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Pastorale Giovanile - Regione Ecclesiastica Ligure

COMPENDIO DELLA DOTTRINA SOCIALE


DELLA CHIESA CATTOLICA

“APPUNTI”
a cura del Gruppo “Giovani Adulti”
del Centro San Matteo

2010
Prefazione

Ai partecipanti al Forum regionale di Pastorale giovanile in


preparazione alla 46° Settimana sociale dei Cattolici Italiani
viene offerta una “sintesi” del Compendio della Dottrina
Sociale della Chiesa, ovvero una presentazione organica dei
principali argomenti che il Compendio tratta. La sintesi è frutto
del lavoro di un gruppo di giovani-adulti cattolici genovesi che,
con vero senso di responsabilità, hanno deciso di affrontare
questo aspetto della Dottrina della Chiesa e di approfondirne la
conoscenza, con la convinzione che senza una tale preparazione
non è possibile per laici cattolici assumere seriamente
responsabilità nella vita sociale, rimanendo fedeli al proprio
patrimonio ideale.

La sintesi è costituita da contributi che sono già stati pubblicati,


ma che ora per la prima volta vengono raccolti assieme ed in
modo organico.

Con il Forum i giovani cattolici liguri, come in occasioni simili


presso altre Regioni italiane, vengono sollecitati a confrontarsi
con la vita sociale e politica italiana e a guardarla da protagonisti,
di oggi e, forse ancor più, di domani. Forse ci si sente impreparati
di fronte ad una simile richiesta e già questo può essere una
buona scossa. La sintesi non pretende certo di supplire come un
“Bignami” alla mancata preparazione all’esame, può però aiutare
a trovare un orientamento, anche per il lavoro immediato.

Soprattutto si spera che l’iniziativa possa richiamare


l’attenzione sui temi della Dottrina Sociale, convincere che
essa non è estranea o superflua per la nostra vita cristiana e
soprattutto per la vita dei laici ai quali compete la presenza
nella società e quindi invitare a passare dal testo della sintesi
a quello del Compendio vero e proprio, per gustarne appieno
la ricchezza. Non importa se qualcuno pensa di non essere
interessato direttamente all’impegno sociale: tutti infatti,
volenti o nolenti, ci troviamo interpellati a leggere gli eventi, a
valutare le idee, a prendere posizioni sulle scelte che vengono

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fatte. Dunque la riflessione è necessaria. Perché dovremmo
sentirci meno autonomi o “personali” se prendiamo a riferimento
la Dottrina Sociale della Chiesa, con la ricchezza di un lungo
cammino alle spalle, soprattutto con la luce del Vangelo che
offre la conoscenza della autentica dignità dell’uomo, secondo
Cristo, che dice la “verità sull’uomo” e con l’autorità del
Magistero, non nemico ma alleato del “bene comune”? Perché
ci si dovrebbe sentire “condizionati” o “di parte” a confrontarci
con queste pagine quando siamo pronti a confrontarci e, perché
no, ad abbeverarci a tante fonti non sempre genuine? Credo che
si tratti di onestà intellettuale e di coerenza non considerare
con sufficienza quanto la Chiesa, con la sua saggezza, ci offre.
Mi auguro davvero che questo sia uno dei frutti del nostro
incontro, in modo da offrire quella carica di speranza che un
giovane cattolico non può non portare in sé.

Ringrazio di cuore chi ha lavorato per offrirci il sussidio che


ora ho presentato ed auguro a loro e a quanti vorranno seguirne
l’esempio di proseguire la loro fatica. Anche questo può far
parte di una “agenda di speranza”.

AlbertoTanasini
Vescovo Delegato della C.E.L. per la Pastorale Giovanile

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Introduzione
Un umanesimo integrale e solidale

Il primo paragrafo dell’Introduzione al Compendio è centrato


sulla salvezza che investe anche questo mondo nelle realtà
dell’economia e del lavoro, della tecnica e della comunicazione,
della società e della politica, della comunità internazionale e dei
rapporti tra le culture e tra i popoli. La Chiesa, quindi, offre
agli uomini e alle donne di questo tempo la sua Dottrina Sociale,
consapevole che la legge dell’Amore, contenuta nel suo annuncio
di salvezza, abbraccia l’intera umanità senza limiti. Solo l’amore
è capace di trasformare in modo radicale i rapporti che gli
esseri umani intrattengono tra loro.
Inserito in questa prospettiva, ciascun uomo di buona volontà
può intravedere i vasti orizzonti della giustizia e dello sviluppo
umano nella verità e nel bene. Tanti fratelli bisognosi attendono
aiuto, tanti oppressi attendono giustizia, tanti disoccupati
attendono un lavoro, tanti popoli attendono rispetto. Siamo
tutti chiamati a dare il nostro contributo, ma in una comune
assunzione di responsabilità.
La Dottrina Sociale della Chiesa diventa così un importante
strumento di missione e di evangelizzazione perché aiuta ad
interpretare la realtà di oggi offrendo anche appropriate vie
per l’azione.
Con questo documento la Chiesa intende offrire un contributo
di verità alla questione del posto dell’uomo nella natura e
nella società. Da queste risposte dipende l’orientamento che
si imprime all’esistenza, alla convivenza sociale e alla storia.
Quando il perché delle cose viene indagato con integralità alla
ricerca della risposta ultima e più esauriente, allora la ragione
umana tocca il suo vertice e si apre alla religiosità. La prima delle
sfide più grandi è quella della verità stessa dell’essere uomo;
una seconda sfida è posta dalla comprensione e dalla gestione
del pluralismo e delle differenze a tutti i livelli; la terza
sfida è la globalizzazione, che ha un significato più largo e più
profondo di quello semplicemente economico, poiché nella storia
si è aperta una nuova epoca, che riguarda il destino dell’umanità.

