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Comune di Trevi

Quaderni di storia
II
Comune di Trevi
Quaderni di storia
II

8 IDEE × 1 PIAZZA
progetti per l’area di piazza Garibaldi a Trevi

a cura di
Paolo Belardi, Simone Bori
Comune di Trevi

ISBN 978-88-6662-096-9
Collana L’Istrice, Arte-Cultura-Ambiente
Ideata e curata da Paolo Alessandro Lombardi
Quaderni di storia-Comune di Trevi, II
© Edizioni Era Nuova 2015: tutti i diritti riservati

Edizioni Era Nuova srl


Corso Garibaldi, 26-06123 Perugia
Tel. 3297494498
E-MAIL: info@edizionieranuova.it-lungara@tiscali.it
WEB: www.edizionieranuova.it

Editing: Valeria Menchetelli, Giovanna Ramaccini


Progetto grafico e impaginazione: Giovanna Ramaccini

In copertina: fotoinserimento del progetto Ouverture!

Ottobre 2015
Sommario

PRESENTAZIONI 7

LE PIAZZE DELL’UMBRIA 11

L’atmosfera delle piazze umbre


Mario Pisani 13
Piazza Garibaldi a Trevi
Carlo Antonini 19

8 IDEE X 1 PIAZZA 25

The Umbria Show. L’utopia della contemporaneità


Paolo Belardi 27
Il rilievo architettonico-ambientale dell’area di piazza Garibaldi
Simone Bori 35

I PROGETTI 41

3Vi WATER SQUARE


Simone Bori 43
Piazza Garibaldi, la piazza dei mille incontri
Bruno Mario Broccolo 49
Ouverture!
Bruno Mario Broccolo 55
Trevi città aperta
Alessandro Bulletti, Laura Nardi 61
sis7ema
Luca Martini 67
via_Garibaldi
Luca Martini 73
FLASH2 la scommessa di Trevi sulla contemporaneità
Andrea Matcovich, Giovanna Ramaccini 79
TIME TUBE TREVI
Valeria Menchetelli, Giacomo Pagnotta 85

IL CONCORSO 91
Il volume presenta gli esiti degli insegnamenti integrati di “Progettazione digitale” e
“Laboratorio di Progettazione digitale” attivati nell’anno accademico 2014-2015
nell’ambito del Corso di Laurea Magistrale a Ciclo Unico in Ingegneria edile-
Architettura del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli
Studi di Perugia, sulla base del protocollo d’intesa stipulato tra il Comune di Trevi
(responsabile scientifico arch. Stefania Bettini) e il Dipartimento di Ingegneria Civile e
Ambientale (responsabile scientifico prof. Paolo Belardi).

docenti: Paolo Belardi, Simone Bori


tutor: Simone Bori, Bruno Mario Broccolo, Alessandro Bulletti, Luca Martini, Andrea
Matcovich, Valeria Menchetelli, Laura Nardi, Giovanna Ramaccini
studenti: Valeria Altieri, Giulia Anastasi, Damiano Angeluzzi, Giulia Bazzucchi,
Margherita Bececco, Debora Berardi, Mattia Bertinelli, Sofia Betti, Eva Bisciotti,
Umberto Calzoni, Carmen Carotenuto, Arianna Cassiani, Jessica Castagna, Jacopo
Cavedon, Giulia Ceci, Agnese Chianella, Alessandro Cicioni, Andrea Ciurnella, Ilaria Di
Giacomo, Alessandra Dimarco, Alessandro Di Raimo Marrocchi, Samuel Distefano,
Francesca Fiacca, Elisa Florindi, Alice Franchi, Luciano Fraschetti, Gioia Fusaro, Mattia
Goretti, Luca Graziani, Riccardo Liberotti, Felice Lombardi, Federica Magi Meconi,
Debora Marchi, Fiorenzo Pelucca, Silvia Picone, Elena Pierbattisti, Alban Pinari, Giulia
Pucci, David Ranieri, Giulio Rosi, Federico Secci, Chiara Settimi, Benedetta Sgargetta,
Giulia Silvani, Emanuela Spada, Elena Tancetti, Marta Tarducci, Lorenzo Tarmati, Omar
Tebib, Raffaele Tecce, Laura Ticchioni, Nicolò Urbini, Silvia Vicarelli, Alessandra
Vincenzini, Alessandro Volpi, Luca Zaccagno
Presentazioni

Con la pubblicazione del secondo volume dei Quaderni di Storia della


Città di Trevi si completa la seconda tappa di avvicinamento alla
redazione del progetto che dovrà ridefinire la forma e le funzioni
dell’attuale piazza Garibaldi. Un processo partecipativo, promosso e
condotto dall’Amministrazione Comunale, che ha coinvolto nella prima
fase gli storici della città, i ragazzi dell’Istituto Comprensivo Tommaso
Valenti, per cui ringrazio la dirigente Simona Perugini, e oggi il Corso di
Laurea Magistrale a ciclo unico in Ingegneria edile-Architettura
dell’Università degli Studi di Perugia, che è presieduto dal professor
Vittorio Gusella e che annovera tra i suoi docenti il professor Paolo
Belardi, che con il suo impegno e la sua nota professionalità ha coordinato
le progettazioni elaborate dagli studenti del corso. Un tema
particolarmente complicato su cui si sono cimentati noti architetti, come
ricorda Carlo Antonini nel suo saggio, e che ancora oggi non ha trovato
una soluzione soddisfacente. Si tratta di progettare uno spazio che, come
ha dimostrato la ricerca storica, non è mai stato una piazza e che nel tempo
è stato sempre inteso come anello di congiunzione fra il territorio e il
centro storico. Un luogo esterno al nucleo urbano che, pur lambendolo, è
essenziale per garantire lo svolgersi delle dinamiche sociali ed
economiche. Una cerniera la cui specificità architettonica oggi è assai
debole, con elementi che indicano una strada da percorrere, ma è interrotta
da un cartello su cui è scritto “lavori in corso”. Priva di una definizione
capace di individuare con chiarezza lo spazio come elemento identitario
tale da lasciare perplessi coloro che, arrivando in cima al colle, hanno
negli occhi la bellezza della vista di Trevi dal basso. Un luogo denso di
funzioni – mercato, svago, accoglienza, accessibilità ai servizi già
esistenti quali scuola, centro di riabilitazione, casa protetta, viabilità in
entrata e uscita, sosta per auto e autobus scolastici e turistici – cui è
necessario dare adeguate risposte.
Questo volume ha il merito di sottoporre al lettore otto proposte
progettuali, corredate da elaborati grafici magistralmente presentati, che a
loro volta hanno il pregio di sottoporre all’attenzione dei cittadini e dei

7
futuri partecipanti al concorso di idee soluzioni elaborate da un gruppo di
giovani studenti che meritano di essere valutate anche per le loro tendenze
utopiche.
Un doveroso e sentito ringraziamento a Paolo Belardi e Simone Bori, che
hanno accettato di partecipare a questo progetto, ai dipendenti del
Comune di Trevi e in particolare a Stefania Bettini e Daniela Rapastella,
che hanno contribuito alla realizzazione di questo volume.

Bernardino Sperandio
Sindaco di Trevi

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Progettare una piazza è un tema affascinante, che da sempre ha
appassionato i più illustri progettisti di tutte le epoche storiche, perché
consente di lasciare un segno indelebile nel tessuto urbano seppure
progettando uno spazio vuoto, ma vitale: un “luogo degli sguardi”, come
proprio Mario Pisani ha avuto modo di ricordare usando le parole di Paolo
Portoghesi in una recente occasione convegnistica presso l’aula magna del
Polo di Ingegneria. In tal senso, infatti, si può notare come ormai da
troppo tempo la piazza, luogo pubblico per eccellenza, sia stata
marginalizzata e progettata spesso come spazio di risulta ribaltando il
punto di vista progettuale. Compito del progettista è fornire soluzioni per
far vivere meglio le persone, per migliorare l’ambiente in cui vivono ed è
importante che questo proposito sia rivolto sì alla sfera privata con la
progettazione della residenza, ma soprattutto alla sfera pubblica che ha
bisogno di rinascere con nuove idee come avvenuto in questa
esercitazione didattica a carattere progettuale. Sono lieto, quindi, che
all’interno del corso di Laurea in Ingegneria edile-Architettura gli studenti
possano cimentarsi su questi temi, che coinvolgono sia la sfera
architettonica che quella sociale. E mi congratulo perché tutto viene fatto
con rigore scientifico, testimoniato anche dal rilievo architettonico-
ambientale di base, affiancato da concreta utopia, come peraltro ricordato
nella premessa di Paolo Belardi, docente degli insegnamenti integrati di
“Progettazione digitale” e “Laboratorio di Progettazione digitale” insieme
a Simone Bori. Così come è lodevole dal punto di vista didattico anche la
scelta di far lavorare gli studenti in gruppi di progettazione, simulando
situazioni e condizioni che tra breve li vedranno partecipi nel mondo della
professione. Sottolineando l’importanza delle relazioni istituzionali che
l’Università deve avere con il territorio in cui agisce, colgo infine
l’occasione per esprimere un profondo e sincero ringraziamento
all’Amministrazione Comunale di Trevi per aver reso possibile questa
interessantissima sinergia.
Vittorio Gusella
Presidente Intercorso di Laurea in Ingegneria Civile

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le piazze dell’Umbria
L’atmosfera delle piazze umbre
Mario Pisani

“Aspettai e aspettai. Me ne stavo seduto a guardare tutte le persone che


andavano e venivano sulla piazza, sia la gente del luogo sia i visitatori.
Pensai che il mondo è un bel posto. Di nuovo provai un sentimento di
euforia legato a tutto quel che mi circondava. Perché? Chi siamo noi che
viviamo qui? Ogni singola persona in questa piazza era come un tesoro
vivente, una cassa del tesoro piena di pensieri e di ricordi, sogni e
nostalgie.”

Jostein Gaarder, La ragazza delle arance

Se provo a socchiudere gli occhi e andare indietro con la mente, cercando


di richiamare alla memoria le tracce sedimentate nell’archivio dei ricordi,
all’insegna dell’Umbria, appare in primo piano, nella rievocazione più
antica, la piazza di San Francesco al Prato a Perugia. Solo
superficialmente il ricorso alla memoria può apparire un intellettualismo
privo di motivazioni. In realtà esso si articola in sottili allusioni che
puntano a risvegliare etimi e strutture familiari, nell’ambito di quella che
possiamo definire la memoria collettiva.
Alla fine degli anni sessanta, in quel complesso che oggi racchiude
eleganti residenze, trovava ospitalità l’ostello della gioventù, vera oasi di
allegria e di fertili scambi tra individui provenienti dalle più diverse
latitudini, ma tutti affascinati dalla scoperta del fascino dell’andare.
Indimenticabile una ragazza polacca, una sorta di chioccia che accudiva i
nuovi arrivati.

