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SEZIONE 4 – DANTE E IL LIBRO DELL’UNIVERSO

Capitolo 3 – La Commedia

A 4 APPROFONDIMENTO

I sesti canti della Commedia: la politica


Il disegno politico nel «poema sacro» Inferno, VI: Firenze «città partita»
Nel trattato sulla Monarchia l’ideale politico di Dan- Nel VI canto dell’Inferno Dante entra nel terzo cer-
te, che si conferma anche etico e civile, trova la sua chio, dov’è punito il «vizio de la gola». Qui egli in-
espressione definitiva, distesa e sistematica ( W5 contra un anonimo personaggio fiorentino, Ciac-
«Felicità terrena e felicità celeste»); ma il tema politico co, con il quale affronta il tema della condizione di
è ben presente già lungo tutto il poema, generalmen- Firenze, la «città partita», lacerata dalle divisioni
te affidato alle invettive, alle apostrofi e alle profezie. interne: a lui il poeta affida la profezia della scon-
Ad approfondire il discorso politico di Dante nel- fitta dei Bianchi. Ricaduto poi Ciacco nella massa
la Commedia sono soprattutto i sesti canti di ogni degli altri dannati, il canto si chiude sul tema del-
cantica, in una progressione dal particolare all’u- la resurrezione dei corpi nel giorno del Giudizio af-
niversale: nel VI canto dell’Inferno viene affrontata frontato da Dante in diversi altri luoghi della Com-
la dimensione politica cittadina; nel VI del Purgato- media.
rio quella italiana; nel VI del Paradiso quella univer- Di questo VI canto riportiamo il cuore del di-
sale, legata alla provvidenzialità dell’Impero. scorso fra Dante e Ciacco, dal momento in cui il
Destinatari delle invettive dantesche sono Firenze, poeta chiede di conoscere l’identità del suo interlo-
le città dell’Italia centrale che si sono opposte alla mis- cutore (vv. 46-90).
sione imperiale di Arrigo VII, i cattivi papi e i cattivi
re. Il tratto comune risiede nella condanna della cor- «Ma dimmi chi tu se’ che ’n sì dolente
ruzione dei costumi contemporanei, che è sintomo
di decadenza e di allontanamento da una antica no- loco se’ messo, e hai sì fatta pena,
biltà dimenticata, e conseguenza di una parallela cor- 48 che, s’altra è maggio, nulla è sì spiacente».
ruzione delle istituzioni politiche ed ecclesiastiche. Ed elli a me: «La tua città, ch’è piena
Lungo tutto il poema il rilievo di questo declino d’invidia sì che già trabocca il sacco,
viene cadenzato dal parallelismo delle coppie oppo- 51 seco mi tenne in la vita serena.
sitive antico/nuovo e civiltà/barbarie e – come chia- Voi cittadini mi chiamaste Ciacco:
risce in modo definitivo il discorso di Marco Lom- per la dannosa colpa de la gola,
bardo nel cuore del poema, saldando nel XVI canto
54 come tu vedi, a la pioggia mi fiacco.
del Purgatorio ( T7, pp. 405-7) il tema politico e la
questione del libero arbitrio – gli uomini sono rico- E io anima trista non son sola,
nosciuti quali soli responsabili del degrado politi- ché tutte queste a simil pena stanno
co e civile: etica e politica sono dunque inseparabili. 57 per simil colpa». E più non fé parola.