Simonetta Saveri

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Parte Prima

Capitolo Primo

Il disegno di Amore di Dio per l’umanità

Dio dona la vita all’uomo con un atto libero e gratuito d’Amore


e lo chiama ad accogliere ogni cosa come un dono che da Lui
proviene e a Lui è finalizzato. Gli uomini socialmente organizzati
devono essere segno visibile e strumento efficace della gratuità
divina, coltivatori e custodi responsabili dei beni creati e
ordinati da Dio nell’universo secondo il Suo progetto. All’uomo
e alla donna, creati a Sua immagine e somiglianza, Dio richiede
un’esistenza morale che è riconoscenza e omaggio al Padre, ma
anche cooperazione al Suo piano nella storia.
La morale universale e le regole primordiali di ogni vita sociale
sono dettate dai Dieci Comandamenti. Disobbedire a Dio,
significa sottrarsi al Suo sguardo d’amore, e voler gestire
autonomamente l’esistenza di sé e del mondo e il proprio agire
in esso. Da questo errore scaturiscono i mali che insidiano le
relazioni sociali e le situazioni che attentano alla dignità della
persona, alla giustizia, alla solidarietà.
Il disegno d’amore del Padre per l’uomo ha il suo compimento in
Gesù, il Verbo fatto carne. Egli è l’inviato del Padre nel mondo
con il compito di fare partecipi tutti gli uomini della relazione
filiale che li lega a Dio. Gesù si fa dunque modello ed esempio per
i Suoi discepoli, ispirando il proprio agire alla medesima gratuità
e misericordia del Padre, chiamandoci a vivere come Lui, in Lui e
di Lui, per opera dello Spirito Santo che interiorizza nei nostri
cuori il Suo stesso stile di vita. E come Gesù dona la Sua vita per
noi, così noi dobbiamo donarci reciprocamente ai fratelli.
Per amare il prossimo come sé stessi e perseverare in questo
atteggiamento, è necessario impegnarsi per il bene di tutti
e di ciascuno. Intessere, cioè, relazioni di amore, giustizia,
solidarietà, con gli altri per giungere alla meta della nostra
esistenza e della storia, la comunione d’amore che è Dio.
La salvezza che Dio ci offre in Gesù richiede, però, la nostra
libera risposta e adesione. E’ la fede, con la quale l’uomo
liberamente si abbandona tutto a Dio rispondendo al Suo amore

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con l’amore verso i fratelli e con la ferma speranza nella fedeltà
di Colui che ha promesso.
La salvezza di Dio, inoltre, non è offerta solo ai cristiani, ma a
tutti gli uomini di buona volontà nei cui cuori opera invisibilmente
la grazia, perché Cristo è morto per tutti. Tutti hanno perciò la
possibilità di una vita nuova che li associ, nel modo che Dio conosce,
al mistero pasquale attraverso una progressiva trasformazione
interiore e conformazione a Cristo, presupposto essenziale di
un reale rinnovamento delle relazioni con gli altri. Il rispetto e
l’amore si estenderanno anche a coloro che pensano e agiscono
diversamente da noi nelle cose sociali, politiche e religiose, per
instaurare un dialogo fondato sull’onestà e la carità.
Nel cambiamento ci viene in aiuto la Chiesa con il Vangelo e le
risposte della sua Dottrina Sociale, perché come Maria con il
suo “fiat”, anche noi possiamo accogliere nella storia il Salvatore
del mondo.

Maria Giulia Grondona

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Capitolo Secondo

Missione della Chiesa e Dottrina Sociale

La Chiesa, con la sua Dottrina Sociale, si rivolge a tutti gli uomini


che, inseriti nella complessa rete di relazioni sociali, ricercano
il bene comune. Essa non si limita a raggiungere l’uomo nella
società, ma a fecondare e fermentare la società stessa con le
parole del Vangelo.
La Chiesa, “esperta in umanità”, ha necessità, per prendersi
cura dell’uomo, di coinvolgere la società nella sua sollecitudine
missionaria e salvifica, perché è proprio nella convivenza
sociale che si determina la qualità della vita e, di conseguenza,
le condizioni in cui ogni uomo e donna comprendono la loro
vocazione e sé stessi. Evangelizzare il sociale significa infondere
agli uomini la carica di senso e di liberazione del Vangelo, così
da promuovere una società a misura dell’uomo perché a misura
di Cristo. Tutto ciò che riguarda la comunità degli uomini non
è estraneo all’evangelizzazione e questa non sarebbe completa
se non tenesse conto del reciproco appello che si fanno
continuamente il Vangelo e la vita concreta, personale e sociale
dell’uomo.
Tra la promozione umana e l’evangelizzazione ci sono legami
profondi di ordine sia antropologico e teologico che evangelico.
La Chiesa con la sua Dottrina Sociale “si propone di assistere
l’uomo sul cammino della salvezza”. La parola del Vangelo non
solo va ascoltata ma anche messa in pratica, poiché nei suoi
comportamenti il credente manifesta l’adesione alla parola
con tutto il suo vissuto e le proprie responsabilità:“Guai a me
se non predicassi il Vangelo!” (1Cor 9,16). L’ammonimento che
S. Paolo fa a sé stesso continua nella coscienza della Chiesa;
essa, infatti, si sente richiamata a percorrere tutte le strade
dell’evangelizzazione, non solo quelle che arrivano alle coscienze
individuali, ma anche quelle che giungono alle istituzioni
pubbliche; il messaggio cristiano deve essere anche capace di
illuminare la presenza sulla terra e non solo orientare verso una
salvezza ultraterrena.
La Dottrina non nasce come un sistema organico. Essa si
è formata negli anni con i vari interventi sui temi sociali del

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Magistero della Chiesa a partire dall’enciclica “Rerum novarum”
di Leone XIII. La sua natura è teologico-morale; in essa, infatti,
si riflettono i tre livelli di tale disciplina: quello fondativo delle
motivazioni, quello direttivo delle norme del vivere sociale, e
quello deliberativo delle coscienze. Questi tre livelli definiscono
anche il metodo proprio e la struttura epistemologica della
Dottrina.
La Dottrina Sociale Cattolica è fortemente caratterizzata
dalla sua dimensione interdisciplinare. Si avvale del contributo
della filosofia come strumento indispensabile ad una corretta
comprensione dei concetti che sono alle sue radici (la persona,
la società, la libertà, l’etica, la giustizia ecc…) e delle scienze
sociali: “la conoscenza dell’uomo non si perviene con la sola
teologia”.
Con la Dottrina Sociale, la Chiesa si preoccupa della vita umana
nella società, in cui sono in gioco la dignità, la pace e i diritti
delle persone. Tale preoccupazione non é solo rivolta ai figli della
Chiesa, ma ha una destinazione universale: a tutti gli uomini di
buona volontà “in grado di cogliere la grande profondità umana
dei significati e dei valori da essa espressi e la carica di umanità
e di umanizzazione delle sue norme d’azione”.

