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Lezione n°03 del 14.10.

2021
Sbobinatori: Marta Maccagnani e David Meacci
Controllore: Martina Labriola
Docente: Prof. ?? e Franco Bazzoli
Argomenti: Celiachia, Cancro del colon retto

Celiachia
La celiachia è un’enteropatia causata dall’assunzione di glutine in individui predisposti
geneticamente.
A livello istologico è caratterizzata da:
1. Atrofia dei villi e ipertrofia delle cripte intestinali
2. Infiltrato infiammatorio della mucosa
Inoltre, presenta una serie di sintomi e di specifici marcatori sierologici che saranno approfonditi
successivamente.

Cenni storici
Il nome celiachia deriva dal termine greco Koliacos (da kolia= cavità, ventre) il quale indica malattie
intestinali con diarrea. Questa condizione venne osservata da Celso nel I secolo d.C.
Successivamente venne descritta come forma di diarrea associata al grano (da Areteo di Cappadocia nel
II secolo d.C.).
Fra gli anni ’40-’50 Dicke, medico olandese, descrisse la riduzione dei casi di Sprue (deriva da spruw
che vuol dire afta poiché spesso i bambini presentavano afte orali) nei momenti di carestia in cui vi era
poco grano disponibile, mentre questi casi ritornavano nei periodi di buon approvvigionamento. Per
questo motivo si ipotizzò una causa derivante da certi tipi di cereali.

Glutine
La comparsa della celiachia dipende da due fattori:
 Fattore endogeno: predisposizione genetica.
 Fattore esogeno: glutine presente nella dieta.
Il glutine è un composto proteico presente nel frumento,
nella segale e nell’orzo (quindi è molto diffuso
nell’alimentazione occidentale). Esso costituisce un
complesso di proteine insolubili in acqua, le quali formano
una sostanza colloidale, tenace ed elastica che si ottiene
aggiungendo acqua alla farina e impastando la miscela. Il
termine agglutinare descrive questo fenomeno di
miscelazione.
La frazione tossica per gli individui affetti da celiachia è
rappresentata dalla componente alcol solubile, ovvero la
Gliadina.
Il glutine è presente nei cereali come frumento, segale e orzo e non è, invece, presente nel riso, nel
sesamo e nei legumi [da slide: neanche nel miglio e nel mais].
Le correlazioni tassonomiche delle graminacee: si
osservano a sinistra grano, segale e orzo e a destra mais,
sorgo, miglio, riso e avena.
Per quanto riguarda l’avena c'è stato per parecchi anni
una discussione sul fatto che potesse contenere o meno
il glutine, in realtà si trattava soprattutto di
contaminazione perché negli stessi stabilimenti si
lavorano diversi tipi di cereali.

Fino a 10.000 anni fa, con l’avvento dell’agricoltura, l'uomo si era


già evoluto ad Homo Sapiens senza utilizzare il frumento.
Il fatto che l’uomo si sia evoluto in assenza dell’uso di questi
cereali spiega perché una malattia come la celiachia e i geni ad
essa correlati siano sopravvissuti, evolutivamente parlando,
nonostante causino sindrome da malassorbimento nei bambini e
negli adulti (ad oggi si fanno diagnosi anche sugli adulti con
sintomatologia più blanda, un tempo si faceva solo sui bambini
con evidenze importanti).
Il glutine è composto da: Glutenina e Gliadina
La Gliadina è una prolammina, cioè una proteina [da slide: contenuta nei semi dei cereali] ad elevato
contenuto di Glutammina (40%) e Prolina (14%)

Fisiopatologia della celiachia


Quando sono presenti degli insulti a livello della mucosa
come ad esempio un’infezione virale, oppure l’aumentata
permeabilità della mucosa stessa, si avrà un passaggio in
abbondanza di Gliadina, grazie anche al passaggio
extracellulare (n.d.s.: immagino voglia dire paracellulare)
per aumentata permeabilità. Questa al di sotto della mucosa,
entrerà in contatto con un enzima, la transglutaminasi
tissutale.
Questo particolare enzima si trova anche nell’intestino e, negli
individui predisposti, determina una deamidazione della
Gliadina. Dopodiché il complesso transglutaminasi-gliadina
deamidata viene riconosciuto dai macrofagi degli individui
geneticamente predisposti e questo dà luogo ad una cascata
infiammatoria con coinvolgimento dei linfociti T con
produzione di citochine (IFN α, γ e IL-2, 4) che stimolano a
loro volta l'infiammazione, l'atrofia e, di conseguenza, causano
il malassorbimento finale.

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Esiste familiarità, si parla di predisposizione genetica nei:
 familiari di primo grado di un celiaco, indipendentemente da sesso, età e quadro clinico
presentano una probabilità del 10% di essere affetti da celiachia;
 fratelli e sorelle HLA identici hanno 30% di probabilità.
I gemelli identici hanno una concordanza di malattia di circa 80% e questo dimostra che esistono altri
fattori, tra cui in particolare i fattori ambientali, che in qualche modo incidono sullo sviluppo della
malattia e sicuramente anche altri fattori genetici.

Tradizionalmente la prevalenza più alta era stata riscontrata:


1. nell’Europa del nord in particolare in Irlanda con valori inferiori negli altri paesi europei,
2. negli Stati Uniti
3. nei Paesi africani-asiatici.
In realtà poi i dati più attuali indicano una prevalenza importante (1:100) in maniera ubiquitaria.
C'è un rapporto ♀: ♂= 3: 1.
Ad oggi si riscontrano un minor numero di casi nell'infanzia rispetto a una volta (n.d.s. penso intenda
come numero di casi infantili sul numero di casi totali), questo perché un tempo la celiachia veniva
tipicamente diagnosticata in base ad una valutazione clinica nei bambini con diarrea, difetti
dell'accrescimento e gonfiore addominale. Dovendosi basare solo sull’istologia e non avendo la
possibilità di utilizzare la sierologia era più difficile far diagnosi. Si consideri anche che un tempo gli
esami sierologici erano tecniche poco diffuse e c'è voluto parecchio tempo perché diventassero comuni,
adesso, invece, è sempre più frequente che la diagnosi venga posta negli adulti anche grazie al
diffondersi di queste metodiche.
In questo grafico è possibile osservare come l’incidenza sia aumentata
negli anni, questo è dovuto:
1. maggior capacità diagnostica di cui si dispone grazie alla
accurata sierologia seguita dagli esami endoscopici e istologici;
2. c'è, inoltre, chi sospetta che l’aumentata incidenza sia dovuta
anche all'utilizzo di grani geneticamente selezionati e
particolarmente ricchi di glutine.
Resta comunque il fatto che 1 persona su 100 è affetta da celiachia questo indica una patologia molto
comune, è una patologia multiforme e l'agente eziologico (il glutine) è conosciuto e la sua eliminazione
è curativa: cioè se si elimina il glutine dalla dieta si ottiene la guarigione.
Bisogna inoltre considerare un grande vantaggio: l'organo bersaglio principale (intestino) è esplorabile in
maniera abbastanza semplice con indagini strumentali quali la gastroscopia.
Nell’immagine si osservano i villi intestinali e le cripte, è noto il fatto
che i villi sono deputati ad aumentare la superficie di assimilazione a
livello dell’intestino tenue e quindi se c'è un danno a carico degli stessi
si riduce la capacità di assorbimento.

