
A formulazione specifica per patologia (nefropatici, diabetici);
o Controllare dolore, nausea, vomito…
o Mantenere un ambiente confortevole (odore, igiene…),
IN DIFETTO
L IMC inferiore alla norma:
- IMC < 18.5 sottopeso;
- IMC < 16 cachessia (=stato di profondo deperimento generale);
L Perdita di peso evidenziata dalle misure della bilancia e dagli esami ematici in quanto
si evidenza una carenza proteica di prealbumina (emivita breve 3 gg, evidenzia
malnutrizione recente) e albumina (emivita di 20 gg, evidenzia malnutrizione in lungo
periodo) e transferrina;
L Carenza di anticorpi (conta linfocitaria), data dalla carenza proteica;
L Riduzione dell’introito di cibo dato anche da problemi primari es disfagia, dolore,
nausea…;
L Riduzione di energia, anche come conseguenza di altri problemi, accentuata
dall’igiene effettuata prima dei pasti o dalla fisioterapia;
L Riduzione dell’appetito data dallo stato d’animo del soggetto, es imbarazzo per essere
dipendente e dato dall’imboccatura (momento di relazione e non solo di intervento
infermieristico), fretta degli operatori percepita come una perdita di tempo
(strategie alternative anche per la prevenzione);
GESTIONE DEGLI INTERVENTI
Funzione intestinale:
Adeguata via enterale insufficiente Copertura dei fabbisogni:
- <1 mese SNG/SND
- >1 mese PEG/PEJ SI nutrizione enterale totale
Insufficiente via parenterale totale NO integrazione con parenterale
- <15 gg via periferica
- >15 gg via centrale
Somministrare formule enterali tramite sonda qualora il paziente non riesca ad
alimentarsi per os (via orale).
Nutrizione enterale NE – NET (totale):
- ATTRAVERSO SONDA SNG sondino nasogastrico, naso-duodenale e naso-
digiunale;
- ATTRAVERSO STOMIA PEG-PEJ gastrostomia endoscopica percutanea e
digiunostomia;
Somministrare soluzioni nutrizionali per via parenterale periferica o centrale.
Nutrizione parenterale NP – NPT:
- CVP catetere venoso periferico;
- CVC catetere venoso centrale;
12
IN ECCESSO 30% popolazione è in sovrappeso, 9% obeso
L IMC superiore alla norma:
- IMC tra 25 e 29.9 sovrappeso;
- IMC >30 obesità (3 classi: 30-34.9, 35-39.9, >60);
Possibili problematiche di salute possono essere:
Ipertensione, Ictus, Apnee notturne,
Diabete, Tumori, Incontinenza,
Colesterolo alto, Osteoartrite, Depressione,
Trigliceridi alto, Danni in gravidanza, Maggiore crescita di
Cardiovascolari, Mestruo abbondante, peli,
DI SOVRAPPESO
DEFINIZIONE: condizione in cui una persona accumula grasso anomalo o in eccesso in
relazione a valori standard per età e genere.
CARATTERISTICHE DEFINENTI:
- Adulto IMC > 25 Kg/m2
DI RISCHIO DI SOVRAPPESO
DEFINIZIONE: vulnerabilità ad un accumulo di grasso anomalo o in eccesso in relazione a
valori standard per età e genere che può compromettere la salute.
13
IPOTALAMO POSTERIORE CENTRO TERMOGENETICO (recettori termici cutanei) e
causa la produzione e conservazione di calore
- Vasocostrizione - > secrezione TSH,
- Orripilazione adrenalina e noradrenalina
- Raggomitolamento - > attività
- Brividi - Risposte comportamentali
- > metabolismo
FEBBRE O PIRESSIA
aumento TC che supera le normali variazioni giornaliere e si manifesta, insieme
all’aumento del SET POINT, in risposta alla presenza di sostanze PIROGENE (esogene es
batteri e virus, e endogene es citochine).
Quando l’ipotalamo percepisce la presenza di sostanze pirogene aumenta, mediante l’azione
delle prostaglandine, il valore soglia (set point) al fine di creare un ambiente sfavorevole
alla minaccia percepita.
Iperpiressia: TC > 40-41,5°C
14
FISIOPAOLOGIE DELLA FEBBRE
APPARATO CARDIOCIRCOLATORIO APPARATO RESPIRATORIO
- Aumento FC (8 bat/min ogni - Aumento FR
°C) - Polipnea (aumento FC)
- Aumento PA (fase di /dispnea
insorgenza CUTE
- Riduzione PA (fase - Brividi
defervescenza) - Sudorazione
SISTEMA NERVOSO APPARATO DIGERENTE E URINARIO
- Confusione mentale - Digestione lenta
- Alterazioni stato coscienza - Nausea
- Delirio - Stipsi
- Convulsioni - Contrazione diuresi
INTERVENTI ASSISTENZIALI
Garantire comfort alla persona
Educarla sul significato della febbre
Ridurre la temperatura e monitorarne l’andamento
Prevenire la disidratazione, gli squilibri idro-elettrolitici e/o altre complicanze
FASI DELLA FEBBRE
1° FASE INSORGENZA in cui il corpo lavora per raggiungere il nuovo set point
- Malessere generalizzato - Cute pallida e fredda
- Sensazione di freddo - Aumento attività muscolare
- Brivido, orripilazione - Accovacciamento
- Aumento metabolismo - Possibile aumento pressorio
INTERVENTI ASSISTENZIALI
Coprire il paziente con coperte o abiti extra
Garantire adeguata temperatura ambientale
Somministrare liquidi caldi
Ridurre la frequenza e l’intensità dello sforzo (soprattutto nei pazienti con problemi
cardio-vascolari
e respiratori)
2° FASE FEBBRILE in cui, raggiunto l’acme (apice), il corpo mantiene la sua temperatura
- Cessano i brividi e si avverte calore - Possibile alterazione della cognizione,
- Cute arrossata e calda crisi convulsive
- Senso di malessere, astenia, cefalea, - Aumento FC (8 batt/min) –FR
dolori muscolari, fotofobia (aumenta il metabolismo 10-13%)
- Sete (mucosa orale secca), disturbi
digestivi
INTERVENTI ASSISTENZIALI
Favorire la dispersione del calore
Rimuovere le coperte, far indossare indumenti leggeri
Favorire il raffreddamento attraverso la conduzione e l’evaporazione se TC >
39°C o pazienti a rischio
- Spugnature con acqua tiepida, coperte refrigeranti…
- Posizionare il ghiaccio a livello dei grandi vasi (inguine, ascella) e/o
Valutarne
applicare impacchi freddi in fronte
l’efficacia
- Aumentare la circolazione dell’aria
- Raffreddare la temperatura ambientale
Promuovere l’idratazione (aumento introito di liquidi) e monitorare il bilancio idrico
Favorire una frequente igiene orale
Se indicato somministrare farmaci antipiretici e riposo
Favorire una dieta ricca di carboidrati, proteine (facilmente digeribile)
15
3° FASE DEFERVESCENZA O DI CRISI in cui il set point ritorna a livelli più bassi in risposta
alla riduzione dei pirogeni o all’assunzione di antipiretici
- Senso di calore - Possibile riduzione PA
- Sudorazione profusa (calda)
INTERVENTI ASSISTENZIALI
Mantenere interventi della fase precedente
Garantire comfort alla persona:
- Cambiare frequentemente gli indumenti e le lenzuola
- Garantire l’igiene
- Far indossare abiti leggeri
Monitorare eventuale presenza di segni sintomi di disidratazione: mucose secche,
aumento del senso della sete, occhi infossati, oliguria, astenia, tachicardia,
ipotensione…
Rilevare
parametri vitali
IPERTERMIA NON FEBBRILE
Definizione: temperatura interna superiore al normale range diurno a causa di una
termoregolazione inefficace.
Caratteristiche definenti: arrossamento cutaneo, cute calda al tatto, tachicardia,
tachipnea, irritabilità, convulsioni, aumento TC>37°C.
Fattori correlati: abbigliamento inadeguato, farmaci/anestesia, attività vigorosa,
aumento del metabolismo, disidratazione, malattia, diminuita capacità di sudare,
esposizione ad ambiente caldo.
rialzo incontrollato della temperatura (>37,7 orale e 38,8 rettale) che eccede la capacità
del corpo di disperdere calore. Non è legata all’azione di pirogeni e non vi è l’innalzamento
del set point ipotalamico, per questo non risponde agli antipiretici.
FISIOPATOLOGIA DELL’IPERTERIA NON FEBBRILE
Eccesso di produzione di calore da parte del corpo (attività fisica intensa in ambienti caldi
e uso di stupefacenti…)
1°. Incapacità a livello del SN di disperdere il calore (anziani, lesioni ipotalamo, uso di
farmaci…)
2°. Presenza di ambienti molto caldi e/o con alti tassi di umidità
INTERVENTI ASSISTENZIALI
Favorire il raffreddamento attraverso l’evaporazione e la conduzione (non raffreddare
troppo rapidamente non abbassare la TC più di 0,2°C al minuto)
Se prescritto somministrare benzodiazepine (prevenzione delle convulsioni febbrili)
METODI DI RAFFREDDAMENTO ESTERNO
- Spogliare il paziente
- Ridurre la temperatura ambientale
- Effettuare bagni in acqua fresca
- Coperte di raffreddamento
- Uso di panni freschi sul viso e fronte
- Uso di ghiaccio su inguine e ascelle
METODI DI RAFFREDDAMENTO INTERNO
- Lavaggio gastrico con fisiologica fredda
- Lavaggio peritoneale con fisiologica fredda
- Somministrazione endovena di liquidi freddi
Non raffreddare troppo rapidamente: non abbassare la temperatura corporea più di
0,2°C al minuto
16
COLPO DI CALORE
si ha ritenzione di un’eccessiva quantità di calore corporea perché il meccanismo centrale
di termoregolazione interrompe la regolazione della sudorazione.
Eccessiva attività in ambienti molto caldi e/o molto umidi, può essere associato a turbe
cardiovascolari, alcolismo, obesità, età avanzata, precedenti stati febbrili.
SINTOMI:
o Cute calda o Sensorio
o Secca o Tachipnea
o Capogiri o Tachicardia
o Obnubilamento o Ipotensione
IPOTERMIA <35°C
INTERVENTI ASSISTENZIALI
fare attenzione ai pazienti a rischio (=anziani e neonati esposti a lungo al freddo,
sottoposti ad intervento chirurgico o con lesioni cerebrali)
monitorare le condizioni del paziente e ridurre la perdita di calore
favorire il riscaldamento del paziente con metodi:
- esterni coprire il paziente, modificare la temperatura ambientale e utilizzare
coperte termiche
- interni somministrazione di ossigeno preriscaldato a 40-45°C e umidificato
con infusione di soluzioni elettrolitiche calde
17
UD-4 MODELLO ATTIVITA’ ED ESERCIZIO FISICO
ESERCIZIO FISICO: energia necessaria per soddisfare altri bisogni. I problemi nel
soddisfare questi bisogni interferiscono con bisogni differenti.
- Grado di funzionalità e capacità motoria
- Grado di autonomia nelle attività quotidiane o cura di sé (ADL)
- Livello di energia e tolleranza all’attività
Accertamento del modello individuale: bisogna capire se il modello è funzionale
(esprime salute, potenzialmente disfunzionale oppure è completamente disfunzionale.
REGOLAZIONE DEL MOVIMENTO
L’attività motoria richiede la coordinazione fra:
Apparato scheletrico (sostegno-gradi di movimento)
Apparato muscolare (movimento-postura)
Sistema nervoso (regola movimento e postura-propriocezione-equilibrio)
Sistema cardio-vascolare e respiratorio (energia)
Sistema vestibolare (equilibrio)
FATTORI CHE INFLUENZANO IL MOVIMENTO:
Stile di vita e abitudini
Fattori legato allo stato di salute e malattia poiché ci sono situazioni cliniche che
possono determinare un danno:
- Al sistema muscolo-scheletrico e articolare
- Al sistema nervoso centrale
- Al sistema cardio-vascolare
Problemi congeniti
Presenza di malattie debilitanti
Presenza di sintomi o problemi che possono interferire con il movimento (dolore,
astenia, malnutrizione, obesità)
Atteggiamenti e valori
Apparecchi che limitano il movimento (gesso, trazioni, monitor, drenaggi…)
Disturbi psicologici (affettivi o stato emotivo (depressione, ansia)
Fattori sociali e ambientali (lavoro, socializzazione, barriere architettoniche)
18
Confinamento individuale
Disabilità nelle funzioni
Disabilità nel movimento
Disabilità sensoriali
ATTIVITA’ FISICA: qualsiasi forza esercitata dai muscoli scheletrici che aumenta il dispendio
energetico al di sopra del livello base (a riposo).
STATO FUNZIONALE: abilità di realizzare le attività quotidiane a fronte delle limitazioni
fisiche o mentali derivanti dalla malattia.
TOLLERANZA ALL’ATTIVITA’: è l’intensità o la durata di uno sforzo fisico che un individuo
riesce a sostenere.
INTOLLERANZA ALL’ATTIVITA’: condizione nella quale la persona non è in grado di
effettuare esercizio fisico ad un livello o per la durata attesa per una persona in quelle
condizioni fisiche (a causa di dolore, affaticamento o altri effetti negativi).
SEDENTARIETA’:
- Sedentari: 38.4%
- Attività sporadica: 31.2%
L’inattività fisica causa nel mondo annualmente 1.9 milioni di morti (OMS).
È responsabile del:
˃ Cancro mammella, colon, diabete: 10-16%
˃ Cardiopatia ischemica: 22%
Secondo una stima dell’OMS l’eliminazione della sedentarietà può portare alla riduzione:
Del 15-39% delle malattie cardio-vascolari
Del 33% degli ictus cerebrali
Del 22-33% del cancro del colon
Del 18% delle fratture ossee secondarie a osteoporosi
19
PROFILO LIPIDICO Aumento:
Aumento: - β-endorfine
- Colesterolo HDL - GH (ormone della crescita)
Diminuzione: - cortisolo
- Colesterolo totale Diminuzione:
- Trigliceridi - proteina C reattiva
- infiammazione
METABOLISMO GLUCIDICO: migliore
profilo lipidico EFFETTO ANTINEOPLASTICO
Aumento: Aumento:
- Sensibilità insulinica - Funzione immunologica
- Uptake di glucosio della cellula - Capacità di riparazione del DNA
muscolare - Azione sulla funzione ormonale
Diminuzione:
FUNZIONE ENDOTELIALE
- Glucogenesi epatica
Aumento:
- Emoglobina glicata
- Produzione di ossido nitrico
AZIONE SUL SISTEMA IMMUNITARIO E
EFFETTO OSTEOGENICO
ORMONALE
Aumento:
- Massa ossea
ATTIVITA’ ED ESERCIZIO
Percezione e gestione della salute: descrive come la persona percepisce il suo
stato di salute e le modalità in cui la gestisce. Include la gestione dei rischi per la
salute, abitudini e stili di vita che influenzano la salute, comportamenti, trattamenti
e prescrizioni, storia medica e sanitaria in genere.
Nutrizionale e metabolico: descrive come la persona assume il cibo e i liquidi in
termini di qualità e quantità, gli indicatori di fabbisogno metabolico dell’organismo.
Descrizione della cute, unghie, membrane, mucose, peso, altezza e TC.
Eliminazione: descrive i modelli della funzione escretoria (intestino, rene e cute)
compreso le abitudini della persona. Include i dispositivi impiegati per il controllo
delle escrezioni.
Sonno e riposo: descrivere i modelli di sonno e riposo nell’arco delle 24 h, inclusa
percezione della persona rispetto al livello di riposo/sonno energia, gli ausili e le
abitudini.
Cognitivo-percettivo: descrivere l’adeguatezza delle modalità sensoriali della
persona (sensi), i relativi disturbi e la presenza di protesi (es, percezione del dolore
e la sua gestione), abilità cognitive come il linguaggio, la memoria e l’assunzione di
decisioni.
INTERVISTA
˃ Modello di esercizio fisico dichiarato: tipo, frequenza…
˃ Abilità percepita nei movimenti a letto, fuori dal letto, per gli spostamenti…
˃ Difficoltà o limitazioni percepite nel movimento o cambiamenti
˃ Energia percepita per svolgere le attività necessarie/desiderate
˃ Presenza di sintomi che possono influenzare il movimento: dispnea, dolore,
stanchezza, cardiopalmo durante attività...
