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A

Le peculiarità © IL V

del
Pinus pinea

Il pino domestico (Pinus pinea)


è sicuramente una delle
specie più rappresentative
del paesaggio italiano.
Tuttavia, la sua ormai
irrinunciabile presenza
nel contesto urbano
si traduce sia in un
apparentemente insanabile
danneggiamento dei
manufatti, sia in un rischio
per le persone, esposte
all’imprevedibile verificarsi
di cedimenti strutturali.
Purtroppo, le peculiari
caratteristiche anatomiche,
morfologiche e fisiologiche
di questa specie la rendono
particolarmente refrattaria
all’impiego delle più note pratiche
diagnostiche e arboricolturali
per la sua adeguata gestione
di lungo periodo. In questo senso,
il patrimonio arboreo
di Viale Ceccarini a Riccione
rappresenta un caso emblematico
nel quale l’importanza storica
del Pinus pinea si coniuga
con la riconoscibilità del sito
e con i più comuni disagi causati
da questo albero.
Forte del patrimonio di
informazioni relative all’impianto
arboreo del viale, a partire dal
2009 Geat Spa, azienda al servizio
di diverse municipalità tra cui
la città di Riccione,
ha commissionato un approfondito
studio di questi pini, coinvolgendo
un gruppo di lavoro internazionale
di professionisti, costituito da
Pierre Raimbault, Mark
Duntemann, Stefania Gasperini
e Giovanni Morelli.

Viale Ceccarini e il suo filare


di pini domestici hanno
SARA PANELLI

accompagnato l’evoluzione
e la trasformazione della città
di Riccione nel tempo.

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PARLIAMO DI... PINO DOMESTICO IN AMBITO URBANO
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Un cittadino
sconosciuto

Lo studio, partendo dall’analisi delle caratteristiche generali del Pinus pinea


e arricchito dall’esame ipogeo ed epigeo di numerosi impianti arborei, ha cercato
di svelare i meccanismi biologici che sottendono al suo peculiare comportamento,
al fine di ottenere indicazioni utili per la sua corretta gestione in città
Testo ed elaborazioni grafiche di
Giovanni Morelli, agronomo; Pierre Raimbault, esperto di fisio-morfologia delle piante arboree

l pino domestico (Pinus pinea), albero emblema- gabile cedimento strutturale di esemplari ritenuti

I tico del paesaggio costiero italiano, deve la sua


fortuna alla capacità di sviluppare il suo incon-
fondibile profilo in tutte le condizioni pedoclimatiche
fisiologicamente sani e meccanicamente stabili.
La città di Riccione, di fronte al cronico ripropor-
si di questi fenomeni su Viale Ceccarini, l’asse stra-
che gli vengono offerte, comprese quelle più ostili, dale più rappresentativo del noto centro turistico,
proprie del contesto urbano. D’altro canto, l’onni- ha quindi deciso di condurre uno studio orientato
presenza di questa specie nei centri abitati della costa alla determinazione delle poco approfondite cause
adriatica centro-settentrionale evidenzia almeno due della loro insorgenza. Questa decisione, tuttavia,
ben note problematiche: il sollevamento sistematico poneva evidentemente un primo quesito di carattere
delle pavimentazioni e l’occasionale, talvolta inspie- metodologico: come può essere affrontato lo

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studio di una specie arborea presso-
Più che un viale, un’istituzione … ché sconosciuta? In termini generali,
infatti, lo studio degli alberi si articola in
V iale Ceccarini, Riccione, più che un viale, un’istituzione…”. Ci è rimasto nelle
orecchie, a noi riccionesi, questo ritornello di una delle canzoni più note di
Dino Sarti, che è stato uno chansonnier bolognese, innamorato della nostra città.
tre fasi tra loro sinergiche pur se concet-
tualmente ben distinte: analisi fitosanita-
Ci raccontava a modo suo il fascino che questo viale, con i suoi locali eleganti, i ria, analisi meccanica (valutazione di
suoi bar, lo “struscio” delle passeggiate estive, esercitava sul bagnante venuto da stabilità) e, più recentemente, analisi
fuori. Non è stato ancora spiegato come è accaduto che un semplice viottolo al-
morfo-fisiologica. Tuttavia, questa conso-
berato, che collegava l’abitato, il Paese, alla marina, sia poi assurto alla dignità di
un luogo-simbolo del saper vivere. In realtà, raccontare la storia di viale Ceccari- lidata consuetudine diagnostica non risul-
ni, significa ripercorrere la storia della città di Riccione. ta soddisfacente nel caso del pino dome-
La prima data da citare è il 1865: la fermata regolare del treno omnibus al passag- stico. Quali conseguenze trarre da questa
gio a livello in fondo al viottolo. Uno dei primi a scommettere sul futuro fu il conte constatazione? Il pino domestico presen-
Giacinto Martinelli che elabora un “piano regolatore” da città-giardino, con ampi via-
ta forse caratteristiche che lo distinguono
li alberati, generosi di ombreggiatura nei mesi estivi. Lungo il viale aprono i primi ri-
storanti sulla marina. Una benefattrice venuta dalle Americhe, Maria Boorman in da altre specie? Di fatto, tali interrogativi
Ceccarini, mette a disposizione le sue ricchezze per costruire un ospedale e un hanno guidato questo studio alla definizio-
giardino d’infanzia. Siamo nel 1893, e il generatore elettrico dell’ospedale accende ne delle peculiarità morfogenetiche sia
anche i lampioni del viale. Riccione deve tutto a questa signora, e al marito Giovan- della porzione aerea che dell’apparato
ni, medico e patriota pesarese, e nel 1912 il viale le viene ufficialmente dedicato.
radicale, alla scoperta delle singolari carat-
Nel frattempo, il viale è già assurto a luogo di passeggio elegante. C’è il teatro
Sghedoni, dove si tengono le feste, e si rispecchia l’aristocrazia del denaro e delle teristiche strutturali del legno e degli origi-
professioni. L’avvento del Fascismo porta a Riccione, al seguito del Duce, tutto il bel nali comportamenti meccanici della
mondo romano, lo star-system del Ventennio. Gli anni Sessanta, con le loro follie specie; il tutto nell’intento di proporre una
colorate, confermano Riccione nel suo ruolo di vetrina internazionale. spiegazione delle attitudini plastiche e
Quello che rimane oggi di tanto splendore, è lo spirito di una città che vuole rima-
strutturali del pino.
nere al top. Che si propone come laboratorio di idee per sperimentare il nuovo, gli
stili di vita che segneranno gli anni a venire, le tendenze e le mode che si evolvo-
no e si rinnovano senza posa. Viale Ceccarini oggi deve essere per noi il simbolo Le peculiarità
di questa ricerca, il luogo di un’identità e di una tensione continua verso il nuovo. della porzione aerea
Perché questo Riccione vuole continuare a essere un posto in cui vivere bene. Lo sviluppo individuale di ogni albero
Massimo Pironi, Sindaco di Riccione
segue alcune regole generali, il cui risul-

