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La parabola della lampada, detta anche parabola della lampada sotto il recipiente o più
genericamente la parabola della luce, è una delle parabole di Gesù. La morale della parabola è che
"la luce debba essere rivelata, non celata" e la luce è qui vista come un riferimento a Gesù, o al suo
La parabola è alla base del proverbio inglese "to hide one's light under a bushel" (“nascondere la
luce di qualcuno sotto un moggio”), dove la parola bushel indica il moggio utilizzato per le
granaglie, derivante dal latino modius “misura di capacità” e anche “misura della superficie”,
equivalente alla terza parte di uno iugero; in un suo significato traslato può voler anche dire “mani”,
"Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si
accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli
che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre
In Matteo, la parabola è la continuazione del discorso della parabola del sale della terra: la luce non
esiste per sé, ma per illuminare il cammino; così la comunità non esiste per sé, ma per servire la
gente. All’epoca in cui Matteo scriveva il suo vangelo, questa missione stava diventando difficile
per le comunità convertite dei giudei. Malgrado vivessero nell’osservanza fedele della legge di
Mosè, le stavano espellendo dalle sinagoghe, tagliate dal loro passato giudeo. Tutto questo
provocava tensioni ed incertezze che sfociavano in una crisi che portava a rimanere nella propria
posizione: alcuni volevano andare avanti, altri volevano “mettere la luce sotto il tavolo”. Il vangelo
Matteo 5,14-16: “…luce del mondo”: nessuno accende una candela per metterla sotto un moggio,
così come una città posta in cima ad una collina, anch’essa non riesce a rimanere nascosta. La
comunità deve essere luce, deve illuminare e non deve aver paura di far vedere il bene che produce:
"Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano
2
Nb. sono state sottolineate con gli stessi colori le parole che in ogni passo di ogni vangelo vengono riproposte.
NEL VANGELO SECONDO MARCO (Mc 4, 21-25)
et dicebat illis numquid venit lucerna ut sub modio ponatur aut sub lecto nonne ut
super candelabrum ponatur
non enim est aliquid absconditum quod non manifestetur nec factum est occultum sed
ut in palam veniat
si quis habet aures audiendi audiat
et dicebat illis videte quid audiatis in qua mensura mensi fueritis remetietur vobis
et adicietur vobis
qui enim habet dabitur illi et qui non habet etiam quod habet auferetur ab illo
“
Diceva loro: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non
invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere
manifestato e nulla di nascosto che non debba essere messo in luce. Se uno ha orecchi per
ascoltare, ascolti!». Diceva loro: Fate attenzione a quello che ascoltate. Con la misura con la
quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più. Perché a chi ha, sarà dato, ma a chi
La lampada (lucerna) rappresenta la parola di Dio: "Lampada per i miei passi è la tua parola, luce
La parola del vangelo è come una luce posta sul candelabro: essa illumina tutto ciò che è nascosto
"Infatti, la parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra
fino al punto di divisione dell'anima e dello spirito, delle giunture e delle midolla, e scruta i
sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a lui, ma tutto è
nudo e scoperto agli occhi suoi e a lui noi dobbiamo rendere conto".
3
Sal 119,105; cfr 2Pt 1,19
È la parola che mostra chiaramente se l'uomo è simile a un buon terreno o a un terreno pieno di
pietre o di spine. Essa ha la funzione di giudicatrice: è l'espressione, dunque, del giudizio di Dio.
Ognuno deve prestare attenzione al proprio modo di ascoltare, perché l'ascolto è la misura del
messaggio ricevuto: ogni individuo, infatti, intende solo ciò che può o vuole intendere; l'uomo,
La frase finale: "A chi ha, sarà dato e a chi non ha, sarà tolto anche quello che ha" si chiarisce alla
luce del contesto: ciò che si tratta di avere sono, anzitutto, delle orecchie in grado di ascoltare. Si fa
riferimento qui al tema sapienziale della capacità di accoglienza della conoscenza: questa aumenta a
misura della disponibilità. La sapienza divina è principio di comprensione sempre più profonda per
progressivamente impenetrabile per chi la rifiuta: "Il beffardo ricerca la sapienza, ma invano"5.
Come nella parabola del seminatore6 si sottolinea la necessità di non soffocare il seme del regno di
Dio, annunciato dalla parola di Gesù, così in questo brano siamo invitati a non chiudere gli occhi
dinanzi alla luce che si manifesta e che, se accolta, diventerà sempre più abbagliante.
«Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su
un lampadario, perché chi entra veda la luce. Non c'è nulla di nascosto che non debba essere
manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce. Fate
attenzione, dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche
La parabola attestata nel vangelo di Luca ci presenta tre brevi frasi dette da Gesù: sono frasi sparse
che Luca colloca qui dopo la parabola della semina (Lc 8, 4-8) e della sua spiegazione ai discepoli
(Lc 8, 9-15). La parola di Dio è una lampada che bisogna accendere nell’oscurità della notte e se
rimane chiusa nel libro della Bibbia, è come la lampada sotto un vaso. Ma quando è posta sul tavolo
Il contesto in cui Luca colloca questa frase, si riferisce alla spiegazione che Gesù ha dato della
“le cose che avete appena ascoltato non dovete guardarle per voi, ma dovete irradiarle agli altri.
L’umiltà è importante, ma è falsa l’umiltà che nasconde i doni di Dio dati per edificare la
comunità”8.
7
Lc 8,9-15
8
Cor 12,4-26; Rom 12,3-8
“Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba
Questa frase di Gesù si riferisce anche agli insegnamenti dati in particolare ai discepoli 9, i quali non
possono tenerli per loro, ma devono divulgarli, perché fanno parte della Buona Notizia portata da
Gesù.
“Fate attenzione, dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto
A quel tempo, c’erano molti preconcetti sul Messia che impedivano alla gente di capire nel modo
corretto la Buona Notizia del Regno annunziata da Gesù. Per questo fatto, l'avvertenza di Gesù in
relazione ai preconcetti è decisamente attuale: Gesù chiede ai discepoli di essere consapevoli dei
preconcetti con cui ascoltano l’insegnamento che lui propone. Mediante questa frase di Gesù, Luca
sta dicendo alle comunità ed a tutti noi: “Fate attenzione alle idee con cui voi guardate Gesù!”. Se
l’idea con cui guardo Gesù è sbagliata, tutto ciò che recepisco su Gesù sarà minacciato da errori;
unendo questa terza frase alla prima, possiamo concludere quanto segue: chi trattiene per sé ciò che
riceve e non lo condivide con gli altri, perde ciò che ha, perché si corrompe.
1. UN POSSIBILE CONFRONTO
1.1 MATTEO
1. Ὑμεῖς ἐστε τὸ φῶς τοῦ κόσμου. οὐ δύναται πόλις κρυβῆναι ἐπάνω ὄρους κειμένη· οὐδὲ
καίουσιν λύχνον καὶ τιθέασιν αὐτὸν ὑπὸ τὸν μόδιον ἀλλ’ ἐπὶ τὴν λυχνίαν, καὶ λάμπει πᾶσιν
9
Lc 8,9-10
τοῖς ἐν τῇ οἰκίᾳ. οὕτως λαμψάτω τὸ φῶς ὑμῶν ἔμπροσθεν τῶν ἀνθρώπων, ὅπως ἴδωσιν
ὑμῶν τὰ καλὰ ἔργα καὶ δοξάσωσιν τὸν πατέρα ὑμῶν τὸν ἐν τοῖς οὐρανοῖς.
coram hominibus ut videant17 vestra bona opera et magnificent18 Patrem vestrum
qui in caelis est”.
3. “Vos estis lux mundi. Non potest civitas abscondi supra montem posita
supra candelabrum, ut luceat omnibus qui in domo sunt. Sic luceat lux vestra coram hominibus ut
videat opera vestra bona et magnificent patrem vestrum, qui est in caelis”.
La parabola nel Vangelo secondo Matteo è possibile confrontarla con la traduzione dal greco,
vetero latina e infine dalla latina, quest’ultima conosciuta anche come la vulgata di S. Girolamo.
