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Riassunto sulle istitutiones: Studi e ritrovamenti.

A seguito dello spostamento dei manoscritti e vari codici, Agostino Rezzani pensò di
porre mano ad una loro catalogazione, avvenuta Sicuramente nel 1625.
La collocazione dei manoscritti ed una certa altezza permetteva di salvaguardarli da un
eventuale piena dell'Adige, tuttavia il fatto che i libri siano stati impostati all'interno di
quasi un posto segreto può far pensare che tale collocazione rispondesse anche
all'esigenza di salvaguardarli da possibili incursioni soldatesche nemiche.
Il loro smarrimento si deve al fatto che nel 1630 con l'arrivo della peste, Agostino
Rezzani come molti altri canonici si ammalò e morì.
la Canonica restò abbandonata e nessuno fu a conoscenza del luogo dove i manoscritti
erano stati spostati.

SCIPIONE MAFFEI

Nel 1712 vennero recuperati dal letterato Scipione Maffei. egli dopo aver compiuto una
serie di indagini senza arrivare ad alcun risultato incaricò Carinelli di frugare in tutti gli
armadi della capitolare e di verificare se vi fosse anche il resto degli altri codici.
Trascorsi pochi giorni Carinelli fu lieto di comunicare a Maffei dove fosse Il nascondiglio
di tali codici collocati sopra un armadio.
Ricevuta la notizia, si dice che Scipione Maffei si sarebbe precipitato alla capitolare in
pantofole e veste da notte e che non arrivò in capitolare salì su una scala e iniziò a
rimuovere alcuni oggetti di scarso valore che coprivano un vano ricolmo di codici
antichi, tra cui anche quello contenente le istituzioni di Gaio.
il Canonico Carinelli ordinò che tutti i codici fossero estratti dalla tomba in cui furuno
nascosti così da essere collocati e disposti In modo tale da consentire a Maffei di poterli
esaminare. Dopo qualche tempo si consentì al Marchese di poter portare a casa propria
un certo numero di essi affinché li potesse studiare a piacimento.
lo studio Veronese aveva in mente un ambizioso progetto che prevedeva un catalogo
dei manoscritti della biblioteca capitolare e di tutte le biblioteche di Verona.
Maffei in tal modo potè imbattersi in alcune pergamene di contenuto giuridico.
Egli, che non era esperto di diritto, fu in grado di cogliere bene il grande valore che
avevano alcune di quelle carte sciolte che aveva avuto occasione di esaminare e nel 1742
all'interno degli opuscoli ecclesiastici, Maffei tornò a occuparsi delle pergamene.
All'interno degli opuscoli ecclesiastici incontriamo una descrizione dei frammenti che
erano contenute in esso.
Si trattava del frammento sul diritto fiscale costituito da due fogli non rescritti in doppia
colonna contenente un testo in materia fiscale.
Ancora contenuti al suo interno troviamo un frammento delle prescrizioni e gli
interdetti, l'unico foglio completamente non rescritto del codice XV (13).
Dei due frammenti, il frammento singolare delle prescrizioni e interdetti è senza dubbio
quello di maggiore valore, perché, conteneva alcuni paragrafi delle istituzioni di Gaio.
Scipione Maffei dopo aver menzionato e descritto il frammento, gli fece una grande,
ma non completa trascrizione dei passi che vi erano contenuti.
Di certo il suo lavoro non era preciso, perché i brani trascritti non seguono fedelmente
l'ordine che avevano nell'originale.
Possiamo però dire che si tratta tuttavia della prima preziosissima trascrizione di un
documento che conteneva un lunghissimo brano delle istituzioni gaiane.
Ai tempi di Maffei pareva quasi impossibile l'applicazione di reagenti indispensabili per
ravvivare le antiche scritture sommerse.
Non è quindi la trascuratezza o lo scarso interesse per quei caratteri a rendere inerte
Maffei, ma semplicemente l'impossibilità di poter utilizzare qualsiasi tipo di sostanza
chimica.
Maffei, quindi, trovatosi al cospetto di un codice rescritto si comportò come qualsiasi
studioso avrebbe fatto: Si concentrò a studiare la scrittura superiore e a dar conto
dell'esistenza di quella sottostante di cui però non era possibile decifrare il contenuto.
Scipione Maffei morì nel 1755 e nel proprio testamento, Il marchese decise di lasciare
tutti i suoi manoscritti in piena potestà al capitolo, affinché fossero conservati assieme a
quegli antichi codici che per larga parte della sua vita aveva studiato.
L'opera fu portata a termine nel 1788 e in onore al fondamentale ruolo svolto dagli studi
di Maffei, gli fu dato un grande titolo.
Il letterato aveva intrapreso un grande progetto di collocazione di tutti i codici della
città di Verona suddiviso in due grossi volumi in folio, in cui sono descritti 543 codici
della capitolare. Era solito ricalcare le antiche scritture usando una carta velina
appoggiata alla pergamena. Seguendo tale esempio, Massotti si dedicò alla realizzazione
di facsimili delle diverse scritture degli antichi manoscritti della capitolare, ma
perfezionò la tecnica di riproduzione, non più basata sull'uso di una velina, ma alla
fedele ricopiatura a mano.
Inoltre Massotti non solo completò la le parti del testo che Maffei avevo messo, ma
corresse anche alcune imprecisioni.