Nadia Massa

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Capitolo Terzo

La persona umana e i suoi diritti

La persona umana, nell’insegnamento cattolico, é la vera


protagonista della vita sociale. All’uomo, che ha ricevuto da
Dio la dignità di creatura e di persona, la Chiesa si rivolge per
sostenerlo nel cammino verso la pienezza della sua vocazione più
alta e nobile: l’Alleanza con Dio, Padre amorevole, che lo pone al
centro ed al vertice del creato.
Proprio in questo cammino quaresimale, ove la liturgia richiama
l’alleanza fra Dio e l’uomo e mette in risalto il legame d’amore
profondo con cui Dio richiama a sé i Suoi figli, scopriamo che
anche la Dottrina Sociale della Chiesa ci suggerisce come l’uomo,
creato ad immagine e somiglianza di Dio, sia chiamato per grazia
ad un’alleanza con il Creatore, ovvero a fornire una risposta di
fede ed amore al Padre, un generoso “Eccomi!”, che nessuno può
dare in sua sostituzione.
Tale rapporto fra l’uomo e Dio si riflette nella dimensione
sociale della natura umana. Nessuna persona può vivere davvero
pienamente prescindendo dai suoi simili: Adamo manifesta
tutta la sua tristezza ed insoddisfazione sino all’apparizione
dell’altra creatura di Dio, la donna. Uomo e donna hanno pari
dignità e valore sociale, pur nelle rispettive diversità, ed é
l’immagine di Dio ad animare e riempire di significato il “noi”
della coppia umana, poiché sono l’uno il completamento dell’altra.
La vocazione di uomo e donna é quella di essere in relazione
viva fra loro e con Dio, ma anche con le altre creature. E’ qui
che si fonda il primo inviolabile diritto che Dio iscrive nel cuore
dell’uomo ed esige sia rispettato: la sacralità della vita.
Quando l’uomo tenta di forzare il suo limite di creatura e si
insuperbisce al punto da “sfidare” Dio abusando della propria
libertà, corrompe la creazione, mirabile esempio di santità e
giustizia, e lascia spazio al peccato. Conseguenza del peccato
é l’allontanamento da Dio, ma anche il deterioramento del
rapporto con gli altri uomini: se la persona, al centro di tutte le
relazioni più vive e feconde, tradisce l’alleanza con il Creatore,
inevitabilmente sciupa anche tutti i frutti che da tali relazioni
deriverebbero.

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Il tradimento del peccato apre una doppia ferita: personale e
sociale. Infatti, come é vero che ogni persona é legata alle altre
nel bene, così anche le conseguenze negative dei suoi tradimenti
ricadono su tutti i fratelli. Questa considerazione sta alla base
del richiamo continuo che la Chiesa ci propone per distoglierci
dal comodo alibi di attribuire responsabilità esclusivamente
personali (il peccato) a capri espiatori generali (la società,
gli altri, gli insegnamenti sbagliati…). Scoprirci chiamati ad
un’alleanza personale con Dio ci aiuta a smascherare gli inganni
in cui spesso vogliamo indugiare e, nel contempo, ci indica
che l’universalità del peccato non può né deve essere slegata
dalla consapevolezza dell’universalità della salvezza cui siamo
chiamati in Gesù Salvatore.
La persona umana ha ricevuto in dono caratteristiche proprie che
devono essere riconosciute e rispettate: la vita, l’uguaglianza
nella dignità ed il rispetto di ogni singola personalità, la socialità,
l’apertura alla trascendenza, la libertà. Quest’ultimo diritto
fondamentale é segno altissimo dell’amore di Dio verso i Suoi
figli, creati a Sua immagine anche nel diritto a scegliere. Esso
non deve considerarsi limitato dalla dipendenza che l’uomo ha
dal Padre in quanto figlio, né dalla consapevolezza che il potere
di determinare bene e male spetta solo a Dio; anzi, il retto
esercizio della libertà personale esige precise condizioni di
ordine economico, sociale, politico, giuridico e culturale che, se
misconosciute, determinano gravi e profonde ingiustizie nella
vita sociale.
La libertà, infatti, è un diritto che deve essere esercitato
alla luce della verità e mediante l’assunzione di generosa
responsabilità. Solo così l’uomo può compiere atti moralmente
buoni, costruttivi della sua personalità in pienezza, ed irradiare
luce positiva nel tessuto sociale.

Stefano e Enrica Lozza

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Capitolo Quarto

I principi della Dottrina Sociale della Chiesa

Si tratta di principi caratterizzati da reciprocità e


complementarietà che si fondano sul primario principio della
dignità della persona umana (vedi cap. 3) e “la Chiesa li indica
come il primo e fondamentale parametro di riferimento per
l’interpretazione e la valutazione dei fenomeni sociali, necessario
perché vi si possono attingere i criteri di discernimento e di
guida dell’agire sociale, in ogni ambito” (pgf. 161).
Il principio del bene comune ci ricorda che la persona può
trovare il suo compimento nel “suo essere «con» e «per» gli
altri” (pgf. 165). Il suo rispetto, lo sviluppo, ed infine la pace,
sono i suoi elementi fondamentali. Si tratta di consentire ad
ogni soggetto di realizzare la propria vocazione, di poter agire
secondo coscienza, di creare l’unità della famiglia umana. Quindi
non si può parlare di bene comune come la somma dei desideri
di ogni singola persona, gruppo, o società, ma come “l’insieme
di quelle condizioni della vita sociale che permettono sia alle
collettività sia ai singoli membri, di raggiungere la propria
perfezione più pienamente e più celermente” (pgf. 164). Tutti noi
abbiamo la responsabilità di operare per il bene comune ed il
diritto di beneficiarne, ma è compito primario della comunità
politica promuoverlo e difenderlo.
In vista del bene comune, la Dottrina Sociale enuncia il principio
della destinazione universale dei beni. Punto centrale è che
l’uomo non è padrone di questo mondo, ma deve amministrarlo
per garantire libertà e dignità a tutti. Occorre quindi pensare
e provvedere ai più bisognosi che sono affidati ad ognuno di
noi; dare loro l’indispensabile significa compiere un dovere di
giustizia più che un atto di carità.
In questo contesto, la proprietà privata va intesa sia come
prolungamento della libertà che come strumento per il rispetto
di questo principio, come “mezzo” e non come “fine” in quanto “le
ricchezze realizzano la loro funzione di servizio all’uomo quando
sono destinate a produrre benefici per gli altri e la società” (pgf.
329).
A seguire troviamo il principio della sussidiarietà. Tale principio

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sostiene che la persona in primis, la famiglia e tutte le istituzioni
o associazioni alle quali le persone danno spontaneamente vita
e che rendono loro possibile una effettiva crescita sociale,
devono essere aiutate nello svolgimento dei loro compiti senza
essere sostituite o addirittura assorbite da istituzioni maggiori
se non quando queste non siano in grado di farcela da sole. La
sussidiarietà, quindi, valorizza l’attività della persona, della
famiglia e dei corpi intermedi, accresce lo spirito di libertà e di
iniziativa, salvaguarda “l’equilibrio tra la sfera pubblica e quella
privata” (pgf. 187), responsabilizza il “cittadino nel suo «essere
parte» attiva della realtà politica e sociale del Paese” (pgf. 187)
introducendo il principio della partecipazione che si configura
come base e come garante dell’ordinamento democratico.
Infine, troviamo la solidarietà che è innanzitutto una virtù e un
dovere morale da parte di chi ha di più verso i più poveri, quindi
non un sentimento di compassione, ma un continuo impegnarsi per
il bene comune superando ogni individualismo in una condivisione
di beni materiali e soprattutto spirituali.
Da soli, però, i principi non bastano e parallelamente ad essi la
Dottrina Sociale individua i valori fondamentali della vita sociale
che sono: verità, libertà e giustizia. La convivenza all’interno
della società diventa ottimale quando è e cresce nella verità e
si attua nella libertà e nella giustizia. Non si arriva alla verità
senza libertà e non c’è libertà senza giustizia che a sua volta
“deve subire, per così dire, una notevole correzione” (pgf. 206),
per essere completata dalla carità. E’ solo attraverso la via della
carita’ che, quindi, “presuppone e trascende la giustizia” (pgf.
206), che possiamo sentire come propri i bisogni e le esigenze
altrui, risolvere un problema impellente e rimuovere quei fattori
sociali che causano ogni tipo di discriminazione.

