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Il tema del riciclo delle batterie agli ioni di litio è oggi un argomento ampiamente dibattuto, in quanto

sempre più batterie si stanno avvicinando al termine della loro vita e necessitano di essere
adeguatamente smaltite o recuperate.

Nel nostro precedente articolo  “Riciclo batterie al litio: cosa c’è da sapere”  ci siamo soffermati sul
perché è importante riciclare i componenti di una batteria al litio, come avviene il loro smaltimento e
quali normative è necessario seguire.

Non ci resta che affrontare gli aspetti più tecnici legati al recupero della batteria al litio, analizzando nel
dettaglio i processi di riciclo attualmente in uso, il concetto di second life e i futuri scenari su cui gli
esperti del settore si stanno attualmente confrontando.

I PROCESSI  DI RICICLO PER IL RECUPERO DELLA BATTERIA: LAVORAZIONE FISICA E CHIMICA

I processi di riciclo delle batterie al litio consistono di molteplici step di lavorazione, che possono essere
suddivisi in due tipologie principali:

1. Processi fisici

Includono il disassemblaggio, la separazione e lo sminuzzamento delle componenti delle batterie al litio,


sfruttando le differenti caratteristiche fisiche dei materiali in esse presenti (ad esempio densità,
proprietà magnetiche, solubilità). Servono principalmente come pretrattamento per separare i
materiali catodici e anodici da altri componenti come i collettori di corrente ed elettroliti, riducendo
quindi le impurità presenti e facilitando i processi di recupero seguenti.

2. Processi chimici

Includono precipitazione chimica, dissoluzione, estrazioni con solvente, elettrodeposizioni e trattamenti


termici. Questi processi possono a loro volta suddividersi in sottocategorie:

 Processi piro-metallurgici

I più diffusi in quanto semplici e produttivi, idonei al recupero di materiali metallici della batteria ma non
per materiali organici. Si tratta di processi ad alta temperatura (800-1300°C) che fondono i diversi
metalli permettendone il recupero sotto forma di leghe (rame, cobalto, nichel e ferro), le quali vengono
poi raffinate per ottenere le componenti metalliche a più alta purezza. Dalla scoria invece si possono
ottenere litio, alluminio, silicio, calcio, manganese, ma con processi generalmente costosi, per cui spesso
si preferisce utilizzare la scoria come materiale per l’industria edilizia. I processi pirometallurgici hanno
però generalmente basse capacità, elevato consumo di energia e limitata efficienza di riciclo oltre ad
essere poco flessibili.

 Processi idro-metallurgici

Prevedono estrazione, dissoluzione e separazione dei materiali della batteria a bassa


temperatura tramite reazioni chimiche in soluzioni acquose. Questi processi sono considerati
più sostenibili ed energeticamente economici rispetto ai pirometallurgici in termini di emissioni,
selettività dei metalli da riciclare ed efficienza, ma sono più complessi in quanto richiedono molteplici
passaggi, l’unico svantaggio è la necessità di trattare i reflui prodotti.
Fig. A: Processi e schemi di riciclo  [1]

LE 7 FASI DEL PROCESSO DI RICICLO DELLA BATTERIA AL LITIO

A seconda della complessità delle celle al litio (chimica e meccanica) e delle strategie di riciclo dei diversi
impianti, allo scopo di massimizzare l’efficienza di riciclo pur garantendo la competitività economica, si
delineano 7 fasi fondamentali:

1. Preselezione: le batterie vengono separate in base alle differenti caratteristiche chimiche e


meccanico/geometriche

2. Recupero di energia: celle/batterie di grandi dimensioni possono essere sottoposte a un


processo di scarica per il recupero dell’energia residua in esse e per ridurre i rischi durante lo
smaltimento

3. Smontaggio: genera parti metalliche, plastiche e componenti elettroniche che possono seguire
processi di riciclo indipendenti (riciclo diretto) aumentando l’efficienza del processo complessivo

4. Bonifica: evita il rilascio di emissioni nocive o di materiali pericolosi nell’ambiente. Comprende il


trattamento criogenico, circa a -200 °C, che evita le reazioni esotermiche durante le fasi
successive del processo di riciclo e/o trattamenti termici di pirolisi e calcinazione per rimuovere i
componenti organici ed infiammabili
5. Liberazione: in cui si ha il distaccamento dei materiali attivi anodici e catodici dai collettori di
corrente metallici. A tal fine si usano metodi meccanici, termici e chimici in atmosfera inerte o
soluzioni acquose per decomporre i leganti e/o i collettori metallici.

6. Separazione: i materiali liberati vengono separati sfruttando diverse proprietà fisico-chimiche


(densità, proprietà magnetiche, elettrostatiche e geometriche. Si ottengono però miscele le
quali devono essere raffinate per via metallurgica per ottenere componenti a maggior purezza.

7. Raffinazione metallurgica: può essere termica (processi pirometallurgici), chimica (processi


idrometallurgici) o anche biologica (biometallurgica).