46-48 [Io gli dissi]: «Ma dimmi all’orlo (trabocca il sacco), mi ac- tutte queste [ombre che mi circon-
chi sei, tu che sei condannato a un colse durante l’epoca felice della dano] sono condannate a subire
luogo così pieno di dolore e a una si- mia vita [terrena]. Voi concittadini analoga pena in ragione della stes-
mile pena, rispetto alla quale, se al- [di Firenze] mi chiamaste Ciacco: sa colpa». E tacque (più non fe’ pa-
tre possono essere maggiori, nessu- a causa del dannoso peccato di go- rola).
na è più spiacevole». la, ora sono condannato a subire 50. invidia: l’invidia, che genera l’a-
(mi fiacco) questa pioggia [pesante vidità di possesso, è qui posta ad ori-
49-57 Ed egli mi rispose: «La e maleodorante]. E io, anima mi- gine delle discordie civili.
tua città, che è piena d’invidia fino sera, non sono solo [qui], poiché
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Io li rispuosi: «Ciacco, il tuo affanno Qui puose fine al lagrimabil suono.
mi pesa sì, ch’a lagrimar mi ‘nvita; E io a lui: «Ancor vo’ che mi ‘nsegni
60 ma dimmi, se tu sai, a che verranno 78 e che di più parlar mi facci dono.
li cittadin de la città partita; Farinata e ‘l Tegghiaio, che fuor sì degni,
s’alcun v’è giusto; e dimmi la cagione Iacopo Rusticucci, Arrigo e ‘l Mosca
63 per che l’ha tanta discordia assalita». 81 e li altri ch’a ben far puoser li ‘ngegni,
E quelli a me: «Dopo lunga tencione dimmi ove sono e fa ch’io li conosca;
verranno al sangue, e la parte selvaggia ché gran disio mi stringe di savere
66 caccerà l’altra con molta offensione. 84 se ‘l ciel li addolcia o lo ‘nferno li attosca».
Poi appresso convien che questa caggia E quelli: «Ei son tra l’anime più nere;
infra tre soli, e che l’altra sormonti diverse colpe giù li grava al fondo:
69 con la forza di tal che testé piaggia. 87 se tanto scendi, là i potrai vedere.
Alte terrà lungo tempo le fronti, Ma quando tu sarai nel dolce mondo,
tenendo l’altra sotto gravi pesi, priegoti ch’a la mente altrui mi rechi:
72 come che di ciò pianga o che n’aonti. 90 più non ti dico e più non ti rispondo».
Giusti son due, e non vi sono intesi; Li diritti occhi torse allora in biechi;
superbia, invidia e avarizia sono guardommi un poco e poi chinò la testa:
75 le tre faville c’hanno i cuori accesi». 93 cadde con essa a par de li altri ciechi.

58-63 Io gli risposi: «Ciacco, la valga con l’appoggio della forza di sappia la loro condizione; perché de-
tua angoscia mi pesa al punto da in- uno che ora fa sponda fra le due par- sidero fortemente (gran disio mi
durmi al pianto (ch’a lagrimar mi ’n- ti (piaggia). [La parte nera] andrà stringe) sapere se godono la dolcezza
vita); ma dimmi, se lo sai, come fini- per lungo tempo a fronte alta, te- del cielo, o se li amareggiano (li atto-
ranno (a che verranno) i cittadini di nendo l’altra [parte] sotto un peso sca) i tormenti dell’inferno».
Firenze (la città partita); se vi è qual- schiacciante, per quanto essa di que- 79. Farinata: Farinata degli Uberti,
cuno giusto; e dimmi la ragione per sto si lamenti o si indigni (aonti). che Dante incontrerà nel X canto del-
cui la città è presa da tanta discordia». 69. tal che testé piaggia: l’allusione è l’Inferno, fra gli eretici, fu grande e glo-
61. la città partita: è la definizione a papa Bonifacio VIII, che nel 1301 in- rioso capo ghibellino, quindi di parte
efficacissima di Firenze, che non vie- viò a Firenze Carlo di Valois, ufficial- opposta a Dante, che gli rende però
ne nominata e che assurge così a sim- mente in funzione di paciere, in realtà onore (indirettamente in questo can-
bolo di tutte le divisioni umane. per sostenere la parte dei Neri e favo- to, direttamente nel canto del loro in-
rirne il rientro in Firenze e il ritorno al contro). 䡲 ’l Tegghiaio: è Tegghiaio
64-66 Ed egli mi rispose: «Do- potere (cui seguì la persecuzione e la Aldobrandi, di parte guelfa, che si
po una lunga lotta [le parti avverse] cacciata dei Bianchi sconfitti). adoperò per la pace del Comune. 䡲 Ia-
verranno allo scontro cruento (al 70. Alte terrà … le fronti: è rappre- copo Rusticucci: guelfo, fu tra i più
sangue), e la parte [dei Cerchi], ve- sentazione dell’atteggiamento di su- stimati cittadini del suo tempo. 䡲 Ar-
nuta dal contado (selvaggia), caccerà perbia dei vincitori. rigo: di difficile identificazione, viene
l’altra, recandole molto danno (con associato a diversi personaggi storici. 䡲
molta offensione). 73-75 Due giusti sono [rima- Mosca: è Mosca dei Lamberti, ghibel-
66. caccerà l’altra: allude alla vitto- sti], ma non sono ascoltati; super- lino, proveniente da una famiglia assai
ria dei Bianchi, stretti attorno alla fa- bia, invidia e avarizia sono le scintil- potente, condannato fra i seminatori
miglia dei Cerchi, che nel giugno del le che hanno incendiato i cuori [dei di discordia nel XXVIII canto.
1301 allontanarono dalla città i rap- fiorentini]».
presentanti dell’opposta fazione dei 85-90 Ed egli [mi rispose]:
Neri, stretti attorno ai Donati. Or- 76-84 Qui pose fine alle sue pa- «Questi [di cui chiedi] sono tra le
mai in una posizione di superiorità role, che spingevano al pianto (lagri- anime dannate per i peccati più gra-
imparziale, Dante, che pure era stato mabil). E io [dissi] a lui: «Vorrei che vi (più nere); diverse colpe li tengo-
dei Bianchi, denuncia qui gli eccessi mi dessi altre informazioni (mi ’nse- no giù nel fondo: se scendi fino a
dei vincitori e la «molta offensione» gni) e che parlassi ancora. Farinata e quel punto, là li potrai vedere. Ma ti
ch’essi arrecarono agli sconfitti. il Tegghiaio, che furono [uomini] co- prego di richiamarmi alla memoria
sì degni, Iacopo Rusticucci, Arrigo e degli altri, quando sarai [tornato]
67-72 Dovrà poi accadere che il Mosca, e gli altri che usarono la lo- nel mondo dei vivi (dolce mondo):
questa [parte dei Bianchi] entro tre ro intelligenza per agire bene, dimmi non ti dico di più, e non rispondo ad
anni cada (caggia), e che l’altra pre- dove sono [ora] e fai in modo che io altre domande».

