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Marrakech,

tra moda e patrimonio


Le architetture d’acqua
Yasmine Tangou Pensando a Marrakech, si immaginano
probabilmente le alte dune del deser-
to, i cammelli, i palmeti e i profumi delle
spezie colorate nei grandi mercati delle
piazze.
Associare la Medina rossa all’acqua
può sembrare una contraddizione. Se
si guarda però oltre le mura rosse e il
paesaggio in argilla si scopre che Mar-
rakech è una città dagli stridenti contra-
sti dove i nostri consueti dispositivi per-
cettivi di decifrazione delle gerarchie
urbane risultano a primo impatto spun-
tati. Questo crocevia di culture uniche
e memore di una storia straordinaria
nasconde nei sotterranei una ricca rete
di infrastrutture idriche che ne hanno
permesso l’evoluzione e la formazione
di fontane, giardini e specchi d’acqua
in tutta la Medina.
Questo studio nasce dal desiderio di
volgere lo sguardo a Marrakech, pa-
trimonio UNESCO, col tentativo di de-
finire dal punto di vista architettonico e
sociale il legame della Medina con l’ac-
qua, analizzando come questo legame
si traduce nelle architetture della città,
nella società, nelle abitudini degli abi-
tanti.

Politecnico di Milano
Scuola di Architettura Urbanistica e
Ingegneria delle Costruzioni
Progettazione dell’Architettura
A.A. 2021/2022 - sessione settembre 2022
Relatore Prof. Pier Federico Caliari Yasmine Tangou 946713
Marrakech,
tra moda e patrimonio
Le architetture d’acqua

Marrakech, between
fashion and heritage
Water architectures
abstract

In opposizione all’ambiente arido e alla sete, il verde e l’acqua suscitano


entusiasmo e ispirano poesia. I luoghi coltivati, le conquiste umane sulla
natura selvaggia e addomesticata, hanno un valore, mentre la natura
vergine è sentita come ostile. La bellezza nasce dall’ordine e la natura può
pretendere di risvegliare la sensazione di bellezza solo una volta che è stata
addomesticata, incorniciata e ordinata. La vita nasce dall’acqua. L’arte di
vivere e la bellezza dei giardini si sviluppano e appare tutt’intorno all’acqua,
dai luoghi in cui viene imbrigliata, fatta sgorgare dalla terra, dalla quale
viene incanalata nelle fontane e nelle vasche dei giardini.
A differenza dell’immaginario collettivo, che pittura la Medina rossa come
un terreno arido e desertico, la città di Marrakech presenta un legame
viscerale con l’acqua. La sua bellezza risiede nella capacità di ergersi
e caratterizzarsi da questa risorsa, andando a sviluppare delle forme
architettoniche nelle quali si traduce la gestione dell’acqua proveniente
dalle profondità della regione del Haouz.
La tesi si concentra sulla definizione della Medina come parte fondamentale
del patrimonio UNESCO, in particolar modo il ruolo dell’acqua nella
caratterizzazione della sua società, e la sua riscoperta e valorizzazione
attraverso due interventi di tipo scenografico e di allestimento da parte di
Maisons di moda, che hanno presentato il tema dell’acqua come essenza
centrale della loro sfilata, ma secondo due diverse interpretazioni.

In contrast to the arid environment and thirst, greenery and water arouse
enthusiasm and inspire poetry. Cultivated places, human conquests
over wild and domesticated nature, have value, while virgin nature is felt
as hostile. Beauty comes from order and nature can claim to awaken the
sensation of beauty only once it has been tamed, framed, and tidy. Life
comes from water. The art of living and the beauty of the gardens develop
and appear all around the water, from the places where it is harnessed,
made to flow from the earth, from which it is channeled into the fountains
and pools of the gardens.
Unlike the collective imagination, which paints the red Medina as an arid
and desert land, the city of Marrakech has a visceral link with water. Its
beauty lies in the ability to stand out and be characterized by this resource,
developing architectural forms that translate into water management from
the Haouz region’s depths.
The thesis focuses on the definition of the Medina as a fundamental part of
the UNESCO heritage, in particular the role of water in the characterization of
its society, and its rediscovery and enhancement through two scenographic
and set-up interventions by fashion Maisons, who presented the theme of
water as the central essence of their show, but according to two different
interpretations.
indice

8 Marrakech, la Medina rossa


Cenni storici e geopolitici
Marrakech, patrimonio UNESCO

16 L’architettura d’acqua a Marrakech


Il significato religioso dell’acqua
Il ruolo sociale degli specchi d’acqua

28 Les khettara
La storia dei khettara
Il progetto idraulico Almohade

36 I hammam

44 Palazzo El Badi
Il palazzo
L’impianto idraulico
Il palazzo come spazio di intrattenimento

65 Dior a Palazzo El Badi


Dior a Palazzo El Badi
L’allestimento

72 YSL nel deserto di Agafay


Saint Laurent ad Agafay
YSL e Marrakech
La scenografia

82 Conclusioni

Marrakech, tra moda e patrimonio


84 Note

85 Bibliografia

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Patrimonio UNESCO e Bellezza Universale
UNESCO Heritage and Universal Beauty

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MARRAKECH, LA MEDINA ROSSA

Marrakech, capoluogo del Marocco centrale, è la prima delle quattro cit-


tà imperiali del Marocco. Fondata nel 1070-1072 dagli Almoravidi (1056-
1147), capitale degli Almohadi (1147-1269), Marrakech fu per lungo
tempo un importante centro politico, economico e culturale dell’Occi-
dente musulmano, regnando sul Nord Africa e sull’Andalusia.
La Medina di Marrakech è situata al centro della fertile e irrigata pianura
di Haouz, a sud del fiume Tennsift. La città sorge ai piedi dell’Atlas, la
catena montuosa che diede il nome all’Oceano Atlantico e che, tratte-
nendo i venti umidi e freddi, ha da sempre garantito grande disponibilità
idrica agli insediamenti urbani sviluppatisi alle sue pendici. Infatti, la cit-
tà godeva e gode di una sicura e affidabile riserva d’acqua che proviene
proprio da queste montagne.

Grazie alla sua concezione ancora protetta, originale e ben conservata,


ai suoi materiali di costruzione e decorazione in uso costante e al suo
ambiente naturale, la Medina di Marrakech preserva tutte le sue compo-
nenti originali sia culturali che naturali che illustrano il suo eccezionale
valore universale. I bastioni, confine della proprietà iscritta nella World
Heritage List1, racchiudono innumerevoli monumenti, mentre l’autentici-
tà della struttura urbana interna rimane intatta nell’assetto della trama,
garantita da una qualificata lavorazione che esegue restauri nel rispetto
delle norme vigenti, mentre i lavori di ricostruzione e riqualificazione
effettuati nella Medina rispettano generalmente lo stile e i volumi ori-
ginari. In tal senso, l’uso dei materiali e delle tecniche tradizionali nelle
operazioni di restauro ha largamente contribuito a rilanciare i mestieri
artigianali legati all’edilizia, all’arredamento e alla decorazione, tra i quali
zelliges, legni intagliati e decorati.