Si osserva la differenza al microscopio tra un intestino


normale coi suoi villi e la condizione di malattia celiaca

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Ci sono varie forme di celiachia:
 Forma classica dell'infanzia
 Sintomi gastroenterici ad insorgenza tardiva
 Sintomi extra intestinali (numerosi)
 Condizioni associate: è un’enteropatia di tipo autoimmune quindi si pensi anche a tutte le
malattie autoimmuni
 Forma atipica/silente/potenziale/sieronegativa

Forma classica
La forma classica con esordio spesso nell'infanzia è caratterizzata da:
alterazioni dell’accrescimento, perdita di peso, gonfiore e dolore addominale,
diarrea e steatorrea e presenta una rapida risposta alla dieta agglutinata.
Immagine esplicativa del Netter che illustra segni e sintomi: si può osservare il
bambino col ventre gonfio e con l'aspetto denutrito, mentre l’adulto ha
caratteristiche diverse. Vengono rappresentati, inoltre, l'indagine endoscopica, il
grasso nelle feci (steatorrea), i problemi cutanei, problemi ossei, addirittura ci può
essere edema nel caso di malnutrizione.

Sintomi gastroenterici aspecifici


Ci sono forme con sintomi gastroenterici aspecifici come alterazioni dell’alvo, quindi, spesso i pazienti
vanno di corpo con feci poltacee/troppo morbide/tendenzialmente diarroiche, ma è necessario prestare
attenzione anche alle forme che presentano stipsi. Anche quest’ultime si risolvono dopo l’eliminazione
del glutine dalla dieta. Bisogna fare attenzione in quanto ci sono situazioni cliniche molto varie e
disparate.
Il gonfiore addominale un altro sintomo aspecifico, la dispepsia, sensazione di tensione e pesantezza
addominale questi sono sintomi comuni a moltissime condizioni sia organiche sia funzionali che
affliggono l'apparato gastrointestinale.

Sintomi dermatologici
Esistono presentazioni cliniche particolari come la dermatite Herpetiforme che presenta lesioni
pruriginose papulo-vescicolari. Il 99% dei pazienti con dermatite herpetiforme hanno almeno una
celiachia latente, mentre tra i pazienti celiaci sono meno del 10% quelli
che soffrono di dermatite herpetiforme.
Quasi sempre la biopsia intestinale è patologica in questo tipo di
pazienti: ovvero se si sottopone un pz con la dermatite herpetiforme a
biopsia intestinale si trova quasi sempre un'infiammazione e un’atrofia
dei villi, ma solo una minoranza di questi pazienti presenta sintomi GI.
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Il trattamento della dermatite è quello topico o quello specifico per le dermatiti, però questo non è
utile per le lesioni intestinali. Al contrario, la dieta priva di glutine è utile sia per le manifestazioni
intestinali sia per quelle dermatologiche.
A sinistra: dermatite herpetiforme sui gomiti, si osservano chiaramente le lesioni vescicolo-papulose.

Tipologie di transglutaminasi
La transglutaminasi è presente sottoforma di diversi tipi:
o tipo 2 nell’intestino
o tipo 3 che si trova nella cute e questo chiarisce anche il perché della correlazione con la
dermatite Herpetica
o tipo 6 nel tessuto nervoso
Tra questi tre enzimi c'è un’omologia del 65% e tutti catalizzano la deamidazione della Gliadina

Manifestazioni ematologiche
Ci possono essere anche manifestazioni ematologiche come prima presentazione clinica, tra queste si
ricordano:
1. Anemia sideropenica: è la presentazione più frequente poiché il ferro è assorbito soprattutto nel
duodeno e la celiachia tipicamente coinvolge questa porzione di intestino. Il fatto che sia
coinvolto il duodeno è anche una fortuna per certi aspetti in quanto è un luogo facilmente
accessibile con la gastroscopia e si riesce a fare agevolmente la biopsia.
2. Anemia da deficit di folati.
3. Anemia da deficit di vitamina B 12 molto più raramente.
4. Coagulopatie con deficit della vitamina K, ma in questo caso deve esserci un malassorbimento
molto maggiore per causare un deficit della vit K .
5. Iposplenismo che si manifesta anche con elevati valori dei globuli bianchi. Numerose
osservazioni concordano sul fatto che spesso i pazienti celiaci hanno la milza di volume ridotto.

Manifestazioni muscoloscheletriche
1. Difetti dello smalto dei denti permanenti,
2. Osteopenia/osteoporosi,
3. Osteomalacia/rachitismo,
4. Condizioni autoimmuni associate (artrite reumatoide, lupus, sindrome di Sjogren) che
coinvolgono spesso la muscolatura,
5. Bassa statura per deficit di accrescimento nell'infanzia,
6. Ritardo dell'età ossea,
7. Clubbing digitale.