Matilde Tarditi

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Parte Seconda

Capitolo Quinto

La famiglia cellula vitale della società

Il nucleo familiare è la vera comunità ove può svilupparsi e


fiorire la personalità umana dei suoi componenti grazie al
dinamismo dell’amore che è dono gratuito, generosa cura degli
altri, trasmissione dei valori morali fondamentali, sollecita e
disinteressata compartecipazione alla vita reciproca. E proprio
la vita, frutto d’amore, è il valore che la famiglia ha il compito di
proteggere, sostenere e donare.
Infatti, nella procreazione, si rivela tutta la dignità della
creatura umana, chiamata a farsi interprete della bontà
e della fecondità che discendono da Dio. Ogni bambino è, in
sé stesso, particella di bene comune, che fa dono di sé ai
genitori, ai fratelli, e a tutta la comunità. La vita genera, poi,
anche un vincolo d’amore e solidarietà che unisce le famiglie, le
generazioni, e sta, quindi, alla base della collettività, perché la
fecondità dell’amore familiare passa anche attraverso la cura
e l’accoglienza generosa ed amorevole di tutti i suoi membri
(anziani, malati, lontani…).
Rispettare e proteggere la vita come frutto di un atto umano
di piena e totale donazione fra i coniugi porta a rifiutare tutte
le tecniche (sia abortive che riproduttive) che possano svilire o
umiliare la persona umana nella sua più alta dignità. La famiglia
è, dunque, un’istituzione divina che sta a fondamento della vita
delle persone ed é “missionaria” perché vi si compia il nostro
“apprendistato delle responsabilità sociali e della solidarietà”.
Le forze disgregatrici che vorrebbero minare la famiglia o
negarle il ruolo di centro di amore ed accoglienza stabile sono
molte, nella nostra società, e sembrano voler svilire il coraggio
di prendere decisioni definitive, di assumersi l’impegno d’amore
vicendevole per tutta la vita, per privilegiare il raggiungimento
del proprio momentaneo piacere, la realizzazione dei propri
desideri fine a sé stessi. Ma l’amore, nel suo autentico
significato, implica un dono di sé gratuito e totale ed una

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generosa dedizione all’altro di cui si cerca il vero bene, la vera
felicità. Voler seguire Gesù nel Suo esempio d’amore ci chiama
a combattere ogni nostro egoismo per andare incontro all’altro
senza riserve né chiusure o calcoli!
La Chiesa ci aiuta a non lasciarci sedurre dalle sirene del
relativismo o dell’annullamento di ogni speranza di bene e
stabilità richiamandoci al valore della famiglia come santuario
d’amore reciproco, di solidarietà e di vita. Naturalmente, però,
da “madre attenta e sollecita”, la Chiesa non dimentica né mai
abbandona chi, per i più svariati motivi, avesse seguito rotte
diverse, e non cessa di richiamare a sé chi voglia trovare la vera
gioia nel ritornare sulla via del Signore che dà la vita.

Teresa Finelli e Enrica Mezzani

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Capitolo Sesto

Il lavoro umano

Dio Creatore plasma l’uomo a Sua immagine e lo invita a lavorare


la terra e a custodire il giardino dell’Eden in cui lo ha posto.
Così, nella Genesi, è già chiaro il compito sociale e socializzante
del lavoro dell’uomo: coltivare e custodire per sé e per gli
altri. La singola persona, infatti, è inserita nella società che ha
necessità del lavoro per la sua crescita, dal momento che è da
questo condizionata nel proprio sviluppo economico, culturale e
morale.
“Il lavoro è un diritto fondamentale ed è un bene per l’uomo”
(pfg. 287), necessario per esprimere la personale dignità umana
(come ampiamente evidenziato nell’enciclica “Rerum novarum”),
per “formare e mantenere una famiglia, per avere diritto alla
proprietà, per contribuire al bene comune della famiglia umana”.
Vi è quindi in esso una forte dimensione soggettiva (lo sviluppo
della persona) che deve consapevolmente prevalere su quella
oggettiva (la mera attività) per impedire che “l’attività lavorativa
e le stesse tecniche utilizzate diventino più importanti dell’uomo
stesso” (pfg. 271).
Ma il lavoro è anche “un obbligo cioè un dovere dell’uomo” (pfg.
274): dal punto di vista morale siamo infatti in relazione con il
prossimo inteso come famiglia, società, nazione, o genere umano
e quindi autori del futuro delle generazioni che verranno. Per
difenderlo di fronte agli attuali cambiamenti dell’economia
mondiale diventa indispensabile consolidare le rappresentanze
sindacali, l’associazionismo, la tutela dei lavoratori a favore di
una giusta retribuzione, della previdenza, delle pari opportunità
e di adeguati ammortizzatori sociali.
Oggi il lavoro manca (disoccupazione), è precario (ne fanno le
spese i giovani che hanno difficoltà nell’organizzare il proprio
futuro), è “nascosto” (il lavoro nero che spesso coinvolge minori
o immigrati, possibili oggetto di sfruttamento e infortuni), o è
addirittura sovrainvestito (per alcuni cresce l’orario di lavoro
che talvolta sacrifica il riposo e la domenica). Il credente trova
forti provocazioni nel suo rapporto con il tempo, l’attività del
lavoro e il riposo; essendo condizionato dai cambiamenti sociali in

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atto (mobilità e organizzazione lavorativa), si svilisce il rapporto
tra lavoro e festa, mentre occorre favorire la conciliazione tra i
tempi lavorativi e quelli dedicati alle relazioni umane e familiari.
Il riposo dunque, contro “l’asservimento al lavoro, volontario
o imposto”, e la festa, il giorno del Signore, che permetta di
ricordare le opere di Dio aprendoci alla “prospettiva di una
libertà più piena” (pfg. 258).
Sono quindi necessarie nuove regole per l’economia che possano
interpretare la globalizzazione e la transizione in atto favorendo
la crescita del lavoro senza sacrificare gli aspetti fondamentali
della vita dell’uomo (la formazione, l’educazione, la famiglia, la
capacità di intraprendere, la festa). Occorre cogliere i nuovi
stimoli che si presentano e sviluppare la capacità di sperimentare
e pensare in modo creativo a nuove riorganizzazioni ricordando
che i mutamenti in atto non avvengono in modo deterministico
ma è sempre l’uomo il vero protagonista.
Solidarietà e responsabilità sono uno sforzo necessario da parte
di tutti per superare gli interessi particolaristici: “Gli aspetti
negativi della globalizzazione del lavoro non devono mortificare
le possibilità che si sono aperte per tutti di dare espressione
ad un umanesimo del lavoro a livello planetario (…) affinché (…)
l’uomo capisca sempre di più la sua vocazione unitaria e solidale”
(pfg. 322).