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A sinistra: vista aerea della Medina di Marrakech (Foto di Maxar Technologies)

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A Marrakech e nel suo territorio domina un colore: il rosso dell’argilla
battuta e della pietra arenaria con la quale vengono realizzati i materiali
di costruzione. Questo carattere cromatico è diffuso sia nella Medina sia
nel territorio agricolo, dove i muri di delimitazione delle proprietà vengo-
no costruiti in terra cruda pressata. Questo è il motivo principale per il
quale la Medina viene anche chiamata la “città rossa” o “città d’ocra”.
Questo è uno dei tratti più evidenti del rapporto tra la città e il suo pae-
saggio: il materiale di cui la città è costruita, l’argilla, facilmente reperibi-
le sul posto, genera una simbiosi cromatica con il paesaggio nel quale
quest’ultima si erge.

Il cuore della Medina è la piazza Jamaa el-Fna, un vivace mercato. Nelle


vicinanze si trova la Moschea Kutubiyyah (Koutoubia) del 12 ° seco-
lo con il suo minareto di 253 piedi (77 metri), costruito da prigionieri
spagnoli. Il Mausoleo Sa฀d฀ del 16 ° secolo, il Palazzo Dar el-Beïda del
18 ° secolo (ora un ospedale) e la residenza reale di Bahia del 19 °
secolo riflettono la crescita storica della città. Gran parte della Medina
è ancora circondata da mura del 12 ° secolo; tra le porte sopravvissute
alla Medina, la pietra Bab Agnaou è particolarmente notevole. Il quar-
tiere moderno, chiamato Gueliz, a ovest della Medina si sviluppò sotto il
protettorato francese.

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A sinistra: stradina definita dalle caretteristiche mura in argilla rossa, nella Medina di Marrakech

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MARRAKECH, PATRIMONIO UNESCO

L’antica sezione della città di Marrakech, conosciuta come la Medina,


racchiude un patrimonio culturale, storico ed artistico unico nel suo
genere, che merita di essere preservato. È stata perciò designata patri-
monio mondiale dell’UNESCO nel 1985, anno in cui il Comitato UNESCO
ha raccomandato alle autorità marocchine di garantire che Marrakech
conservi il suo carattere eccezionale di città storica completamente pre-
servata, proteggendo accuratamente la Medina e soprattutto le facciate
dei suoi edifici e dei suoi giardini. Inoltre, secondo il piano di gestione
adottato nel 1981, viene raccomandato di garantire la protezione anche
dei dintorni di Marrakech, in particolare nelle aree del palmeto, Menara e
dei giardini di Bab Djedid. Marrakech risponde a quattro criteri generali
che la definiscono un bene di valore universale, enunciati dall’UNESCO
nella Lista del Patrimonio Mondiale.

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In alto: placca commemorativa UNESCO a Jamaa Al-Fna, Marrakech (foto di Leila Maziz)
A sinistra: carta di delimitazione UNESCO, scala 1:10’000 (In rosso evidenzia i confini del sito, 1994)

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Il valore patrimoniale di Marrakech, secondo il Comitato UNESCO, può
essere riassunto in questi quattro criteri.

Il primo criterio è il numero impressionante di capolavori dell’architettura


e dell’arte appartenenti alla Medina, ognuno dei quali potrebbe giustifi-
care, da solo, un riconoscimento di Eccezionale Valore Universale.
Alcuni di questi sono: la Moschea Koutoubia, con l’ineguagliabile mi-
nareto di 77 metri, monumento essenziale dell’architettura musulmana,
uno dei punti di riferimento importanti del paesaggio urbano e il simbolo
della Città; la Kasbah, i bastioni, le porte monumentali e giardini; Palazzo
Badiâ, la Merdersa di Ben Youssef, le tombe dei Saâdiani, il Palazzo
Bahia e le grandi residenze; piazza Jamaâ El Fna, iscritta nella Lista
Rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale, un vero teatro
all’aperto che stupisce sempre i visitatori.

La capitale degli Almoravidi e degli Almohadi ha svolto un ruolo decisi-


vo nello sviluppo urbano medievale. Infatti la capitale dei Merinidi, Fès
Jedid (la Città Nuova), parte integrante della Medina di Fez, iscritta nel
1981 nella Lista del Patrimonio Mondiale, è un adattamento del prece-
dente modello urbano di Marrakech.

Marrakech ha inoltre avuto un impatto rilevante su tutto l’impero maroc-


chino, dandone il nome stesso, ed è un esempio completo di grande
capitale islamica del Mediterraneo occidentale.

Ultimo criterio è il valore della vita stessa che si è insediata nei 700 ettari
della Medina: l’antico habitat, reso vulnerabile dal cambiamento demo-
grafico, rappresenta un eccezionale esempio di città storica viva con il
suo groviglio di vicoli, le sue case, i souk, i fondouk, le attività artigianali

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e le tradizioni commerci.

A sinistra: vista aerea della Medina di Marrakech (Foto di National Geographic,1975)

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L’ARCHITETTURA D’ACQUA A MARRAKECH

Nel centro trova spazio il vuoto, dall’alto discende la luce del


giorno come si trattasse di una cascata. L’axis mundi che
mette in relazione la terra con il cielo. Nel più profondo della
nostra coscienza si risveglia qualcosa di primordiale
Carlos Correa

Nella mente e nell’immaginazione delle popolazioni musulmane, in op-


posizione all’ambiente arido e alla sete, solo il verde e l’acqua suscitano
entusiasmo e ispirano poesia. Solo i luoghi coltivati, le conquiste uma-
ne sulla natura selvaggia e addomesticata, hanno un valore, mentre la
natura vergine è sentita come ostile. La bellezza nasce dall’ordine e la
natura può pretendere di risvegliare la sensazione di bellezza solo una
volta che è stata addomesticata, incorniciata e ordinata. «La bellezza è
vita … e ordine». L’ordine del mondo, il ciclo delle stagioni, la luna che
scandisce i mesi di vita, il viaggio quotidiano del sole. La vita nasce
dall’acqua. L’arte di vivere e la bellezza dei giardini si sviluppa e appare
tutt’intorno all’acqua, dai luoghi in cui viene imbrigliata, fatta sgorgare
dalla terra, dalla quale viene incanalata nelle fontane e nelle vasche dei
giardini.

L’acqua è un elemento prezioso e ricorrente nell’architettura della Medi-


na, in quanto ha un valore simbolico, sia culturale che religioso. Come
quasi sempre nei giardini islamici, anche nelle architetture di Marrake-
ch, che siano palazzi, giardini privati e ryad, spesso c’è una sorgente
centrale. Le fontane, le vasche marmoree e gli specchi d’acqua uniti ai
pattern intricati danno vita a giochi di luce, mentre il continuo mormorio
dell’acqua favorisce la serenità dell’ambiente e l’introspezione.

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A sinistra: fontana per le abluzioni, moschea Mouassine (foto di Jean Gallotti, 1987)

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Nella civiltà musulmana l’acqua rappresenta un simbolo di vita e un se-
gno dell’esistenza e della potenza di Dio, e il paradiso è descritto nel
Corano come “giardini sotto i quali scorrono i ruscelli”2, ovvero giardini
disposti secondo lo stile charbagh, un tipo di giardino generalmente
molto regolare nel design e nella disposizione, ed è spesso suddiviso
in porzioni geometricamente identiche, come dimostra il fatto che il ter-
mine charbagh3 si traduce approssimativamente come “un giardino in
quattro parti”.

