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Corso di laurea magistrale in

Archeologia e Culture dell’Antichità

Tesina del corso:

Storia e trasmissione dei testi biblici


a.a. 2021/2022

La parabola della lampada


INTRODUZIONE

La parabola della lampada, detta anche parabola della lampada sotto il recipiente o più

genericamente la parabola della luce, è una delle parabole di Gesù. La morale della parabola è che

"la luce debba essere rivelata, non celata" e la luce è qui vista come un riferimento a Gesù, o al suo

messaggio, o alla risposta dei credenti ad esso.

La parabola è alla base del proverbio inglese "to hide one's light under a bushel" (“nascondere la

luce di qualcuno sotto un moggio”), dove la parola bushel indica il moggio utilizzato per le

granaglie, derivante dal latino modius “misura di capacità” e anche “misura della superficie”,

equivalente alla terza parte di uno iugero; in un suo significato traslato può voler anche dire “mani”,

come è attestato nell’espressione ciceroniana pleno modio “a piene mani”1.

Essa è presente nel vangelo di Matteo (Mt 5, 14-16), nel vangelo di Marco (Mc 4, 21-25) e

nel vangelo di Luca (Lc 8, 16–18).

NEL VANGELO SECONDO MATTEO (Mt 5, 14-16)


1
Cic. Att. 6, 1, 16
“vos estis lux  mundi non potest civitas abscondi supra montem posita
neque accendunt lucernam et ponunt eam sub modio sed super  candelabrum ut luceat omnibus
qui in domo sunt  sic luceat lux vestra
coram  hominibus ut videant  vestra bona opera et glorificent Patrem vestrum qui in caelis  est”2.

"Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si

accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli

che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre

opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli."

In Matteo, la parabola è la continuazione del discorso della parabola del sale della terra: la luce non

esiste per sé, ma per illuminare il cammino; così la comunità non esiste per sé, ma per servire la

gente. All’epoca in cui Matteo scriveva il suo vangelo, questa missione stava diventando difficile

per le comunità convertite dei giudei. Malgrado vivessero nell’osservanza fedele della legge di

Mosè, le stavano espellendo dalle sinagoghe, tagliate dal loro passato giudeo. Tutto questo

provocava tensioni ed incertezze che sfociavano in una crisi che portava a rimanere nella propria

posizione: alcuni volevano andare avanti, altri volevano “mettere la luce sotto il tavolo”. Il vangelo

di Matteo ha cercato in qualche modo di aiutarli.

Matteo 5,14-16: “…luce del mondo”: nessuno accende una candela per metterla sotto un moggio,

così come una città posta in cima ad una collina, anch’essa non riesce a rimanere nascosta. La

comunità deve essere luce, deve illuminare e non deve aver paura di far vedere il bene che produce:

"Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano

gloria al vostro Padre che è nei cieli."

2
Nb. sono state sottolineate con gli stessi colori le parole che in ogni passo di ogni vangelo vengono riproposte.
NEL VANGELO SECONDO MARCO (Mc 4, 21-25)
et dicebat  illis numquid venit  lucerna ut sub modio ponatur aut sub lecto nonne ut
super candelabrum ponatur
non enim est aliquid absconditum quod non manifestetur nec factum est occultum sed
ut in palam veniat
si quis habet aures audiendi audiat
et  dicebat illis  videte quid audiatis in qua mensura mensi fueritis remetietur  vobis
et adicietur vobis
qui enim habet dabitur illi et qui non habet etiam quod habet auferetur ab illo


Diceva loro: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non

invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere

manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce.  Se uno ha orecchi per

ascoltare, ascolti!». Diceva loro: Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la

quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato, ma a chi

non ha, sarà tolto anche quello che ha”.

La lampada (lucerna) rappresenta la parola di Dio: "Lampada per i miei passi è la tua parola, luce

sul mio cammino"3.

La parola del vangelo è come una luce posta sul candelabro: essa illumina tutto ciò che è nascosto

nel cuore dell'uomo. Nella Lettera agli Ebrei 4, 12-13 si legge:

"Infatti, la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra

fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, e scruta i

sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è

nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto".

3
Sal 119,105; cfr 2Pt 1,19
È la parola che mostra chiaramente se l'uomo è simile a un buon terreno o a un terreno pieno di

pietre o di spine. Essa ha la funzione di giudicatrice: è l'espressione, dunque, del giudizio di Dio.