Figura 1 - Sviluppo del pino domestico. A, B. Negli stadi 3 e 4, la dominanza apicale del tronco (freccia) è troppo forte per permettere lo sviluppo
APPARATO AEREO

ipotono delle branche laterali, tutte spiccatamente plagiotrope (orizzontali). C. Allo stadio 5, il fisiologico indebolimento della dominanza apicale
permette il progressivo sviluppo ipotono degli assi secondari e terziari. La struttura del pino rappresentato è segnata da due bruschi arresti della
dominanza apicale, coincidenti con altrettanti livelli di biforcazione a tronchi ineguali (frecce rosse). D. Allo stadio 6, l’ormai marginale azione della
dominanza apicale porta, nel giro di alcuni anni, allo sviluppo isotono delle branche principali; l’ipotonia resta fortemente rappresentata solo sulle
branche secondarie. Si osserva anche una precoce comparsa dell’epitonia sul tronco secondario inclinato, frutto di un primitivo disturbo della domi-
nanza apicale. E. Allo stadio 7, l’isotonia si generalizza alle estremità delle branche principali, le cui ramificazioni secondarie, tuttavia, mantengo-
no una spiccata ipotonia. Le branche più basse, invece, sviluppano contemporaneamente ed in reciproca concorrenza, sia un asse principale
che si raddrizza isotonicamente, che delle branche epitone che si incurvano verso la luce; sopravvivono anche i vecchi ipotoni.

A STADIO 3 FIGURA 1 - STADI 3, 4, 5 FIGURA 1 - STADI 6, 7


branche isotonia branche
epitone ipotone

isotonia E STADIO 7
ipotonia
forte

ipotonia interruzione
moderata della
ipotonia vecchie
dominanza branche branche
apicale forte
ipotone ipotone
vecchia
branca branche epitone,
ipotona incurvate per
raggiungere la
B STADIO 4 C STADIO 5 D STADIO 6 volta della chioma

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tato architettonico è codificabile in dieci Peraltro, questo anticipato allargamento pale parallelo alla superficie del suolo
stadi di sviluppo (indicati con numeri da della chioma risulta ulteriormente accen- (figura 1-C, D).
1 a 10), espressione plastica del succeder- tuato dalla crescita privilegiata delle bran- Il mantenimento della struttura
si di quattro diverse strategie di sviluppo: che che si sviluppano sulla “faccia” infe- Nella maggior parte degli alberi, l’al-
crescita in altezza (stadi da 1 a 4), cresci- riore o esterna degli assi principali, secon- lungamento delle branche principali non
ta in volume (stadi 5 e 6), mantenimento do un modo di sviluppo che prende il prosegue indefinitamente. In effetti, soli-
della struttura (stadi 7 e 8) e riorganizza- nome di ipotonia (figura 1-C). tamente, a un certo punto della loro
zione dell’intera struttura (stadi 9 e10). La crescita in volume crescita le branche laterali tendono a
Anche il pino domestico segue questo La crescita in volume, responsabile sviluppare nuove vigorose ramificazioni
schema generale che però, a causa di alcu- della formazione della chioma, è legata a partire da meristemi latenti collocati
ne sue specificità, non è in grado di al progressivo affievolirsi della dominan- sulla loro “faccia” superiore e in posizio-
condurre a pieno compimento. za apicale. In questa fase, infatti, le bran- ne arretrata: questo modello di ramifica-
La crescita in altezza che principali, finalmente libere di svilup- zione prende il nome di epitonia.
La crescita in altezza, responsabile della parsi, raddrizzano la loro estremità e Le ramificazioni epitone, la cui cresci-
formazione del tronco, è dovuta alla domi- iniziano a ramificarsi in modo simmetri- ta è più vigorosa sia di quella dell’asse
nanza apicale dell’asse principale, la co, secondo una modalità di sviluppo principale che dei vecchi ipotoni, destina-
cosiddetta “freccia”, sulle branche latera- detta isotonia. Il pino domestico, invece, ti a morire, sono all’origine del rinnova-
li. Nella maggior parte delle specie arbo- presenta uno sviluppo ipotono talmente mento progressivo della chioma allo
ree, tale meccanismo si traduce in un tipi- pronunciato e persistente che il comples- stadio 7, inaugurando così la strategia di
co profilo allungato e assurgente della sivo allungamento delle branche princi- mantenimento della struttura arborea.
chioma giovanile. Nel pino domestico, pali si realizza per accumulo successivo Il pino domestico, tuttavia, non ha la
invece, gli assi dominanti, anche se di di ramificazioni ipotone e non, come possibilità fisiologica di questo rinnova-
diametro maggiore, sono più corti degli accade nella maggior parte delle altre mento e l’allungamento della branca può
assi dominati, portando alla predisposizio- specie, a causa dell’effettiva crescita dunque proseguire indisturbato (figura 1
ne di un tronco massiccio ma di lunghez- dell’asse principale. In questo modo, -E). Per l’albero, si tratta di una “condan-
za inferiore a quella delle branche latera- dunque, l’albero procede rapidamente na” meccanica: prima o poi, solo l’inevi-
li e a un profilo della chioma da subito all’allargamento della chioma che divie- tabile collasso meccanico della struttura
tipicamente arrotondato (figura 1-A, B). ne tipicamente ovoidale con asse princi- rameale metterà fine a questo proces-


Figura 2 - Sviluppo dell’apparato radicale del pino domestico. Schema di parte dell’apparato radicale di un pino domestico di circa 40 anni,
sradicato naturalmente (Pineta di Cervia, Ravenna. Suolo sabbioso con probabile falda a 1,20 m di profondità). Oltre alle radici fittonanti
e fascicolate, sono indicate anche le radici cordiformi (reiterazioni centrali cordiformi) e il caratteristico rigonfiamento basale al colletto.

