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Il proemio dell'Orlando innamorato

(Orlando innamorato, I, I, 1-8)


L'autore enuncia il tema dell'opera sottolineando subito la novità, ovvero il fatto che il campione cristiano Orlando si è innamorato e ha compiuto grandi
imprese militari non per la fede ma per la sua donna, fatto non noto poiché tenuto nascosto da Turpino (il leggendario vescovo-guerriero cui si attribuiva
una cronaca delle storie dei paladini). L'enunciazione della materia prosegue con la presentazione di Gradasso, re indiano che sta marciando verso Occidente
con un'armata nel tentativo di conquistare il regno di Carlo Magno, cosa che verrà narrata più avanti in questo libro; intanto il sovrano franco ha radunato
alla corte di Parigi tutti i guerrieri cristiani e saraceni, essendo stata proclamata una tregua in occasione della Pentecoste.

1
Signori e cavallier che ve adunati Signori e cavalieri che siete radunati qui per ascoltare storie nuove e
Per odir cose dilettose e nove, piacevoli, state attenti e silenziosi e ascoltate la bella storia narrata dal mio
Stati attenti e quïeti, ed ascoltati canto; e vedrete le gesta eroiche, le grandi fatiche e le prove straordinarie che
La bella istoria che ’l mio canto muove; il franco Orlando fece per amore, nel tempo dell'imperatore Carlo Magno.
E vedereti i gesti smisurati,
L’alta fatica e le mirabil prove
Che fece il franco Orlando per amore
Nel tempo del re Carlo imperatore.

2 Non vi sembri strano, signori, sentir cantare di Orlando innamorato, poiché


Non vi par già, signor, meraviglioso chiunque al mondo è più orgoglioso è vinto e del tutto sopraffatto dall'amore;
Odir cantar de Orlando inamorato, né un valoroso braccio, né un gran coraggio, né uno scudo o una corazza, né
Ché qualunche nel mondo è più orgoglioso, una spada affilata, né nessun'altra potenza può difendersi e impedire che
È da Amor vinto, al tutto subiugato; l'Amore la sconfigga e la vinca.
Né forte braccio, né ardire animoso,
Né scudo o maglia, né brando affilato,
Né altra possanza può mai far diffesa,
Che al fin non sia da Amor battuta e presa.
3 Questa storia è conosciuta da pochi, perché lo stesso Turpino la tenne
Questa novella è nota a poca gente, nascosta, credendo forse che ciò che scriveva potesse dispiacere a quel conte
Perché Turpino istesso la nascose, valoroso [Orlando], dal momento che colui che vinse tutto e tutti fu sconfitto
Credendo forse a quel conte valente da Amore: parlo di Orlando, il valoroso cavaliere. Basta con le parole,
Esser le sue scritture dispettose, veniamo ai fatti.
Poi che contra ad Amor pur fu perdente
Colui che vinse tutte l’altre cose:
Dico di Orlando, il cavalliero adatto.
Non più parole ormai, veniamo al fatto.
La vera storia di Turpino narra che in Oriente, oltre l'India, regnava un grande
4 e nobile re, tanto ricco e dotato di un dominio così potente, e così fisicamente
La vera istoria di Turpin ragiona prestante, che disprezzava tutto il mondo: quel sovrano si chiama Gradasso, e
Che regnava in la terra de orïente, ha un cuore di drago e un corpo da gigante.
Di là da l’India, un gran re di corona,
Di stato e de ricchezze sì potente
E sì gagliardo de la sua persona,
Che tutto il mondo stimava nïente:
Gradasso nome avea quello amirante,
Che ha cor di drago e membra di gigante.
E come avviene di solito ai gran signori, che vogliono quello che non possono
5 avere, e quanto maggiori son le difficoltà a ottenere la cosa desiderata, tanto
E sì come egli avviene a’ gran signori, più espongono il loro regno a grandi rischi, e non possono possedere ciò che
Che pur quel voglion che non ponno avere, vogliono; così quel pagano gagliardo voleva solo Durindana [la spada di
E quanto son difficultà maggiori Orlando] e il buon destriero Baiardo [il cavallo di Ranaldo].
La desïata cosa ad ottenere,
Pongono il regno spesso in grandi errori,
Né posson quel che voglion possedere;
Così bramava quel pagan gagliardo
Sol Durindana e ’l bon destrier Baiardo. Allora fece radunare uomini armati per tutto il suo territorio, poiché sapeva di
non poter acquistare col denaro né la spada né il cavallo; i loro possessori
6 [Orlando e Ranaldo] erano due mercanti che vendevano le loro merci a caro
Unde per tutto il suo gran tenitoro prezzo: perciò decide di passare in Francia e conquistarle con la potenza
Fece la gente ne l’arme asembrare, militare.
Ché ben sapeva lui che per tesoro
Né il brando, né il corsier puote acquistare;
Duo mercadanti erano coloro
Che vendean le sue merce troppo care:
Però destina di passare in Franza Scelse cinquantamila cavalieri da tutto il suo popolo; né si preoccupava di
Ed acquistarle con sua gran possanza. usarli, poiché lui solo si vantava di combattere contro re Carlo e tutti i
guerrieri di fede cristiana; e lui si vanta di vincere e conquistare tutto ciò che
7 illuminato dal sole e bagnato dal mare.
Cento cinquanta millia cavallieri
Elesse di sua gente tutta quanta;
Né questi adoperar facea pensieri,
Perché lui solo a combatter se avanta
Contra al re Carlo ed a tutti guerreri
Che son credenti in nostra fede santa;
E lui soletto vincere e disfare Ma lasciamo costoro che vanno per mare, infatti sentirete a suo tempo
Quanto il sol vede e quanto cinge il mare. quando arriveranno; e ritorniamo in Francia da Carlo Magno, che raduna e
conta i suoi nobili baroni; comanda che ogni principe cristiano, ogni duca e
8 signore si affronti davanti a lui in un torneo che aveva allestito nel mese di
Lassiam costor che a vella se ne vano, maggio, nella Pasqua rosata [la festa della Pentecoste].
Che sentirete poi ben la sua gionta;
E ritornamo in Francia a Carlo Mano,
Che e soi magni baron provede e conta;
Imperò che ogni principe cristiano,
Ogni duca e signore a lui se afronta
Per una giostra che aveva ordinata
Allor di maggio, alla pasqua rosata.