L’arte islamica è rigorosamente basata sul principio dell’assialità e della


simmetria. Il punto centrale è il luogo dove tutte le energie convergono,
il punto più importante della relazione tra la casa e lo spazio aperto,
sempre verticale e incentrato nel rapporto strutturante tra terra e cielo.
Il centro assume valore di un simbolo, luogo dell’acqua, punto in cui
convergono gli assi progettuali, diventa simbolo del paradiso descritto
dal Corano come un mondo ordinato in cui quattro fiumi si intersecano
in un centro.
La fontana o specchio d’acqua centrale del charbagh simbolizza a tal
riguardo il dare e sostenere la vita. I quattro canali che si estendono dal
centro rappresentano invece i quattro giardini dell’eden.
Il simbolismo del numero quattro è un tema ricorrente nel mondo mu-
sulmano4, quattro come le nature fisiche, le stagioni, gli elementi, i punti
cardinali e i venti.

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A sinistra: scatto del cortile di Medersa Ben Youssef (foto di Vogel & Rhoné, 1915)
Nelle pagine successive: cortili interni di case a Marrakech (foto di Jean Gallotti, 1926)

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Nella celebre opera di Attilio Petruccioli “Il giardino islamico. Architettura,
Natura Paesaggio” viene decritto il giardino come matrice costruttiva
della città islamica. Sembra un paradosso ma l’intricato sistema di stra-
de contenute tra alti muri privi di finestre è il risultato di un principio
insediativo che vede nel west-el-dar (il patio) e nel ryad (giardino-patio)
gli elementi cardine della costruzione urbana. Osservando una Medina
dall’alto l’immagine è quella di una fitta trama labirintica di pieni e vuoti
che definisce un vero e proprio mosaico minerale. I vuoti sono i cortili
delle abitazioni, luoghi centrali attorno i quali viene organizzata tutta la
vita domestica. Quando il patio acquista dimensioni e ruoli superiori di-
venta ryad, un giardino a servizio dell’abitazione. Il carattere intimo e
familiare del centro domestico si contrappone alla vivacità dei percorsi
pubblici e dei mercati (suks) della città attraverso un sofisticato rapporto
di mediazione che modula progressivamente le gerarchie dello spazio
urbano. Da questo punto di vita il rapporto tra città e paesaggio è stra-
ordinariamente preciso e costruito.

Tra giardino e città c’è un nesso stretto che ci parla di paesaggio: tanto
più la città è densamente costruita, quanto più la presenza dei giardini
al suo interno assume un significato importante. Il paesaggio è dentro
il giardino così come il giardino è dentro il paesaggio, come ci ricorda
Rodario Assunto nella “Ontologia e teologia del giardino”.

La città di Marrakech è ricca di giardini, pubblici e privati. Il più rilevante,


a sud della città, è la grande e regolare superficie dei Giardini della
Menara che si estende per circa 400 ettari di alberi da frutto, ulivi ma
anche limoni, aranci, albicocchi, fichi e melograni. Questa antica riserva
agricola reale è un vero e proprio parco agricolo aperto al pubblico.
Le piantagioni sono sapientemente irrigate attraverso una fitta rete di
canali superficiali, costantemente curata e mantenuta, alimentata da un
grande bacino d’acqua di forma quadrata. I Giardini della Menara sono
patrimonio storico della città ma oggi rappresentano anche un luogo

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produttivo e turistico, dunque un patrimonio ambientale unico.

A sinistra: cartolina raffigurante un angolo della Palmeraie (foto dell’editore di carte postali L.L, 1917),

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Il ruolo sociale degli specchi d’acqua

Che sia nelle moschee, nelle piazze o nei ryad, le fontane e le piscine
nella cultura marocchina rappresentano da sempre un luogo centrale di
incontro ed interazione sociale, punto di riferimento per amici e familiari.
Nelle moschee l’acqua è lo spazio della purificazione: è spesso caratte-
rizzato da una fontana di acqua corrente dove si recano i musulmani per
fare l’abluzione, il wu-dhu’, rituale di pulizia di alcune parti del corpo, che
permette di compiere la preghiera. L’acqua nelle moschee acquisisce
un carattere religioso e spirituale.
Nelle piazze e nei giardini gli specchi d’acqua sono per i cittadini un
punto di riferimento, dove riposarsi e rinfrescarsi.

Nei ryad invece il wast-el-dar (centro della casa) è il fulcro della casa e
la fontana o il bacino è il fulcro del cortile. L’acqua qui rappresenta la
forza vitale della casa, e raccoglie gli abitanti in diversi momenti della
giornata, soprattutto le donne della casa. Infatti, proprio in questo spazio
le residenti consumano i loro pasti, accolgono gli ospiti con il rituale del
tè, si occupano delle faccende di casa come cucire, ricamare o ripulire
le spezie.
Spesso e volentieri questi cortili ospitano anche eventi e celebrazioni,
sempre al femminile, accompagnati da canti e strumenti musicali.

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A sinistra: scene di vita dal Mausoleo di Sidi Abd El Aziz

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In basso e a sinistra: musicisti marocchini nel cortile di Dar Pacha Glaoui (1946)

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LES KHETTARA

Marrakech è riuscita, nel corso di nove secoli della sua storia, a costruire Ma la storia della valorizzazione dell’Haouz non farà che confermare, a
pazientemente una delle reti più dense di gallerie drenanti sotterranee. posteriori, la giustezza della scelta degli Almoravidi di rivolgere l’atten-
Nella città infatti si possono notare dei pozzi allineati su parecchi chi- zione ad un sito collocato all’incrocio di enormi giacimenti idraulici. In
lometri e distanti qualche metro gli uni dagli altri che nascondono un seguito, quando gli Almohadi presero Marrakech nel 1174, espansero
lungo sistema di tubature sotterraneo che va a cercare l’acqua nelle la costruzione di canali superficiali (seguia) per portare ancora più ac-
profondità del suolo (20 o 50 metri) e la fa risalire all’aperto per semplice qua. Da qui fondarono i grandissimi Giardini Menara e i Giardini Agdal.
effetto gravitazionale. Queste gallerie convogliavano l’acqua fino a 50 Questi ultimi sono i più vecchi giardini rimasti nella città e rimangono un
chilometri dalla base dell’Atlante fino a Marrakech. L’acqua così captata riferimento storico culturale molto importante. Dalle loro enormi vasche
viene raccolta in un grande bacino e utilizzata per soddisfare i bisogni di si attingeva l’acqua che serviva per le moschee e per gli hammam.
irrigazione e di approvvigionamento di acqua potabile delle città e delle
comunità rurali. E’ questa galleria drenante sotterranea che si chiama Anche se scoperta durante l’antichità, la tecnica delle khettara ha avuto
khettara o ayn a Marrakech, foggara nelle oasi sahariane e in Siria, qanât un uso limitato. Sono gli ingegneri dell’Islam che hanno assicurato la più
in Iraq ed in Iran, karîz in Afganistan e falaj in Arabia. grande diffusione di questo sistema, mai più eguagliata dopo l’VIII e IX
secolo.
La ricerca delle origini ci porta all’XI secolo che ha conosciuto l’avvento
della dinastia almoravida (1061-1147) e la creazione della città di Mar- Viene stimato oggi in circa 30.000 il numero di gallerie sotterranee in uso
rakech (1071). Prima di questa data, la pianura era abbandonata alla nel mondo. La loro lunghezza complessiva è superiore a 100.000 km.,
vegetazione selvaggia formata da giuggioli spinosi, pistacchi, palme più di due volte e mezza la circonferenza della terra. La reti più estese di
nane e olivastri. Gli uadi dell’Atlante (Ourika, Riraya, N’Fis…) finivano questi canali sotterranei si trovano in Afganistan e in Iran.
nelle bassure paludose prima di gettarsi nel Tensift.
Si contavano nell’XI e XII secolo, una cinquantina di gallerie che necessi-
É al centro di questo scenario che gli Almoravidi hanno scelto di inse- tavano un investimento di più di un milione di giornate di lavoro facendo
diare i loro accampamenti. Con la prospettiva data dall’analisi storica, ci appello a centinaia di specialisti (ingegneri idraulici, geometri, livellatori
si accorge come l’ubicazione della città fu assennata e perfettamente e sterratori). Tutto un quartiere fu edificato nella Medina di Marrakech
adatta ai vincoli dell’ambiente e della topografia. Marrakech fu costruita (Dchar Todgha) per assicurare la realizzazione e il proseguimento tec-
in un luogo sufficientemente lontano dal Tensift e dalle acque stagnanti nico di quest’impresa colossale. Si stima in 20.000 il numero di ettari
che lo circondano, vicinissima all’Uadi Issil, che costituisce un drenag- irrigati da questa prima rete di canalizzazioni sotterranee.
gio naturale del troppo pieno d’acqua e a una distanza dalla montagna
tale che essa poteva assicurarsi la maggior parte delle risorse idrauliche