Manifestazioni neuropsichiatriche
1. Sindrome da iperattività/deficit dell'attenzione,
2. Irritabilità,
3. Deficit cognitivi,
4. Calcificazioni cerebrali,
5. Convulsioni,
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6. Neuropatia periferica,
7. Atassia,
8. Schizofrenia
Attenzione: nell’elenco appena riportato si correlano con la celiachia troppe cose: alcuni studi/autori
ipotizzano queste correlazioni, però ci sono anche molte smentite; quindi, si prendano queste
correlazioni “con le pinze” perché non sono tutte molto sicure.
Per quanto riguarda le manifestazioni neuropsichiatriche forse quelle che hanno destato un po’ più di
interesse negli studiosi sono: depressione, autismo, allucinazioni, neuropatia periferica, ansia,
atassia.
Esiste una vera e propria atassia da glutine, d’altronde, si è visto in precedenza che le transglutaminasi
di tipo 6 sono presenti nel SN. Tant’è che l’atassia da glutine è una delle cause più annoverate tra le
atassie sporadiche idiopatiche e rappresenta il 20% di tutte le forme di atassia, però va sottolineato che
meno del 10% di questi pazienti con atassia da glutine ha dei sintomi intestinali.
Per quanto riguarda la neuropatia da glutine è stata descritta come una neuropatia periferica idiopatica
associata ai marcatori sierologici di celiachia. Si è perciò dedotto che possa esistere proprio una forma
specifica che si può presentare come:
 neuropatia mista assonale sensitivo-motoria simmetrica
 neuropatia mista assonale sensitivo-motoria asimmetrica
 neuropatia motoria pura
 neuropatia autonomica
Esiste anche un'osservazione sulla presenza di cefalea, nell'ambito di una cosiddetta encefalopatia da
glutine, con anomalie focali della sostanza bianca encefalica.

Manifestazioni ostetrico-ginecologiche
1. menarca tardivo,
2. infertilità,
3. aborto (9 volte più frequente),
4. basso peso del nascituro,
5. prognosi peggiore della gravidanza se uno dei due genitori (anche il padre) è affetto da celiachia
e prognosi migliore se la madre celiaca segue una dieta agglutinata.
Il discorso dell'infertilità è molto importante, oltre per il fatto che spesso queste donne tornano dal
medico felici perché dopo aver iniziato la dieta priva di glutine sono rimaste incinte, anche perché la dice
lunga sull’importanza della celiachia nell’ambito dell’infertilità.
Per fare un esempio e unire le manifestazioni cliniche ossee a quelle ostetrico-ginecologiche si ricorda
che durante la gravidanza la madre perde calcio perché deve compensare anche il fabbisogno del feto.
Può succedere che dopo la gravidanza una donna possa avere dei problemi ossei come lo schiacciamento
vertebrale, in questo caso la donna non sapeva di essere celiaca si fa una serie di indagini e salta fuori la
celiachia che la gravidanza ha slatentizzato e si è manifestata, attraverso la perdita di calcio, anche
un’osteoporosi latente.

Condizioni associate: malattie autoimmuni


Dal momento che si parte dall’enteropatia autoimmune, l'associazione con le altre malattie autoimmuni
viene da sé. Inoltre, seguendo la dieta priva di glutine sembra che l’insorgenza delle malattie
autoimmuni si riduca: cioè i pazienti con celiachia che non seguono la dieta agglutinata facilitano lo
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sviluppo negli anni di malattia autoimmune, se invece seguono la dieta priva di glutine più difficilmente
svilupperanno malattie autoimmuni.
Tra i pazienti con diabete mellito di tipo 1 (quindi su base autoimmune) dal 3 all' 8% soffrono di
celiachia. Poi ci sono tireopatie autoimmuni, malattia di Addison, alopecia areata, sindrome di
Sjogren e poi altre tipo lupus e artrite reumatoide.

Malattie epatobiliari
1. colangite sclerosante primitiva,
2. colangite autoimmune,
3. cirrosi biliare primitiva che adesso si chiama in realtà colangite biliare primitiva
4. ipertransaminasemia di natura non determinata.

La diagnosi
Sono diversi i medici a cui spetta identificare il sospetto clinico di celiachia; quindi, non è solo
responsabilità del pediatra o del gastroenterologo, ma anche dell’internista, del reumatologo,
dell’endocrinologo, del diabetologo, del dermatologo, del neurologo, etc.
Insomma, è dovere di tutti i medici perché si è di fronte ad una patologia molto frequente e la diagnosi è
molto semplice perché il percorso diagnostico inizia con un semplice prelievo di sangue per testare gli
anticorpi.

Iter diagnostico nella celiachia


1. Sospetto clinico
2. Indagini sierologiche
3. Conferma istologica

Si inizia da un sospetto, come nel caso di un pediatra che vede un bambino con un accrescimento
ritardato oppure una diarrea persistente, è sempre molto gonfio, etc.; ancora un dermatologo per una
dermatite erpetiforme; il dentista per delle anomalie dentali; il reumatologo per patologia autoimmune; il
medico di base per uno o più manifestazioni elencate precedentemente.
Quindi dal sospetto clinico si passa delle indagini sierologiche.
La conferma istologica viene ancora ad oggi messa in discussione: ad esempio gli inglesi la vorrebbero
togliere dalle loro linee guida perché non ne vedono la necessità. In fondo ormai sono presenti test
sierologici sia di screening sia di conferma che sono talmente accurati, sensibili e specifici che non c’è
più bisogno della conferma istologica. Bisogna sottolineare come in questo tipo di ragionamento
probabilmente prevalga la componente di risparmio economico del sistema sanitario.

Diagnosi sierologica
Per quanto riguarda i test sierologi si è visto come servano non solo inizialmente per fare la diagnosi,
ma anche successivamente per monitorare la risposta e la compliance alla dieta: perché una positività
data da un alto titolo anticorpale, facendo la dieta priva di glutine, deve andare incontro nel tempo a
negativizzazione (ridurre quantitativamente).

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Il test sierologico può essere utile nello screening degli individui a rischio come nel caso dei parenti
prossimi, diabetici, pazienti con malattie autoimmuni o anemia inspiegata.
La diagnosi sierologica è quindi basata sul controllo di
1. Anti-transglutaminasi tissutale (tTG): IgA più utilizzate.
2. Anti-gliadina (AGA): IgA che si utilizzano ancora solo per i bambini fino ai tre anni perché
bambini così piccoli possono non essere ancora in grado di sviluppare anti-transglutaminasi
tissutale. Una volta si usavano molto, ma sono in realtà meno sensibili e specifiche.
3. Anti-peptidi deamidati della gliadina: IgG utilizzate solo nei pazienti con deficit molto
importanti di IgA.
4. Anti-endomisio (EMA): IgA che si utilizzano come test di conferma, sono gli anticorpi di
certezza che hanno la massima affidabilità e attualmente si effettuano solo quando sono positivi
gli anti-transglutaminasi tissutale.

