NOTE STORICHE
“Forma attiva e pratica di conoscenza della crosta terrestre, l’alpinismo è cultura, e quindi è soggetto a
storia”. Massimo Mila apriva, con queste parole il volume “1863-1963 i cento anni del Club Alpino Italiano.
Quest’anno, per una singolare coincidenza di date, ricorrono i 125 anni dalla fondazione della sezione
(1883) i 50 anni dall’istituzione della Scuola di Alpinismo (1958) e i 20 dalla nascita della Scuola di
Scialpinismo (1988); con questi “numeri” non ci si poteva sottrarre all’obbligo di una prima trattazione storica
dell’alpinismo ad Ascoli, o quantomeno di iniziare una raccolta sistematica delle fonti.
La vita della sezione ascolana e le vicende dell’alpinismo, in qualche modo ad essa legate, volendo fare un
quadro sintetico, possono essere suddivise in cinque periodi storici.
Il primo di essi è compreso tra gli anni che vanno dal 1883 con la fondazione della Sezione Picena fino al
1892, anno in cui si ha il suo scioglimento.
Il secondo abbraccia l’arco di tempo successivo al 1892 fino al 1930; in questi anni non c’è ad Ascoli la
sezione del CAI, ma l’alpinismo viene comunque praticato sia in forma collettiva, da gruppi formalmente
costituiti, che da singoli appassionati.
Il terzo periodo parte dalla ricostituzione formale della sezione avvenuta nel 1930 e arriva fino al 1958; questi
sono gli anni della scoperta dell’arrampicata e dello sci da parte degli ascolani; ha così inizio la pratica di
queste due discipline che da questo momento in poi coinvolgeranno, in maniera inarrestabile, sempre più un
maggior numero di persone.
Il quarto ciclo va dal 1958 al 1983; si effettua il primo Corso di Roccia del GAP con la fondazione della
Scuola di Alpinismo; si ha una forte qualificazione e diffusione dell’alpinismo; si forma in questi anni la
struttura della sezione.
Infine, l’ultima fase che partendo dal 1983 arriva ai nostri giorni; la sezione si configura ormai come una
struttura moderna e matura, addirittura è all’avanguardia su alcune problematiche (per esempio
l’ambientalismo) che specializza le proprie attività; organizza il 91° Congresso Nazionale del CAI (30
settembre 1983) e costituisce nel 1988 la Scuola di Scialpinismo.
Vicepresidenti furono nominati gli ingegneri Guglielmo Vinci e Vermiglio Vermigli; quest’ultimo che ricopriva
la carica di ingegnere capo alla Provincia di Ascoli, aveva preso parte alla terza guerra d’indipendenza
arruolato come volontario nel Corpo Volontari Italiani, nel 1866, al seguito del generale Garibaldi sulle
montagne del Trentino.
Segretario della sezione fu nominato il prof. Alessandro Mascarini, insegnante di scienze naturali alla Scuola
Tecnica e di agraria nella Scuola Normale di Ascoli, con all’attivo la pubblicazione di numerosi studi; dopo la
morte del naturalista Antonio Orsini, (Ascoli 1870), ordinò, tutte le sue raccolte, su incarico del nipote
Giovanni Tranquilli (che fu anche presidente onorario della Sezione Picena nel 1888); inoltre diresse per
trent’anni il museo intitolato allo studioso ascolano.
Vicesegretari furono eletti Giulio Gabrielli (primo direttore della Pinacoteca Civica e figura ben nota) e il dott.
G. Arina, professore di Scienze Naturali nella Regia Scuola Pratica di Agricoltura; il fondatore della sezione
Prospero Polimanti assunse la carica di cassiere sezionale.
La determinazione ed il desiderio di scalare le montagne, propri di questi esponenti della borghesia cittadina,
che non esitavano a lasciare le comodità cittadine per affrontare disagi e difficoltà, veniva così accettata, se
non altro, nel nome della scienza.
In quegli anni gli alpinisti ascolani effettuarono numerose salite nei Sibillini, sulla Laga, sul Gran Sasso e
sulla Montagna dei Fiori; si ha anche notizia della prima salita sulle alpi: nell’agosto 1887 il socio Mariano
Mariano, che partecipa al congresso del CAI a Vicenza, sale la “Pala di San Martino (m 3357) e il Cimon
della Pala (m 3244)”.