Ognuno deve prestare attenzione al proprio modo di ascoltare, perché l'ascolto è la misura del

messaggio ricevuto: ogni individuo, infatti, intende solo ciò che può o vuole intendere; l'uomo,

dunque, si giudica da sé stesso, secondo il modo e la misura del suo ascolto.

La frase finale: "A chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha" si chiarisce alla

luce del contesto: ciò che si tratta di avere sono, anzitutto, delle orecchie in grado di ascoltare. Si fa

riferimento qui al tema sapienziale della capacità di accoglienza della conoscenza: questa aumenta a

misura della disponibilità. La sapienza divina è principio di comprensione sempre più profonda per

chi si lascia ammaestrare da lei: "Ascolti il saggio e aumenterà il sapere"4, ma diventa

progressivamente impenetrabile per chi la rifiuta: "Il beffardo ricerca la sapienza, ma invano"5.

Come nella parabola del seminatore6 si sottolinea la necessità di non soffocare il seme del regno di

Dio, annunciato dalla parola di Gesù, così in questo brano siamo invitati a non chiudere gli occhi

dinanzi alla luce che si manifesta e che, se accolta, diventerà sempre più abbagliante.

NEL VANGELO SECONDO LUCA (Lc 8, 16-18)

“  nemo autem lucernam  accendens operit eam vaso  aut  subtus lectum ponit sed


supra  candelabrum ponit ut intrantes videant lumen
4
Pr 1,5
5
Pr 14,6
6
Mt 13,1-23[1], Mc 4,1-20, Lc 8,4-15, Tommaso 9
 non enim est occultum quod non manifestetur nec  absconditum  quod
non cognoscatur et in palam  veniat
videte ergo quomodo auditis qui enim habet dabitur illi et quicumque non habet etiam
quod putat se habereauferetur ab illo”

«Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su

un lampadario, perché chi entra veda la luce. Non c'è nulla di nascosto che non debba essere

manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce. Fate

attenzione, dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche

ciò che crede di avere.»

La parabola attestata nel vangelo di Luca ci presenta tre brevi frasi dette da Gesù: sono frasi sparse

che Luca colloca qui dopo la parabola della semina (Lc 8, 4-8) e della sua spiegazione ai discepoli

(Lc 8, 9-15). La parola di Dio è una lampada che bisogna accendere nell’oscurità della notte e se

rimane chiusa nel libro della Bibbia, è come la lampada sotto un vaso. Ma quando è posta sul tavolo

illumina tutta la casa, e quando è letta in comunità è comunicata alla vita.

Il contesto in cui Luca colloca questa frase, si riferisce alla spiegazione che Gesù ha dato della

parabola della semina7. É come se dicesse:

“le cose che avete appena ascoltato non dovete guardarle per voi, ma dovete irradiarle agli altri.

L’umiltà è importante, ma è falsa l’umiltà che nasconde i doni di Dio dati per edificare la

comunità”8.

Ciò che è nascosto si manifesterà:

7
Lc 8,9-15
8
Cor 12,4-26; Rom 12,3-8
“Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba

essere conosciuto e venire in piena luce”.

Questa frase di Gesù si riferisce anche agli insegnamenti dati in particolare ai discepoli 9, i quali non

possono tenerli per loro, ma devono divulgarli, perché fanno parte della Buona Notizia portata da

Gesù.

“Fate attenzione, dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto

anche ciò che crede di avere”.

A quel tempo, c’erano molti preconcetti sul Messia che impedivano alla gente di capire nel modo

corretto la Buona Notizia del Regno annunziata da Gesù. Per questo fatto, l'avvertenza di Gesù in

relazione ai preconcetti è decisamente attuale: Gesù chiede ai discepoli di essere consapevoli dei

preconcetti con cui ascoltano l’insegnamento che lui propone. Mediante questa frase di Gesù, Luca

sta dicendo alle comunità ed a tutti noi: “Fate attenzione alle idee con cui voi guardate Gesù!”. Se

l’idea con cui guardo Gesù è sbagliata, tutto ciò che recepisco su Gesù sarà minacciato da errori;

unendo questa terza frase alla prima, possiamo concludere quanto segue: chi trattiene per sé ciò che

riceve e non lo condivide con gli altri, perde ciò che ha, perché si corrompe.

