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numero otto

A.S. 2022/2023

ART
PERIODICO DEL

Illa relicta feris etiam nunc, improbe Theseu


vivit. Et haec aequa mente tulisse velis?
[ editoriale]
Centoventi anni del Liceo Artistico “Gentile
Mazara”: un traguardo importante, ma anche un
nuovo punto di partenza. Tante cose sono
Mitius inveni quam te genus omne ferarum; cambiate nel corso di questi anni, tanti artisti sono
cresciuti e si sono affermati, tanti alunni si sono
credita non ulli quam tibi peius eram. formati ed hanno scelto strade diverse da
percorrere. Rimangono immutati alcuni aspetti,
Quae legis, ex illo, Theseu, tibi litore mitto che legano gli studenti di ieri e quelli di oggi: la
unde tuam sine me vela tulere ratem, creatività, la passione per l’arte, lo sguardo al
in quo me somnusque meus male prodidit et tu, passato, fonte di ispirazione e patrimonio
per facinus somnis insidiate meis. inestimabile da consultare e conoscere, e
Tempus erat, vitrea quo primum terra pruina l’attenzione verso le novità, le prospettive.
spargitur et tectae fronde queruntur aves; Questo è il tema del n. 8 di ART sul quale hanno
incertum vigilans ac somno languida movi lavorato gli studenti di tutte le classi del Liceo, in
Thesea prensuras semisupina manus: stretta collaborazione con i loro docenti. Un lavoro
nullus erat. referoque manus iterumque retempto di squadra che li ha portati a sviluppare nuove
perque torum moveo bracchia: nullus erat. competenze e che ha consentito loro di
excussere metus somnum; conterrita surgo conoscere ed entrare a contatto con le
membraque sunt viduo praecipitata toro. professionalità come Andrea Sedici, Franco
protinus adductis sonuerunt pectora palmis Coccopalmeri, Mauro Cianti che hanno deciso si
utque erat e somno turbida, rupta coma est. investire le proprie energie e di riportare il proprio
Luna fuit; specto siquid nisi litora cernam; know out nella terra d’origine.
quod videant oculi, nil nisi litus habent. ART numero otto prova a raccontare le
nunc huc, nunc illuc et utroque sine ordine, curro, prospettive di un territorio e le riflessioni sul
alta puellares tardat harena pedes. mondo dell’arte cittadina. Lo fa con originalità
interea toto clamanti litore "Theseu!" creando uno spazio aperto per gli studenti che
reddebant nomen concava saxa tuum raccontano la loro scuola, le esperienze e il loro
et quotiens ego te, totiens locus ipse vocabat; modo di vivere l’arte.
ipse locus miserae ferre volebat opem. Non poteva mancare uno spazio dedicato ai 120
Mons fuit; apparent frutices in vertice rari; del Liceo Artistico “Gentile Mazara” che vanta
hinc scopulus raucis pendet adesus aquis. radici antiche e importanti: era infatti il gennaio
adscendo; vires animus dabat; atque ita late 1903 quando iniziarono i corsi dei quella che era
aequora prospectu metior alta meo. allora la scuola di Arti e Mestieri. Una scuola che,
inde ego-nam ventis quoque sum crudelibus usa- tra cambiamenti e nuovi ordinamenti, ha
vidi praecipiti carbasa tenta Noto. attraversato più di un secolo, intrecciando la sua
aut vidi aut fuerant quae me vidisse putarem; storia con quella di uomini che l’hanno cambiata e
frigidior glacie semianimisque fui. fatta crescere. Tra questi senz’altro il maestro Italo
nec languere diu patitur dolor. excitor illo, Picini, già docente e preside dell’ex Istituto d’Arte
excitor et summa Thesea voce voco. sulmonese, di cui quest’anno ricorrono i centodue
"quo fugis?" exclamo "scelerate revertere Theseu! anni dalla nascita.
flecte ratem! numerum non habet illa suum!" C’è un suo ricordo tra queste pagine, così come
Haec ego. quod voci deerat, plangore replebam; c’è un omaggio al suo fondatore, il barone Gentile
verbera cum verbis mixta fuere meis. Mazara, Picini gli dedicò un busto che di recente
si non audires, ut saltem cernere posses: è stato ritrovato e ricollocato all’ingresso del Liceo.
iactatae late signa dedere manus. Questa edizione di ART più delle altre, dialoga
candidaque imposui longae velamina virgae con il territorio a testimonianza di una scuola che
scilicet oblitos admonitura mei. è parte integrante della sua realtà. I nostri studenti
iamque oculis ereptus eras. tum denique flevi; hanno indagato tutte le prospettive artistiche che
torpuerant molles ante dolore genae. lo animano: penna e registratori alla mano, hanno
quid potius facerent, quam me mea lumina flerent, intervistato orafi, designer, stilisti, collezionisti e
postquam desieram vela videre tua? pittori, provando a raccontare la vivacità culturale
aut ego diffusis erravi sola capillis, che caratterizza la Valle Peligna. Hanno interagito
qualis ab Ogygio concita Baccha deo; con gli amministratori della Città, cui va un sentito
aut mare prospiciens in saxo frigida sedi, ringraziamento, per riflettere sulle politiche
quamque lapis sedes, tam lapis ipsa fui. culturali cittadine.
saepe torum repeto qui nos acceperat ambos, ART , dunque, è il ritratto di una scuola che vive
sed non acceptos exhibiturus erat le emergenze, le opportunità e le “sfide” che la
et tua quae possum pro te vestigia tango società pone. I nostri ragazzi raccontano in queste
strataque quae membris intepuere tuis. pagine anche il loro confronto con il mondo del
incumbo lacrimisque toro manante profusis lavoro e con tematiche di stringente attualità, dalla
"pressimus" exclamo "te duo, redde duos! violenza di genere alla guerra in Ucraina, con le
venimus huc ambo; cur non discedimus ambo? quali quotidianamente si confrontano.
perfide, pars nostri, lectule, maior ubi est?" ART numero otto però è anche e soprattutto
[...] spazio di speranza, riflessione ed energia, energia
positiva e costruttiva, quella che ogni giorno la
OVIDIO scuola è chiamata ad alimentare negli studenti,
Heroides, Epistula X (Ariadne Theseo) cittadini di oggi e del futuro.

Pablo Picasso, L’Étreinte [L’abbraccio] Caterina Fantauzzi


Dirigente Scolastico

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Buon compleanno Liceo Artistico!


