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Sociologia
Università degli Studi di Genova
46 pag.
PARTE I
Baby Boomer → appartenenti alle coorti di età nati tra il 1946 e il 1965 (in questi anni si verifica un boom
demografico caratterizzato dal significativo incremento delle nascite registrato tra l’immediato dopoguerra
e la metà degli anni ’60, prima negli USA poi anche nei Paesi Occidentali). Dapprima i demografi si
riferiscono unicamente a un fenomeno demografico (tasso di natalità), l0attribuzione di significato
generazionale è successiva. Chi è nato nell’immediato dopoguerra non avverte tanto la propria peculiarità
demografica, ma la associa a un’identità generazionale più precisa definita da fattori socioculturali più
complessi. Distinzione tra:
Classificazione dell’Istat:
Boomer prima coorte → generazione dell’impegno, protagonista delle grandi battaglie sociali e
delle trasformazioni culturali degli anni ’60 – ‘70
Boomer seconda coorte → generazione dell’identità, declinati alla realizzazione degli obiettivi
personali e dell’auto-affermazione
Il Baby Boom vede diverse interpretazioni, perché tale tendenza delle nascite fu davvero molto variabile a
livello internazionale. Grafico 1 → Australia e USA videro una crescita della natalità significativa e
prolungata. L’Italia sperimentò subito dopo la guerra elevati picchi di natalità, presto seguiti da una rapida
discesa e da una ripresa più ridotta. La Spagna vede un andamento simile all’Italia. In Francia il fenomeno è
più consistente rispetto all’Italia. In Gran Bretagna si ebbero solo due picchi di fecondità, nel 1947 e nel
1964. In Germania non si ebbe un vero e proprio Baby Boom, se non un lieve aumento delle nascite nei
primi anni ’60.
In Italia il Baby Boom non si rivelò così significativo. Verso la fine degli anni ’50 la natalità riprese fino al
picco di fecondità del 1964, ultima tappa prima del progressivo calo delle nascite con il Baby Bust. Proprio
per la variabilità del fenomeno, le spiegazioni in letteratura rinviano a una pluralità di fattori sottostanti le
scelte riproduttive della generazione, tre ipotesi:
Grafico 2 → il Baby Boom in Italia si è concentrato soprattutto nelle natalità in quegli anni registrata in
Meridione, mentre appare ben più contenuto nel resto del Paese. Mentre al Centro-Nord la fecondità resta
per lo più sotto o prossima alla soglia di sostituzione di 2,1 figli per donna almeno fino ai primi anni ’60, i
valori al Sud sono stabili sui tre figli per donna.
Ciò significa che il Baby Boom del secondo dopoguerra interessa per lo più solo una parte del Paese,
essenzialmente quella che incontrerà un maggior ritardo nella ricostruzione e nello sviluppo economico,
conservando più a lungo i modelli familiari tradizionali e soffrendo in quegli stessi anni l’emigrazione verso
Nel 2021, l’intera coorte dei primi Boomer ha superato il 65esimoanno di età ei più nazioni sono intorno ai
74 anni. Tali estremi cronologici non sono casuali, perché, sul piano statistico, i 65 anni rappresentano l’età
tipica in cui la maggior parte delle persone si è ormai ritirata dal lavoro, così come, sul piano
epidemiologico, i 75anni definiscono, in media, l’inizio di una maggior incidenza di cronicità, malattie e
minore autonomia nella popolazione in età avanzata. L’invecchiamento dei Boomer assume particolare
interesse proprio perché vissuto da una generazione che, già distintasi per una cesura verso il passato,
Distinzione tra:
Coorte → insieme delle persone nate negli stessi anni. I membri di una coorte condividono una
caratteristica anagrafica (età) da cui discendono conseguenze sociali (diritto di voto). Hanno
confini precisi perché sono costruite su carta.
Generazione → insieme di persone consapevoli di condividere una medesima posizione nella
storia, vivendo gli stessi eventi sociali e culturali in una data fase della vita. I membri di una
generazione agiscono e partecipano a destini comuni anche in funzione di una memoria
Secondo Mannheim gli elementi fondanti della coscienza di appartenenza, che può accomunare coloro che
si riconoscono in una generazione riguardano l’attribuzione di un significato comune e riconosciuto. Questo
realizza una memoria collettiva derivata dall’esperienza comune in eventi storici a cui si è partecipato o
assistito. Sia la coorte che la generazione restano costrutti del ricercatore. La coorte potrebbe definirsi
come una “generazione in sé”, mentre i componenti di una generazione sono accomunati da quello che
Mannheim definisce Zeitgeist: il sentimento condiviso per un’epoca e lo spirito unico di una generazione,
possono essere considerati una “generazione per sé”. Una terza accezione del termine generazione “in sé e
per sé”, la generazione come costrutto culturale. Si intrinseca con la seconda e la influenza: spesso accade
che la consapevolezza dei membri di una generazione sia filtrata dalle rappresentazioni fornite da studiosi e
media di comunicazione. L’identità collettiva di una generazione si forma in un combinato di effetti storici e
di acquisizione di consapevolezza diffusa. Le persone tendono a formare i loro sistemi di valore proprio
durante l’età pre-adulta, mentre i sistemi di valore delle generazioni più vecchie si sono, per lo più, già
consolidate. Schewe e Meredith arrivano addirittura a definire con precisione operativa tale periodo,
individuandolo nella fase compresa tra i 17 e i 23 anni, ovvero nel passaggio tra la fine dell’adolescenza e
una prima età adulta.
Effetto del corso della vita si riferisce all’influenza che la collocazione dell’individuo in una
certa fase del suo ciclo biografico può avere sui suoi comportamenti politici e culturali,
nonché sulle condizioni e le possibilità riferite a una specifica fase della vita.