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Il declino civile di Firenze con le sole forze umane. «Il profondo divario tra i
Attraverso l’incontro con Ciacco, forse uomo di cor- due ordini di valori (nell’altro ordine valgono infat-
te e frequentatore delle famiglie nobili di Firenze, ti l’umiltà e la fede), che qui si instaura […] regge
Dante denuncia la situazione di degrado civile e tutta l’economia dei perduti e dei salvati nella Com-
morale di Firenze, città divisa dalle lotte intestine, media» (A. M. Chiavacci Leonardi).
nella quale sono ormai tramontati i valori antichi.
La rassegna degli uomini giusti si limita a due soli Purgatorio, VI: l’Italia, «nave sanza nocchiere»
casi, di cui neppure si fanno i nomi: «Giusti son Nel cuore dell’antipurgatorio, là dove si trovano co-
due…» (v. 73). Viene così sancito il declino di una loro che ebbero per pentirsi solo gli ultimi istanti di
passata epoca di virtù, introducendo quella opposi- vita, Dante incontra il trovatore Sordello da Goito,
zione di valore antico / nuovo che percorre tutto il mantovano come Virgilio, e poeta. La scelta del per-
poema: la nobiltà dei fiorentini antichi è ormai di- sonaggio appare motivata dalla larga diffusione che
menticata. dovevano avere all’epoca di Dante le sue opere di ar-
La condanna della condizione di Firenze si ac- gomento politico e morale, per cui Sordello era
compagna, poi, per via allusiva, alla condanna di ideale a introdurre la lunga e famosa invettiva poli-
Bonifacio VIII (quel «tal che testé piaggia», v. 69), tica che occupa tutta la seconda parte del canto. Di
icona, per Dante, della corruzione e dei mali della essa riportiamo alcune parti (76-105 e 112-17).
Chiesa, e qui rappresentato nel doppio gioco della
neutralità simulata e, per contro, dell’appoggio de- Ahi serva Italia, di dolore ostello,
terminante offerto ai Neri. nave sanza nocchiere in gran tempesta,
178 non donna di provincie, ma bordello!
«Ben fare» e dannazione
La rassegna dei nomi di fiorentini celebri, evocati Quell’ anima gentil fu così presta,
con rimpianto per il loro «ben fare», per l’impiego sol per lo dolce suon de la sua terra,
positivo del loro «ingegno» nel contesto della vita ci- 181 di fare al cittadin suo quivi festa;
vile, introduce un tema fondamentale del poema: e ora in te non stanno sanza guerra
quello dello scarto che esiste fra giudizio terreno e li vivi tuoi, e l’un l’altro si rode
celeste. Farinata, il Tegghiaio, Iacopo Rusticucci e 184 di quei ch’un muro e una fossa serra.
gli altri sono evocati per la saggezza del loro operare Cerca, misera, intorno da le prode
politico, per la loro equità: ci si aspetterebbe di sa-
le tue marine, e poi ti guarda in seno,
perli salvati. E invece tutti, dice Ciacco, sono con-
dannati all’inferno. 187 s’alcuna parte in te di pace gode.
Fra prospettiva terrena e celeste si apre un diva- Che val perché ti racconciasse il freno
rio, dovuto al fatto che il «ben fare» non è suffi- Iustinïano, se la sella è vòta?
ciente alla salvezza, la quale non è raggiungibile 190 Sanz’ esso fora la vergogna meno.