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trasportate dagli uadi dell’Atlante. Certamente, tutti questi vantaggi non
sono apparsi immediatamente ai pianificatori dell’epoca.

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I numerosi vantaggi dei khettara hanno aiutato il loro sviluppo su larga Per architetti e urbanisti, le khettara rappresentano solo degli ostacoli
scala a Marrakech. Infatti, in una regione caratterizzata da deboli preci- destinati a sparire dato che ingombrano i terreni da lottizzare: il risultato
pitazioni annuali (meno di 300 mm. all’anno) la tecnica dei khettara ha è una massiccia azione per interrarle, pavimentarle e farle sparire. Oc-
permesso di sfruttare le falde sotterranee profonde e di portare l’acqua corre condurre un’azione di lungo respiro e colmare il vuoto giuridico
in superficie per i differenti usi (agricoli e non agricoli). Inoltre grazie al esistente, considerare certe khettara di Marrakech, soprattutto le più
ritardo dell’infiltrazione, il massimo dei flussi coincide spesso con la sta- antiche, come dei monumenti storici. Eliminarle significa infatti non solo
gione secca, quando il bisogno d’acqua è maggiore. I khettara hanno condannare a sparizione i rari spazi verdi che sopravvivono a Marra-
permesso l’approvvigionamento sul territorio di acqua pura e potabile kech, ma anche a confinare nella marginalità sociale, quella parte di
con una temperatura ideale, fresca d’estate e tiepida d’inverno, con il popolazione che vive di questo patrimonio e degli effetti benefici che
successivo stabilimento e sedentarizzazione della popolazione nei pres- distribuisce.
si delle canalizzazioni. I khettara hanno permesso anche il mantenimen-
to dei paesaggi caratteristici del palmeto e dei giardini di periferia della
città.

Gli ingegneri della colonizzazione francese (1912-1956), hanno intro-


dotto a questo sistema delle motopompe che diventarono alla lunga gli
strumenti predatori della falda freatica e crearono le condizioni di un
progressivo abbandono dei canali sotterranei. Un censimento del 1918
documenta ancora l’esistenza di 350 khettara in esercizio, nel raggio di
15 km. attorno alla città di Marrakech. Fino all’inizio degli anni settanta
c’erano ancora 567 khettara nell’intera regione dell’Haouz, delle quali
500 attive, capaci di erogare 5.059 litri al secondo. Se si collegassero
capo a capo queste gallerie, esse totalizzerebbero quasi 900 km di lun-
ghezza. Un’inchiesta realizzata nel 1985-86 dalla DRH (Direzione della
regione idraulica di Marrakech) su un campione di 37 khettara, ha rileva-
to la distruzione di più della metà di questo potenziale e la diminuzione
della resa del resto. Attualmente più del’80% di questo patrimonio risulta
distrutto o prosciugato. Le cause di questo degrado sono numerose, ma
si possono riassumere in due punti essenziali: super sfruttamento della
falda freatica mediante un pompaggio moderno spesso illegale e privo
di regole (all’epoca della fondazione di Marrakech il livello della falda
freatica si situava a 5 m di profondità, oggi questo livello si trova a più

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di 50 m) e urbanizzazione da parte dei colonizzatori che non tenne in
alcun conto le strutture idrauliche preesistenti.

a sinistra: pianta dei khettara di Marrakech


Pagina successiva: pozzi di collegamento ai khettara (foto di Peace-on-earth.org, 2009)

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Il progetto idraulico almohade I pianificatori dell’epoca erano spinti dalla volontà di costruire un Impero
L’epoca almohade (1130-1269) è caratterizzata dall’emergere di un dai vasti confini: un Impero che ha bisogno di un progetto incentivante e
potere centrale molto forte, sostenuto da un’ideologia religiosa unitaria federativo, un modello ideologico che permetta di ammirare tutta l’opera
e che si assicura, dall’inizio, il controllo delle tribù di montagna che si di una civiltà. Le fonti storiche ci raccontano, d’altronde, l’esistenza di
sono insediate lungo il Dir (regione pedemontana) dell’Alto Atlante. É un imponente corpo di Genio Civile, formato da ingegneri idraulici, ar-
il controllo delle istituzioni tribali, che permetterà il passaggio da una chitetti, impresari e da parecchie corporazioni di mestieri che servivano
strategia fondata sullo sfruttamento delle acque sotterranee a un piano il Principe e lo seguivano nei suoi frequenti spostamenti tra Marrakech e
d’intervento più elaborato che prevede non solamente la derivazione l’Andalusia, ed è probabilmente in quest’ambito che ha origine il proget-
dei corsi d’acqua, ma anche il trasferimento di risorse idrauliche da una to di sistemazione delle acque della pianura dell’Haouz.
regione all’altra.

Palazzo del sultano, corte interna, Médiathèque de l’architecture et du patrimoine (Foto di Garcia, 1916) Palazzo del sultano, corte interna, Médiathèque de l’architecture et du patrimoine (Foto di Garcia, 1916)

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I HAMMAM

Anche se l’hammam nella storia di Marrakech appare nel 7 ° secolo, la


pratica dell’hammam risale all’epoca romana nella civiltà cristiana. L’Im-
pero Romano, che si estendeva intorno al Mediterraneo, costruì molti
bagni, i “Thermae”, che rappresentavano la padronanza delle tecnologie
idrauliche di approvvigionamento idrico, stoccaggio, riscaldamento e
scarico da parte dei Romani, tecniche che furono tramandate agli arabi.