˃ Presenza di fattori che possono influenzare il movimento e/o il RISCHIO DI
CADUTA
20
OSSERVAZIONE-ESAME OBIETTIVO
GRADO DI FUNZIONALITA’ MOTORIA:
Abilità a muovere e utilizzare arti superiori e inferiori, le mani…
Valutazione della forza, massa e del tono muscolare (=facilità con cui un arto può
essere mosso passivamente, resistenza della massa muscolare alla compressione)
Capacità ad attuare movimenti finalizzati a svolgere le attività di vita quotidiana
Indice Kats
Scala Barthel Guardare da file inviato
Scala IADL – ADL
ALTERAZIONI MUSCOLARI:
Massa: volume/dimensione del muscolo
- Ipertrofia
- Ipotrofia
- Atrofia
POSIZIONE ERETTA:
- La schiena si presenta “dritta” rispetto - Le braccia sono lungo i fianchi con una
alla fisiologia vertebrale lieve flessione dei gomiti
- La testa è rivolta in avanti - Le mani sono posizionate a conchiglia
- Il mento è posizionato a 90° sul collo - Ginocchia lievemente flesse
- Le spalle sono lievemente addotte - Gambe lievemente divaricate
- Piedi diretti in avanti
21
POSIZIONE SEDUTA:
- La schiena si presenta “dritta” rispetto - Le mani sono posizionate a conchiglia
alla fisiologia vertebrale - Le cosce sono flesse a 90° sul tronco
- La testa è rivolta in avanti - Le gambe sono flesse a 90° sulla coscia
- Il mento è posizionato a 90° sul collo e lievemente divaricate
- Le spalle sono lievemente addotte - Piedi diretti in avanti
- Le braccia con lieve flessione dei gomiti
22
ABILITA’ DI CAMMINARE/ANDATURA E DEAMBULAZIONE:
o Regolarità e ciclicità
o Pendolarismo degli arti superiori in direzione controlaterale alle gambe
1. FASE DI APPOGGIO: Posiziono il tallone, poi la pianta del piede con le dita e do una
spinta
2. FASE DI OSCILLAZIONE: prima di ottenere una nuova fase di appoggio
ALTERAZIONI DELLA DEAMBULAZIONE:
ANDATURA ATASSICA: caratterizzata da vacillamenti e instabilità con tendenza a
cadere all’indietro di lato e con la base d’appoggio (piedi) allargata
ALTERAZIONE FALCIANTE O EMIPARETICA: una gamba non partecipa egualmente
alla camminata rispetto all’altra, viene trascinata e buttata in avanti con un
movimento ad arco verso l’esterno. Il piede è in flessione plantare
ANDATURA SPASTICA O STEPPANTE: la camminata diventa rigida e lenta; le cosce
sono vicine e tendono ad incrociarsi anteriormente ad ogni passo, le dita dei piedi
sembrano afferrare e trascinare qualcosa
ANDATURA ANSERINA O ONDEGGIANTE: caratterizzata da un’accentuata lordosi
lombare e protrusione dell’addome, a piedi larghi e distanti (a papera) con
inclinazione del bacino verso l’arto in movimento ad ogni passo Andatura falciante o
emiparetica
ANDATURA PARCHINSONIANA O FESTINANTE: a passo corto e strisciante con
riduzione dei movimenti pendolari degli arti superiori e il tronco e il capo flessi in
avanti. Caratterizzata da difficoltà della messa in modo e dell’arresto, nonché da una
progressiva accelerazione.
23
-DISTONIA: anomalia del tono muscolare caratterizzata da movimenti involontari con
contrazioni (spasmi) al termine del movimento.
ESCURSIONE ARTICOLARE FISIOLOGICA ROM (range of motion)
È il movimento possibile che un’articolazione può effettuare
ATTIVA: quando il soggetto assistito esegue l’escursione in autonomia.
PASSIVA: quando l’operatore valuta l’escursione articolare della persona assistita.
24
DOCUMENTAZIONE CLINICA RACCOLTA
Prescrizioni mediche (decubito obbligato a letto-immobilizzazione)
Patologie presenti e passate
Esami strumentali:
- Esami radiografici - Artroscopia
- Risonanza magnetica - Elettromiografia
Esami biochimici:
- Emoglobina: trasportando ossigeno ai muscoli si capisce il deficit da cosa
può essere causato
- Ematocrito
25
CAMBIO DI POSIZIONE: solitamente è stabilita ogni 2h ma può variare
o Chiedo al paziente se percepisce dolore o fastidi
o Controllo la cute
o Potremmo cambiare materasso nel caso il paziente non voglia spostarsi così spesso
(es materassi anti decubito)
bisogna mantenere il paziente con deficit motori in corretto allineamento posturale
Cambiare la posizione dell’articolazione della spalla ogni 2-4 h
In posizione di Flower (seduta 80-90°) utilizzando un cuscino sotto la testa
Sostenere la mano e il polso
In posizione supina e prona utilizzare un piccolo cuscino lombare
Utilizzare rulli trocanterici o altri presidi per prevenire l’extrarotazione dell’anca in
pazienti con deficit motori
Mantenere l’arto superiore in lieve abduzione sostenuto da cuscini con il gomito
lievemente flesso
AUSILI PER IL POSIZIONAMENTO
Taralli l’extrarotazione (es per tono flaccido
Cuscini per l’anca non spastico)
Archetto alzacoperte Letto articolato
Staffa/giraffa Transglide (come quello dei
Cuscino es per alzare la mano soccorritori)
(circolazione, mantiene la normale Sollevatore
fisiologia della mano) Telini alto scorrimento
Cassetta per il posizionamento
dell’arto inferiore per prevenire
26
CAUSE:
˃ Fisiopatologici (biologici o psichici) ˃ Situazionali (ambientali o personali)
˃ Trattamenti (farmaci, indagini ˃ Fasi maturative (età)
diagnostiche o terapeutiche)
FATTORI CORRELATI
o Alterazioni della funzione cognitiva o Obesità
o Barriere ambientali o Dolore
o Insufficienti coscienze delle strategie o Agenti farmacologici
di mobilità o Ansia/depressione
o Insufficiente forza muscolare o Malnutrizione
o Compromissione muscolo-scheletrica o Stile di vita sedentario
o Compromissione neuro-muscolare o Paura di cadere
27
Unità di misura: MET
(equivalente metabolico)
ossigeno consumato per le
funzioni basali dei vari
organi da un uomo a riposo
3,5 ml di ossigeno
*kg*min
28
FAVORIRE LA RIPRESA DELLA DEAMBULAZIONE garantendo una mobilitazione
progressiva:
o Rilevare PA e FC in posizione supina
Prevenzione
o Far assumere gradualmente la posizione seduta ipotensione ortostatica
o Far ciondolare le gambe fuori dal letto
o Rilevare PA e FC in posizione seduta/eretta
- Se la PA si riduce di 20 e 10 mm di Hg nei 3 minuti successivi
riposizionare il paziente a letto (IPOTENSIONE ORTOSTATICA)
- Monitorare la comparsa di segni/sintomi di alterazioni quali ipotensione,
diaforesi, pallore, vertigini e tachicardia
- Limitare il tempo di mobilizzazione fuori dal letto le prime volte a 15 minuti
secondo la tolleranza
- Passare gradualmente alla deambulazione con o senza ausili
- Verificare che gli ausili per la deambulazione siano usati correttamente
PROMUOVERE GLI ESERCIZI PER L’ESCURSIONE ARTICOLARE in collaborazione con
il fisioterapista. Il soggetto può svolgerlo in modo attivo (assistito o autonomo) dove
la persona esegue parte o tutto il movimento; in modo passivo invece sono fatti alla
persona dall’operatore o attraverso l’utilizzo di dispositivi meccanici. Gli esercizi
dovranno essere:
- Esercizi attivi o passivi almeno 3-4 volte al giorno
- Concordare l’orario
- Per gli esercizi passivi si utilizzano ausili quali:
- Kinetec: dispositivo meccanico per la mobilizzazione passiva dell’arto
inferiore
PREVEDERE UN PIANO DI MOBILIZZAZIONE PROGRESSIVA E RIPRESA DELLA
DEAMBULAZIONE GRADUALE
a. Variazione dei decubiti a letto
b. Posizione seduta
c. Deambulazione con o senza ausili
Bisogna prestare attenzione ai pazienti sottoposti a chirurgia d’anca, con deficit
motori o sensitivi, con fratture e a rischio di lesioni o ulcere da pressione.
Ipotensione ortostatica: abbassamento della pressione al cambiamento di posizione da
supino a eretto. Questo si risolve grazie ai barorecettori che rilevano le variazioni di
pressione e danno segnali per aumentare la frequenza cardiaca o la
vasodilatazione/vasocostrizione in modo che la distribuzione del sangue sia garantita in
modo corretto.
29
Intolleranza all’attività: energie fisiche o psichiche insufficienti per continuare o portare
a termine le attività quotidiane necessarie o desiderate.
CARATTERISTICHE:
Pressione arteriosa (PA) anormale in risposta all’attività
Frequenza cardiaca (FC) anormale in risposta all’attività (oltre 3-4 minuti)
Modificazioni ECG
Dispnea da sforzo
Malessere dopo uno sforzo
Debolezza generalizzata
FATTORI CORRELATI:
Squilibrio fra apporto e richiesta di ossigeno
Immobilità – allettamento
INTOLLERANZA ALL’ATTIVITA’
La persona dimostrerà l’aumento o il mantenimento della propria resistenza e tolleranza
all’attività fisica e/o ridurrà le pause durante l’attività. Inoltre riferirà una riduzione alla
sensazione soggettiva di affaticamento a riposo o/o durante l’attività.
Gli obiettivi generali dovranno essere personalizzati, specifici e misurabili. In questo caso
gli indicatori di risultato indica le risposte della persona riguardo agli obiettivi prefissati.
GESTIONE ASSISTENZIALE:
Bisogna condividere con il paziente e il caregiver le sue aspettative e il programma di attività
fisica personalizzata:
˃ Attività autonoma/assistita 3-5 volte/s giorni alterni
˃ Esercizi aerobici, per evitare sforzi eccessivi
˃ Pianificare le attività più impegnative alternandole con periodi di riposo
˃ Aumentare in maniera graduale l’attività fisica monitorando le risposte della persona
assistita (pre-post)
- Rilevare FC, FR e PA
- Saturazione ossigeno
- Dispnea (scala Borg)
- Comparsa di altri sintomi (dolore,
astenia…)
˃ Concordare strategie di risparmio
energetico
- Posizionare oggetti vicini
- Igiene da seduto
- Limitare l’attività un’ora dopo il pasto
˃ Educare la persona a riconoscere
precocemente i
segni/sintomi di intolleranza all’attività
anche attraverso
l’uso di strumenti ed indicatori oggettivi
(FC)
˃ Somministrare su prescrizione
l’ossigenoterapia ed
Educare il paziente al suo utilizzo a domicilio se indicato
˃ Favorire l’assunzione di alimenti ad alto valore energetico,
facilmente digeribili e frazionati
30
˃ Accompagnare e sostenere il paziente durante la deambulazione prevenendo il rischio
di caduta
RISCHIO DI CADUTE
Definizione: suscettibilità ad aumento della probabilità di cadute che potrebbero causare
danni fisici e compromettere la salute.
Strumenti di valutazione del rischio di caduta:
Scala di stratify
Scala di Conley
Test di tinetti
Fattori di rischio cadute:
Estrinseci
- Pericoli ambientali - Calzature non idonee
- Utilizzo di ausili per la - Assunzione di farmaci che
contenzione fisica influenzano lo stato di vigilanza,
- Utilizzo non corretto di ausili l’equilibrio e la pressione arteriosa
per la deambulazione - Uso di alcool e droghe
Intrinseci
- Storia di cadute precedenti - Alterazione dell’equilibrio e
- Età > 75 anni deambulazione instabile
- Nicturia (aumento urinazione - Problemi muscoloscheletrici
notturna) o incontinenza - Deficit visus e udito
urinaria - Deformazioni o patologia del piede
- Deterioramento dello stato - Paura di cadere
mentale con confusione e
disorientamento
31
DI: SINDROME DA IMMOBILIZZAZIONE
IMMOBILITA’: condizione caratterizzata da ridotta o assente capacitò di compiere
movimenti, ad insorgenza acuta o cronicamente progressiva, con conseguente complesso
di alterazioni multisistemiche…
Un muscolo a riposo perde dal 10-15% della forza a settimana creando nel soggetto
un’ipotonia, una riduzione della forza e della resistenza per la ridotta frequenza delle
contrazioni muscolari.
La condizione di inattività crea uno squilibrio tra anabolismo e catabolismo dei vari
tessuti (catabolismo + anabolismo -) e si ha una perdita della massa muscolare dopo
10 giorni.
Il liquido sinoviale determina un’eccessiva rigidità articolare (artralgia) contratture
L’osteoporosi da inattività o disuso può portare a fratture patologiche chiamate così
perché lo stimolo nocivo, che produce la frattura, in condizioni normali non sarebbe
in grado di determinarla
Più calcio nelle urine dando calcoli renali poiché il calcio viene eliminato in
quantità maggiori
32
CONSEGUENZE SUL SISTEMA CARDIO-CIRCOLATORIO
˃ Aumento del 30% del lavoro cardiaco: aumenta la frequenza cardiaca e si abbassa
la riserva cardiaca intolleranza all’attività
˃ Maggior utilizzo della manovra di Valsalva (quando dobbiamo scaricarci o
movimentarci a letto): conseguente affaticamento del cuore (possibili alterazioni del
ritmo)
˃ Ipotensione ortostatica sincope (svenimento)
˃ Stasi venosa: riduzione attività valvolare delle vene profonde, spostamento plasma
nello spazio interstiziale edema, ipovolemia (riduzione del volume del sangue),
aumenta la coagulabilità formazione di trombi (agglomerato di fibrina e piastrine
al quale si aggiungono eritrociti)
˃ Tromboembolismo venoso: ostruzione parziale o completa di una o più vene del
sistema venoso profondo, agglomerato di fibrina e piastrine al quale si aggiungono
eritrociti. 50-150 casi ogni 100 mila abitanti all’anno.
33
-Favorire la ripresa di una deambulazione precoce
-In presenza di allettamento somministrare eparina a basso peso molecolare
(EBPM) per via sottocutanea su prescrizione medica
Monitorare per rilevare la presenza di segni/sintomi di trombosi venosa: edema,
dolore, arrossamento dell’estremità colpita, calore… Il segno di Homans (flessione
dorsale forzata del piede) non è più considerato affidabile per la diagnosi di TVP e
non è raccomandabile per il rischio di distacco del trombo. Diagnosi della TVP:
ecocolordoppler.
34
CONSEGUENZE SULL’APPARATO GASTRO-INTESTINALE
˃ Riduzione dell’appetito, riduzione dell’assunzione di cibo e bevande. Conseguenze:
- Ipoproteinemia - bilancio azotato negativo - debilitazione
- Disidratazione - secrezioni bronchiali dense - emoconcentrazione – stipsi
˃ Riduzione della motilità gastro-intestinale:
- Meteorismo - crampi - tensione addominale - riduzione espansione polmonare
- Stipsi - fecalomi - tensione addominale - riduzione espansione polmonare
PREVENZIONE favorire il regime dietetico ipercalorico e iperproteico e stimolare
l’appetito.
Monitorare il cibo assunto e il peso
Dieta frazionata: piccoli pasti e frequenti
Limitare l’assunzione di liquidi durante il pasto
“Fortificare i cibi” con integratori naturali: latte intero, panna, mascarpone, gelato,
miele, grana…
Supplementare l’apporto con integratori alimentari
Rispetto delle abitudini personali (gusti, preferenze, credenze…)
Favorire il riposo prima del pasto
Favorire la socialità se utile
Flessibilità di orari
Mantenere il modello abituale di eliminazione intestinale.
Monitorare le scariche
Rispettare/correggere le abitudini personali scorrette
Facilitare l’utilizzo della comoda e del bagno rispetto alla padella
Mantenere la posizione fisiologica
Garantire il comfort e la riservatezza
Attuare interventi per favorire l’eliminazione intestinale e prevenire la stipsi
- Assunzione di liquidi
- Dieta ricca di fibre e liquidi
- Movimento
- Educazione a non ritardare lo stimolo
35
Ergoterapia: coinvolgere le persone in alcune attività riguardanti l’unità operativa
(preparare le garze, rifare il letto…)
Creare condizioni ambientali che favoriscono il riposo di notte
36
CURA DI SE’ capacità di svolgere autonomamente le attività di vita quotidiana
Lavarsi Alimentarsi
Vestirsi Usare il gabinetto
CAUSE:
˃ Incapacità abilità
˃ Dimenticanza cognizione
˃ Trascuratezza volontà
ACCERTAMENTO:
Indagare le abitudini, le preferenze e i modelli culturali della persona rispetto alla cura del
corpo e dell’aspetto e il significato attribuito dalla persona alla cura del corpo e del proprio
aspetto.
Indagare la capacità di esprimere i bisogni di lavarsi, vestirsi, andare in bagno, assumere
alimenti.
Valutare la presenza di fattori che espongono il paziente a rischio di alterazione della cura
di sé (dolore, affaticamento, difficoltà motorie o immobilità, confusione mentale, riduzione
vista, incontinenza urinaria o fecale, fattori
socio-economici, depressione…).
Definire il livello di autonomia nelle ADL e il grado
di energia percepito tramite la scala funzionale sul
grado di dipendenza o la scala di KATS ADL
(attività di vita quotidiana):
- Paziente autonomo?
- Richiede supporto di ausili?
- Necessita di supervisione o
minimo aiuto?
- Necessita di istruzione o
educazione?
- Necessità di sostituire
parzialmente o totalmente il
paziente?