Enrica Avena e Sauro Donati

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Capitolo Settimo

La vita economica

Nell’Antico Testamento la ricchezza, quando non è lusso, è


vista positivamente come una benedizione di Dio e la povertà,
al contrario, se interpretata come conseguenza dell’ozio, in
senso negativo. Ciò che viene con vigore condannato non è quindi
l’abbondanza in sé stessa, quanto il suo cattivo uso. I beni,
infatti, sono e rimangono proprietà di Dio.
Si parla di relatività dei beni economici, poiché il ricco ha il
dovere di amministrare correttamente i beni che Dio gli ha dato
e la povertà assume un valore morale quando l’uomo si rende con
umiltà disponibile ed aperto verso Dio, quando ha fiducia in Lui.
Gesù conferma questa visione.
L’uomo, liberato dal peccato, ha un preciso dovere nel cercare
di aiutare i poveri a riscattarsi dalla loro posizione di povertà
materiale, compiendo in questo modo un’opera di giustizia verso
sé stesso e verso gli altri. L’attività economica ed il progresso
materiale devono essere messi al servizio dell’uomo e della
società. L’economia va letta come strumento per la crescita
anche materiale dell’uomo, per un miglioramento della qualità
di vita.
L’economia e la morale, ciascuna nel proprio ambito, pur
appoggiandosi su principi propri, sono strettamente connesse
l’una all’altra, esiste una connessione di reciprocità importante
tra le due. Anche nell’attività economica, infatti, occorre
promuovere ed onorare la dignità della persona umana poiché
l’uomo è l’autore, il centro ed il fine di tutta la vita economico-
sociale e il fine dell’economia non sta nell’economia stessa,
quanto nella sua destinazione umana e sociale.
Seguire le leggi della morale in campo economico è doveroso,
poiché tutti devono lavorare al meglio onde evitare sprechi
di risorse ed il perseguimento del profitto non è condannato
nella misura in cui non diviene l’unico indicatore del processo
produttivo.
Gli imprenditori e i dirigenti – principali attori dello scenario
economico - non dovranno mai dimenticare l’esistenza, accanto
agli obiettivi più che legittimi di efficienza economica, di quegli

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obiettivi socio-morali imprescindibilmente legati al rispetto
della dignità umana. L’utile individuale non deve mai diventare
l’unico obiettivo, in quanto, accanto ad esso, ne esiste un altro
altrettanto fondamentale e superiore, quello dell’utilità sociale.
L’idea che si possa affidare al solo mercato la fornitura di tutte
le categorie di beni non è condivisibile, perché basata su una
visione riduttiva della persona e della società. L’economia deve
essere in grado di permettere la fruizione sia di beni disponibili
che di beni indisponibili connaturati alla natura umana.
Per la Dottrina Sociale, l’economia è solo un aspetto ed
una dimensione della complessa attività umana. Se essa è
assolutizzata, se la produzione ed il consumo delle merci
finiscono con l’occupare il centro della vita sociale e diventano
l’unico valore della società, non subordinato ad alcun altro, la
causa va ricercata non solo e non tanto nel sistema economico
stesso, quanto nel fatto che l’intero sistema socio-culturale,
ignorando la dimensione etica e religiosa, si è indebolito e
ormai si limita solo alla produzione dei beni e dei servizi. La
vita dell’uomo, al pari di quella sociale della collettività, non
può essere ridotta ad una dimensione materialistica anche se
i beni materiali sono estremamente necessari sia ai fini della
pura sopravvivenza, sia per il miglioramento del tenore di vita:
«alla base di ogni sviluppo completo della società umana sta la
crescita del senso di Dio e della conoscenza di sé».

Aldo Canepa e Federica De Guglielmi

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Capitolo Ottavo

La comunità politica

Nell’ottavo capitolo viene affrontato con chiarezza uno degli


aspetti a fondamento della Dottrina Sociale della Chiesa: il
rapporto dei credenti con e nella comunità politica.
Nella Bibbia il prototipo del re scelto è Davide, un re che, nella
fedeltà a Jahvé, governa con saggezza ed opera la giustizia. Nei
Vangeli Gesù, pur rifiutando il potere oppressivo e dispotico dei
capi sulle nazioni, non contesta mai direttamente le autorità del
Suo tempo. San Paolo, infine, definendo i rapporti e i doveri dei
cristiani verso le autorità, insiste sul dovere dell’obbedienza nei
confronti di queste che fanno rispettare la giustizia assicurando
il bene comune ed esortando la preghiera per i governanti.
E’ la persona umana il fondamento ed il fine della comunità
politica. Quest’ultima, infatti, scaturisce dalla convivenza dei
singoli in un popolo caratterizzato, in un primo luogo, dalla
condivisione di vita e di valori che è fonte di comunione a livello
spirituale e morale. Bisogna quindi adoperarsi, innanzitutto,
per il riconoscimento e il rispetto della dignità della persona
umana mediante la tutela e la promozione dei suoi diritti
fondamentali e inalienabili. La comunità politica persegue il
bene comune operando per la creazione di un ambiente umano
in cui ai cittadini sia offerta la possibilità di un reale esercizio
dei diritti umani e di un pieno adempimento dei relativi doveri a
piena realizzazione del bene comune. E’ giusto quindi richiedere
che la comunità politica sviluppi, nell’ambito dei diritti umani,
una duplice e complementare azione di difesa e di promozione.
Si deve, però, evitare che, attraverso la preferenza data
alla tutela dei diritti di alcuni, si creino posizioni di privilegio.
L’obiettivo che i credenti devono porsi è la realizzazione di
rapporti comunitari fra le persone, conferendo il massimo
rilievo al valore della comunità sia come modello organizzativo
della convivenza, sia come stile di vita quotidiana.
L’autorità politica è lo strumento di coordinamento e di
direzione mediante il quale i singoli si devono orientare verso un
ordine le cui relazioni, istituzioni e procedure siano al servizio