Effetto di coorte: influenza del periodo di socializzazione nella fase formativa e il suo
perdurare oltre la gioventù. Produce cambiamenti che caratterizzano una popolazione nata
in un certo momento della storia, ma che resta indipendente dal processo
d’invecchiamento
Effetto di periodo: eventi e/o tendenze peculiari di un certo momento storico, che
influenzano tutte le generazioni e non solo quelle più giovani. Si realizza in un momento
specifico e interessa uniformemente tutti i gruppi per età, quindi tutte le generazioni
presenti in quel dato punto della storia.
Un primo passaggio consiste in una definizione operativa delle diverse fasi biografiche dei Boomer in modo
da intercettare gli effetti di corso della vita. Proporre dei confini cronologici agli effetti di corso della vita
anche per collocare gli stessi in un arco storico-temporale. Si deve dare importanza alla fase di formazione
valoriale giovanile dei Boomer, che ha indubbiamente contribuito a definire l’identità generazionale, specie
in relazione alla profonda rivoluzione culturale che ne ha caratterizzato la gioventù. Seguendo una
prospettiva longitudinale, è possibile pervenire alle caratteristiche odierne dell’identità generazionale dei
Boomer. Applicando una prospettiva trasversale e risultante solo da condizioni attuali, si ricaverebbe una
visione spuria, definita unicamente dalle loro condizioni nel primo invecchiamento, senza considerare
l’intero percorso. Si possono stabilire i limiti cronologici della gioventù tra i 17 e i 23 anni, dal 1963 al 1978.
Si può definire la fase adulta, il cui inizio, è derivabile dalla fine della fase giovanile (24 anni), inizia quando i
più vecchi sono già abbondantemente entrati nella maturità. L’anzianità inizierebbe con il pensionamento.
Molti Boomer hanno iniziato a lavorare presto, a un’età in cui molti giovani di oggi stanno ancora
studiando. Buona parte della giovinezza coincide già con l’inizio della fase lavorativa per cui possono aver
anticipato il pensionamento. Una parte di questa generazione ha goduto dell’opportunità di andare in
pensione molto presto, grazie alle cosiddette pensioni baby, introdotte nel 1973 e abolite effettivamente
solo nel 1955 con la riforma Dini (40-50 anni). Molti hanno continuato a lavorare in altre forme. L’ingresso
di questa generazione nell’età avanzatasi può individuare intorno al compimento dei 60 anni di età da parte
dei primi Boomer, nati nel 1946. È utile ipotizzare una mappa degli eventi e dei periodi storici significativi,
La mappa delle fonti: si è proceduto all’analisi della generazione Boomer partendo da sotto-campioni riferiti
a questa coorte e ricavati da indagini trasversali ripetute nel tempo, scelte in base ad adeguate
caratteristiche, al fine di limitare il più possibile le criticità pocanzi esposte. Si è cercato di indagare una
PARTE II
Un primo spunto nasce dalla caratteristica della profonda scissione culturale rispetto al passato,
conseguenza di una spiccata propensione giovanile al cambiamento e all’opposizione verso le generazioni
precedenti, più tradizionali e conservatrici. Tale propensione è frequente nelle generazioni che seguono
rispetto a chi le precede. Essendo scresciuti nel dopoguerra in una società che si stava espandendo
economicamente, si può dire che i Boomer abbiano potuto abbracciare la vita e tutte le opportunità che
essa aveva da offrire, specie se confrontate con quelle ben più esigue della generazione precedente, che
aveva vissuto il conflitto e a cui toccava la ricostruzione dopo eventi così tragici. Insieme a un consumo
culturale che distingueva i giovani dalle altre fasce d’età, molti maturavano un senso d’insoddisfazione e
contrapposizione a ciò che la società gli proponeva. Rifiutando il materialismo e il conformismo dominanti, i
Una fase preliminare e prodromica agli eventi del ’68 riguarda l’infanzia dei Boomer negli anni della
Ricostruzione. È un momento non meno fondante della cesura con il passato, perché ne pone le
premesse, mettendo a disposizione di molti di loro risorse e opportunità che le generazioni
precedenti non avevano conosciuto.
Una seconda fase definisce la prima formazione valoriale, attraversando gli anni ’60 e culminando
nelle proteste del ’68. È il momento che precede la contestazione, ovvero un intervallo epocale per
il paese, che corrisponde all’apice del boom economico, ma che, al contempo, getta le basi per
l’emancipazione giovanile, anche grazie alla costruzione culturale dei giovani quale categoria di
mercato a cui destinare consumi specifici.
La fase seguente si ha nel biennio ’68-’69 quale evento spartiacque di un crinale rispetto al passato.
È l’apice simbolico di un’emancipazione ribelle, che sancisce i giovani come categoria politica chiara
e riconosciuta.
Il passaggio successivo nella gioventù dei Boomer è collocabile subito dopo il ’68 e arriva almeno
fino alla prima metà degli anni ’70. Resta una fase di attesa e di disillusione, perché si inizia
comprendere la difficile concretizzazione degli ideali del ’68. Anche sul piano economico si aprono
fronti di crisi: la crisi petrolifera del ’73 mostra i limiti del modello di sviluppo capitalistico seguito
dall’occidente e in Italia ma non solo, dalla disoccupazione giovanile, che diviene un problema
significativo, anche per le nuove leve in ingresso nel mondo del lavoro. La risposta al disagio è
ideologica, affermandosi tra i giovani un mutamento di valori e atteggiamenti, dovuto allo
scontento e all’insoddisfazione; si realizza talvolta estremizzandosi nel distacco, in un giovanilismo
antagonista, opposto alla tradizione e all’autorità, e autoemarginato dal mondo degli adulti o nella
lotta armata.