Sono trascorsi centoventi anni da quando il Barone Gentile Mazara decise di
donare alla città di Sulmona una somma di denaro per l’Istituzione della
Scuola di Arti e mestieri. Da allora quanta strada è stata fatta, quanti maestri
e quanti artisti sono passati tra questi banchi, eppure l’entusiasmo, la
creatività, la ricerca della bellezza sono rimaste immutate.
Il Liceo Artistico è dunque una delle scuole più antiche istituite in città, una
scuola che ha avuto un ruolo importantissimo nella salvaguardia della
tradizione artigianale e artistica locale e per questo motivo si inserisce
perfettamente nel contesto e nel panorama di una città d’arte come la nostra.
Fu dunque il Barone Gentile Mazara, appartenente ad un’antica e illustre
famiglia Sulmonese, a mettere a disposizione del Comune una cospicua
somma per l’istituzione della Scuola d’Arti e mestieri. Correva l’anno 1901. Le
secolari tradizioni di Sulmona non erano affatto spente: tra gli artigiani era
sempre vivo il sentimento del bello, manifestato nella varia produzione degli
oggetti e nel tentativo di realizzare opere originali. La Giunta Comunale,
approvata ad unanimità la proposta dell’istituzione di una scuola di Arti e
mestieri, stabilì che questa comprendesse quattro sezioni: falegnami e
intagliatori, muratori e scalpellini, fabbri e meccanici, pittori e decoratori. Il
primo corso ebbe inizio nel gennaio 1903 nei locali dell’ex Convento di Santa
Caterina. Le iscrizioni raggiunsero il numero di 108. Nell’anno 1904/1905 la
scuola aprì con tre classi, successivamente se ne aggiunse una quarta. Nel
1906 il Consiglio Comunale decise che la scuola di Sulmona dovesse
presentarsi come una semplice scuola di disegno applicato alle industrie,
con prevalenza del disegno artistico e con l’inserimento di vari indirizzi. La
Scuola d’Arte di Sulmona fu premiata con la medaglia di bronzo alla mostra
didattica delle scuole industriali e commerciali a Roma. I corsi da quattro
furono portati a cinque, con le seguenti materie: Ornato e decorazione
pittorica; Disegno protettivo, architettonico e di costruzione; Disegno
geometrico elementare, Aritmetica e geometria; Plastica; Italiano, Storia e
Geografia. Gli iscritti del primo anno di formazione furono 116. Negli anni
successivi la scuola migliorò il suo ordinamento e, avendo ottenuto un
contributo straordinario di duemila lire dalla locale banca popolare
cooperativa, potette imprimere maggiore impulso al funzionamento dei suoi
laboratori, tanto che, partecipando alla mostra internazionale delle industrie e
del lavoro di Torino, vinse una medaglia d’argento. Nel 1912 trovò sede
definitiva all’interno del fabbricato del “Cuore di Gesù”, trasformato dal
Comune, con l’aggiunta di un vasto padiglione per la lavorazione del legno. Il
terremoto del 15 gennaio 1915 danneggiò gravemente il fabbricato e, per
questo, fu necessario sospendere le lezioni per tutto l’anno. La scuola riaprì il
3 gennaio 1916 solo per le tre classi superiori. Le lezioni ripresero in tutte e
cinque classi nel 1917- 1918. In un momento di grande crisi economica per
via della prima grande guerra e degli effetti che ancora perduravano a causa
del terremoto, nel 1921 iniziarono le pratiche per la classificazione della
scuola. La nostra divenne Regia Scuola professionale Gentile Mazara. Tra il
1923-1924 il macchinario del laboratorio di falegnameria venne sistemato
nell’ex convento di Santa Chiara. In quegli anni la scuola realizzò la balaustra
in ferro battuto per il monumento ai caduti. Negli anni ’20 e ’50 la scuola
partecipò inoltre a molte mostre riscuotendo notevoli successi: 1925, mostra
Nazionale dell’Arte moderna a Roma; 1927, mostra artistica all’Aquila con
lavori di legno e ferro battuto; 1928, mostra a Tripoli, con l’invio di due alunni
e una spesa di cinquecento lire; medaglia d’oro alla seconda fiera nazionale
di Francavilla al Mare. Negli ultimi decenni la scuola ha avuto un'altra
importante modifica: quello che era l’Istituto d’arte è diventato un Liceo.
Alcune discipline sono state sostituite, qualche ora di laboratorio si è persa,
ma l’anima della scuola è rimasta intatta. Oggi sono tanti i ragazzi che
scelgono il nostro Liceo e che, pur continuando a coltivare la passione ed il
talento per l’arte, ottengono una formazione completa non solo in ambito
artistico, ma anche scientifico e umanistico.

Francesca Del Castello, VA

A N N I
D I I S T R U Z I O N E A R T I S T I C A

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La Cappella Mazara - Storia di un monumento


All'interno del cimitero di Sulmona, lungo il viale monumentale, si trova la
Cappella dei Baroni Mazara. I lavori per la sua realizzazione iniziarono nel
1906, su progetto dell'ingegnere Domenico Poilucci, per poi essere portati a
termine nel 1910. L'ingegnere ha fatto ricorso alle migliori maestranze locali
dell'epoca per riuscire a realizzare un'opera degna della famiglia che l'aveva
commissionata. Basti pensare che tra gli artisti coinvolti ha operato lo
scultore Giovanni Granata a cui si deve la realizzazione di un angelo di
marmo, posizionato al lato del cancello principale, di due statue che posano
sui sarcofagi all'interno della cappella rappresentanti la Carità segreta e
l'Angelo della Morte, lo stemma di famiglia, sorretto da due puttini di marmo,
lo scheletro di bronzo che sovrasta lo stemma stesso. La Cappella è stata
venduta al Comune di Sulmona il 20 novembre 1997 da Pier Paolo
D'Agostino Orsini, ultimo erede della famiglia Mazara e da allora la storia
della Cappella è stata davvero travagliata. Certo, le condizioni nelle quali
versano molte tombe di sulmonesi illustri sono oggi davvero preoccupanti,
oggetto di un degrado che sembra inarrestabile. Di recupero e valorizzazione
si parla da tanto tempo: l'idea di intervenire sulla Cappella dei Baroni Mazara,
il Pantheon sulmonese, comincia ad essere oggetto di discussione nei primi
anni Ottanta, quando lo stupendo monumento marmoreo appariva al termine
di un viale di cipressi, incantevole, prima che le radici rovinassero a terra le
lastre pregiate che lo rivestivano.
L'occasione era data dalla vendita del palazzo di famiglia in Largo Mazara, al
quale era necessariamente abbinato il monumento funebre. Si avvertì il
desiderio di rivalutare il luogo dove collocare fisicamente personaggi illustri
che sono nati a Sulmona. Dal 2000, anno MichelinBlazy,
cui furono trafugati
Collection alcuni
de chaussures
elementi architettonici e storico-artistici, si è tornati a parlare di interventi di
restauro. Sembra che occorrano ben 400.000 mila euro per rimettere in piedi
l'edificio e riportarlo all'antico splendore.
"Certo per tenere in piedi un monumento importante occorrono tante energie
e numerosi fattori - spiega Franco Casciani, assessore ai lavori pubblici del
Comune di Sulmona. - Una struttura non rimane in piedi in eterno. All'interno
del cimitero abbiamo diverse tombe di personaggi illustri, sebbene purtroppo
nel corso del tempo si sia persa un po' l'attenzione verso di loro. Speriamo
che in un futuro prossimo si possa tornare ad investire sul recupero e la
conservazione di questo patrimonio così importante per la città ".

Ilaria La Porta, VA

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Una voce autorevole:


interviene Gianfranco Di Piero, Sindaco di Sulmona
In occasione del centoventesimo anniversario dell’Istituzione del Liceo
Artistico Gentile Mazara, abbiamo deciso di intervistare il Sindaco della
nostra città.