Valutare la capacità e la volontà della persona di attuare la cura e l’igiene personale del
corpo:
L Capacità di spogliarsi
L Capacità di raggiungere l’acqua
L Capacità di percepire la temperatura dell’acqua ed ottenere una miscelazione
L Capacità di predisporre il materiale necessario (acqua, sapone, asciugamani…)
L Capacità di lavarsi ogni parte del corpo e di provvedere all’igiene orale e dei capelli
Valutare la capacità e la volontà della persona di curare il proprio aspetto, vestirsi e
cambiarsi:
L Capacità di pettinarsi, radersi,
L Capacità di tagliare e curare le unghie
L Capacità di usare prodotti cosmetici
L Capacità di mettersi e togliersi i vestiti
L Capacità di procurarsi i vestiti e/o di scegliere gli indumenti adatti al clima ed alla
situazione
Valutare la capacità e la volontà della persona di provvedere all’uso del gabinetto
(eliminazione):
L Capacità di raggiungere e andare il bagno
L Capacità di abbassare i pantaloni e di sedersi e alzarsi dal gabinetto
L Capacità di pulirsi e tirare lo sciacquone
37
L Capacità di provvedere all’igiene intima e delle mani
L Capacità di mettere/togliere pannoloni e/o altri ausili
Valutare la capacità e la volontà della persona di assumere gli alimenti (alimentazione):
L Capacità di procurarsi il cibo
L Capacità di cucinare gli alimenti
L Capacità di tagliare e sminuzzare gli alimenti
L Capacità di portare il cibo alla bocca
Valutare la presenza di fattori che possono influenzare la cura di sé:
Fattori che aumentano il bisogno di cura di sé della persona
Fattori che possono ridurre la volontà o la capacità di decidere
Fattori che compromettono la capacità motoria o funzionale
Fattori ambientali
Fattori che richiedono cure specifiche della cute o del cavo orale
CONDIZIONI PATOLOGICHE CUTANEE
Dermatite da pannolone e incontinenza
Micosi cutanee
Dermatosi parassitarie (pidocchi, scabbia…)
Verruca vulgaris
Psoriasi
Alopecia
Eritema
Pallore
Ittero
Vitiligine Colore della pelle
Albinismo
Macule: petecchie, ecchimosi, ematomi
Cianosi
VALUTAZIONE DELL’ASPETTO CUTANEO:
o elasticità e spessore o temperatura
- tensione ridotta - calda
- tensione eccessiva - fredda
o odore
- eccessivamente acre
Struttura e integrità:
- Pomfo: rilevanza tondeggiante di varia - Squama: lamina di cellule epiteliali
forma e grandezza che compare e dello strato corneo sfaldate, tipica di
scompare velocemente. Impallidisce cute disidratata o di patologie cutanee.
alla digitopressione. - Edema
- Papula: lesione cutanea elevata, - Cicatrice: porzione di tessuto fibroso
solida, piccola (meno di 1 cm di non vascolarizzato, pallido, retratto e
diametro), superficiale, interessa solo il duro che si osserva durante la fase
derma e l’epidermide. iniziale della riparazione tissutale.
- Vescicola, bolla o flittene: piccola - Abrasione/erosione/escoriazione:
lesione cutanea elevata con pareti perdita di continuità dell’epidermide,
sottili contenente un liquido secondaria alla rottura di una vescicola,
trasparente. con esposizione del derma.
- Nodulo: elemento solido, circoscritto, - Ulcerazione: soluzione di continuo
prominente, di dimensioni variabili. della cute che può cronicizzare ed avere
varie origini e differente stadiazione.
38
- Ragade: lesioni di forma lineare della - Cunicolo
pelle e delle mucose che si presentano - Gangrena: necrosi tissutale
come piccoli tagli o lacerazioni. conseguente ad anossia
o Eritema
o Pallore + condizioni dei capelli
o Ittero + condizione delle unghie
o Vitiligine (macchie bianche) + condizione delle mucose
o Albinismo + condizioni della zona perineale
o Macule:
petecchie
ecchimosi
ematomi
o Cianosi
CONDIZIONI PATOLOGICHE DEL CAVO ORALE
Denti Alito
- Numero e condizioni - Alitosi
(adentulia, carie…)
Lingua
- Protesi fissa o mobile
- Colore
Gengive - Umidità
- Gengivite - Erosioni
- Malattia paradontale - Patinosa
- Sanguinamento
Segni di infiammazione stomatiti o mucositi (candilosi orale)
Ulcerazione/i labbra cheilite angolare, afte, lesioni erpetiche (vescicole che
evolvono in crosta causate dal virus Herpes Simplex), scialorrea o xerostomia
Candidosi orale
ACCERTAMENTO DI MANI E PIEDI
o Callosità
o Unghia incarnita
o Unghie a corno d’ariete onicogrifosi
o Paronichia (girodito)
Accertamento della PRESENZA DI DISPOSITIVI:
Catetere vescicale
Pannolone
Sondino naso-gastrico
Drenaggi percutanei
39
Compromessa capacità di VESTIZIONE:
Scegliere i vestiti
Vestire la parte superiore/inferiore del corpo
Allacciare gli indumenti…etc.
Compromessa capacità di ALIMENTAZIONE:
procurarsi il materiale per il pasto,
di aprire i contenitori, usare le posate o portare il cibo alla bocca…
Compromessa capacità di USO GABINETTO:
raggiungere il gabinetto
di abbassarsi i pantaloni
svolgere pratiche igieniche appropriate
FATTORI CORRELATI AL DEFICIT DELLA CURA DI SÉ
˃ Astenia
˃ Barriere ambientali
˃ Diminuzione della motivazione
˃ Dolore
˃ Malessere
˃ Alterazioni delle funzioni cognitive
˃ Disturbi percettivi
˃ Compromissione neuromuscolare
˃ Compromissione muscolo-scheletrica, dolore e facile affaticabilità
Garantire la sicurezza
o Verificare il comfort della persona e dell’ambiente:
- Considerare le preferenze della persona
- Preferire la stanza del bagno se il paziente non è allettato
40
- Temperatura ambientale 20-23° evitando correnti d’aria
- Rispettare lo spazio e l’intimità della persona
o Rispettare i principi scientifici nell’applicazione delle tecniche relative all’igiene
evitando la traslocazione batterica cutanea (dalla zona più pulita a quella più
sporca, lavare dal pube al coccige, dall’interno verso l’esterno e dall’alto verso
il basso)
o Istruire la persona all’utilizzo di prodotti non aggressivi per la detersione in
grado di rispettare il pH cutaneo (4-5) e il NMF (fattore naturale di idratazione)
utilizzando:
- Detergenti sintetici syndet (pH acido 3,5-5,5) per l’igiene intima e del
corpo
- Sapone tradizionale (con pH alcalino 9-11)
- Creme pasta barriera, con ossido di zinco, che isolano l’epidermide
dall’aggressione chimico-fisica e dalla contaminazione ambientale
41
ABBIGLIAMENTO
Preferire abiti:
Comodi, elastici, pratici da indossare
Facili da infilare, sfilare
Facili da aprire/chiudere
Tessuti lisci e naturali
Calzature con chiusura in velcro con suola antiscivolo
Utilizzare la camicia ospedaliera solo quando necessario
Nella difficoltà a provvedere all’uso del gabinetto:
Posizionare campanello a portata di mano
Stabilire l’uso del gabinetto ad orari predefiniti
Utilizzare la padella, il pappagallo, il pannolone solo se necessari
Selezionare e insegnare l’uso di ausili adattivi
Adattare ambiente
Nella difficoltà all’assunzione del cibo:
Fornire interventi di supporto o sostituzione (taglio alimenti, imboccare…)
DI RISCHIO DI INTEGRITA’ DELLA MUCOSA ORALE COMPROMESSA
Definizione: suscettibilità ad una lesione delle labbra, dei tessuti molli, del cavo orale e
dell’orofaringe che può compromettere la salute.
lesione delle labbra, dei tessuti molli, del cavo orale e/o dell’orofaringe
CARATTERISTICHE DEFINENTI:
Lesioni o ulcere del cavo orale Iperemia
Cattivo sapore in bocca Edema del cavo orale
Sanguinamento Placche
Lingua patinata Xherostomia
Iperplasia delle gengive Papule del cavo orale
Alitosi
FATTORI DI RISCHIO:
˃ Agenti chimici lesivi ˃ Disidratazione
˃ Barriere alle cure dentali ˃ Respirazione con la bocca
˃ Barriere all’autocura ˃ Salivazione diminuita
˃ Nutrizione inadeguata ˃ Depressione
˃ Insufficienti conoscenze ˃ Condizioni patologiche
˃ Fattori di stress
42
PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI bisogna individuare le popolazioni vulnerabili:
o Anziani (effetti invecchiamento, protesi…)
o allettati,
o dementi,
o con malattia mentale,
o ricoverati in UTI,
o sottoposti a chemioterapie, radioterapia
o in ossigenoterapia, esposti a secchezza e riduzione salivare
Valutare il rischio e la necessità di igiene anche attraverso l’uso di scale (OAG), garantire
una frequenza di igiene ottimale:
˃ Almeno 3 volte al giorno dopo i pasti
˃ Ogni 2-4 ore nei pazienti incoscienti o intubati (PREVENZIONE VAP =polmonite
associate alla ventilazione)
Selezionare i prodotti da utilizzare:
Spazzolino manuale
Spazzolino elettrico
Spazzolino con aspirazione
Filo interdentale
Scovolino
Tampone di schiuma
Dentifrici
QUALITA’
ULCERE DA PRESSIONE DELL’ASSISTENZA
È definita ULCERA DA PRESSIONE (o da decubito) O LESIONE DA PRESSIONE LDP una
lesione tissutale, evolutiva di tipo ischemico-necroticoche interessa l’epidermide, il derma,
il sottocute e, nei casi più gravi i tendini, i muscoli e le ossa.
È causata dalla prolungata compressione dall’azione di forze di stiramento che
compromettono la distribuzione ed il riassorbimento del sangue nei tessuti (stress
meccanico ai tessuti e la strozzatura dei vasi sanguigni).
EPIDEMIOLOGIA
Aumento del problema in relazione all’invecchiamento della popolazione. La variabilità di
incidenza è di:
o 0.4-38% in strutture per acuti,
o 2.3-28% in strutture per lungodegenti,
o 0-29% in ambito domiciliare,
FATTORI EZIOLOGICI PRIMARI
Intensità e durata della pressione
Immobilità
Forze di stiramento
L’associazione con altri fattori di rischio determina un maggior rischio senza la presenza di
uno di questi fattori non si può parlare di ulcere da pressione.
FISIOPATOLOGIA DELLA PRESSIONE
Il peso corporeo esercita una compressione fra i tessuti interposti (hanno una diversa
tolleranza allo stress pressorio, il danno inizia a livello muscolare) fra un piano di appoggio
e prominenze ossee generando un cono di pressione la cui base corrisponde alla superficie
ossea.
Se la compressione esercita una pressione superiore alla pressione ematica all’interno del
distretto arteriolo-capillare (POC) riduce o interrompe il flusso ematico nel cono di pressione
POC da 26 a 95 (media > 32) mm Hg in relazione al tempo, stato dei tessuti e peso.
A parità di peso, minore è la superficie di appoggio, maggiore è lo scarico della pressione.
43
SOGLIA PRESSIONE-TEMPO
Tempo massimo di tolleranza di un tessuto all’ischemia, causata da uno stress pressorio in
grado di interrompere il circolo ematico, oltre il quale le zone ischemiche del tessuto vanno
incontro a necrosi. È condizionata dalla diversa tolleranza dei tessuti all’arresto del flusso.
Su materassi semplici il tempo massimo è di 2 ore prima che le cellule muscolari inizino ad
accusare delle lezioni (soglia muscolare < soglia sottocute < soglia cutanea).
< 2 ore in relazione ai fattori di rischio presenti
> 2 ore in presenza di materassi antidecubito
Il flusso diminuisce man mano che lo stress pressorio aumenta fino a circa 10 mm Hg,
dopodiché, aumentando fino a 30 mm Hg tende a rimanere costante per effetto della
vasodilatazione. Con un ulteriore aumento dello stress pressorio il flusso riprende a
diminuire.
I tessuti compressi tollerano meglio alte pressioni per brevi periodi rispetto a pressioni
minori ma prolungate nel tempo.
Alte pressioni X tempo breve minore danno Vasodilatazione rossore, gonfiore
Basse pressioni X tempo lungo maggiore danno
44
Un’azione o una sollecitazione derivante dall’applicazione di una forza che determina o
tende a determinare la deformazione di due parti interne contigue di un corpo, sul piano
trasversale (sollecitazione di taglio). È la forza per unità d’area applicata parallelamente al
piano interessato.
Anche solo con la pressione si determinano forze di stiramento ma soprattutto favorite dalla
frizione (sfregamento tra due corpo persona-letto). La deformazione dei tessuti abbassa la
soglia delle pressioni medie all’interno del microcircolo, rendendolo più vulnerabile anche
nei confronti di basse pressioni di contatto.
La lesione si manifesta in
tutta la sua gravità solo
alla rottura della cute
TOLLERANZA DEI TESSUTI DURATA DELLA PRESSIONE
- Tessuto muscolare più sensibile - soglia pressione-tempo su piano
alla mancanza di O2 standard (muscolare): 2 ore
- Stato dei tessuti
FATTORI DI RISCHIO
ESTRINSECI:
Pressione, frizione e sfregamento
Asportazione degli strati superficiali (epidermide + forze di stiramento)
Assistenza non ottimale: carenze organizzative, di personale, inadeguata
preparazione del personale
Tipologia del piano d’appoggio: pieghe, corpi estranei, tipo di materasso
Uso di presidi: contenzioni, maschere ossigeno, tutori…
Igiene e macerazione dei tessuti: prodotti utilizzati, grado di pulizia
(infezione), incontinenza, umidità, temperatura, sudorazione (macerazione)
Uso di farmaci e radioterapie: sedativi, anticoagulanti, antinfiammatori-
steroidi, immunodepressori, chemio/radioterapici
INTRINSECI:
Immobilità
- allettamento
Età avanzata (> 70 anni)
- Riduzione del tessuto adiposo - Rallentamento della guarigione delle
- Diminuzione percezione del ferite
dolore - Riduzione del microcircolo
- Ridotta risposta immunitaria - Riduzione della sensibilità ed elasticità
- Riduzione attività proliferativa della cute
dell’epidermide
Patologie neurologiche
- Mobilità e sensibilità
Patologie muscolari e osteo-articolari
- Mobilità e sensibilità
Malnutrizione
- Scarsa idratazione dei tessuti e deficit proteico (albumina < 3g/Dl)
- Riduzione della risposta immunitaria
- Rischio di infezione
- Ritardo nella cicatrizzazione
45
Alterazioni metaboliche/emodinamiche (ipoperfusione)
- Diabete mellito - Ipossiemia
- Obesità Vasculopatie
- Neoplasie Presenza di stasi
- Stati febbrili Anemizzazione
- Alcolismo Vasocostrizione protratta
- Ipercapnia Ipotensione arteriosa
Stato dei tessuti
- Zone cicatriziali - Disidratazione
- Ematomi - Edemi
CLASSIFICAZIONE
NPUAP: national pressure ulcer advisory panel
EPUAP: European pressure ulcer advisory panel
46
3) PERDITA COMPLETA DELLO STRATO CUTANEO
È presente un danno del tessuto sottocutaneo, il grasso sottocutaneo può essere
visibile ma senza coinvolgere il tendine o muscoli o osso. Il tessuto devitalizzato è
presente ma non oscura la profondità della perdita di tessuto. È’ possibile la
tunnelizzazione o sottominatura dei tessuti adiacenti.
La profondità di un’ulcera varia dalla localizzazione anatomica.
47
PREVENZIONE giudizio clinico
INDIVIDUARE I SOGGETTI A RISCHIO e i fattori di rischio
VALUTARE E QUANTIFICARE IL RISCHIO tramite le scale di valutazione del rischio
Fare una valutazione dei rischi presenti attraverso un approccio strutturato:
1. Entro 8 ore dal ricovero della persona assistita ed ogni volta che
insorgono cambiamenti nelle sue condizioni di salute
2. Considerare la valutazione dell’attività/mobilità, lo stato della cute e la
presenza di altri fattori di rischio (perfusione, ossigenazione, umidità,
nutrizione temperatura corporea…)
Utilizzare le scale di valutazione standardizzate e validate associate al giudizio
clinico dell’infermiere. In questo caso la SCALA DI NORTON (condizioni cliniche
generali, stato mentale, attività o deambulazione, mobilità o mobilizzazione,
incontinenza).
Un programma di prevenzione basato sull’accertamento del rischio può ridurre
l’incidenza di ulcere del 60%.
Valutare il rischio delle persone sottoposte ad intervento chirurgico (durata >
2 ore, possibile ipotensione, posizionamento)
INTERVENTI DI PREVENZIONE per i pazienti identificati a rischio
Possono essere a LIVELLO GENERALE (alimentazione, metabolismo, funzionalità muscolo-
scheletrica, supporto psicologico, educazione alla salute) o LOCALE.