DIFFUSIONE DELLA NOTIZIA DELLA SCOPERTA DI MAFFEI.

L’apografo pubblicato da Maffei nell' istoria teologica non passa inosservato in Francia e
le prime tre righe di esso vennero riedite, nel 1757, dai monaci benedettini.
La trascrizione compiuta da tali monaci era incompleta e lievemente imprecisa, ma
forniva importanti indicazioni paleografiche sul brano ritrovato.
Gli studiosi tedeschi erano a conoscenza della grande scoperta di Scipione Maffei e
l'unico foglio non rescritto delle istituzioni di Gaio era dunque stato riedito, anche se in
forma riassunta, sia in Francia che in Germania.
Parecchi decenni dopo la sua prima pubblicazione, la trascrizione del frammento
Veronese attirò finalmente l'attenzione del giurista Christian Gottilieb Haubold.
Egli scoprì che negli opuscoli ecclesiastici, era contenuta l'ampia trascrizione del
frammento eseguita dal letterato Veronese Maffei.
Haubold non solo era a conoscenza del frammento trascritto da Maffei, ma lo stava
studiando in modo approfondito, per realizzare un contributo scientifico di imminente
pubblicazione.
Nonostante fosse consapevole di avere tra le mani il passo di un giurista
pregiustinianeo, non fu in grado di capire che l'autore fosse Gaio.

CARL WITTE, IL BAMBINO PRODIGIO.