RADICALE
Figura 3 - Sviluppo dell’apparato radicale del pino domestico. A, B. Schema e fotografia dell’apparato radicale di un pino domestico di
circa 40 anni, scoperto a pressione d’aria (Parco della Resistenza a Riccione. Suolo sabbioso-limoso senza evidenti limitazioni). Oltre
alle radici cordiformi (con andamento avvolgente e passibili di evolvere in radici «strozzanti») è indicato anche il caratteristico rigonfia-
mento basale al colletto.

FIGURA 2 - STADIO F (VISTA LATERALE) FIGURA 3 - STADIO F (VISTA DALL’ALTO)


A
rigonfiamento basale
1 2 radici cordiformi in
radici appartenenti posizione strozzante
all’apparato
fascicolato

B rigonfiamento
basale
reiterazioni
centrali cordiformi
fittone
radici appartenenti
all’apparato
fittonante

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so. In pratica, il pino domestico, essen- Le radici in condizioni favorevoli via, al contrario di quanto accade nelle

do incapace di un reale rinnovo della Fin dalla sua germinazione, il pino altre specie fittonanti, non si assiste mai
massa fotosintetizzante, finisce letteral- domestico sviluppa una vigorosa radice alla morte del vecchio sistema fittonan-
mente per “morire di fame”, progressiva- fittonante (stadio A) che, almeno per i te; quest’ultimo, infatti, ormai caratteriz-
mente indebolito dalla perdita successiva primi dieci anni di vita dell’albero, eser- zato da un diametro pari circa alla metà di
di tutte le sue branche; la senescenza di cita una decisa dominanza sulle radici quello del tronco, resta perfettamente
questa specie è quindi un fenomeno di secondarie. Nei dieci anni successivi, a funzionale. Nella fase senescente, infine,
natura squisitamente meccanica. Gli stadi livello del colletto si sviluppa anche un si osserva la scomparsa di numerose radi-
9 e 10, infine, sono del tutto assenti: la stra- robusto apparato radicale fascicolato ci secondarie oblique in favore di elemen-
tegica ristrutturazione della struttura arbo- (stadi C e D), relativamente poco ramifi- ti orizzontali o verticali, comunque
rea è del tutto preclusa al pino domestico. cato, ma in grado di estendersi fino a sempre affiancati dal vecchio ma attivo
grande distanza dall’inserzione al suolo. fittone (stadio H, figura 4), che accom-
Le peculiarità Nella terza decade di vita, queste radici pagnerà l’albero fino alla sua morte o al
dell’apparato radicale fascicolate, pur mantenendo un diametro suo cedimento strutturale.
Così come accade per la porzione relativamente modesto, si ramificano Le radici nel contesto urbano
aerea, anche lo sviluppo dell’apparato progressivamente originando nuovi Per quanto fondamentale, lo sviluppo
radicale degli alberi è codificabile attra- elementi verticali (stadio E) che, nel giro naturale dell’apparato radicale di una
verso una successione di dieci stadi di di trenta o quaranta anni, si inspessiscono specie arborea è difficilmente riconoscibi-
sviluppo (indicati con lettere da A a K). per divenire veri e propri fittoni seconda- le in un esemplare urbano sul quale, inevi-
In particolare, l’apparato radicale del ri. Contestualmente, il vecchio fittone, pur tabilmente, agiscono i più diversi fattori
pino domestico, almeno nel caso di indi- se ancora vitale e vigoroso, cessa di eser- limitanti di origine antropica, a partire
vidui derivati da seme, in condizioni citare la sua dominanza (stadio F, figure dalle consuetudini di origine vivaistica.
indisturbate e in suolo favorevole, cioè 2, 3, pag. 23). Da questo momento in poi, Nel caso del pino domestico, in effetti,
un suolo a dominanza sabbiosa, sciolto, il sistema fascicolato continua a emette- l’allevamento in vivaio, sia in contenitori
facilmente penetrabile, ben drenato e re nuove radici, tra cui numerosi fittoni che in piena terra, si traduce nella sovrap-
areato, segue quasi perfettamente il secondari che finiscono per rappresenta- posizione di due gravi deformazioni
caratteristico modello di sviluppo di tipo re la parte essenziale dell’apparato radica- ipogee. Innanzitutto, il fittone, prima più
fittonante facilmente prevedibile. le (stadio G). Nel pino domestico, tutta- o meno ostacolato nel suo sviluppo verti-

Figura 4 - Sviluppo dell’apparato radicale del pino domestico. Schema di parte dell’apparato radicale di un pino domestico di circa 80 anni
APPARATO RADICALE

sradicato naturalmente (suolo sabbioso con probabile falda a 1,20 m di profondità). Oltre alle radici fascicolate orizzontali, oblique e verticali (radi-
ci fittonanti dell’apparato fascicolato), sono indicate anche quelle cordiformi (reiterazioni centrali cordiformi); il sistema fittonante non è rappresen-
tato. Figura 5 - I campioni rappresentano radici di conduzione perenni di due anni di età. La crescita dell’anno comprende anche radici di assor-
bimento e conduzione caduche. A. La crescita dell’anno appare appiattita per meglio insinuarsi nello spazio tra due superfici rigide giustapposte
mentre la parte di due anni di età ha già recuperato una forma cilindrica. La separazione tra la crescita dell’anno e quella dell’anno precedente è
indicata dalla linea tratteggiata rossa. B. Qui, la parte di radice di due anni di età non solo ha recuperato una forma cilindrica ma appare localmen-
te inspessita (freccia rossa). C. Il campione presenta una porzione biennale cilindrica ma corredata da noduli in formazione (frecce rosse) che
indicano porzioni di radice sottoposti a compressione localizzata e orientata perpendicolarmente all’asse principale dell’elemento radicale.