Quest’anno la nostra scuola si prepara a celebrare i 120 anni dalla sua


istituzione, cosa significa per lei e per la città di Sulmona avere un
luogo dove i giovani crescono a contatto con l’arte?
Penso che il Liceo Artistico di Sulmona, formatosi sulle basi dell’ex Istituto
d’arte Gentile Mazara, sia un motivo di orgoglio per la città e per
l’amministrazione comunale. Come il Barone Mazara aveva compreso il
valore ed il peso dell’arte e dell’artigianato più di un secolo fa, così anche noi
dobbiamo e possiamo credere che il valore della nostra città si fondi sull’arte
e sull’artigianato. L’arte rappresenta l’espressione massima della civiltà ed
educare i giovani, sensibilizzarli con lo studio e l’approfondimento delle
discipline artistiche, credo che sia un contributo notevole allo sviluppo delle
nuove generazioni.
Sulmona ha un ricco patrimonio non sempre conosciuto dai cittadini e
poco comunicato al di fuori. Cosa si potrebbe fare per valorizzare la
nostra città?
Sulmona vanta un patrimonio artistico importantissimo che deve
necessariamente valorizzare. Nel contempo anche l’attività artistica
rappresenta un punto di forza oltre al patrimonio monumentale che la città
possiede. La tutela e la valorizzazione dei monumenti e degli artisti
richiedono un impegno costante ed anche l’impiego di risorse che
l’amministrazione deve mettere a disposizione per fare in modo che Sulmona
sia percepita sempre di più come Città d’arte. Effettivamente dobbiamo agire
affinché i cittadini possano conoscere meglio la loro terra e le potenzialità che
essa offre per poter diventare essi stessi volano di promozione nel momento
in cui i turisti italiani e stranieri, sempre più numerosi, visitano la nostra città.
Quali sono i progetti che intende portate a compimento per rendere
ancora di più la nostra Sulmona un “città d’arte”?
La strada da percorrere è lunga, ma stiamo mettendo in campo una serie di
iniziative importanti anche per la valorizzazione della città al di fuori del
contesto regionale; proprio a riguardo, il 6 dicembre ho partecipato ad un
convegno alla Camera dei Deputati dov’è stato presentato un libro
sull’Abruzzo con uno spazio importante dedicato proprio alla città di Sulmona.
Un’occasione dunque per parlare della nostra città in un contesto nazionale di
grande rilievo e che garantisce una notevole risonanza.
Sulmona ha sempre avuto tanti artisti che si sono affermati anche oltre i
confini regionali e nazionali. Qual è il panorama dei giovani artisti
locali? Cosa intende fare per loro?
Il Liceo Artistico Mazara ha visto alternarsi generazioni di studenti: molti di
essi hanno avuto importanti affermazioni anche in campo nazionale e
internazionale nei vari settori, dalla pittura, alla scultura, all’oreficeria. Ed è
un motivo di orgoglio. L’Amministrazione è particolarmente vicina alla scuola
ma soprattutto agli studenti e si impegnerà il più possibile per la loro
valorizzazione. Oggi in città e più in generale nella Valle Peligna, operano
tanti artisti che espongono in contesti importanti. Il loro contributo per la
diffusione della conoscenza del nostro territorio è importantissimo.

Parvati Verrocchi Renzulli, IVA

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Due busti a confronto:


l’omaggio al Barone Mazara di Granata e Picini
“Ah… se l’avessimo scoperto due mesi prima, l’avremmo acquistato noi!”. È
stata questa la reazione di alcuni docenti del Liceo Mazara nel momento in
cui, navigando in rete, si sono accorti che era stato da poco battuto all’asta
un busto in terracotta realizzato dal Granata, raffigurante proprio lui, il Barone
Gentile Mazara, quel Barone Gentile Mazara, finanziatore dell’antica scuola
di Arti e Mestieri di Sulmona, divenuto poi Liceo Artistico.
Il Liceo possiede già, nella collezione dell’Istituto un altro busto ritraente il
Barone Mazara, realizzato dal maestro Italo Picini, artista che ha ricoperto un
ruolo importante nella storia della nostra scuola, prima come Docente e poi
come Preside, ampliandone tra l’altro, il numero di specializzazioni con gli
indirizzi di ceramica e tessitura artistica. Ci siamo messi alla prova ponendo a
confronto le due sculture e la mano dei due artisti notandone analogie e
differenze. Lo scultore Giovanni Granata, nato il 3 aprile a Sulmona nel 1875
e deceduto a Roma il 29 Maggio 1947, iniziò il suo apprendistato nella
bottega di Costantino Barbella, scultore abruzzese di rilievo. Nei primi anni
del 1900 si stabilì a Roma, partecipò alle mostre della Società degli amatori e
cultori di belle arti, dove espose molte sue opere tra cui la scultura “Il
montanaro abruzzese” già presentata alla X Biennale di Venezia nel 1912. Il
suo stile fu molto apprezzato, definito leggiadro ed elegante, spesso
caratterizzato dal ricorso al piccolo formato, tipico della produzione Liberty di
primo Novecento.
Queste caratteristiche sono riscontrabili anche nel suo busto del Barone
Mazara. In quest'opera troviamo un certo dinamismo dato dalla torsione del
collo che posiziona il volto a tre quarti. Lo sguardo coglie il carattere
determinato del Barone, dando così valore espressivo al soggetto. Il busto,
datato 1908, è stato realizzato in terracotta, con dimensioni cm 50x30x20.
Rispetto al busto realizzato dal Granata, la scultura di Picini, del 1939,
presenta un'austera staticità, mostra uno sguardo severo e freddo; la posa è
rigida, le spalle sono più evidenti e la fine del busto è più definita. La scultura
è realizzata in terracotta patinata, con dimensioni maggiori rispetto all’altro
(cm 62x63x40).
Picini, artista che ebbe un ruolo significativo per la storia dell'arte abruzzese,
nacque a Bugnara il 9 novembre 1920. Frequentò la scuola d'arte di Sulmona
prima e l'istituto d'arte di Firenze poi; le sue opere vennero esposte alla XXIV
Biennale di Venezia e alla Quadriennale di Roma. Alla fine della Seconda
Guerra Mondiale, lavorò come professore presso l'Istituto d'Arte di Sulmona
di cui diventò Preside, concentrandosi anche sul rilancio della tessitura
artistica abruzzese. Dal 1976 al ’79 insegnò presso l'Accademia delle belle
arti all'Aquila. È morto a Sulmona il 12 ottobre 2016, all'età di 95 anni.
Stili diversi, analoga sensibilità e coincidenza di intenti dei due artisti che
hanno voluto esaltare un personaggio importante della storia locale.
La nostra scuola è fortunata ad annoverare nella sua collezione uno dei due
busti, quello del Maestro Picini. Ci auguriamo che in un prossimo futuro
possa recuperare anche l'opera del Granata, così da poter omaggiare il
nostro mecenate!

Andrea Cococcia, Rebecca Colaiuda, Cecilia Tarullo, VB

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Omaggio a Italo Picini


Arte e letteratura. Dai maestri di ieri agli allievi di oggi. Gli alunni del Liceo
Artistico “Mazara” sono stati tra i protagonisti dell’evento “Buon compleanno,
maestro!”, organizzato dall’Archeoclub di Sulmona, per i 102 anni della
nascita di Italo Picini, già docente e preside del nostro istituto. L’evento si è
tenuto nel mese di novembre nella pinacoteca provinciale cittadina che
all’artista sulmonese è intitolata. Gli studenti Denise Marcovecchio, Andrea
Fasciani e Sameera Abdiu, coordinati dalla professoressa Giovanna Ruscitti,
hanno illustrato a tutti gli intervenuti il percorso artistico di Picini e hanno
intervistato alcuni tra i suoi più importanti allievi: Nunzio Di Placido, Ernesto
Oliva e Clara D’Antonio. In particolare, hanno messo in evidenza il ruolo
strategico che Italo Picini ebbe per quello che ai suoi tempi era l’Istituto d’arte
di Sulmona, favorendo la nascita di nuovi indirizzi e specializzazioni.
Contribuì alla formazione di tantissimi artisti che ancora oggi rappresentano
un solido punto di riferimento culturale per il nostro territorio. Tanti gli spunti di
riflessione emersi nel corso dell’iniziativa, che ha voluto celebrare la
ricorrenza della nascita del già professore e preside Picini come di certo
anche a lui sarebbe piaciuto, cioè attraverso le sue opere e la sua vicenda
artistica, alla presenza, tra gli altri, anche del nipote Marco. Nel dialogo tra gli
studenti di oggi e gli allievi di ieri dell’illustre concittadino è emersa una
carrellata di ricordi, di esperienze e aneddoti che gli intervistati non hanno
lesinato e hanno condiviso con piacere con tutti i presenti. La porta della loro
memoria è stata aperta soprattutto da una domanda: qual è stato
l’insegnamento più importante che avete ricevuto dal maestro? «Parlare di
Picini non è facile, è stato un grande preside ed una persona di cultura di
altissimo livello, ma soprattutto non aveva segreti per i suoi allievi, con i quali
condivideva il suo sapere»: le prime parole sono state quelle di Nunzio Di
Placido, a cui hanno fatto seguito quelle degli altri allievi. «Molte cose»,
hanno aggiunto, «si imparano strada facendo, ma le basi solide su cui
costruire il resti ce le ha insegnate lui. Da lui abbiamo, ad esempio, imparato
le tecniche pittoriche e non era facile». «A quei tempi, infatti, non si avevano
le possibilità di oggi», ha proseguito il maestro Di Placido, «tutto il materiale
ce lo fabbricavamo noi, soprattutto i colori. Era difficile procurarseli, lui ci ha
insegnato a fabbricarceli da soli. “Basta sapere cosa vuoi fare e cosa devi
fare la base è sempre uguale”, ci ripeteva. Ci ha insegnato tutto,
dall'acquerello, all’affresco, al mosaico, tecniche particolari che lui ricavava
da delle sue combinazioni di colore. A lui dobbiamo davvero tanto. Il maestro
non teneva nulla per sé, bastava chiedere e lui spiegava tutto. Non lasciava
indietro nessuno. Ha segnato la vita di ciascun allievo in maniera indelebile».
Alla stessa serata hanno preso parte anche alcuni studenti del liceo classico
“Ovidio” Matteo Marrese , Beatrice Marzolini e Tommaso Tronca, che,
coordinati dalle docenti Cristina Martinelli e Sabrina Cardone e accompagnati
al flauto da Cecilia Bonaventura, hanno letto alcuni brani tratti dal romanzo
“Una vita violenta” di Pier Paolo Pasolini, di cui ricorre in questo anno il
Centenario della nascita. Insomma due modi diversi di leggere la cultura, in
una stessa serata, in cui i più giovani hanno potuto fare tesoro
dell’esperienza e dell’insegnamento dei grandi maestri, apprezzando, da un
lato la loro “lezione” e dall’altro le potenzialità offerte loro dalla
contemporaneità, veloce e multiforme, ma al contempo ricca di risorse che
sta a loro cogliere e coltivare, anche attraverso lo studio, la dedizione e
l’impegno.