EGDS e biopsia
Poi si effettua la biopsia in corso di EGDS (= esofago-gastro-duodeno-scopia): si raggiunge con
l'endoscopio il duodeno e si fanno le biopsie. Questo rappresenta ad oggi il gold standard.
Per avere un buon materiale bioptico da dare al patologo è necessario effettuare fare quattro prelievi
nella seconda porzione duodenale e almeno due nella prima porzione duodenale (cioè nel bulbo
duodenale); in realtà dipende molto dall’abitudine del patologo nel diagnosticare la celiachia poiché non
tutti i patologi hanno la stessa esperienza.
Le biopsie vanno stese con una precisa disposizione su pezzo di carta bibula (carta assorbente) in modo
che il patologo possa vedere in maniera orientata i villi intestinali.

La diagnosi si può basare anche sulla risposta clinica quando paziente segue correttamente una dieta
senza glutine, si parla soprattutto dei bambini in cui magari non si vuole fare la gastroscopia perché sono
piccoli quindi è più impegnativa e magari ci sono dei dubbi sul fatto che la sierologia sia veramente
positiva, magari è borderline allora si può fare un gluten challenge test ovvero si reintroduce il glutine e
si vede se tornano i sintomi o se aumenta il titolo di anticorpi.
Si ricorda come l’EGDS permetta di indagare altre cause a carico delle prime vie digestive e anche varie
forme di anemia; perciò, è un esame che potrebbe individuare anche altre patologie come, ad esempio,
un’altra patologia autoimmune importante: la gastrite autoimmune.

Predisposizione genetica
L'associazione con l’HLA, in particolare con l’aplotipo HLA DQ2 o DQ8, induce predisposizione alla
celiachia. Per essere precisi, il pattern DQ2 è espresso circa nel 90-95% dei pazienti celiaci e DQ8 nel
restante 5-10%. Bisogna però prestare attenzione perché un aplotipo DQ2/DQ8 ha soltanto un valore
predittivo negativo: se un paziente presenta DQ2/DQ8 negativi non è predisposto a sviluppare
celiachia.
Si ricorda che il 30% della popolazione generale è DQ2/DQ8 positivo.
Questi dati servono quindi per escludere nei casi di discordanze tra sierologia e bioptici.

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Marcatori endoscopici, biopsia duodenale e classificazione istologica
È fondamentale conoscere i marcatori endoscopici di celiachia poiché può capitare di fare un esame
endoscopico ad un paziente per tutt’altro motivo, come nel caso di una gastroscopia per malattia da
reflusso quindi non già per una biopsia duodenale, e poi identificare i marcatori endoscopici che
permettono di fare diagnosi di celiachia.
Tali marcatori sono:

1. Riduzione/perdita delle pliche duodenali


(o pliche di Kerckring) (sensibilità 74%, specificità 99%):
sono visibili soprattutto nella seconda porzione duodenale.
Quindi se si osserva un duodeno particolarmente piatto si
faranno le biopsie anche se il paziente si è presentato con una
GERD.

2. Scalloping delle pliche duodenali


(sens 67%, spec 100%): si osservano incisure sul margine
libero della plica (scallop è la capasanta).

3. Aspetto micronodulare
(sens 57%, spec 100%)

4. Pattern a mosaico della mucosa (sens 26%, spec 100%):


porzione striata che può essere presente sia nel bulbo che nella
seconda porzione duodenale

Inoltre, possono presentarsi quadri


endoscopici già complicati come nel caso di:
Digiuno-ileite ulcerativa
Adenocarcinoma digiunale
Può essere utile anche effettuare l’endoscopia
ad immersione: immettendo acqua a livello
ileale i villi fluttuano nell’acqua permettendo
all’endoscopista di vedere se essi sono presenti o meno.

In conclusione, l’endoscopia risulta utile per ottenere i campioni bioptici


per:
- La diagnosi istologica (come conferma dopo che la sierologia è risultata positiva)
- La rivalutazione istologica in follow up in caso di scarsa risposta alla dieta o per sospette
complicanze sia di natura neoplastica (linfoma intestinale a cellule T o carcinoma del tenue:
entrambe condizioni molto rare, ma di certo più frequenti all’interno della popolazione celiaca)
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sia non neoplastica (celiachia refrattaria, digiuno-ileite ulcerativa o sprue collagenosica:
nonostante la dieta il paziente continua ad avere gli stessi sintomi)
- Si ripete la biopsia dopo 6-12 mesi in caso di sospetto diagnostico per celiachia potenziale
(sierologia +, istologia -) o celiachia sieronegativa (sierologia -, HLA predisponente e istologia
+)
La biopsia duodenale deve essere eseguita durante la dieta libera (paziente assume normalmente
glutine). I campioni bioptici devono essere orientati su carta bibula in modo da poter permettere una
corretta valutazione istologica. In particolare, sono necessari 4 campioni dalla seconda porzione
duodenale e 2 nel bulbo (quindi prima porzione duodenale), questo perché le lesioni possono essere un
po’ a mosaico (lesioni patchy) e non uniformi, magari la lesione dovuta alla celiachia è presente nella
prima e non nella seconda porzione duodenale.
Nel caso di un riscontro accidentale si ribalta il quadro diagnostico: prima con la biopsia fatta per altri
motivi si identifica l’alterazione della mucosa duodenale. Si consideri che in teoria 1 paziente su 100 tra
quelli sottoposti a EGDS può essere celiaco.

Per quanto riguarda la classificazione istologica di Marsh-Oberhuber si distinguono 3 gradi


- I° grado→ infiltrato infiammatorio a livello della mucosa.
- II° grado→ aumento della profondità delle cripte, ma i villi
continuano ad avere un’altezza normale.
- III° grado suddiviso a sua volta in: a, b e c→ la suddivisione nei
sottogruppi dipende dal grado di appiattimento (grado c il villo è
completamente appiattito).