Più tardi infatti, nel 7 ° secolo dC, con la conquista della Siria e di
Alessandria nel 642 dC da parte degli arabi sulla costa mediterranea
dell’Egitto, nacque la religione musulmana. La sua influenza si estese
nell’Impero Ottomano, nel Maghreb e nel Medio Oriente, portando alla
creazione di bagni moreschi o bagni di vapore turchi, che si ispiravano
alle terme romane. Un aneddoto racconta che i manoscritti della bi-
blioteca di Alessandria, durante la sua distruzione, furono bruciati per In alto: stampa illustrazione del hammam arabo
riscaldare l’hammam. In basso: schema della struttura del hammam

In arabo, “hammam” significa acqua calda ed è caratterizzato da un


bagno di vapore dove la piscina di acqua fredda dei tipici bagni termali
romani scompare perché considerata inadatta, considerata impura per-
ché l’acqua ristagna. I musulmani prediligono stanze calde e umide con
rubinetti e acqua corrente. Gli hammam tradizionali marocchini sono
chiamati “Beldi”, sono gli hammam pubblici.

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Come nelle terme romane, l’hammam nella storia di Marrakech è com-
posto da diverse stanze di diverse temperature: il guardaroba o sala
di ricevimento si chiama al-maslakh, freddo in arabo; poi il bagno, non
riscaldato, si chiama barid, la stanza successiva moderatamente riscal-
data si chiama wastani, e infine la stanza più riscaldata si chiama harara,
caldo in arabo.
Il rito del hammam presenta diversi step. La prima parte consiste nel
rimanere nella stanza più calda per un po‘ per attivare la sudorazione e
la dilatazione dei pori della pelle, permettendo alle tossine di fuoriuscire.
In seguito, si insapona il corpo con il sabon el-beldi, un sapone natura-
le nero marocchino. Questo sapone permette di ammorbidire lo strato
esterno di cellule morte della pelle, che vengono poi esfoliate energi-
camente con il kissa, un guanto esfoliante che rimuove le impurità dalla
superficie della pelle. Dopo la fase di esfoliazione si passa alla stanza
tiepida (wastani) per continuare con i trattamenti di hennè e maschere
per capelli e corpo in argilla, per poi terminare con una fase di risciac-
quo, generalmente nella stanza fredda.

A sinistra: vista esterna di un hammam in un giardino privato (Jean Gallotti, 1926)


In basso: prodotti dei rituali del hammam (hennè, sabon el-beldi e argilla)

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Visto il loro sviluppo nel mondo arabo-musulmano dopo l’avvento dell’I-
slam, l’hammam assume anche un carattere religioso, in quando la pu-
rificazione del corpo e dell’anima prima della preghiera fanno parte dei
doveri di un musulmano, specialmente il venerdì, giorno sacro islamico.
Anche per questo è comune trovare ancora molti hammam attivi nei pa-
esi islamici, e spesso l’hammam si trova proprio accanto alla Moschea.
L’hammam era originariamente riservato agli uomini, poi sono state am-
messe le donne, mantenendo tuttavia due aree separate.

I hammam sono strutture pubbliche tutt’ora frequentate da persone di


ogni classe sociale, e rappresentano anche un luogo di incontro socia-
le. In passato a Marrakech l’acqua calda non arrivava alle case delle
persone; infatti, solo le famiglie benestanti avevano un bagno di vapore
in casa, anche se questo aveva solo una stanza calda. La produzione
di acqua calda richiedeva un lungo o addirittura permanente riscalda-
mento del camino. Ciò significava una manutenzione continua, costosa
e dispendiosa in termini di tempo. La crescita popolare degli hammam
permise l’accessibilità e disponibilità di acqua calda corrente sia ai bi-
sognosi che alle persone più benestanti.

Oggi l’accesso ai hammam pubblici popolari costa tra i 10 e 20 dirham


marocchini, che corrisponde a 1-2 euro, oppure 50 dirham (circa 5 euro)
se si vuole richiedere uno scrub da parte di uno degli addetti del ham-
mam.
Per accedere a un hammam popolare è necessario portare il proprio
secchio per l’acqua, un tappeto in plastica su cui sedersi, ciabatte,
asciugamani e i propri prodotti da bagni.

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Pagina precedente: il rituale di esfoliazione (Foto di Tuul e Bruno Morandi)
A sinistra: ingresso hammam Marrakech (Foto di Georg Berg)

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IL PALAZZO EL BADI

Il Palazzo El Badi è la testimonianza dell’età d’oro di Marrakech, poi


crocevia di carovane e capitale del potente regno del Marocco. Dopo il
suo ritorno dall’esilio, il sultano Ahmed El Mansour fece costruire que-
sto monumento per celebrare la vittoria del potente esercito saadiano
sull’occupante portoghese. Considerato un paradiso terrestre da diver-
se testimonianze, palazzo El Badi è un gioiello dell’arte islamica. Doveva
rappresentare il simbolo del potere di un enorme sultanato che si esten-
deva dal Mediterraneo al Niger.

In seguito alla vittoria dei Saadiani sui Portoghesi, durante la battaglia


dei tre re, il Sultano Ahmed El Mansour fece costruire il Palazzo El Badi,
nel 1578. I lavori durarono fino al 1594, anche se alcuni lavori di costru-
zione continuarono fino al 1603, anno in cui morì il Sultano.

Il nome El Badi significa “l’incomparabile”, uno dei 99 nomi dati a Dio


nell’Islam5. Il complesso del palazzo El Badi, o Ksar Badii in arabo, si
trova nel nord-est della Kasbah degli Almohadi, nel quartiere Mellah di
Marrakech, vicino al palazzo privato del Sultano. La funzione del Palaz-
zo El Badi è soprattutto politica: mostrare il potere del Sultano con una
decorazione sontuosa e una dimensione ineguagliabile deve impres-
sionare tanto l’Elite del regno quanto le ambasciate straniere in visita in
Marocco durante le udienze.

Ispirandosi al Palazzo dell’Alhambra di Granada, in Spagna, per il pa-


lazzo sono stati usati materiali particolarmente preziosi: legno di cedro
dell’Atlante, marmo di Carrara dall’Italia, ceramica dalla Spagna, oro dal
Sudan, giada dalla Cina, onice dalla Francia, avorio dalla Africa nera. I
migliori artigiani marocchini lavorarono nel sito del Palazzo. Nel progetto
parteciparono anche architetti e artigiani stranieri, questo dovuto all’in-

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teresse del Sultano nei confronti della manodopera.

A sinistra: vista Palazzo El Badi

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La porta principale del complesso del palazzo si chiama bab al rokham,
una porta di marmo, e si apre nell’angolo sud-ovest del palazzo, sul lato
della Kasbah. Un sistema di corridoi e stanze sotterranee permetteva
alla servitù di circolare senza essere vista. I seminterrati comprendeva-
no anche hammam, cucina e una prigione.