A fare delle ricerche tra questi appassionati lettori c'era anche il giovanissimo studioso
Carl Witte che all'epoca era solo un sedicenne, ma entrò subito in possesso di un
curriculum di studi straordinario, avendo già tra le mani due lauree: una in filosofia e
l'altra in diritto
Il ragazzo sostenne di aver condotto studi autonomi su molti tesori Veronesi e pare che,
negli ambienti universitari, avesse fatto circolare la voce dei grandi tesori che potevano
trovarsi a Verona.
Il padre di Witte di certo non si evitò lo scandalo dicendo che prima della scoperta di
Niebuhr, suo figlio avesse già divulgato in ambito accademico la notizia di un vero e
proprio tesoro esistente a Verona e fece nomi e cognomi dei professori e quali era stata
data l'informazione.
L'informazione venne confermata da Haubold, appellando che il ragazzo aveva acquisito
conoscenza del frammento per conto proprio, anche se lo aveva letto nella versione
accorciata del Nouveau traité.
Nonostante la bravura del prodigio, non tutti gli aspetti del suo carattere avevano
raggiunto maturità tale sotto profilo emotivo di un fanciullo che fu incapace di
controllare le proprie emozioni.
Witte, infatti, era molto ingenuo e il suo portare senza mezzi termini le proprie
conoscenze su un determinato argomento a qualsiasi suo interlocutore avrebbe dato
inizio al sorgere di antipatie verso di lui che gli procurarono parecchi guai.
Possiamo ricordare lo scontro che ebbe con Savigny, in vista della abilitazione
all'insegnamento che avrebbe dovuto conseguire a Berlino da lì a poco.
Era noto che Savigni amasse rendere partecipi i suoi alunni degli sviluppi delle proprie
ricerche e fu così che, proprio durante una delle sue lezioni, comunicò ai giovani allievi
il ritrovamento da parte di Niebuhr dei codici presso la biblioteca capitolare di Verona.
Era più che comprensibile il fatto che Savigny, data la situazione, fosse imbarazzato e
infastidito.
si diceva fosse in buona fede, tanto che egli non sapeva alcunché del Nouveau traitè e
dell’istoria teologica di Maffei e non aveva alcun mezzo per difendersi dagli attacchi di
uno sfrontato studente che lo metteva al patibolo, perché le uniche parole su cui poteva
contare erano quelle del resoconto del suo collega in cui tali citazioni apportate da
Witte non vi era traccia.
Le osservazioni del prodigio avevano dunque colpito nel segno, perché riferimenti delle
sue opere erano pressoché esatti.
Il giovane già da tempo era sulle tracce dei “frammenti di prescrizioni e interdetti” e di
certo l'intuito non gli era mancato, poiché colse l'importanza e divulgò a molti
professori l'esistenza di un tesoro Veronese.
Witte fu il primo studioso, dai tempi di Maffei, ad avere individuato un frammento
isolato, risalente al codice, perché il foglio sciolto interamente non riscritto non era
altro che un foglio separatosi dal codice palinsesto delle istituzioni di Gaio.

BARTOLD GEORG NIEBUHR E I RITROVAMENTI NELLA CAPITOLARE.

Nel luglio 1816, Niebuhr partì per l'Italia, a suo malgrado, diretto verso Roma, dove
doveva assumere l'incarico di Ambasciatore del re di Prussia presso la Santa Sede.
All'inizio di settembre 1816, raggiunge Verona dove si trattiene solo 2 giorni presso la
capitolare, ma sono sufficienti per compiere le determinate scoperte di cui parleremo.
Niebuhr sosteneva che il catalogo formulato da Mazzotti gli fosse stato inutile e che non
appena venne aperto l'armadio dei manoscritti, gli cadde tra le mani un volumetto molto
sottile nel quale Dionisi aveva riunito assieme antichi fogli singoli o doppi in pergamena
che erano sparsi.
Egli descrive tutti i suoi ritrovamenti tra cui il codice palinsesto affermando che alcuni
scritti appartenessero ad Ulpiano.
Ovviamente egli non ebbe solo apprezzamenti e le polemiche che lo coinvolsero furono
parecchie, quasi tutte incentrate sul fatto che non avesse dato conto alle opere di Maffei
riportate anche in scritti di altri famosi autori che secondo alcuni esso avrebbe dovuto
conoscere.
Vi è disinformazione alla base dell'operare del filologo prima del suo arrivo a Verona,
perché non conosceva la letteratura e le informazioni non erano ricavabili solo
dall’istoria teologica di Maffei.
Il filologo inizia a raccontare come è ben ritrovato tali codici e inizia il suo discorso
citando Il Canonico Gian Giacomo Dionisi e lodando Antonio Massotti che aveva
realizzato un eccellente catalogo, ma incoerentemente subito dopo mette in dubbio
l'utilità di tali cataloghi. racconta di un armadio che si apre e, all'improvviso, appare un
prezioso volumetto che letteralmente gli cade tra le mani. all'interno di tale volume
possiamo trovare dei testi biblici che non attirano la sua attenzione il suo Occhio che
adesso gli unici due frammenti di natura diversa, nonché giuridica.