Un’ultima fase corrisponde alla seconda metà degli anni ’70, che conducono alla radicalizzazione
del conflitto sociale e della violenza. Crescono il disagio e la frustrazione tra i giovani che non a caso
confluiscono nelle proteste del ’77. Sono gli anni dell’apice del terrorismo e sono anche gli anni
dell’eroina in cui la piaga della droga inizia a mietere vittime tra quelli che passeranno alla storia
come la Generazione scomparsa. Questa fase rappresenta sempre meno la giovinezza dei primi
Boomer.
L'infanzia e l'adolescenza di questa generazione all'incirca nel periodo a cavallo tra gli anni 50 e la metà
degli anni 60 sono state caratterizzate dalla ricostruzione e successivamente dal lungo decennio del
miracolo economico. L'analisi delle interviste restituisce un'interpretazione del mutamento secondo tre
elementi ricorrenti: la consapevolezza della distanza della generazione precedente, con la guerra
identificata quale punto di cesura, le conseguenze del boom economico e tecnologico, in seguito il distacco
valoriale e l'evoluzione di un rapporto persino contraddittorio con il nuovo benessere. Per chi è nato dopo il
1. cresce la disparità di status e per via dei diversi percorsi professionali in cui emerge per molti la
capitalizzazione di un titolo di studio più elevato
2. negli anni 80 aumenta la complessità sistemica, che si riflette nella ristrutturazione del mondo
produttivo. Ciò si traduce per molti boomer in limite o in opportunità in base alle diverse capacità e
dotazioni di capitale culturale e sociale, allargando il gap tra le traiettorie
3. la diversificazione nel sistema produttivo implica un diverso accesso a opportunità acquisitive non
solo in termini di carriera, ma anche rispetto allo stile di vita, i consumi e sul piano valoriale
Gli anni 80 si aprono con la stessa tensione con cui era finito il decennio precedente e il clima inquieto si
trasforma in paura. Le tragedie di Ustica e della stazione di Bologna del 1980, alimentano sospetti, misteri e
matrici e versi, trasmettono un senso di vulnerabilità e, un anno dopo, persino l'attentato a Giovanni Paolo
II, epocale in un paese largamente cattolico, dalla misura di un periodo breve ma denso di lati oscuri. Un
evento esprime la palpabile tensione sociale di quegli anni. Nell’ottobre del 1980 la cassa integrazione di
circa 23.000 tute blu della Fiat, la marcia dei 40.000 a Torino vede sfilare in silenzio per tutta la città i quadri
e gli impiegati, che chiedono di poter rientrare in azienda. Si tratta di una scissione più profonda, che coglie
una frattura latente della forza lavoro, ben rappresentata dai boomer, in un crescente divario di interessi e
valori. Da un lato, gli operai, vittime delle contraddizioni della vita di fabbrica, dove l'ambiente risposta del
modello industriale alla crisi combinerà complesse scelte di ristrutturazione del sistema produttivo con la
sopravvivenza delle partecipazioni statali, già allora anacronistica ma a garanzia di stabilità sociale.
Dall'altro, i colletti bianchi, in netta espansione con l'affermazione del terziario, che costituisce un effetto
assai importante per questa generazione, qualificata e occupata nei servizi. Tale pulsione consumista, che
1. emerge per tre caratteristiche: modernità, sicurezza e auto centratura. Prevalentemente maschi,
istruiti e inseriti nel mercato del lavoro, esibivano un’appartenenza matura alla società, al passo
con i ritmi dell'innovazione culturale di quegli anni. In armonia con il contesto socioculturale
dominante, gestivano la complessità con impegno e disinvoltura, senza scetticismo ma con
preoccupazione creativa verso quanto appariva loro funzionale. Si tratta di un profilo più istruito,
probabilmente evoluzione di chi era stato un giovane universitario intorno agli anni 70.
L'atteggiamento polemico o di contrapposizione appariva del tutto rovesciato. La critica non era più
al sistema o al modello sociale, come nell'età della protesta, ma si rivolgeva verso quanto fosse
contrario il sistema stesso, in una logica di razionalità e concretezza, profondamente secolarizzate e
per nulla ideologiche, anzi non di rado espressi in forma decise e risoluta
2. persone istruite inserite nel mondo del lavoro, ma non appartenenti a una tipica struttura familiare,
ovvero prevalentemente single, divorziate o appartenenti a coppie senza figli. La peculiarità
emergente era definita, innanzitutto, dalla sospensione del giudizio della cautela, come a
temperare l'azione dell'attesa fiduciosa degli eventi, in silenzio e moderazione. Un profilo
ubbidiente, dotato di moralità e senso delle regole, laico, con un certo gusto per la vita e i consumi
e uno spirito ludico e giocoso orientato all'esperienza e all'espressività
3. un terzo gruppo individuava soggetti con un atteggiamento fortemente orientato alla concretezza,
sia nella quotidianità sia nelle interazioni, ma con due estensioni importanti. Da un lato, erano
integrati nel mondo del lavoro e con un capitale sociale più esteso e meno limitato al solo ambito
familiare, parentale o amicale. Dall'altro, derivano spesso al mondo politico sindacale, non
necessariamente tradotto in reale partecipazione o militanza, ma che lasciava più presagire una più
ampia consapevolezza e volontà di uscire dal privato
4. l'ultimo profilo, a scolarità medio-bassa, esprimeva disagio e marginalizzazione non senza conflitti e
insoddisfazione, dovuti alle difficoltà nel confrontarsi con la modernità dell'epoca, anche solo
cercando di prenderne le distanze. Occupati in professioni poco appaganti e non remunerative,
oscillavano tra valori tradizionali, perlopiù esibiti ma non sentiti, e l'incapacità di gestire la
modernità, per assenza di risorse per comprenderla e farla propria, vivendo faticosamente i margini
della società
I quattro profili della ricerca appena citata, nella loro capacità interpretativa dei 30-40enni dell'epoca, sono
ancora utili per ripensare agli atteggiamenti di quegli stessi boomer di allora, oggi divenuti senior.