1. UN POSSIBILE CONFRONTO

1.1 MATTEO

1. Ὑμεῖς ἐστε τὸ φῶς τοῦ κόσμου. οὐ δύναται πόλις κρυβῆναι ἐπάνω ὄρους κειμένη· οὐδὲ

καίουσιν λύχνον καὶ τιθέασιν αὐτὸν ὑπὸ τὸν μόδιον ἀλλ’ ἐπὶ τὴν λυχνίαν, καὶ λάμπει πᾶσιν

9
Lc 8,9-10
τοῖς ἐν τῇ οἰκίᾳ. οὕτως λαμψάτω τὸ φῶς ὑμῶν ἔμπροσθεν τῶν ἀνθρώπων, ὅπως ἴδωσιν

ὑμῶν τὰ καλὰ ἔργα καὶ δοξάσωσιν τὸν πατέρα ὑμῶν τὸν ἐν τοῖς οὐρανοῖς.

2. “Vos estis lux10 huius mundi. Non potest  civitas abscondi supra montem posita11

neque accendunt12 lucernam et ponunt13  eam14 sub modio15, sed

super candelabrum ut luceat  omnibus qui in domo sunt  sic luceat lux vestra16

coram hominibus ut videant17 vestra bona opera et magnificent18 Patrem vestrum

qui in caelis est”.

3. “Vos estis lux mundi. Non potest civitas abscondi supra montem posita

neque accendunt lucernam et ponunt eam sub modio, sed

supra candelabrum, ut luceat omnibus qui in domo sunt. Sic luceat lux vestra coram hominibus ut

videat opera vestra bona et magnificent patrem vestrum, qui est in caelis”.

La parabola nel Vangelo secondo Matteo è possibile confrontarla con la traduzione dal greco,

vetero latina e infine dalla latina, quest’ultima conosciuta anche come la vulgata di S. Girolamo.

Dopo un primo attento sguardo non si notano sostanziali differenze fra le traduzioni, solamente

qualche variationes riguardanti il lessico, nel passaggio dal greco al latino:

"Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte”

10
lumen d
11
s[ita] a; constituta f; posita abscondi b
12
nec incendunt d
13
ponent d
14
ea q
15
modium a d g1
16
lumen vestrum d q
17
videantur g1 m. I
18
glorificent, clarificent aur c d f ff1 l vg
Il primo termine che incontriamo è la luce, nonché il tema portante di tutta la parabola: il sostantivo

viene tradotto in greco con φῶς, contratto di φάος-φάεος: una luce che deriva da un astro, naturale:

in forte contrasto con la luce emessa artificialmente da una lampada o da un candelabro.

Interessante notare che nella vetero latina, nella lectione di d, poteva anche essere proposto il

termine lumen: tra i suoi innumerevoli significati, quelli più significativi sicuramente sono “luce

della vita”, “la luce” o anche “l’occhio”. I fedeli, quindi, potrebbero essere metaforicamente la vita

che Dio ha donato al mondo, gli occhi attraverso i quali Egli guarda, osserva.

Proseguendo nel versetto si notano ancora lievi differenze lessicali: il greco per indicare il “mondo”

utilizza κόσμος, che oltre a significare il mondo terreno, può anche essere l’universo, la sfera

celeste, il cosmo. Successivamente menziona la città: i termini di riferimento sono: in greco πόλις,

in latino civitas; entrambi indicano sia la città da un punto di vista fisico, sia da un punto di vista

politico- sociale: indica propriamente la comunità di cittadini, i quali sono indistintamente tutto figli

di Dio.

“né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti

quelli che sono nella casa”.

Il versetto appena citato riguarda il modium, misura di capacità, e al suo uso proverbiale: Cicerone,

in epoca repubblicana era solito ad inserirlo nei suoi trattati filosofici, diventando così una vera e

propria massima o frase proverbiale come ad esempio la seguente:

“Verum… illud est, quod dicitur, multos modios salis simul edendos esse, ut amicitiae munus

expletum sit”19

19
Cic. Am. 67
“è vero quel detto, che si devono mangiare molti moggi di sale insieme perché si adempia al

dovere dell’amicizia”.