Il cortile interno è lungo 135 metri e largo 110 metri con al centro una pi-
scina di 90 metri di lunghezza per 20 metri di larghezza, sormontata da
un getto d’acqua. Al centro di esso si trova una fontana monumentale,
con quattro aiuole sottostanti piantate da alberi da frutto. Nei 4 angoli del
palazzo si trovano 4 piscine di 30 metri per 10 metri.

Sul perimetro del cortile del palazzo poi sono costruiti due grandi padi-
glioni: il padiglione verde e l’eliotropio. Delimitati da un lungo loggiato di
ampia superficie, questi padiglioni comprendevano gli spazi destinati
In alto: scavo delle mura originali di palazzo El Badi
alla residenza dei visitatori e degli ambasciatori.
A sinistra: pianta di palazzo El Badi
In basso: particolare del disegno conservato nella Biblioteca dell’Escorial rappresentante il palazzo El Badi
Sovrastanti una cupola lignea riccamente decorata sorretta da dodici
colonne e fiancheggiati da piccole vasche di raffreddamento a terra,
questi due padiglioni erano frequentati dal Sultano: il padiglione del
pubblico per ricevere ambasciate e visitatori, il padiglione di cristallo ad
uso privato. Entrambi sono quasi identici nello stile con pavimenti zellige
e affiancati da due file di colonne di marmo.

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L’impianto idraulico
Una particolare attenzione merita l’analisi dei resti conservati sul pavi-
mento di questo padiglione e che sono fondamentalmente legati all’im-
pianto idraulico che alimentava e drenava la fontana e le vasche poste
all’interno. Tutto l’attuale pavimento del padiglione viene presentato
come risultato del saccheggio prodotto nell’edificio che ha causato la
scomparsa dei pavimenti e di una parte considerevole delle condutture
dell’acqua. Tuttavia, essendo inglobate in un ammasso di calicanto mol-
to resistente, hanno lasciato attaccati abbondanti resti e molte tracce
che permettono di sapere come era disposto il sistema di approvvigio-
namento idrico ed evacuazione.

All’interno del padiglione erano disposte due piccole vasche rettangola-


ri, allineate all’asse principale e una fontana che ne occupava il centro
geometrico. Delle vasche si sono conservate la pavimentazione quasi
completa e resti del rivestimento delle loro pareti, nonché le tracce delle
In alto: vista del portone e delle mura storiche di palazzo El Badi
tubazioni di adduzione e delle tubazioni di drenaggio praticamente in-
In basso: veduta dell’attuale piano del padiglione occidentale che mostra i resti dell’impianto idraulico
tegre. Tutto questo ci permette di sapere con precisione come avrebbe
potuto funzionare l’impianto idraulico, che dobbiamo considerare piut-
tosto sofisticato.
Le due vasche erano ricoperte da una fine piastrellatura che presenta
un motivo a fiocco a 12 ruote con nastro bianco e cesti, seni, mandorle
e luci della ribalta in nero, verde miele e blu.

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In basso: Marrakesh e il Palazzo El Badi (di Adriaen Matham, 1640)

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Rilievi e rappresentazioni di Palazzo El Badi
Nel 1623 l’ingegnere olandese Jacob Gool, o Golius, realizza una pianta
schematica ma abbastanza ben proporzionata e dettagliata, che viene
poi pubblicata da John Windus nel 1725.
La Scuola di studi arabi (EEA Escuela de Estudios Árabes) è un istituto
di ricerca appartenente al Consiglio superiore spagnolo per la ricerca
scientifica (CSIC Consejo Superior de Investigaciones Científicas) a
Granada in Spagna. Ha svolto importanti ricerche archeologiche sulla
costruzione del palazzo El Badi, in connessione con le loro ricerche sui
palazzi arabo-musulmani dell’Andalusia, in particolare l’Alhambra di
Granada. Grazie alle nuove tecnologie informatiche, i modelli virtuali 3D6
di Palazzo El Badi, di González e Berenguel con ipotesi di decorazione
di Antonio Almagro, sono stati realizzati dalla Scuola di Studi Arabi. I
risultati danno vita impressionante al gioiello dell’impero Saadiano, il
Palazzo El Badi a Marrakech.

in alto: vista sul cortile principale e sulla piscina del palazzo


a sinistra e in basso: veduta ricostruita del palazzo El-Badi da nord-est e da est (immagini realizzate da M.
González e L. Berenguel sulla base dell’ipotesi di A. Almagro)

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Il palazzo come spazio di intrattenimento
Anche allo stato attuale, il complesso sontuoso impressiona il visitatore.
Sia la memoria del potere che lo splendore del regno Saadiano, i volumi
del sito danno il tono. Gli scavi archeologici intrapresi durante il protetto-
rato francese nel 1953 stabilirono la configurazione del palazzo El Badi.
Dal 2011, il palazzo badii è stato utilizzato come palcoscenico per il
festival di lingua francese Marrakech du rire de Jamel Debbouze. Per
l’occasione viene installata una platea a teatro con un sistema di sedute,
oltre a una passerella rialzata decorata con motivi geometrici. Inoltre
questo festival, che si tiene la sera, prevede delle proiezioni di luci e
colori sulla superficie delle rovine. Inoltre, ogni anno a giugno o luglio,
il palazzo ospita il Festival Nazionale delle Arti Popolari, con musica dal
vivo e spettacoli di danza che si svolgono all’interno dei terreni del pa-
lazzo.
Nel 2019 poi il sito è stato utilizzato come cornice per una sfilata di moda
dalla famosa casa di moda Christian Dior a Parigi per la sua collezione
da crociera 2020. Altri eventi privati si svolgono anche nel cortile delle
rovine di palazzo El Badi.

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Pagine precedenti, in alto e in basso: immagini evento comico “Marrakech du rire” In alto ed in basso: ballerini e spettacoli del Festival Nazionale delle arti popolari

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DIOR A PALAZZO EL BADI

La magica atmosfera del Palazzo El Badi in Marocco fa da sfondo alla


sfilata di presentazione della Cruise Collection Dior 2020: disegnata
da Maria Grazia Chiuri, direttrice artistica delle creazioni donna della
Maison, la collezione riassume il dialogo tra il guardaroba Dior e la moda
africana.

Il 29 aprile 2020, mentre il sole tramonta sulla vivace città di Marrakech, i


bagliori del fuoco illuminano il maestoso Palazzo: al suo interno, le cera-
miche e i tessuti tradizionali marocchini impreziosiscono la scenografia
della sfilata cruise Dior 2020. La scelta della medina non è casuale.
Luogo ricco di significato e storico punto di incontro tra il mondo euro-
peo e quello africano, Marrakech ricorda anche il primo successore di
Christian Dior, Yves Saint Laurent.

Da sempre ispirata e affascinata dalla ricchezza delle culture africane,


proprio come il suo predecessore, Maria Grazia Chiuri ha incentrato la
collezione sul wax, tessuto emblematico dell’intero continente. Le stam-
pe, simbolo che riunisce gli stili più disparati, sono declinate in una mol-
titudine di motivi e colori. Per la collezione è stata creata una versione di
wax in edizione speciale che integra i codici Dior nella trama del tessuto.
La celebre Toile de Jouy7 della Maison viene reinventata attraverso l’uso
del wax, il motivo dei tarocchi viene rivisitato per l’occasione e l’iconico
tailleur Bar sottolinea la forza di una stampa divenuta un codice univer-
sale della moda.