Spettro diagnostico
È possibile suddividere la celiachia in diverse tipologie:
1. Malattia celiaca conclamata: presenta positività ai test sierologici, istologia tipica e classici
sintomi gasto-intestinali.
2. Malattia celiaca atipica: sierologia e istologia positive, ma i sintomi non sono tipici o addirittura
non sono di natura gastro-intestinale (es: anemia, etc.).
3. Malattia celiaca silente: paziente che non presenta sintomi nonostante l’istologia e la sierologia
positive. Potrebbe essere uno di quei casi in cui si fa accertamento perché il fratello presenta
celiachia conclamata e si scopre la positività.
4. Malattia celiaca potenziale: di questo gruppo fanno parte il 20% dei pazienti con sierologia
positiva, ma questi hanno istologia negativa e i sintomi possono essere presenti oppure no e,
inoltre l’HLA risulta compatibile.
5. Malattia celiaca sieronegativa: negatività alla sierologia, ma istologia positiva, [da slide: i
sintomi possono essere presenti o meno e l’HLA è suggestivo]. L’ipotesi alla base della celiachia
sieronegativa si spiega con la presenza TTG-IgA sequestrati nella mucosa intestinale ed è questo
il motivo per cui non si ritrovano in circolo.

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Autodiagnosi di celiachia
È un problema molto frequente, in questi casi il paziente dopo l’autodiagnosi passa
all’autoprescrizione di una dieta priva di glutine (si consideri che ad oggi è molto facile dal momento
che gli alimenti privi di glutine sono ben segnalati con una spiga di grano sbarrata). Questo però crea dei
problemi in fase diagnostica poiché non si possono fare corretti prelievi sierologici e bioptici se il
paziente non sta effettuando una dieta libera.

Trattamento
Esso consiste in:
- Dieta aglutinata a vita.
- È bene ridurre inizialmente anche il lattosio poiché la lattasi è presente sui villi intestinali e se
questi sono appiattiti si sviluppa facilmente intolleranza al lattosio.
- Integratori e supplementi dietetici se necessario (soprattutto calcio, ferro e folati).
- Suggerire ai pazienti di contattare le associazioni dei pazienti celiaci che danno notizie molto
dettagliate su come comportarsi o sui ristoranti certificati oppure rispondono alle domande.
Per quanto riguarda la dieta aglutinata esistono problemi di non compliance (nel caso di uno strappo
alla regola o dei pasti fuori casa o dei bambini e degli adolescenti anche se in realtà l’esperienza ci
dimostra come i ragazzi siano più diligenti degli adulti). Si ricorda come sia controverso l’uso dell’avena
e dell’amido di grano. Si è visto come la dieta aglutinata oltre che ridurre il rischio di patologie
autoimmuni riduce il rischio di neoplasia in particolare il linfoma a cellule T dell’intestino e
l’adenocarcinoma dell’intestino tenue.
Nell’Unione Europea la concentrazione massima di glutine che un celiaco può assumere in un alimento
è 20ppm (parti per milione) per definire il prodotto senza glutine.

Risposta e mancata risposta alla dieta


La risposta al trattamento è di solito: si parla di 2 settimane nel 70% dei casi e di 6 settimane in quasi
la totalità dei casi. La risposta sierologica si ha dopo un mese/mese e mezzo (4-6 settimane). Il
miglioramento istologico è graduale (periodo fino a 2 anni). Spesso al trattamento si associa un
incremento ponderale dal momento che gli alimenti privi di glutine contengono più grassi, questo risulta
problematico poiché successivamente alcuni pazienti svilupperanno la sindrome metabolica. Al paziente
vengono forniti buoni dal valore di circa 100€ che il paziente spenderà correndo spesso il rischio di
sovralimentazione.
La mancata risposta alla dieta deve essere seguita da:
- Verifica della dieta.
- Rivalutazione della diagnosi perché potrebbe esserci una malattia sovrapposta come IBS, IBD,
infezioni o allergie alimentari.
- Esclusione di patologie concomitanti come l’intolleranza al lattosio, sovra crescita batterica
intestinale, sprue refrattaria e neoplasie.

[n.d.s. ultima slide che appare, ma su cui il prof non ha detto


nulla].

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Cancro del colon-retto
In passato, il cancro al colon era un tipo di
cancro poco frequente, ma nell’ultimo
secolo ha dimostrato un progressivo
aumento dell’incidenza.
In linea di massima è un tipo di cancro che
oggi ha conquistato una delle posizioni più
alte nel ranking di mortalità e di incidenza
delle neoplasie.

Il cancro del colon si avvale oggi di misure


terapeutiche che sicuramente hanno
contribuito a migliorare la gestione dei
pazienti affetti. Ciò nonostante, la sua
incidenza tende ad aumentare; questo è dovuto essenzialmente alla modificazione degli stili di vita, in
modo particolare all’aumento del numero dei pazienti obesi.

Il cancro colon-rettale è una patologia che interessa diverse


specialità sia di ordine medico che chirurgico. Sicuramente, per i
gastroenterologi, l’oggetto di interesse fondamentale di questo
tipo di patologia è la sua storia naturale che ne permette
un’efficace prevenzione.

Il cancro colon-rettale è secondo per incidenza nell’uomo solo al


tumore al polmone e nella donna solo al tumore al seno.

I nuovi casi per anno in Italia sono circa 31.000 e la mortalità si attesta intorno al 50%.
L’aumento dell’incidenza è particolarmente evidente in certe aree geografiche, dove sono meno capillari
gli interventi di prevenzione, più diffusi invece in altri paesi industrializzati.

Storia naturale
La lesione avanzata, ovvero l’adenocarcinoma, è sempre anticipata dallo sviluppo del polipo
adenomatoso. Questo ha due caratteristiche fondamentali:
 È ben visibile all’endoscopia, quindi facilmente
individuabile. Esistono, infatti, delle tecniche
endoscopiche particolari che consentono di
individuare anche le più piccole lesioni.
 Facilmente aggredibile dal punto vista
endoscopico. Determinare la resezione di questo

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tipo di lesione è molto semplice e consente di evitare l’evoluzione verso patologia decisamente
più grave.

In molti casi storia naturale di questa neoplasia viene proposta in chiave classica come sequenza
adenoma-carcinoma. In realtà, alla base del processo di genesi del cancro vi è un accumulo di lesioni e
mutazioni, con aumento delle dimensioni del polipo e la sua sempre maggiore progressione verso forme
tumorali. C’è però da precisare che questo destino non interessa tutti i polipi ma solo circa il 30% degli
stessi.