FIGURA 4 - STADIO H (VISTA LATERALE) FIGURA 5 - RADICI SVILUPPATE IN UN SUOLO COMPATTO

radici orizzontali A B C
dell’apparato fascicolato reiterazioni
centrali
cordiformi

ubicazione
del sistema
fittonante
radice obliqua radici fittonanti
dell’apparato dell’apparato fascicolato
fascicolato

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cale dal contenitore stesso, viene sistema- Nel caso del pino domestico, inoltre,
ticamente eliminato all’atto del reinvaso o una forte pressione laterale esercitata
dell’impianto in piena terra. La possibile sulla radice può avere conseguenze condotta alla fine degli anni ’80 del seco-
naturale ricostituzione di questo elemen- diverse e sorprendenti. Innanzitutto, se la lo scorso, aveva comportato la soppres-
to viene quindi stabilmente impedita dai pressione è modesta e il suolo è costitui- sione della separazione tra marciapiedi e
ciclici trapianti cui il pino è sottoposto, a to da elementi fini, la radice, dopo un sede stradale con allontanamento del
favore del precoce sviluppo di un sistema eventuale rallentamento della crescita, cordolo, riempimento di sabbia della
radicale fascicolato. D’altro canto, anche prosegue nel suo ordinario sviluppo in trincea così ottenuta e scasso superficia-
le radici orizzontali sono ripetutamente sezione cilindrica (figura 5-A). Se, inve- le del vecchio marciapiede, seguito dalla
tagliate e, comunque, impedite nel loro ce, la pressione è elevata e il suolo posa di una nuova pavimentazione in
allungamento tanto dalle pareti del conte- contiene elementi duri inamovibili, la autobloccanti su sabbia e geotessile.
nitore che dal terreno esterno alla zolla di radice può sia svilupparsi normalmen- Ovviamente, queste operazioni aveva-
lavorazione. In pratica, gli elementi fasci- te, anche se con una sezione tendenzial- no comportato anche il taglio più o meno
colati tendono a seguire stabilmente il mente inspessita (figura 5-B), che, generalizzato di tutte le radici fascicola-
profilo della zolla stessa, divenendo radi- soprattutto, formare caratteristici noduli te cui, tuttavia, gli alberi, all’epoca anco-
ci avvolgenti (figura 6). Quando il pino localizzati (figura 5-C). ra vigorosi, avevano reagito con un ecce-
viene piantato nella collocazione definiti- Proprio al proporsi di queste ultime zionale sviluppo di nuovi elementi radi-
va, le radici avvolgenti proseguono nel alterazioni plastiche delle radici, posso- cali. L’evoluzione di queste nuove radi-
loro sviluppo deviato e, complice il loro no attribuirsi i gravi danni potenzialmen- ci, lungi dal riproporre un modello plasti-
progressivo ingrossamento diametrico, te arrecati dal pino ai manufatti che lo co aderente a quello proprio della specie
finiscono per divenire radici strozzanti circondano. Lo studio condotto in Viale in condizioni ottimali, ha portato alla
(figura 5). Una volta messo a dimora in Ceccarini ha infatti permesso di scopri- formazione di elementi morfologica-
ambito urbano, alle deformazioni di re l’originale e spettacolare meccanismo mente alterati e apparentemente disorga-
origine vivaistica si aggiungono quelle biologico alla base del sollevamento nizzati. L’insorgenza dei sollevamenti
legate all’ostilità delle condizioni delle pavimentazioni e le specifiche sarebbe proprio da ricercarsi nello
ipogee, al ripetersi di danni meccanici contingenze legate alla sua insorgenza. sviluppo di complessi intrecci radicali,
dovuti all’esecuzione di scavi, alla In effetti, un’importante riqualificazio- costituiti da radici inspessite, radici
presenza di ostacoli insormontabili. ne urbanistica del Viale Ceccarini normali e noduli emersi da queste


Figura 6 - La fotografia rappresenta un giovane pino posto in piena terra dopo un periodo di allevamento in contenitore. Le primitive deforma-
zioni indotte dalla costrizione dell’apparato radicale (radici avvolgenti e deviazione del fittone) condizionano in modo permanente lo sviluppo
di quest’ultimo. Figura 7 - Scopertura dell’apparato radicale di un pino di Viale Ceccarini nel 2010, con indicazione dell’organizzazione stra-
dale prima della riqualificazione del viale stesso del 1989. Si osservi la relazione tra organizzazione della sede stradale prima del 1989,
interventi di scasso, innalzamento del piano di campagna, riempimento dell’alloggiamento del cordolo con sabbia, caratteristiche del
substrato, diverso grado di sollevamento delle pavimentazioni e tipologie radicali. I sollevamenti più gravi riguardano la zona marginale
della vecchia carreggiata dove le radici si sono sviluppate tra la base del vecchio sottofondo e la nuova pavimentazione superficiale
Viceversa, il vecchio cordolo non mostra alcun sollevamento. Il vecchio marciapiede presenta una condizione intermedia (pochi noduli
isolati).Le reazioni visibili sono tutte recenti in quanto i sollevamenti sono stati ripetutamente ripianati nel corso degli anni 2000.

FIGURA 6 - DEFORMAZIONI DI ORIGINE VIVAISTICA FIGURA 7 - ELIMINAZIONE DELLA PAVIMENTAZIONE


E SCOPERTURA A PRESSIONE D’ARIA
crescita tangenziale di una
radice originariamente nuova aiuola zona non sollevata
deviata dalla parete (post 1989)
zona poco
di un contenitore
o non
sollevata
crescita rettilinea di radici
sviluppatesi in pieno vecchia aiuola
campo dopo un periodo (ante 1989)
in contenitore
ramificazioni del fittone
deviate orizzontalmente
dal fondo del contenitore
zona sollevata
zona poco sollevata

radici irregolari con zona di elevazione


noduli isolati o a rosario vecchio del piano di campagna
profilo del cordolo
contenitore zona di scasso per la posa radici radici con noduli saldati a
della pavimentazione cilindriche formare spesse placche o scudi

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Fasci legnosi obliqui e incrociati Negli alberi divenuti adulti (fine dello
Innanzitutto, i fasci di tracheidi del stadio 6) le branche principali, ormai veri
ultime, reciprocamente “saldati” a pino domestico appaiono perlopiù spira- e propri tronchi secondari, rinforzano i