L'improvvisa modernizzazione degli anni 70 aveva portato ideali di uguaglianza a ogni costo, in una lunga
corsa ai diritti sganciati dai doveri, e arrivando un'antitesi violenta verso l'autorità tradizionale, che aveva
1. la fine del bipolarismo globale tra modello liberista e socialista, con la dissoluzione dell'unione
sovietica, produce reazioni a catena, dal livello internazionale a quello locale, con rovesciamenti
politici e significativi mutamenti sociali in Italia
2. inizia la globalizzazione, che incide sulla vita e gli atteggiamenti delle persone, dilatando negli
orizzonti, ma generando due processi antitetici di maggiore apertura, o di chiusura e resistenza
3. la fine del compromesso welfaristico-keynesiano conduce al divorzio tra il capitale e il lavoro,
sancendo la perdita di ruolo del mercato del lavoro come istituzione deputata alla redistribuzione
della ricchezza
Un primo effetto di periodo è l'impatto del mutamento sistemico internazionale, specie con la caduta del
muro di Berlino nel 1989 che aveva mandato in crisi le ideologie egualitarie o socialiste e sancito l'egemonia
culturale liberista. L'effetto domino in Italia si riflette a livello politico. Da lì a pochi anni, con Tangentopoli
scompaiono i principali partiti che avevano governato il paese per cinquant'anni, sia per la critica alla
corruzione sia per la loro sopravvenuta inutilità funzionale. La democrazia cristiana perde la sua storica
funzione di baluardo contro eventuali espansioni sovietiche e gli stessi valori cattolici che rappresenta sono
ormai fortemente trasformati dal processo di secolarizzazione. Il partito socialista scompare sotto le
inchieste di corruzione, mentre social democratici, repubblicani e liberali, formazioni minori ma fino allora
determinanti nelle maggioranze parlamentari, si sfaldano rapidamente. Il partito comunista italiano deve
ricostruirsi un'identità ma finisce con frammentarsi in scissionismo e pressioni correntizie che ancora oggi
ne caratterizzano l'anima e le sorti. Nasce Forza Italia e si afferma la Lega Nord, entrambi i nuovi partiti
promuovono un modello di rottura, antistatalista e antipolitico, figlio di quell'epoca, ma anche di un
processo di frammentazione destituente in atto da tempo per l'insostenibilità del modello preesistente. Se i
partiti perdono la capacità di aggregazione, la politica diviene sempre più personalizzata, con leader che
Il grafico seguente riporta il quadro evolutivo della condizione occupazionale lungo l'arco della vita
produttiva dei boomer.
Da un lato, i boomer più qualificati hanno perlopiù raggiunto posizioni di vertice. all'opposto, per i meno
qualificati cresce il divario. Infatti, in proporzione le attività manuali meno specializzate aumentano al 15%
in ambo i generi. La generale terziarizzazione dell'economia, che marginalizza inevitabilmente il lavoro
manuale, a cui si aggiungono le dinamiche di ristrutturazione secondo i canoni post-industriali, volte a
generare una revisione dei ruoli aziendali, e i processi di automatizzazione produttiva che aumentano il gap
tecnologico e l'obsolescenza dei lavoratori manuali meno qualificati. Questo restringe l'incidenza delle
posizioni mediane. Anche tra i boomer si assiste a polarizzazione tra lavori più qualificati e meno qualificati
tipica di quegli anni, dove l'espansione della tecnologia e la crescente concorrenza produttiva e
occupazionale a causa dei processi di globalizzazione, se offrono opportunità i più qualificati, crescono le
difficoltà per molti lavoratori meno specializzati.
Il primo consiste in un progressivo spostamento da sinistra al centro con un aumento anche dei
posizionamenti a destra nell'auto percezione politica virgola che dai primi anni 80 arriva al suo apice nella
Senza dubbio, si conserva il marcato radicamento dei boomer verso il partito democratico, e persino un
ritorno al partito comunista. Secondo l'indagine del 2018 i boomer mostrano altrettanto una tendenza
superiore alla media nelle preferenze verso la Lega, verso Forza Italia in favore di partiti centristi. Questa
generazione sembra altrettanto attratta, seppure in misura inferiore alla media, anche dalle nuove
formazioni politiche negli ultimi decenni, su tutte il Movimento 5 stelle. Guardando al livello di istruzione i
boomer con titolo di studio più basso spiccano per l'evoluzione complessiva secondo polarizzazioni più
radicali. La vocazione della sinistra si è sempre più orientata al culto dell'individualismo, attirando profili più
istruiti, emancipati e progressisti, ma, soprattutto perdendo per strada una significativa parte del ceto
medio e operaio, non di rado, negli ultimi decenni a vantaggio di nuove formazioni politiche. Le strategie
delle formazioni di centrodestra, mirando a scrollarsi il pesante fardello del fascismo, hanno man mano
riverniciato il senso di comunanza, tragicamente interpretato dai nazionalisti del 900 in un consenso
intorno alla rabbia e alla diversità, declinato secondo le paure proprie di categorie progressivamente negli
anni. Il grafico seguente illustra l'andamento nelle edizioni 1981-2018 dell'orientamento verso alcune
principali forme di protesta. In genere, tutte le forme di protesta crescono tra gli anni 80 e 90, si
stabilizzano nei due decenni e cavallo del millennio e calano nel 2018. L'unica eccezione si riscontra nella
disponibilità a partecipare a uno sciopero non organizzato, la sola forma di protesta in leggero aumento alla
fine del periodo. È interessante che la media dei boomer si collochi a fine serie, nel 2018, sempre su
incidenze inferiore alla media campionaria in tutte le forme di protesta, esibendo, quindi, una visione assai
meno contestatrice. I boomer meno istruiti appaiono più conservatori vicini agli orientamenti delle
generazioni più anziane, mentre gli esponenti più istruiti di questa coorte conservano spesso propensioni
contestatari, in genere, persino superiori a quelle dei più giovani.