76-78 Povera Italia, serva [di ti- vorano l’un l’altro quelli che vivono terre (alcuna parte in te) gode della
ranni e usurpatori], luogo di dolore, nella stessa cinta di mura e [circon- pace.
nave senza guida in mezzo alla tem- dati] dallo stesso fossato.
pesta, non più signora delle nazioni, 81. al cittadin … festa: il riferimen- 88-90 A che giova che Giusti-
ma bordello! to è all’accoglienza riservata da Sor- niano abbia rimesso in sesto le leggi
dello a Virgilio nel momento in cui il (racconciasse il freno), se il trono im-
79-84 [Sordello], quell’anima primo ha scoperto di trovarsi al co- periale (la sella) è vuoto? [Anzi], sen-
gentile, fu così sollecita, al solo no- spetto di un mantovano come lui. za quelle leggi la vergogna sarebbe
me della patria, nel fare festosa ac- minore.
coglienza al suo concittadino in que- 85-87 Guarda, misera [Italia], 89. Iustinïano: l’imperatore Giusti-
sto luogo (quivi); ma ora, invece, i lungo le coste e le rive dei tuoi ma- niano, che aveva riordinato le leggi
vivi, nella tua terra, [l’Italia], non ri, poi rivolgi lo sguardo al tuo in- nel Corpus iuris civilis (“Corpo del di-
stanno senza farsi la guerra, e si di- terno, [e vedi] se qualcuna delle tue ritto civile”).
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Ahi gente che dovresti esser devota, 102 tal che ’l tuo successor temenza n’aggia!
e lasciar seder Cesare in la sella, Ch’avete tu e ’l tuo padre sofferto,
193 se bene intendi ciò che Dio ti nota, per cupidigia di costà distretti,
guarda come esta fiera è fatta fella 195 che ’l giardin de lo ’mperio sia diserto.
per non esser corretta da li sproni, […]
196 poi che ponesti mano a la predella. Vieni a veder la tua Roma che piagne
O Alberto tedesco ch’abbandoni vedova e sola, e dì e notte chiama:
costei ch’è fatta indomita e selvaggia, 114 «Cesare mio, perché non m’accompagne?».
199 e dovresti inforcar li suoi arcioni, Vieni a veder la gente quanto s’ama!
giusto giudicio da le stelle caggia e se nulla di noi pietà ti move,
sovra ’l tuo sangue, e sia novo e aperto, a vergognar ti vien de la tua fama.

91-96 Gente [di Chiesa], che padre, per cupidigia legati ai soli in- lia per farsi incoronare imperatori, né
dovresti essere devota e lasciar sedere teressi della Germania (di costà di- si curarono del Paese.
l’imperatore sul trono [temporale] (la stretti), avete permesso (sofferto) che
sella), se ben comprendi ciò che Dio la più nobile regione dell’impero sia 112-17 Vieni a vedere, [Alberto],
ti dice, guarda come l’Italia (esta fie- lasciata in abbandono. Roma, sede naturale dell’Impero
ra) si è fatta superba non essendo cor- 97. Alberto: Alberto I d’Austria, im- (tua), che piange, vedova [dell’impe-
retta dall’autorità (da li sproni), dopo peratore dal 1298 al 1308, periodo ratore] e sola, e giorno e notte invo-
che tu, [gente di Chiesa], prendesti le durante il quale non scese mai in Ita- ca: «Imperatore mio, perché non sei
redini (ponesti mano a la predella). lia, nemmeno quando Bonifacio qui (m’accompagne)?». Vieni a vede-
VIII si autonominò a sue spese vica- re la gente quanto si ama! e se non ti
97-105 Alberto, tu abbandoni rio imperiale. muove la pietà per noi, [ti muova] la
questa [Italia] divenuta indomita e 102. tuo successor: si tratta di Arri- vergogna per la tua fama [umiliata].
selvaggia, e dovresti [invece] guidar- go VII di Lussemburgo, eletto impe- 113. sola: il riferimento è ai papi avi-
la (inforcar li suoi arcioni): cada sul- ratore nel 1308, dopo 58 anni di va- gnonesi, che avevano lasciato la città.
la tua stirpe (sul tuo sangue) una giu- canza del trono. 115. quanto s’ama: è la figura reto-
sta punizione del cielo, e sia straor- 103. tuo padre: Rodolfo d’Asburgo, rica dell’ironia, grazie alla quale si fa
dinaria e palese, al punto che il tuo imperatore dal 1273 al 1291. Né lui intendere il contrario di ciò che si di-
successore ne abbia timore! Tu e tuo né il figlio Alberto scesero mai in Ita- ce.