La progressione del polipo è comunque determinata da due vie principali:


 Instabilità cromosomica (CIN), tipica della FAP (poliposi adenomatosa familiare).
 Instabilità dei microsatelliti (MSI), caratteristica invece della sindrome di Lynch.

L’instabilità cromosomica o dei microsatelliti non sono tipiche solo delle forme familiari, sono anche
alla base della genesi delle forme spontanee.

Il polipo adenomatoso
Queste vie principali di progressione della malattia portano allo sviluppo di lesioni sempre più
riconoscibili all’endoscopia, sino alla lesione caratteristica che è il polipo. Parlare di polipo o poliposi
non è la stessa cosa. Infatti, con il termine poliposi si indica la presenza di numerosi polipi (almeno 10) a
livello del colon. Alla base della poliposi vi sono spesso di condizioni familiari, dunque, quando si
presenta un paziente con uno stato di poliposi bisogna indagare una possibile suscettibilità familiare.

[ da Slide. Il polipo è una estroflessione della mucosa intestinale con


 dimensione variabile,
 con o senza peduncolo,
 benigno (infiammatorio/iperplastico), pre-maligno (adenoma) o maligno (adenocarcinoma).
 singolo o multiplo.]

Normalmente sono necessari almeno 10 anni affinché un polipo possa progredire dallo stato di adenoma
a quello di adenocarcinoma invasivo. Si ha quindi molto tempo per eseguire una resezione endoscopia,
essendo l’evoluzione molto lenta.

13
Nella migliori delle situazioni, il polipo
presenta un peduncolo che consente
quindi la resezione sicura e ampiamente
al di sotto del limite della trasformazione
adenomatosa (polipectomia). In questo
caso, si può anche andare a posizionare
una clip metallica nella sede di taglio per
evitare che ci possa essere un
sanguinamento. Vi è infatti sia un rischio
di sanguinamento immediato dopo la
resezione, sia un rischio di
sanguinamento ritardato a qualche
giorno dalla stessa, dovuto alla caduta
dell’escara che si viene a formare sul moncone rimasto in sede.

Non sempre i polipi presentano un peduncolo che ne facilita la resezione. Esistono anche lesioni non
polipoidi, che hanno una classificazione a parte, ed hanno una diffusione non al di sopra del peduncolo,
ma laterale (Lateral Spreading Tumors LST).
Anche questo tipo di lesioni devono essere
resecate e lo si fa tramite una tecnica particolare
che prende il nome di mucosectomia oppure, in
casi particolari, con la resezione endoscopica
sottomucosa. Queste tecniche, ovviamente, sono
più complesse e meno radicali rispetto alla
polipectomia. In alcuni casi possono rimanere
delle tracce di tessuto adenomatoso che dovrà
essere resecato o cauterizzato.
Nel caso della lesione a lato si può osservare un
cosiddetto “tetto granulare”.

Neoplasie del colon-retto


Si deve fare una distinzione iniziale in due grandi gruppi quando si parla di neoplasie del colon-retto:
 Neoplasie benigne
o Polipi adenomatosi
o Polipi infiammatori, sono molto più rari e benigni ma vengono comunque resecati ed
analizzati.
o Polipi iperplastici, si tratta di piccoli polipi che vengono comunque resecati e valutati
istologicamente.

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 Neoplasie maligne
o Adenocarcinomi
o Linfomi
o Sarcomi
o GIST (GastroIntestinal Stromal Tumors)
Sicuramente, tra le lesioni maligne, la più frequente è l’adenocarcinoma.

Classificazione macroscopica delle lesioni superficiali del colo-retto


Le lesioni superficiali si possono dividere in:
 Lesioni polipoidi con polipi
o Peduncolati.
o Sessili, che non presentano il
peduncolo.
 Lesioni non polipoidi, ulteriormente
divise in:
o Piatte
o Rilevate
o Depresse
In ogni caso, a prescindere dalla morfologia dalla
lesione, i polipi devono essere asportati, soprattutto se si tratta di una colonscopia di screening.

Polipi adenomatosi
I polipi adenomatosi sono molto frequenti e la loro incidenza aumenta con l’avanzare dell’età. Però, solo
una certa quota evolve in adenocarcinomi. Il rischio di degenerazione maligna dipende da:
 Tipo istologico della lesione
 Dimensione
 Numero
 Momento di insorgenza. Infatti, l’età di insorgenza può essere correlata alla suscettibilità
familiare. Se è presente suscettibilità familiare, le lesioni si sviluppano in maniera più repentina
rispetto al normale.

[da Slide. Oltre il 40% dei soggetti over 60 presenta polipi adenomatosi, ovvero lesioni precancerose.
Circa il 10-30% di questi evolve in carcinoma del colo-retto (CRC). In genere la presenza di un polipo
è asintomatica, a volte può essere associata ad anemia,
ematochezia, sangue occulto nelle feci. La diagnosi più sicura è
rappresentata dalla colonoscopia]

Per quanto riguarda la probabilità di evolvere in carcinoma,


l’adenoma villoso è quello che ha il rischio maggiore. Seguono
poi dall’adenoma tubulo-villoso e da quello tubulare.

15
La distribuzione degli adenomi del colon rispecchia quella
del cancro: i polipi si trovano più frequentemente nel
colon sinistro, in minor misura nel colon
discendente/trasverso ed in ultimo nel colon
cieco/ascendente. Negli ultimi anni si sta assistendo ad un
aumento nel rate di comparsa dei polipi del colon destro.

Anatomia patologica
La displasia di basso grado comprende:
 Displasia lieve [da Slide. Architettura relativamente conservata, tubuli ghiandolari solo
lievemente allungati o tortuosi ed iniziali accenni di gemmazione. Perdita del gradiente di
differenziazione cellulare, nuclei allungati, ingranditi, polarizzati]
 Displasia moderata [da Slide. Caratteristiche intermedia tra lieve e moderata]
La displasia di alto grado comprende:
 Displasia severa. In questo caso sono maggiormente rilevanti le alterazioni nucleari. [Da Slide.
Cripte con ramificazioni e gemmazioni irregolari. Nuclei Francamente ipercromici, tondeggianti
od ovali, marcatamente ingranditi, per lo più privi di orientamento polare. Strutture epiteliali
complesse costituite da cellule meno differenziate e polimorfe]

Polipi cancerizzati
Può avvenire che, in seguito ad una resezione di un polipo, si evidenzi all’esame istologico una vasta
aerea di displasia di basso grado, ma anche la presenza di zona di displasia ad alto grado (focolaio di
adenocarcinoma). In questo caso la polipectomia è da considerarsi curativa quando:
 la neoplasia non ha invaso la sottomucosa.
 la neoplasia ha invaso la sottomucosa, ma tra il margine di resezione del peduncolo e il
carcinoma c’è uno spazio di almeno 2 mm, non c’è interessamento neoplastico dei vasi e il
carcinoma non è istologicamente poco differenziato.