IL RECUPERO DEI MATERIALI DALLA BATTERIA AL LITIO

In generale i processi piro-metallurgici sono più dispendiosi in termini di consumo energetico e


portano a maggiori perdite di materiale, ma hanno il vantaggio di ottenere metalli di uso commerciale.
Dall’altro lato, i processi idro-metallurgici sono in grado di ottenere materiali di alta qualità e pronti per
il riuso diretto in nuove batterie, quindi potenzialmente più efficienti, ma richiedono un maggior
apporto di reagenti e passaggi, aumentandone la complessità.

Questi ultimi permettono infatti un recupero fino al 100% di Litio e Cobalto, 98% di Manganese, 75%
Alluminio, anche sotto forma di materiali catodici/anodici pronti all’uso per nuove celle, a patto,
ovviamente, di trovare il compromesso tra spese e ricavi nel processo di riciclo.

Fig. B: Esempio di schema dei processi piro e idro-metallurgici per il riciclo di batterie NiMH, LMO e
LCO  [2]

Nella seguente tabella sono indicati alcuni esempi di metalli e composti recuperati dal riciclo di batterie
al litio a fine vita con diversi processi di riciclo e la rispettiva purezza ottenibile, che come è possibile
notare, va dal 90 al 100%:

Fig. C: Riepilogo dei metalli e dei prodotti chimici ottenuti dal riciclaggio delle batterie al litio esaurite  [3]

La tabella mostra che possono essere recuperati a partire da catodi esausti (LCO = LiCoO 2, LFP = LiFePO4,
LMO = LiMn2O4, NMC = LiNi1/3Co1/3Mn1/3O2, NCA = LiNi0.8Co0.15Al0.05O2) con vari tipi di processi fisico-
chimici sia metalli puri (cobalto, nichel, rame), sia composti utilizzabili per una nuova produzione di
materiali catodici, sotto forma di carbonati, solfati ed idrossidi di vari metalli.

SECOND LIFE BATTERIA AL LITIO: UNA SOLUZIONE AFFIANCABILE AL RICICLO DA NON


SOTTOVALUTARE

Sono sempre di più gli studi sull’implementazione di iniziative volte a dare una second life alle batterie
al litio dopo la fine della loro vita sui mezzi (ad esempio, per utilizzo domestico o di energy storage):

Ma cosa vuol dire esattamente recuperare una batteria al litio dandole una seconda vita?

Si tratta di una soluzione verosimilmente antecedente al riciclo e si traduce nel recuperare e utilizzare
una batteria che ha raggiunto il fine vita per un veicolo elettrico, su altre applicazioni come l’energy
storage (accumuli di energia).

Ad esempio quando la batteria di un’automobile elettrica perde il 20% di autonomia, questa risulta a
fine vita per la macchina e necessita di essere cambiata; la batteria esausta può però essere riutilizzata
per altre applicazioni che non richiedono la capacità completa e possono sfruttare la rimanente parte di
batteria che altrimenti verrebbe smaltita. Tale operazione allunga la vita totale della batteria e riduce
complessivamente l’impatto ambientale di produzione, riciclo e smaltimento.

Quanto dura una batteria al litio nella sua seconda vita?

In funzione della tipologia di utilizzo, la seconda vita di una batteria può durare anche più di 10 anni

Facciamo un esempio pratico: le batterie al litio a fine vita possono essere utilizzate per alimentare le
utenze di case e edifici. Questo permette di migliorare il funzionamento delle reti elettriche e, allo stesso
tempo, sfruttare maggiormente l’energia prodotta da impianti rinnovabili, mettendo a disposizione un
sistema di immagazzinamento (energy storage) o di riduzione dei picchi di utilizzo della rete elettrica
nazionale tramite peak shaving, in cui la batteria accumula quando ci sono picchi di produzione e rilascia
energia quando serve maggiormente.

Il concetto di Second Life non è sempre la scelta migliore nel settore industriale

Nel mondo automotive, quando la batteria di un’automobile ha perso il 20% di autonomia, questa è già
considerata a fine vita perché va a ridurre l’autonomia complessiva del mezzo. Di fatto, però, la batteria
non è realmente esaurita, quindi può essere ampliamente sfruttata per altri utilizzi di energy storage.

Al contrario, molte applicazioni per utilizzi industriali (es. logistica) sono invece in grado di sfruttare
appieno l’energia della batteria: grazie alla possibilità di effettuare cariche parziali durante le pause,
questi mezzi continuano ad utilizzare la batteria fino ad una capacità rimanente al di sotto del 40% e di
conseguenza la second life non è necessaria.

La Second Life è di difficile applicazione nel mercato industriale anche per un’altra importante ragione:
si tratta di un segmento molto differenziato in termini di modelli e caratteristiche dei singoli pacchi, che
tra l’altro non sono prodotti in volumi importanti, perciò, risulta estremamente complesso prevedere
un ri-assemblaggio uniforme, che può invece avvenire in maniera molto più agevole sulle batterie
dedicate all’ambito automotive.

Il settore automotive riesce, infatti, a sfruttare centinaia di migliaia di pacchi tutti uguali tra loro,
pertanto risulta più semplice effettuare studi per convertire questi pacchi al termine del loro utilizzo
sull’autovettura, dando loro una seconda vita in altri contesti.

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