13
Chi scrive stava vivendo gli anni inconsapevoli tra la fine della maturità e
l’inizio dei corsi alla Facoltà di Architettura, nel solenne edificio di Enrico
Del Debbio, un luogo che, fino alla laurea, avrebbe sentito anche suo. In
quella stagione propizia per i viaggi improvvisi e gli amori veloci e furtivi,
un posto d’onore lo occupa quello straordinario invaso, esempio
struggente di piazza dell’Umbria che senza superbia invita a trattenere il
passo, forse anche il respiro, e sostare. Per contemplare quest’angolo
prezioso dove i pieni e i vuoti collaborano alla perfezione per creare
l’armonia di un luogo. Del resto non è proprio questo il segreto delle
piazze?
Possiamo iniziare dalla pavimentazione, quella sorta di tappeto mirabile di
pietre regolari dai diversi colori, in una sorta di arcobaleno in cui spicca il
rosa del Monte Subasio, il verde che evoca il Serpentino di Prato, il grigio
nelle diverse sfumature, probabilmente estratto nelle cave di Todi o di San
Terenziano. Le sue irregolarità così particolari rinviano al testo di Camillo
Sitte, quando rammenta che queste “si spiegano con il loro progressivo
sviluppo nel corso dei secoli. Non si sbaglierebbe molto supponendo che
le loro strane sinuosità siano dovute ad un corso d’acqua, poi sparito nel
tempo, ad una strada o ad una costruzione poi scomparse1”.
Arrivando da via dei Priori si staglia immediatamente quella sorta di
gioiello rappresentato dall’Oratorio di San Bernardino, posto accanto alle
rovine della basilica di San Francesco al Prato e all’ingresso
dell’Accademia di Belle Arti che ho avuto la fortuna di frequentare da
docente, su invito dell’indimenticabile Edgardo Abbozzo, autore di
raffinate magie. Non si può scordare la celebre facciata, in raffinata
policromia di rilievi, opera encomiabile di Agostino di Duccio, con Gesù
benedicente tra angeli e serafini, e la lunetta con l’Ascensione di san
Bernardino in una mandorla, tra angeli musicanti e cherubini, mentre
negli stipiti del portale troviamo le Sei Virtù francescane e gli straordinari
Sei gruppi di angeli musicanti2.
San Francesco, una chiesa con un’unica navata, conserva l’impianto
originario ed è rimasta priva di copertura per il crollo delle volte, dovuto
ai movimenti franosi della collina che hanno distrutto e quindi disperso i
monumenti e le cappelle. La facciata policroma è stata invece ripristinata
negli anni venti dalla fertile mano di Pietro Angelini.
Nel corso degli anni il tempio è stato sconsacrato e alle soglie del nuovo
millennio si è avviato, sul raffinato progetto di Bruno Signorini che
purtroppo non ha potuto vedere la fine dei lavori, la trasformazione dello

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spazio in un magnifico auditorium. Osservando le murature che si
disegnano contro il cielo possiamo comprendere a cosa si alluda parlando
del fascino delle rovine e della teoria del sublime3.
Ancora San Francesco, instancabile riparatore della casa del Padre caduta
in rovina, colui che ebbe il coraggio di chiamare sorella la morte,
custodisce il ricordo della piazza antistante la magnificenza della chiesa
ad Assisi. Gli architetti Paolo Leonelli e Mario Struzzi sono gli autori del
progetto di restauro della piazza Inferiore della Basilica, un luogo
fortemente simbolico, forse di origine romana, che racchiude una scena
urbana assai corposa, dove certamente spicca il volume del complesso
religioso e la pavimentazione realizzata, semplice ma non priva di
efficacia, restituisce al visitatore una dimensione dello spazio in
precedenza negato dal caos della confluenza dei flussi di traffico. Il suo
rifacimento, con marmi e pietre provenienti da tutto il mondo, ad alludere
all’universalità del messaggio del Santo, a seguito del luttuoso terremoto
del 1997, si trasforma in una importante opera di conservazione, per
accogliere i pellegrini e i rappresentanti delle religioni di ogni Paese per
pregare insieme. Gli autori hanno selezione queste pietre: la trachite
zovonite dei Colli Euganei, il travertino classico, la pietra di Mazzaro da
Gravina di Puglia, il granito “Dawa Stone” dalla Cina, la quarzite rosa del
Brasile, il granito sabbia della Namibia, la pietra di Gerusalemme della
cava di Hebron oltre alle formelle in cotto dell’Impruneta della Sannini. Il
risultato è notevole. Potremmo continuare nel girovagare tra le piazze
dell’Umbria, ricordandone molte altre che nei centri piccoli e grandi di
questa straordinaria regione, davvero terra dell’anima, meritano una
menzione, ma ci piace concludere le brevi considerazioni con
un’architettura interrotta ovvero con un concorso che mi ha visto
partecipe, con altri progettisti, ma non vincitore. Si tratta di piazza Cesi ad
Aquasparta. Il toponimo che allude alla divisione delle acque ci ha fornito
l’immagine fascinosa dell’acqua di sorgente, simbolo della vita e allusione
alla nascita che avviene attraverso il liquido. Quella suggestione è stata
tradotta nella pavimentazione in pietra grigia dalle diverse sfumature
pensate per rendere - cosa impossibile - i riflessi dell’acqua. Un taglio in
diagonale taglia in due triangoli la piazza rettangolare, come una sorta di
lampo di luce che giunge fino al bordo del palazzo. Da lì si arrampicava,
come un getto d’acqua, una scultura magnificamente rappresentata in
bronzo argentato da Giovanna de Santis.
Ma, come è noto, i sogni svaniscono all’alba.

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p. 12
Composizione di dettagli relativi a pavimentazioni tipiche delle piazze umbre
p. 16
Perugia, piazza San Francesco al Prato
p. 17
Assisi, piazza Inferiore della Basilica, dettaglio della pavimentazione

16
1 CamilloSitte, L’arte di costruire la città, L’urbanistica secondo i suoi fondamenti artistici, Jaka
Book, Milano 1988, p. 77.
2 Evocano i più noti Angeli Musicanti, un gruppo di affreschi staccati di Melozzo da Forlì, databili
al 1472, o, secondo altri, al 1478-1480, e provenienti dalla volta dell’abside della Chiesa dei Santi
Apostoli a Roma. Oggi sono conservati, con le teste degli apostoli, nella Pinacoteca Vaticana.
3 Tratto dal Dizionario della Filosofia della Treccani (2008) SUBLIME Dal lat. sublimis, comp. di sub
“sotto” e -limen “soglia”: propr. “che giunge fin sotto la soglia più alta”, quindi (in senso spirituale,
intellettuale, estetico) “nobilissimo, eccelso”, “la manifestazione del bello e del grande, nel suo più
alto grado”. In estetica, concetto elaborato in ambiente neoplatonico tra il I e il II sec. a.C. (la
trattazione più antica è contenuta nell’opera, del I sec. d.C., Perì !uoyouj, nota anche come
Anonimo del Sublime, o come pseudo-Longino), allo scopo di definire la proprietà dell’arte di
indurre, per le sue connotazioni di mistero e di ineffabilità, a uno stato di estasi, e poi ripreso nei
secc. XVIII e XIX per sottolineare, con varie interpretazioni, la capacità dell’arte, in conflitto con
la razionalità, di dare consapevolezza emotiva dell’infinità e della potenza irresistibile della
natura.

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Piazza Garibaldi a Trevi
Carlo Antonini

Condivido pienamente la volontà dell’Amministrazione Comunale di dar


vita a una nuova stagione di riflessioni su piazza Garibaldi tenendo conto
anche dei mutamenti che l’hanno interessata dagli anni sessanta a oggi.
Più che i meri aspetti cronologici, peraltro reperibili negli archivi
comunali, credo possano interessare le motivazioni sociali, economiche e
politiche che hanno portato alle varie modifiche urbanistico-
architettoniche, nell’ambito dei cambiamenti che hanno caratterizzato la
vita del centro storico.
Ripercorrere quegli anni potrebbe essere di una qualche utilità per i
progettisti che verranno chiamati dall’Amministrazione Comunale ad
affrontare il “problema della piazza”, atteso che i trevani sono consapevoli
che non è stato ancora risolto in maniera soddisfacente e che a esso si sta
tentando di rimettere mano.
Nella mia mente le prime immagini della piazza sono legate alle belle
fotografie che tutti abbiamo visto varie volte: il mercato degli animali con
gli splendidi protagonisti color seppia (robuste vacche, orgogliosi
contadini, abili mediatori), le mura urbiche purtroppo abbattute per
ragioni igienico-sanitarie, le parate del periodo fascista.
È invece un vero e proprio ricordo il campo di calcio in terra battuta e in
discreta pendenza verso valle.
Esso venne spostato intorno agli anni sessanta nella parte a monte mentre
l’area rimanente fu destinata a giardini pubblici ornati da fiori, piante e da
una fontana circondata da panchine.
Intorno a essi una teoria di parcheggi per auto e pullman.
Nella parte bassa, verso nord, di fronte all’edificio ospedaliero, spiccava

