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I Logical Thinking Tools

Dentro la Theory of Constraints c'è un gioiello poco conosciuto.


Un set di strumenti che ci aiutano a pensare in modo sistemico e che sono indispensabili per
progettare un futuro migliore, più sostenibile e meno rischioso per le nostre aziende.
Il lascito più grande di Eli Goldratt.
I Logical Thinking Tools sono un viaggio nella mente di Goldratt.

Goldratt pensava così. La prova sta in questo libro del 1990. Ci sono già gli abbozzi dei
Tools.
Anche se bisogna aspettare il 1994 per il debutto ufficiale in società nel romanzo
continuazione di The Goal: It’s not Luck.
H. William Dettmer ha scritto un manuale sui Tools che ritengo sia il meglio al momento
per comprenderli a fondo. Il libro si chiama The Logical Thinking Process.
Ho raccolto gli articoli scritti negli ultimi 20 anni che parlano di questi strumenti. Sono
una collezione manco troppo coerente, spero comunque che aiutino a invogliarti ad
approfondire.
Ho aggiunto uno dei casi pubblicati in un libro del 2007, riguarda un reparto
ospedaliero ed è stato sviluppato con i Tools.

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I Logical Thinking Tools pag. 1
Ho anche dedicato qualche webinar all’argomento, sul mio canale youtube li puoi
trovare in questa playlist
https://www.youtube.com/playlist?list=PLbe0CMQJgf_mNPzjpnEMymvqTjREwpJSH
ADESSO TOCCA A TE!

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I Logical Thinking Tools pag. 2
Indice dei post

1. Il potere liberatorio del conflitto. Quentin Tarantino lo intitolerebbe


“throughput (1) unchained”
2. Il conflitto sulla chiusura attività produttive con gli occhiali della TOC
3. TOC - Theory of Constraints value. La U-shape
4. I gioielli della corona – una “parure” di strumenti sistemici per liberare
il valore intrappolato. DFC – CARTE DI CONTROLLO – UDEs – CRT
(CURRENT REALITY TREE)
5. Caso Spedali Civili reprint dal libro Oltre Ogni Aspettativa di
Successo. Il metodo TOC e 7 aziende che lo hanno applicato.

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I Logical Thinking Tools pag. 3
Il potere liberatorio del conflitto. Quentin
Tarantino lo intitolerebbe “throughput (1)
unchained”
Cercando su google la parola conflitto in cima alla prima pagina escono le definizioni di
questo concetto in psicologia, sociologia, informatica. In tutte queste definizioni c’è una
sfumatura di negatività. Conflitto è una situazione da evitare, quando appare all’orizzonte
si cerca un riparo.

Sono sicuro che anche nelle discipline umanistiche che si occupano di conflitti, l’aspetto
negativo sia più una apparenza che una sostanza, che in fondo il potere liberatorio del
conflitto ia una ovvietà.

Nelle organizzazioni temo, basandomi solo sulla mia ridotta esperienza non posso
assolutizzare, che la parola conflitto sia percepita negativamente.

Non è difficile capire perché.

Il conflitto è quasi sempre una situazione quotidiana nelle organizzazioni, la struttura


stessa che hanno assunto (prevalentemente funzionale gerarchica) cozza sistematicamente
con la necessità di fluidità interfunzionale, unica caratteristica che permette di stare sul
mercato. Le strutture matriciali risolvono il problema solo in apparenza, in sostanza
aumentano solo complessità e viscosità.

Nelle organizzazioni non c’è mai tempo per… qualcosa che non sia routine o reazione
all’evento o gestione dell’emergenza. Figuriamoci per elaborare un conflitto con tempi e
modalità che i film di Woody Allen ci fanno immaginare lunghissimi e inadatti a
organizzazioni smart (se non hai un tubo da fare tutto il giorno te lo puoi permettere, ma
qui si lavora…).

La complessità crescente (con complessità intendiamo il numero di interdipendenze che


ogni persona dell’organizzazione è costretto ogni giorno a gestire) e la turbolenza
dell’ambiente in cui l’organizzazione vive (il mercato in primis ma non solo quello) fanno
apparire i conflitti insolubili o incomprensibili.