• 22
della crescita umana integrale. Oggetto dell’autorità politica è
il popolo che, in varie forme, trasferisce l’esercizio della sua
sovranità a coloro che liberamente elegge suoi rappresentanti
ed obiettivo della stessa è quello di emanare leggi giuste, cioè
conformi alla dignità della persona umana.
Per la Dottrina Sociale, il singolo cittadino non deve, in coscienza,
seguire le prescrizioni delle autorità civili contrarie alla legge
naturale o agli insegnamenti del Vangelo; essa indica anzi come
grave non prestare collaborazione a tali prescrizioni.
Nell’enciclica “Centesimus annus” viene espresso ampio
apprezzamento per il sistema democratico, in quanto questo
assicura ampia partecipazione alle scelte politiche e garantisce
ai governati la possibilità sia di eleggere che di controllare i
propri governanti. Agli eletti viene chiesto di impegnarsi nella
ricerca e nell’attuazione di ciò che può giovare al buon andamento
della convivenza civile non sottovalutando la dimensione morale
del loro compito di rappresentanza. Ai partiti politici viene dato
il compito di favorire una partecipazione diffusa e l’accesso di
tutti a pubbliche responsabilità.
Grande attenzione deve essere data all’informazione ed ai mass
media che sono tra i principali strumenti di partecipazione
democratica. Infine, viene richiesto al sistema democratico di
impegnarsi per la tutela e promozione della libertà religiosa che
è uno dei diritti umani fondamentali. Viene auspicata una stretta
collaborazione tra Chiesa Cattolica e comunità politica partendo
dal presupposto del reciproco riconoscimento ed autonomia. La
Chiesa e la comunità politica possono svolgere il loro servizio a
vantaggio di tutti in maniera tanto più efficace quanto meglio
entrambe allacciano tra loro una sana collaborazione.

Maurizio Casalegno

23 •
Capitolo Nono

La comunità internazionale

Il concetto di comunità internazionale nella Dottrina Sociale


della Chiesa fa riferimento diretto a quello di famiglia umana:
i popoli della terra sono membri di un’unica famiglia che opera
per la realizzazione del bene comune, esattamente come avviene
nell’ambito familiare e nazionale.
Tutti gli uomini sono quindi accomunati dal fatto di essere
creature divine, con le quali Dio, dai tempi di Adamo, ha rinnovato
la Sua Alleanza, fino a donare il Suo Figlio quale “testimonianza
definitiva di amore” manifestata nella Croce. E proprio nella
Croce si realizza l’abbattimento di tutte le barriere di inimicizia:
alla luce di Cristo tutta la famiglia umana è unita e tale unità va
perseguita non con la forza delle armi, ma secondo principi di
verità, giustizia, solidarietà e libertà.
La dimensione internazionale della Chiesa, d’altra parte, si
manifesta chiaramente attraverso il dono dello Spirito, che
dal giorno di Pentecoste ha reso possibile l’annuncio della
Resurrezione ai diversi popoli che l’hanno compreso ciascuno
nella propria lingua.
Per garantire l’ordine internazionale, il rapporto tra le nazioni
deve essere regolato dalla stessa legge morale che regge la
vita degli uomini. Si tratta di quel diritto naturale che sancisce
principi universali anteriori e superiori al diritto interno
degli stati ovvero: l’unità del genere umano, l’uguaglianza in
dignità di ogni popolo, il rifiuto della guerra, l’obbligazione di
cooperare per il bene comune, l’esigenza di tenere fede agli
impegni sottoscritti. Il Magistero della Chiesa riconosce poi,
quali strumenti della legalità internazionale, la trattativa, il
negoziato, l’arbitrato.
La Dottrina Sociale si sofferma sul concetto di sovranità
nazionale, che deve essere salvaguardata e garantita come
espressione di libertà dei popoli; tuttavia, per la convivenza
pacifica tra gli stati, si rende necessaria un’autorità politica
“regolata dal diritto, ordinata al bene comune e rispettosa del
principio di sussidiarietà”. Suo compito sarà quindi agire per

• 24
garantire alle singole comunità politiche lo spazio di azione loro
proprio.
Per questo motivo, “la Dottrina Sociale considera positivamente
il ruolo delle organizzazioni inter-governative”, nate con
l’obiettivo di perseguire la pace e l’uguaglianza tra i popoli,
anche e soprattutto nell’attuale era della globalizzazione.
Sottosviluppo, cooperazione e lotta alla povertà sono i temi
scottanti di cui il Magistero della Chiesa invita ad occuparsi
“con determinazione ferma e perseverante”, in quanto lo
sviluppo è, prima di tutto, un diritto che deve essere garantito
alle persone. E dalle persone bisogna partire per combattere
il sottosviluppo: l’accesso equo al mercato internazionale,
infatti, si ottiene puntando alla valorizzazione delle risorse
umane. Sottosviluppo e povertà vanno affrontati riaffermando
i principi della solidarietà e della sussidiarietà.
In ogni caso, ai poveri si deve guardare “non come ad un
problema” – dice la Chiesa – “ma come a coloro che possono
diventare soggetti protagonisti di un futuro nuovo e più umano
per tutto il mondo”.

Federica Gallamini

25 •
Capitolo Decimo

Salvaguardare l’ambiente

La Sacra Scrittura si apre con il libro della Genesi, ove troviamo  la
storia della creazione del mondo. Per ogni  elemento creato, Dio
“vide che era cosa buona”. Dio affida all’uomo la responsabilità
di tutto il creato, il compito di tutelarne l’integrità, l’armonia e
lo sviluppo: il cristiano è perciò chiamato a sapersi avvalere del
mondo e delle sue risorse quale opera dell’azione creatrice di
Dio, in condivisione e fraternità.
Il mandato che l’uomo ha ricevuto è, dunque, quello di governare
il mondo e quanto esso contiene in santità e giustizia: la
scienza e la tecnica, espressione del progresso dell’intelligenza
dell’uomo,   sono, pertanto, estremamente apprezzate dalla
Chiesa.
Tuttavia, il meraviglioso prodotto dell’intelligenza e del progresso
umano non é neutro; talvolta accade che sviluppo tecnologico e
scientifico vengano indiscriminatamente  manipolati da ideologie
egoistiche che cercano di insinuare l’idea che l’uomo ed il creato
non abbiano alcuna relazione con Dio, e possano, o debbano,
prescinderne.
Dimenticandoci di essere creature del Padre, che ci ha donato
il mondo perché ne facessimo un uso giusto e lo condividessimo,
rischiamo di amministrare in modo sconsiderato le risorse
naturali, con la conseguenza di tramandare anche alle generazioni
future un mondo sempre più povero e sofferente. Ciò che deve
orientarci è, dunque, il principio di destinazione universale dei
beni: esiste, infatti, uno stretto legame tra sviluppo dei paesi
più poveri ed un uso sostenibile dell’ambiente, ed ogni sforzo
del cristiano deve mirare ad una equa ripartizione dei beni e
delle risorse.
I gravi problemi ecologici ed economici attuali ci chiedono un
effettivo cambiamento di mentalità, che ci induca ad adottare
nuovi stili di vita più sobri, responsabili e consapevoli.  