La potenziale disponibilità economica accresce l’interesse verso i Boomer, portandoli a essere dipinti come
l’avanguardia della Silver economy. Tale possibile vantaggio economico induce spesso a rappresentarli quali
consumatori senior ideali, destinatari di un’offerta di beni e servizi a loro dedicati, volti a soddisfare le loro
La prevalente appartenenza dei Boomer a coppie nucleari, in genere senza figli o con figli, per lo più adulti,
ancora conviventi, in cui, di solito, è rinvenibile almeno un secondo percettore di reddito, in grado di
contribuire economicamente al bilancio familiare, a ulteriore garanzia di una certa stabilità economica. Ben
diversa appare la situazione dei Grandi anziani, in cui spesso le condizioni di vedovanza definiscono spesso
situazioni di persone che vivono da sole, in cui il reddito è interamente a disposizione dell’unico
componente. Le generazioni più giovani, come i Millennial, nati tra gli anni ’80 e la fine del secolo scorso,
percepiscono redditi netti individuali certamente più bassi corrispondenti in media al 30,5% dell’intero
reddito familiare. Questo conferma la frequente dipendenza economica di buona parte di questa coorte da
altri percettori conviventi. Nel confronto tra redditi i Boomer superano anche generazioni anagraficamente
più vicine, come i Silenti, nati tra gli anni ’30 e il ’45 e di poco più anziani, o la coorte più giovane del Baby
Boom, i c.d. Jones nati tra il ’50 e il ’64. Il vantaggio dei Boomer si spiega anche nel particolare effetto di
corso della vita attraversato dalla generazione in esame, che associa la prima fase di ritiro dal lavoro a una
numerosità familiare più ridotta, per di più strutturata in coppie dove spesso entrambi i partner sono
percettori di reddito e accrescono reciprocamente la propria disponibilità pro-capite. I Silenti, più avanti
negli anni rispetto ai Boomer, iniziano a veder crescere le situazioni unipersonali e a dover contare
maggiormente solo sulle proprie entrate. È assai probabile che i Jones, più spesso appartenenti a nuclei con
figli ancora presenti in casa e non ancora economicamente indipendenti, debbano ancora sostenere
familiari più giovani, in media riferibili per età alle generazioni nate dopo la metà degli anni ’90. Al di là
delle entrate e della loro corrispondenza alle necessità effettive, è importante osservarne la composizione.
Si osserva che al 2016 il reddito dei Boomer è composto per almeno due terzi da pensioni o altri
trasferimenti. Al 2016 almeno un decimo delle entrate dei Boomer derivano ancora da lavoro dipendente.
Più marginale risulta la quota di reddito derivante da lavoro autonomo e da impresa. La distribuzione
percentuale delle fonti di reddito appena descritta rispecchia la fase biografica di chi sta entrando in
quiescenza, senza aver completamente abbandonato l’attività lavorativa. Se il reddito costituisce un
elemento essenziale del bilancio economico di una persona, definendo entità e flusso delle entrate, la
ricchezza rappresenta, soprattutto per i Boomer, un asset altrettanto basilare, poiché costituisce il fondo di
garanzia che permette di contrastare imprevisti e avversità, nonché di affrontare meglio le incertezze
dell’invecchiamento. Tale razionalità di bilancio, dovendo tener conto sia del mutamento della principale
fonte di reddito, sia della necessità di pianificare l’ultima fase della vita con prospettive di crescente
dipendenza, finisce per influenzare i comportamenti di consumo e risparmio, in un trade off tra le spese per
necessità o per soddisfare desideri e, dall’altro, la tendenza all’accantonamento di risorse a garanzia del
futuro. Nella tabella, la ricchezza equivalente disponibile a livello individuale risulta per i Boomer
mediamente pari a 118.502€. A prima vista appare sensibilmente più ridotta rispetto alle disponibilità
patrimoniali delle generazioni più avanti negli anni, come nel caso dei Silenti e, soprattutto, dei Grandi
anziani. Tali differenze vanno rilette rispetto all’incidenza della ricchezza equivalente individuale sul
patrimonio familiare. Per i Boomer questa conta poco più della metà della ricchezza complessiva, mentre
incide almeno per ben due terzi, quando non di più, tra le generazioni più vecchie.