Sameera Abdiu, Franca Di Nardo, IIA

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La bellezza dell’arte.
L’ottocento, l’Abruzzo e il collezionismo
Pasquale Del Cimmuto, nato a Pescocostanzo nel 1951, è stato sindaco del
suo paese natale e ha svolto per quarant’anni la professione di chirurgo negli
ospedali abruzzesi, coltivando contemporaneamente la passione per l’arte e la
letteratura. Ha pubblicato articoli, note critiche, recensioni, libri e alcune
raccolte di poesie.
Da studentesse del Liceo Artistico “Mazara”, ciò che, tra i suoi molteplici
interessi, ha catturato la nostra attenzione è stata la sua passione per l’arte in
generale e la scultura in particolare. Di questo abbiamo deciso di parlare con
lui.

Dottor Del Cimmuto, come è nata la sua passione per l’arte?


Come tutte le passioni, sono cose che si hanno dentro e ad un certo punto
della vita vengono fuori, esplodono.
Sappiamo che il suo campo di interesse è l’arte del XIX secolo.
L’Ottocento è stato un secolo di grande complessità e ricchezza
culturale e artistica. Dopo altalenanti periodi di silenzio e di parziale
recupero, secondo lei si può constatare un rinnovato interesse per
questo periodo?
L’Ottocento fa un po’ la parte della Cenerentola, perché inizialmente è stato
bistrattato, dato che è stato visto come il secolo di passaggio tra la durezza
ispiratrice e rappresentativa del Settecento e l’”esplosione” del Novecento,
quando prendono vita molti grandi movimenti artistici, filosofici, culturali e
sociali. L’Ottocento merita una totale rivalutazione, perché è un secolo di
grande ricchezza e vivacità culturale. Per quanto riguarda l’Abruzzo abbiamo
da considerare un altro elemento fondamentale, quello della scuola del
“Convento Michetti” a Francavilla, nel quale si riunivano vari artisti, tra i più
importanti del secolo e non solo, come Francesco Paolo Michetti, Gabriele
d’Annunzio, Francesco Paolo Tosti e Costantino Barbella.
Lei è un appassionato di arte, ma soprattutto di scultura. Che cosa la
affascina in particolare di questo settore?
La scultura è un’arte poco conosciuta rispetto alla pittura che viene più
praticata, seguita e commercializzata. La scultura è una forma artistica
tradizionale che rappresenta la vita di tutti i giorni, le emozioni, la spiritualità e
lo fa con un atteggiamento costruttivo che si concretizza in forme che vengono
fuori da diversi tipi di supporto materiale, dal marmo, al bronzo alla terracotta
ecc. Per questo è più complesso realizzare un’opera scultorea. La lavorazione
del marmo, poi, mi affascina particolarmente.
Ritiene dunque che la scultura sia ambito artistico da approfondire?
Quali strumenti e metodologie risultano necessarie per procedere nella
ricerca?
Questa indeterminatezza, questo fascino misterioso della materia la rendono
senz’altro un’arte straordinaria e da approfondire. Gli strumenti sono quelli
tradizionali, quindi lo studio e la conoscenza dei grandi scultori e del mondo in
cui essi hanno operato, procedendo in maniera diligente e rigorosa.
Pensa che l’influenza delle scuole napoletana e romana sia stata
importante per gli scultori abruzzesi?
Certamente. I pittori dell’Ottocento hanno avuto una formazione al novanta per
cento napoletana: in passato chi voleva formarsi in termini accademici, doveva
frequentare l’Accademia delle Belle Arti a Napoli. Ancora oggi gli scultori e gli
artisti, anche abruzzesi, si formano nell’Accademia delle Belle Arti a Roma,
Bologna e Firenze.
Secondo lei, quali elementi gli scultori abruzzesi hanno conservato della
loro origine e cultura e trasferito negli orientamenti artistici del loro
tempo?
Gli scultori hanno seguito la traccia di Barbella, che ha usato tematiche non
riconducibili solo a quelle popolari del Realismo e del Verismo, ma anche a
nuove dottrine dell’arte come il Simbolismo, l’Art Nouveau e lo stile Liberty. Gli
scultori abruzzesi hanno saputo riportare uno stile morbido, accattivante e
simbolista derivato proprio dalla cultura della propria terra e da quella
napoletana. Alcuni scultori del Novecento hanno inoltre conservato un tratto
artistico figurativo, fondamentale per riallacciare il nodo che c’è fra l’arte
dell’Ottocento e le nuove avanguardie.
Ha notizia del busto del Barone Mazara realizzato dal Maestro Giovanni
Granata, a cui è intitolata la nostra scuola, recentemente battuto all’asta?
No, francamente è una notizia per me nuova. So dell’esistenza di questo
busto, ma non so di questo passaggio all’asta.
Cosa significa oggi collezionare arte? Ritiene che sia giusto investire su
artisti emergenti, contemporanei, oppure il mercato lascia ancora largo
spazio all’arte del passato?
Sono vere entrambe le cose: collezionare è passione, è riflessione, è una
scelta che nasce dall’anima. Si fa riferimento a dati oggettivi. C’è gente che
colleziona pittura rinascimentale: come si fa a dargli torto? Gli artisti italiani di
quel periodo sono straordinari per la bellezza delle opere, l’emozione che
trasmettono. Però non mi sento di criticare neanche chi colleziona arte
contemporanea. Ad esempio Alberto Burri ha fatto combustioni, Fontana dei
tagli su tela… all’inizio apparivano cose incomprensibili, poi il tempo le ha
consegnate alla storia. Io mi sono lasciato guidare dal sentimento. Ho ritrovato
negli artisti abruzzesi dell’Ottocento una corrispondenza con le mie
aspettative, i miei gusti e le mie tendenze. Mi sono ispirato alle collezioni dei
grandi musei. È sempre bello collezionare l’arte perché migliora la nostra vita,
ci permette di riflettere sulla realtà umana e rendere più sopportabili anche
quelle condizioni essenzialmente materiali su cui si basa la società moderna.