Stefano Lozza

• 26
Capitolo Undicesimo

Promuovere la pace

La Creazione come riflesso della gloria divina non può che


aspirare alla pace, il creato è “un insieme armonico, buono in ogni
sua parte”. La pace è sia un dono di Dio che un progetto umano
conforme al disegno divino, ma l’uomo con il suo atto volontario
di alterare l’ordine divino fa conoscere al mondo, nei rapporti
sociali e interpersonali, la divisione e la violenza.
Nell’Antico Testamento ricorre con insistenza la promessa
di pace, che si manifesta nella persona di Gesù: “Egli (…)
ha abbattuto il muro divisorio dell’inimicizia tra gli uomini
riconciliandoli con Dio” (S. Paolo Ef 2,14-16).
La pace è il bene messianico per eccellenza in cui vengono
compresi tutti gli altri beni salvifici. Tale valore si deve
estendere nelle varie forme di aggregazione, nelle famiglie,
fino a coinvolgere l’intera comunità politica. La Chiesa, con la
convinzione della fede in Cristo e con piena consapevolezza
della sua missione, afferma infatti, nella sua Dottrina Sociale,
che la violenza come soluzione ai problemi è inaccettabile e che
la violenza è indegna nell’uomo.
Uno dei più grandi fallimenti della pace si manifesta nella
guerra, definita “il fallimento di ogni autentico umanesimo”, “una
sconfitta dell’umanità”. Con tali affermazioni è evidente che un
conflitto armato non causa solo danni materiali, ma anche morali.
Spesso le cause che stanno all’origine di un conflitto bellico sono
legate a situazioni di miseria, di ingiustizia, di sfruttamento.
La parola “sviluppo” può essere usata come sinonimo di pace:
“come esiste la responsabilità collettiva di evitare la guerra ,
così esiste la responsabilità collettiva di promuovere lo sviluppo”.
Nel tragico caso in cui uno stato venga aggredito, i suoi
responsabili hanno il diritto di organizzare la difesa anche
con l’uso delle armi; l’uso della forza per essere lecito
deve rispondere a rigorose condizioni: “il danno causato
dall’aggressore alla nazione o alla comunità delle nazioni sia
durevole, grave e certo; (…) tutti gli altri mezzi per porvi fine
si siano rivelati impraticabili o inefficaci; (…) ci siano fondate

27 •
condizioni di successo; (…) il ricorso alle armi non provochi mali
e disordini più gravi da eliminare”.
La legittima difesa giustifica l’esistenza negli stati delle forze
armate, la cui azione deve essere posta al servizio della pace;
ogni persona che presta servizio nelle forze armate è chiamata
a difendere il bene, la verità, e la giustizia nel mondo.
La meta della Dottrina Sociale Cattolica è “disarmo generale,
equilibrato e controllato”; l’aumento incontrollato delle armi
rappresenta, infatti, una grave minaccia alla pace. Il principio
in virtù del quale uno stato deve possedere unicamente i mezzi
necessari per la sua legittima difesa deve essere applicato a
tutti gli stati poiché l’accumulo di armi e il loro commercio non
sono giustificati moralmente.
Va, inoltre, denunciato con forza l’utilizzo di bambini e
adolescenti-soldato, ovvero bambini cui viene rubata l’infanzia
per essere addestrati ad uccidere: “bisogna fornire tutto l’aiuto
possibile per la cura, l’educazione e la riabilitazione di coloro che
sono stati coinvolti nei combattimenti. La Chiesa “lotta” per la
pace attraverso la preghiera, essa “apre il cuore non solo ad un
profondo rapporto con Dio, ma anche all’incontro con il prossimo
all’insegna del rispetto, della fiducia, della comprensione, della
stima e dell’amore”.

Nadia Massa

• 28
Capitolo Dodicesimo

Dottrina Sociale e azione ecclesiale

La Chiesa, con la sua Dottrina Sociale, offre una visione


integrale ed una piena comprensione dell’uomo nella sua
dimensione personale e sociale. La “nuova evangelizzazione” di
cui il mondo moderno ha urgente necessità, deve annoverare tra
le sue componenti essenziali l’annuncio della Dottrina Sociale
della Chiesa.
Il messaggio sociale del Vangelo deve orientare la Chiesa a
svolgere un duplice compito pastorale: aiutare gli uomini a
scoprire la verità e a scegliere la via da seguire; incoraggiare
l’impegno dei cristiani a testimoniare, con sollecitudine di
servizio, il Vangelo in campo sociale. Il bisogno di una nuova
evangelizzazione fa comprendere alla Chiesa “che il suo
messaggio sociale troverà credibilità nella testimonianza delle
opere, prima che nella sua coerenza e logica interna”.
L’azione pastorale della Chiesa in ambito sociale deve
testimoniare anzitutto la verità sull’uomo.
Dall’esigenza di promuovere l’integrale identità dell’uomo ed
il principio fondamentale della sua centralità, scaturisce la
proposta di quei grandi valori che presiedono ad una convivenza
ordinata e feconda: verità, giustizia, amore, libertà. La
Dottrina Sociale è un punto di riferimento indispensabile per
una formazione cristiana completa.
Il primo livello dell’opera formativa rivolta ai cristiani laici deve
renderli capaci di affrontare efficacemente i compiti quotidiani
negli ambiti culturali, sociali, economici e politici, sviluppando in
loro il senso del dovere praticato al servizio del bene comune.
Un secondo livello riguarda la formazione della coscienza
politica per preparare i cristiani laici all’esercizio del potere
politico: “Coloro che sono o possono diventare idonei per la
carriera politica, difficile ma insieme nobilissima, vi si preparino
e cerchino di seguirla senza badare al proprio interesse e al
vantaggio materiale”.
Non meno rilevante deve essere l’impegno ad utilizzare la
Dottrina Sociale nella formazione dei presbiteri e dei candidati

29 •
al sacerdozio.
La Dottrina Sociale è, infatti, un efficace strumento di dialogo
e collaborazione.
I fedeli laici devono fortificare la loro vita spirituale e morale
maturando le competenze richieste per lo svolgimento dei propri
doveri sociali. La presenza del fedele laico in campo sociale è
caratterizzata dal servizio, segno ed espressione della carità:
il servizio alla persona umana (dignità come inviolabile diritto
alla vita, come riconoscimento della dimensione religiosa; diritto
alla libertà di coscienza e alla libertà religiosa ed impegno a
difendere il matrimonio e la famiglia), il servizio alla cultura
(dimensione etica della cultura; impegno per l’educazione e
la formazione; questione essenziale della verità) il servizio
all’economia (dignità dell’uomo e dei popoli; le legittime
esigenze dell’efficienza economica armonizzate con quelle della
partecipazione politica e della giustizia sociale), il servizio alla
politica.
L’impegno politico dei cattolici è spesso messo in relazione
alla laicità, ossia la distinzione tra la sfera politica e quella
religiosa. Tale distinzione “è un valore acquisito e riconosciuto
dalla Chiesa e appartiene al patrimonio di civiltà che è stato
raggiunto”. La dottrina morale cattolica, tuttavia, esclude
nettamente la prospettiva di una laicità intesa come autonomia
dalla legge morale: «La “laicità”, infatti, indica in primo luogo
l’atteggiamento di chi rispetta le verità che scaturiscono dalla
conoscenza naturale sull’uomo che vive in società, anche se
tali verità siano nello stesso tempo insegnate da una religione
specifica, poiché la verità è una».
Cercare sinceramente la verità, promuovere e difendere con
mezzi leciti le verità morali riguardanti la vita sociale – la
giustizia, la libertà, il rispetto della vita e degli altri diritti della
persona – è diritto e dovere di tutti i membri di una comunità
sociale e politica.