Il 70,8% del patrimonio dei Boomer deriva da immobili (in larga misura la residenza di proprietà), un 14,3%
da oggetti di valore e un residuo 3,3% da fabbricati aziendali. Anche se l’incidenza delle attività reali
complessive è diminuita dal 2006, da quando hanno iniziato ad andare in pensione i Boomer sembrano
essersi convertiti al mattone, a scapito dell’investimento in oggetti di valore. Il patrimonio aziendale scende
lievemente, sebbene a ciò concorra probabilmente la chiusura di attività in seguito a ritiro dal lavoro, al di
là di un possibile effetto della crisi dal 2008. I Boomer pur seguendo una tendenza diffusa, propendono
ancor più della media all’investimento in immobili di proprietà. Si tratta di una ricchezza stabile e concreta,
corrispondente probabilmente a una programmazione anticipata nel tempo, che dà i suoi frutti proprio
quando i Boomer entrano nella prima fase dell’invecchiamento. In parte, ciò si collega alla cultura italiana
dell’investimento immobiliare che guarda alla proprietà della casa di residenza, magari da trasmettere alle
generazioni successive, e mira alla possibilità di generare rendite grazie agli affitti, nonché a migliori chance
di accesso al credito attraverso possibili pegni di garanzia. Tale comportamento può riflettere un bisogno di
stabilità e concretezza, conseguenza sia dell’effetto di periodo di una crisi economica recente, sia
dell’effetto di corso della vita, per la particolare fase biografica attraversata da chi sta andando in pensione
e deve programmare il restante futuro in un momento di incertezza economica generalizzata, ormai una
costante degli ultimi decenni. Tale atteggiamento spiega la minore propensione a rischiosi investimenti in
capitale più volatile. Come si evince nella tabella, non solo il capitale finanziario è residuale ma soprattutto
è concentrato in fattispecie meno dinamiche e più sicure, mirando soprattutto a una garanzia di
rendimento. Il capitale finanziario è costituito prevalentemente da depositi e buoni fruttiferi postali.
La tabella seguente riporta il livello individuale equivalente dei consumi osservabile nei diversi gruppi per
età, mostra l’entità dei consumi equivalenti a livello individuale da parte dei Boomer nel 2016 sia
sensibilmente più elevata di quella di ogni altra generazione. Risalta il deciso balzo dei consumi di questa
generazione di +30,7%a partire dal 2006, come più volte ribadito, coincidente con il mutamento in cui
buona parte di questa coorte inizia a ritirarsi dal lavoro.
1. bilanci familiari, condizionati da esigenze economiche e di cura che a fronte di stipendi in media più
elevati del partner, abbiano indotto in passato molte a privilegiare la carriera del marito
rinunciando alla propria per dedicarsi alla famiglia
2. cultura segregante e tradizionalista, che assegna unicamente alla donna i ruoli di cura anzidetti con
un effetto di latenza
3. aumento del titolo di studio e il raggiungimento di un più elevato grado di istruzione da parte delle
giovani a promuovere la loro permanenza in attività, accedendo a migliori retribuzioni e
opportunità di carriera, e divenendo anche più competitive nei bilanci economici familiari rispetto
ai propri partner
Sono soprattutto le donne Boomer a pagare oggi, come lavoro di cura verso anziani e nipoti e come
sostegno ai figli e alle figlie precarie, il prezzo del progressivo smantellamento dello Stato sociale. I livelli di
istruzione di questa generazione nel 2016: il 69,2% non supera la licenza media inferiore, il 21,0% è
diplomato, il 9,8% laureato. Questi senior ricchi e istruiti sono il target ideale per chiunque voglia investire
nel design e nella creazione di prodotti e servizi per l'economia dell'invecchiamento. Al contrario, per i
boomer meno istruiti, l'entità dei loro consumi è meno della metà di quella del profilo precedente, hanno
visto aumentare le proprie spese. Chi ha avuto una traiettoria standard, in carriere operaie o impiegatizie,
sarà stato probabilmente indotto ad andare in pensione il prima possibile. Al contrario, chi ha sviluppato
carriere più prestigiose e professionalità elevate tende a continuare l'attività e ad andare in pensione il più
tardi possibile, quasi perché obbligato per legge, proprio perché è meno conveniente rinunciare ai vantaggi
materiali simbolici della permanenza in attività. Va osservata la progressiva riduzione dei nuclei familiari dei
boomer tra il 2002 e il 2016. La percentuale di persone sole in questa generazione è praticamente triplicata
1. Questo profilo è meno consistente ma interessante, perché, a fronte di redditi cospicui e patrimoni
elevati, mostra anche i livelli di consumi altrettanto significativi, spendendo copiosamente in beni
durevoli e non durevoli. Acquistano mezzi di trasporto e beni reali, spendono cifre importanti anche
in altri consumi non durevoli. Anche le spese per l'abitazione sono le più elevate punto i consumi
non durevoli residuali eccedono di 1/3 le spese alimentari. Non spendono tanto per necessità,
quanto più per le spese accessorie, richiamando un consumo ricercato probabilmente declinato
secondo gusti e stili di vita distintivi e al tempo stesso esigenti. Quasi il 60% dei casi a un livello di
istruzione medio alto, almeno 1/5 dei casi sta ancora lavorando. Poco più della metà fa parte di
coppie senza figli e quasi 1/3 vive con partner e figli. I 2/3 vivono al Nord Italia e ben il 40,8% in città
di medie dimensioni. Emerge un profilo agiato di borghesia senior, forse più evidente nella provincia
ricca oltre in contesti metropolitani, che esprime il proprio benessere anche, e soprattutto nei
consumi in uno stile di vita distintivo e dispendioso.
2. Questo cluster raggruppa molti Boomer ormai in pensione che vivono da soli. Composto per 2/3 da
donne, raccoglie situazioni tipiche di famiglie unipersonali, prevalendo persone celibi/nobili o
divorziate, o in stato di vedovanza. Il cluster accoglie la totalità dei Boomer in famiglia
monoparentali con figli. Il reddito è nella media, supportato da patrimoni consistenti. Il livello dei
consumi appare decisamente nella media, probabilmente avvantaggiato da una minore necessità
per spese alimentari, con un più ampio margine per spese in altri beni e servizi non durevoli. La
propensione media al consumo indica una discreta capacità di spesa, accompagnata da qualche
possibilità di risparmio. Il titolo di studio, basso in 2/3 dei casi è medio alto nella quota rimanente,
agisce da fattore di differenziazione interna al profilo in esame.