Sara Di Rosa, Sara Nuttini, VB

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Andrea Sedici: eleganza e romanticismo


È stato definito “uno degli ultimi romantici, con i piedi ben piantanti per terra
e con lo sguardo rivolto verso il futuro”. È Andrea Di Nino, art director di
Andrea Sedici, artista giovanissimo ma con un ricco curriculum ed una vasta
esperienza alle spalle. Dall’infanzia trascorsa nell’atelier di famiglia alla
collaborazione con Giorgio Armani che gli ha dato un bagaglio professionale
e culturale non indifferente fino al lancio del proprio marchio, lo stilista Made
in Abruzzo, anzi, made in Valle Peligna, ha quell’animo sensibile che ha
affascinato noi studenti del Liceo Artistico. Lo abbiamo incontrato e non
nascondiamo l’emozione e le sensazioni provati in occasione della nostra
intervista.
Sicuramente la domanda più frequente che le viene posta è relativa alla
scelta del “Sedici” accanto al suo nome. Da dove deriva questo
numero? Ha per lei un significato particolare?
La scelta del sedici deriva da una situazione molto speciale che mi ha fatto
decidere di cambiare vita, di lasciare la Giorgio Armani e di tornare a lavorare
e a vivere qui. È un fatto molto privato di cui solitamente non parlo, che però
ha delineato un cambio netto nella mia vita. Quindi, in risposta alla domanda:
non c’è stato un vero e proprio ragionamento nella scelta di questo nome, ma
è un numero molto significativo per me. E poi il Sedici oltre ad essere il giorno
della mia nascita, si può trasformare in “se dici… sì al tuo abito”. Quando una
donna trova il suo vestito da sposa, infatti, dice “sì, è proprio lui”. E così ho
avuto l’idea di dare al mio brand questo nome.
Il suo curriculum ci interessa molto. Ci racconti qualcosa di lei!
Sono cresciuto nell’atelier di famiglia in cui venivano prodotti abiti per alcune
aziende che hanno fatto la storia del bridal come Costantino, Loretta, Essedì,
Radiosa, Meg. Ho trascorso l’infanzia tra tessuti pregiati in un atelier in cui le
sarte lavoravano a mano, costruivano i modelli, elaboravano ricami e mi sono
innamorato del profumo della seta. Fin da piccolo amavo stare in atelier e
sfogliare le riviste da sposa. Era come immergersi in un mondo fatato. Un
modo di approcciarsi alla moda completamente diverso rispetto a quello
attuale della comunicazione istantanea dei social network. C’era l’attesa, la
trepidazione dell’arrivo del magazine e poi finalmente con la rivista tra le mani
ammiravo gli abiti delle grandi maison internazionali. A livello di studi ho
conseguito una prima laurea alla Bocconi di Milano nel corso Discipline
economiche e sociali ed un Master in Gestione di brand di lusso. Dopodiché
ho frequentato la Marangoni e poi mi sono specializzato con un Master
avanzato. Tutto il mio percorso di studi è stato arricchito da varie esperienze
lavorative che mi hanno offerto una formazione completa.
Noi sappiamo che il periodo che preferisce è quella che va dal 1910 al
1930; quindi piume, stoffe leggere e volumi fluidi. Quale caratteristica
fondamentale deve avere secondo lei un abito da sposa?
Un abito da sposa deve rispettare la personalità della ragazza. Il compito
dello stilista è quello di valorizzare la sua silhouette ed i suoi canoni stilistici,
rispettando però un equilibrio tra la tradizione e i codici estetici attuali, quindi
rivisitando il passato in chiave moderna. La caratteristica principale che un
abito da sposa deve avere è, per me, la portabilità. Dunque l’abito deve
essere leggero e destrutturato, senza costrizioni, seguendo il flusso
percettivo dell’estetica generale.
Lei progetta e realizza solamente abiti da sposa oppure ha in mente
anche altri progetti come collezioni di haute couture da portare in
passerella?
Ci sono molti progetti in campo, in particolare l’idea di aprire una scuola di arti
e mestieri qui nella Valle Peligna. una sorta di università per insegnare ai
ragazzi l’arte del cucito e le tecniche del fatto a mano (progetto molto
lungimirante e ambizioso). Questo porterà anche ad un’evoluzione stilistica in
ambito di haute couture.
Quali sono le difficoltà che ha riscontrato durante il suo percorso di
studi? Potrebbe dare consigli agli studenti su come affrontare gli
ostacoli che si potrebbero incontrare? Qual è il suo motto?
Nel settore della moda gli ostacoli sono molteplici e costanti. Credo che la
strategia vincente sia avere una visione di lungo periodo, quindi non
accantonare le proprie scelte alle prime difficoltà e ragionare mediante step. Il
mio motto è quello di essere sempre determinati e caparbi, seguire il flusso
della passione, ma allo stesso tempo costruire uno schema strategico senza
mai perdere di vista i propri obiettivi.

Fabiana Alberico, Norma Battaglini, VA

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numero otto
A.S. 2022/2023

ART
PERIODICO DEL

Fiocchi di neve, tradizione ed innovazione:


l’arte di Franco Coccopalmeri
Quando la tradizione si fonde con l’innovazione e il territorio con la sua storia
e le sue radici diventano fonte di ispirazione, l’arte raggiunge livelli elevati e
colpisce le corde del cuore. È questa la filosofia che ispira Franco
Coccopalmeri, il titolare dell’omonimo laboratorio di oreficeria nel centro di
Roccaraso, una piccola fucina di idee che nascono non perdendo di vista la
tradizione. Lì ha creato gioielli per personaggi famosi, eventi sportivi e
culturali di livello nazionale e internazionale. Ha realizzato gioielli simbolo di
vari Comuni e manifestazioni varie. Coccopalmeri espone in mostre, musei e
pinacoteche. Della sua produzione si sono occupati varie testate
giornalistiche regionali, nazionali ed estere. Ogni anno gli amanti del gioiello
d’arte attendono con curiosità l’uscita del Fiocco di neve, creazione che viene
realizzata traendo ispirazione dalla creatività e dell’unicità della natura che
genera cristalli unici, disegni che magicamente diventano gioiello. Incuriositi
ed attratti abbiamo deciso anche noi di intervistare il giovane artista che ha
davanti a sé una lunga strada sicuramente piena di soddisfazioni e che
rappresenta un esempio significativo per i giovani che decidono di investire
sul territorio.
Sarebbe interessante conoscere la sua formazione, se vi è una
tradizione familiare o una passione che sovrasta l’ereditarietà, se nel
suo paese natale vi è stata una influenza, un clima favorevole alla
nascita di questa passione.
La passione è stata determinante. Fin da piccolo, quando entravo con i miei
genitori nelle botteghe di arte orafa, provavo dentro di me una grande
emozione. Crescendo, ho sentito un forte desiderio di trasformare questa
passione in un lavoro. Mi sono diplomato all’Istituto d’Arte di Chieti e ho
proseguito gli studi all’International Gemological Institute nella sede italiana di
Cavalese, in Trentino. Ho poi fatto pratica nel laboratorio di arte orafa del
Maestro Carlo Duro a Sulmona, fino a quando ho aperto la mia attività a
Roccaraso. Quando le cose si fanno con entusiasmo, avviene una crescita
spontanea a livello artistico e professionale.
Quanto l’oreficeria attinge alle altre forme d’arte, mescolandosi con
esse e arricchendosi?
Il confine tra le arti non è una linea netta, perché i generi, gli interpreti, le idee
si contaminano a vicenda. Se considerassimo le arti come compartimenti
stagni impermeabili, toglieremmo alle opere la possibilità di generare nuovi
stili, di sviluppare nuove prospettive. Basta dire, solo per fare un esempio che
mi riguarda da vicino, che il nuovo gioiello che sto per presentare, quindi una
forma d’arte figurativa, è nato da un’ispirazione musicale, quindi relativa ai
suoni. Seguitemi sui social e a fine mese vedrete di cosa si tratta!
E come con il tempo e il lavoro è stato in grado di coniare una propria
identità unica e riconoscibile?
Io provo continuamente a definire una mia identità. Bisogna porsi degli
obiettivi e tra questi ho quello di contribuire all’evoluzione dell’arte orafa,
cercando nuovi linguaggi, ma senza dimenticare tecniche e stili dei grandi
Maestri del passato. Se poi sto riuscendo in questo intento, è una cosa che
lascio giudicare agli altri. Ma posso dire che mi fa tanto piacere ad esempio
quando la mia idea dei fiocchi di neve a edizione limitata viene definita dagli
addetti ai lavori come una nuova tradizione dell’arte orafa.
Quali sono i processi di lavorazione e cosa è cambiato in questi anni
rispetto alla tradizione, nelle tecniche, nei materiali e nella resa finale?
Lo sviluppo tecnico e tecnologico permette uno sviluppo delle attrezzature,
ma alla base di tutto ci sono tecniche che restano invariate attraverso i secoli.
Ed è importante custodire ogni abilità tramandata di generazione in
generazione per permettere di proseguirne la tradizione. Ognuno poi può
sfruttare queste tecniche per realizzare al meglio le proprie opere e per
definire il proprio stile. Io prediligo figure essenziali, gioielli che esprimono dei
significati attraverso le forme, spesso con riferimenti al nostro territorio. Di
volta in volta si può pensare alla tecnica più adatta, che sia più o meno
moderna. L’importante è metterci il cuore, perché fare le cose con amore è
un concetto che non passa mai di moda.