INTERVENTI A LIVELLO LOCALE:
RIDURRE LA PRESSIONE, FRIZIONE E LE FORZE DI STIRAMENTO
Adottare un programma di cambio di posizione personalizzato considerando la
tolleranza dei tessuti, il livello di attività e mobilità, le condizioni mediche generali, gli
obiettivi del trattamento, le condizioni della cute e il comfort (30 min – 2 ore massimo
in assenza di presidi)
- Decubito supino - Decubito laterale
- Posizione di flower - Talloni rialzati
- Decubito prono
ADOTTARE UN PIANO DI RIPOSIZIONAMENTO:
- Eviti la frizione e le forze di stiramento
- Eviti il posizionamento della persona direttamente sopra sistemi di drenaggio o
fattori esterni che incrementano la pressione (pieghe letto)
- Mantenga l’allineamento posturale
- Eviti il posizionamento diretto su prominenze ossee per lunghi periodi
- Allevi completamente la pressione sul tallone (evitando pressione sul tendine
d’Achille)
- Eviti il posizionamento su una zona di eritema, se possibile
Mantenere la testata del letto alla minima inclinazione (30°). Alternare ogni 15 minuti
la posizione delle persone costrette a stare sedute, addestrarle a spostare il peso
favorendo riposizionamenti frequenti.
Utilizzare dispositivi, presidi e supporti per il posizionamento (sollevatori, teli,
trasglide…).
Controllare la cute sotto e intorno ai dispositivi medici almeno due volte al giorno
(utilizzare presidi in materiale biocompatibile).
Utilizzare superfici e dispositivi antidecubito come sovramaterassi, sistemi letto,
cuscini, talloniere, gomitiere. Una superficie di supporto è un dispositivo specializzato
per la ridistribuzione della pressione, progettato per gestione del carico dei tessuti, del
microclima e/o altre funzioni terapeutiche.
SUPERFICI ANTIDECUBITO: atte a ridurre o scaricare la pressione di contatto
esercitata dal corpo su di una superficie. Sono utilizzate a scopo preventivo, curativo e
palliativo ma il numero di strati di lenzuola e traverse presenti fra il soggetto e il
48
materasso antidecubito ne riduce l’efficacia e bisogna evitare l’effetto “amaca” quindi
non rimboccare le lenzuola.
Nessuna di queste superfici elimina in modo completo gli effetti della pressione, per
cui NON SOSTITUISCONO I CAMBI DI POSTURA ma permette di ridurne la frequenza.
- SUPERFICIE DI SUPPORTO REATTIVA (STATICA): una superficie di supporto,
alimentata o non alimentata a energia elettrica, avente la capacità di modificare
le proprie proprietà di distribuzione del carico soltanto in risposta all’applicazione
di un carico.
Scaricano le pressioni di contatto su una zona più ampia grazie alla propria forma
e composizione. La ridistribuzione delle pressioni.
È dipendente dalla presenza e movimento del paziente, infatti è adatta per i
pazienti a basso rischio con mobilità ridotta che possono essere mobilizzati.
49
Controllare, contenere o correggere l’umidità o la secchezza cutanea:
- Evitare prolungato contatto con liquidi biologici (per umidità e alterazione pH)
- Minimizzare l’esposizione cutanea all’umidità
•Incontinenza
•Sudorazione
•Secrezioni di ferite
- Mantenere l’idratazione della cute
•Condizioni ambientali (scarsa umidità o esposizione al freddo)
•Applicare creme o soluzioni idratanti (olio a base di olio di mandorle,
lantoina, albumina di latte)
Proteggere la cute dall’eccessiva esposizione all’umidità con un prodotto barriera
(crema non idratante)
Valutare l’opportunità di applicare una medicazione in film o schiuma poliuretanica
sulle prominenze ossee a scopo preventivo.
Assistenza ottimale (basata su prove di efficacia)
Gestione dei presidi
ALTRI INTERVENTI:
Gestione delle risorse umane, materiali, operative
Sostegno del trofismo e del tono muscolare, della funzionalità articolare, tendinea
(FKT Attiva e Passiva)
Riconoscere le reazioni del paziente dei familiari. Creare un rapporto di fiducia
Educare i soggetti a rischio, i parenti e gli addetti all’assistenza (tirocinanti, figure
di supporto…)
50
SCALE DI VALUTAZIONE
SCALA DI NORTON
CONDIZIONI STATO
GENERALI MENTALE ATTIVITA’ MOBILIZZAZIONE INCONTINENZA
CAMMINA
3 MEDIOCRI APATICO CON AIUTO RIDOTTA SALTUARIA
PUNTEGGIO:
> 14 basso rischio
10-14 medio rischio
= 0, < 10 alto rischio
SCALA BRADEN
1 2 3 4
UMIDITA’
CUTANEA COSTANTE MOLTO A VOLTE RARAMENTE
CAMMINA CAMMINA
ATTIVITA’ A LETTO IN POLTRONA OCCASIONALMENTE FREQUENTEMENTE
MOLTO
NUTRIZIONE SCARSA INADEGUATA ADEGUATA OTTIMA
PUNTEGGIO:
< = 10 rischio altissimo
11-15 rischio alto
16-20 rischio medio
> 20 rischio basso
VALIDITA’ DELLE SCALE DI VALUTAZIONE
SENSIBILITA’: capacità della scala di identificare fra le persone classificate a rischio
quelle realmente a rischio
- NORTON: 73-92%
- BRADEN: 83-100%
51
SPECIFICITA’: capacità della scala di identificare fra le persone classificate a non
rischio quelle realmente a non rischio
- NORTON: 61-94%
- BRADEN: 64-77%
DI INTEGRITA’ CUTANEA COMPROMESSA alterazione dell’epidermide o del derma.
DI INTEGRITA’ TISSUTALE COMPROMESSA
DEFINIZIONE: danno della mucosa, cornea, sistema tegumentario, fascia muscolare,
muscoli, tendini, ossa, cartilagini, capsule articolari o legamenti.
PROCESSO DI GUARIGIONE
1°. FASE INFIAMMATORIA (0-4 GIORNI)
Attivazione del processo coagulativo il quale origina una matrice di fibrina ovvero un
telaio per la riparazione cellulare.
Reazione infiammatoria che crea condizioni positive per lo sviluppo della flogosi,
l’attivazione dei neutrofili e macrofagi e la sintesi di collagene.
2°. FASE PROLIFERATIVA (3-21 GIORNI)
Comparsa di nuovi vasi sanguigni.
Utilizzo del collagene per la granulazione e la riepitelizzazione.
3°. FASE DI RIMODELLAMENTO (21 GIORNI – 2 ANNI)
TRATTAMENTO LDP
OBIETTIVO favorire il processo di guarigione ed evitare le complicanze che possono
manifestarsi a livello locale e sistemico.
LIVELLO LOCALE rimuovere i fattori eziologici ed intervenire sulla lesione e sui fattori di
rischio locali.
LIVELLO GENERALE intervenire sui fattori di rischio a livello generale e supportare
l’organismo per facilitare la guarigione.
Valutazione e documentazione della lesione presente (necrotica, infetta, flittene,
detersa)
- Stadiazione EPUAP;
- Caratteristiche fisiche: localizzazione, dimensioni, tipo di tessuto, quantità,
colore, consistenza, odore essudato, stato cute perilesionale…
Rivedere ed intensificare il piano di prevenzione
- Preparazione del letto della ferita;
- Detersione della lesione;
- Gestione della necrosi;
- Gestione delle complicanze;
- Scelta della medicazione;
Ambiente favorevole alla guarigione
- Umidità fisiologica;
- Assenza di processi infiammatori prolungati e/o infettivi;
- Fondo deterso privo di tessuto necrotico;
- Mantenimento della temperatura corporea nella norma;
- Assenza di margini sottominati;
PREPARAZIONE DEL LETTO DELLA FERITA
Gestione globale e coordinata della lesione tra accelerare i processi endogeni di guarigione
e promuovere l’adozione di misure terapeutiche efficaci.
TESSUTO le cellule non vitali impediscono la guarigione.
INFEZIONE O INFIAMMAZIONE provoca un incremento delle citochine infiammatorie e
dell’attività proteasica con riduzione dell’attività dei fattori di crescita.
52
SQUILIBRIO IDRICO la disidratazione cutanea rallenta la migrazione delle cellule
epiteliali, un eccesso di liquidi provoca macerazione dei margini della ferita.
MARGINI DELL’EPIDERMIDE i cheratinociti che non migrano e le cellule della ferita che
non rispondono agli stimoli impediscono la rimarginazione dei tessuti.
DETERSIONE DELLA LESIONE
Si effettua ad ogni cambio della medicazione, bisogna irrigare con soluzione fisiologica (no
antisettici frequentemente) a temperatura ambiente o corporea ed utilizzando una
pressione di irrigazione non traumatica (siringa da 20-35 ml con ago 19 o 20 Gauge).
SBRIGLIAMENTO/DEBRIDMENT rimozione del tessuto necrotico
SI RIMUOVE SEMPRE TRANNE IN PRESENZA DI ESCARA DEL CALCAGNO (lesione secca
nera) LA NECROSI NON VA RIMOSSA IN ASSENZA DI EDEMI, ERITEMA O SEGNI DI
INFEZIONE. Il tallone ha una ridotta superficie di contatto ed una scarsa quantità di tessuto
sottocutaneo per cui si rischia d mettere a nudo il periostio del calcagno con pericolo di
osteomielite. Se l’escara rimane ben secca può essere lasciata in sede e coperta da garze.
Bisogna applicare la protezione della cute circostante con prodotti ad effetto barriera per
ammorbidire i margini della lezione.
Il tessuto necrotico diventa ricettacolo d’infezione che prolunga la risposta infiammatoria e
ostacola la riepitelizzazione. La scelta del tipo di debridment dipende dalle condizioni della
persona e dagli obbiettivi dell’assistenza:
˃ D. MECCANICO (chirurgico) o TOILETTE CHIRURGICA
Bisogna scegliere la medicazione in base al materiale posto a diretto contatto con la
ferita (primaria) che può aver bisogno di un fissaggio (secondaria).
- Mantenere un ambiente umido,
- Controllare l’essudato,
- Mantenere asciutta la cute circostante,
- Garantire l’isolamento termico e una temperatura stabile della ferita,
- Proteggere dalla contaminazione esterna,
- Non causare trauma sul letto della ferita alla rimozione,
- Dovrebbero essere lasciate in sede il maggior tempo possibile.
Medicazioni avanzate: film semipermeabili in poliuretano, idrocolloidi e schiume in
poliuretano.
Capacità assorbente medio-bassa,
Mantengono un microambiente umido,
Permettono il passaggio di ossigeno ma non di liquidi e batteri
Bisogna fare attenzione nelle ferite infette per il rischio di sviluppo di infezioni
anaerobie.
Medicazioni favorenti la granulazione: alginati, collageni e idrogel.
Mantengono un microambiente umido,
Non assicurano stabilità termica.
Medicazioni favorenti lo sbrigliamento: enzimi proteolitici.
Preparazioni enzimatiche causano la degradazione del tessuto necrotico attraverso
la digestione o la dissoluzione.
˃ D. ENZIMATICO (chimico) con farmaci proteolitici come la fibrolisina o collagenasi
Si esplica attraverso l’impiego di composti costituiti principalmente da collagenasi o
proteasi in grado di digerire in modo selettivo il collagene nativo e denaturato.
La collagenasi promuove lo sbrigliamento e la crescita del tessuto di granulazione in
un periodo che varia tra i 3 e i 30 giorni.
53
Da utilizzare sul tessuto necrotico;
Medicazione rinnovata ogni 12/24 ore;
NON può essere utilizzata sotto medicazioni semi-occlusive;
NON può essere utilizzata insieme allo jodopovidone, argento, zinco,
detergenti e saponi;
˃ D. AUTOLITICO;
˃ D. COMBINATO;
54
MEDICAZIONE STANDARD – LESIONE NON INFETTA
a. Detersione
b. Asciugatura
c. Medicazione primaria
- Eventuale medicazione secondaria
MEDICAZIONE STANDARD – LESIONE INFETTA
a. Detersione
b. Asciugatura
c. Tamponi e prelievi colturali
- Eventuale disinfezione
d. Asciugatura
e. Medicazione primaria
- Eventuale medicazione secondaria
MEDICAZIONI IN BASE AGLI STADI
1° STADIO ripristinare l’integrità cutanea e prevenire la progressione della lesione.
Utilizzare un film in poliuretano insieme alla pasta barriera poiché:
Aderiscono alla cute senza danneggiarla;
Fanno da barriera per i liquidi esterni ed i batteri;
Permettono all’ossigeno di passare;
Mantiene un ambiente umido;
Evita lo strofinamento;
Permette di osservarne l’evoluzione;
2° STADIO mantenere il microambiente umido, controllare l’essudato ed eventuali
infezioni, stimolare la granulazione e la riepilizzazione.
In presenza di flittene:
Evitare comunicazioni interno-esterno proteggendo la lesione;
In caso di rottura accidentale mantenere la copertura in presenza di un piccolo foro;
Valutare la necessità di aspirare il contenuto in presenza di grosse bolle o di liquido
torbido che possano far pensare ad un’infezione;
Rimuovere la copertura in presenza di lembi molli e ampia scopertura del fondo della
lesione;
Lesione detersa, poco essudante o Lesione ipersecernente:
iposecernente:
Alginati o idrofibre;
Idrocolloide; Idrocolloide con fibra di cellulosa;
Idrogel; Schiume in poliuretano;
Film in poliuretano;
In presenza di tessuto necrotico:
Debridment autolitico con idrogel;
Debridment enzimatico con enzimi proteolitici o combinato;
Toilette chirurgica;
In presenza di infezione:
Esame colturale è preferibile l’aspirazione di materiale con siringa al tampone da
effettuare dopo la detersione;
Regolare detersione e disinfezione con medicazioni quotidiane;
Applicazione di prodotti antimicrobici topici a base di argento;
Antibioticoterapia sistemica;
55
RIMUOVERE UNA MEDICAZIONE
Per rimuovere i sistemi di fissaggi e/o medicazioni evitando possibili traumatismi bisogna
allentare i capi del sistema di fissaggio e tirare delicatamente il capo esterno parallelamente
al piano cutaneo e verso la lesione.
VALUTAZIONE DEL PROCESSO DI GUARIGIONE
Una lesione detersa mostra i segni dell’inizio di guarigione entro 2 settimane.
Scala PUSH: il punteggio totale esprime lo stato della lesione. Un valore che tende
allo zero indica che la lesione è in via di miglioramento e guarigione. Al contrario un
valore che si allontana dallo zero e tende ad aumentare è indice di peggioramento.
- Dimensione (lunghezza e larghezza);
- Essudato;
- Tipo di tessuto;
Valutazione cromatica;
Valutazione PSST;
Valutazione e documentazione della lesione (sede, dimensioni, margine, bordo,
forma, segni di infezione, essudato, tessuto, cute perilesionale…);
Supportare l’organismo:
- Incremento della quota proteica nella dieta e ricca di vitamine (A, C, K, zinco);
- Fornire una dieta ipercalorica con adeguato apporto idrico;
- Terapia sistemica con emotrasfusioni, albumina…);
Prevenire le complicanze;
TERAPIE FISICHE
o VAC vacuum assisted closure: metodo non invasivo che agisce creando una pressione
negative localizzata e controllata, continua o ciclica di aspirazione creando un vuoto
con effetto di suzione che facilita la rimozione dell’essudato;
o Laser terapia;
o Raggi infrarossi;
o Terapia iperbarica;
o Onde d’urto;
o O2 terapia;
56
MODELLO DI ELIMINAZIONE URINARIA
modello riguardante la funzione escretoria delle persone (vescica). Comprende la
percezione della regolarità dell’individuo rispetto alla funzione escretoria, le abitudini e
qualunque cambiamento o disturbo del modello riferito ai tempi, alle modalità di escrezione,
alla qualità o alla quantità.
L’infermare è colui che personalizza gli interventi specifici al fine di aiutare gli assistiti di
tutele età a integrare con le problematiche di tale modello. (Craven)
La funzione del sistema urinario è di eliminare i liquidi di rifiuto dal corpo. Ciò avviene
attraverso due PROCESSI PRINCIPALI:
1°. FORMAZIONE DELL’URINA: la funzione principale del rene è la regolazione del volume
e della composizione del liquido extracellulare (LEC) del corpo.
Il rene attua questa funzione selezionando la quantità di acqua e altre sostanze da
ritenere ed eliminando l’acqua e le altre sostanze indesiderate nell’urina.
La formazione dell’urina avviene attraverso i processi di:
- Filtrazione
- Riassorbimento
- Secrezione
Nelle 24 ore i corpuscoli renali estraggono dal sangue (ultrafiltrazione glomerulare)
circa 160-180 litri di pre-urina.al suo passaggio nei tuboli renali, questa viene in gran
parte riassorbita e riportata nel sangue (riassorbimento tubulare) e la sua
composizione è regolata in modo da soddisfare le esigenze di omeostasi idrica e salina
del corpo (secrezione tubolare). Si passa da circa 160-180 litri al giorno di pre-urina
a 1.5 litri di urina secreta effettiva.
2°. ELIMINAZIONE DELL’URINA: negli adulti, in genere, lo svuotamento della vescica si
verifica quando questa è piena o distesa con circa 250-400 ml di Urina nei bambini
anche quantità inferiori possono stimolare lo svuotamento della vescica. Quando il
volume di urina nella vescica raggiunge i 250-400 ml la pressione stira il detrusore
tanto quanto basta per innescare le forze che determinano l’apertura del collo
vescicale.