3. L'etichetta del profilo ricalca l'evoluzione senior dell'acronimo Double Income, no Kids, ideato negli
anni 80, nell’incipiente carriera dei Boomer, riferito a quelle coppie dove entrambi i partner
percepivano redditi lavorativi e rinunciavano ad avere figli in favore della vita professionale.
L'immagine rimanda un profilo di Boomer istruiti e qualificati, spesso ancora in attività o da poco in
pensione, conviventi con partner nelle stesse condizioni, senza figli dipendenti. Ben 2/3 dei casi
rientranti in questo cluster fanno parte di coppie senza figli punto il titolo di studio è elevato: 2/3
diplomati e 1/3 laureati. Un quarto dei casi è ancora occupato. Il 43,7% di donne nel profilo
conferma la significativa presenza di donne istruite e ancora al lavoro. Emerge un profilo con redditi
elevati, rispondenti alle necessità è pari ad appena la metà del reddito familiare complessivo, a
conferma che anche i partner sono percettori di redditi. Anche la dotazione patrimoniale è discreta,
Il concetto di embodiment è una nozione ampiamente esplorata in ambito sociologico, sta a d’indicare il
riconoscimento di una stretta relazione tra il nostro modo di essere, al contempo, entità sociali e organismi
biologici, e le implicite conseguenze sul piano delle dinamiche culturali.
Le tre linee di narrazione corporea raccontano del particolare rapporto, non sempre positivo e funzionale,
tra il corpo, nella sua più manifesta espressività, e la percezione di sé, spesso affetta da dissonanze volte a
negare la nostra realtà fisica e a preferire l’immaginifico o il mascheramento dell’immagine. La costruzione
sociale della negatività del corpo che invecchia si tramuta in un messaggio di inaccettabilità
dell’invecchiamento fisico. I Boomer vivono una posizione scomoda:
Da una parte, prevalendo una concezione esistenziale intesa come processo unidirezionale e
ineluttabile, tra la polarità positiva della giovinezza e la mestizia della vecchiaia e della morte, sono
richiamati all’ingresso nell’ultima fase della vita.
Dall’altra, quasi abbinando una narrazione prometeica al tratto di generazione vincente per
definizione, hanno ancora qualche freccia all’arco, ovvero: negare l’invecchiamento, occultarlo, o
sperimentare nuove esperienze finché è possibile
Di conseguenza:
1. Una prima strategia passa dalla negazione materiale del corpo che invecchia, ovvero la sua assenza
e il suo occultamento nelle narrazioni e rappresentazioni, benché sia visibile e chiara la presenza di
una fisicità attempata
2. Una seconda prospettiva vede il mascheramento dell’invecchiamento in base ai canoni imposti
dalle traiettorie ideali delle biografiche postmoderne che specie grazie agli avanzamenti della
medicina, possono sempre più camuffare gli effetti dell’età
3. L’ultima prospettiva esplora la corrispondenza, non sempre lineare, tra l’invecchiamento identitario
e performance fisiche
L’industria culturale, attraverso la pubblicità, il cinema, la moda o la cosmesi, pone continuamente il corpo
al centro di ogni rappresentazione sociale dell’invecchiamento, quale costante simbolica e culturale che
definisce l’essere o non essere anziano. Questo definisce una dicotomia da “dentro o fuori” in base alle
immagini: infatti, è l’apparenza fisica della persona che sta invecchiando a classificarla automaticamente
come ascrivibile o meno all’età avanzata. Tanto la materialità dell’invecchiamento, quanto l’implicita
sensazione di caducità, rimangono saldamente ancorate all’esteriorità visibile nel mutamento fisico,
nonché, soprattutto, alla misura in cui tale mutamento esteriore si manifesta e ha origine proprio da
disuguaglianze strutturali. Il corpo e le condizioni di salute di un Boomer che ha svolto per trent’anni un
lavoro manuale sono, di solito, ben diverse da quelle di chi, pur appartenendo alla stessa generazione, ha
svolto attività intellettuali altamente qualificate. L’invecchiamento del corpo implica un invecchiamento del
sé. Oggi la relazione tra il sé e il corpo è costruita culturalmente in una simmetria cogente e imprescindibile
tra l’esperienza soggettiva del sentire d’invecchiare e l’apparenza esterna del proprio invecchiamento
corporeo. Per chi vive in modo giovanile il proprio ingresso nell’età avanzata, sentendosi oggettivamente
più giovane di quanto appaia o rispetto all’età anagrafica, la tensione tra identità e corrispondente
corporeità anziana divien elemento critico e centrale delle narrazioni biografiche. La questione è che la
realtà dei Boomer rispecchia spesso situazioni ben diverse dalle rappresentazioni, partendo da
preoccupazioni concrete, conseguenze dell’insicurezza economica, dalla paura di esser marginalizzati o di
non riuscire domani a curarsi, perché divenuti non autosufficienti e pesando sui propri cari. Percezioni e
rappresentazioni spesso discrepanti, in una dissonanza continua tra l’inevitabilità dell’essere l’obbligo
Il prolungamento della vita lavorativa dei Boomer spesso di lega a motivazioni espressive, ma anche a scelte
economiche. Questo si riscontra più spesso tra i più istruiti e tra chi abbia meno obblighi familiari,
permettendo di restare attivi, proiettandosi e arricchendosi socialmente e culturalmente. Alcuni studi
hanno dimostrato che proprio di Boomer sono importanti generatori di capitale sociale, più attivi anche di
altre fasce d’età, nella partecipazione dei cittadini e della comunità, essendo maggiormente coinvolti nelle
forme di partecipazione civica individuale e collettiva. Il volontariato costituisce una delle vie di