formare una sorta di spessa placca legno- lati. Si tratta di un fenomeno frequente tessuti conduttori e di sostegno sulla loro
sa (figura 8). Le relazioni tra la formazio- tra gli alberi che, tuttavia, nel caso del faccia inferiore, attraverso un’iperattivi-
ne delle placche e le condizioni del suolo pino domestico assume connotazioni tà cambiale localizzata a livello dell’in-
non sono ancora del tutto chiarite; tuttavia, particolari; in questa specie, in effetti, serzione sul tronco, formando così uno
sulla base dell’esperienza maturata su Viale le tracheidi variano il loro angolo di stipite. Nella maggior parte delle specie
Ceccarini si può affermare con certezza che inclinazione in ragione della “profondi- arboree, questa iperattività cambiale
lo sviluppo delle radici di pino domestico tà” a cui si trovano. In altre parole, i “discende” lungo il fusto, formando
tra due strati rigidi più o meno continui diversi fasci di fibre non sono paralleli colonne cambiali (figura 10-C), e si
rappresenta un pre-requisito fondamentale tra loro, anzi, in alcuni casi, due strati collega a una parte dell’apparato radica-
per questo caratteristico fenomeno plastico successivi possono avere sensi di torsio- le proprio grazie alla formazione di un
(figura 7, pag. 25). In effetti, la formazio- ne opposti tra loro (figura 9), aumentan- contrafforte, vero e proprio elemento di
ne di noduli radicali più o meno organizza- do la rigidità del tronco e delle branche. consolidamento meccanico tra tronco ed
ti sarebbe una reazione fisiologica dell’ap- Branche che affondano nel tronco apparato radicale (figura 10-B).
parato radicale del pino domestico allo Diversamente da quanto si osserva Nel caso del pino domestico le colon-
sviluppo in condizioni di specifica costri- nella maggior parte delle specie arboree, ne cambiali, pur se ben evidenti al di
zione. questi pini non si sradicano per solleva- sotto dell’inserzione delle branche, dopo
mento della semisfera radicale in posizio- aver percorso il fusto verso il basso per
Le peculiarità ne sopravento, bensì per “affondamen- alcuni metri, scompaiono improvvisa-
strutturali del legno to” del colletto sottovento. D’altro canto, mente, quasi “affondassero” nei tessuti
Il pino domestico offre molti indizi si può osservare come il pino domestico del tronco (figura 10-A). In questo
empirici che lasciano sospettare l’esistenza sia assai restio alla formazione di contraf- modo, la formazione dei contrafforti
di particolarità nell’anatomia e nel compor- forti, specifiche strutture anatomiche che, diviene impossibile e il colletto conser-
tamento meccanico dei tessuti legnosi. almeno nella maggior parte delle specie, va quindi una spiccata linearità.
Quali possono essere le basi anatomiche e governano la traslocazione dei carichi Radici montate su molle
morfologiche di tali particolarità? verso le grandi radici di ancoraggio. In assenza di contrafforti, anche l’inser-

Figura 8 - La placca radicale, proveniente da Viale Ceccarini, pulita a pressione d’aria e quindi lavata con idropulitrice, è stata appog-
giata verticalmente a un albero. Da sottolineare che l’intera struttura è collegata all’albero solo tramite modeste radici non lignificate (frec-
cia rossa in C); si ricorda ancora che l’intera struttura ha pochi anni di vita in quanto analoghe formazioni sono state ripetutamente allon-
tanate nel tempo. A. Vista di profilo. Si notano numerosi nodi sovrapposti e saldati a creare dei “pilastri” portanti, tra i quali si insinuano
radici cilindriche orientate in tutte le direzioni. B. Vista dall’alto. I noduli sono reciprocamente saldati a formare una struttura continua.
C. Vista da sotto. Si può apprezzare la complessità e la dinamicità della struttura; si distinguono radici inspessite, noduli variamente
saldati e, tra loro, giovani radici cilindriche che, occasionalmente, presentano tracce di nuovi noduli in formazione. D. Dettaglio di C con
indicazione dei noduli impilati a formare i “pilastri” della placca (frecce rosse), le radici cilindriche che si insinuano negli spazi liberi (linee
tratteggiate arancioni) e nuovi noduli in formazione (frecce blu).

FIGURA 8 - DETTAGLIO
B A C ro
be DI UNA PLACCA RADICALE
’l al
rso
ve noduli “pilastro”
fronte di avanzamento
delle radici radici tra i noduli “pilastro”
noduli in formazione

faccia superiore della placca profilo faccia inferiore della placca


con noduli anastomizzati della placca con radici di crescita

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zione delle grosse radici fascicolate sul modello “tradizionale”, cui sono ricon- trasferita verticalmente in direzione
colletto appare cilindrica, non conica come ducibili gli alberi più comuni, tipicamen- dell’apparato radicale. Infine, l’energia
accade invece nella maggior parte delle te rappresentati dalla famiglia delle giunta alla porzione ipogea dell’albero
specie arboree, e circondata da un caratte- Cupressaceae, caratterizzato da un tron- viene dispersa nel suolo.
ristico rigonfiamento circolare, il cui co di rigidità media, saldato all’apparato Per quanto detto, esiste dunque un
esame in sezione trasversale rivela una radicale fascicolato tramite robusti gradiente di sollecitazione longitudinale
peculiare disposizione ondulata delle fibre contrafforti, ma con un fittone pressoché della struttura arborea, teoricamente
legnose, assai meno appressate di quanto inesistente e meccanicamente irrilevan- decrescente dall’alto verso il basso, cui,
non si osservi nel fusto o nella radice. Dal te all’età adulta. Dall’altro lato, abbiamo di norma, si sovrappone un gradiente di
punto di vista meccanico l’inserzione delle il pino, con un tronco molto rigido, lega- sollecitazione radiale decrescente dalla
radici sul colletto risulta elastica e flessibi- to in maniera flessibile con le radici parte più esterna degli elementi legnosi
le, quasi si trattasse di una “molla”, in fascicolate ma solidale con un fittone verso quella interna. Se, tuttavia, possia-
grado di permettere il movimento della molto sviluppato e meccanicamente atti- mo disporre di due diversi modelli per
porzione epigea rispetto alle radici fasci- vo per tutta la vita dell’albero. l’interpretazione del comportamento
colate. In che modo, tuttavia, questi diver- meccanico degli alberi, come si concre-
si indizi anatomici possono essere tra loro Le peculiarità tizzerà questo processo nel pino dome-
correlati a costituire un quadro coerente, meccaniche stico e nelle altre specie arboree?
ovvero un modello, del comportamento Perché i più comuni protocolli di valuta- La captazione di energia
meccanico di queste categorie specifiche? zione strumentale della stabilità paiono La quantità di energia captata dalla
Questo modello, inoltre, risulta coerente poco affidabili nello studio di questa chioma di un albero nel vento dipende da
con quelle che sono le informazioni teori- specie? In termini meccanici, l’albero può quattro fattori (figura 11-A, B, pag. 28):
che già oggi disponibili? Sinteticamente, essere considerato come un “vettore” il volume della chioma, corrispondente al
possiamo rispondere a questi quesiti affer- dell’energia derivata dalla spinta orizzon- volume di aria potenzialmente “deviata”;
mando che, grazie allo studio del pino tale del vento e captata dalla chioma. Una la sua rugosità, ovvero la capacità di
condotto a partire dagli esemplari di Viale quota rilevante di questa energia viene frenare i flussi d’aria; la permeabilità, cioè
Ceccarini, disponiamo ora di almeno due dissipata sia con i movimenti sia con le i vuoti che permettono il passaggio
diversi modelli arborei, tra loro meccani- deformazioni interne di tutta la porzione dell’aria attraverso la chioma e, infine, la
camente opposti. Da un lato, abbiamo il epigea. L’energia residua viene quindi sua forma, più o meno aerodinamica,