La contrazione del detrusore provoca maggiore tensione e pressione e, di solito, è a
questo punto che la persona percepisce di avere la vescica piena e sente il bisogno
di urinare. Questo atto si definisce MINZIONE RIFLESSA ed è un riflesso involontario
del midollo spinale. La persona può coscientemente decidere di posporre la minzione
trattenendo lo sfintere esterno.
57
DIUERESI: volume di urina prodotto in un determinato periodo di tempo. Possiamo avere
una diuresi oraria (diuresi di un’ora) o diuresi giornaliera (diuresi delle 24 ore).
Il range di riferimento riguarda naturalmente una situazione di funzionalità normale.
L’adulto tipo a cui fa riferimento il dato (1500ml/ die) ha una funzionalità normale e pesa
75kg. Per definire la diuresi adeguata alla persona la quantità deve rientrare all’interno del
range: 0,5ml/Kg/ora <X> 1,5ml/ Kg/ora:
MINZIONE è l’atto di eliminazione d’urina. Inizia come atto volontario e prosegue come
atto riflesso. La distensione vescicale invia impulsi nervosi al tronco encefalico ed alla
corteccia cerebrale, rendendo la persona conscia della necessità di urinare. Il desiderio di
urinare può essere avvertito quando la vescica contiene 300/400 ml di urina. Il riempimento
della vescica con 700/900 ml di urina provoca dolore ed innesca la minzione per via riflessa.
Il colore può variare per fattori patologici quali la presenza di sostanze che
normalmente non dovrebbero essere presenti nelle urine o che comunque
dovrebbero essere presenti solo in modica quantità come:
58
sangue, batteri, bilirubina Colore significato patologia
59
2°. VALUTAZIONE DEI RISCHI
Identificare i fattori che possono mettere a rischio la normalità del modello:
- Raccogliere informazioni riguardanti precedenti problemi a livello del prato
urinario (calcolosi, insufficienza renale, interventi di tipo genito-urinario)
- Raccogliere informazioni riguardanti problematiche acute che potrebbe andare
ad agire sul modello (patologie neurologiche, scompenso cardiaco)
- Problematiche motorie o cognitive che potrebbero limitare la “normalità” del
modello
- Utilizzo di eventuali farmaci che potrebbero alterare l’eliminazione urinaria
ACCERTAMENTO STEP 2
INTERVISTA:
MONITORAGGIO:
ESAME FISICO:
60
DIAGNOSTICA:
EZIOLOGIA:
61
DA URGENZA: perdita improvvisa e involontaria di una quantità di urina dopo
un’impellente bisogno di urinare.
Cause:
- Iperattività del muscolo detrusore
- Ridotta capacità vescicale
- Irritazione della vescia
- Infezione a livello della vescica
- Sovra-distensione vescicale
- Assunzione diuretici, caffeina, alcol
RIFLESSA: perdita improvvisa e involontaria di una quantità di urina che si
verifica ad intervalli predicibili al raggiungimento di un volume vescicale
specifico.
Cause:
- Danno a livello del midollo spinale
- Patologie cerebrovascolari
- Tumori cerebrali
- Chirurgia radicale pelvica
- Vescica neurologica flaccida
FUNZIONALE perdita di urina solitamente in quantità abbondante, in persone
con capacità di controllo sfinterico ottimale e con vescia non lesionata, per
incapacità o mancanza di volontà nel raggiungere in tempo il bagno.
Cause:
- Scarsa cura dell’ambiente (poca luce, impedimenti quali spondine
alzate)
- Deficit sensoriali o cognitivi (disorientamento, farmaci)
- Deficit motori, neurovascolari, psicologici
TOTALE: continua, involontaria e imprevedibile perdita di urina in persona con
una vescica non distesa.
Cause:
- Lesione neurologica, trauma, malformazione congenita a livello del
midollo spinale o del cervello. Gravi deficit cognitivi
ENURESI: perdita involontaria di urina senza una sottostante causa
fisiopatologica dopo l’età in cui è solito raggiungere il controllo sfinterico (>4
anni).
Cause:
- Scarsa capacità vescicale
- Sonno profondo
- Stress
- Ansia a casa o scuola
- Storia familiare di enuresi notturna
DI INCONTINENZA URINARIA FUNZIONALE 00020
62
˃ Tempo necessario per raggiungere il bagno troppo lungo dopo la sensazione di
urgenza;
FATTORI CORRELATI: indebolimento delle strutture peluche di sostegno.
CONDIZIONI ASSOCIATE: alterazioni delle funzioni cognitive; compromissione della vista;
compromissione neuromuscolare; disturbo psicologico.
DI INCONTINENZA DI URINA RIFLESSA 00018
DEFINIZIONE: perdita involontaria di urina che si verifica a intervalli abbastanza prevedibili,
quando la vescica ha raggiunto un determinato riempimento.
CARATTERISTICHE DEFINENTI:
˃ Assenza della sensazione di svuotamento
˃ Assenza della sensazione di urgenza
˃ Incapacità di inibire volontariamente la minzione
˃ Incapacità di iniziare volontariamente la minzione
˃ Modello di svuotamento prevedibile
˃ Sensazioni associate alla pienezza vescicale
˃ Sensazioni di urgenza di urlare senza inibizione volontaria
˃ Svuotamento incompleto in presenza di lesioni al di sopra del centro pontino della
minzione
FATTORI CORRELATI: da sviluppare.
CONDIZIONI ASSOCIATE: compromissione neurologica sopra il livello del centro pontino
della minzione; compromissione neurologica sopra il livello del centro sacrale della
minzione; danno tissutale.
CARATTERISTICHE DEFINENTI:
63
FATTORI CORRELATI: debolezza della muscolatura pelvica.
CONDIZIONI ASSOCIATE: alterazioni degenerative della muscolatura; aumento della
pressione intra-addominale; deficienza intrinseca dello sfintere uretrale.
DI RITENZIONE URINARIA 00023
DEFINIZIONE: incapacità di svuotare completante la vescica.
CARATTERISTICHE DEFINENTI:
- Distensione vescicale
- Disuria
- Emissione di una ridotta quantità di urina
- Gocciolamento
- Incontinenza da rigurgito
- Mancata emissione di urina
- Minzione frequente
- Presenza di residuo urinario
- Sensazione di pienezza vescicale
FATTORI CORRELATI: debolezza della muscolatura pelvica.
CONDIZIONI ASSOCIATE: alterazioni degenerative della muscolatura pelvica; aumento
della pressione intra-addominale; deficienza intrinseca dello sfintere uretrale.
64
Indicazioni sul cateterismo vescicale:
Ritenzione urinaria
Monitoraggio pazienti critici
Interventi chirurgici e/o interventi sull’apparato genito-urinario
Chemioterapia in situ
Test funzionalità vescicale
Incontinenza urinaria se LDP 3°-4° stadio
Macroematura
Pazienti terminali
CLASSIFICAZIONE:
PROCEDURA ASETTICA
La procedura deve essere asettica; dobbiamo mantenere i massimi sistemi di Barriera;
utilizzare materiale e presidi sterili; compiere un’antitesi del meato uretrale prima di
introdurre il catetere vescicale.
Bisogna porre molta attenzione al RISCHIO DI INFEZIONE:
L Aumento della durata della degenza
L Aumento dei costi
L Aumento al ricorso dell’antibiotico
L Aumento farmaco-resistenza
L Aumento della mortalità
65
Il CIRCUITO CHIUSO del cateterismo vescicale: ovvero avere la sacca di raccolta collegata
sin da subito e fino alla fine al catetere vescicale. Nell’eventualità in cui il circuito non può
rimanere chiuso, bisogna porre molta attenzione poiché le conseguenze possono essere di
una contaminazione:
Intraluminare
Extraluminare
DRENAGGIO PER GRAVITA’
Il drenaggio deve essere più basso rispetto al punto di fuoriuscite del catetere dal copro.
Quindi va bene ancorare la sacca al letto ma non va bene lasciar che un paziente vada in
giro con la sacca in alto mantenendo il tubo di raccolta più alto rispetto al sacchetto di
drenaggio.
RISCHI DEL CATETERISMO:
L Infezione
L Perdita di urina
L Discomfort- dolore
L Emorragia
L Ostruzione
L Lesioni da pressione
PIANIFICAZIONE DEGLI INTERVENTI:
Determinare grado e tipologia dell’incontinenza;
Supportare la persona durante l’esposizione del problema;
Favorire l’assunzione di liquidi;
Adattare l’ambiente e l’abbigliamento alle funzioni cognitive e fisiche della
persona;
Istruire e sostenere la persona e effettuare esercizi per la muscolatura pelvica;
Progettare un piano di rieducazione vescicale e sostenere l’adesione al
trattamento;
Scegliere e gestire il corretto utilizzo dei dispositivi per l’incontinenza;
66
MODELLO DI ELIMINAZIONE DELLE FECI
La funzione di eliminazione ha come obiettivo l’allontanamento dall’organismo dei prodotti
solidi di scarto. Le feci si formano all’intento dell’intestino crasso e, attraverso il processo
di defecazione le feci vengono eliminate.
FORMAZIONE DELLE FECI:
˃ Quando i prodotti della digestione arrivano nel colon la maggior parte dei nutrienti
è stata assorbita attraverso le pareti intestinali ileali.
˃ A livello del colon (ascendente e traverso) il contenuto ha ancora consistenza
liquida, e qui vengono assorbiti liquidi ed elettroliti. Il materiale alla fine del
percorso attraverso il colon ha una consistenza solida feci.
˃ Nel colon distale le feci si depositano in attesa della successiva fase di defecazione.
DEFECAZIONE
Il processo di defecazione inizia con la peristalsi che spinge le feci nel retto con la sua
distensione il bisogno di defecare è stimolata dalla distensione del retto che provoca:
o Rilassamento del muscolo sfintere anale interno;
o Rilassamento dello sfintere anale esterno;
o Rilassamento dei muscoli della regione pelvica;
o Aumento della pressione intra-addominale;
La defecazione è aiutata se si effettua un respiro a glottide chiusa (per abbassare il
diaframma), contraendo i muscoli addominale (per aumentare la pressione
intraddominale) e i muscoli del pavimento pelvico (per spingere all’esterno le feci)
manovra di valsalva.
CARATTERISTICHE DELLE FECI
Sono composte da 25% acqua e 75% materiale solido;
La quantità e la consistenza è direttamente proporzionale alla componente acquosa
(da 150 a 300gr);
Materiale solido: batteri; fibra non digerita (cellulosa); grasso; materiale
inorganico;
Consistenza: soffice con forma cilindrica;
Colore: marrone; conversione della bilirubina in stercobilina. Cibi di colori
particolari (rape; assunzione di farmaci);
ALTERAZIONI QUALITATIVE
˃ Feci con presenza di grasso e muco (steatorrea) patologia che indica un mal
assorbimento dei grassi;
˃ Feci non formate: diarrea, liquide, definite poltacee;
˃ Feci giallo verdi: causa rapido transito nel ileo e nel colon; patologia diarrea;
˃ Feci acoliche: colore bianche, color argilla; causa assenza di bile; patologia
ostruzione vie biliari, patologie epatiche (cirrosi, epatocarcinoma)
˃ Feci scure: colore picee, nere; causa terapia con farmaci a base di ferro,
emorragia tratto gastro intestinale superiore; definizione terminologica melena;
˃ Feci striate di rosso (proctorragia): colore marrone con striature rosso vivo;
causa sanguinamento retto, emorroidi; patologia emorroidi sanguinanti,
ragadi anali, polipi rettali, tumori rettali, sanguinamenti;
˃ Feci contenenti sangue rosso scuro (melena): colore nero, picee;
consistenza liquide non formate; causa presenza di sangue digerito; patologia
sanguinamento del tratto gastroenterico superiore;
67
˃ Feci misto a sangue (ematochezia): colore rossiccio marrone; causa
sanguinamento del tratto digerente inferiore di live entità. Se il sanguinamento è
di quantità maggiore si definisce rettoragia;
ALTERAZIONI FORMA-CONSISTENZA
˃ Feci caprine dure: palline separate (tipo pecora) difficili da far uscire; sono tipiche
del fecaloma e si riscontrano quando il transito è rallentato e determina un maggior
assorbimento di acqua;
˃ Feci formate dure: a forma di salsiccia ma divisa in palline attaccate tra loro;
˃ Feci formate con superfici crepate: forma di salsiccia ma con delle spaccature sulla
superficie;
˃ Feci formate morbide: a forma di salsiccia con forma omogenea;
˃ Feci caprine morbide: vari pezzetti morbidi meno formati;
˃ Feci semiliquide e/o muscose: cacca non formata, spumosa, odore acido;
˃ Feci liquide caratteristiche di un rapido transito del materiale enterico nel lume
intestinale;
ACCERTAMENTO
È molto importante indagare il modello di eliminazione dell’assistito:
Valutare la percezione del paziente del personale modello di eliminazione come
“normale” o “alterato”;
Con quale frequenza si scarica il paziente? La frequenza della defecazione può
variare da 1 a 2 movimenti al giorno a 1 movimento ogni 2/3 giorni;
Quali sono le caratteristiche delle feci dell’assistito?
Il paziente riferisce doloro addominale, rettale o durante la defecazione?
Il paziente riferisce uno sforzo eccessivo o difficoltà nella defecazione
Ci sono stati recenti cambiamenti nel normale modello di eliminazione?
VALUTAZIONE DEI RISCHI
Nell’accertamento è necessario indagare la presenza di fattori che influenzano
l’eliminazione esponendo il paziente ad un rischio di alterazione della funzione stessa.
ESAME FISICO
L’esame fisico dell’addome e dell’area peri-rettale permette di raccogliere dati obiettivi
sullo stato di eliminazione della persona.
ISPEZIONE ADDOMINALE: l’addome normale non mostra asimmetrie in caso di
accumulo di gas, l’addome risulta protuberante;
AUSCULTAZIONE: viene eseguita con il fonendoscopio; viene eseguita auscultando
4 quadranti addominali con l’obiettivo di rilevare i suoni intestinali segno di
peristalsi attiva. Esempio, in vaso di diarrea i suoni sono iperattivi; in caso di
occlusione intestinale si possono rilevare suoni ipoattivi a valle dell’ostruzione e
suoni intestinali iperattivi a monte dell’ostruzione;
PERCUSSIONE: viene utilizzata per identificare la presenza di aria, liquidi. I suoni
percepibili sono:
- Suoni a basso timbro in caso di presenza di liquidi;
- Suoni sordi in presenza di massa o di feci;
PALPAZIONE la palpazione viene eseguita usando le dita di una mano che eseguono
una decisa compressione dell’addome. Durante questo manovra si valuta:
- La presenza di distensione addominale;
- La presenza di possibili masse addominali;
68
MISURAZIONE DELLA CIRCONFERENZA ADDOMINALE: la misurazione della
circonferenza addominale è una tecnica che deve essere ripetuta nel tempo per
rilevare variazioni;
ESAME AREA PERI-RETTALE: permette una valutazione della cute perineale e
permette di valutare la presenza di emorroidi, ragadi, fistole ed eventuali
sanguinamenti;
Posizione del paziente: sul fianco sinistro, gambe frese verso l’addome
ESPLORAZIONE RETTALE: viene eseguita per verificare la presenza di fecalomi da
rimuovere;
DIAGNOSTICA ed ESAMI
RACCOLTA CAMPIONE DI FECI:
- Raccolta sangue occulto (SOF): L’obiettivo è indagare sorgenti patologiche
di sanguinamento;
- Esame colturale: l’esame indaga la presenza di microrganismi intestinali
atipici (esempio, Salmonella);
PROCEDURE RADIOLOGICHE: viene eseguito l’esame del tubo digerente,
attraverso l’utilizzo del bario (sostanza radiopaca) obiettivo dell’esame è la
visualizzazione dell’ileo e del colon, per la diagnosi di tumori, diverticoli, ostruzioni;
ESAMI ENDOSCOPICI: gli esami endoscopici permettono di visualizzare le strutture
interne del tratto gastrointestinale. Tali esami permettono di diagnosticare
infiammazioni, ulcerazione, neoplasie della muscosa intestinale. È possibile
eseguire biopsie per poter eseguire l’esame istologico. Possono essere:
- EGDS: visualizzazione dell’esofago, stomaco e duodeno;
- COLONSCOPIA: visualizzazione del colon fino alla calcola ileocecale;
- SIGMOIDOSCOPIA: visualizzazioni del retto e del sigma;
FATTORI CHE INFLUENZANO L’ELIMINAZIONE INTESTINALE
˃ ETA’: alterata masticazione, problemi di detenzione; ridotto esercizio fisico; ridotta
peristalsi.
˃ APPORTO DI LIQUIDI: l’apporto di liquido influenza la consistenza delle feci. In caso
di perdita di liquidi eccessive o un’inadeguata assunzione di liquidi, le feci diventano
più dure e più difficoltoso il loro transito nell’intestino.
˃ APPORTO DI FIBRE: se inadeguato porta a scariche meno frequenti, ridotta
distensione intestinale, peristalsi ridotta le feci rimangono nell’intestino più a lungo
con conseguente riassorbimento aumentato di acqua e aumentata difficoltà
nell’eliminazione.
˃ ATTIVITA’ ED ESERCIZIO: l’esercizio fisico promuove la peristalsi e il tono
muscolare riducendo il rischio di stipsi.