La presidenza della sezione passò nel 1886 al dott Luigi Mazzoni; nell’estate del 1889 si organizzò ad Ascoli
il XXI Congresso degli Alpinisti Italiani; fu un evento straordinario che portò in città alpinisti da tutte le parti
d’Italia, ci fu un coinvolgimento totale della cittadinanza, delle istituzioni e e delle altre associazioni, che
risposero all’evento con grande entusiasmo e partecipazione. Per quella occasione furono donate ai
congressisti una serie di pubblicazioni fresche di stampa, tra cui spiccava la “Guida della Provincia di Ascoli
Piceno” (realizzata dal CAI) e la carta topografica della provincia.
Subito dopo la scomparsa di due tra più importanti ed attivi membri del consiglio direttivo, Vermigli e
Polimanti avvenuta nello stesso anno (1890), si verificò nel 1892, lo scioglimento della sezione; da questo
momento e fino al 1930 Ascoli rimarrà senza la sezione del CAI.
L’ALPINISMO AD ASCOLI SENZA LA SEZIONE DEL CAI 1892-1930
Sul finire degli anni venti, coincidente con la ricostituzione della sezione del CAI (presidente Carlo
Vecchiotti), gli ascolani scoprirono l’arrampicata e lo sci; la diffusione e la pratica di queste due discipline si
allargherà sempre più negli anni a venire caratterizzando la vita della sezione.
Nel 1933 Carlo Vecchiotti si dimise dalla carica di Presidente della Sezione, venne sostituito dal Piero
Bucciarelli; era il CONI, in quegli anni, ad effettuare la nomina del presidente della sezione che a sua volta
designava i membri del consiglio direttivo; tale prassi cessò con la caduta del regime.
Nel 1936 si registrò di nuovo lo scioglimento della sezione per un breve periodo, fino all’anno dopo 1937; il
CONI che ratificò tale provvedimento parlò di inattività, ma già a gennaio del 1938 un nuovo presidente, l’ing.
Arturo Paoletti rimetteva in piedi la sezione.
Nel 1940 Tullio Pallotta, sciatore di punta dell’ambiente ascolano molto attivo nelle competizioni anche fuori
provincia, partecipò alle gare sciistiche dei “Littoriali della Neve” svoltesi a Madonna di Campiglio (una sorta
di campionato nazionale di sci e altre discipline invernali), classificandosi tra i primi; Pallotta vi intervenne
anche all’edizione successiva del 1941.
Con la seconda guerra mondiale si ebbe una sospensione dell’attività a tutti i livelli; molti frequentatori della
montagna (Arnaldo Odoardi, Ugo Maestri, Mario Paci, Annibale Tassoni, Nino Allevi, Tullio Pallotta, Gerardo
Ciocchi-Teriaca, Annibale Fratoni) avvalendosi dell’appartenenza al CAI, riuscirono a frequentare la Scuola
Militare Alpina di Aosta.
Archiviato il regime fascista e passata la seconda guerra mondiale, nel giugno del 1945 a solo qualche mese
dalla Liberazione del 25 aprile, si ricostituisce di nuovo la sezione del CAI; a presiederla fu il marchese Piero
Ambrosi Sacconi Natali, con Ezio Pallotta alla Vice Presidenza, tra i consiglieri Gino Olivieri.
Negli anni della ripresa post-bellica ripartì in pieno l’attività, si effettuavano gite con tutti i mezzi e lo sci ebbe
quasi una diffusione di massa nel territorio Ascolano
Non erano ancora stati costruiti impianti di risalita, ma tra gli sciatori dello Sci Club della sezione Cai, si
crearono, due fazioni contrapposte: una che sosteneva Forca Canapine e l’altra che privilegiava la
Montagna dei Fiori.
Queste due opposte “correnti di pensiero” influenzarono anche la politica dei rifugi della sezione. Sulla
Montagna dei Fiori nel ’48, Tullio Pallotta e il presidente Dr Carlo Bartoli, succeduto a Sacconi Natali,
risistemarono l’unico fabbricato (il Capanno del Pastore) sopravvissuto al tritolo dei tedeschi, attrezzandolo e
dotandolo di servizi: nacque così il rifugio Mario Paci.