Figura 9 - Sono riportati i piu evidenti fasci vascolari (fvbs, fvle, fvh). A. Branca decorticata. B. Rappresentazione schematica della branca A.
Si osservi il complesso orientamento delle fibre legnose. C. Interpretazione dell’organizzazione della branca sulla base di A, B e di altre osser-
vazioni. A livello del tronco sono parzialmente rappresentati due strati di fibre spiralate in senso contrario (fvbs). Sulla branca sono rappre-
sentati i due principali fasci vascolari (fvle, fvh); a causa della sua torsione, il fascio epitono (fvle) si inserisce lateralmente sul tronco (fascio late-
ro-epitono). Mentre il fascio ipotono (fvh) si introduce al centro del tronco (E ), il fascio latero-epitono resta superficiale. Figura 10 - A. Sul pino
si osserva una vigorosa colonna cambiale che, originata alla base di un gruppo di branche principali (stipite), procede verso il basso fino a circa
80 cm dal suolo, dove si immerge nel tronco e scompare. A livello del colletto non si osservano contrafforti. B. Nell’abete rosso le colonne cambia-
li sono rare e poco sviluppate; i contrafforti sono molto pronunciati (tre o quattro, uno per ogni grande “polo radicale”). C. Il ginepro presenta
due distinte colonne cambiali per ogni branca principale, ognuna delle quali si collega a due radici tramite contrafforti mediamente sviluppati.

FIGURA 9 - INSERZIONE DI UNA BRANCA FIGURA 10 - COLONNE CAMBIALI E CONTRAFFORTI


SUL TRONCO
fasci vascolari delle A Viale Ceccarini: colonna
branche superiori (fvbs) B
cambiale con stipite. Pinus
fasci vascolari latero-epitonici pinea di 80 anni circa
della branca (fvle)
fascio vascolare ipotono Parco Finistère, Bretagna (F):
della branca (fvh) contrafforte. Picea excelsa
di 100 anni

Parco di Versailles,Trianon (F):


colonna cambiale con
B fvbs contrafforte. Juniperus
virginiana di 250 anni
E fvle

fvh E

C
C A

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ovvero capace di deviare i flussi d’aria co all’azione del vento, siamo di fronte a La traslocazione di energia

con il minimo di perturbazione per capta- un vero e proprio processo di pre-adatta- In generale, quasi tutta l’energia non
re una minore quantità di energia. Per mento strutturale. dissipata nella porzione aerea degli albe-
quanto detto, l’interesse meccanico La dissipazione di energia ri adulti, pur se in quantità diversa da
dell’albero esposto al vento sarà quello di L’energia captata dalla struttura arbo- specie a specie, si ritrova accumulata a
ridurre il proprio volume, ridurre la rea viene dissipata secondo tre modali- livello del colletto.
propria rugosità, assumere un profilo tà principali: una dissipazione di movi- Nelle specie dotate di contrafforti,
aerodinamico, e, infine, conservare mento per l’oscillazione di foglie e bran- l’energia non dissipata nella porzione
un’elevata permeabilità. In ossequio a che flessibili; una dissipazione di colli- aerea viene traslocata soprattutto nella
questo principio, in quasi tutti gli alberi, sione, derivata da foglie, rami e branche porzione più esterna del tronco, prima
la spinta del vento finisce per indurre una che si colpiscono reciprocamente; una fino ai contrafforti e poi, grazie a questi
deformazione della struttura, coinvolgen- dissipazione di deformazione dei tessu- ultimi, anche alle radici orizzontali e
do progressivamente le diverse porzioni ti legnosi del tronco e delle branche oblique del sistema fascicolato (e alle
anatomiche in funzione della loro intrin- principali (attrito interno tra fasci di loro ramificazioni verticali), mentre il
seca elasticità, ovvero, come anticipato, fibre). Per quasi tutte le specie arboree, vecchio fittone primario, anche se anco-
secondo un gradiente decrescente dall’al- i fasci di fibre legnose, disposti paralle- ra presente, risulta invece assai poco
to verso il basso e dall’esterno verso l’in- lalmente gli uni agli altri, sono in grado sollecitato, essendo direttamente colle-
terno. Con la sua rigidità e la modesta di deformarsi efficacemente, dissipando gato meccanicamente solo con le fibre
permeabilità, il pino domestico parte sicu- una grande quantità di energia. Vicever- inerti interne del fusto.
ramente svantaggiato nella sua lotta sa, nel caso del pino domestico, i fasci Nel pino domestico, invece, l’enorme
contro il vento. Tuttavia, man mano che di fibre, ritorti, spiralati e con orienta- fittone primario, in continuità istologica
aumenta in altezza e volume, questa mento variabile, conferiscono grande con il fusto e alimentato dalle colonne
specie, grazie al gioco di correlazioni di rigidità agli organi legnosi; in questo cambiali che “affondano” nel tronco,
crescita tra le diverse parti della sua strut- caso, è dunque lecito attendersi che garantisce la traslocazione di quasi tutta
tura, tende a raggiungere una forma quasi tutta l’energia sfuggita alla dissi- l’energia in profondità nel suolo, mentre
sempre più aerodinamica. Nel caso del pazione nella parte distale della chioma, il sistema fascicolato, collegato in modo
pino domestico, quindi, pur in assenza di si ritrovi pressoché inalterata a livello flessibile alla struttura del tronco, viene
efficaci meccanismi di adattamento plasti- del colletto. sollecitato in modo solo marginale.

Figura 11 - A. Cipresso. Questo albero capta una quantità di energia proporzionale alla sua altezza e, dunque, alla sua capacità fotosin-
tetica, più o meno direttamente correlata alle dimensioni della chioma. L’elasticità delle branche, dal canto suo, diminuisce la superficie di
impatto e aumenta la sua permeabilità; la rugosità, infine, è relativamente poco importante. Il regime turbolento si manifesta solo quando
la permeabilità scende al di sotto del 50%. B. Pino domestico. La chioma dei pini adulti, a causa della sua forma naturale, non offre una
grande superficie al vento che, tra l’altro, non è direttamente correlata alla capacità fotosintetica. Analogamente, anche la rastremazione
della chioma nel vento è trascurabile così come è modesta anche la sua permeabilità (la permeabilità al di sotto della chioma è invece
legata al “sottobosco”). La rugosità, tuttavia, è significativa. In questo contesto, il regime turbolento si manifesta in ragione dello spessore
e dell’irregolarità della chioma (e delle caratteristiche del “sottobosco”). In termini generali, dunque, l’assenza di “sottobosco” sarebbe un
fattore stabilizzante per i popolamenti di pino.