˃ INTOLLERANZA AI CIBI:
- Intolleranza al lattosio: si ha una difficoltosa digestione per carenza
dell’enzima deputato alla scissione del lattosio il paziente riferisce formazione
di gas, crampi addominali, diarrea;
- Intolleranza al glutine: glutine = proteina del grano, segale, orzo). La
mancata digestione della proteina del glutine può provocare ritenzione di
carboidrati e grassi. Il paziente avverte distensione addominale, gonfiore,
diarrea, feci grasse e voluminose;
˃ POSIZIONE DEL CORPO posizione seduta: posizione che aiuta l’eliminazione delle
feci sfruttando la gravità; in questa posizione i muscoli addominali e pelvici si
contraggono + facilmente; alcuni pazienti che devono mantenere la posizione
supina non riescono a scaricarsi nella padella.
69
˃ IGNORARE L’URGENZA DI DEFECARE: se la persona ignora lo stimolo di defecare
agendo sul controllo dello sfintere esterno, le feci rimangono nel retto, fino allo
stimolo successivo. La permanenza prolungata delle feci nel retto provoca un
continuo riassorbimento a livello intestinale di acqua. Le feci diventano + dure e
sciatte, difficili da eliminare. Situazioni a rischio: bisogno di privacy, presenza di
dolore (emorroidi, ragade anale, fistola perineale, chirurgia a livello anale,
perianale).
˃ GRAVIDANZA: spesso la donna gravida presenta stipsi per 2 motivi: cambiamento
nell’assetto ormonale e compressione da parte del feto sul retto.
˃ FARMACI
Alcune categorie di farmaci aumentano il rischio di problemi nell’eliminazione
intestinale:
- Oppiodio, farmaci a base di ferro —> stipsi
- Antibiotici —> diarrea
Farmaci usati negli interventi chirurgici:
- Farmaci anestetici generali possono rallentare la motilità gastrointestinale,
con la conseguente riduzione della funzione intestinale.
- Farmaci analgesici narcotici utilizzati nel post-operatorio in associazione alla
ridotta attività e alla paura del dolore possono portare ad una ridotta
funzionalità intestinale.
- Chirurgia addominale: i pazienti sottoposti a chirurgia addominale,
specialmente sul tratto gastrointestinale, presenta una ridotta funzionalità
intestinale nei primi 2/3 giorni del postoperatorio.
INTERVENTI INFERMIERISTICI
Interventi educativi/promozione della salute:
o Dieta ricca di fibre e liquidi
o Assumere almeno 2L di acqua al giorno
o Incoraggiare l’attività ed esercizio fisico
o Monitorare il numero di evacuazione e le caratteristiche delle feci
Interventi che favoriscono l’eliminazione intestinale:
o Eseguire eventuali clisteri a piccolo volume
o Somministrazione eventuali di lassativi prescritti
Interventi che garantiscono comfort e sicurezza:
o Favorire accesso al bagno se possibile
o Garantire riservatezza e comfort
o Lasciare il tempo
DIARREA
È una condizione patologica caratterizzata da:
Aumento della frequenza delle evacuazioni (> 3 al giorno)
Aumento della quantità delle feci espulse (>200g al giorno)
Alterazioni consistenza di feci (eccessiva liquidità) Il colore varia da marrone chiaro
a giallo, fino a verde.
SINTOMI ASSOCIATI:
L Crampi addominali
L Nausea
L Sensazione di bruciore dell’ano
L Infiammazione perineale legato all’acidità delle feci
70
CAUSE:
DIARREA ACUTA
DIARREA CRONICA
71
I criteri di Roma III sono utilizzati per definire un quadro di stipsi nell’adulto.
Devono essere presenti 2 o + sintomi per un periodo di almeno tre mesi nel corso degli
ultimi 6 mesi.
Tensione > al 25% durante i movimenti intestinali
Feci dure o grumose > al 25% dei movimenti intestinali
Sensazione di evacuazione incompleta
Sensazione di blocco delle feci a livello ano-rettale
Necessità di manovre manuali per facilitare l’evacuazione
Meno i 3 evacuazioni intestinali settimanali
Esclusione della diagnosi di sindrome del colon irritabile
FATTORI FISIOPATOLOGICI:
1. Ridotto contenuto di fibre nell’intestino; ridotta massa fecale; ridotta peristalsi.
2. Compromissione normale; attività neuromuscolare sul pavimento pelvico, riduzione
del movimento e del tempo di transito intestinale. Fattori predisponenti: astenia;
riduzione di mobilità; malattie neurologiche (lesioni lombosacrali, sclerosi multipla,
morto di Parkinson, ictus).
FATTORI PREDISPONENTI
L Fattori ambientali
L Necessità di rimandare lo stimolo
L Inattività fisica
L Dipendenza da altri per l’eliminazione
L Ridotta privacy
L Ciclo mestruale
L Dolore rettale per emorroidi, ragadi
L Alcune categorie di farmaci
INTERVENTI ASSISTENZIALI
• Somministrazione lassativi per via orale:
- Regolatori di massa (aumentano la massa fecale-cellulosa)
- Emollienti
- Soluzioni saline (richiamano liquidi nel lume intestinali > peristalsi >
massa fecale)
- Stimolanti (irritano l’epitelio del colon aumentando l’emissione di muco)
•Somministrazione di clisteri a grande volume:
- Puliscono l’intestino
- Soluzione salina o acqua calda
- Quantità per l’adulto: 1000 ml
- Meccanismo di azione: distensione colica
- Stimolazione defecazione
- Utilizzo: stipsi
- Pulizia dell’intestino prima dell’intervento chirurgico
- Esame radiografico
72
Soluzione / costituente / azione / tempo necessario per l’effetto / effetti collaterali
Ipertonica: 90-120 ml di soluzione; richiama l’acqua del colon; 5-10 min;
ritenzione di sodio
ipotonica: 500-1000 ml di acqua di rubinetto; distende il colon, stimola la
peristalsi e ammorbidisce le feci; 15-20 min; squilibrio idroelettrolitico e
intossicazione di acqua
Isotonica: 500-1000 ml di soluzione fisiologica; irrita la mucosa e distende il
colon; 10-15 min; irritazione. Possibile danneggiamento della mucosa
Oleosa: 90-120 ml; lubrifica le feci e la mucosa del colon; 0,5-3 h
STOMIA INTESTINALE
La chirurgia intestinale può richiedere l’asportazione del colon e l’abboccamento alla parte
addominale, tramite procedura chirurgica, di un tratto intestinale.
STOMIA= si parla di derivazione perché la via normale per le feci è alterata. Le stomie
possono essere classificate in base al tratto intestinale abboccato alla parete addominale:
ILEOSTOMIA: le feci sono liquide
CECOSTOMIA
COLOSTOMIA: le feci sono solide; nel caso della colostomia del sigma si può
eseguire una ginnastica intestinale, attraverso l’irrigazione della storia per ottenere
un’evacuazione prevedibile
Le stomie alterano la funzione di eliminazione, poiché viene meno la continenza.
I PRESIDI PER LA RACCOLTA DELLE FECI
In presenza di stomia vengono definiti stoma care, si dividono in:
˃ Monopezzo (sacco e placca integrate e non separabili)
˃ Bipezzo (placca e sacca di raccolta separabili)
I sacchetti di raccolta si dividono in 2 tipologie:
- A fondo aperto (per feci liquide tipiche delle ileostomie)
- A fondo chiuso (per feci formate tipiche delle colostomie)
73
FUNZIONE RESPIRATORIA
FUNZIONI DEL SISTEMA RESPIRATORIO:
VENTILAZIONE: movimento fisico dell’aria che avviene all’interno ed esterno dell’albergo
respiratorio e che è garantito dal meccanismo dell’inspirazione ed espirazione. Il risultato
di questo movimento è il ricambio dell’aria all’interno degli alveoli così da assicurare delle
concertazioni di ossigeno e di anidride carbonica all’interno dell’attività alveolare
sufficiente a mantenere quel gradiente pressorio con l’ossigeno e l’anidride carbonica che,
invece, sono contenuti nel sangue capillare, così da garantire un continuo scambio a
approvvigionamento di ossigeno e anidride carbonica.
La stretta adesione tra i due foglietti pleurici, quello parietale che riveste la cavità toracica
e quello polmonare che avvolge il parenchima, determina una cavità chiusa in cui si
genera una pressione negativa per il continuo effetto di trazione che l’elasticità del
polmone esercita sulla pleura durante i suoi movimenti.
INSPIRAZIONE: contrazione del diaframma e dei muscoli costali che decimano un
aumento delle dimensioni della gabbia toracica, aumentando la negatività della pressione
intrapleurica che distende il polmone e ne favorisce un aumento di volume. La pressione
intralveolare scende velocemente e si genera così un gradiente pressorio tra l’atmosfera
e gli alveoli che permette l’ingresso di aria nei polmoni. È un meccanismo attivo che
implica un lavoro sostenuto dia muscoli respiratori.
ESPIRAZIONE: abbiamo il meccanismo opposto, il diaframma e i muscoli costali si
rilassano e la cavità toracica torna nella posizione di riposo, la pressione negativa
intrapleurica si riduce e le forze elastiche polmonari facilitano lo svuotamento dei polmoni.
Processo passivo che richiede un limitato lavoro muscolare, poiché è strettamente
dipendete dalle proprietà elastiche dei polmoni che tendono a svuotarsi autonomamente
a fine respiro; concorrono anche le fibre elastiche del tessuto polmonare e la tensione
superficiale in particolare il surfactante che è il composto chimico prodotto dagli alveoli
che mantiene la tensione superficiale evitando il collasso durante la fase espiratoria.
SCAMBIO DEI GAS
L’aria che viene ispirata raggiunge gli alveoli, che sono le strutture che consentono lo
scambio dei gas, ossigeno e anidride carbonica attraversano la membrana alveolo-
capillare che è costituita dalla membrana basale dell’endotelio capillare, da un spazio
interstiziale che si frappone tra il capillare e la parete alveolare e dalle cellule epiteliali
dell’alveolo. Il passaggio di gas avviene per diffusione che è il movimento di molecole che
favorisce il passaggio da un’alta concertazione ad una concentrazione minore, quindi
abbiamo un passaggio dell’ossigeno presente in alta concentrazione nell’aria ispirata ricca
di ossigeno al sangue capillare e viceversa, invece, il passaggio dell’anidride carbonica
che è maggiormente concentrata nel capillare a livello dell’alveolo.
In termini di velocità è dipendete/influenzata da alcuni fattori:
Caratteristiche fisiche del gas
Spessore della membrana alveolo-capillare
Estensione area ventilata
REGOLAZIONE DELLA VENTILAZIONE
Regolato dal sistema nervoso centrale, in particolare a livello del tronco encefalico,
abbiamo die neuroni specializzati detti “cento respiratorio” che sono in grado di generale
impulsi che vengono trasmetti ai muscoli respiratori al fine di determinare una contrazione
ed un rilasciamento in maniera ritmica.
Abbiamo i chemorecettori situati sia a livello periferico che centrale, sono in gradi di
rilevare le variazioni della composizione chimica del sangue poiché sono sensibili ai
74
cambiamenti della concertazione in particolare di anidride carbonica e di ioni di idrogeno;
quindi l’anidride carbonica ricopre il ruolo principale nella determinazione della frequenza
della profondità del respiro.
Lo stimolo a respirare è dato:
IPERCAPNIA: con l’aumento del PaCO2
IPOSSEMIA: diminuzione di PaO2 e alterazione del pH—> meccanismo di
emergenza attivato a livello del centro del respiro in condizioni patologiche
L’ossigeno viene trasportato ai tessuti in due forme: una piccola quantità di
discioglie nel sangue (3%) e la maggior parte si lega alle molecole di emoglobina
nei globuli rossi.
L’anidride carbonica viene trasportata nel sangue in varie forme: disciolta nel sangue
oppure legata ad alcuni aminoacidi formando composti (in particolare l’acido carbonico);
entra in gioco anche nell’equilibrio acido-basico.
COMPLIANCE POLMONARE: aiutata dalla produzione di una sostanza lubrificante, ovvero
il surfactante.
˃ Facilità espansione polmoni;
˃ Resistenza offerta dalle vie respiratorie: determinata dall’attrito del flusso dell’aria
sulle pareti delle vie aeree ed è strettamente collegato al calibro delle stesse e alla
differenza di pressione tra la bocca gli alveoli in relazione alla frequenza del flusso
dei gas respiratori. Quando la resistenza aumenta la quantità di aria che penetra è
ridotta e quindi si prende necessario, per una corretta ventilazione, uno sforzo e
un prolungamento della fase inspiratoria ed espiratoria della persona assistita;
Quindi, la quantità di energia spesa per respirare dipende dalla velocità e dalla profondità
della respirazione (compliance polmonare) ossia dalla felicità di espansione die polmoni e
la resistenza delle vite aeree.
MECCANISMI DI DEPURAZIONE DELLE VIE AEREE:
o CLEARANCE MUCO-CILIARE: All’interno delle vie aeree esistono delle cellule
dell’epitelio respiratorio che insieme alle ghiandole mucose producono il muco che
è quella sostanza che protegge le vie respiratorie intrappolando polveri, detriti o
microrganismi che penetrano nelle vie, favorendone l’eliminazione che può
avvenire attraverso due meccanismi:
- Espettorazione: meccanismo della tosse
- Deglutizione
Il muco è composto per il 95% di acqua il 5% da proteine libere e glicoproteine,
quindi è una sostanza fluida difficile da eliminare. Il muco si dispone in tre starti:
- Strato schiumoso: a dirotto contatto con la muscosa e costituito da solfitante
- Stato intermedio: costituito da acqua
- Strato a gel: diretto contato con l’aria e composto da glicoproteine, all’intento
del quale vengono trappolate eventuali polveri, detriti o microrganismi
L’albero trocheo-bronchiale è rivestito da un epitelio colonnare, dove sulla
superficie ci sono proiezioni citoplasmatiche che sono chiamate ciglia vibratili che
operano sopra lo stato schiumoso del muco e si muovano nel stato intermedio come
una frusta, quindi accingiamo lo strato a gel spingendolo in avanti al fine di portarlo
verso l’esterno delle vie aeree. Attraverso il momento delle ciglia vi è ,quindi, un
trascinamento del muco verso la faringe dove viene deglutito e degradando per
mezzo degli enzimi gastrici, tutto questo meccanismo avviene quotidianamente e
nemmeno ci accorgiamo, ce ne rendiamo conto solo quando ci sono sostanze
irritanti o microrganismi che, determinando un processo infiammatorio, stimolando
75
una maggiore produzione di muco che spesso associata alla presenza di febbre o
presenza di liquidi ne alterano le caratteristiche della densità.
La velocità con il quale il muco viene trasportato è direttamente proporzionale
all’elasticità ed inversamente proporzionale alla viscosità del muco.
o TOSSE: è un rilesso che utilizza un’ispirazione esplosiva forzata per depurare le vie
aeree da irritanti o secrezioni;
FATTORI D’INFLUENZA E PRINCIPALI ALTERAZIONI
Tra i fattori che influenzano la Compliance polmonare:
AMBIENTE:
- Inquinamento atmosferico,
- Pollini e allergeni,
STILI DI VITA:
- Esercizio fisico,
- Attività lavorativa,
- Tabagismo,
- Alimentazione e idratazione,
- Farmaci e alcool,
STATO DI SALUTE E MALATTIA:
- Patologie respiratorie croniche,
- Situazioni che influenzano la perfusione polmonare,
- Situazioni che riducono gli scambi gassosi,
- Disturbi psicologici (ansia, depressione),
- Fattori che possono determinare un aumento del consumo di ossigeno
(febbre),
OSTACOLI ALLA NORMALE RESPIRAZIONE:
˃ Condizioni che provocano restrizione e riduzione del movimento polmonare:
- Riduzione elasticità polmonare (fibrosi polmonare, polmoniti, fumo);
˃ Fattori che ostacolano espansione della gabbia toracica:
- Allettamento;
- Fasciature toraciche o addominali;
- Dolore post-chirurgico;
- Lesini costali;
- Deformità gabbia toracica;
- Obesità grave/aumento pressione addominale;
- Astenia grave;
˃ Condizioni che provocano ostruzione delle vie respiratorie:
- Anatomica: neo formazioni; corpi estranei;
- Funzionale: alterazione intrinseca del bronco edema, spasmi della
muscolatura bronchiale e ipersecrezione bronchiale;
CARATTERISTICHE DI UN RESPIRO NORMALE
EUPNEA respiro senza sforzo, di normale frequenza e profondità Condizioni di respiro
“normale”:
Armonioso
Normo-frequente (12-18/20 atti al minuto)
Regolare
Silenzioso
Simmetrico
76
Le malattie respiratorie in Italia sono la terza causa di morte, quindi è estraneamente
importante conoscerle.
