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Relazione su obesità e salute, webinar con Edoardo Mocini, medico specialista in scienza

dell'alimentazione

Introduzione
Il webinar affronta l’obesità in maniera innovativa, non giudicante, che supera il pregiudizio
contestualizzando il tema da un punto di vista biologico, storico e sociale.
La premessa al webinar è il rispetto dei corpi, indipendentemente dalla percentuale adiposa.

Una definizione
L’obesità è definita dall’OMS come un eccesso di accumulo di adipe, dannoso per la salute.
Per misurare lo stato di salute sociale riferito all’obesità si usa un indice detto BMI (Body Mass
Index o Indice di Massa Corporea) che corrisponde a peso (in Kg) fratto altezza (in m2). Il risultato
viene letto in una tabella dove l’obesità si dà al superamento del valore 30 e il normopeso in un
range tra 18,5 e 24,9.
Questo metodo però ha dei limiti: per esempio un atleta potrà avere un peso alto dovuto alla
massa muscolare, che potrebbe portare ad un valore errato del BMI.
In questo senso il BMI può non essere adeguato a una singola persona ma è valido per fare lo
screening di un insieme umano ampio.
Per fare una diagnosi di obesità quindi dovranno essere utilizzati più strumenti e da personale
medico.
Per esempio è importante tenere in considerazione la comorbilità per valutare se un sovrappeso
può essere effettivamente dannoso.

L’obesità è patologia o condizione?


Dopo un lungo dibattito, le varie organizzazioni per la salute hanno definito l’obesità una patologia
cronica, molto complessa e multifattoriale.
Nel mondo, anche nei paesi in via di sviluppo, cresce la popolazione con un BMI alto.
Questo è dovuto ad un aumento delle calorie a disposizione delle persone, cosa che non è mai
successa fino a relativamente pochi anni fa, ma anche a predisposizioni genetiche relative
all’accumulo di adipe.
Inoltre i fattori sociali che determinano l’aumento di peso sono tanti e intersecati tra di loro e il
singolo individuo non può modificarli da solo.
Questo ci porta a considerare che l’aumento di peso non è necessariamente legato a scelte
individuali o alla volontà personale, benché l’approccio terapeutico sia praticamente legato alla
rieducazione personale (psicologica, motoria e nutrizionale).

Obesità ed evoluzione
Quindi il relatore ci porta a considerare cosa è successo negli ultimi 70/100 anni.
In pratica è soltanto a partire dalla seconda rivoluzione industriale che l’essere umano come specie
non ha sofferto di carestie e di carenza alimentare cicliche, alternate a momenti di abbondanza
alimentare, che nei millenni di storia umana hanno afflitto tutte le popolazioni.
Di fatto i corpi che riuscivano a immagazzinare adipe nel momento di abbondanza alimentare,
erano quelli che sopravvivevano alle carestie successive.
Questo ha innescato un meccanismo evolutivo che ha permesso di sopravvivere in ere passate, e
quello che succede ora è che i corpi sono perennemente in attesa di una carestia che (speriamo)
non arriva mai… ma i canoni estetici di estrema magrezza che ci pressano costantemente non
tengono conto di questo fenomeno.
Altri studi mettono in relazione le popolazioni che vivono in climi freddi con una maggiore
resistenza alla sovrabbondanza calorica perché hanno una temperatura basale più alta, a differenza
delle popolazioni stanziate in climi caldi.

La sazietà dipende dal cervello


I meccanismi che regolano la fame, e quindi la sazietà, sono molto complessi e dipendono dalle
strutture subcorticali quelle, cioè, non coscienti ma legate alle funzioni istintuali e primitive.
Questo spiega prima di tutto perché alcune persone hanno più fame di altre nei momenti di
carenza di cibo e ci fa intuire che il cervello, durante la dieta, crede di essere difronte ad una
carestia, per cui non si libera allegramente del suo adipe…

Obesità patologia cronica, trattata come acuta


Da quello che abbiamo visto fin qui diventa chiaro che sebbene l’obesità intesa sia direttamente
legata all'alimentazione, di fatto è il prodotto di una serie di fattori ambientali, sociali, culturali,
evolutivi e biologici che ne fanno una patologia molto complessa e di tipo cronico. Che però molto
(troppo) spesso viene trattata come una forma acuta.
Il trattamento dell’obesità è molto più complesso per esempio del trattamento dell’ipertensione,
che si può stabilizzare prendendo dei farmaci alla portata di tutti. Curare l’obesità per il momento
significa aderire ad un regime alimentare che, di fatto, dovrebbe durare per sempre. Ma sappiamo
che questo risulta essere molto difficile, anche perché manca la consapevolezza, sia da parte del
paziente che spesso anche da parte del sanitario, di trattare una malattia cronica la cui cura, in
questo caso il regime alimentare, deve essere altrettanto cronica.

