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La comunicazione e il dialogo
Mantenere alta l’idealità, non smettere di rilanciare i valori e i motivi
fondanti la comunione, formare ai significati e agli atteggiamenti cor-
relati alla logica della carità evangelica, far maturare nei cristiani la co-
scienza dell’interdipendenza, sono solo alcuni tra i compiti ai quali il
presbitero non può sottrarsi, pena la regressione delle interazioni alla
prevalente dinamica della gratificazione dei bisogni, che tanta parte
hanno nel sorgere dei conflitti. Nella comunità cristiana, infatti, dovrà
essere il Vangelo, con i suoi orientamenti e le sue esigenze, a costituire
il quadro di riferimento entro cui operare un discernimento capace di
condurre all’assunzione e alla trasformazione del vissuto, quindi anche
di quelle situazioni conflittuali che di volta in volta si possono verificare.
Desiderando rimanere ancorati alla realtà, ma nello stesso tempo
non volendo entrare nelle questioni riguardanti la comunità come si-
stema e il ruolo della leadership del prete, perché, seppur decisive,
troppo complesse per essere adeguatamente sviluppate in questo con-
testo, sembra utile riflettere su una delle vie per l’edificazione della co-
munione, che è poi anche una delle condizioni di base per affrontare
con efficacia le tensioni27: la capacità di comunicare28.
Donato Pavone
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Conclusione
Al prete è chiesto tanto, in taluni casi forse troppo. Per riuscire a reg-
gere la complessità del tempo presente ed esercitare al meglio il suo
ministero, non può isolarsi33, né dev’essere lasciato solo. Qualora non
fosse preceduto e sostenuto da un’autentica relazione d’amore con il
Signore, non avvenisse nell’ambito di un’effettiva fraternità sacerdo-
tale34, non si accompagnasse a forme di vera solidarietà cristiana, non
si nutrisse di rapporti di sincera amicizia e di leale corresponsabilità,
il servizio alla comunione in seno alla comunità, soprattutto in alcune
situazioni, sarebbe vissuto dal presbitero come uno sforzo titanico e
un compito disumanizzante.
Donato Pavone
1
Cfr. Pastores Dabo Vobis, 43.
2
Il Magistero non solo distingue le virtù umane da quelle evangeliche (povertà, castità
e obbedienza), ma anche vede nella carità pastorale la maniera propria del presbitero di
vivere i consigli evangelici (cfr. Presbyterorum Ordinis, nn. 15-17; Pastores Dabo Vobis,
nn. 27-30; Cei, La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana, Roma 2006, nn. 23-25).
3
Cfr. ibi, n. 90.
4
Cei, La formazione permanente dei presbiteri nelle nostre Chiese particolari, Roma
2000, n. 23.
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5
Cfr. Optatam Totius, 11; Presbyterorum Ordinis, 3.
6
Cfr. Pastores Dabo Vobis, nn. 43-44. A tal proposito, scrive il Papa: «Il sacerdote non
sia né arrogante né litigioso, ma sia affabile, ospitale, sincero nelle parole e nel cuore,
prudente e discreto, generoso e disponibile al servizio, capace di offrire personalmente,
e di suscitare in tutti, rapporti schietti e fraterni, pronto a comprendere, perdonare e
consolare» (n. 43).
7
Cei, La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana, Roma 2006, n. 90.
8
E ancora: «La libertà di entusiasmarsi per grandi ideali e la coerenza nel realizzarsi
nell’azione d’ogni giorno; il coraggio di prendere decisioni e di restarvi fedeli; la
conoscenza di sé, delle proprie doti e dei propri limiti integrandoli in una visione positiva
di sé di fronte a Dio» (Cec, Orientamenti per l’utilizzo delle competenze psicologiche
nell’ammissione e nella formazione dei candidati al sacerdozio, Roma 2008, n. 2).
9
Optatam Totius, n. 11.
10
Pastores Dabo Vobis, n. 43.