ALTERAZIONI RESPIRATORIE
DISPNEA: esperienza soggettiva di difficoltà nel respirare; normale e disagevole
consapevolezza del proprio respiro. Sono numerosi i fattori fisiologici, psicologici, sociale
ed ambientali che possono determinare l’insorgenza di dispnea. Abbiamo diverse tipologie
di dispnea in base alla durata e all’insorgenza del sintomo:
- Dispnea acuta: insorgenza del disturbo in un periodo breve (ore o giorni) in pazienti
che precedentemente erano in buona salute;
- Dispensa cronica: caratterizzata dalla presenza del sintomo in un periodo che varia
da mesi ad anni determinata da patologie corniche che possono interessare le vie
aeree;
- Dispnea parossistica notturna: episodio che insorgono durante il sonno e deprimo
risvegli improvvisi del paziente, spesso presenti in condizioni di scompenso
cardiaco poiché durante la notte la posizione e la facilitazione del ritorno venoso
del sangue possono determinare un sovraccarico di circolo;
- Dispnea terminale: “del malato terminale” che caratterizza quella condizione in cui
il sintomo non risponde ai normali trattamenti farmacologici e in genere si presenta
negli ultimi giorni di vita del paziente in fase terminale;
- Ortopnea: condizione caratterizzata da difficoltà respiratoria che insorge quando il
paziente è supino, costringendolo a mettersi seduto; i soggetti con questa dispnea
non riescono a tollerare la posizione da sdraiati;
TACHIPNEA: aumento della frequenza respiratoria > 20 atti al minuto in un adulto.
POLIPNEA: aumento della frequenza respiratoria > 20 atti al minuto associato ad una
riduzione della profondità del respiro (respiro che osserviamo sulla gabbia toracica sarà
più superficiale, riduzione del volume aria < 5 l/m’).
APNEA: assenza di respiro e di qualsiasi movimento respiratorio.
BRADIPNEA: frequenza respiratoria < 12 atti al minuto.
IPOVENTILAZIONE: volume di aria che raggiunge gli alveoli inadeguato a soddisfare la
domanda metabolica (<5 l/m). Vetrina un aumento di PaCO2 ipercapnia e una riduzione
del pH < 7,35. L’iperventilazione può portare all’acidosi respiratoria.
IPERVENTILAZIONE: aumento della quantità di aria che raggiunge gli alveoli (volume
> 10 l/m) prodotta dall’aumento della frequenza e/o profondità del respiro. La presenza
di iperventilazione determinano una riduzione di PCO2 ipocapnia e di conseguenza un
aumento del Ph arterioso > 7,45. L’iperventilazione può portare all’alcalosi respiratoria.
IPOSSIA: deficit di ossigeno a livello cellulare, può essere:
Acuta: segni e sintomi dell’Ipossia acuta:
- Cardiaci: tachicardia; aritmia; ipertensione-ipotensione; calo temperatura
corporea; sudorazione fredda
- Respiratori: dispnea; tachipnea; pallore poi cianosi; affaticamento
- Neurologici: compromissione capacità di giunzione e coscienza con
disorientamento, confusione mentale, agitazione, sonnolenza/ sopore,
coma; incoordinazione motoria/tremori
Cronica
- Grado Lieve: Sa02 91-93%; Pa O2 60-80 mmHg
- Grado moderata: SaO2 75-90%; Pa O2 40-60 mmHg
- Grado Grave: SaO2 <74%; Pa 02 <40 mmHg
77
IPOSSEMIA: riduzione contenuto di O2 nel sangue arterioso (PaO2) anche definito come
riduzione parziale di ossigeno che può variare in relazione all’età.
L’ipossiemia può essere:
Acuta
Cronica segni e sintomi:
- Facile affaticabilità, ridotta tolleranza all’attività
- sonnolenza, apatia, disattenzione
- Dispnea e dispnea da sforzo
- Aumento profondità e frequenza respiro
- Aumento frequenza cardiaca
- Diminuzione Sa02 e ridotto livello di Pa02
- Aumentato livello della CO2
- Ridotto pH ematico
- Cianosi
- Policitemia
- Ippocratismo digitale (clubbing): dita a bacchetta di tamburo
78
Postura assunta dal paziente,
Utilizzo dei muscoli accessori respiratori: trapezio, scaleno, alitamento
pinne nasali; sternocleidomastoideo; muscoli intercostali,
VALORI NORMALI DEL RESPIRO
Frequenza 12-20 atti/minuto
Ritmo regolare
Profondità volume corrente (500 ml); volume
l/m da 5-6 a 8-10 litri
Espansione simmetrica della gabbia toracica
Qualità eupnea
2°. Identificazione die fattori che influenzano la respirazione che possono costituire dei
rischi:
Stile di vita (sedentarietà, fumo, assunzione di farmaci, alcool),
Esposizione ad inquinamenti ed allergeni,
Ridotto apporto di nutrimenti e liquidi,
Situazioni che ostacolano la normale ventilazione,
Patologie che compromettono gli scambi gassosi o il trasporto dei gas,
Titubi psicologici,
Fattori che possono determinare un aumento del consumo di ossigeno
(febbre),
3°. Identificazione di alterazioni respiratorie:
Presenza di tosse con o senza espettorato,
Incapacità della persona di tossire in modo efficace,
Caratteristiche delle secrezioni bronchiali,
TOSSE emissione esplosiva e rumorosa di aria dai polmoni. È un riflesso provocato
dall’irritazione delle vie respiratorie atto a rimuovere corpi estranei o muco dalle stesse.
In base alle caratteristiche si divide in:
˃ Tosse secca ˃ Tosse convulsiva
˃ Tosse umida/produttiva ˃ Tosse abbaiante
In base alla durata si divide in:
Tosse acuta < 3 settimane, nel 85% dei casi è provocata dal raffreddore
Tosse sub-acuta 3-8 settimane
Tosse cornica
ESPETTORATO/MUCO RESPIRATORIO: è il secreto bronchiale normalmente
prodotto dalle cellule californi delle mucose bronchiali, faringee e nasali espulso
attraverso colpi di tosse.
Le secrezioni bronchiali normali sono trasparenti o bianche, non hanno odore e sono di
media consistenza. Oppure si possono dividere in basse:
Colore:
- Giallo-verdastro o grigiastro
- Roseo
- Con striature rose di sangue
- emoftoe - Sangue - Emottisi
Consistenza:
- Denso e appiccicoso
- Schiumoso
79
-Sieroso/acquoso
Odore: putrido o stantio
TIPI DI ESPETTORATO
80
Presenza di RESPIRI PATOLOGICI: caratterizzati da una struttura
irregolare che sono caratteristici di alcune condizioni patologiche, i
principali:
SUONI DISCONTINUI
81
- Localizzazione: vie respiratorie periferiche.
- Origine: l’aria inalata entra in contatto con le secrezioni nei grossi bronchi e
nella trachea.
- Significato clinico: possono indicare condizioni quali polmonite, edema
polmonare, fibrosi polmonare.
SUONI CONTINUI
82
Emogasanalisi arteriosa (o Ph): campione di sangue arterioso; rileva in modo
preciso la pressione parziale di ossigeno, pressione parziale di anidride carbonica,
Ph, saturazione di ossigeno, bicarbonati;
Emoglobina;
Radiografia/TAC del torace;
Test di funzionalità polmonare;
Esame espettorato;
Broncoscopia;
Il DOLORE
La IASP (International Association for the Study of Pain - 1986) definisce il dolore:
“esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole scocciata a danno vissutale, in atto o
potenziale, descritta in termini di danno. È un’esperienza individuale e soggettiva, a cui
convegno componenti puramente sensoriali (nocicezione) relative al trasferimento dello
stimolo doloroso dalla periferia alle strutture centrali, e componenti esperienziali e
affettive, che modulano in annera importante quanto percepito”.
Definizione di McCaffrey: “il dolore è tutto quello che una persona che lo prova dice che
sia, esistendo ogni qualvolta si affermi che esista”.
La trasmissione dello stimolo doloroso inizia nei recettori del dolore (nocicettori) e si
sposta lungo i nervi sensoriali all’interno del ganglio della radice dorsale.
L’impulso entra nel midollo spinale dove attraverso il tratto spinotalamico ascende verso
il cervello e il talamo al fine di essere interpretato.
Una volta elaborata l’informazione all’interno della corteccia sensoriale del sistema limbico
la percezione del dolore diviene consapevolezza cosciente e interpretazione personale
dell’esperienza dolorosa.
CLASSIFICAZIONE DEL DOLORE
DOLORE ACUTO: ha la funzione di avvisare l’individuo della lesione tessutale in
corso ed è normalmente localizzato, dura per alcuni giorni, tende a diminuire con
la guarigione;
DOLORE CRONICO: è duraturo, spesso determinato dal persistere dello stimolo
dannoso e/o da fenomeni di automantenimento, che mantengono la stimolazione
nocicettiva anche quando la causa iniziale si è limitata. Si accompagna ad una
importante componente emozionale e psicorelazionale. Elimina la performance
fisica e sociale del paziente. È rappresentato soprattutto del dolore che accompagna
malattie ad andamento cornico (reumatiche, ossee, oncologiche, metaboliche...).
è un dolore difficile da curare: richiede un approccio globale e frequentemente
interventi terapeutici multidisciplinari gestiti con elevati livelli di competenza e
specializzazione;
DOLORE PROCEDURALE: accompagna molteplici indagini diagnostiche/
terapeutiche, rappresenta in ogni setting, e situazioni ed età, un evento
particolarmente temuto e stressante. Il dolore si associa ad ansia e paura e non
83
infrequentemente la sua presenza condiziona in maniera importante la qualità
percepita di cura, nonché la qualità di vita;
CLASSIFICAZIONE EZIOPATOLOGICA
˃ NOCICETTIVO: attivazione diretta dei recettori della nocicezione, risultato di una
stimolazione normale.
Tipologie:
- Acuto: dovuto ad una lacerazione;
- Persistente: dovuto, ad esempio, da una colite;
- Somatico: ha origine nelle ossa, nella cute, nei tessuti molli ed è spesso ben
localizzato (es, distorsione alla caviglia);
- Viscerale: risultato di uno stiramento, distensione, infiammazione o danno di
organi cavi o solidi, viene descritto come continuo, crampiforme, pulsante,
profondo, radiante (es, dolore al petto dovuto ad infatti del miocardio);
˃ NEUROPATICO: da interessamento del sistema nervoso centrale e/o periferico.
Nasce da un danno a livello dei nervi periferici o del SNC. Presenta variabilità di
sintomi (formicolio, bruciore, freddo, pungente, simile a shock elettrico) ma
accompagnato sempre da formicolio, torpore e dolore con tocco normale (es,
neuropatia diabetica);
˃ PSICHICO: attivato da stazioni psico-relazionali;
˃ MISTO: con la presenza di tutte le componenti precedenti (neuropatico, nocicettivo,
psichico);
CARATTERISTICHE DEL DOLORE
o Insorgenza
o Localizzazione
o Durata
o Tipologia
o Intensità
SCALE DI VALUTAZIONE
UNIDIMENSIONALI
NUMERICA NRS da 0 a 10:
Vantaggi:
- Praticità: uso verbale, nessun supporto cartaceo
- N° di intervalli maggiore della VRS
- Ottimo utilizzo per via telefonica (in assistenza domiciliare)
Svantaggi:
-
Difficoltà a ridurre la sensazione dolorosa in numero
-
N° di intervalli minori rispetto alla VAS
VERBALE VRS da 0 a 4 (nessun dolore; lieve; moderato; forte; insopportabile)
84
Vantaggi:
- Praticità: uso verbale, nessun supporto cartaceo, assistenza domiciliare
- N° di intervalli maggiore della VRS
Svantaggi:
MULIDIMENSIONALI
MPQ: il McGill Pain Questionnaire è una scala a 3 dimensioni: sensoriale, affettiva
e valutativa. Comprende 78 descrittori del dolore (Melzack 1975). Ognuna delle tre
dimensioni presenta delle sottoclassi: 20 per la dimensione sensoriale, 5 per quella
affettiva e 2 per quella valutativa. Ogni sottoscala presenta da 2 a 6 termini in
ordine crescente di intensità. L’uso della scala MPQ richiede al paziente di scegliere
un termine per sottoclasse e di esprimere l’intensità del dolore in base ad una scala
numerico-verbale. La scala MPQ permette di ottenere 4 punteggi:
1. Present Pain Index (PPI): intensità del dolore espresso con la sola
numerico-verbale;
2. Number of Word Chosen (NWC): corrispondente al numero di descrittori
scelti dal paziente;
3. Pain Rating Index (PRir): corrispondente all’ordine con cui sono stati
selezionati i descrittori dal paziente);
4. Pain Rating Index (PRis): corrispondente alla somma dei punteggi di ciascun
descrittore selezionato dal paziente;
L’MPQ è disponibile anche in una versione ridotta (SF-MPQ) comprendente 15
descrittori, ognuno dei quali è associato ad una scala di intensità numero verbale e
a 4 punti.
85
Faccia:
- 0 = espressione neutra
- 1 = smorfie saltuarie, sopracciglia aggrottate
- 2 = tremolio del mento frequente, mandibola serrata
Gambe:
- 0 = rilassate in posizione normale
- 1 = muscoli contratti, movimento continuo
- 2 = gambe flesse, retratte
Attività:
- 0 = tranquillo, in posizione normale, si muove facilmente
- 1 = inquieto, agitato, si gira da un l’alto all’alto
- 2 = rigido, inarcato, movimenti spasmodici
Pianto:
- 0 = non piange (sveglio o addormento)
- 1 = geme, si lamenta occasionalmente
- 2 = piange, urta, singhiozza
Consolabilità:
- 0 = tranquillo, rilassato
- 1 = rassicurato dal contatto o dalle parole, distraibile
- 2 = difficilmente consolabile, non si calma
- Il respiro
- La vocalizzazione negativa (lamento, grido, pianto)
- L’espressione facciale
- Il linguaggio del corpo
- La consolabilità
CLASSIFICAZIONE E TRATTAMENTO OMS
L’OMS nel 1996 ha proposto una scala a tre gradini per la gestione farmacologica del dolore
in prima istanza applicabile a quello oncologico e successivamente anche per il trattamento
non oncologico.
86
Abbiamo una scala a 3 gradini:
- Dolore lieve (da 1 a 3): è indicato il trattamento con FANS, paracetamolo e adiuvanti;
- Dolore moderato (da 4 a 6): è indicato il trattamento con oppioidi minori, FANS,
paracetamolo, adiuvanti;
- Dolore severo (da 7 a 10): è indicato il trattamento con oppioidi maggiori, FANS,
paracetamolo, adiuvanti;
GESTIONE NON FARMACOLOGICA
La terapia antalgica non farmacologia comprende diversi tipi di interventi che tendono a
modificare molti di quei fattori che tendono ad aumentare o rendere più angosciosa
l’esperienza del dolore. La ricerca conferma l’efficacia delle uniche non farmacologiche
(TNF). La riduzione dell’ansia e della paura associate al dolore l’uso di strumenti adeguati
per affrontare la condizione dolorosa, il coinvolgimento dei caregiver nella gestione del
sintomo risultano elementi essenziali di cura e vanno ad integrare l’utilizzo del farmaco. I
metodi non farmacologici ottengono un ottimo risultato soprattutto nei bambini per le
capacità fantastiche e di immaginazione, inoltre consono costose e facilmente attuabili.
TECNICHE NON FARMACOLOGICHE:
o Rilassamento
o Registrazione
o Visualizzazione
o Meditazione
o Ipnosi
o Musicoterapia
o Aromaterapia
o Massaggio
o Agopuntura
o Digitopressione
OSPEDALE SENZA DOLORE
La legge 38 del 15 Marzo 2010 prevede che all’interno della cartella clinica, nelle sezioni
medica ed infermieristica, in uso presso tutte le strutture sanitarie, debbano essere
riportate le caratteristiche del dolore rilevato e della sua evoluzione nel corso del ricovero,
nonché alla tecnica antalgica e i farmaci utilizzati, i relativi dosaggi e il risultato antalgico
conseguente.
Come previsto dalle Linee guida del progetto “Ospedale senza dolore” approvate con
l’accordo tra il Ministero della sanità, le regioni e le provincie autonome di Trento e Bolzano,
in data 24 Maggio 2001, le strutture sanitarie hanno facoltà di scegliere gli strumenti più
adeguati, tra quelli validati, per la valutazione e la rilevazione del dolore da riportare
all’interno della cartella clinica.
Finalità specifica delle linee guida è quella di aumentare l’attenzione del personale coinvolto
nei processi assistenziali nelle strutture sanitarie italiane affinché vengano messe in atto
tutte le misure possibili per contrastare il dolore, indipendentemente dal tipo di dolore
rilevato, dalle cause che lo originano e da contesto di cura.
CODICE DEONTOLOGICO INFEMRIERE 2019
Art 17: Nel percorso di cura l’Infermiere valorizza e accoglie il contributo della persona, il
suo punto di vista e le sue emozioni e facilita l’espressione della sofferenza. L’Infermiere
informa, coinvolge, educa e supporta l’interessato e con il suo libero consenso, le persone
di riferimento, per favorire l’adesione al percorso di cura e per valutare e attivare le risorse
disponibili.
87
Art.18: L’Infermiere previene, rileva e documenta il dolore dell’assistito durante il percorso
di cura. Si adopera, applicando le buone pratiche per la gestione del dolore e dei sintomi a
esso correlati, nel rispetto delle volontà della persona.
art.24: L’Infermiere presta assistenza infermieristica fino al termine della vita della persona
assistita. Riconosce l’importanza del gesto assistenziale, della pianificazione condivisa delle
cure, della palliazione, del conforto ambientale, fisico, psicologico, relazionale e spirituale.
