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antologia • fonti a cura di S.

Baragli

Alla scoperta
della Tomba di Tutankhamon
Howard Carter

Nel 1922 l’archeologo britannico Howard Carter sco- conoscere al mondo il “tesoro” di Tutankhamon ne han-
prì, nella Valle dei Re in Egitto, la tomba del faraone Tu- no fatto una sorta di mito legato al fascino dell’Oriente
tankhamon (XVIII Dinastia), la cui camera sepolcrale era antico. Come scrive lo studioso Sergio Donadoni, «il cu-
rimasta inviolata. Il suo appassionato racconto rende par- mulo degli oggetti della tomba del giovane re ha una sua
tecipe il lettore dell’emozione di venire al contatto con gli personalità culturale: la facilità ed eleganza del design si
oggetti appartenuti a una civiltà scomparsa e della curio- affiancano alla sicurezza tecnica in ogni campo e al gusto
sità di capirla nella sua interezza. Sia i racconti legati al ri- saporoso del cromatismo franco, del disegno fluido, della
trovamento, sia le numerose esposizioni che hanno fatto materia preziosa, del simbolo trasparente»1.

Trovammo un corridoio in discesa (non una scala), largo quanto la porta e alto circa due metri e mezzo.
Come avevo già intravisto dal buco fatto nella porta, il corridoio era completamente ostruito con pietra-
me di varia grandezza, proveniente con tutta probabilità dagli scavi originari della tomba. Questo riem-
pimento, al pari della porta, mostrava chiaramente che la tomba era stata più volte aperta e richiusa: la
parte intatta era infatti di schegge rocciose bianche, mentre le chiusure successive erano di pietrame si-
liceo2 più scuro. [...] A metà pomeriggio, una decina di metri dopo la prima porta, ne venne alla luce
una seconda, murata e sigillata, che era una replica pressoché esatta della prima. Le impronte dei sigilli
qui erano meno nitide, ma il segno di Tutankhamen [sic] e quello della necropoli reale erano ancora di-
stinguibili. [...] Pian piano, con una lentezza che ci sembrò esasperante, tutti i detriti che ricoprivano la
parte inferiore della porta furono sgomberati, e infine il muro di chiusura venne interamente alla luce.
Era giunto il momento decisivo. Con mani tremanti praticai un piccolo foro nell’angolo in alto a sini-
stra. [...] Facemmo alcune prove con la candela, per cautelarci contro eventuali fughe di gas, e infine,
ampliando un po’ il foro, vi inserii una candela e scrutai dentro. Lord Carnarvon, lady Evelyn e Callen-
der3 mi stavano alle spalle, in ansiosa attesa. Sulle prime non riuscii a distinguere nulla, perché dalla
stanza veniva un soffio di aria calda che rendeva la fiamma tremolante; poi man mano che i miei occhi si
abituavano al buio, i particolari del locale emersero lentamente dall’oscurità: animali dall’aspetto stra-
no, statue e oro, ovunque il luccichio dell’oro. Per un attimo – che dovette essere sembrato un’eternità a
quanti mi attorniavano – rimasi muto dallo stupore, e quando lord Carnarvon, incapace di attendere ol-
tre, mi chiese ansiosamente: «Riuscite a vedere qualcosa?» fui solo capace di rispondere «Sì, cose mera-
vigliose». Allora il foro fu ampliato ancora un poco, in modo che tutt’e due potessimo vedere, e illumi-
nammo il vano con una torcia elettrica. [...] Man mano che la scena si illuminava, riuscimmo a distin-
guere i singoli oggetti. Anzitutto proprio di fronte a noi c’erano tre grandi giacigli dorati (sin dal primo
istante eravamo consapevoli della loro presenza, ma ci rifiutavamo di credere ai nostri occhi), con i fian-
chi in forma di animali mostruosi dal corpo curiosamente assottigliato, data la loro funzione4, ma con le
teste di un sorprendente realismo. Animali strani in ogni caso, ma come li vedemmo noi in quel mo-
mento, luccicanti nelle tenebre al chiarore della torcia elettrica, come sotto un riflettore, le loro ombre
grottesche proiettate sulla parete, essi apparivano quasi terrificanti. Poi, sulla destra, due statue attiraro-
no la nostra attenzione: erano figure di aspetto regale, alte quanto un uomo e di colore scurissimo, di-
sposte l’una di fronte all’altra come due sentinelle, con sandali e gonnellini d’oro, armate di mazza e di
lancia, e l’immagine protettiva del cobra sacro alta sulla loro fronte.
Queste figure dominavano l’intera scena e i nostri occhi si appuntarono innanzitutto su di esse. Tutt’in-
torno, ammucchiati fin sulle loro teste, v’erano innumerevoli altri oggetti: scrigni dipinti e intarsiati con
arte squisita; vasi di alabastro, alcuni splendidamente scolpiti con disegni a traforo; strani tabernacoli ne-
ri, uno con lo sportello aperto, da cui occhieggiava un grande serpente dorato; mazzi di fiori e di foglie;
letti; sedie magnificamente intagliate; un trono d’oro intarsiato; un cumulo di strani recipienti bianchi a
forma d’uovo; bastoni d’ogni aspetto e dimensione; proprio sotto i nostri occhi, sulla soglia della camera,
una bellissima tazza lotiforme5 di alabastro traslucido; sulla sinistra un disordinato ammasso di cocchi

1 S. Donadoni, L’Egitto, UTET, Torino 1981. narvon, finanziatore dello scavo, sua figlia Evelyn come precisato prima, di giacigli, ci si aspettereb-
2 siliceo: che contiene silice. e l’amico Arthur R. Callender, ingegnere e archi- be una struttura più robusta.
3 Lord Carnarvon, lady Evelyn e Callender: al tetto in pensione. 5 lotiforme: a forma del fiore di loto.
momento della scoperta erano presenti lord Car- 4 dal corpo... data la loro funzione: trattandosi,

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antologia Alla scoperta della Tomba di Tutankhamon

1. Howard Carter apre la porta della terza Camera 2. Ingresso alla Camera funeraria della Tomba di Tutankhamon, 1923.
funeraria della Tomba di Tutankhamon, 1922.

3. Parte del corredo dell’Anticamera della Tomba 4. Howard Carter esamina uno dei tre sarcofagi
di Tutankhamon al momento della scoperta, 1922. di Tutankhamon, 1922.

rovesciati, scintillanti di ori e di intarsi, dietro i quali s’intravedeva un’altra figura regale.
Questi erano alcuni degli oggetti che ci stavano dinanzi. Non saprei dire con certezza se riuscissimo a
distinguerli tutti in una volta, perché eravamo troppo emozionati per osservare ogni cosa accuratamen-
te. Ben presto fra tanto stupore ci accorgemmo che in quella confusione di oggetti non si vedeva nessun
sarcofago né la minima traccia di una mummia, per cui la tanto dibattuta questione se si trattasse di una
tomba o di un nascondiglio tornò a farsi attuale. Alla luce di questo problema, osservammo da capo
l’intera scena, e per la prima volta notammo che fra le due sentinelle nere, sulla destra, c’era un’altra
porta murata. Le nostre domande trovavano gradualmente una risposta. Eravamo appena agli inizi del-
la nostra scoperta, e la stanza davanti a noi era solo un’anticamera. Dietro quella porta chiusa e sorve-
gliata dovevano aprirsi altri vani, forse una successione di stanze, e in una di esse, senza dubbio, avrem-
mo trovato il faraone chiuso nella sua splendida armatura funebre.
H. Carter, Tutankhamen, Garzanti, Milano 1973, pp. 58-59; 61-62

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