GLI STUDI DI SAVIGNY

Savigny dopo aver ricevuto la notizia da Niebuhr si affrettò a comunicare alla comunità
scientifica il grandioso evento, tuttavia si verificò un evento imprevisto: la comparsa di
Witte che, in modo ancora più irriverente, si presentò al cospetto di Savigny citando
un’opera a lui sconosciuta che era indispensabile per dare ufficialmente la notizia del
ritrovamento delle istitutiones gaiane.
Dopo l’incontro avvenuto con il prodigio e l’aver appreso che Haubold stesse lavorando
ad un contributo sul frammento di prescrizioni e interdetti, egli chiese se potesse
disporre di tale lavoro per studiarlo a volontà e solo dopo si sarebbe tranquillamente
dedicato al suo articolo sui famosi ritrovamenti.
A Carl Von Savigny viene riconosciuta la prima attribuzione dell’opera racchiusa nel
palinsesto veronese.
Il primo testo, a dire dello studioso danese Niebuhr, conteneva una pagina delle
istituzioni di Gaio, il secondo testo era da qualificare “di giurista ignoto” e il codice
palinsesto venne attribuito ad Ulpiano.
Savigny si allontanò immediatamente dall’idea del collega, in quanto sosteneva che il
testo contenuto nel codex rescriptus dovesse essere attribuito a Gaio e non a Ulpiano.
Nonostante avesse ancora molti dubbi e avesse gran timore di sbagliare, pubblicò
comunque l’annuncio sul ritrovamento delle istituzioni di Gaio.

SCONTRI TRA NIEBUHR E ALTRI…(mi sto rompendo le palle)

Alcuni tra peggior nemici di Niebuhr furono il conte Lazise Bevilacqua e Hugo, che parlò
subito di un ritrovamento non casuale da parte dello studioso.
Niebuhr, tuttavia ha sempre negato di aver avuto conoscenza dell' istoria teologica
prima del ritrovamento delle istituzioni, affermando che quello studio di Maffei era assai
raro in Germania e che non vi era alcuna copia a Berlino.
A confermare il tutto fu Bluhme che sottolineò la scarsa conoscenza in Germania delle
opere di Maffei e sappiamo che Savigny venne poi a conoscenza dell’storia teologica di
Maffei solo dopo il ritrovamento Veronese grazie alle informazioni ricevute
direttamente da Witte.
I ritrovamenti suscitarono polemiche assai accese fra gli studiosi dell'epoca e le ragioni
sono principalmente due:
● La prima legata all'esistenza degli Studi di Maffei che erano stati pubblicati circa
80 anni prima delle scoperte del filologo Danese e fornivano importanti
informazioni sui tesori Veronesi.
● La seconda ragione è legata al fatto che Niebuhr rivolse critiche pesantissime a
Maffei, ormai scomparso da parecchio tempo e del tutto estraneo alla situazione
nel momento in cui gli altri studiosi gli contestarono l'esistenza di scritti
dell'erudito Veronese che avevano a che fare con i suoi ritrovamenti.
Ricordiamo però che Scipione Maffei meritava il suo successo in quanto nel 1712,
dopo aver ritrovato tutti i più antichi e preziosissimi manoscritti della capitolare,
aveva dato il via ad una serie di studi su di essi.
Infine Maffei, riguardante il più importante tesoro della capitolare costituito dal
codice, era stato il primo a dare notizie della sua caratteristica di codice
palinsesto o riscritto. E’ vero che lo studio non descrisse il contenuto del testo
che vi era racchiuso, ma offrì certamente un'indicazione preziosa ai fini del suo
ritrovamento in quanto tale descrizione è anch'essa contenuta nel catalogo dei
manoscritti della biblioteca capitolare.
Secondo Bevilacqua Lazise, Niebuhr, appena raggiunta la biblioteca capitolare, si
indirizzò immediatamente verso il volume di Dionisi che conteneva la pergamene
sciolte descritte da Maffei.
Credeva fermamente che dopo essersi servito di tali indicazioni e una volta
recuperati i manoscritti, aveva operato un confronto con i frammenti che Maffei
aveva pubblicato negli opuscoli ecclesiastici e che perciò avesse sotto mano una
copia
dell' istoria teologica.
Come già detto in precedenza in molti criticarono le opere di Niebuhr, tra cui
Giuliari, Ippolito Pindemonte (riconobbe espressamente che Maffei e Massotti
erano a conoscenza che il codice fosse rescriptus).
Infine troviamo lo stesso scopritore dei codici ad insultare e criticare Maffei, in
quanto, secondo lui, egli mancava di scarsa serietà.