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il “casottino” del Bar Chalet della mitica signora Oliva al cui fianco era
situato il campo da tennis dapprima in terra rossa e poi in catrame.
Sul lato sud era stata eretta nei primi anni del Novecento la scuola
elementare di fronte alla quale spiccava una lunga fila di alberi.
Alla fine degli anni ottanta la piazza si presentava con questo assetto e
anche con evidenti segni di obsolescenza, talvolta di incuria, con
illuminazione scadente, pali in cemento in via di sgretolamento, sosta e
parcheggi selvaggi, verde raramente curato in balìa di cani e gatti e delle
loro necessità.
Erano gli anni in cui a Trevi cominciò una riflessione sul degrado del
centro storico, sul suo ruolo, sulla sua funzione.
La realtà comunale era caratterizzata da una evidente sperequazione:
mentre a valle fioriva l’imprenditoria della “zona industriale” con aziende
in grado di competere a livello nazionale ed estero (Cemif, Safai, Sulpol,
Bazzica ecc.) e mentre l’agricoltura, pur tra le immancabili difficoltà,
cominciava a intravedere possibilità di espansione nel settore olivicolo e
orticolo, le attività del centro storico giocavano un ruolo marginale nella
capacità di produrre reddito anche alla luce del fatto che il Centro di
Riabilitazione Motoria muoveva solo allora i primi significativi passi.
A dispetto di questi elementi negativi Trevi si collocava all’ottavo posto
assoluto nella classifica del reddito pro capite fra i comuni umbri (senza
dimenticare la media di Trilussa!!).
Da tale contesto economico, oltre che da ragioni di carattere culturale che
non possono essere esaurientemente analizzate in questa sede, nasce e
cresce la consapevolezza che sia improcrastinabile una straordinaria opera
di riqualificazione e rivitalizzazione del centro storico.
Fatta eccezione per il prestigioso Cochetto, mancavano ristoranti,
alberghi, pizzerie, sale convegni, parcheggi; la Pinacoteca era quasi
inaccessibile e collocata in spazi angusti, il teatro spesso inagibile;
mancavano strutture culturali, gran parte del patrimonio edilizio era
fatiscente e i cittadini preferivano cercare residenza in altri contesti.
L’Amministrazione Comunale decise di impegnarsi a fondo e indirizzò la
maggior parte delle risorse intellettuali e finanziarie alla soluzione di tali
problematiche.
Partirono allora le progettazioni del restauro del Teatro Clitunno,
finanziato con i fondi europei FIO, del recupero di vari palazzi storici
(Lucarini, Buffetti ecc.) per finalità residenziali e recettive con soldi
pubblici e privati e iniziarono le prime considerazioni sul sistema museale

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che negli anni portò alla straordinaria esperienza di Flash Art e di Palazzo
Lucarini Contemporary Art, al Museo della Civiltà dell’Olivo, al Museo
della Città nello splendido complesso di San Francesco.
Ovviamente in tale progettualità non poteva essere ignorata piazza
Garibaldi: nei primi anni novanta furono completati i lavori di
ampliamento dell’Ospedale che affaccia su di essa e nel 1992-1993 si
realizzò la nuova struttura del Bar Chalet definendo in tal modo la quinta
a nord.
Venne affidata a Mario Botta la progettazione del palazzo attualmente
sede della Casa della Salute: in tal modo anche la quinta a monte trovava
una precisa definizione urbanistica.
A onor del vero tale definizione sarà monca fino a quando non verrà
abbattuto il muro che cela alla vista la possente struttura in mattoni
mostrando invece assai bene un incolto giardino pensile con alberature
non autoctone e dannose per la vegetazione circostante.
Le riflessioni sul da farsi subirono una forte accelerazione nella seconda
metà degli anni novanta quando accaddero due fatti straordinari:
l’acquisto di Villa Fabri, allora Boemi, da parte del Comune e il terremoto
del 1997.
L’apertura e la fruibilità di Villa Fabri, straordinario gioiello che
finalmente, grazie alle tante iniziative che vi si svolgono, sta conquistando
il cuore dei trevani per la sua bellezza, offrivano nuove opportunità
culturali e turistiche, dilatavano lo spazio urbano rendendo possibili
connessioni con la scuola antistante: una parte del parco poteva essere
utilizzata dagli studenti per le attività motorie e ricreative sanando una
lacuna del complesso scolastico.
Il terremoto provocò danni ingenti ma indusse le autorità governative
regionali a procedere quanto prima al miglioramento sismico degli edifici
a partire da quelli pubblici.
La faticosa conquista della fascia A, quella di maggiore danneggiamento,
ebbe come conseguenza una importante messe di finanziamenti che fra
pubblico e privato superò gli attuali cinquanta milioni di euro.
Per un Comune come il nostro che aveva una capacità massima di
indebitamento di cinquecentomila euro l’anno erano i finanziamenti di un
secolo intero!
La scuola elementare era danneggiata e non sembrava in grado di resistere
a nuove eventuali scosse (in effetti si scoprì poi che era priva di
fondamenta), mancavano parcheggi e i lavori di ristrutturazione nel centro

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storico con le ingombranti impalcature minacciavano di peggiorare la
situazione, non esisteva un luogo sicuro in caso di evacuazione delle
abitazioni.
Il Consiglio Comunale, per ovviare a tali problemi, deliberò di demolire
la vecchia scuola elementare, di realizzare l’attuale edificio scolastico con
regole antisismiche e un parcheggio sotterraneo, anch’esso antisismico, di
circa duecento posti auto assai utile in caso di sfollamento oltre che
indispensabile per razionalizzare la sosta degli autoveicoli in superficie.
Anche questa progettazione fu inizialmente affidata all’architetto Mario
Botta; poi l’incarico non andò a buon fine e il progetto finale fu redatto
dall’architetto Massimo Carmassi.
Per spiegare la complessità dell’opera di riqualificazione della piazza è
utile ricordare un episodio di cui sono stato testimone a Mendrisio
(Lugano) presso lo studio professionale dell’architetto Mario Botta il
quale cominciò in quella occasione a fare delle prime ipotesi, degli schizzi
su carta bianca di quello che secondo lui sarebbe dovuto essere l’assetto
finale: la matita non scorreva in maniera fluida, si interrompeva, ci furono
molte correzioni e cancellazioni... insomma anche un grande architetto
aveva incertezze e definì l’area un “non-luogo”.
In effetti non aveva torto: tante funzioni diverse (commerciali, educative,
ludiche, economiche, ricreative, di servizio, sanitarie) potevano lasciar
presupporre che piazza Garibaldi fosse l’AGORÀ, ma in realtà essa non
ha mai avuto tale ruolo: la dimensione complessiva di oltre tredicimila
metri quadrati, con forma geometrica inusuale, è troppo dispersiva,
determina assoluta mancanza di “intimità” nel rapporto fra i cittadini.
Infatti il dibattito, lo scherzo, lo scontro verbale, la discussione politica, si
sono sempre svolti in piazza Mazzini (la vera AGORÀ).
Un groviglio di funzioni e di spazi indefiniti: insomma, un “non-luogo”!
Mario Botta e i suoi collaboratori risolsero le perplessità con una
ridefinizione geometrica di spazi verdi, camminamenti, panchine, e una
illuminazione che non entusiasmarono, perché considerate “fredde”: forse
a causa del materiale utilizzato, il porfido, sia per le cordolature stradali
che per le panchine.
Il verde “bottiano” è durato pochi anni, poiché verificandosi delle
infiltrazioni di acqua nel parcheggio sotterraneo, poco dopo il 2005, fu
deciso di smantellarlo e di dare alla pavimentazione l’attuale assetto.
Un assetto che, come sottolineavo all’inizio, non ha risolto il problema.
Una buona parte dei cittadini è insoddisfatta, considera la piazza brutta e

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non si può non rilevare che la pavimentazione, a distanza di pochi anni,
stia degradando creando buche e sconnessioni.
A essere onesti però, non sembra essere solo questione di pavimentazione,
se è vero, come è vero, che tutti i progettisti ridisegnano il luogo
corredandolo di un edificato, magari diverso nelle funzioni, ma sempre
con una costruzione che dia una connotazione nuova, che provi a
restringere e ridefinire lo spazio.
Tale scelta non è convincente; un edificio con quali funzioni?
Residenziali, commerciali, di servizio? Appaiono ipotesi deboli destinate
probabilmente a fallire.
Del resto la maggioranza dei cittadini è sempre stata contraria a interventi
di questo tipo.
Non spetta a me ovviamente in questa sede dare indicazioni, ma forse la
soluzione può essere trovata abbandonando il tentativo, finora infruttuoso,
di individuare trasformazioni “pesanti” che sarebbero costose e
probabilmente divisive.
Mi chiedo se non sia il caso di accettare che il NON-LUOGO costituisca
un tratto identitario della realtà trevana e di andare incontro al senso
comune e alla richiesta della gente: trasformare la “brutta piazza” in una
piazza bella!
Bisogna riflettere sulla opportunità di un intervento che abbia solo
caratteristiche estetiche e che magari riesca a far dire a tutti noi e a chi
arriva in cima al nostro colle per la prima volta: “BELLA PIAZZA!”

p. 18
Carmassi Studio di Architettura, elaborato di progetto per piazzza Garibaldi

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8 IDEE × 1 PIAZZA
THE UMBRIA SHOW
L’utopia della contemporaneità
Paolo Belardi

“L’utopia è una cosa possibile che non è stata ancora sperimentata”


Luc Schuiten

Pensando all’architettura contemporanea, risulta evidente che la


dimensione utopica, un tempo strettamente connaturata al pensiero
architettonico, oggi è diventata sempre più rara. Il che, a ben guardare, è
in buona parte imputabile all’avvento del computer, reo di avere spostato
sempre più in avanti la soglia del realizzabile e di avere quasi annullato i
confini tra il mondo reale e il mondo virtuale. Basti pensare a veri e propri
simulacri sensoriali quali i sistemi immersivi o, più ancora, a quell’utopia
senza utopia che è il villaggio globale di Second Life. E il fatto che Second
Life sia un luogo felice, ma virtuale (e quindi senza luogo), tradisce
l’ambiguità etimologica della parola “utopia”: un neologismo derivato dal
greco antico e coniato da Tommaso Moro ai primi del Cinquecento
intrecciando maliziosamente eu-topos (luogo felice) e ou-topos (nessun
luogo). Dal punto di vista etimologico, quindi, è ragionevole intendere
utopia come “un luogo felice che non ha luogo”. Ma qui nascono i primi
fraintendimenti. Perché, stando a un’interpretazione negativa, “l’utopia è
un luogo che non ha luogo in senso assoluto”, mentre, stando a
un’interpretazione positiva, “l’utopia è un luogo che non ha luogo in senso
relativo”, laddove, seppure al momento non può avere luogo, non è
escluso a priori che, prima o poi, possa avere effettivamente luogo.
Peraltro la storia dell’architettura è prodiga di precedenti illuminanti.