Dopo un primo attento sguardo non si notano sostanziali differenze fra le traduzioni, solamente
"Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte”
10
lumen d
11
s[ita] a; constituta f; posita abscondi b
12
nec incendunt d
13
ponent d
14
ea q
15
modium a d g1
16
lumen vestrum d q
17
videantur g1 m. I
18
glorificent, clarificent aur c d f ff1 l vg
Il primo termine che incontriamo è la luce, nonché il tema portante di tutta la parabola: il sostantivo
viene tradotto in greco con φῶς, contratto di φάος-φάεος: una luce che deriva da un astro, naturale:
Interessante notare che nella vetero latina, nella lectione di d, poteva anche essere proposto il
termine lumen: tra i suoi innumerevoli significati, quelli più significativi sicuramente sono “luce
della vita”, “la luce” o anche “l’occhio”. I fedeli, quindi, potrebbero essere metaforicamente la vita
che Dio ha donato al mondo, gli occhi attraverso i quali Egli guarda, osserva.
Proseguendo nel versetto si notano ancora lievi differenze lessicali: il greco per indicare il “mondo”
utilizza κόσμος, che oltre a significare il mondo terreno, può anche essere l’universo, la sfera
celeste, il cosmo. Successivamente menziona la città: i termini di riferimento sono: in greco πόλις,
in latino civitas; entrambi indicano sia la città da un punto di vista fisico, sia da un punto di vista
politico- sociale: indica propriamente la comunità di cittadini, i quali sono indistintamente tutto figli
di Dio.
“né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti
Il versetto appena citato riguarda il modium, misura di capacità, e al suo uso proverbiale: Cicerone,
in epoca repubblicana era solito ad inserirlo nei suoi trattati filosofici, diventando così una vera e
“Verum… illud est, quod dicitur, multos modios salis simul edendos esse, ut amicitiae munus
expletum sit”19
19
Cic. Am. 67
“è vero quel detto, che si devono mangiare molti moggi di sale insieme perché si adempia al
dovere dell’amicizia”.
Ritornando alla parabola sono presenti due sfere lessicali differenti: una riguardante la luce, che
attraverso la lampada, strumento creato dall’uomo, risplende e illumina i fedeli, così come Dio con
la Sua parola guida gli uomini nel cammino della fede; l’altra è il buio, il nascondersi e la paura di
uscire fuori. Questo “gioco” delle due sfere ha fatto pensare a un possibile collegamento col mito
della caverna di Platone: la sete di sapere intrinseca nell’uomo, un faro che illumina il percorso
della vita e la caverna, che rappresenta la paura di uscire, di scoprire e di conoscere la verità20:
“Ora immagina – ripresi io – quale potrebbe essere la loro liberazione dalle catene e
dall’ignoranza”.
Così la parabola della luce nel Vangelo di Matteo si chiude, mettendo in risalto il tema della luce
Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano
20
Plat., Rep.VII 514a – 517a
“Pater noster, qui es in cælis”
1.2 MARCO
1. Καὶ ἔλεγεν αὐτοῖς· Μήτι ἔρχεται ὁ λύχνος ἵνα ὑπὸ τὸν μόδιον τεθῇ ἢ ὑπὸ τὴν κλίνην, οὐχ ἵνα
ἐπὶ τὴν λυχνίαν τεθῇ; οὐ γάρ ἐστιν κρυπτὸν ἐὰν μὴ ἵνα φανερωθῇ, οὐδὲ ἐγένετο ἀπόκρυφον
21
Mt. 6, 9-13; Lc. 11, 2-4
ἀλλ’ ἵνα ἔλθῃ εἰς φανερόν. εἴ τις ἔχει ὦτα ἀκούειν ἀκουέτω. καὶ ἔλεγεν αὐτοῖς· Βλέπετε τί
ἀκούετε. ἐν ᾧ μέτρῳ μετρεῖτε μετρηθήσεται ὑμῖν καὶ προστεθήσεται ὑμῖν. ὃς γὰρ ἔχει,
δοθήσεται αὐτῷ· καὶ ὃς οὐκ ἔχει, καὶ ὃ ἔχει ἀρθήσεται ἀπ’ αὐτοῦ.
super candelabrum ponatur
ut in palam veniat
si quis habet aures audiendi audiat
et dicebat illis videte quid audiatis in qua mensura mensi24 fueritis remetietur25 vobis
et adicietur vobis
super candelabrum ponatur
ut in palam veniat
si quis habet aures audiendi audiat
et adicietur vobis
22
adfertur b; accenditur c d ff2
23
absconsum ff2
24
metieritis b d i q r1
25
remittietur ff2, metietur q, remitiebitur l, demmensuabitur b
Anche la parabola nel Vangelo di Marco può essere confrontata nelle sue diverse traduzioni: La
simbologia riportata in questa esposizione vede da un lato la posizione della lampada accesa,
dall'altro il metro con il quale i fedeli saranno misurati. L'analogia con la precedente parabola del
seminatore è evidente: chi riceve il seme buono simboleggia chi ascolta la parola e la fa fruttare; chi
pone la lampada sul candeliere simboleggia anche in questo caso coloro che ascoltano la parola e la
La Parola di Gesù diventa la guida e il motivo dell'agire per chi decide di accoglierlo e seguirlo. La
"Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo"26
"Io sono la luce del mondo; chi segue me, non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della
vita"27.