Ritornando alla parabola sono presenti due sfere lessicali differenti: una riguardante la luce, che

attraverso la lampada, strumento creato dall’uomo, risplende e illumina i fedeli, così come Dio con

la Sua parola guida gli uomini nel cammino della fede; l’altra è il buio, il nascondersi e la paura di

uscire fuori. Questo “gioco” delle due sfere ha fatto pensare a un possibile collegamento col mito

della caverna di Platone: la sete di sapere intrinseca nell’uomo, un faro che illumina il percorso

della vita e la caverna, che rappresenta la paura di uscire, di scoprire e di conoscere la verità20:

“Ora immagina – ripresi io – quale potrebbe essere la loro liberazione dalle catene e

dall’ignoranza”.

Così la parabola della luce nel Vangelo di Matteo si chiude, mettendo in risalto il tema della luce

che manifesta, rende evidente il buono dell’uomo, frutto di Dio:

Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano

gloria al Padre vostro che è nei cieli."

L’ultima espressione è presente, formulata differentemente, anche nell’incipit dell’Oratio

Dominica, più comunemente conosciuta come la Preghiera del Signore:

“Πάτερ ἡμῶν ὁ ἐν τοῖς οὐρανοῖς”

20
Plat., Rep.VII 514a – 517a
“Pater noster, qui es in cælis”

“Padre nostro, che sei nei cieli”21

1.2 MARCO

1. Καὶ ἔλεγεν αὐτοῖς· Μήτι ἔρχεται ὁ λύχνος ἵνα ὑπὸ τὸν μόδιον τεθῇ ἢ ὑπὸ τὴν κλίνην, οὐχ ἵνα

ἐπὶ τὴν λυχνίαν τεθῇ; οὐ γάρ ἐστιν κρυπτὸν ἐὰν μὴ ἵνα φανερωθῇ, οὐδὲ ἐγένετο ἀπόκρυφον

21
Mt. 6, 9-13; Lc. 11, 2-4
ἀλλ’ ἵνα ἔλθῃ εἰς φανερόν. εἴ τις ἔχει ὦτα ἀκούειν ἀκουέτω. καὶ ἔλεγεν αὐτοῖς· Βλέπετε τί

ἀκούετε. ἐν ᾧ μέτρῳ μετρεῖτε μετρηθήσεται ὑμῖν καὶ προστεθήσεται ὑμῖν. ὃς γὰρ ἔχει,

δοθήσεται αὐτῷ· καὶ ὃς οὐκ ἔχει, καὶ ὃ ἔχει ἀρθήσεται ἀπ’ αὐτοῦ.

2. et dicebat illis numquid venit22 lucerna ut sub modio ponatur aut sub lecto  nonne ut

super candelabrum ponatur

non enim est aliquid absconditum23  quod non manifestetur nec factum est occultum sed

ut in palam veniat

si quis habet aures audiendi audiat

et dicebat  illis videte quid audiatis in qua mensura mensi24 fueritis remetietur25 vobis

et adicietur vobis

qui enim habet dabitur illi et qui non habet etiam quod habet auferetur ab illo.

3. et  dicebat illis numquid  venit lucerna ut sub modio ponatur aut sub lecto nonne ut

super candelabrum ponatur

non enim est aliquid absconditum quod non manifestetur nec factum est occultum sed

ut in palam veniat

si quis habet aures audiendi audiat

et  dicebat illis  videte quid audiatis in qua mensura mensi fueritis remetietur  vobis

et adicietur vobis

qui enim habet dabitur illi et qui non habet etiam quod habet auferetur ab illo.

22
adfertur b; accenditur c d ff2
23
absconsum ff2
24
metieritis b d i q r1
25
remittietur ff2, metietur q, remitiebitur l, demmensuabitur b
Anche la parabola nel Vangelo di Marco può essere confrontata nelle sue diverse traduzioni: La

simbologia riportata in questa esposizione vede da un lato la posizione della lampada accesa,

dall'altro il metro con il quale i fedeli saranno misurati. L'analogia con la precedente parabola del

seminatore è evidente: chi riceve il seme buono simboleggia chi ascolta la parola e la fa fruttare; chi

pone la lampada sul candeliere simboleggia anche in questo caso coloro che ascoltano la parola e la

elevano, affinché la sua luce illumini tutta l'umanità.

La Parola di Gesù diventa la guida e il motivo dell'agire per chi decide di accoglierlo e seguirlo. La

Parola è dunque luce, verità:

"Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo"26

e Gesù stesso ha detto di sé:

"Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della

vita"27.