L’assenza della guida e il declino dell’Italia se stesso e all’inevitabile deriva cui va incontro la
A quest’altezza storica, naturalmente, non si può par- «nave sanza nocchiere». Ma il declino dell’Italia, rap-
lare dell’Italia come nazione; eppure questa è un’idea presentata come un cavallo imbizzarrito, senza gui-
che proprio nelle parole di Dante sembra profilarsi da e quindi senza legge, è anche responsabilità del
per la prima volta. Nei versi di Purgatorio VI si av- Papato, che ha approfittato della lontananza del-
verte qualcosa di più di una concezione meramente l’imperatore per estendere, in maniera sempre più
geografica e linguistica dell’Italia. Se il VI canto del- prepotente, il proprio potere e i propri interessi alla
l’Inferno era incentrato sulla situazione di Firenze, il dimensione temporale.
VI del Purgatorio allarga lo sguardo alla situazione L’immagine della popolazione che «si rode» (v. 83)
italiana nel suo complesso, chiamando anche in cau- esprime la bestialità dell’accanimento che mette gli
sa le due autorità che Dante ritiene, per motivi di- uni contro gli altri, evocando la contrapposizione,
versi, direttamente responsabili del degrado della si- appunto, fra umanità e bestialità, che svela piena-
tuazione politica e civile: l’Impero e il Papato. mente le implicazioni etiche del discorso politico
Mentre si annunciava la nuova prospettiva impe- dantesco.
riale, aperta dall’elezione di Arrigo VII, nel quale
Dante aveva riposto tante speranze, il poeta qui de- Paradiso, VI: le «sacre penne» dell’aquila impe-
nuncia il disinteresse degli imperatori della casata riale
d’Asburgo, Alberto I d’Austria e il padre Rodolfo, Caso unico nella Commedia, il VI canto del Paradi-
per l’Italia, «giardino dell’impero» abbandonato a so è tutto occupato dalle parole dell’imperatore Giu-

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stiniano (482-565 d.C.), che passa in rassegna la 124 l’alto lavoro, e tutto ’n lui mi diedi;
storia dell’impero romano, mettendone in luce la e al mio Belisar commendai l’armi,
natura provvidenziale. Proprio la singolarità della cui la destra del ciel fu sì congiunta,
struttura del canto concorre a mettere in luce l’im- 127 che segno fu ch’i’ dovessi posarmi.
portanza del tema in esso trattato.
Or qui a la question prima s’appunta
Del lungo discorso di Giustiniano riportiamo al-
cuni brani significativi (1-12, 22-36, 55-57 e 91- la mia risposta; ma sua condizione
108). 130 mi stringe a seguitare alcuna giunta,
perché tu veggi con quanta ragione
«Poscia che Costantin l’aquila volse si move contr’ al sacrosanto segno
contr’ al corso del ciel, ch’ella seguio 133 e chi ’l s’appropria e chi a lui s’oppone.
dietro a l’antico che Lavina tolse, Vedi quanta virtù l’ha fatto degno
104 cento e cent’ anni e più l’uccel di Dio di reverenza; e cominciò da l’ora
ne lo stremo d’Europa si ritenne, 136 che Pallante morì per darli regno.
vicino a’ monti de’ quai prima uscìo; Tu sai ch’el fece in Alba sua dimora
107 e sotto l’ombra de le sacre penne per trecento anni e oltre, infino al fine
governò ’l mondo lì di mano in mano, 139 che i tre a’ tre pugnar per lui ancora.
e, sì cangiando, in su la mia pervenne. […]
110 Cesare fui e son Iustinïano, Poi, presso al tempo che tutto ’l ciel volle
che, per voler del primo amor ch’i’ sento, redur lo mondo a suo modo sereno,
d’entro le leggi trassi il troppo e ’l vano. 157 Cesare per voler di Roma il tolle.
[…] […]
Tosto che con la Chiesa mossi i piedi, Or qui t’ammira in ciò ch’io ti replìco:
a Dio per grazia piacque di spirarmi poscia con Tito a far vendetta corse