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Viene in mente il disegno utopico per eccellenza ovvero l’icnografia
de Il Campo Marzio dell’Antica Roma di Giovanni Battista Piranesi,
laddove la sistemazione del Campo Vaticano in forma di Bustum
Hadriani ha trovato forma, duecento anni dopo, nell’organizzazione
osteologica dell’ampliamento del Cimitero di Modena di Aldo Rossi.
Ma vengono in mente anche le proiezioni oniriche dell’architettura
radicale: dal Monumento continuo del Superstudio alla Nostop-City degli
Archizoom fino alla Walking City degli Archigram. Tre provocazioni che
il grande pubblico ha relegato nella categoria dell’utopia, pensando che
non avrebbero potuto mai avere luogo edifici che volano sopra le città,
zolle di terreno abitate o condomini che camminano. Mentre invece, dopo
meno di cinquant’anni, qualcosa di molto simile è stato effettivamente
realizzato. Ad esempio lo Sharp Centre of Design di Will Alsop a Toronto,
l’Across Building di Emilio Ambasz a Fukuoka e il Rolling Masterplan
dello studio Jägnefält Milton ad Åndalsnes. Ma non è tutto. Perché il fatto
che un progetto coraggioso sia ritenuto più o meno utopico dipende dal
livello di predisposizione del contesto alla progettualità. Il che ha molto a
che fare con il livello culturale della comunità. E, anche in tal senso, è
triste prendere atto del fatto che, in Umbria, l’utopia rappresenta una
pratica non soltanto obsoleta, ma anche e soprattutto rischiosa. Perché
ormai nella nostra regione, a causa dell’affermazione di un convincimento
tanto diffuso quanto infondato, l’architettura contemporanea coincide di
per sé con il brutto, mentre l’architettura storica coincide di per sé con il
bello. Ragione per cui l’unico progetto utopico gradito ai più sarebbe
quello di ricostruire luoghi bucolici incontaminati (quale ad esempio la
valle umbra così come descritta nelle liriche di Giosuè Carducci) o
sostituire gli edifici costruiti negli ultimi cinquanta anni con ricostruzioni
scenografiche dell’età di mezzo (quale ad esempio la cripta della basilica
di San Francesco ad Assisi allestita tra il 1926 e il 1932 su disegno di Ugo
Tarchi). Per questo oggi, in Umbria, esistono due tipi di progetti utopici,
che soggiacciono a un diverso destino: quelli che, palesemente, non
potranno mai avere luogo (che non solo sono accettati, ma sono anche
guardati con simpatia) e quelli che invece, prima o poi, potrebbero avere
luogo (che non solo sono guardati con diffidenza, ma sono anche tacciati
di eresia).
Queste le ragioni per cui, anche nell’anno accademico 2014/2015, gli
studenti che hanno inserito nel proprio piano degli studi gli insegnamenti
integrati di “Progettazione digitale” e “Laboratorio di Progettazione

28
29
digitale” si sono cimentati nel praticare quel sano “realismo visionario”
che, spesso, spinge i nostri interlocutori a storcere il naso sentenziando:
“bello, ma utopico!” o al limite borbottando: “sono solo disegnetti…” E,
in effetti, hanno ragione: anche i “disegnetti” eseguiti dagli studenti per la
ricomposizione di piazza Garibaldi a Trevi rappresentano altrettanti
progetti utopici che, al pari delle “canzonette” di Edoardo Bennato, non
lasciano in eredità né formule né coefficienti. Ma forse, ben più utilmente,
lasciano in eredità dei sogni. E delle visioni. Il che non è cosa di poco
conto per una terra la cui economia, in assenza di risorse materiali, non
può che essere alimentata dalle risorse immateriali. E che, nonostante la
concretezza di operazioni esemplari come la disseminazione di risalite
meccaniche attrezzate con ascensori e scale mobili o come il riuso di molti
edifici industriali dismessi (dagli ex essiccatoi del tabacco di Città di
Castello, ora sede della Collezione Burri, agli ex capannoni Montedison di
Assisi, ora sede del Teatro Lyrick, fino all’ex ferriera pontificia di Terni,
ora sede del Centro per le Arti Opificio Siri), sembra essersi arresa al
kitsch indotto dalla nostalgia tardovernacolare, ostinandosi a realizzare le
case in forma di finti casolari e ad arredare i giardini con gnomi di resina
e aquilotti di cemento. Tanto che in Umbria, ormai, la prima vera forma di
utopia è l’architettura contemporanea, intesa come adozione di
un’espressione figurativa al passo dei tempi. Proprio per questo è
sorprendente (e incoraggiante) apprendere che, a fronte di una cultura
professionale che tende a dibattere sui destini del territorio ragionando per
lo più in termini di rispondenza normativa, di metri cubi e di convenienza
corporativistica, i giovani ingegneri-architetti, affrontando il ridisegno
delle piazze umbre, pensano a un memoriale nel cuore del paese dell’Isola
Maggiore in cui i margini tra terra e acqua diventano labili, a uno spazio
multimediale nell’area della Madonna del Prato a Gubbio in cui
convivono artificio e natura, a una galleria pedonale nell’area di porta
Romana a Foligno in cui risalta la spettacolarità di una forma liquida. Così
come, venendo a Perugia, i giovani ingegneri-architetti pensano a un
“Danteum” a piazza Italia (che salda i meandri crepuscolari della Rocca
Paolina con la panoramicità struggente di un giardino segreto sovrapposto
al piano attico della Palazzo della Provincia), a una “frana vegetale” a
piazza Nuova (che muove dal parco della Verbanella e invade
letteralmente lo spalto aldorossiano di Fontivegge) e a una gipsoteca
all’aperto nel piazzale di via Chiusi a Ponte della Pietra (che alimenta le
ambiguità percettive profuse da Vittorio De Feo nella composizione delle

30
31
quinte laterali). Il tutto sempre e comunque con un linguaggio
schiettamente contemporaneo. Che poi è la sfida più importante che
l’Umbria ha di fronte a sé. Credo infatti che, se la comunità umbra non
metterà in discussione le proprie certezze e non volterà pagina
repentinamente, rischierà d’inquinare in modo irreparabile il paesaggio
con tanti frammenti di Seaheaven, l’ordinata cittadina in stile coloniale in
cui è ambientato il film The Truman Show di Peter Weir. La trama è nota,
così come è noto l’epilogo: Truman Burbank (un trentenne sempre
sorridente, interpretato magistralmente da Jim Carrey, che ignora d’essere
l’attore protagonista di una fiction televisiva di grande successo), presa
coscienza dell’inganno, decide di fuggire dal falso Eden in cui è di fatto
sequestrato per vivere fino in fondo il proprio destino di uomo. Per vivere
cioè una vita incerta, magari drammatica, ma autentica. Troveremo mai lo
stesso coraggio, anche in Umbria, per prendere coscienza del fatto che le
ringhiere in ferro battuto e gli zampini in legno di castagno (ma anche, nel
caso delle piazze, le panchine liberty in ghisa e le statue equestri in
marmo) appartengono al passato, affrancandoci dal facile successo della
fiction The Umbria Show (in onda da troppo tempo) e affrontando
finalmente a viso aperto la sfida della contemporaneità? Per nostro conto,
così come compete all’università, stiamo aprendo la strada, impegnandoci
a dimostrare che l’accettazione della contemporaneità è un’utopia che può
avere luogo. Anche in Umbria.

p.24
Vista aerea zenitale di piazza Garibaldi
p. 26
Clara Bondi, Maria Pia Calabrò, Luca Catana, Riccardo Damiani (nell’ambito degli insegnamenti
integrati di “Architettura e composizione I” e “Laboratorio di Architettura e composizione I”, a.a.
2012-2013), Il giardino come viaggio tra il visibile e l’irraggiungibile, planimetria
p. 29
IN ALTO
Francesco Bartolo, Samuele D’Eramo, Andrea Filippucci, Bruno Regnicoli Benitez (nell’ambito
degli insegnamenti integrati di “Architettura e composizione I” e “Laboratorio di Architettura e
composizione I”, a.a. 2014-2015), Geometria naturale, planivolumetria
IN BASSO
Jasmine Capitini, Laura Cesaroni, Michele G. Onali, Luca Torricelli (nell’ambito degli
insegnamenti integrati di “Progettazione digitale” e “Laboratorio di Progettazione digitale”, a.a.
2011-2012), Una nuova porta urbis per Foligno. Sette progetti per la galleria pedonale di porta
Romana, 2012, vista del modello tridimensionale

32
p. 31
IN ALTO
Leandro Ricardo Amador, Lorenzo Armino, Alessandra Benvenuti, Cristina Franceschini, Maria
Paola Montefiori (nell’ambito degli insegnamenti integrati di “Progettazione digitale I e II”, a.a.
2009-2010), Fontiverde, ricomposizione architettonica dell’area di Fontivegge a Perugia, 2010,
vista del modello tridimensionale
IN BASSO
Marta Berrettoni, Elisa Bettolini, Eugenio Bini, Marco Calderini, Malvina Maria Manfroni,
Simone Moroni, Daniele Ripa (nell’ambito degli insegnamenti integrati di “Progettazione digitale”
e “Laboratorio di Progettazione digitale”, a.a. 2012-2013), tensioni di luce, sezione ambientale
p. 33
Miriana Bianchi, Nicola Felicini, Francesca Minciarelli (nell’ambito degli insegnamenti integrati
di “Architettura e composizione I” e “Laboratorio di Architettura e composizione I”, a.a. 2013-
2014), Piazza 20 giugno 1944, 2014, vista del modello tridimensionale

33
Il rilievo architettonico-ambientale dell’area di piazza Garibaldi
Simone Bori

Il rilievo architettonico-ambientale dell’area di piazza Garibaldi ha


superato la dimensione metrico-spaziale sia perché ha indagato l’esistente
ripercorrendone l’evoluzione architettonica (grazie al fondamentale
apporto storico-iconografico fornito dal primo volume dei Quaderni di
Storia del Comune di Trevi), sfociando quindi nella dimensione
temporale, sia perché ha indagato lo stato di fatto non come condizione di
arrivo, ma di ulteriore partenza verso un possibile equilibrio da
raggiungere in futuro. La prima fase del rilievo (resa possibile grazie alla
collaborazione con gli Uffici Tecnici del Comune di Trevi) è stata
caratterizzata dalla raccolta del vasto ed eterogeneo materiale prodotto nel
corso degli anni da soggetti diversi: la documentazione, costituita da
rilievi preesistenti, carte tecniche, elaborati catastali, progetti
architettonici di singoli edifici o infrastrutture, materiale iconografico,
variegata proprio in quanto realizzata in situazioni differenti e con finalità
differenti, prende in considerazione singolarità occasionali del tessuto
urbano in esame, peraltro a diverse scale di rappresentazione e con
convenzioni grafiche difformi. I documenti reperiti, infatti, spaziano dai
rilievi realizzati nell’ambito del recupero dell’edificato storico avvenuto a
seguito degli eventi sismici del 1997 fino ai progetti esecutivi degli
interventi effettuati in seguito alla realizzazione della piazza come si
presenta allo stato di fatto, passando per gli elaborati grafici prodotti per
la trasformazione dell’ex ospedale cittadino o quelli redatti per la
realizzazione dello chalet (su progetto di Paolo Luccioni) dell’edificio
delle scuole (su progetto di Massimo Carmassi) e della Casa della Salute
(su progetto di Mario Botta). Al termine di questa fase, al fine di favorire