Davide Ferreri, IIIB

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otto oremun
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TRA LED OCIDOIREP

Passato e presente nell’arte orafa abruzzese


“Il metallo prezioso, acquistato con le fatiche assidue di più generazioni,
custodito per anni ed anni nel forziere profondo, rimesso in luce ad ogni
nuovo giorno di sponsali…” così Gabriele d’Annunzio nel Trionfo della Morte
(1894) si soffermava a descrivere l’uso che le genti abruzzesi facevano
dell’oro, molto spesso unica ricchezza e ornamento delle instancabili
contadine tratteggiate dalle pennellate veriste del Patini. L’oreficeria
abruzzese ha origini che risalgono al XIII secolo quando molti artigiani nella
nostra regione per la realizzazione di grandi opere artistiche. L’Abruzzo
diventa dunque testimonianza importante della diffusione della scuola orafa;
da allora di bottega in bottega, di generazione in generazione, i segreti e le
tecniche sono state tramandate e sono giunte fino a noi a testimonianza di
un passato importante e di un futuro che vi affonda le radici con orgoglio.
Abbiamo deciso di intervistare Gianluca Domenicano, insegnante presso il
nostro Liceo.
Può raccontarci quale è stato il ruolo della sua famiglia nel mondo
dell’arte orafa e come la tradizione è riuscita a conservarsi viva nel
tempo?
La famiglia Domenicano, originaria di Pescocostanzo, è attiva dal 1650-1700;
siamo ormai alla quinta generazione di orafi. Quella di proseguire la
tradizione è stata una mia scelta, influenzata dalla forte passione e da ciò che
in casa vedevo tutti i giorni, grazie a mio padre e mio zio. Mi piaceva
osservarli al lavoro e cercavo in ogni istante di imparare da loro le tecniche e i
segreti del mestiere. Così ho deciso di studiare presso il Liceo Artistico, un
tempo l’Istituto d’Arte di Sulmona, ed ho proseguito gli studi presso
l’Accademia delle Belle Arti all’Aquila. La mia famiglia svolge un lavoro di
tradizione, di autenticità nel rispetto dell’antico, aperto però anche alla
contemporaneità. Gli schizzi per i lavori che vengono realizzati, sono originali
del ’700, conservati su un taccuino dove il fumo delle candele comprimeva i
due stampi e ne generava la filigrana da una parte e i disegni tramati
dall’altra.
Suo padre è stato per tanti anni docente di Oreficeria presso il nostro
Liceo. Come vedeva il rapporto fra la professione e l’insegnamento?
Quale parte dell’esperienza professionale maturata nelle botteghe
veniva trasmessa agli studenti?
Mio padre ha incominciato ad insegnare intorno al 1965, professore
dell’istituto d’Arte qui a Sulmona. Io stesso ho vissuto l’esperienza di essere
allievo di mio padre, accorgendomi di come, per certi versi, il filtro fra la
scuola e la professione non era così marcato. Voglio dire che gli
insegnamenti vertevano sull’atto pratico, erano propedeutici al lavoro che poi
si andava a svolgere in bottega. Ricordo un’esperienza bellissima: ci fu nel
2012 un’iniziativa a scuola. Progettammo delle croci da regalare ai cardinali e
ai vescovi del Vaticano. Forse per la prima volta, noi alunni ci sentimmo
apprezzati e nello stesso tempo soddisfatti. È importante unire la teoria e la
pratica nell’esperienza laboratoriale, entrambe si completano.
Ormai da qualche anno l’Oreficeria non si insegna più preso il nostro
Liceo e la tradizione potrebbe finire. Lei quale meccanismo attuerebbe
per riportare in voga questa bellissima arte? Il problema sono i costi
elevati per coprire le spese dei laboratori o di un allontanamento
culturale da parte delle nuove generazioni?
Per quanto riguarda questa domanda, bisogna riflettere sul cambiamento
avvenuto anni fa con il passaggio da “Istituto d’Arte” a “Liceo Artistico”. Sono
state attuate delle scelte specifiche e, l’arte orafa, a Sulmona, è stata tolta
dalle materie di insegnamento dalla scuola. Ma siamo ancora in tempo per
intervenire e recuperare: mantenere un laboratorio ha un costo elevato, ma
sicuramente sostenibile. Se si sceglie di tornare a valorizzare l’oreficeria, il
budget a disposizione, naturalmente, aumenta e i finanziamenti crescono. Le
nuove generazioni si lasciano magari spaventare dalla forte impronta relativa
alla tradizione, ma nella tradizione possono esserci unicità e modernità.
Basta conoscere bene le tecniche, la storia e quanto è stato prodotto in
passato per poter rileggere la tradizione con una nuova predisposizione
mentale. Nel mio lavoro provo sempre a rintracciare l’unicità della modernità.
L’oreficeria non può e non deve essere vista, erroneamente, come solo
artigianato. È una nobile arte ed è parte della nostra storia!

Davide Ferreri, IIIB

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numero otto
A.S. 2022/2023

ART
PERIODICO DEL

Se il PCTO è molto più di un PCTO!