FIGURA 11 - ENERGIA EOLICA CAPTATA DAL VENTO

riduzione regim volume


e lamin debole rugosità
di volume are costante
(struttura (struttura regim
e lam
deformabile) rigida) inare
modesta permeabilità
à
inamicit

regime
turbolento aerodinamicita eccellente
regime turbolento
re aerod

media permeabilità
elevata permeabilità
medioc

regime laminare
regime laminare

B
A pino
cipresso domestico

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La dispersione di energia gica. Poichè la fase visuale della valuta- to che quello di rottura degli esemplari
In termini generali, per la maggior parte zione di stabilità si basa sull’esame delle esaminati. Tuttavia, è evidente che l’ap-
delle specie arboree l’energia provenien- caratteristiche esteriori di un determina- parato concettuale che sottende a questa
te dalla porzione epigea viene trasmessa to esemplare nell’intento di comprender- prova si riferisce sia a una condizione di
al sistema fascicolato e quindi dispersa nel ne le dinamiche strutturali, può dirsi solidarietà meccanica tra fusto e sistema
suolo, secondo un gradiente di profondi- metodologicamente corretto affrontare lo fascicolato che a una traslocazione dei
tà decrescente a partire dalla ceppaia studio strutturale di un pino domestico carichi alla periferia del tronco, caratteri-
verso la periferia dell’apparato radicale utilizzando il più tradizionale codice stiche di fatto non verificate nel pino
(figura 12A). Nel pino domestico, inve- interpretativo, derivato dalle Cupressace- domestico. Possiamo quindi utilizzare
ce, quasi tutta l’energia viene trasmessa al ae? Il medesimo principio logico può questa modalità diagnostica secondo i
fittone e dissipata in prossimità di essere esteso anche ai protocolli di appro- protocolli applicativi tradizionali? Sono
quest’ultimo, più o meno a tutte le profon- fondimento strumentale. Per esempio, domande per le quali, al momento, non
dità (figura 12B). parlando di prove penetrometriche o vi è una risposta certa. Tuttavia, il nostro
tomografiche, come possiamo interpreta- studio del pino domestico fornisce alcu-
I comportamenti re correttamente la presenza di una cavità ni determinanti spunti di riflessione.
strutturali nel tronco di un albero se trascuriamo le Ruolo del sistema fittonante
Tornando ora agli aspetti pratici legati profonde differenze tra gli “ordinari” e delle nodosità superficiali
alla presenza del pino domestico in ambi- meccanismi di traslocazione dei carichi e La traslocazione dei carichi in profon-
to urbano, in che modo le sue numerose quelli che si realizzano nel pino domesti- dità, il vincolo flessibile al tronco delle
peculiarità morfogenetiche, istologiche e co? In altre parole, può un pino essere radici fascicolate, la loro capacità di ripa-
meccaniche possono condizionarne la cavo? E, in caso affermativo, quali sono i rare i traumi e di aumentare in poco
valutazione di stabilità? E in che modo le parametri di sicurezza per questa specie? tempo la coerenza superficiale del suolo,
caratteristiche di questa specie possono Ancora più delicato è il tema delle appaiono come caratteristiche meccanica-
servire a illustrarne il comportamento? prove strumentali a trazione controllata. mente indispensabili alla stabilità di un
Il pino e la valutazione di stabilità Misurando l’inclinazione indotta alla albero in substrati profondi ma poco
Le peculiarità meccaniche del pino base dell’albero e la deformazione delle coerenti. Siamo forse di fronte all’appara-
domestico si fondano su specifiche carat- fibre legnose, queste prove si prefiggono to adattativo di una specie che primeggia
teristiche di natura anatomica e morfolo- di determinare sia il rischio di ribaltamen- nella colonizzazione dei suoli instabili?
Questo ragionamento, se portato alle sue
conseguenze pratiche, potrebbe spiegare
la caduta di pini registrata in Viale Cecca-
Figura 12 - A. Nel pino domestico, le derivazioni laterali del fittone disperdono quasi
tutta l’energia in prossimità del fittone stesso. B. In caso di ribaltamento, il pino si infos- rini, a pochi mesi o settimane dall’aspor-
sa sul lato sottovento; sul lato opposto, spesso non si osserva alcun sollevamento della tazione delle formazioni nodulari più
ceppaia. C. Nella maggior parte degli alberi, è il sistema fascicolato che dissipa quasi superficiali per il ripristino delle pavimen-
tutta l’energia traslocata a livello ipogeo; tale dispersione avviene a una relativa distan-
za dal colletto. D. Per gli alberi indicati in C il ribaltamento prevede il sollevamento della tazioni. In questo caso, infatti, gli alberi,
ceppaia dal lato sopravento. cronicamente privi di un ben sviluppato
sistema fittonante, non sono sopravvissu-
ti alla perdita dell’unico espediente di
FIGURA 12 - DISPERSIONE DELL’ENERGIA NEL SUOLO E MODALITÀ sostentamento meccanico.
DI SRADICAMENTO DEGLI ALBERI
cerniera
A B di rotazione Conclusioni
Pinus pinea I principi esposti in questo articolo, per
quanto frutto di semplici osservazioni in
Insiemi anatomico-meccanici
tronco campo appaiono sufficientemente fonda-
radici fascicolate ti e coerenti da poter essere utilizzati già
fittone oggi a fini pratici. Innanzitutto, lo studio
angiosperme e Dissipazione dell’energia condotto su Viale Ceccarini ha permes-
cupressacee per attrito interno nei tessuti so di appurare che il pino domestico è
(qui Quercus per deformazione dei tessuti caratterizzato da una senescenza essen-
C robur) per pressione/tensione nel suolo zialmente meccanica, incompatibile con
il suo spiccato invecchiamento anagrafi-
D co e che il rischio di cedimenti struttura-
cerniera
di rotazione li, segnatamente a sbrancamenti, appare
relativamente incomprimibile.
In secondo luogo, la fisio-morfolo-