A Forca Canapine nel 1953, il presidente Giuseppe Bartoli (nipote di Carlo deceduto nell’agosto 1950), al
fine di supportare l’attività sciistica, prese in locazione, dalla Provincia di Ascoli il piano terra ed il garage
della casa cantoniera, realizzandovi 40 posti letto e un ristorante; fu così avviato il “rifugio Enrico Tartufoli”. A
febbraio del 1954 sotto la spinta sempre più forte degli sciatori decisi a valorizzare Forca Canapine, la
sezione impiantò in questa località la sciovia “Nordica”, che fu il primo impianto di risalita meccanica della
Provincia, venduta a privati nel 1970.
Nei primi anni ’50, si affacciarono sulla scena diversi giovani, alcuni dei quali avrebbero cambiato il volto
dell’alpinismo ascolano, e retto le sorti della sezione per lunghissimo tempo; arrampicavano da soli,
seguendo però anche Tullio Pallotta, che nel frattempo non aveva mai smesso di scalare. I quegli anni
Francesco Saladini e Claudio Perini effettuarono salite su roccia non solo al Dito del Diavolo, ma anche al
Vettore sia al Gran Gendarme che al Pizzo del Diavolo. Nell’ottobre del ’54 Francesco Balena, Mario Lupi e
Carlo Mariani parteciparono ad un corso per Portatori tenuto dal CAI Centrale a Campo Imperatore,
diventando poi guide alpine; l’anno successivo Francesco Balena e Mario Lupi condussero Maurizio Calibani
e Francesco Saladini sulla cresta ENE del Corno Piccolo.
All’inizio della seconda metà degli anni ’50 i tempi erano ormai maturi per una svolta che puntualmente
avvenne quando Maurizio Calibani frequentò e superò, nel ’56, il corso di roccia della Sucai Roma, seguito
l’anno seguente, da Pinetta Teodori e Claudio Perini.
Si avviò così, un processo di avvicinamento dell’alpinismo ascolano all’alpinismo moderno, con la nascita di
un gruppo strutturato di arrampicatori; tra i protagonisti di quel lontano “nuovo mattino” ascolano oltre ai tre
allievi usciti dal corso Sucai Roma, anche Francesco Saladini e Tito Zilioli che fu il primo ascolano ad
arrampicare da primo in palestra su difficoltà di 6° grado.
Il ‘58 fu un anno denso di eventi le cui conseguenze avrebbero segnato profondamente il cammino della
sezione; nel febbraio Francesco Saladini, Maurizio Calibani, Danilo Angelini, Ignazio Castellani e Luigi
Romanucci chiesero nell’assemblea annuale, che la Sezione del CAI si aprisse all’alpinismo moderno
ottenendo però un rifiuto dal gruppo dirigente di allora: qualche giorno più tardi i primi due insieme a Claudio
Perini, Tito Zilioli ed altre 15 persone, fondarono, fuori dal CAI, il Gruppo Alpinisti Piceni (GAP), baricentro
dell’alpinismo acolano fino agli anni ’70.
A poco più di un mese, da quell’evento, Tito Zilioli morì, il 30 marzo, per crisi cardiaca scendendo dal Vettore
dopo la prima ripetizione invernale della via del Canalino, con Pinetta Teodori, Francesco Saladini e Claudio
Perini.
Qualche giorno dopo, sull’onda del cordoglio per la sua scomparsa, si costituì ad Ascoli un comitato
promotore per la costruzione di quello che sarà il Rifugio Zilioli sulla Sella delle Ciàule al Monte Vettore,
(verrà aperto nel 1960).
Ad agosto dello stesso anno Claudio Perini e Maurizio Calibani aprirono sulla Punta Maria del Pizzo del
Diavolo (Vettore) la via “GAP”, la prima salita ufficiale di ascolani in roccia.
