Sei sulla pagina 1di 2

LA LINGUA DELLA MATERIA

Nata a Beirut nel 1952 da genitori palestinesi in esilio dal 1948. Vive a Londra dal 1975 quando la guerra civile
esplode in Libano. Dislocazione spaziale e concettuale. Disorientamento. Cartografie. Barriere. Frammentazione.
Instabilità. Ambivalenza di oggetti comuni. Contraddizione. Gioco. Paradosso. Ricerca di Unheimlich freudiano
ovvero il perturbante. Prendere il familiare e renderlo non familiare. Dal politico all’intimo all’universale.

OPERE

Under Siege (1982): performance di 7 ore con artista nuda in una cabina di vetro che nel fango non riesce ad alzarsi.
Canzoni rivoluzionarie in arabo e inglese. Negli anni Settanta Carolee Schneemann, Marina Abramovic e Gina Pane.

Roadworks (1985): performance di 1 ora in cui l’artista a piedi nudi trascina per Brixton stivali da caserma legati alle
caviglie. Effimera e immediata. Quartiere di Londra scelto per tensioni delle minoranze con il potere. Solidarietà.

Measures of Distance (1988): video realizzato a Vancouver che sovrappone scatti della madre dell’artista sotto la
doccia, velati da una cortina di lettere inviate alla figlia durante la guerra. Audio alterna voce dell’artista che legge in
inglese le stesse lettere a libere conversazioni tra madre e figlia su femminilità, intimità, identità e lontananza,
registrate a Beirut nel 1981 senza l’approvazione del padre. Chiude fase descrittiva e narrativa dell’artista.

The Light at the End (1989): installazione in spazio orientato buio e claustrofobico. In fondo griglia luminosa il cui
calore allerta. Salvezza è minaccia. Tradisce le aspettative. Il corpo dello spettatore è veicolo performativo per
produzione di significato. Apre fase compiuta e evocativa dell’artista.

Light Sentence (1992): installazione di mura verticali in blocchi di metallo attraverso i quali la luce artificiale di un
bulbo di lampada si muove assieme alle ombre e lo spazio sembra scivolare. Straniamento e disequilibrio.

Incommunicado (1993): installazione con culla di sbarre e fili di ferro affilati. Termine per prigionieri in isolamento.
Nel 1996 rielabora il tema in First Step con zucchero a velo caduto a terra attraverso la culla. Nel 1989 Doris Salcedo
artista colombiana esponeva Untitled con culla ingabbiata nel filo di ferro.

Corps étranger (1994): installazione su pavimento con riprese di sonda interne ed esterne del corpo dell’artista.

Present Tense (1996): installazione con lastra su pavimento in 2000 blocchi di sapone di Nablus prodotto con olio di
oliva fin dal XIV secolo. Perle di vetro rosso imprimono cartografia del Medio Oriente stando agli accordi di Oslo del
1993 che restituivano alcuni territori alla Palestina. Profumo evocativo. Nasce da residenza a Gerusalemme.
Polemica di parte del pubblico israeliano che associa il sapone alle torture della Shoah. Diversi immaginari.

Keffieh (1999): installazione iniziata nel 1993 con intreccio tra cotone e capelli. Tipicamente politico e privo di
connotazione di genere. Lavoro di tessitura nato da residenza nel sud della Francia con progetto di métissage.
Ritorno del tema in serie di diversi Hair Grid a partire dal 2001 e in Stream nel 2013. Nel 1979 Gazaleh Hedayat
artista persiana esponeva The Sound of my Hair.

Nature morte aux grenades (2006): installazione con sculture sparse di vetro di Murano come gemme preziose la cui
forma è di granate. Gioco di omofonie e titolo da opera di Henri Matisse con melograni. Lavoro di artigiani.

Misbah (2007): installazione il cui titolo significa lanterna e nasce da residenza al Cairo lavorando con artigiani e
bambini di strada. Lanterne magiche. Stessa tecnica. Normalmente si proiettano stelle. Orientalismo. Tema
rielaborato con silhouette di soldati in movimento. Elemento giocoso come gioco di bambini diventa disturbante.

Hot spot III (2009): installazione con neon in cui il globo terrestre infuocato di rosso pare segnale di allerta militare.

Impenetrable (2009): installazione con fasci verticali di più di 400 fili spinati che dal soffitto formano un cubo
sospeso. Riferimento a cubi cinetici Penetrables di Jesus Rafael Soto artista venezuelano con serie tra 1967 e 1997.