1-12 «Dopo che [l’imperato- militare (l’armi) al mio [generale] se ne appropria e chi a lei si oppone.
re] Costantino, [andando da Occi- Belisario, cui la fortuna del cielo fu 31. quanta ragione: in senso ironico.
dente verso Oriente], volse l’aquila così propizia da rappresentare un
[imperiale] in direzione opposta al chiaro segno che io dovevo astener- 33-36 Considera quanta virtù
moto del cielo, che essa [invece] ave- mi [dalla guerra]. [civile e militare] ha fatto questo
va seguito accompagnando l’antico 22. Tosto … piedi: secondo le fonti emblema degno di riverenza, a par-
[eroe], che sposò Lavinia, [Enea], l’a- seguite da Dante, Giustiniano fu mo- tire da quando Pallante morì per
quila imperiale (uccel di Dio) rimase nofisita (aderendo all’eresia che pro- dargli un regno.
duecento anni (cento e cent’anni) al fessava l’esistenza in Cristo della sola 36. Pallante: è il giovane eroe nel-
margine estremo d’Europa, [a Bisan- natura divina) fino al 536, quando il l’Eneide virgiliana che muore com-
zio], vicino ai monti da cui mosse la papa, Agapito, lo convinse a conver- battendo per Enea, quindi per con-
prima volta [al seguito di Enea]; e tirsi. Dante fa risalire l’inizio del la- tribuire all’edificazione di Roma.
sotto l’ombra delle sacre penne [l’a- voro di sistemazione delle leggi di
quila] governò il mondo, [passando] Giustiniano all’epoca della sua con- 55-57 Poi, quando fu quasi ve-
di mano in mano, e, così passando, versione all’ortodossia, per dimo- nuto il tempo [della pax augusta], in
venne nella mia [mano]. Fui impera- strarne la natura provvidenziale; in cui il cielo volle ricondurre il mon-
tore e sono Giustiniano; per volontà realtà, la stesura del Corpus risale a un do alla pace perfetta (a suo modo se-
di Dio (primo amor ch’io sento) ripu- periodo precedente. reno), Cesare, per volere di Roma,
lii le leggi che si erano andate accu- prese in mano l’aquila.
mulando dalle contraddizioni (il 28-33 Qui si conclude (s’ap- 57. per volere di Roma: in realtà Ce-
troppo) e dal superfluo. punta) la mia risposta alla tua prima sare varcò il Rubicone contravvenen-
domanda; ma il carattere di questa do alla volontà del senato repubbli-
22-27 Appena fui entrato nella risposta (sua condizione) mi costrin- cano; Dante si riferisce quindi pro-
fede professata dalla Chiesa, a Dio ge ad aggiungere alcune cose, affin- babilmente alla volontà del popolo di
piacque d’ispirarmi l’alto lavoro ché tu veda quanto scelleratamente Roma di conferirgli il nome di impe-
[giuridico], al quale mi dedicai com- (con quanta ragione) agisce contro ratore, secondo quanto scrive Lucano
pletamente; e lasciai tutta l’attività [l’aquila], segno della giustizia, chi nella Farsalia (V, 389 e sgg.).
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193 de la vendetta del peccato antico. Faccian li Ghibellin, faccian lor arte
E quando il dente longobardo morse sott’ altro segno, ché mal segue quello
la Santa Chiesa, sotto le sue ali 105 sempre chi la giustizia e lui diparte;
196 Carlo Magno, vincendo, la soccorse. e non l’abbatta esto Carlo novello
Omai puoi giudicar di quei cotali coi Guelfi suoi, ma tema de li artigli
ch’io accusai di sopra e di lor falli, ch’a più alto leon trasser lo vello.
199 che son cagion di tutti vostri mali. (D. Alighieri, Commedia, in Edizione
L’uno al pubblico segno i gigli gialli secondo l’Antica Vulgata, a cura di G. Petrocchi,
oppone, e l’altro appropria quello a parte, Milano, Mondadori, 1966-67)
102 sì ch’è forte a veder chi più si falli.