Obesità e discriminazione
Tutto questo ci porta a considerare la difficoltà che incontrano le persone affette da obesità e come
sia difficile, per tutti, considerare l’obesità come una patologia cronica e multifattoriale. Questa
mancanza di coscienza sul tema porta a dinamiche discriminatorie nei confronti delle persone
affette da obesità, tanto che l’OMS ha redatto un documento sull’argomento.
Le persone affette da obesità vengono trattate come persone pigre, che non hanno voglia di
muoversi, il cui eccesso di adipe è solo frutto delle scelte personali e alle quali basterebbe solo
mangiare di meno e muoversi di più per dimagrire. Anche gli stessi sanitari con cui si confrontano
questi pazienti partono da questi pregiudizi, che rendono ancora più difficile il percorso di cura.
Anche i media rinforzano l’accettabilità della disciminazione delle persone obese. Tra l’altro si
pensa che facendo vergognare una persona obesa lo si stimoli a dimagrire, cosa che in realtà
produce esattamente il contrario, portando la persona a chiudersi, a sovralimentarsi e a non
muoversi. Tutto questo spesso sfocia in depressione, ansia e stress.

Grassofobia!
Possiamo far partire il processo che è sfociato nella discriminazione delle persone con corpi grassi
dalla rivoluzione industriale e dalla seconda rivoluzione agricola, cioè tra il 1800 e il 1900. In
quell’epoca si interrompe, per più ampie fasce della popolazione, quell'alternanza di carenza
alimentare seguita da abbondanza che aveva caratterizzato la vita dell’essere umano nei millenni e
inoltre nasce la borghesia. E le sue radici sono alimentate dal razzismo, dal sessismo e dal
classismo.
In quell’epoca il corpo grasso, che fino ad allora era simbolo di abbondanza, viene collegato con
l'incapacità di regolarsi, di trattenersi, di gestire l’abbondanza, dei nuovi ricchi, in particolare delle
loro mogli, che i mariti non sanno tenere al loro posto. La presunta superiorità della “razza” bianca
si fa valere a partire dalle caratteristiche fisiche delle altre razze, per cui per esempio dall’accumulo
di grasso differente nei corpi dei neri e delle donne.
Così il corpo grasso da simbolo di abbondanza diventa simbolo di inferiorità.

Il modello estetico dominante


Da qui si arriva al modello estetico dominante che ci impone di essere magri, ovvero di evitare di
essere grassi.
Questo modello estetico si è imposto, a differenza di altri canoni estetici di altre epoche, per via
della sua diffusione costante e onnipresente su tutti i media, i social prima di tutto, negli ultimi 20
anni, circa, con un forte impatto sulle nostre coscienze: il continuo vedere un solo tipo di corpo ci
porta a credere che sia quello “giusto”.

Diet-culture
Per cui abbiamo visto come la grassofobia, i modelli estetici dominanti e i motivi evolutivi e
biologici hanno portato ad un aumento del peso della popolazione.
In questo sistema socio-economico se c’è una domanda arriva anche l’offerta per cui questo dover
essere magri a tutti i costi, non tanto per motivi clinici quanto per motivi estetici e sociali, ci ha
portato alla cosiddetta diet-culture.
Ma attenzione, le diete sono potenzialmente pericolose! Da un esperimento fatto negli Stati Uniti,
si è visto come un gruppo di persone sottoposte ad una restrizione calorica per un certo periodo di
tempo, abbiano cambiato molto il loro comportamento, aumentando per esempio il consumo di
liquidi, caffè, di gomme da masticare e sviluppando un’ossessione per il cibo. E in alcuni casi sono
sorti casi di bulimia, depressione, autorimprovero e isolamento.
Le diete autoprodotte o mal seguite inoltre portano nel lungo periodo ad un aumento del peso.

La salute non è assenza di grasso


La salute per l’OMS è uno stato di completo benessere fisico, psicologico e sociale, cosa che i
partecipanti all’esperimento menzionato prima avevano perso.
La salute non può dipendere da un numero sulla bilancia… una persona che sta seguendo una
dieta, studiata con un medico, per motivi di salute potrebbe essere ancora nel range del
sovrappeso ma aver migliorato la sua condizione. Un’altra potrebbe essersi sottoposta ad una dieta
poco seria e stare momentaneamente nel range normopeso, ma ritrovarsi a non uscire a cena con
gli amici, o sentirsi inadeguata o depressa: questo è ben lontano dallo stato di benessere fisico,
psicologico e sociale inteso come Salute.
Per questo l’obesità deve essere trattata come una patologia, rimandata a centri di cura dedicati
ma soprattutto il paziente non deve essere colpevolizzato per la sua malattia, come si fa in
qualunque altro caso.

In sintesi
L’obesità è una patologia cronica, complessa e multifattoriale.
La salute si recupera non solo con il trattamento dell’obesità.
Tutti i corpi vanno bene, a prescindere dal loro stato di salute.
Bisogna liberare la persona affetta da obesità dal senso di colpa.

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