11
Cei, La formazione dei presbiteri nella Chiesa italiana, Roma 2006, n. 90.
12
«L’umanità di oggi, spesso condannata a situazioni di massificazione e di solitudine,
soprattutto nelle grandi concentrazioni urbane, si fa sempre più sensibile al valore della
comunione: questo è oggi uno dei segni più eloquenti ed una delle vie più efficaci del
messaggio evangelico» (Pastores Dabo Vobis, n. 43).
13
Cfr. M. Magatti (intervista a), Eccesso e crisi delle relazioni: una lettura sociologica, in:
F. Botturi - C. Vigna (a cura di), Affetti e legami, Vita e Pensiero, Milano 2004, pp. 111-
121; L. Alici, Persona e relazione: le radici antropologiche della società civile, in R. Gatti
- M. Ivaldo (a cura di), Società civile e democrazia, Ave, Roma 2002, pp. 49-70; F. Viola,
Il ruolo pubblico della religione nella società multiculturale, in: C. Vigna - S. Zamagni
(a cura di), Multiculturalismo e identità, Vita e Pensiero, Milano 2002, pp. 107-138; M.
Benasayag - G. Schmit, L’epoca delle passione tristi, Feltrinelli, Milano 2005, pp. 25-38 e
101-117; U. Galimberti, L’ospite inquietante. Il nichilismo e i giovani, Feltrinelli, Milano
2008, pp. 43-64; G. Grandi, Persona, felicità, educazione, La Scuola, Brescia 2012, pp.
13-22.
14
Cfr. G. Vattimo, Per un cristianesimo non religioso, in: G. Filorano - E. Gentile - G.
Vattimo, Cos’è la religione oggi?, ETS, Pisa 2005, pp. 43-61; R. Girard - G. Vattimo,
Verità o fede debole? Dialogo su cristianesimo e relativismo, Transeuropa, Pisa 2006, pp.
16-36; G. Vattimo, Addio alla verità, Meltemi, Roma 2009, pp. 72-87.
15
Cfr. E. Parolari - D. Pavone, Ministero alla prova. Per una lettura sapienziale delle
relazioni del prete, «La Rivista del Clero Italiano», 9 (2011), pp. 566-584.
16
Cfr. A. Manenti, Vivere insieme. Aspetti psicologici, EDB, Bologna 1991, pp. 25-41; Il prete, uomo di comunione
S. Pagani, Tra Gesù e la gente. Il prete, uomo per questo tempo, Vita e Pensiero, Milano
2005, pp. 51-56; H. Zollner, Convivere con le tensioni, «Tredimensioni», 5 (2008), pp.
313-322.
17
Si vedano almeno i seguenti testi. «(Il presbitero) è servitore della Chiesa comunione
perché, unito al vescovo e in stretto rapporto con il presbiterio, costruisce l’unità della
comunità ecclesiale nell’armonia delle diverse vocazioni, carismi e servizi» (Pastores
Dabo Vobis, 16). «Il sacerdote è chiamato a rivivere l’autorità e il servizio di Gesù
Cristo capo e pastore della chiesa animando e guidando la comunità ecclesiale, ossia
riunendo la famiglia di Dio come fraternità animata nell’unità» (Pastores Dabo Vobis,
26). «Esercitando la funzione di Cristo capo e pastore per la parte di autorità che spetta
loro, i presbiteri, in nome del vescovo, riuniscono la famiglia di Dio come fraternità
viva e unita e la conducono al Padre per mezzo di Cristo nello Spirito Santo […]
nell’edificare la Chiesa i presbiteri devono avere con tutti dei rapporti improntati alla
più delicata bontà» (Presbyterorum Ordinis, 6). «Il sacerdote è chiamato a misurarsi con
le esigenze tipiche di un altro aspetto del suo ministero […] si tratta della cura della vita
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della comunità che gli è affidata e che si esprime soprattutto nella testimonianza della
carità» (Congregazione per il clero, Direttorio per il ministero e la vita dei presbiteri,
Roma 1994, n. 55).