Quando il gioco si fa esperienza ne derivano crescita ed apertura mentale.
E questo è ciò che ci lascia un’esperienza accattivante ed innovativa come
quella fatta con il MAXXI dell’Aquila. Il progetto MAXXI opera sul territorio
ormai da 6 anni, coinvolgendo più di 3600 ragazzi, che vi hanno lavorato con
un bilancio positivo e facendo un’esperienza divertente. L’iniziativa si svolge
in due sedi distaccate: l’Aquila e Roma. Tuttavia, molti sono i progetti che si
realizzano al di fuori del museo MAXXI e che portano gli addetti al PCTO a
lavorare anche in molti altri posti d’Italia. Lo studio, la conoscenza, i viaggi, la
curiosità sono una componenti fondamentali per la formazione di un individuo
ed i social, se usati con intelligenza, aiutano a scoprire località e paesaggi
altrimenti sconosciuti: partendo da questo assunto, noi alunni delle classi 3 A
e B del Liceo Artistico Mazara abbiamo imparato a far conoscere un
pezzettino del nostro territorio a chi oggi vi si avvicina con gli occhi di un
turista 2.0, che non si accontenta di una visita fugace ma che preferisce
interagire, scavare e scoprire di più sui luoghi che lo accolgono… 2.0 perché
all’immagine del turista con carta geografica e macchina fotografica in mano,
se ne sostituisce una dell’uomo che fa del suo smartphone una porta aperta
verso un mondo di nuove conoscenze. In questo interessante percorso
siamo stati accompagnati da due professionisti che lavorano all’interno del
museo MAXXI, Susanna e Federico. Grazie alla loro guida, durante i nostri
incontri siamo stati aiutati nell’organizzare le ricerche e indirizzati sulle
modalità di creazione della “caccia al tesoro” virtuale inerente al nostro
territorio. La preparazione degli enigmi ci ha “costretto” a pensare in maniera
più trasversale, ad uscire dalle nostre conoscenze e a cercare di guardare
l’ambiente nel quale viviamo con gli occhi di un estraneo. Abbiamo dato inizio
a questo progetto tramite incontri in webinar, durante i quali ci siamo
presentati e conosciuti. Con la domanda “Che cos’è un museo?” a noi rivolta,
abbiamo dato il via al nostro incontro. Gli esperti ci hanno dato la possibilità
di esprimere tutti i nostri pensieri riguardo a questo concetto e pian piano
abbiamo scoperto tutte le ricchezze e meraviglie che si nascondono in un
museo. Gli incontri in webinar sono stati due, dopo i quali, nelle giornate del 9
e 10 novembre, abbiamo avuto il piacere di avere nella nostra scuola i
rappresentanti del MAXXI. Susanna e Federico hanno coinvolto tutti noi
ragazzi in alcune attività interattive che si sono rivelate molto interessanti e
costruttive. L’11 novembre, a conclusione del progetto, siamo andati noi al
museo MAXXI di L’Aquila dove abbiamo potuto apprezzare il valore delle
opere di arte contemporanea.
Terminato il progetto, ci siamo messi anche nei panni di un giornalista ed
abbiamo intervistato i due esperti:
Ci sono dei progetti futuri per il museo MAXXI?
Sì ce ne sono in continuazione, ci sono tantissimi uffici che lavorano in
contemporanea e non tutti su un unico obiettivo: ogni ufficio progetta, riflette
su quanto è di sua competenza; poi se ne parla tutti insieme, si fanno delle
riunioni e si decide qual è la linea da seguire e si aprono con le
collaborazioni. Un'altra cosa che facciamo è ricercare partner di lavoro che ci
affianchino in ogni progetto che portiamo avanti. Ad esempio, per la realtà
aumentata si è parlato di ISIA, in Lazio lavoriamo con la Regione Lazio.
Che cosa vi sentite di consigliare oggi a noi giovani?
Studiare senza perdere tempo! Non aspettate che succeda qualcosa, ma
andatevi a cercare le cose: coltivate le vostre passioni e fate ciò che vi rende
felici. Leggete libri, guardate i film e serie tv… tutto ciò che fa esperienza.
Viaggiate il più possibile, senza porvi confini, anche andando alla scoperta di
luoghi a voi vicini, che non avete mai visitato, e che potete cogliere
l’occasione di conoscere in una giornata. I social per voi rappresentano una
grande opportunità: vi aiutano nella scoperta di nuovi luoghi e nella
comunicazione con i vostri coetanei. Imparate a maneggiarli con cura,
appropriandovi di tutto ciò che c’è di positivo.

Stefano De Crescentis, Mirta Rapone, IIIA

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TRA LED OCIDOIREP

L’ignoto e la sfida creativa degli studenti del polo liceale


«Ovidio» alla triennale di Milano
Non potevano mancare l’appuntamento con la creatività del “MABArt” gli
studenti del polo liceale “Ovidio” di Sulmona. Quest’anno sono volati a Milano
per la 23a Triennale di architettura e cultura contemporanea e qui hanno
preso parte al progetto “MABArt – Residenze artistiche digitali nella scuola
italiana”. Si tratta di un percorso di formazione e innovazione dedicato a tutti
gli ordini di scuola, dalla primaria alla secondaria di secondo grado. L’Istituto
superiore sulmonese, non nuovo a questa importante iniziativa, ha
partecipato con sei studenti, in rappresentanza di tutti gli indirizzi,
accompagnati dal professor Guerino Sciulli. Nell’ambito della Triennale, gli
studenti hanno visitato la mostra tematica “Unknow Unknows” dedicata
all’ignoto, a cura di Ersilia Vaudo, astrofisica e Chief Diversity Officer
dell’Agenzia Spaziale Europea. Poi, insieme a studenti di tutta Italia e ai loro
docenti, si sono trasferiti nei locali della Bicocca di Milano dove, per due
giorni, hanno lavorato sullo stesso tema, in gruppi misti, divisi per ordini di
scuola. Obiettivo: produrre a loro volta un’opera dedicata al tema dell’ignoto.
Anche gli stessi docenti sono stati chiamati a mettersi alla prova. Dopo due
giorni di intensa attività, la presentazione dei progetti e dei prototipi. Tra i
vincitori delle scuole secondarie di secondo grado, anche una studentessa
del polo liceo classico “Ovidio”: Federica Giancola. Insieme al suo gruppo si
unirà agli altri che verranno fuori da un’analoga iniziativa che sarà realizzata
nel corso della biennale di Venezia. Tutti i vincitori voleranno poi in Europa
proseguire la sfida all’insegna della creatività e dell’innovazione.

La Redazione

pannelli fotovoltaici
cabina di guida

sollevatore rifiuti stivaggio rifiuti


motore elettrico

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numero otto
A.S. 2022/2023

ART
PERIODICO DEL

Mauro Cianti,
il Premio Ovidio Giovani 2022
Tra le personalità presenti alla cerimonia di consegna del Premio Ovidio
giovani 2022, quest’anno abbiamo avuto il piacere di incontrare Mauro Cianti,
sulmonese, amministratore delegato dell’azienda di jeans “Don the Fuller”.
Dopo molti anni e una lunga esperienza come dirigente nel jeans
internazionale e in alcune delle più prestigiose maison di moda del mondo
come Ralph Lauren, Armani, Dolce e Gabbana, Gucci, solo per ricordarne
alcune, Cianti ha fondato la sua azienda di jeans tutta abruzzese, con sedi
qui a Sulmona e a Corropoli (TE), ma famosa e apprezzata in tutto il mondo.
Non è la prima volta che lo incontriamo ed ogni momento è per noi
un’occasione di crescita. Gli abbiamo posto tante domande che ci hanno
consentito di conoscere più a fondo la mission del suo brend e il suo
intervento è stato entusiasmante. “Ricevere premi allevia la fatica- ha
affermato- ottenerlo nella propria città è importante perché i premi, di solito,
non si ricevono a casa! E sono molto lusingato di leggere nella motivazione
che mi è stato conferito anche il mio contributo alla crescita dei giovani
sulmonesi. Ma mi chiedo e vi chiedo: cosa possiamo fare ancora insieme di
concreto? Noi nel nostro piccolo possiamo agire contribuendo alla
salvaguardia del paese. E’ incredibile quanto sia stretta la correlazione tra
cultura / istruzione e sviluppo economico. Ecco, nei luoghi dove maggiore è il
livello di istruzione, maggiore è lo sviluppo economico. Voi avete l’opportunità
di collaborare con docenti di qualità che vi garantiscono una vivacità culturale
e siete fortunati in questo. Allora cogliete l’occasione. Il mondo sta
cambiando, va verso le sostenibilità; dovremmo capire che bisogna lasciare il
mondo ai nostri figli, migliore di come lo abbiamo trovato o almeno come lo
abbiamo trovato noi. Quindi come possiamo essere cittadini attivi
muovendoci in questa direzione? Girando per la mia azienda vedo che c’è
molto scarto, molti tagli di jeans. Ragioniamo insieme in termini di upcycling,
facciamo in modo che gli scarti diventino una risorsa. Perché non creiamo a
Sulmona un’associazione di studenti che abbia come capofila il Liceo
Artistico Mazara e che coinvolga tutto il polo umanistico, mettendo in gioco
tanti cervelli che creano? Il vostro pensiero non è ancora inquinato dalla vita,
voi avete un pensiero libero. Creiamo oggetti con il materiale che prendo
dalle mie aziende. Possiamo poi venderli su canali innovativi! Gli studenti
daranno il loro contributo all’upycling: io posso fornirvi la materia prima, voi ci
mettete le idee. Andremo a fare qualcosa di importante per la scuola, per la
città e per l’ambiente”. Proposta interessante e da cogliere al volo. Grazie
Mauro Cianti!