Dal punto di vista delle traduzioni anche qui non si trovano differenze, soprattutto dal greco alla
vetero latina e alla vulgata; quindi, il testo è rimasto fedele e immutato durante il processo di
traslitterazione. Anche in questo caso vi è presente il gioco fra due sfere semantiche, la luce e
l’oscurità:
Diceva loro: «Viene forse la lampada per essere messa sotto il moggio o sotto il letto? O non
“
invece per essere messa sul candelabro? Non vi è infatti nulla di segreto che non debba essere
26
Gv 1,9
27
Gv 8,9
Tuttavia, è presente l’azione del saper misurare (vista come il saper valutare) attraverso l’ascolto e
Se uno ha orecchi per ascoltare, ascolti!». Diceva loro: Fate attenzione a quello che ascoltate.
Con la misura con la quale misurate sarà misurato a voi; anzi, vi sarà dato di più.
Occorre prendere quella Parola, cioè la luce, per farla diventare guida della nostra esistenza terrena.
Certo, chi accoglie la Parola-luce e la pone sul candeliere, illumina il nostro pensiero e il nostro
agire. Parimenti chi prende la lampada "per metterla sotto il moggio o sotto il letto", si comporta
esattamente come il seminatore che lascia cadere il seme su quei terreni "sterili" che fanno morire la
Parola: qui Gesù si rivolge ai suoi discepoli, come a dire un avvertimento: "Se avete accolto la
parola, siete convinti che è la luce, allora la dovete porre come guida alla vostra esistenza terrena;
tuttavia, state attenti alle tentazioni che possono diventare barriere, che possono oscurare la luce".
1.3 LUCA
1. Οὐδεὶς δὲ λύχνον ἅψας καλύπτει αὐτὸν σκεύει ἢ ὑποκάτω κλίνης τίθησιν, ἀλλ’ ἐπὶ λυχνίας
ὃς ἂν γὰρ ἔχῃ, δοθήσεται αὐτῷ, καὶ ὃς ἂν μὴ ἔχῃ, καὶ ὃ δοκεῖ ἔχειν ἀρθήσεται
ἀπ’ αὐτοῦ.
2. “ nemo autem lucernam accendens28 operit29 eam vaso aut subtus lectum ponit sed
supra candelabrum ponit ut intrantes videant lumen
3. “ nemo autem lucernam accendens operit eam vaso aut subtus lectum30 ponit sed
non cognoscatur35 et in palam veniat
28
accensam aur d f vg
29
coperit d; oper [iet illam] a vase [a] vg: accendit lucernam [et] b ponit
30
sub mo[diuo] b; sub modium c
31
[omnes] a
32
luceat c
33
nihil a c r1
34
absconsum d r1
35
reveletur r1; sciatur d
36
audiatis [a] b q
37
[quisque] a; quicumque c
38
ha[buerit] a
Sembra quasi che Gesù, con questa parabola, voglia dare una lezione “di comportamento
domestico”. Il “moggio”, oltre ad essere un’unità di misura è anche un contenitore adibito a vari usi,
tra i quali quello di spegnere le lampade; accendere una lucerna per poi metterla sotto il moggio per
spegnerla è un’azione assurda e contraddittoria. Ha senso accenderla per inserirla nel “lucerniere”,
strumento composto da un’asticella alla quale erano appese le lampade perché illuminassero tutta la
stanza dall’alto e permettessero, così, a chi entrava nella casa di essere illuminato.
La luce, inoltre, offre all’ospite la possibilità di vedere la casa, le persone presenti, ma non solo: la
Vedere il mondo che esce dalle tenebre del non-essere per trovare accoglienza nell’essere stesso di
Dio, di cui è simbolo la luce cosmica che avvolge in un abbraccio l’incipiente creazione, è