91-93 Ma qui ti meraviglierai 96. Carlo Magno: questo salto cro- no l’emblema, è motivato dal fatto
che io dica il contrario di quanto ho nologico dall’uno all’altro imperato- che il punto di riferimento dei guelfi
detto prima (ch’io ti replìco): [l’aqui- re, separati da più di sette secoli, ser- in Italia erano gli Angioini.
la] corse con Tito a punire giusta- ve a sottolineare la continuità dell’i-
mente la giusta punizione del pec- stituzione imperiale. 103-8 I ghibellini facciano i lo-
cato originale (a far vendetta … de ro interessi (lor arte) sotto un’altra
la vendetta del peccato antico). 97-102 Ora puoi ben giudicare insegna, perché non segue retta-
92-93. Tito … antico: il riferimen- coloro, [i guelfi e i ghibellini], che mente quell’insegna chi la separa
to è alla distruzione di Gerusalemme prima ho accusato e le loro colpe, dalla giustizia; e non creda di abbat-
da parte di Tito nel 70 d.C., corren- che sono all’origine di tutti i vostri terla il nuovo Carlo, con i suoi guel-
temente interpretata dai cristiani co- mali. I guelfi oppongono all’insegna fi, e abbia invece timore dei suoi ar-
me castigo divino per la crocefissione universale (pubblico segno), [all’a- tigli che umiliarono prìncipi più po-
di Cristo voluta dagli Ebrei. quila], i gigli d’oro [della casa di tenti (più alto leon).
Francia], e gli altri si appropriano di 106. Carlo novello: Carlo II d’An-
94-96 E quando i Longobardi quell’insegna per interesse di parte, giò, re di Napoli dal 1285 al 1309,
attaccarono (il dente longobardo cosicché è difficile vedere chi com- detto novello per distinguerlo dal pa-
morse) la Santa Chiesa, sotto le ali metta l’errore più grande. dre, Carlo I.
dell’aquila Carlo Magno, vincendo, 100. i gigli gialli: il riferimento alla
venne in suo soccorso. casa di Francia, di cui i gigli gialli era-

Provvidenza e Impero La stessa ottica è ribadita nella continuità sulla


I versi riportati mettono in luce i temi fondamenta- lunga distanza fra gli imperatori, che agirono nel-
li del lungo discorso di Giustiniano, a partire dal ca- l’alveo di un disegno provvidenziale: da Tito, che
rattere unificante dell’istituzione imperiale, cui si punì con la distruzione di Gerusalemme la colpa de-
oppongono le divisioni di parte e gli interessi parti- gli Ebrei della crocifissione di Cristo, a Carlo Ma-
colari dei singoli sovrani, rappresentati negli ultimi gno, soccorritore della Chiesa per volontà divina. E
versi. Ma soprattutto, fin dal principio, l’insistenza il richiamo alla vicenda di Enea, e dunque alla sto-
di Dante è tutta sulla natura provvidenziale del- ria della fondazione dell’Impero, sempre posta sot-
l’Impero, evocata già all’inizio del canto nella pre- to l’insegna dell’aquila, mette in luce come, fin dal-
sunta coincidenza dei tempi fra momento della con- l’inizio, la storia imperiale si intrecci con quella
versione dell’imperatore e stesura, per ispirazione di- della cristianità.
vina, del Corpus. La scelta di Dante cade sulla figura Ancora più grave, allora, alla luce di questo tra-
di Giustiniano, perché egli fu l’imperatore capace di gitto e di questa storia, si rivela la colpa di chi si op-
riunificare il territorio imperiale, due secoli prima di- pone alle insegne imperiali – con riferimento cer-
viso da Costantino, e fu anche colui che ne rinsaldò to alle vicende storiche contemporanee e alle città
l’unità istituzionale, fornendogli una legislazione. che fecero ostacolo alla missione dell’imperatore Ar-
La figura di Giustiniano, sotto questo profilo, quasi rigo VII in Italia –, così come la colpa di chi di es-
si identifica con quella dell’aquila, che rappresenta se si appropria per i propri interessi di parte, of-
la giustizia garantita sulla terra dall’imperatore. fuscandone il valore universale.

6 C. Bologna, P. Rocchi, Rosa fresca aulentissima © Loescher Editore - Torino

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