Twelve Windows (2013): installazione con tele ricamate per l’eredità di luoghi chiave in Palestina. Tatriz. Sospese con
mollette come panni. Lavoro di palestinesi rifugiate in una comunità in Libano. Ricamo atto di resistenza e resilienza.

+ and – (2004): installazione con scultura cinetica riproduzione in scala del Self-Erasing Drawing del 1979 in cui il
movimento perpetuo di un braccio metallico traccia e cancella i suoi solchi sulla sabbia. Costruzione e distruzione.
POETICA

Ispirarsi alla memoria senza decifrarla. L’artista pensa con le mani. Identità in bilico. Appartenenza e straniamento.
Dicotomie. Induce reazione di contrasti perché ribalta la percezione. Porta in direzioni diverse al tempo stesso.
Utilizzare oggetti e materiali di ogni giorno con i quali esiste già una relazione e una familiarità. Sono modificati per
contraddirsi e mutare le aspettative. Epifanie del quotidiano. Interesse nei materiali prima che negli oggetti. Scelta
intuitiva sulla base di materiali seduttivi. Dimensione tattile. Barriere come ambiguità: imprigionamento e
protezione. Lavoro concettuale. Prime aspirazioni pittoriche. Formazione a Londra negli anni Settanta e
sperimentazione nella performance art con uso del corpo negli anni Ottanta. Corpo negli anni Ottanta e Novanta era
centrale e politico. Corpo non invincibile. Oggetto di fragilità e pericolo. Corpo che dovrebbe essere familiare diventa
estraneo e affascinante o disgustoso. Imprinting. Gradualmente transizione fino a rinunciare al corpo di artista per
una relazione fisica tra arte e corpo dello spettatore. Uso di diversi media tra cui materico, video e audio.
Multisensoriale. Finalmente poi istallazioni in grado di espandersi nello spazio e inghiottire lo spettatore. Larga scala
oppure oggetti di sintesi. Relazione con lo spazio. Individui nello spazio. Risvegliare inquietudine. Suscitare emozioni
e coinvolgere. Trascinare nell’opera. Temi: osservazione, controllo e prevaricazione. Dinamiche di potere in ogni
forma e abuso che oltrepassa i limiti. Riportare la percezione politica della violenza anche alla semplice dinamica
relazionale tra persone. Ogni opera ha molti significati. Letture devono essere molte e mai limitate. Talvolta l’opera
può essere muta. Recentemente ricerca persino di un’assenza di contenuto. Arte visuale non deve essere sciolta in
spiegazioni. Deve funzionare a livello fisico. Deve creare un’esperienza fisica. La forte valenza formale è funzionale
alla relazione. Elaborazione precisa. Arte scivolosa, aperta e infinita. Preservare e nutrire ambiguità. Inestricabile.
Doppia natura effimera e duratura della materia: saponi e ricami sono un esempio per la Palestina. Cfr. Penelope
nell’Odissea. Uso di capelli ricorrente. Intreccio di un elemento erotico, fragile, marginale, intimo, estraneo, di
natura, di pazienza, di vita e di morte. Dimensione femminile e femminista. Gioco diventa potere creativo di fronte al
determinismo del mondo. Si pensi a Huizinga con Homo Ludens del 1938. Gioco ribalta gli ordini. Inoltre è la risposta
al dolore: “real civilisation cannot exist in its absence”. Materia di seduzione e dissoluzione. Minimalismo del
concreto amplifica i concetti. Non dona sollievo. Sollecita domande. Lo spettatore attratto e respinto si sente
chiamato in causa. È ormai parte dell’opera.

CITAZIONI

“If the ordinary and the everyday is portrayed as threatening it throws doubt on your assumptions”.

“My point of entry into the art world was through Surrealism. The first art book I bought was on Magritte”.

Edward W. Said: “Her work is the presentation of identity as unable to identify with itself, but nevertheless grappling
the notion (perhaps only the ghost) of identity to itself”. Said paragona al disorientamento nel Gulliver di Jonathan
Swift, sempre meno capace di percepire la propria appartenenza mentre si assimila ad ogni nuova cultura estranea.

RIFERIMENTI

Materia: luce, ombra, vetro, metallo, materiali naturali e deperibili.

Esposizioni: Tate Modern, Centre Pompidou, MoMa, Mathaf Doha, Darat al-Funun, Biennale Venezia, Pulitzer Arts.

Modus operandi: sperimentale con residenze e ricerca in relazione a luoghi e culture materiali diverse. Hic et nunc.

Potrebbero piacerti anche