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A sinistra: Dior a palazzo El Badi

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I tessuti predominanti sono il toile du jouy, ma un toile interamente pro-
gettato e prodotto come stampa a cera nella città di Abidjan in Costa
d’Avorio da un atelier chiamato Uniwax. Uniwax realizza autentiche
stampe africane in cera su cotone. Questi sono il vero affare: bifaccia-
le, gloriosamente e intenzionalmente imperfetto, laborioso, narrativo ed
espressivo.

La direttrice artistica di Dior ha portato a Uniwax le sue toiles delle sta-


gioni passate – con le sue creature della giungla, la flora stravagante e
le allusioni ai tarocchi – e ha chiesto di progettare le loro versioni di que-
sti motivi e di stampare nella loro tavolozza ideale (uno un mix di ocra
/ granato / navy / smeraldo, l’altro navy / crema). I risultati coinvolgono
leoni massicci, creature mitologiche alate, uccelli scintillanti e riferimenti
divertenti ai numeri e alle parole associate ai tarocchi. Questi sostanziali
toiles di cotone costituiscono la base di abiti e tute, abiti da ballo dell’im-
pero e giacche capienti.

Le forme sono in gran parte familiari agli amanti del Dior di Chiuri: ca-
pi-spalla da ragazzo con frocks da ragazza, pantaloni anti-fit con giac-
che sinuose croccanti e camicie da bowling cool solo perché. I vestiti
sono riccamente decorati, con tessuti completamente stampati, ma la
storia dietro i vestiti è ancora migliore. La stampa a cera olandese è un
prodotto che ha un passato multiculturale, che coinvolge Asia, Europa
e Africa. È anche un prodotto che è stato sminuito da imitazioni digitali
grezze e ampiamente utilizzate.

E così, in un momento di crescente isolamento culturale e polarizzazio-


ne, Chiuri sta discutendo contro la ristrettezza mentale nel design e nella
produzione. Inoltre, per Dior sostenere stampe a cera autentiche signifi-
ca fare una dichiarazione globale che un tessuto africano può incarnare
il lusso ai massimi livelli.

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Pagina precedente e a sinistra: modelle della sfilata Dior a palazzo El Badi

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Pagine precedenti: allestimento delle postazioni per gli ospiti della sfilata
In alto ed in basso: allestimento della sfilata, staff e intrattenimento musicale tradizionale
A destra: allestimento scenografico di illuminazione sul palazzo

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L’allestimento
La Maison di moda in questa sfilata ha voluto far vivere un sogno orienta-
le, ricreando una visione poetica del palazzo con un allestimento fiabe-
sco, semplice ma di grande impatto, con la collaborazione dell’agenzia
di eventi locale DELIGHT.
In questo progetto fu molto importante il lavoro di illuminazione: candele,
fari, lampadari pendenti dal soffitto hanno illuminato le stanze e il cortile
del palazzo. La piscina centrale del palazzo viene svuotata, per essere
rivestita con pannelli neri, riempita con poca acqua ed abbellita con
mille candele e grandi falò.
In occasione dell’evento Dior ha collaborato con numerose realtà loca-
li, per ricreare un’atmosfera marocchina autentica. La passerella dove
hanno sfilato le modelle è composta da una serie di tappeti tradizionali
marocchini chiodati nel terreno, e le sedute degli ospiti rappresentano
dei mini salottini tradizionali, con i seddari, tipici divani locali.

A sinistra: allestimento sulla piscina nel cortile di palazzo El Badi con candele
In basso: allestimento dell’area per la cena

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YSL NEL DESERTO DI AGAFAY

Pensiamo alla vita come a un pozzo inesauribile. Eppure, tut-


to accade un certo numero di volte, e un numero molto picco-
lo, in realtà. Quante altre volte ricorderai un certo pomeriggio
della tua infanzia, un pomeriggio che fa così profondamente
parte del tuo essere che non puoi nemmeno concepire la tua
vita senza di essa? Forse quattro o cinque volte di più. Forse
nemmeno. Come molte altre volte guarderai sorgere la luna
piena? Forse venti. Eppure, sembra tutto illimitato.
The sheltering sky, Paul Bowles

Queste parole sono tratte dal romanzo esistenziale del 1949, scritto da
Paul Bowles8 e ambientato in Nord Africa. Parole che trattano di spazio,
vita e memoria, che verranno poi riprese da Anthony Vaccarello come
concept per la Collezione Uomo Primavera Estate 2023.

Venerdì 15 luglio 2022, il designer belga e direttore creativo di Saint


Laurent è partito per il deserto ventoso di Agafay, ai confini sud-orientali
di Marrakech, mentre si estende verso le montagne dell’Atlante verso
Taroudant. Lì, con la collaborazione della scenografia di Es Devlin, lo
studio creativo Bureau Betak e le avventure nel deserto di Bowles, ha
immaginato un porticato a specchio rivolto verso il tramonto e circon-
dato da una piscina rotonda color inchiostro sprofondata nella sabbia.

La scenografia suggestiva voleva creare uno spazio surreale, senza


tempo, con la partecipazione musicale di archi e pianoforte, che hanno
preceduto e accompagnato la sfilata.
La sfilata si è aperta con un anello di fumo che si arricciava attorno al
perimetro dell’altopiano sabbioso, le modelle apparivano come sagome
scure che punteggiavano l’infinita vista del deserto, aggirando il bordo

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più lontano dell’acqua, per poi sfilare attorno alla piscina d’acqua.

A sinistra: vista dell’anello illuminato con l’effetto nebbia

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YSL e Marrakech
Quando lo scrittore americano Paul Bowles pubblicò il suo romanzo, il
giovane pied-noir francese Yves Saint Laurent non aveva ancora lascia-
to la sua città natale di Oran, in Algeria, per le luci brillanti di Parigi. Ha
messo piede per la prima volta a Marrakech quasi due decenni dopo
con il suo partner Pierre Bergé, nel 1966. La storia della Maison narra il
legame d’affetto che lo stilista nutriva per la città di Marrakech, che era
diventata per lui rifugio intimo, dove godeva di un ritmo di vita più calmo
e semplice, in contrasto con il suo intenso programma di lavoro parigino.

L’eminente significato personale di Marrakech per il fondatore della casa


è lo sfondo suggestivo di Anthony Vaccarello per la nuova collezione.

In questa collezione lo smoking, forse l’elemento più seminale del vo-


cabolario Saint Laurent, viene ancora una volta reinterpretato, raffina-
to e intriso di possibilità, una continuazione delle variazioni esplorate
da Vaccarello nella collezione Autunno Inverno 2022 del marchio per
donne. Vengono proposte nuove soluzioni per colletto e spalle, opzioni
mono e doppiopetto, oltre a un’iterazione color crema disinvolta ma mo-
derna dello smoking in faille di seta leggera. Predominante è la vita alta
accompagnata da una gamba larga, elementi che creano una forma
allungata occasionalmente interrotta da accenti stretti o squadrati.