partecipazione sociale più praticate tra i Boomer, perché consente loro di mantenere un ruolo sociale da
posizioni meno impegnative, permette di ristabilire in modo significativo il dialogo con la società dopo la
pensione, ma con sufficiente flessibilità e ridotta responsabilità (per ragioni di soddisfazione personale e
ragioni puramente altruistiche). La partecipazione attraverso le attività politiche spesso è associabile a
migliori risorse economiche e a un più elevato livello d’istruzione, nonché alla maggiore ricchezza di
capitale sociale, di cui molti appartenenti a questa generazione possono disporre. L’attivismo civico è una
delle attività con il maggior potenziale nel promuovere la partecipazione sociale di questa generazione,
esplicandosi in molteplici espressioni, che, come detto, confluiscono a determinare quell’astrazione
collettiva di grey power. Questa si definisce in un’azione collettiva rivendicativa da parte dei senior, che si
articola tanto rispetto a nuove richieste sociali, politiche e di rinnovamento culturale, contro l’ageismo, la
discriminazione in base all’età e a contrasto dei processi di marginalizzazione degli anziani, ma, non di
meno, si estende alla lotta per i diritti e migliori condizioni per i giovani, assegnando un ruolo fondamentale
e trasversale proprio alle relazioni intergenerazionali. Sono riconoscibili almeno tra ambiti peculiari per i
Boomer, ovvero i contesti associativi di natura più ludica e culturale, propensione all’apprendimento
permanente e l’inclusione tecnologica. L’associazionismo ludico-ricreativo non va considerato quale
espressione esclusivamente ricreativa, perché spesso tali occasioni di socializzazione si combinano proprio
con forme di partecipazione sociale, espressamente generative di attività sociale di utilità collettiva. Dopo il
pensionamento per molti Boomer si assiste a una relativa continuità nel coinvolgimento in attività che
implicano l’apprendimento. Lo sviluppo o l’apprendimento di nuove attività implica per i Boomer una
molteplicità di vantaggi (soddisfazione delle proprie aspirazioni educative e un miglioramento della salute e
maggiori opportunità sociali). L’inclusione tecnologica, attraverso la Rete, i social e le ICT, consente ai
Boomer opportunità di aggiornamento, di partecipazione e di protagonismo sociale. È evidente che ci
troviamo davanti a una generazione di silver surfer che utilizza regolarmente la Rete e le sue possibilità.
L’indagine SHARE permette di osservare ulteriori fattori di partecipazione, quali la frequentazione di circoli
sportivi e associazioni rispetto alla fruizione culturale, l’apprendimento permanente nella prospettiva del
life long learning e l’inclusione digitale, rilevata nell’accesso a Internet nell’ultima settimana. Tali dimensioni
oltre a intersecarsi e a rafforzarsi tra loro, vanno rilette alla luce di diverse variabili strutturali, quale quelle
osservate nel capitolo precedente rispetto al modello interpretativo dell’invecchiamento attivo e in salute,
ovvero il genere, la qualità della vita, la salute percepita, il numero di componenti familiari, il livello
d’istruzione e la situazione economica. La tabella seguente analizza l’incrocio tra le dimensioni della
partecipazione sociale da parte dei Boomer pocanzi definite e le diverse variabili strutturali. Il 10,5% dei
Boomer coinvolti nell’indagine è tuttora occupato, con una netta prevalenza del genere maschile. Il fatto di
essere ancora in condizione lavorativa è decisamente associabile a un livello medi alto di qualità percepita
della vita. L’associazione al livello d’istruzione appare trasversale ai diversi titoli di studio, così come la
condizione economica. Il fatto di essere ancora al lavoro può associarsi tanto a una necessità di conservare
entrate adeguate e sufficienti in situazioni meno privilegiate, quanto a un maggior convenienza per i
Boomer con professionalità più qualificate. I Boomer occupati sembrano aver meno tempo per i nipoti
Di isolare il posizionamento generazionale di un individuo da altri aspetti della sua biografia, che
possono influenzarne atteggiamenti, comportamenti e condizioni. Ovvero, di dimenticare la
profonda eterogeneità intragenerazionale.
Di situare impropriamente il confronto in termini di apparente conflitto intergenerazionale, ma in
realtà, più declinato tra recente passato e immediato futuro, senza la mediazione di un più ampio
contesto storico e culturale che possa aver prodotto la situazione attuale nel tempo e altrettanto
possa mutuare in futuro le condizioni e le relazioni tra le generazioni stesse.
Più volte si è richiamata la metafora dei Boomer quali “generazione ponte”, specie quando essi si ritrovano
mediatori tra diverse e opposte culture generazionali o altre volte ancora, declinati come generazione
“sandwich”, compressi in una posizione intermedia tra i bisogni dei figli o dei più anziani, dove spesso tali
pressioni contrappongono le esigenze familiari al desiderio di vivere con meno fardelli l’ultima fase della
propria vita. La capacità di mediazione culturale di molti Boomer si riscontra anche in una marcata
propensione alla partecipazione sociale, spesso perché molti propendono per un uso flessibile della nozione
di obbligo familiare, per cui i trasferimenti e le pratiche culturali avvengono anche al di là dei confini della
famiglia nucleare o dell’ascendenza genitoriale, facendo sì che proprio l’intergenerazionalità divenga un
impegno culturale rilevante.