Interpretazione complessiva
• Il poema si apre con un'allocuzione dell'autore al suo pubblico di corte, designato con l'epiteto "Signori e cavallier" cui egli si rivolge per narrare le
vicende del paladini come fosse un cantastorie e rifacendosi alla tradizione dei "cantari" medievali: sappiamo che il poema veniva letto
pubblicamente alla corte di Ferrara man mano che i canti venivano completati, dunque l'appello ai lettori-ascoltatori ha un fondamento realistico,
anche se è indubbio che l'opera fosse destinata alla stampa e tale esordio rientrava in una "maniera" letteraria consapevolmente usata dallo
scrittore. Boiardo sottolinea subito l'assoluta novità del poema, ovvero la trasformazione del paladino Orlando da "eroe della fede" quale appariva
nelle chansons de geste a uomo innamorato, chiarendo che l'amore vince su tutto e sarà la molla dell'azione epica del poema; l'autore si rifà
certamente allo Stilnovo riletto alla luce del platonismo quattrocentesco, ma anche al motivo dell'amor omnia vincit della lett. classica, in particolare
delle Egloghe di Virgilio (X, 69). Attribuisce la novità della materia al fatto che Turpino, il leggendario autore di una cronaca delle vicende dei
paladini, avrebbe nascosto questo particolare della vita di Orlando, per non nuocere alla sua reputazione di guerriero della fede. L'oggetto del
desiderio di Orlando sarà la bella Angelica, il personaggio creato da Boiardo che farà la sua apparizione di lì a poco, in occasione del torneo della
"Pasqua rosata".
• Prima di entrare nel vivo del racconto, Boiardo anticipa un ulteriore sviluppo narrativo del poema e cioè l'invasione da parte del re indiano Gradasso
del territorio di Francia, nel tentativo di impadronirsi della spada di Orlando (Durindana, la celebre Durendal della tradizione carolingia) e del cavallo
di Ranaldo (Baiardo): il re pagano sarà protagonista anche dell'Orlando furioso, in cui parteciperà al duello famoso di Lipadusa e ucciderà
Brandimarte, prima di essere a sua volta ucciso da Orlando. Dopo questa anticipazione l'autore introduce la corte di Carlo Magno a Parigi, dove il
sovrano ha indetto un torneo cavalleresco in occasione della Pentecoste (la "Pasqua rosata") cui prendono parte cristiani e saraceni, avendo sospeso
le ostilità in seguito a una sorta di tregua; poche ottave dopo farà la sua apparizione Angelica, in compagnia del fratello Argalìa e scortata da
quattro giganti, giunta dal Catai per mettere in atto un piano malvagio

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