Le sagome sono globalmente più rilassate, riflettendo una semplicità


di vita tipica di Marrakech. I pezzi esterni sono più sciolti, fluidi, meno
costruito: i cappotti in raso arricciato avvolgono il corpo quasi a terra
mentre le giacche sartoriali hanno una nitidezza grafica. Se mai ci fosse
una linea tra cosa costituisce un guardaroba “maschile” e ciò che ren-
de i vestiti “femminili”, qui si dissolve elegantemente. Nella collezione è
ricorrente l’uso del grain de poudre, un tessuto di lana finemente tattile
amato da Yves Saint Laurent.

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A destra: modelle della sfilata YSL ad Agafay

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La scenografia
L’ambientazione dello spettacolo onora la maestosa bellezza del Ma-
rocco. In mezzo al vasto e arido sconosciuto Es Develin, scenografa
londinese, ha creato un colonnato rivestito di specchi che circondava
file di sgabelli rosso polvere simili a pietre creati da artigiani locali, non-
ché un’oasi circolare con laghetto al centro dello spazio espositivo. Gli
ospiti si sono seduti di fronte al picco del deserto in lontananza, mentre
la vista delle dune di sabbia è stata offuscata dalla nebbia artificiale che
si alzava dal terreno ai margini dell’ambientazione all’inizio dello spet-
tacolo. Quando lo spettacolo volgeva al termine, un anello di metallo
perforato, illuminato sul bordo interno, si è alzato dallo stagno rotondo,
attorcigliandosi, ruotando ed emettendo la stessa nebbia artificiale che
offuscava lo spazio dell’evento.

Pagina successiva: prospetto frontale e sezione laterale dell’anello in acciaio9

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CONCLUSIONI

L’acqua è il fondamento di Marrakech e della sua vita sociale: ne ha Una delle maggiori sfide è la valorizzazione della vecchia Medina come
influenzato le abitudini, gli usi e i costumi. La rete di canali sotterranei patrimonio composto da beni immobili e culturali, affinché possa man-
dei khettara ha garantito per secoli lo sviluppo di questa città, portando tenere la propria identità nel futuro agglomerato di Marrakech. La con-
all’espansione della Medina e alla nascita di tipologie architettoniche nessione tra fashion e heritage potrebbe caratterizzare una possibile
che dialogano con il contesto. soluzione al problema. Il mondo della moda, infatti, è responsabile della
La pratica urbanistica e architettonica locale però, così come i suoi preservazione di numerosi patrimoni UNESCO, grazie al mecenatismo
metodi di costruzione, sembrano oggi solo interpretare l’immagine po- culturale, quella volontà di associarsi a un patrimonio culturale e storico
sitiva della modernità, non curante dei secoli di storia nascosti sotto la e prendersi carico della sua conservazione, in cambio di agevolazioni
superficie della Medina. Marrakech è abbandonata ai turisti in cerca di economiche. Il problema però risiede nel momento in cui gli interventi
una rappresentazione esotica della città araba, causando una graduale di queste Maisons di moda, che siano allestimenti o eventi, non vanno
perdita della sua bellezza autentica. In quest’ottica i khettara sono visti a rispettare o a valorizzare pienamente il sito, o anzi vanno ad impattare
come un ostacolo da abbattere, malgrado molti di questi siano tutt’oggi negativamente dal punto di vista ambientale, come nel caso di YSL nel
utilizzati come canali d’acqua, soprattutto nei quartieri più poveri. deserto di Agafay. I casi di Dior e YSL sono interessanti per il modo in
Il fenomeno di urbanizzazione moderno mette a rischio il valore univer- cui hanno deciso di interpretare la Medina rossa, andando entrambi ad
sale della Medina. Un luogo senza radici, senza memoria, distaccato implementare il tema dell’acqua come fonte centrale dell’allestimento,
dai riti, i gesti, i viaggi magici che hanno tanto definito e caratterizzato la e al contempo dimostrano che ci sono diversi metodi di approccio nei
città, è un luogo senza memoria, è un luogo vuoto. Le splendenti rovine confronti di un territorio e di una società.
senza il loro passato diventano una mera fantasia in mezzo al deserto.

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note bibliografia

1. World Heritage List è la denominazione ufficiale delle aree registrate nella lista del patri- AlmAgro, Antonio. Análisis arqueológico del pabellón occidental del palacio al-Badi’ de Marrake-
monio mondiale ch. Arqueología de la Arquitectura, 2013
2. Corano 9:72. I giardini sono menzionati nel Corano per rappresentare una visione del pa-
radiso. Afferma che i credenti abiteranno in “giardini, sotto i quali scorrono i fiumi”. AltmAn, Nathaniel. Sacred water: the spiritual source of life. Paulist Press, 2002
3. Il charbagh, visto come un simbolo islamico del paradiso, si è evoluto dai canali di irri-
gazione del mondo antico. Dar, Ishfaq Khursdhid. “Mughal Gardens As A Reminder Of Attilio, Petruccioli. Il giardino islamico. Architettura, natura, paesaggio. Electa, Milano, 1994
Paradise And A Place Of Pleasure.” Think India Journal 22.4 (2019): 9884-9889.
4. La sura 55 del Corano, “Il misericordioso”, contiene la descrizione più dettagliata del con- Bennison, Amira K. Almoravid and Almohad Empires. Edinburgh University Press, 2016
cetto spirituale islamico del giardino. Sono descritti quattro giardini e il numero quattro
gioca un ruolo importante nella disposizione geometrica di un giardino islamico, poiché è Bogoni, Barbara. Morocco, Architetture Paesaggi città. Universitas Studiorum, 2015
tipicamente disposto all’interno di un rettangolo.
5. I nomi di Dio nell’Islam sono 99, dalle valenze particolarmente sacre, note solo agli spiriti Boughrous, Ali Ait. Biodiversité, écologie et qualité des eaux souterraines de deux régions arides
più elevati e particolarmente edotti dal loro lungo e faticoso cammino di apprendimento. du Maroc: le Tafilalet et la région de Marrakech. Université Cadi Ayyad Faculté Des Sciences
6. Almagro, Antonio. Análisis arqueológico del pabellón occidental del palacio al-Badi’ de Semlalia Marrakech, Marrakech (2007)
Marrakech. Arqueología de la Arquitectura, 2013
7. Il termine “toile de Jouy” si riferisce a una piccola città francese Jouy-en-Josas, vicino Bowles, Paul. The Sheltering Sky, 1949
a Versailles, sede della Manifattura Oberkampf. Christophe-Philippe Oberkampf (1738-
1815), imprenditore francese di origine tedesca, fu tra i primi produttori di questi tessuti. DAr, Ishfaq Khursdhid. Mughal Gardens As A Reminder Of Paradise And A Place Of Pleasure.
8. Citazione dal romanzo giallo di Paul Bowles, The Sheltering Sky, 1949 Think India Journal 22.4 (2019): 9884-9889.
9. Disegni tecnici reperiti dallo studio della scenografa Es Develin
gAllotti, Jean. Le jardin et la Maison arabes au Maroc. Albert Lèvy Edizioni, 1926

Jenkinson, E. J. “The Rivers of Paradise.” The Muslim World 19.2 (1929).

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stuDio Ko. Yves Saint Laurent Museum Marrakech. Phaidon Press, 2022

wilBAux, Quentin, michel Lebrun, KirK, McElhearn. Marrakesh: the secret of courtyard houses.
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