35
la conoscenza, e con essa la comprensione, dell’intera area in oggetto, è
stato avviato un processo di verifica dimensionale e uniformazione grafica
dei rilievi parziali e della disomogenea documentazione raccolta, nel
corso del quale è stata inoltre effettuata la digitalizzazione dei dati
acquisiti, finalizzata a rendere disponibile l’accesso ai valori metrici
rilevati e a fornire la possibilità di implementarli anche a seguito di future
campagne di rilievo. La fase successiva è consistita nell’unificazione dei
singoli rilievi, effettuata assumendo come riferimento la cartografia
tecnica esistente. L’esito conclusivo è un corpus di elaborati grafici di
sintesi, tendenzialmente omogenei sia dal punto di vista dei codici
rappresentativi sia in relazione al grado di dettaglio: le planimetrie e i
prospetti-sezione lungo gli assi fondamentali, sostanziati dalla veridicità
metrica, restituiscono per la prima volta, in maniera quasi scenografica, la
percezione di questa parte di città: un confine del tessuto urbano in cui il
vuoto spazio della piazza salda la grana densa del centro storico con la
discontinuità delle architetture esterne al perimetro consolidato, rendendo
oggettivamente manifesta la qualità delle quinte architettoniche dell’area
di piazza Garibaldi. Tanto da costituire un apporto fondamentale alla fase
ideativa, configurandosi come vero e proprio pretesto euristico
dell’ipotesi progettuale.

p. 34
Rilievo architettonico-ambientale di piazza Garibaldi, 2014, composizione di dettagli
p. 37
IN ALTO
Rilievo architettonico-ambientale di piazza Garibaldi, 2014, planimetria generale
IN BASSO
Rilievo architettonico-ambientale di piazza Garibaldi, 2014, pianta del livello interrato
pp. 38-39
Rilievo architettonico-ambientale di piazza Garibaldi, 2014, prospetti

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0 20 m

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0 10 m

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i progetti
motto 3Vi WATER SQUARE
tutor Simone Bori
studenti Valeria Altieri, Alessandra Dimarco, Alice Franchi, Giulia Silvani,
Raffaele Tecce, Alessandra Vincenzini
3Vi WATER SQUARE
Simone Bori

Il progetto contraddistinto dal motto 3Vi Water Square affonda le proprie


radici nella storia dell’attuale piazza Garibaldi e, in particolare, si ispira al
preesistente lago medievale reinterpretando in chiave contemporanea il
tema dell’acqua. La giacitura dell’antico acquedotto viene reintrodotta
come segno distintivo del progetto, che misura, ordina e organizza lo
spazio attualmente indistinto della piazza. Ma il tema dell’acqua viene
utilizzato anche per conferire dinamicità al nuovo insieme di piazze grazie
all’alternanza e alla mutazione dei possibili scenari in funzione della
variabilità delle condizioni meteorologiche. I tre spazi principali che
vengono così generati, tutti saldati al percorso centrale che connette il
centro storico con la zona più a monte di Trevi, sono caratterizzati da
altrettante peculiarità socio-funzionali che, a loro volta, trovano
integrazione con le eccellenti preesistenze architettoniche, tutte previste
mantenute, che compongono le quinte scenografiche dell’intero spalto
urbano. Il percorso, peraltro, aprendo un varco nel muro in adiacenza alla
fontana dei cavalli, consente di giungere fino alla quota della pertinenza
della Casa della Salute, oggi esclusa dalla vita cittadina a causa della sua
condizione di isolamento. Fattore discriminante per il perseguimento degli
obiettivi progettuali è stata l’attenzione posta sulla viabilità, che viene
radicalmente ripensata secondo uno schema anulare che perimetra il
sistema delle piazze senza interferire con esse e in modo da rendere
maggiormente vivibile lo spazio che racchiude, amplificando
maggiormente l’accessibilità da e per il centro storico. Il sistema della
mobilità è completato dalla dislocazione dell’ingresso al parcheggio
sotterraneo, che viene ipotizzato in corrispondenza del lato corto dell’ex

43
ospedale in modo da essere agevolmente individuabile e di conseguenza
fruibile, e dall’inserimento della fermata autobus in posizione protetta. La
proposta progettuale prevede quindi la compresenza di tre nuove piazze
che nascono dalla scomposizione dello spazio esistente: una piazza a
servizio del tempo libero in corrispondenza dello chalet, una piazza a
servizio della scuola riservata ai bambini, una piazza d’arte sopraelevata
che funge da copertura per una palestra e una biblioteca pubbliche. La
prima piazza, a servizio dello chalet, prevede l’inserimento di un nuovo
volume ed è conformata da una superficie piana che si insinua nella vasca
a bassa inclinazione attraverso una serie di pontili, disegnati da una linea
spezzata perimetrale, che, enfatizzando la presenza o l’assenza dell’acqua,
fungono sia da sedute sia da passerelle sospese, a seconda del livello di
riempimento della vasca. La seconda piazza, a servizio della scuola, si
caratterizza per l’elementarità dei segni, è suddivisa in due parti mediante
una giacitura dettata dalla geometria della scuola che vi si affaccia ed è
posizionata a una quota tale da proteggere gli utenti. Una serie di setti,
inoltre, individua un recinto a cielo libero attraversato da una passerella
che conduce, in modo del tutto inaspettato e suggestivo, all’ingresso
dell’edificio scolastico. La terza piazza, che protegge la palestra, la
biblioteca e lo sbarco pedonale dal parcheggio ipogeo, è anch’essa
suddivisa in due spazi, di cui quello caratterizzato dalla presenza
dell’acqua ospita installazioni artistiche visibili, ma non raggiungibili, e si
configura come elemento volumetrico orizzontale volto a orientare lo
sguardo. Il sistema delle piazze, infine, è articolato in modo da confluire
in una vasca di raccolta, in cui la presenza dell’acqua è sempre garantita.
Tutti i volumi sono caratterizzati da un’uniformità del trattamento
superficiale, previsto in pannelli bianchi traslucidi sorretti da una
sottostruttura portante, in modo che, oltre a garantire omogeneità
figurativa in contrasto con la ricchezza espressiva del contesto, risulti
definita in maniera decisa l’ambientazione notturna, consentendo una
marcata permeabilità tra interno ed esterno. Tre piazze unificate dal tema
dell’acqua (che sfrutta la tecnica dello sfioro abbinata a limitati e specifici
dislivelli altimetrici) e tre parole chiave (Viabilità, Vivibilità, Variabilità)
individuano il motto 3Vi Water Square e dettano le strategie d’intervento
di questa esercitazione progettuale che, attraverso un’architettura
contemporanea essenziale e radicata nel contesto, restituisce a piazza
Garibaldi la propria centralità e la ridisegna come spazio cardine di un
futuro possibile.

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45
p. 42
Planimetria generale
p. 45
Sezioni ambientali
pp. 46-47
Viste del modello tridimensionale

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motto Piazza Garibaldi, la piazza dei mille incontri
tutor Bruno Mario Broccolo
studenti Damiano Angeluzzi, Jacopo Cavedon, Silvia Picone, Giulia Pucci,
David Ranieri, Lorenzo Tarmati, Luca Zaccagno
Piazza Garibaldi, la piazza dei mille incontri
Bruno Mario Broccolo

Il progetto prende l’avvio da un’analisi stringente del luogo,


evidenziandone le criticità: il traffico, l’assenza di gerarchie, la caduta di
tensione tra la densità urbana e la rarefazione dell’area oggetto di
intervento.
La città, per essere tale, ha bisogno di una certa densità e questo si può
considerare ormai come una sorta di ri-conquista dell’urbanistica
contemporanea. Il progetto è partito da questa considerazione per
riconnettere, attraverso un disegno urbano “ordinato”, le valenze e gli
allineamenti reputati significativi e assunti come vincoli di progetto. Sono
previsti usi molto legati alla realtà urbana: negozi di vicinato a piano terra,
residenze per chi ha familiari nella Casa della Salute di Mario Botta,
appena più a nord, un piccolo museo, un ristorante, una struttura dedicata
al mercato coperto o a ospitare altre manifestazioni. Il progetto, dopo aver
condotto nella fase di analisi alcune valutazioni circa l’edificato esistente,
ha mantenuto gli edifici di maggior valore, tra cui anche lo chalet di Paolo
Luccioni nella estremità ovest della piazza, integrandolo in un nuovo
disegno a terra della piazza.
La circolazione è stata risolta cercando di operare pochi sconvolgimenti
rispetto all’esistente e ipotizzando una fermata di “capolinea” di una linea
urbana di mezzi pubblici. Le due piazze che costituiscono l’ossatura
dell’intervento hanno comunque una grande percorribilità e accessibilità
pedonale, lasciando il traffico automobilistico ai margini. L’ingresso al
piano interrato dei garage (sotto la piazza circolare) avviene in prossimità
dell’edificio scolastico, a est. Buona parte del parcheggio interrato già
esistente viene dunque confermato come tale, mentre nella parte in cui

49
sorge l’edificio ad anello è ipotizzato un certo sacrificio (o limitazione)
della struttura già esistente.
L’idea figurativa principale è quella di ricostruire una piazza misurata, che
colleghi visivamente l’edificio delle scuole progettato da Massimo
Carmassi e la Casa della Salute progettata da Mario Botta. Il disegno di
questa piazza vuole ribadire questa volontà centripeta, in antitesi rispetto
all’attuale spazio, invece molto dilatato. L’edificio ad anello, il cui
basamento è pensato in pietra, presenta un varco importante verso il lato
nord della piazza e quindi verso il Monte Pettino.
Questa prima piazza, limitata a nord dal nuovo edificio e a est dalla scuola
esistente, ha poi una connessione con una seconda piazza, più aperta verso
il paesaggio, verso ovest. Questa cerniera è definita da una semplice
struttura orizzontale, molto ampia e connotata da tagli in copertura, in
modo da avere anche una certa permeabilità verticale. Questa grande
“tenda” può ospitare il mercato settimanale all’aperto, di giorno, e eventi
musicali o di intrattenimento, la sera. La struttura è immaginata in
materiale riflettente, in modo da duplicare verso l’alto la vitalità che si
percepisce alla quota del pavimento. Tutto l’intervento è pensato con
grande attenzione all’illuminazione notturna, in modo da permettere la più
estesa vivibilità delle stesse piazze. I rendering danno ragione di
quest’intenzione progettuale. La piazza occidentale, ipotizzata in pietra,
riprende le direzionalità più significative del luogo, consentendosi anche
una citazione dell’ormai notissima highline di New York.
Il verde è articolato in pochi elementi raggruppati in “boschetti”. Ciò non
perché il verde non abbia importanza in assoluto, ma perché bisogna
essere consapevoli che si è a Trevi, nel centro dell’Umbria, e che quindi
bastano 5 minuti di passeggiata per essere immersi nel verde delle colline
e degli olivi. Inoltre, a un minuto dalla piazza circolare inizia una vera
promenade lungo un bellissimo viale di lecci, che si adagia sul fianco
della collina occidentale.
Il progetto è stato reso con un video che consiste in due sezioni distinte:
una con la tecnica dello stop-motion; l’altra in cui il video esplora il
progetto muovendosi nell’ambiente.