Altrimenti è necessario ricorrere al trattamento chirurgico. In questo caso la lesione è da


considerarsi avanzata ed infiltrante; dunque, la sola resezione endoscopica non risulta sufficiente.

Adenomi serrati
Si tratta di adenomi da trattare con molta attenzione. Questi possono essere anche abbastanza difficili da
identificare: normalmente tendono a distribuirsi sul margine di una plica e a presentarsi come
ispessimenti della stessa. A volte possono presentare una piccola quantità di muco al di sopra, questo
può facilitarne l’identificazione.
Gli adenomi serrati con minime alterazioni architetturali si trovano preferenzialmente nel colon
prossimale, mentre quelli con alterazioni nucleari o citologiche riconducibili a displasia sono più comuni
nel colon distale.
Inizialmente venivano considerate lesioni non evolutive, simili ad un polipo iperplastico. In realtà
possono avere un’evoluzione in senso tumorale anche abbastanza veloce.

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Esiste anche una forma di poliposi serrata che favorisce lo sviluppo di alterazione displastiche
principalmente nel colon destro.

Cancro colorettale: clinica


I pazienti sono spesso asintomatici. Alcuni sintomi compaiono solo quando la malattia raggiunge uno
stato avanzato, tra questi ricordiamo:
 anemia microcitica da perdita ematica cronica
 astenia
 dispnea da sforzo
 calo ponderale
In questo caso l’unica alternativa è la chirurgia di tipo palliativo.

Ciò a cui bisogna prestare attenzione è la presenza di alcune manifestazione cliniche che indicano stadi
della malattia più precoci come:
 alterazioni dell’alvo.
 sanguinamento acuto, che può essere un sintomo da ricercare nella prevenzione.
[da Slide.
 Tenesmo.
 Fastidio addominale.
 Dolore addominale.
 Disturbi urogenitali.]

Cancro colon:

Diagnosi
Quando si riconosce una clinica avanzata o di sospetto, oltre a fare l’esplorazione rettale, è necessario
fare colonscopia con eventuali biopsie. In caso di positività sarà necessario proseguire con la stadiazione
tramite TC per determinare la diffusione locale e quella a distanza. Alcuni marcatori neoplastici come il
CEA o il CA19.9 posso risultare utili nel processo diagnostico.

Diagnosi differenziale
Il sanguinamento può essere correlato anche ad altre patologie come emorroidi, malattie infiammatorie
del colon, diverticolosi, ragadi anali. Nel caso di cancro, il sanguinamento è molto simile a quello delle
MICI: non elevato e per lo più misto a feci.
[Da Slide. Le alterazioni dell’alvo e dolore addominale si possono ritrovare anche altre patologie come
IBS, malattia diverticolare, MICI o fenomeni ischemici.]

Tipi istologici
Il tipo più comune è sicuramente l’adenocarcinoma che si
divide a sua volta in mucinoso e non altrimenti specificato
(NAS). Gli altri tipi di cancro colorettale sono sicuramente
molto meno diffusi.
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Fattori di rischio
La colonscopia è fondamentale non solo per la diagnosi, ma anche per l’individuazione delle lesioni
preneoplastiche. Per questa ragione può essere utile effettuare una colonscopia di controllo in soggetti a
rischio.
Esistono due tipi di rischio:
 Rischio generico: interessa tutti gli individui con età superiore ai 50 anni. Infatti, dopo i 50 anni
il rischio di sviluppare questo tipo di cancro si impenna. Sopra agli 80 è improbabile ritrovare
questo tipo di patologia perché si dovrebbe essere già manifestata in passato. Varcati i 50 anni
sembra che il rischio di sviluppare cancro al colon sia del 6% nella popolazione generale.
 Rischio aumentato: a sua volta legato a
 Ereditarietà:
 Rischio familiare: aumentata probabilità di sviluppare il cancro che non risponde
ai criteri ereditari ed identificativi tipici delle sindromi.
 Sindromi familiari.
 Malattie infiammatorie croniche intestinali: queste possono indurre la formazione di
neoplasie che crescono su mucosa piatta. Si deve prestare particolare attenzione ai
pazienti con RCU o Crohn che perdurano per più di una decade, perché hanno un rischio
sensibilmente aumentato.
 Storia personale di polipi adenomatosi o cancro colo-rettale : dovuta alla possibilità di
recidiva.
 Fattori ambientali: come riduzione dell’attività fisica o aumento del peso corporeo.

Eziologia
Il cancro del colon nella maggior parte dei casi è
sporadico (in questo caso l’unico fattore di rischio
è l’età). Nel 10-30% dei casi i pazienti che
sviluppano cancro del colon presentano una
familiarità, ovvero un parente di primo grado
affetto (ciò determina quindi la necessità di
anticipare l’età della prima colonscopia e di
effettuare un controllo più attento). Solo nel 5%
dei casi invece si può parlare di cancro al colon
associato a sindrome di Lynch, mentre la FAP è
responsabile di circa l’1% di tutti i casi. Una

piccolissima percentuale di casi è invece dovuta a


sindromi rare.
La presenza di un familiare di primo grado con
cancro al colon-retto aumenta di 2/3 volte il
rischio di sviluppare tale patologia, mentre il peso
dei parenti di secondo o terzo grado è inferiore.

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Ovviamente, avere due parenti di primo grado affetti aumenta maggiormente il rischio, fino a 3 o 4
volte.
Un rischio paragonabile al precedente si ha anche nel caso in cui il parente affetto abbia sviluppato la
neoplasia in giovane età, dunque sotto i 50 anni.
Quindi, è importante considerare sia il numero dei parenti di primo grado con storia clinica positiva, sia
l’età in cui il cancro si è manifestato per stratificare il rischio. Questo perché, andando avanti con l’età, il
peso dei fattori ambientali si fa sempre più importante a discapito della suscettibilità familiare.