Nell’autunno prese il via il primo corso di roccia del GAP segnando di fatto la nascita della Scuola; gli
istruttori non potevano che essere quelli usciti dal corso Sucai Roma e cioè Maurizio Calibani , Pinetta
Teodori e Claudio Perini, tra gli allievi Peppe Fanesi, Marco Florio, Vincenzo Giorgioni, Peppe Raggi e
Francesco Saladini.
Gli alpinisti del GAP sul finire del ’59 e nell’anno successivo ripeterono tutte le vie del Pizzo del Diavolo al
fine di preparare una guida del gruppo; la “Guida del Monte Vettore” fu pubblicata, a cura del GAP, nel 1960.
Domenico Massimi, succedette nella presidenza della sezione a Giuseppe Bartoli, nel 1961; egli avviò la
ricostruzione del rifugio a Forca Canapine che si chiamerà, “Città di Ascoli”; fu soprattutto colui che avviò il
processo di ricomposizione della frattura tra sezione CAI e GAP ottenendo, nell’aprile di quell’anno, il rientro
nel CAI degli alpinisti.
Per tutti gli anni’ 60 si susseguirono numerose salite in Appennino e sulle Alpi; l’alpinismo ascolano che si
muoveva tutto nell’ambito sezionale organizzava gite sociali e anche accantonamenti sulle alpi; furono
aperte tra, Gran Sasso e Vettore più di 20 nuove vie su roccia; tra i più attivi del gruppo: Marco Florio e
Maurizio Calibani con le loro prime salite invernali, Peppe Fanesi e Francesco Bachetti con la salita alla
parete nord del Camicia.
Peppe Fanesi, nel ’68, ottenne il brevetto di Istruttore Nazionale di Alpinismo, diventando, così il primo
insegnante “titolato” della scuola.
Nel corso degli anni ’70 si verificarono nell’alpinismo ascolano una serie di fatti di rilevante interesse; inoltre
la sezione realizzò diverse iniziative, alcune delle quali del tutto nuove per l’ambiente ascolano, altre
addirittura di portata “rivoluzionaria”. Questa concomitanza di eventi fece di quel decennio un periodo di una
particolare importanza tale da segnare la vita della sezione.
Si aprì l’era delle spedizioni alpinistiche extraeurope, nel 1970, con quella al Munzur (Turchia orientale) ove
furono conquistate alcune cime inviolate intorno ai 3000 metri; vi parteciparono Francesco Bachetti, Maurizio
Calibani, Bernardo Carfagna, Giuseppe Raggi e Giancarlo Tosti. Seguì nel 1972 la spedizione “Città di
Ascoli” all’M6, 6138 metri, ultima cima inviolata della valle di Mandaras nell’Hindu Kush afgano, al confine
col Pakistan; vi presero parte Pinetta Teodori, Maurizio Calibani, Carlo e Peppe Fanesi, Peppe Raggi,
Francesco Saladini e Giancarlo Tosti. Francesco Saladini e Pinetta Teodori raggiunsero la vetta il 9 agosto.
Chiusero questo ciclo Gian Carlo Tosti e Dario Nanni nell’estate 1975, che con una spedizione ultraleggera,
salirono il Monte Ararat (m 5165) nella Turchia orientale e il Demavand (m 5671)in Iran.
Nel 1973 Francesco Saladini promosse il 1° Corso di Formazione Alpinistica, che fu tenuto dalla Scuola di
Alpinismo e dalla Sezione; era strutturato con lezioni teoriche e pratiche settimanali da ottobre a giugno, in 4
sezioni (escursionismo, sci di pista, sci-alpinismo, arrampicata), con accantonamento finale sulle Alpi;
l’evento fu molto innovativo, quasi “rivoluzionario“, la sezione si apriva verso le istanze e i bisogni
rappresentati dalla società offrendo una didattica per una formazione alpinistica completa e scientifica.
In quel decennio il panorama dell’alpinismo ascolano si arricchì di una nuova generazione di alpinisti nata ad
opera di Peppe Fanesi nella Scuola di alpinismo della Sezione CAI, tra i principali: Tiziano Cantalamessa,
Stefano Pagnini, Alberico Alesi; seguiti successivamente da: Bruno Tosti, Tito Ciarma, Emidio Nardini, Paolo
e Giulio Mazzanti, Giacomo Stipa, Marcello Ceci, Roberto Cantalamessa, Guido Ciarma, Emidio Catalucci.