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51
p. 48
Planimetria generale
p. 51
Sezione e prospetto ambientali
pp. 52-53
Viste del modello tridimensionale

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motto Ouverture!
tutor Bruno Mario Broccolo
studenti Mattia Bertinelli, Sofia Betti, Umberto Calzoni, Carmen Carotenuto,
Gioia Fusaro, Fiorenzo Pelucca, Federico Secci, Omar Tebib
Ouverture!
Bruno Mario Broccolo

Il progetto cerca di valorizzare il luogo attraverso un intervento che vuole


mettere in relazione la “sella” naturale dell’area con il paesaggio. Nasce
infatti dalla considerazione che l’idea del paesaggio sia uno dei migliori
contributi che l’Umbria o questa regione del centro Italia abbia dato alla
cultura pre-umanistica e umanistica. È ovvio: il paesaggio è sempre
esistito. Il contributo consiste allora nella consapevolezza che il paesaggio
possa diventare categoria speculativa ed estetica. Il progetto ricuce e
densifica la città attraverso la duplicazione di due grandi oggetti
parallelepipedi che costituiscono una sorta di grande cannocchiale verso il
paesaggio della piana assisiate e perugina. Idealmente il cannocchiale
dovrebbe connettere, verso est, anche la pianura spoletina, evidenziando
ancora di più il punto di flesso dell’orografia naturale in quel punto. Si
tratta di un gesto compositivo molto forte che non cerca quindi facili
nascondimenti. Vengono sacrificati, per poter consentire l’integrità
dell’idea compositiva, due edifici esistenti, nelle estremità est e ovest della
piazza. Le aree di “filtro” tra la precisione geometrica del progetto e la
situazione esistente sono costituite da giardini urbani, cercando quindi
delle pause tra l’edificato e la viabilità. La grande chiarezza geometrica
del progetto consente (anche se potrà sembrare eccessiva a taluni) una
risposta adeguata al luogo, andando a costituire una “spina dorsale”, dove
anche la frammentazione dell’edificio delle scuole progettato da Massimo
Carmassi sembra potersi ancorare. Gli usi previsti dal progetto sono:
biblioteca, residenze temporanee, ristorante, sala conferenze.
Il riferimento “illustre” principale, denunciato anche nelle slide di
presentazione, è Louis Kahn e l’Istituto Salk a La Jolla.

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I due grandi elementi parallelepipedi che ospitano le funzioni appena
citate sono resi con una sorta di doppio involucro (tutto il progetto si fonda
sulla duplicazione), che nel ritmo serrato di facciata vogliono richiamare
alla memoria il ritmo delle sostruzioni della Basilica di Assisi.
Nel progetto è reintrodotto un elemento simbolico importante e cioè
l’acqua. Il luogo, infatti, ha assunto nel tempo il toponimo di “lagaccio”
perché vi arrivava l’acquedotto antico. L’acqua attraversa in direzione est-
-ovest tutto l’intervento.
Lo spazio tra il limite della città storica (densa, compatta) e i nuovi edifici
di progetto viene risolto attraverso lo studio di una piazza a traffico
limitato (carico e scarico, residenti), le cui direttrici geometriche sono
comunque ritrovate nel luogo. Una parte di questa piazza è lasciata a
giardino e ornata di un segno curvilineo molto morbido, in opposizione
alla durezza “medievale” sia dell’esistente che del progetto. Oltre alla
grande suggestione degli affacci sulla pianura assisiate durante il giorno,
bisogna immaginare le emozioni che la piazza potrà dare di notte, sia
guardando verso la pianura, sia guardando verso i monti, a est.
Il traffico è risolto immaginando una gerarchizzazione dello stesso e una
sua diversa distribuzione. Il flusso automobilistico proveniente da sud-
ovest è inibito e costretto a svoltare prima del nuovo sistema di piazze e
ricongiungersi così al viale dei lecci già esistente sul fianco ovest della
collina trevana. L’ingresso al parcheggio interrato esistente avviene da est,
in prossimità della scuola progettata da Massimo Carmassi. Sempre a est
è prevista una rotatoria urbana che riconnette il flusso proveniente da est
con il centro città e con la viabilità che continua verso il monte Pettino.
Il progetto è reso attraverso un video composto da una pluralità di slide.
Queste iniziano con una citazione di Georg Simmel sul paesaggio,
proseguono con delle immagini riassuntive delle analisi compiute (sulla
viabilità, sui parcheggi), e poi con suggestive immagini dei paesaggi
umbri visti dall’interno delle città. Si concludono poi con immagini del
progetto, sia più tecniche (piante, sezioni, prospetti), sia più suggestive
(rendering).

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p. 54
Planimetria generale
p. 57
Fotoinserimento e vista del modello tridimensionale
p. 58
Prospetti ambientali
p. 59
Fotoinserimento

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motto Trevi città aperta
tutor Alessandro Bulletti, Laura Nardi
studenti Debora Berardi, Arianna Cassiani, Alessandro Di Raimo Marrocchi,
Luciano Fraschetti, Riccardo Liberotti, Debora Marchi, Benedetta Sgargetta, Emanuela
Spada
Trevi città aperta
Alessandro Bulletti, Laura Nardi

L’esercizio progettuale è stato affrontato a partire da un’attenta analisi


della città condotta a una scala urbanistica che permettesse di considerare
un ampio contesto, non limitandosi ai margini dell’area di intervento ma
collocando Trevi negli ambiti geografico, orografico, storico e
paesaggistico. Si è quindi cercato di dare lettura dei molteplici elementi
caratterizzanti emersi.
Di grande rilievo, nella fase iniziale di conoscenza del luogo, è stato
raggiungere fisicamente la città e camminare tra le sue vie e i suoi vicoli.
Trevi si distende su una collina, tra i monti e la pianura. Il caratteristico
profilo della Trevi arroccata è percepibile però solamente dal basso:
giungendo sia da nord che da sud, per conquistare il centro della città è
necessario percorrere strade tortuose, arricchite da continui scorci sempre
diversi mentre, salendo, va perdendosi quell’immagine che si ha dalla
pianura. La percezione di trovarsi in cima alla collina svanisce quasi
totalmente una volta raggiunta la meta e spinti all’interno, salvo per alcuni
limitati, ma aperti, punti visuali: delle terrazze poste ai bordi dell’edificato
dalle quali si può spaziare con lo sguardo per tutta la valle spoletina e
individuare le varie città che vi si affacciano. Oltre alla preziosa città
storica, alle pendici del monte, si riconosce anche un quartiere più recente
totalmente costituito da abitazioni private. Piazza Garibaldi, adagiata in
corrispondenza della sella che unisce le pendici del monte con la collina,
rappresenta tanto il crocevia delle vie di collegamento con la pianura
quanto la cerniera tra la città storica e la zona più recente. I confini tra
l’edificato e il verde circostante sono ben definiti sia dalle mura antiche,
che cingono il centro storico, sia dalle strade che circondano il quartiere
periferico, e la netta demarcazione non lascia immaginare la possibilità di
un’espansione oltre di essi.

61
Il progetto prende le mosse dall’intento di mettere in luce un diverso modo
di vivere la città, sia come abitante che come turista, esaltandone quegli
elementi di pregio che sono già parte del patrimonio di Trevi ma dei quali
non si ha piena consapevolezza, proprio perché non sono adeguatamente
integrati nella percezione della città. Rispetto alla problematica della
viabilità, tanto evidente proprio in piazza Garibaldi, non si ritiene
necessario stravolgere quanto già esiste, ma è sufficiente cambiare
abitudini ormai consolidate: si è accolta la volontà, celata nella
realizzazione di un parcheggio nelle immediate pendici del monte, di
accedere alla città dall’alto. Così facendo, non solo si libera la piazza dalla
costante presenza di automobili, ma si regala un inedito punto di vista sul
centro storico che permetta di percepirne gli elementi caratterizzanti.
L’accesso alla piazza per i visitatori avviene attraverso percorsi pedonali
che richiamano alla mente gli stretti vicoli delle città medievali,
fiancheggiati da mura e abitazioni: attraverso la presenza costante di un
muro continuo, che cela la vista delle case private mentre indirizza lo
sguardo verso gli edifici di pregio, il visitatore è guidato nell’esplorazione
della città. Delimitando le strade, il muro conduce alla nostra piazza
assecondando gli spazi generati dagli edifici esistenti, generandone di
nuovi, divenendo edificio, basamento, passaggio. Il muro invita a scoprire
una corte silenziosa, compresa tra la Casa della Salute progettata da Mario
Botta e un nuovo edificio a essa speculare, e impreziosita da una vasca
d’acqua; attrae verso un nuovo edificio museale sollevato da terra che
regala un esclusivo sguardo sulla città; costeggia un nuovo edificio
residenziale che, insieme alla scuola progettata da Massimo Carmassi, dà
luogo a una quinta scenica della piazza indirizzando lo sguardo agli edifici
antichi che fanno da sfondo; guida a un giardino segreto impreziosito dalla
presenza dello chalet di Paolo Luccioni, diventando passaggio, aprendosi
e orientando lo sguardo verso la valle sottostante. Lo stesso giardino che,
insieme a quello di pertinenza di villa Fabri e del Monastero di San
Martino, costituiscono i nodi di un percorso verde che è già stato
implicitamente tracciato, attraverso la realizzazione del viale della
Passeggiata di chiaro impianto ottocentesco, ma mai reso fruibile, e che
con questo progetto si vuole riportare alla luce e arricchire. Ciò che il
nostro contributo tenta di realizzare è una maggiore consapevolezza
dell’immenso patrimonio che Trevi possiede e che necessita solo di essere
valorizzato.