Simonetta Saveri

• 30
Conclusione

Per una civiltà dell’amore

Nel Compendio della Dottrina Sociale della Chiesa, dopo


l’ultimo capitolo, c’è una conclusione dal titolo “Per una civiltà
dell’amore”. Essa dapprima mette a fuoco in che cosa possa
essere d’aiuto la Chiesa riguardo al bisogno di fondo dell’uomo
contemporaneo, poi mette in luce tre dimensioni basandosi sulle
tre virtù teologali: la fede, la speranza e la carità.
Veniamo al primo punto. Il Compendio nota come “un nuovo bisogno
di senso” sia diffusamente avvertito e vissuto nella nostra
società contemporanea. Senza la risposta alla domanda di senso
è vano il progettare nell’ambito della società. Il Compendio rileva
in modo molto acuto che, a fronte di una società che sembra
proporre una sorta di “paradiso terrestre” come obiettivo dei
suoi cittadini, si nota come le società in cui il tenore di vita è più
alto siano quelle che maggiormente rivelano un crescente senso
di soddisfazione. Questo fa volgere lo sguardo in una direzione
differente e fa capire che la Chiesa ha qualcosa da dare all’uomo
di oggi. Infatti, il Concilio Vaticano II ha detto che la missione
della Chiesa nel mondo contemporaneo consiste nell’aiutare
ogni essere umano a scoprire in Dio il significato ultimo della
sua esistenza: “soltanto Dio […] può offrire agli interrogativi
umani più radicali una risposta pienamente adeguata”.
A questo punto ci sono tre piste teologali: la prima è “ripartire
dalla fede in Cristo”. Perché dalla fede? Perché “la dimensione
teologica risulta necessaria sia per interpretare che per
risolvere gli attuali problemi della convivenza umana”. Infatti,
in molti problemi dell’umanità ci sono delle cause culturali
“collegate cioè con visioni dell’uomo, della società e del mondo.
In realtà, al cuore della questione culturale sta il senso morale,
che a sua volta si fonda e si compie nel senso religioso”.
Il Compendio ci ricorda che saremo salvati non da una qualche
formula magica, ma da una Persona, Cristo, e ci rammenta la
certezza che Egli ci infonde quando ci dice: “Io sono con voi
tutti i giorni!”. In questa prospettiva, seconda pista teologale,
“la Chiesa insegna all’uomo che Dio gli offre la reale possibilità
di superare il male e di raggiungere il bene”, da cui la speranza.

31 •
Il mondo non resta chiuso in sé stesso, ma è aperto al Regno di
Dio. La speranza cristiana imprime un grande slancio all’impegno
in campo sociale, infondendo fiducia nella possibilità di costruire
un mondo migliore.
Si arriva, così, alla terza pista: quella della carità, che dà il
nome alle conclusioni: “Costruire la «civiltà dell’amore»”.
E qui il Compendio fa un piccolo riassunto: “Finalità immediata
della Dottrina Sociale è quella di proporre i principi e i valori
che possono sorreggere una società degna dell’uomo. Tra questi
principi, quello della solidarietà in qualche misura comprende
tutti gli altri: esso costituisce «uno dei principi basilari della
concezione cristiana dell’organizzazione sociale e politica»”.
Tale principio viene illuminato dal primato della carità che è il
segno distintivo dei discepoli di Cristo: il comportamento della
persona è pienamente umano quando nasce dall’amore, manifesta
l’amore ed è ordinato all’amore. Il Compendio ricorda che l’amore
deve essere presente e penetrare tutti i rapporti sociali. Non
solo. Bisogna anche rivalutare l’amore nella vita sociale – a livello
politico, economico, culturale – facendone la norma costante e
suprema dell’agire. Infatti, il cristiano sa che l’amore è il motivo
per cui Dio entra in rapporto con l’uomo. Il Compendio sottolinea,
infine, che “solo la carità può cambiare completamente l’uomo”.
E lo fa non con una spiritualità disincarnata, ma calata nella
realtà terrena.
Il testo conclude con una citazione di S. Teresa del Bambino
Gesù: “Alla sera di questa vita comparirò davanti a Te con le
mani vuote; infatti non ti chiedo, o Signore, di tener conto delle
mie opere. Tutte le nostre giustizie non sono senza macchie ai
tuoi occhi. Voglio perciò rivestirmi della tua giustizia e ricevere
dal tuo amore l’eterno possesso di te stesso”.
Con questo gli articoli del “Gruppo Giovani-Adulti” del Centro
San Matteo giungono al termine. Speriamo di avere fatto cosa
gradita presentando il Compendio della Dottrina Sociale della
Chiesa e di aver fatto venire la voglia a qualcuno di leggerlo,
perché merita!

Don Guido Gallese

• 32
Indice

Prefazione
AlbertoTanasini pag. 3
Vescovo Delegato della C.E.L. per la Pastorale Giovanile

Introduzione
Un umanesimo integrale e solidale pag. 5
Simonetta Saveri

Parte Prima
• Capitolo Primo
Il disegno di Amore di Dio per l’umanità pag. 6
Maria Giulia Grondona

• Capitolo Secondo
Missione della Chiesa e Dottrina Sociale pag. 8
Nadia Massa

• Capitolo Terzo
La persona umana e i suoi diritti pag. 10
Stefano e Enrica Lozza

• Capitolo Quarto
I principi della Dottrina Sociale della Chiesa pag. 12
Matilde Tarditi

Parte Seconda
• Capitolo Quinto
La famiglia cellula vitale della società pag. 14
Teresa Finelli e Enrica Mezzani

• Capitolo Sesto
Il lavoro umano pag. 16
Enrica Avena e Sauro Donati

• Capitolo Settimo
La vita economica pag. 18
Aldo Canepa e Federica De Guglielmi

• Capitolo Ottavo
La comunità politica pag. 20
Maurizio Casalegno
• Capitolo Nono
La comunità internazionale pag. 22
Federica Gallamini

• Capitolo Decimo
Salvaguardare l’ambiente pag. 24
Stefano Lozza

• Capitolo Undicesimo
Promuovere la pace pag. 25
Nadia Massa

• Capitolo Dodicesimo
pag. 27
Dottrina Sociale e azione ecclesiale
Simonetta Saveri

Conclusione
Per una civiltà dell’amore pag. 29
Don Guido Gallese

Finito di stampare nel mese di gennaio 2010

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