INIZIO DEI LAVORI DI TRASCRIZIONE.

Savigny oltre a preoccuparsi di diffondere la notizia alla comunità scientifica


degli importanti ritrovamenti, si mise a lavoro per far sì che potessero essere
fatti i nuovi lavori di trascrizione.
Gli studiosi prescelti per la missione Veronese furono l'esperto filologo
Immanuel Bekker, membro dell'Accademia delle Scienze di Berlino e il giovane
professore di diritto romano Johann Friedrich Ludwig Goschen.
Lo stesso Savigny si rivolse alla regia Accademia delle Scienze di Prussia per
ottenere i finanziamenti necessari per la spedizione in Italia e nella seduta del 27
febbraio 1817, la regia Accademia approva la richiesta di coprire le spese di
viaggio e di soggiorno dei due studiosi.
Bekker e Goschen, accompagnati da Zamboni si recarono alla capitolare dove fu
presentato il bibliotecario Guarienti, il quale li accolse gentilmente e stabilì
subito che avrebbero potuto lavorare in biblioteca, sotto i suoi occhi, solamente
per 3 ore al giorno.
Alla capitolare si erano resi conto che i reagenti chimici utilizzati in passato
avessero danneggiato di molto i codici e ora l'atteggiamento dei canonici era di
grande prudenza.
Riguardo il cambiamento di colore del foglio nessuno aveva notato che Niebuhr
avesse applicato forti reagenti, neppure lo stesso Eucherio.
Niebuhr infatti, durante il suo soggiorno Veronese, si era imbattuto in Eucherio
che gli aveva lasciato le mani libere.
Il barone Paul von Lederer, il 26 maggio 1817, delegato provinciale rappresentante
del governo austriaco a Verona, Invia una lettera a Guarenti nella quale lo
invitava ad accogliere amichevolmente i professori Prussiani e così i lavori
vennero svolti tranquillamente.
Il ruolo di Goschen e Bekker era bensì quello di copiare esattamente quegli
scritti che erano stati scoperti da Niebuhr,alla quale Savigny, che aveva pensato
che tale foglio appartenesse al codice palinsesto numero 13, erano state del
tutto confermate, infatti, la scrittura e il numero di righe erano gli stessi.
Il vero tesoro era racchiuso nel Codex che aveva la consistenza di 127 fogli in
pergamena e 125 dei quali erano stati rescritti con le lettere di San Girolamo.
Uno degli ostacoli riscontrati alla decifrazione della scrittura superiore delle
istituzioni di Gaio era proprio quello di decifrare il contenuto il quanto gli antichi
caratteri erano stati grattati o dilavati e che quelle poche righe rimanevano di
senso incompiuto.
I due studiosi intuirono subito che correva l'utilizzo di nuovi reagenti chimici, ma
prima che ne fosse accettato l'uso dovettero aspettare qualche tempo.
In attesa del permesso confermato poco dopo, iniziarono a passare in maniera
isolata la soluzione di noce di galla su ogni linea e questa procedura diede
risultati negativi perché le righe che si formavano lungo ogni tratto spesso
impedivano la lettura.
La seconda difficoltà derivava dal fatto che le righe delle antiche della nuova
scrittura seguivano la stessa direzione e molto spesso si sovrapponevano.
I lavori di trascrizione per il pessimo stato delle pergamene avevano presentato,
fin dai primi istanti, difficoltà molto maggiori di quelle che erano state
preventivate a Berlino sulla base dei resoconti di Niebuhr.
Ulteriori elementi rendevano difficile l'opera di recupero in quanto i due
avevano rapporti molto difficili per via di caratteri molto diversi e di un
approccio metodologico differente.
In aggiunta, fin dall'inizio delle trascrizioni, i due professori si resero conto che
lo scarso numero di ore giornaliere concesse sotto il severo controllo di Guarenti
erano insufficienti per poter concludere il lavoro in tempi ragionevoli e infatti
Goshen e Bekker si rivolsero al Barone von Lederer affinché potesse fare
pressioni sulla biblioteca e così in data 16 giugno 1817, egli scrisse una lettera a
Guarenti chiedendogli di accogliere le richieste avanzate dei trascrittori e di
consentire loro di accedere alla biblioteca anche nelle ore post pranzo.
Per tranquillizzarlo gli chiese di incaricare una persona di sua fiducia che dietro
compenso economico, di cui i due si sarebbero fatti carico, si prestasse alla
sorveglianza pomeridiana e puntualmente le richieste dei professori Prussiani
furono esaudite.
Becker tuttavia, verso metà luglio, decise di lasciare la capitolare per dirigersi alla
biblioteca Ambrosiana di Milano.
L’insoddisfazione del filologo era nota a Savigny che a Berlino, si era già messo in
moto per trovare una persona che fosse disponibile a partire da subito per
Verona e la scelta ricade sullo studente universitario Moritz August Bethmann-
Hollweg.
Nei casi di maggiore difficoltà nella trascrizione, dovei non erano stati in grado di
formare parole che avessero avuto un senso compiuto, si limitarono a raffigurare
esattamente segni che riuscivano a comprendere, affinché tali segni potessero
servire di base ad interpretazioni future.
Purtroppo 18 fogli bis rescripti erano rimasti del tutto indecifrati e su altri 9 o 10
fogli, anch’essi con tre scritture, non si era stato in grado di comprendere che
qualche lettera o tutt'al più qualche parola isolata.
Nonostante ciò l'esito finale era da considerarsi uno straordinario successo e
così l’11 ottobre del 1816 si conclusero i lavori di trascrizione delle istituzioni di
Gaio.