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p. 60
Planimetria generale
p. 63
Sezioni ambientali
pp. 64-65
Viste del modello tridimensionale

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motto sis7ema
tutor Luca Martini
studenti Giulia Anastasi, Eva Bisciotti, Giulia Ceci, Federica Magi Meconi,
Alban Pinari, Elena Tancetti, Marta Tarducci
sis7ema
Luca Martini

La proposta sis7ema prende le mosse da un approccio contestualista


attraverso l’ideazione di una griglia morfologica generata a partire dalle
giaciture degli edifici che circondano l’area di progetto nella città di Trevi.
In tal senso una rete di percorsi pedonali ordina un sistema organico di
sette spazi pubblici (sis7ema) definiti da setti muti rivestiti in acciaio cor-
ten che dall’esterno impediscono l’introspezione e allo stesso tempo
dall’interno favoriscono un carattere identitario in quanto decorati da
opere d’arte dedicate. Il percorso pedonale principale mette in
collegamento l’ingresso al centro storico di via Roma con l’area a ovest
del Casa della Salute concepita da Mario Botta, anche attraverso il
livellamento del terrapieno che attualmente borda a est piazza Garibaldi.
La circolazione viaria è permessa solamente in un anello che circonda
l’area: l’accesso è consentito a nord da via Coste e l’uscita a sud su via
Coste San Paolo. Inoltre è istituito un senso unico ad andamento antiorario
dall’accesso di via Coste a nord a via delle Grotte a sud. La nuova fermata
dei mezzi pubblici è ipotizzata nei pressi di via Roma.
A partire dalla catalogazione degli spazi urbani ideata da Luigi Piccinato
in “piazze di utilità” e “piazze di soggiorno”, gli spazi progettati
ridisegnano l’area di intervento e, inoltre, accolgono ulteriori funzioni
rispetto a quelle già presenti al fine di differenziare le esperienze urbane
che contraddistinguono tale area. In particolare gli spazi immaginati
comprendono la “piazza pubblica”, la “piazza del mercato”, il “cortile
della scuola”, il “parcheggio coperto”, la “piazza per la contemplazione”,
l’“orto didattico” e il “giardino sensoriale”. La piazza pubblica ingloba lo
chalet di Paolo Luccioni ed è organizzata come una gradonata artificiale

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che caratterizza lo spazio come un teatro all’aperto mantenendo la
conformazione attuale in declivio. Allo stesso tempo la piazza del mercato
occupa l’area centrale ed è protetta dalle intemperie da una copertura
rivestita in acciao cor-ten punteggiata da bucature che garantiscono
l’illuminazione zenitale. Invece il cortile della scuola occupa lo spazio
antistante l’edificio delle scuole di Massimo Carmassi e risulta disegnato
secondo le giaciture dei blocchi che compongono il complesso progettato
dall’architetto toscano. Inoltre il cortile è composto da spazi pubblici
attrezzati in parte pavimentati e in parte verdi dedicati alle attività
all’aperto degli studenti. Il parcheggio si colloca a nord-est dell’area di
progetto, è posto in diretta comunicazione con l’attuale zona dedicata alla
sosta sotterranea ed è coperto da una siperficie microforata rivestita in
acciaio cor-ten. Diversamente lo spazio della piazza della contemplazione
è ad andamento triangolare, è raccolto tra le piazze pubblica e del mercato
ed è caratterizzato dalla presenza di un’opera scultorea dedicata. Allo
stesso modo l’orto didattico in prossimità del cortile è composto da tre
terrazzamenti coltivati e raccordati da una rampa accessibile ed è
ipotizzato come spazio di studio e attività sia per gli studenti che per i
residenti. Infine il giardino sensoriale è progettato nell’area adiacente
all’edificio ideato da Mario Botta, anche al fine di accogliere i pazienti
della Casa della Salute che vi trova sede.
L’animazione video che caratterizza la presentazione multimediale della
proposta progettuale enfatizza come l’intervento progettato proponga per
l’area un tessuto serrato fatto di percorsi bordati da muri monomaterici
che impediscono la relazione visiva con il contesto. Ma allo stesso tempo,
una volta superati i velari e le rampe d’ingresso agli isolati, i visitatori
scoprono una pluralità di spazi pubblici diversificati, circondati da muri
comunicativi e che ospitano funzioni proprie della città. In un’alternanza
continua di spazi compressi e dilatati di consuetudine e sorpresa: che è la
condizione propria di una realtà urbana complessa e contemporanea.

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Planimetria generale
pp. 69-70
Fotoinserimento e viste del modello tridimensionale
p. 71
Sezioni ambientali

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motto via_Garibaldi
tutor Luca Martini
studenti Alessandro Cicioni, Andrea Ciurnella, Ilaria Di Giacomo, Samuel Distefano,
Luca Graziani, Laura Ticchioni
via_Garibaldi
Luca Martini

La proposta progettuale via_Garibaldi analizza l’area di progetto di


piazza Garibaldi a Trevi a partire da cinque problematiche urbane
individuate in fase di rilievo architettonico. Che però vengono interpretate
ai fini progettuali come occasioni latenti: la reciproca disconnessione
fisica tra il centro storico e gli edifici di pregio che bordano l’area (l’ex
ospedale cittadino ampliato da Virgilio Marchi, la Casa della Salute ideata
da Mario Botta, l’edificio delle scuole progettato da Massimo Carmassi e
lo chalet progettato da Paolo Luccioni), la moltiplicazione indiscriminata
delle aree di sosta, il posizionamento disorganico della fermata dei mezzi
pubblici, la promiscuità delle funzioni urbane e la complessità dei percorsi
stradali. Al fine di gerarchizzare lo spazio progettato viene ideato un
percorso pedonale rettilineo segnato da un reticolo metallico decorativo
(via_Garibaldi) che segue la giacitura della valle umbra e che
declinandosi altimetricamente innesca soluzioni progettuali che tendono a
risolvere puntualmente le problematiche individuate. Ovvero permette di
connettere fisicamente i poli suddetti, organizzare le aree di sosta,
decentrare la fermata dei mezzi pubblici, distribuire funzionalmente gli
spazi urbani e istituire un percorso viario carrabile in un anello che
circonda l’area.
In tal senso il percorso pedonale raccorda l’area di sosta di viale Augusto
Ciuffelli con l’area di piazza Garibaldi e ipotizza la presenza di un’area
gioco nei pressi dello spazio verde limitrofo. Il collegamento verticale è
dato come di consuetudine da un blocco scale e da ascensori, ma
l’immagine ludica è amplificata da uno scivolo elicoidale che permette di
raggiungere direttamente il parcheggio. Nel percorrere il collegamento da

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nord a sud si incontra a est la rampa d’accesso all’edificio dell’ex ospedale
e a ovest l’accesso alla piazza pubblica vera e propria, immaginata come
uno spazio flessibile di incontro, svago e aggregazione. Nella piazza lo
chalet è sormontato da un parallelepipedo metallico che ospita un
auditorium e una seconda piazza in quota da cui si disvela un nuovo punto
di vista sul centro storico di Trevi. Lungo i collegamenti verticali che
uniscono le due piazze sono dislocati degli spazi pensati come sedi per
l’associazionismo cittadino e caratterizzati da pannelli di rivestimento
colorati in laminato. Successivamente il percorso attraversa la parte
centrale dell’attuale piazza Garibaldi, che il progetto presentato ipotizza
come uno spazio verde attrezzato: nella parte a est risulta un giardino
d’estate caratterizzato da una superficie verde e piante ad alto fusto,
mentre nella parte a ovest un giardino d’inverno pavimentato e
punteggiato da vasche di forma stereometrica che accolgono essenze
vegetali dedicate. Nel raccordo tra le aree verdi è presente l’accesso al
parcheggio sotterraneo attuale. Inoltre di fronte al complesso scolastico è
ipotizzata una piazza pedonale che collega trasversalmente il centro
cittadino con l’area che fronteggia la Casa della Salute ideata da Mario
Botta e che può accogliere occasionalmente mercati ed eventi pubblici.
Infine la pensilina di fermata dei mezzi pubblici è limitrofa all’edificio
scolastico, mentre la testata del percorso pedonale a sud è segnata da un
edificio iconico che ospita ai piani superiori un’esposizione commerciale
permanente dei prodotti d’eccellenza del territorio e ai piani inferiori
residenze con accesso da via delle Grotte.
L’ipotesi progettuale via_Garibaldi intende risignificare l’area
d’intervento attraverso un segno progettuale che si confronta
monumentalmente con la scala del territorio e che si rapporta con il
paesaggio attraverso le due testate belvedere. Contestualmente la
presentazione multimediale introduce la proposta progettuale con il
linguaggio grafico smart delle icone dei sistemi operativi high-tech e con
le videoanimazioni stop-motion delle campagne promozionali dei network
televisivi musicali. In tal senso il percorso pedonale è allo stesso tempo un
landmark temerario e un segnale innovativo che comunica la convivenza
possibile tra storicità e contemporaneità a Trevi.

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Planimetria generale
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Viste del modello tridimensionale
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Sezioni ambientali
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Assonometria a volo d’uccello

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motto FLASH2 la scommessa di Trevi sulla contemporaneità
tutor Andrea Matcovich, Giovanna Ramaccini
studenti Margherita Bececco, Jessica Castagna, Elisa Florindi, Felice Lombardi,
Elena Pierbattisti, Chiara Settimi, Nicolò Urbini
FLASH2 la scommessa di Trevi sulla contemporaneità
Andrea Matcovich, Giovanna Ramaccini

L’area oggetto dell’esercitazione progettuale pone di fronte a una sfida


tanto complessa quanto affascinante.
Piazza Garibaldi si configura come un grande spazio aperto, situato a
ridosso del fitto tessuto storico. Uno spazio che nel tempo ha ospitato
innumerevoli attività, giungendo a noi come un luogo ricco di tutte quelle
funzioni necessarie alla città (le scuole, la Casa della Salute, lo chalet, il
parcheggio, il terminal, il mercato ecc.), disposte senza un apparente
ordinamento. A un’analisi più approfondita questo ribollire e pullulare di
attività non risulta come semplice affollamento, quanto piuttosto come
una presenza attiva, di vita nuova e brulicante, da cui germoglia e spunta
l’attuale spirito della città, accolto nella nuova piazza, interpretata dai
sette ragazzi come luogo dagli innumerevoli ricominciamenti.
Quest’area, che storicamente ha offerto alla città l’opportunità di
rispondere alle diverse esigenze che si presentavano, può contribuire,
ancora una volta, a valorizzare i processi in atto.
Trevi è un’eccezionale cittadina storica che sta scommettendo sul turismo
in genere e, in particolare, sul turismo d’arte, promuovendo la stessa in
relazione alla storia, alla tradizione, al paesaggio e alla contemporaneità.
In tale ottica il progetto prevede la realizzazione di un edificio destinato a
museo di arte contemporanea, ampliando l’originario Trevi Flash Art
Museum, situato presso piazza Mazzini, ma con una forte accezione di
potenziamento, da cui FLASH2.
Il carattere deciso dell’interpretazione del tema si rivela, dal punto di vista
compositivo, attraverso una spezzata che, negando la quinta orientale
della piazza, tenta di restituire un’immagine rinnovata, rivelando le qualità
e gli elementi riconosciuti come peculiari: lo chalet (opera dell’architetto