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gia del pino domestico denota una alcune delle caratteristiche del pino dome- Clueb Collana Materiali e ricerche n. 9.
spiccata adattabilità alle condizioni urba- stico, come per esempio l’assenza di Morelli G., 2010. L’analisi fisio-morfo-
ne che, tuttavia, si manifesta come un più contrafforti, si ritrovano presso numero- logica nella valutazione di stabilità degli
o meno evidente scostamento dai model- se in altre specie, pur se con un grado di alberi. Arbor - Sia, n. 29/10/2010: 5 -10.
li di sviluppo teorico. In futuro, questa espressione non sempre così esasperato. Raimbault P., 1991. Quelques obser-
consapevolezza avrà ricadute sulle prati- La conoscenza scientifica, l’arboricoltura vations sur les systèmes racinaires des
che vivaistiche, sulla preparazione del sito non fa eccezione, procede sempre a parti- arbres de parcs et d'alignements: diver-
di impianto definitivo e sulle tecniche di re dallo studio di casi semplici, potremmo sité architecturale et convergence dans le
potatura di questa specie. dire “puri”, comunemente denominati développement. Naturalia Monspeliensia
In terzo luogo, la formazione di noduli modelli. La famiglia delle Cupressacaeae n. h.s. 1991: 85 - 96.
radicali rappresenta l’esempio più rappresenta un modello meccanico, esat- Raimbault P., 1996. La gestione dell'ar-
compiuto della complessa e originale inte- tamente come il pino domestico; tuttavia, bero in città. Atti delle Giornate di Verbe-
razione tra evoluzione fisio-morfologica, difficilmente i modelli si manifestano na, Sanremo, Italia, 15-16 novembre 1996.
caratteristiche anatomiche, potenzialità pedissequamente in natura: il più delle Raimbault P., Tanguy M., 1993. La
adattative e originalità strutturale del pino. volte, infatti, il comportamento osservato gestion des arbres d'ornement. 1ère
La gestione del problema non può che si presenta come un fenomeno intermedio partie: une méthode d'analyse et de
passare attraverso pratiche preventive. tra due o più modelli. diagnostic de la partie aérienne. Rev. For.
Infine, questa specie presenta peculia- La domanda allora è un’altra, quanto Fr. : 45 (2): 97 - 117.
rità anatomiche che ne determinano un Pinus pinea c’è nel comportamento
originale comportamento meccanico; lo meccanico delle altre specie arboree di più
studio di detto comportamento a fini ampio e consolidato impiego in ambito Abstract
diagnostici, la valutazione di stabilità, urbano? Per esempio, ai principi generali An unknown town-dweller
richiede dunque conoscenze dettagliate, della stabilità arborea, captazione, dissipa- This survey started with an analysis of
al momento non ancora concretizzate in zione, traslocazione e dispersione, dobbia- the general features of Pinus pinea and
uno specifico protocollo di esame. In tal mo forse aggiungere un nuovo principio: was enriched by the hypogeal and epige-
senso solo uno studio dettagliato dei la stabilizzazione del substrato? ■ al examination of numerous trees and
popolamenti urbani a Pinus pinea, potrà tried to explain the biological mecha-
gettare nuova luce su questo specifico nisms at the basis of this tree’s specific
aspetto. Perché, tuttavia, accentrare l’at- Bibliografia behaviour in order to provide useful
tenzione sul pino domestico, una specie Morelli G. et al., 2008. Giganti da indications for its correct management
evidentemente così “poco ortodossa” e, proteggere. Conservazione e gestione degli in cities. This will be the only way to
in fondo, relativamente marginale nel alberi monumentali. A cura di T. Tosetti, avoid damage to objects and injury to
panorama arboreo europeo? Istituto per i Beni Artistici Culturali e Natu- people from the unforeseeable occurren-
La risposta è semplice. Innanzitutto, rali della Regione Emilia - Romagna. Ed. ce of its structural collapse.

STUDIO GLI ESPERTI


SULLA MORFO-FISIOLOGIA Pierre Raimbault, professore del politecnico AgroParisTech oggi in pensione, è un esperto noto
E GESTIONE a livello europeo per gli studi di morfogenesi e fisiologia delle specie arboree e per aver messo a
DEL PINO DOMESTICO punto il concetto di “Dieci stadi di sviluppo epigeo ed ipogeo degli alberi”. La sua attività nel nostro
Paese inizia nel 1995 e conta diversi interventi di grande rilievo sperimentale su alberi monumen-
IN AMBIENTE URBANO,
tali, parchi e alberate in contesti storici.
CON PARTICOLARE Mark Duntemann è il titolare di Natural Path Urban Forestry Consultants, società di consulenza
RIFERIMENTO nata nel 1988. Laureato in Selvicoltura con successivo Master in Forestazione Urbana presso l’Uni-
AL CASO DI VIALE CECCARINI versità del Wisconsin. È presidente del gruppo di lavoro sull’International Tree Failure Database e
A RICCIONE del Consiglio di forestazione urbana e della Sezione ISA dello Stato dell’Illinois. È esperto perito
di tribunale, docente in corsi di formazione e specializzazione nel settore della gestione delle
Committenti: alberate e nella valutazione di stabilità.
Comune di Riccione e Geat Spa Stefania Gasperini, titolare della società AR.ES. di Ferrara, svolge attività di consulenza per enti
pubblici e committenza privata nel settore dell’arboricoltura e del verde ornamentale dal 1996. Esper-
Responsabile del progetto:
ta in censimenti e nella gestione delle alberate, propone un approccio integrato e interdisciplinare
dott. agr. Giovanni Moretti al management dei patrimoni arborei in ambiente urbano attraverso strumenti pianificatori quali i
(Geat Spa) Piani del rischio e Piani del verde su scala comunale e su base informatica.
Gruppo di studio: Giovanni Morelli, agronomo titolare dello Studio Progetto Verde di Ferrara dal 1994, svolge attivi-
prof. Pierre Raimbault, tà di consulenza ed è autore di articoli e testi tra cui un manuale per la conservazione e gestione
dott. Mark Duntemann, degli alberi monumentali per la Regione Emilia–Romagna. Tiene corsi di formazione per tecnici del
dott. Stefania Gasperini settore e per laureati in Scienze agrarie e in Architettura. Tra le sue attività si ricorda la definizione
dott. agr. Giovanni Morelli. di programmi di tutela e recupero di esemplari monumentali, nonché la gestione pluriennale di inte-
ri patrimoni pubblici di diversi comuni.

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