La Redazione

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TRA LED OCIDOIREP

Dalla creatività degli studenti un aiuto concreto alle donne


vittime di violenza
Gli alunni del liceo artistico “Mazara” in azione per dire NO alla violenza
contro le donne. Lo hanno fatto con gli strumenti che meglio conoscono: le
matite, i colori e la creatività. Gli studenti di due classi dell’indirizzo figurativo,
infatti, hanno realizzato, durante lo scorso anno scolastico, un progetto
grafico a sostegno dei servizi antiviolenza del territorio, gestiti della
Cooperativa Horizon Service di Sulmona. Preceduto da una riflessione sulle
tematiche legate alla violenza di genere, il progetto ha preso poi forma
concreta attraverso una serie di schizzi e bozzetti che, una volta definiti, sono
stati trasferiti su T-shirt. Quest’anno la seconda fase dell’iniziativa: le
magliette, realizzate dai ragazzi, sono state esposte nelle vetrine dei negozi
del centro storico cittadino lo scorso 25 novembre, in occasione della
Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Non
solo un gesto simbolico, però. Tra le diverse proposte grafiche realizzate
dagli studenti del liceo artistico “Mazara” ne sono state selezionate alcune da
parte della cooperativa cittadina che si occupa anche dei servizi antiviolenza
presenti sul territorio. Da qui sono nate T-shirt e shopperine messe in vendita
durante le iniziative di Ad alta voce! a Sulmona tre giornate di dibattiti,
proiezioni, teatro e musica contro la violenza di genere” organizzate dalla
Horizon Service nel mese di dicembre. Chiunque lo desideri può ancora
acquistare magliette e borse per dare una mano concreta ai servizi a
sostegno delle donne vittime di violenza. Si è trattato di un’esperienza
davvero formativa per gli studenti che, guidati dalle docenti Claudia
Colangelo e Zoraida Palozzo, hanno avuto la possibilità non solo di riflettere
da una prospettiva diversa su una tematica molto importante quale la
violenza di genere, ma anche di vedere trasformato un proprio lavoro in un
concreto strumento di solidarietà. Una solidarietà che fa bene non solo a chi
la riceve, ma anche a chi la realizza.

La Redazione

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numero otto
A.S. 2022/2023

ART
PERIODICO DEL

Моє історія життя до та після 24 лютого


Усе своє життя я прожила весело та щасливо. Я росла, вчилася,
займалася спортом, розвивалася, відкривала щось нове для себе та
проживала своє життя в задоволення. Я часто гуляла зі своїми подругами
з класу або з групи Тхеквондо, часто ходила гуляти по іншим містам з
мамою та татом, або своїми двоюрідними сестрою та братами. Мені
подобалося моє життя, життя не в самотності. Я була щасливою, проте 24
лютого зламало мене.
Я пам’ятаю як моя мама, щоб я не панікувала, спокійно зайшла до мене в
кімнату і сказала що я не піду в школу, тому що наше та сусідні міста,
обстрілює армія РФ. Я пам‘ятаю як я чула звуки пролітаючих у небі літаків
або гелікоптерів та звуки вибухів (від чого я почала боятися звуків салюту
або інших гучних звуків). Я дуже переймалася за маму та тата, я боялася
що в наш дім попаде снаряд. Також я боялася за своїх друзів. У дім моєї
кращої подруги потрапив снаряд і уся її кімната згоріла. Ми 10 днів спали у
коридорі під матрацом, тому що якщо попадуть уламки від стелі, у разі
попадання снаряду, то щоб не пошкодити себе. Я та мої рідні були в
окупованому місті, під обстрілами. Потім я зі своєю бабусею та моїми
двоюрідними братами змогли виїхати із окупованого міста, мої батьки,
тітка та двоюрідна сестра залишилися у місті, які потім також виїхали, але
у інше місце.
Історія евакуації з міста: спочатку був евакуаційний потяг до Києва, у який
ми майже сіли але російська армія почала обстрілювати залізниці, ми вже
бачили дим, потім ми побіжали в укриття а з укриття ми перебіжали у
церкву де була евакуаційна машина. Один чоловік нас підвіз до мосту(
який на той час був розбомблений, зруйнований) і на цьому мосту нам
українські захисники допомагали перебиратися з іншої сторони на другу, за
що ми їм дуже вдячні. Потім ми їхали на потязі до Львову а у Львові ми
перебували ще 10-12 годин на холоді, але там були невеликі палатки з
обігрівачем.
Перший час я дуже сумувала за Україною, але весь останній час я
сумувала ще більше. Я сумувала за батьками, друзями та рідними які
залишилися в Україні. Я намагалася починати своє життя в Італії спочатку
та радіти життю, але мені все одно сумно, за тих у кого загинули під час
війни батьки або діти, в яких більше немає дому, у яких більше немає
життя. Мені боляче освідомлювати те що відбувається в моїй країні. Вже
10 місяців як я не була в рідному місті та вже 10 місяців не бачила своїх
батьків. Боляче те що друг нашої сім’ї загинув на війні, це дуже ранило
серце нашої сім’ї. Я не хочу жалітися проте хочу щоб інші знали як почуває
себе людина у якої в країні війна. Я намагаюся радіти, тому що завдяки
Героям України, я, мої батьки та рідні живі. Мені складно та сумно але я
більше не хочу падати духом бо я людина сильного та незалежного
народу. Тому я дуже вдячна що я у безпеці, та мої рідні і я живі

Еліна Ржевська, IA

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otto oremun
3202/2202 .S.A

TRA LED OCIDOIREP

La mia mano,
una tela,
il cuore si rivela.
Sara Villanucci

Dipingo,
seguo il mio istinto
la mia mente un labirinto,
n ,e l l a m a n o i l p e n n e l l o s t r i n g o .
L’anima si rivela
Il tempo si congela.
T u t t o, c o s i s u r r e a l e ,
quell’agonia che mi assale.
S, o l a , c h i u s a n e l l a m i a s t a n z a
l’arte la mia unica speranza.
Sara Villanucci

Redazione
Dirigente Scolastico Dott.ssa Caterina Fantauzzi
Referenti proff. Giovanna Ruscitti, Riccardo Pagliaro
collaborazione prof.ssa Annalisa Civitareale
Articoli: Sameera Abdiu, Fabiana Alberico, Norma Battaglini, Andrea Cococcia,
Istituto di Istruzione Superiore Rebecca Colaiuda, Francesca Del Castello, Stefano De Crescentis, Franca Di Nardo,
O V IDIO Sara Di Rosa, Davide Ferreri, Ilaria La Porta, Sara Nuttini, Mirta Rapone, Еліна
Ржевська (Elina Rzhevska), Cecilia Tarullo, Parvati Verrocchi Renzulli,

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