Al di fuori dell’ambito sezionale Antonio Mari salì a partire dal 1976 difficili percorsi estivi ed invernali mentre i
fratelli Walter e Corrado Giannelli (quest’ultimo cadrà nel 1988 sul Gran Sasso) effettuarono sul Vettore
difficili solitarie e prime estive.
Gli alpinisti ascolani si dedicarono anche alla ricerca di ambienti d’arrampicata lontani dalle montagne e fu
cosi che nel 1973 Francesco Bachetti scoprì la palestra di roccia di Rosara e nel 1974 Federico Pagnini
quella di San Vito; qui Peppe Fanesi ed Alberico Alesi vi aprirono la prima via, quella dello “Spigolo”.
L’impegno nella salvaguardia ambientale, caratteristica storica della sezione, prese l’avvio proprio sul
principio degli anni ’70 con una serie di iniziative volte alla difesa del gruppo dei Sibillini; nel ottobre ’77 la
Sezione organizzò coraggiosamente a Montefortino un “Convegno di studi per l’istituzione del Parco dei
Monti Sibillini”; quell’iniziativa fu un evento che precorse i tempi e risultò decisivo per la costituzione del
Parco che avverrà solo nel 1993.
Nel novembre 1979 la sezione ampliò le proprie strutture con la costituzione della Stazione di Ascoli del
Corpo Nazionale Soccorso Alpino.
Si pubblicò, in quell’occasione la Guida dei Monti Sibillini a cura di Maurizio Calibani e Alberico Alesi; negli
anni successive molte altre pubblicazioni si aggiungeranno alle prime due guide fino ad allora prodotte.
La Scuola di Alpinismo “CAI Ascoli” ha gestito finora tutta l’attività didattica sezionale organizzando i corsi di
roccia, di scialpinismo, di formazione alpinistica e di escursionismo. Fanno parte dell’organico della scuola
varie tipologie di istruttori con competenze molto diverse tra loro al fine di coprire la vasta gamma di offerta
di corsi e di garantirne la qualità didattica. Tuttavia le rapide trasformazioni legate alla pratica dell’andare in
montagna, richiedono la necessità di specializzare l’insegnamento, circoscrivendolo sempre più in ambiti
ristretti, che riflettono l’evoluzione in atto. A partire da queste esigenze, prende l’avvio un vivace dibattito tra
gli istruttori che porta a riformare, rinnovandola completamente, la struttura didattica della sezione.
Così nell’88 si costituisce la nuova “Scuola di sci-alpinismo CAI Ascoli”, vi fanno parte quegli istruttori
qualificati in questa disciplina; rimane la “Scuola di alpinismo CAI Ascoli” che ridefinisce e circoscrive il
proprio ambito didattico al solo settore dell’alpinismo.
Per l’insegnamento dell’escursionismo, settore che riveste per la sezione un ruolo non certo di secondo
piano, viene creata un’apposita struttura: la Commissione Escursionistica Sezionale che nel proprio organico
raccoglie istruttori provenienti sia dalle altre due scuole che da altri settori della sezione.
La sezione (la cui presidenza nel ’84 è passata da Luciano Carosi ad Alberico Alesi) continua a favorire in
ogni modo la formazione e la qualificazione dei propri istruttori, agevolandone in ogni modo, la
partecipazione ai corsi tenuti dalle strutture CAI.
Il risultato di questa politica è riscontrabile nell’alto numero di istruttori con titolo CAI che prestano
attualmente la loro opera nell’ambito sezionale, e nell’ampia e qualificata offerta didattica che ogni anno
viene sfornata.
Sul finire degli ottanta, nuove cambiamenti investono ancora le due scuole che si aprono alle sezioni di
Fermo e San Benedetto diventando strutture intersezionali ed cambiando la denominazione da CAI Ascoli a
del Piceno.
Nel 2003 si festeggiano i centoventi anni dalla sezione con varie iniziative: la ristampa anastatica della Guida
della Provincia di Ascoli Piceno del 1889, una mostra fotografica sulla nostra storia, un convegno di studi.
Dario Nanni