Inoltre, un ulteriore fattore di rischio è rappresentato dalla presenza di un parente di primo grado con
storia di polipo adenomatoso.

Poliposi familiari
Tra le sindromi familiari la FAP determina una
probabilità di sviluppare cancro al colon del 100%
durante la seconda decade di vita, mentre la HNPCC o
sindrome di Lynch comporta un rischio del circa 80%.
La MAP è una patologia simile alla FAP ma è
determinata dalla mutazione di un gene diverso e
induce un minor numero di polipi rispetto alla stessa.

La poliposi familiare è caratterizzata da un numero enorme di polipi adenomatosi. La mutazione genica


fa sì che questi si possano sviluppare in un numero che può raggiungere anche centinaia o migliaia. In
questi casi è molto facile che uno o più di questi piccoli adenomi possano subire un second hit e
trasformarsi in tumori.

FAP
 È una malattia autosomica dominante.
 Determina la comparsa di centinaia/migliaia di polipi adenomatosi in tutto il tubo digerente, in
particolare nel colon-retto.
 Determina la comparsa precoce del cancro nel 100% dei casi entro 40 anni, ma più spesso entro i
20.
 È data dalla mutazione del genere APC
 Il trattamento è quello della proctocolectomia totale ed ileo-retto anastomosi. Bisogna, però, stare
attenti a possibili localizzazioni duodenali dei polipi della FAP che non vengono trattati con
questa procedura.
 Quando si individua una famiglia è necessario fare il test genetico per identificare i portatori
della mutazione. Prima della disponibilità di questi kit si faceva retto-sigmoidoscopia (poiché il
retto è sempre colpito) a partire dai 10 anni di età con una certa frequenza.

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Il gene APC può avere caratteristiche
particolari. Esiste anche una forma attenuta di
FAP in cui le mutazioni riguardano l’estremità
del gene che comporta lo sviluppo di decine,
massimo centinaia di polipi. Ciò non esime dalla
necessità di effettuare screening ed il test
genetico.
Esiste anche una mutazione particolare che porta
ad una forma associata a tumori desmoidi ed una
associata a retinite pigmentaria, anche se la
maggior parte dei casi di FAP sono relativi alla
mutazione classica.

Hereditary non polyposis colorectal cancer (HNPCC) o Sindrome di Lynch


Interessa circa il 5% di tutti i cancri del colon ed è legata alla mutazione di uno o più geni dei
MisMatch Repair. Quando questi geni sono interessati da una mutazione tendono a fallire nei processi
di riparazione del DNA, portando ad errori nella replicazione. Dal punto di vista clinico è caratteristico
che questa sindrome sia associata a neoplasie extracoliche come quella gastrica, endometriale, renale ed
ovarica.

La sindrome di Lynch si avvale anche di criteri di diagnosi clinici. Si


tratta dei cosiddetti Amsterdam I Criteria, poco sensibili e poco
specifici, che si basano sulla presenza di almeno 3 parenti con cancro
colorettale più almeno due tra:
 Uno deve essere un parente di primo grado degli altri due
 Due o più generazioni devono essere affette
 Il cancro è stato diagnosticato, in almeno uno, sotto i 50 anni
 Deve essere stata esclusa la FAP
 I tumori devono essere stati verificati attraverso l’esame
istopatologico

Oggi giorno più spesso si chiede nell’anamnesi quanti parenti con cancro del colon ci siano in famiglia,
il grado degli stessi e l’età di comparsa della neoplasia.
Gli Amsterdam II Criteria sono molto simili ai precedenti, differiscono per il fatto che vanno ad
includere anche gli altri tipi di cancro tipici della HNPCC, presentando quindi una sensibilità
leggermente maggiore ma una specificità inferiore.

Tra i criteri di Bethesda invece si annoverano:


 Comparsa del cancro al colon in età inferiore ai 50 anni.
 Cancro colorettale multiplo o cancri HNPCC relati.
 Cancro colorettali con istologia che documenti instabilità dei microsatelliti in età inferiore a 60
anni.

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 Cancro colorettali o cancro HNPCC-relato diagnosticato in almeno un parente di primo grado
con età inferiore ai 50 anni.
 Cancro colorettali o cancro HNPCC-relato diagnosticato in almeno due parentele di primo o
secondo grado di qualsiasi età.
Se c’è una di queste condizioni è necessario effettuare il test genetico per verificare la possibile presenza
di mutazioni che causino l’instabilità dei microsatelliti. In realtà il test genetico andrebbe effettuato in
tutti i casi di cancro al colon, questo perché a mano a mano che si ha la perdita dei componenti della
famiglia, la possibilità di determinare queste condizioni familiari diminuisce sensibilmente.
Fare questo tipo di test è molto importante perché ci consente di identificare chi deve essere sottoposto a
sorveglianza clinica in una famiglia a rischio.

Indicazioni alle analisi genetiche


Ciò che dovrebbe creare sospetto di una condizione genetica è:
 Sviluppo di cancro al colon in età inusuale (meno di 50 anni).
 Presenza di una poliposi al colon in età inusuale (meno di 45 anni).
 Elevato numero di polipi (più di 10).
 Cancri extracolici distintivi.
 Storia familiare delle stesse.

Il successo nel trovare la mutazione causante la patologia nel caso indice è del 80-90% nella FAP e del
50-70% nell’HNPCC. Se si sottopone un probando alla ricerca di una mutazione nota, questa mutazione
dovrà essere ricercata poi in tutti i familiari. Se, diversamente, non si riesce ad indentificare la
mutazione, ma esiste una condizione di suscettibilità familiare, dobbiamo comunque gestire con grande
attenzione questi pazienti.

Circa il 10% dei cancri del colon devono essere considerati per il test genetico [n.d.s. anche se il prof
afferma che il test dei microsatelliti andrebbe fatto su tutti]. Se il paziente presenta una forma
sindromica deve effettuare il sequenziamento del DNA per identificare la mutazione. A questo punto se
tale mutazione non si trova, bisognerà sottoporre allo screening tutti i familiari. Se invece la mutazione
viene trovata:
 Si effettueranno test mutazione-specifici sui familiari.
 L’accuratezza in questo caso è quasi del 100%.
 Lo screening verrà proposto solo a quei parenti con la mutazione.

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