18
Cfr. E. Bianchi, Ai presbiteri, Qiqajon, Magnano [Mi] 2004, pp. 39-41; L. Manicardi,
Pregare nel ministero, Qiqajon, Magnano (Bi) 2004, pp. 21-23.
19
N. Wolf, Si sente dire che… Come si superano le crisi e si compongono gli scontri, in N.
Wolf - E. Rosanna, L’arte di dirigere le persone, EDB, Bologna 2010, pp. 75-91.
20
«Il rinnovamento della parrocchia in prospettiva missionaria non sminuisce affatto il
ruolo di presidenza del presbitero, ma chiede che egli lo eserciti nel senso evangelico del
servizio a tutti, nel riconoscimento e nella valorizzazione di tutti i doni che il Signore ha
diffuso nella comunità, facendo crescere la corresponsabilità […] I sacerdoti dovranno
vedersi sempre più all’interno di un presbiterio e dentro una sinfonia di ministeri e di
iniziative: nella parrocchia, nella diocesi e nelle sue articolazioni. Il parroco sarà meno
l’uomo del fare e dell’intervento diretto e più l’uomo della comunione; e perciò avrà
cura di promuovere vocazioni, ministeri e carismi. La sua passione sarà far passare i
carismi dalla collaborazione alla corresponsabilità, da figure che danno una mano a
presenze che pensano insieme e camminano dentro un comune progetto pastorale. Il
suo specifico ministero di guida della comunità parrocchiale va esercitato tessendo la
trama delle missioni e dei servizi: non è possibile essere parrocchia missionaria da soli»
(Cei, Il volto missionario delle parrocchie in un mondo che cambia, Roma 2004, n. 12).
21
Cfr. D. Pavone, Sulla formazione degli adulti, «Tredimensioni», 3 (2012), pp. 270-279.
22
Cfr. R. Repole, L’umiltà della Chiesa, Qiqajon, Magnano (Bi) 2010, pp. 72-80.
23
Cfr. G. Crea - F. Mastrofini, Preti sul lettino, Giunti, Firenze 2010, pp. 10-12.
24
Cfr. L. Manicardi, L’umanità della fede, Qiqajon, Magnano (Bi) 2005, pp. 27-30.
25
Cfr. G. Cucci, La maturità dell’esperienza di fede, Elledici, Torino 2010, pp. 47-49.
26
Cfr. S. Ayestarán, Il conflitto comunitario. Un’opportunità per crescere o una minaccia
di distruzione?, EDB, Bologna 2007, pp. 27, 54 e 64-65.
27
Cfr. A. Manenti, Possibili rimedi ai conflitti, «Tredimensioni», 7 (2010), pp. 75-84.
28
Cfr. A. Manenti, Vivere insieme, cit., pp. 78-85; G. Colombero, Dalle parole al dialogo.
Aspetti psicologici della comunicazione interpersonale, San Paolo, Milano 1998, pp. 68-
96.
29
L’empatia non è simpatia. Se le persone con cui collabora sono simpatiche, al prete
riesce sicuramente più facile, bello e gratificante il lavoro, ma la simpatia non è una
condizione in tal senso imprescindibile. Infatti, quando in gioco vi è la costruzione di
una comunità secondo il Vangelo, si deve saper andare oltre la simpatia o l’antipatia. Per
la comunione, la collaborazione e la corresponsabilità, piuttosto, a essere indispensabile
è l’empatia.
30
Non sono ottimali le relazioni comunicative reattive (i due interagiscono, ma in maniera
non controllata e istintiva), simmetriche (regolate dalla logica della competizione e della
spartizione di potere) e parallele (ciascuno comunica le sue idee e rimane sulle sue
posizioni).
31
L’altro ha così la possibilità di rendersi conto di ciò che ha detto o fatto, di rendere
Donato Pavone
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