L’Infermiere sostiene i familiari e le persone di riferimento della persona assistita
nell’evoluzione finale della malattia, nel momento della perdita e nella fase di elaborazione
del lutto.
DI DOLORE ACUTO 0132
DEFINIZIONE: esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole che deriva da un danno
tessutale reale o potenziale, o che viene descritta nei termini di tale danno (IASP);
insorgenza improvvisa o lenta di qualunque intensità da lieve a severa, con un termine
previsto o prevedibile e con una durata inferiore a 3 mesi.
CARATTERISTICHE DEFINENTI: evidenza di dolore, rilevata utilizzando scale di valutazione
standard dei comportamenti correlati al dolore per coloro che non possono comunicare
verbalmente. Espressioni di dolore sul viso. Documentata da sé le caratteristiche del dolore
utilizzando rumeni standardizzati. Posizione antalgica. Modificazione parametri fisiologici.
Diaforesi. Midriasi. Concentrato su di sé. Mancanza dell’appetito.
FATTORI CORRELATI: agenti biologici lesivi, agenti chimici lesivi, agenti fisici lesivi.
GESTIONE DEL DOLORE ACUTO:
Somministrazione di farmaci secondo prescrizione medica
Monitoraggio del dolore
Educazione automonitoraggio dolore
Educazione autosomministrazione farmaci
Gestione ambiente
Tecniche rilassanti-clamanti
Utilizzo de caldo/freddo
Sostegno emozionale
Massaggio
DI DOLORE CRONICO 0133
DEFINIZIONE: esperienza sensoriale ed emotiva spiacevole che deriva da un danno
tessutale reale o potenziale, o che viene descritta nei termini di tale danno (IASP);
insorgenza improvvisa o lenta di qualunque intensità da lieve a severa, costante o
ricorrente, senza un termine previsto o prevedibile e con una durata superiore a 3 mesi.
CARATTERISTICHE DEFINENTI: evidenza di dolore, rilevata utilizzando scale di valutazione
standard dei comportamenti correlati al dolore per coloro che non possono comunicare
verbalmente. Espressioni di dolore sul viso. Documentata da sé le caratteristiche del dolore
utilizzando strumenti standardizzati.
Posizione antalgica. Concentrato su di sé. Anoressia. Alterazioni del modello di sonno.
FATTORI CORRELATI: agenti lesivi. Aumento IMC. Malnutrizione. Stress emotivo.
Isolamento sociale
POPOLAZIONE A RISCHIO: età > 50anni. Genere femminile. Storia di abusi. Storia di attività
fisica intesa. Storie di posture di lavoro statiche.
GESTIONE DEL DOLORE CRONICO:
Somministrazione farmaci secondo prescrizione medica
Monitoraggio de dolore
88
Educazione automonitoraggio dolore
Educazione autosomministrazione farmaci
Gestione comfort ambiente
Tecniche rilassanti-clamanti
Utilizzo de caldo/freddo
Sostegno emozionale Percezione
Massaggio elaborazione
informazione
MODELLO PERCETTIVO
PERCEZIONE: la percezione sensoriale è una funzione che comprende la ricezione delle
informazioni (sai dell’ambiente esterno che intendo) la loro trasmissione a livello encefalico
dove avviene la loro elaborazione e la trasformazione in informazioni significative.
PERCEZIONE-FUNZIONE SENSORIALE: gli stimoli ambientali vengono recepiti attraverso gli
organi si senso:
l’occhio riceve gli stili visivi
L’orecchio ricevono gli stimoli uditivi
In naso riceve gli stimoli olfattivi
La lingua riceve gli stimoli gustativi
Terminazione nervosa della cute ricevono gli stimoli tattili
Internamente gli stimoli sono ricevuti dai sensi viscerali e cinestetici. Tali stimoli
provengono da recettori terminazioni nervose pesanti nei tessuti corporei:
Il senso viscerale riceve gli stimoli correlati alla consapevolezza dei grandi organi
interni del copro
Il senso cinestetico influenza la consapevolezza della posizione e dell’azione da
parte del corpo
Esperienze precedenti;
Stile di vita ed abitudini: le persone possono vivere con stimoli esterni abbondanti
(frequenti cambiamenti ambientali, presenza di molta gente, intensi stimoli uditivi e
visivi) oppure al contrario vi sono persone che preferiscono stili di vita più tranquilli
con meno rumore e mono folla. Le persone abituate ad uno stile di vita percepisco
gli stimoli in modo diverso e possono manifestare difficoltà di adeguamento a
cambiamenti;
Fumo di sigaretta: causa atrofia delle papille gustative con la conseguente percezione
del gusto;
Dalla malattia;
Età: provoca una degenerazione sensoriale come:
- La perdita di udito: può portare a depressione, disfunzione sociale,
diminuzione funzionamento cognitivo
- La perdita della vista: può provocare depressione, disabilità nello svolgimento
d’attività di vita quotidiana, stabilità nello svolgimento di attività quali la
lettura e guidare, aumento di rischio cadute
- La riduzione dell’innervazione cutanea: può provocare una diminuita
percezione degli stimoli nocicettivi (dolore) e termici
Dall’alterazione della stimolazione:
o Sovraccarico sensoriale (delirio iperattivo): si verifica quando gli input
sensoriali in entrata sono eccessivi per la persona che non è in grado di
elaborarli. Per esempio: fornire al paziente eccessive informazioni relative ai
trattamenti può essere causa di eccessiva stimolazione sensoriale; l’ambiente
sanitario espone il paziente a stimoli esterni eccessivi; fattori legati
89
all’individuo come il dolore, la preoccupazione, l’insonnia, sono elementi che
provocano un sovraccarico sensoriale. I segni clinici che possono presentare
un sovraccarico sensoriale sono:
- Ansia
- Confusione
- Insonnia
- Inquietudine
o Derivazione sensoriale (delirio ipoattivo): consiste in una diminuzione o
mancanza di stimoli sensoriali oppure di interferenze nell’analisi delle
informazioni. In ambiente ospedaliero la percezione sensoriale è alterata
oppure espone il paziente al rischio di deprivazione sensoriale.
Patologie:
˃ DIABETE ed IPERTENSIONE: queste patologie possono provocare:
- Deficit visivi
- Diminuzione sensazioni al tocco delle estremità (dita pedi e mani)
correlata ad alterazioni microcircolatorie
˃ PATOLOGIE CEREBROVASCOLARI: questa categoria di patologie provoca
un’alterazione del flusso ematico al cervello, con conseguente blocco delle
percezioni sensoriali
ALTERAZIONI DELLA FUNZIONE SENSORIALE
DEFICIT SENSORIALI: consiste inuma alterato funzionamento della ricezione o percezione
sensoriale. Il deficit può essere temporaneo o permanente a causa della malattia o del
trattamento. Se la perdita sensoriale è graduale l’organismo mette in atto una
compensazione fisiologica.
Una percezione alterata può portare ad ansia, legata ad un’alterata capacità di interagire
con l’ambiente (es, deficit uditivi).
PROBLEMI COGNITIVI: in caso di sovraccarico sensoriale il paziente può presentare
problemi:
Di memoria
Ragionamento
Di problem solving
Disorientamento
Verbalizzazione sconnessa
DEFICIT SENSORIALE VISTA-UDITO
Visione compromessa: trovano causa nei disturbi del SNC, problemi microvascolari
(diabete, ipertensione) malattie oculari (cataratta, glaucoma).
Udito compromesso: trovano causa in malattie dell’orecchio, processi infettivi, artrite, danni
al VII nervo cranico, tappi di cerume, otite media.
DEFICIT SENSORIALE GUSTO-ODORATO
Gusto compromesso: il gusto può essere compromesso a causa di assenza di saliva in
bocca. Alcune categorie di farmaci danno xerostomia (atropina); inadeguata assunzione di
liquidi; infezione naso o bocca; raffreddore; fumo di sigaretta.
Odorato compromesso: può essere compromesso da danni al nervo cranico; sinusite;
sterosclerosi.
DEFICIT SENSORIALI DEL TATTO
la perita di funzionalità tattile può essere causata da un ictus; neoplasie cerebrali o spinali;
danni nervosi periferici (causa diabete).
90
LA DEPRIVAZIONE PUO’ CAUSARE:
DEPRESSIONE: per esempio il paziente posto in isolamento protettivo si trova in una
situazione di ridotta stimolazione di tutti i sensi che lo può condurre in uno stato
depressivo;
ALLUCINAZIONI: sono impressioni sensoriali, che si basano su stimoli interni che non
hanno riscontro nella realtà. Le allucinazioni possono presentarsi sia in condizioni di
deprivazione che sovraccarico sensoriale, oppure in presenza di deficit sensoriale
(perdita di udito e vista);
ACCERTAMENTO INFERMIERISTICO
L’infermiere deve eseguire un preciso accertamento della percezione sensoriale volto:
˃ Alla valutazione del modello normale
˃ All’individuazione di eventuali alterazioni sensoriali (problemi)
˃ Valutazione dei fattori di rischio
I soggetti possono presentare:
L Alterazioni sensoriali preesistenti
L Alterazioni correlate alla malattia che possono essere permanenti e temporanee
L Fattori che rappresentano un rischio di insorgenza di alterazioni della percezione
sensoriale
Barriere linguistiche
91
ACCERTAMENTO valutazione dei problemi:
La valutazione dei problemi reali del paziente presenta inerenti la percezione sensoriale. Va
indagato:
Se la persona è ansiosa o depressa
Se è integrata nel tessuto sociale
Se sono presenti problemi di memoria, di concentrazione, decisionali
ESAME FISICO:
Valuta:
Alterazione sensoriale
Il livello di coscienza
Orientamento
Durata dell’attenzione
Memoria Percezione
Abilità cognitive elaborazione
MODELLO COGNITIVO informazione
92
AGENTI FARMACOLOGICI: i farmaci che agiscono sul SNC possono causare
confusione e alterare il pensiero (antidepressivi, anticonvulsivanti, ansiolitici,
oppioidi, ipnotici). Nei primi stadi o con l’aumento di dosaggio si possono avere
interazioni nel linguaggio e nella comprensione. I farmaci che non agiscono n modo
primario sul SNC possono creare confusine (esempio: diuretici iponatriemia;)
PROCESSI INFETTIVI: i processi infetti a carico del SNC (encefaliti, ascessi cerebrali)
causano lattazioni cognitive. Anche processi infettivi localizzati nell’organismo, o
sistemici (batteriemie, setticemie) possono danneggiare il SNC (letargia,
confusione);
NUTRIZIONE E METABOLISMO: il cervello necessita di glucosio per l’energia
metabolica. L’emoglobina è correlata all’apporto di ossigeno, per cui patologie che
influenzano la presenza di emoglobina del sangue (anemia, anemia falciforme)
influiscono sui processi cognitivi;
ALTERAZIONI DEI PROCESSI DI PENSIERO
ALTERAZIONE DELLO STATO DI COSCIENZA:
Normale stato di vigilanza: il paziente è sveglio e consapevole di sé e di quanto lo
circonda;
Confusione: sono alterazioni dei contenuti coscienza il paziente è disattento,
disorientato, ha un deficit di percezione e di pensiero coerente;
Stato soporoso: i contenuti di vigilanza riaffiorano solo su stimolo e i contenuti di
coscienza sono alterati;
COMPONENTI DELLA COSCIENZA
Vigilanza: (stato di veglia) espressione delle funzioni vegetative (apertura occhi);
Contenuti della coscienza: attività cognitiva, il contenuto della coscienza necessita
uno stato di veglia per poter essere operativo. Al contrario lo stato di veglia può
essere presente in qualunque alterazione dello stato di scienza (stato di vegetativo);
Stato stuporoso: il paziente è risvegliabile solo con stimolo vigoroso e ripetuto. Si
può verificare l’apertura degli occhi. La risposta ai comandi verbali è assente,
rallentata o inadeguata. Il paziente, senza stimolazione ricade in uno stato simile al
sonno;
Coma: nello stato di coma entrambe le componenti dello stato di coscienza sono
perse. Il paziente in coma non apre gli occhi, neanche se intensamente stimolato.
Non ha alcun contenuto di coscienza, neanche rudimentale, non emette suoni
comprensibili, non esegue ordini, non ha movimenti intenzionali;
CAUSE DELLE ALTERAZIONI:
˃ INTRACRANICHE: ictus, TIA, tumori cerebrali. Traumi cerebrali con conseguenti
ematomi;
˃ EXTRACRANICHE: di origine vascolare (shock, infarto, miocardio acuto, emorragie);
di origine metaboliche; sindromi uremiche da insufficienza renale, ipossia e disturbi
della termoregolazione, intossicazione da farmaci, oppiacei, alcol e altre sostanze
tossiche;
COMPROMISSIONE DEL PROCESSO DI PENSIERO
La cognizione è un processo complesso che si manifesta con una risposta adattiva
appropriata o in una risposta emotiva. L’interruzione di questo processo, qualsiasi sia la
causa, può portare ad alterazioni di pensiero a comportamenti o a pensieri anormali.
Molti soggetti con alterazioni del processo di pensiero presentano deficit:
Di giudizio
Di pianificazione
Di problem solving
93
MANIFESTAZIONI CLINICHE DISTURBI MENTALI
DELIRIO: definizione del DSM.V: “una disfunzione del cervello acuta e altalenante,
che si manifesta con un disturbo di coscienza con ridotta capacità di focalizzare,
mantenere o postare l’attenzione”. Esistono tre tipologie di delirio:
- Ipoattivo: caratterizzato da una chiusura del paziente in sé stesso
- Il delirio iperattivo in cui i pazienti sono agitati e turbolenti
- La forma mista prevede una combinazione di questi due e varia nelle 24 ore
I fattori di rischio del delirio:
Età > 65 anni
Ictus
Abuso di alcol e droghe
Prece
denti episodi di demenza
Sepsi
Le situazioni cliniche che possono portare al delirio:
- Insufficienza respiratoria
- Pazienti in isolamento
- Pazienti sottoposti ad anestesia
- Polipatologie
- Ricoveri in terapia intensiva, ventilati meccanicamente
- Pazienti colpiti da ictus
Fattori precipitanti: polifarmaciterapia, malnutrizione, contenzione fisica, deprivazione
del sonno.
DEPRESSIONE
DEMENZA: sindrome clinica caratterizzata ad alterazione progressiva della funzione
intellettiva e della memoria. Interferisce con la funzione sociale o occupazionale.
I cambiamenti si sviluppano nel tempo e sono permanenti.
Cause:
- Traumi
- Alterazioni circolatorie
- Predisposizione genetica
- Alterazioni neurotrasmettitori
- Agenti infettivi
DEMENZA DI ALZHEIMER:
Perdita di memoria deficit comportamentali
Problemi legati al sonno
Assenza di consapevolezza dei deficit cognitivi
Compromissione progressiva delle attività di vita quotidiana
COMPROMISSIONE DELLA COMUNICAZIONE
Deficit del linguaggio AFASIA
CAUSE:
Ictus cerebrali
Tumori cerebrali
Traumi cranici
Lesioni degenerative della corteccia cerebrale
TIPI DI AFASIA:
Afasia espressiva: linguaggio limitato rallentato espresso con grandi sforzi; la
persona sa quello che vuole dire (perché l’intelligenza è conservata) ma non riesce a
94
trovare le parole (anomia); deficit nell’espressione scritta, conservata la
comprensione; spesso il deficit è associato a frustrazione e rabbia.
Afasia ricettiva: il linguaggio è ben articolato anche se il contenuto è disorganizzato
senza contenuti specifici; le persone hanno difficoltà nella comprensione del
linguaggio circo e parlato.
Afasia anomica: il linguaggio è fluente, con difficoltà a individuare i termini coretti,
per cui “girano intorno all’argomento”; si hanno alterazioni a livello sia di lettura che
di scrittura con danni che vanno da lievi a gravi. I soggetti mostrano rabbia,
frustrazione e depressione.
Afasia globale: è l’espressione di danni cerebrali estesi a tutte le aree del linguaggio.
Non vi è comprensione del linguaggio, e il linguaggio è quasi totalmente
compromesso (suoni ricorrenti privi di senso). Non riescono a leggere e a scrivere.
Deficit del linguaggio DISATRIA
Insieme di disturbi del linguaggio derivanti da deficit del controllo motorio, debolezza,
paralisi, incoordinazione della muscolatura orale. Avendo un disturbo motorio del linguaggio
si ha difficoltà nell’articolazione delle parole e nell’immissione dei suoni precisi (altezza,
timbro, controllo). Il linguaggio è biascicato non chiaro. Rimane intatta la comprensione del
linguaggio (scritto e parlato).
ACCERTAMENTO INFERMIERISTICO
L’infermiere esegue un accertamento sullo stato cognitivo normale al fine di identificare
procacemente l’insorgenza di disturbi mentali riducendone gli effetti. È importante una
precoce identificazione a gestione dei sintomi.
Son stati identificai interventi infermieristici favorenti il miglioramento del delirio: è
importante agire sull’ambiente dell’assistito gestendo i bisogni essenziali favorendo la
mobilizzazione precoce minimizzando il ricorso alle restrizioni programmando il ritmo
sonno/veglia.
95