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Paolo Luccioni), la Casa della Salute (disegnata dall’architetto Mario
Botta), l’edificio delle scuole (progettato da Massimo Carmassi) e il
nucleo storico. Un segno deciso che senza timore di offendere, con
sicurezza, forza e intensità, sceglie e ordina, offrendo nuove prospettive.
L’edificio fa della sua hall il centro di arrivo dei turisti alla città e,
convogliando l’ingresso proveniente dal sottostante sistema dei parcheggi,
accoglie le partenze e i ritorni.
Articolato su tre livelli, esso include al piano terra dei laboratori d’arte,
pensati come vetrine tramite cui è possibile ammirare la realizzazione
delle opere in corso, offrendo a cittadini, studenti e turisti la possibilità di
interagire con l’artista. Ai piani superiori sono collocate le gallerie d’arte,
permanenti e temporanee; oggetto di queste ultime le opere realizzate
presso i laboratori sottostanti. Il museo è reso permeabile ai flussi pedonali
attraverso l’introduzione di ampie zone porticate che consentono di
incorniciare gli edifici ritenuti “significativi”, introducendo nuove
gerarchie spaziali (come nel caso della Casa della Salute che, attraverso
un collegamento visivo, diviene parte attiva dell’area progettata).
Cercando di unire la molteplicità delle funzioni presenti, viene proposto
un disegno dei vuoti basato sulle reciproche relazioni: è così generato un
vero e proprio sistema di piazze che, differentemente definite dal punto di
vista geometrico, materico e cromatico, assecondano gli usi in atto.
Orientata a sud-est la piazza Verde, concepita come un manto erboso
dedicato al tempo libero, a diretto contatto con l’adiacente scuola media.
In essa si inseriscono aree gioco, prati, zone alberate e spazi rivolti ad
accogliere esposizioni temporanee. A nord-ovest la piazza Dura, aggettivo
che evidenzia la contrastante caratterizzazione del terreno rispetto al caso
precedente. In essa sono presenti un ampio spazio aperto, volto a ricevere
manifestazioni pubbliche, uno più raccolto, qualificato da sedute per gli
incontri e la conversazione e un ambito riservato al bar, identificato da una
differente pavimentazione. L’unico elemento naturalistico presente in
questo settore è rappresentato dal Tree of 40 Fruits (Albero dai 40 Frutti),
opera dell’artista statunitense Sam Van Aken che, con i suoi 40 diversi
innesti, è metafora di una comunità che vive in armonia. A congiungere le
due aree una piazza-percorso, un rettangolo allungato che da piazza
Mazzini raggiunge con lo stesso trattamento materico la hall museale,
congiungendo idealmente le due sedi espositive, per un rapporto tra
passato e futuro che è potenza e nutrimento per la città. Un invito, questo,
a compiere un salto nella contemporaneità, lanciato in rete dai ragazzi con
chiarezza e vivacità (www.umbriacontemporanea.altervista.org).

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Planimetria generale
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Fotoinserimento
pp. 82-83
Viste del modello tridimensionale

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motto TIME TUBE TREVI
tutor Valeria Menchetelli, Giacomo Pagnotta
studenti Giulia Bazzucchi, Agnese Chianella, Francesca Fiacca, Mattia Goretti,
Giulio Rosi, Silvia Vicarelli, Alessandro Volpi
TIME TUBE TREVI
Valeria Menchetelli, Giacomo Pagnotta

Il progetto Time Tube Trevi prende le mosse dalla constatazione della


duplice identità che la città di Trevi presenta al visitatore, percepibile fin
dall’arrivo in città percorrendo la viabilità esistente. Di fatto, il centro
storico è raggiungibile mediante due distinti percorsi, estremamente
diversi per morfologia e per qualità paesaggistiche: il primo attraversa il
costruito, offrendo un’immagine della città caratterizzata dalla vocazione
urbana; il secondo attraversa la natura, proponendo una visione della città
immersa nel paesaggio olivetato. Il progetto intende incarnare tale
ambiguità, proponendo l’organizzazione dell’area di piazza Garibaldi in
due piazze contrassegnate da valenze contrapposte: la piazza urbana,
ispirata alle ambientazioni metafisiche dei dipinti di Giorgio De Chirico e
destinata a funzioni collettive, e la piazza olivetata, che reinterpreta in
chiave contemporanea l’inconfondibile regolarità seriale del paesaggio
circostante legato alla coltivazione dell’olivo e alla produzione dell’olio.
In tal senso, la piazza urbana è caratterizzata dalla presenza di due volumi
elementari, di cui uno con pianta a “elle”, scanditi in unità singole tramite
partizioni seriali e volti ad accogliere attività commerciali temporanee
quali mercati e fiere; i due volumi si configurano come quinte prospettiche
che comprendono e definiscono uno spazio lineare accompagnato da una
lunga seduta, che culmina visivamente nell’edificio dello chalet, eletto a
fuoco prospettico. Mentre la piazza olivetata, articolata su più livelli, è
disseminata di totem cilindrici disposti in corrispondenza dei nodi di una
griglia regolare, che fungono sia da sostegno strutturale al livello ipogeo,
riorganizzato in modo da ospitare una biblioteca e una serie di laboratori,
sia da riferimento visivo in superficie, consentendo di misurare lo spazio
dilatato della piazza. Al contempo, la proposta progettuale persegue

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l’obiettivo di risolvere la condizione duplice mediante l’inserimento di un
segno unificatore forte, il tube, che ricalca il tracciato dell’antico
acquedotto, trasformandolo da adduttore di acqua in adduttore di persone,
e lo prolunga verso il centro storico attraversando (e ricucendo) il sistema
delle due piazze. Il tube si configura non soltanto come accumulatore di
tutti i percorsi, sia di collegamento verticale (al fine di superare i notevoli
dislivelli che caratterizzano la piazza) sia di collegamento orizzontale (al
fine di innervare le nuove destinazioni d’uso della piazza), ma soprattutto
come spazio denso e multiforme in cui convivono le funzioni distributiva,
informativa, associativa ed espositiva, specchio della rinnovata identità
della città e del suo spazio pubblico. I materiali impiegati riflettono ancora
una volta la duplice connotazione della città: il laterizio e la pietra propri
del tessuto storicizzato sono ibridati attraverso le molteplici declinazioni
del verde del paesaggio. Unico elemento dotato di un’autonoma identità
materica è il tube, il cui rivestimento metallico intelligente, capace di
modificarsi in funzione della variabilità delle condizioni al contorno,
assolve anche a funzioni di carattere bioclimatico: le lamelle metalliche,
sfruttando un sistema meccanizzato di inclinazione, permettono il corretto
irraggiamento e la ventilazione ideale in funzione della variabilità
stagionale. Alla quota inferiore della piazza, invece, il tube presenta una
pelle quasi interamente vetrata che, oltre a illuminare naturalmente gli
spazi seminterrati, agevola la ventilazione indotta dalla circolazione
forzata che, anche mediante la vegetazione che riveste parte del livello
superiore, garantisce un ricircolo ottimale. La viabilità a servizio del
nuovo sistema di piazze è stata riorganizzata a favore della percorribilità
lenta e di una differenziazione dei flussi tale da garantire la fruizione
pedonale dell’intera area. In tal senso è prevista una circolazione anulare
perimetrale dei veicoli che si avvicinano alla ZTL percorrendo le attuali
via Lucarini, via Coste e via delle Grotte, mentre viene eliminato il
passante di via Ciuffelli al fine di una totale integrazione tra la piazza
olivetata e la piazza urbana. Al di sotto della piazza, la riconfigurazione
per parti del parcheggio esistente accoglie la nuova fermata dei bus che,
liberando lo spazio in superficie, consente una continuità fisica e visiva
con la Casa della Salute in modo da configurare, insieme al polo scolastico
e al centro storico, una nuova centralità urbana appena fuori le mura, dove
trovano spazio destinazioni d’uso molteplici e trasformabili. Una piazza
flessibile in cui scenari differenti si integrano sinergicamente attraverso il
tube, simbolico stargate in cui è possibile ripercorrere la storia trevana
generando un cortocircuito spazio-temporale tra la città passata e la città
futura attraverso la città presente.

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Planimetria generale
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Vista del modello tridimensionale e fotoinserimento
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Sezioni ambientali
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Fotoinserimento

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Comune di Trevi
Università degli Studi di Perugia
Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale
Corso di Laurea Magistrale in Ingegneria edile-Architettura
Insegnamenti di Progettazione digitale
Laboratorio di Progettazione digitale

20 febbraio 2015
Trevi, Teatro Clitunno
ore 15.00

8 idee x 1 piazza
progetti per l’area di piazza Garibaldi a Trevi
il concorso
p. 90
Locandina dell’iniziativa concorsuale (particolare)
p. 92
Trevi, Teatro Clitunno, 20 febbraio 2015, la proclamazione dei progetti premiati
Nella giornata del 20 febbraio, presso il teatro Clitunno di Trevi, le
proposte progettuali sono state presentate pubblicamente e valutate da un
grand jury qualificato che ha ritenuto di premiare i seguenti progetti.

progetti premiati dal grand jury


progetto vincitore
TIME TUBE TREVI
per la capacità di interpretare il rapporto tra paesaggio costruito e
paesaggio naturale, per l’attenzione al contesto paesaggistico e
ambientale, per la conservazione della memoria, per la ricerca di un
legame tra passato, presente e futuro.
segnalazioni di merito
3Vi WATER SQUARE
per la trasposizione in linguaggio contemporaneo della presenza
dell’acqua; per le modalità comunicative efficaci e innovative.
FLASH2 la scommessa di Trevi sulla contemporaneità
per la chiarezza del tema, del suo svolgimento e dell’esposizione; per la
scelta tematica/funzionale innovativa.

grand jury
Marinapia Arredi docente Sapienza Università di Roma
Alessandro Bracchini rappresentante INU Umbria
Maurizio Coccia direttore artistico Palazzo Lucarini Contemporary
Ray Lovelock attore
Luciano Piermarini dirigente Comune di Foligno

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