Dal punto di vista delle traduzioni anche qui non si trovano differenze, soprattutto dal greco alla

vetero latina e alla vulgata; quindi, il testo è rimasto fedele e immutato durante il processo di

traslitterazione. Anche in questo caso vi è presente il gioco fra due sfere semantiche, la luce e

l’oscurità:

Diceva loro: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non

invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere

manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce

26
Gv 1,9
27
Gv 8,9
Tuttavia, è presente l’azione del saper misurare (vista come il saper valutare) attraverso l’ascolto e

l’accoglienza alla conoscenza:

Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!». Diceva loro: Fate attenzione a quello che ascoltate.

Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più.

Occorre prendere quella Parola, cioè la luce, per farla diventare guida della nostra esistenza terrena.

Certo, chi accoglie la Parola-luce e la pone sul candeliere, illumina il nostro pensiero e il nostro

agire. Parimenti chi prende la lampada "per metterla sotto il moggio o sotto il letto", si comporta

esattamente come il seminatore che lascia cadere il seme su quei terreni "sterili" che fanno morire la

Parola: qui Gesù si rivolge ai suoi discepoli, come a dire un avvertimento: "Se avete accolto la

parola, siete convinti che è la luce, allora la dovete porre come guida alla vostra esistenza terrena;

tuttavia, state attenti alle tentazioni che possono diventare barriere, che possono oscurare la luce".

1.3 LUCA

1. Οὐδεὶς δὲ λύχνον ἅψας καλύπτει αὐτὸν σκεύει ἢ ὑποκάτω κλίνης τίθησιν, ἀλλ’ ἐπὶ λυχνίας

τίθησιν, ἵνα οἱ εἰσπορευόμενοι βλέπωσιν τὸ φῶς. οὐ γάρ ἐστιν κρυπτὸν ὃ οὐ φανερὸν


γενήσεται, οὐδὲ ἀπόκρυφον ὃ οὐ μὴ γνωσθῇ καὶ εἰς φανερὸν ἔλθῃ. βλέπετε οὖν πῶς ἀκούετε·

ὃς ἂν γὰρ ἔχῃ, δοθήσεται αὐτῷ, καὶ ὃς ἂν μὴ ἔχῃ, καὶ ὃ δοκεῖ ἔχειν ἀρθήσεται

ἀπ’ αὐτοῦ.

2. “  nemo autem lucernam accendens28 operit29 eam vaso aut subtus lectum ponit sed

supra candelabrum  ponit ut intrantes videant lumen

 non enim est occultum quod non manifestetur nec  absconditum  quod


non cognoscatur et in palam  veniat
videte ergo quomodo auditis qui enim habet dabitur illi et quicumque non habet etiam
quod putat se habereauferetur ab illo”

3. “  nemo autem lucernam accendens operit eam vaso aut subtus lectum30 ponit sed

supra candelabrum ponit ut  31intrantes videant32  lumen

 non33 enim est occultum34 quod non  manifestetur nec absconditum quod

non cognoscatur35 et in palam  veniat

videte  ergo quomodo auditis36 qui37 enim habet38 dabitur illi et quicumque non  habet etiam

quod putat se habere auferetur ab illo”

28
accensam aur d f vg
29
coperit d; oper [iet illam] a vase [a] vg: accendit lucernam [et] b ponit
30
sub mo[diuo] b; sub modium c
31
[omnes] a
32
luceat c
33
nihil a c r1
34
absconsum d r1
35
reveletur r1; sciatur d
36
audiatis [a] b q
37
[quisque] a; quicumque c
38
ha[buerit] a
Sembra quasi che Gesù, con questa parabola, voglia dare una lezione “di comportamento

domestico”. Il “moggio”, oltre ad essere un’unità di misura è anche un contenitore adibito a vari usi,

tra i quali quello di spegnere le lampade; accendere una lucerna per poi metterla sotto il moggio per

spegnerla è un’azione assurda e contraddittoria. Ha senso accenderla per inserirla nel “lucerniere”,

strumento composto da un’asticella alla quale erano appese le lampade perché illuminassero tutta la

stanza dall’alto e permettessero, così, a chi entrava nella casa di essere illuminato.

La luce, inoltre, offre all’ospite la possibilità di vedere la casa, le persone presenti, ma non solo: la

luce significa soprattutto accoglienza.

Vedere il mondo che esce dalle tenebre del non-essere per trovare accoglienza nell’essere stesso di

Dio, di cui è simbolo la luce cosmica che avvolge in un abbraccio l’incipiente creazione, è

sicuramente un’interpretazione molto bella e suggestiva.

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