PRIMA EDIZIONE DELLE ISTITUZIONI DI GAIO- Goschen.

La prima edizione delle istituzioni fu pubblicata da Goshen nel 1820.


La stampa dell’edizione critica avvenne in due momenti successivi: nel dicembre
1820 furono pubblicate le prime copie prive di dedica al capitolo Veronese e nella
praefatio redatta da Goschen nel novembre del 1820.
Nella primavera del 1821 furono pubblicati due gruppi di copie: il primo su carta
peggiore era munito della prefazione e il secondo, su carta migliore, munito di
prefazione, indici e tavole.
Come nelle previsioni di Savigny, la pubblicazione delle istituzioni di Gaio aveva
avuto un forte impatto sulla scienza romanistica, con la conseguente apparizione
di numerosi studi in cui si avanzavano frequenti proposte di correzione e
integrazione.
In breve tempo si fece sempre più presente la necessità di una revisione del
testo, cosa che poteva avvenire soltanto attraverso l'opera di collazione fra la
prima edizione della trascrizione del codice XV (13) della capitolare di Verona.
Il compito di portare a termine tale azione fu assunto da un giovane allievo di
Savignyi, nonché Friedrich Von Bluhme.
Egli giunse a Verona nell'estate del 1821 con il principale obiettivo di decifrare
quelle parti del manoscritto che Goschen e Bekker e Bethmann-Hollweg, prima
di lui, non erano riusciti a trascrivere.
Per riuscire nel suo intento, Bluhme aveva bisogno di usare nuovi reagenti
chimici, ma la sostanza da lui ottenuta modificò in maniera vistosa il manoscritto
creando così una sorta di miscela corrosiva che nel corso del tempo ha
deteriorato ulteriormente il manoscritto più di quanto non lo fosse prima.
Furono state espresse critiche taglienti rivolte a Bluhme da Studemund.
In particolare, una delle più feroci riguardava il tipico errore compiuto delle
persone esperte di codici palinsesti, di combinare la lettura dei caratteri del
recto di un foglio con le ombre dei caratteri che trasparivano dal verso.

SECONDA EDIZIONE DELLE ISTITUZIONI DI GAIO- Bluhme.


Le schede di Bluhme contribuirono alla realizzazione della seconda edizione
delle istituzioni stampata nel 1824.
A questa seconda edizione partecipò, pur se nel ruolo di meno collaboratore, George
Edward Huschke, che, negli anni seguenti diventò uno dei più acuti e geniali editori
del testo gaiano.

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