Come magistralmente illustrato da Daniel Kanheman (Titolo: pensieri lenti e veloci


Mondadori editore ) il nostro cervello è costruito per andare svelto e consumare poco, ma
c’è anche un effetto collaterale non sempre positivo; per andare svelto e consumare poco
utilizza prevalentemente “mappe” (rappresentazioni concettuali della realtà) pre-esistenti,

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I Logical Thinking Tools pag. 4
che non sono sempre aggiornate. In poche parole è costruito per favorire decisioni, scelte,
azioni erronee (il classico prendere fischi per fiaschi).

Ricercare il conflitto come chiave di volta di un processo di miglioramento sembra contro


intuitivo. E’ una delle architravi della TOC – theory of constraints. Il conflitto, i conflitti in
generale sono per la TOC il/i fattori che limitano la capacità delle organizzazioni di fare più
risultati di quelli che stanno facendo. Il conflitto imprigiona il valore potenziale. Solo
mettendo a fuoco il conflitto si può iniziare un processo di miglioramento, si può liberare
valore. La TOC fornisce la strumentazione adatta per questo compito, la volontà però ce la
deve mettere l’organizzazione.

Non è una cosa che si vede tutti i giorni, sfidare il paradigma corrente. Quando accade
provo sempre un brivido di piacere, orgoglio, soddisfazione.

Il solo aver disegnato la nuvola di conflitto ha


permesso una cosa quasi incredibile, aver
coalizzato contro un unico nemico (il conflitto
appunto) due funzioni aziendali che facevano del
“confronto serrato” una ragione di vita. Confronto
serrato che ogni volta che si manifestava
produceva una perdita per l’azienda (in ambito
Lean MUDA in ambito TOC inventory).

Ma c’è di più, disegnare la nuvola di conflitto,


completa di assunti, rende possibile scegliere tra
diverse possibilità (in questo specifico caso ce ne almeno 4 differenti tra di loro) la
direzione della soluzione, ovvero il modo più conveniente (in base al rapporto risultato
ottenibile/sforzo necessario per ottenerlo) per eliminare alla radice il conflitto e le perdite
connesse.

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I Logical Thinking Tools pag. 5
Il conflitto sulla chiusura attività
produttive con gli occhiali della TOC
Cronache del Covid-19. Clausura giorno 13.
In tutto sto bordello si possono trovare anche spunti per guardare avanti e pensare al
futuro. L’argomento del giorno che ha attirato la mia attenzione è lo “scontro” tra
sindacati e industriali sulla apertura chiusura delle attività produttive.Vissuto come uno
strappo. Se ci affidiamo alla Theory of Constraints (TOC) invece questo scontro è una
formidabile opportunità per innovare.
La TOC infatti vede nel “conflitto” un punto di partenza insostituibile per trovare
soluzioni che soddisfino entrambe le parti in conflitto e facciano raggiungere in maniera
maggiore l’obiettivo comune.
Occorre quindi imparare a impostare e risolvere i conflitti. Lo strumento TOC per fare
questo si chiama “nuvola di evaporazione del conflitto”.Userò quindi questa situazione
per illustrarvi al meglio delle mie capacità come funziona lo strumento.
La diatriba odierna è ancora più interessante, perché di fronte ai bisticci tra sindacati e
industriali il ministro ha proclamato “l’obiettivo comune è salvare vite umane”; ci
ha dato come vedrete una grande mano per impostare correttamente il conflitto. La
situazione si presta particolarmente perché i due attori (sindacati e industriali) hanno in
mente anche se non lo verbalizzano correttamente , due necessità che sono entrambe
indispensabili al fine del raggiungimento dell’obiettivo comune E non sono tra di
loro in contrasto. Il fatto di non verbalizzare le necessità complica la risoluzione dei
conflitti, allunga la strada mentale che ognuno dei due litiganti deve fare tra la posizione
che sta sostenendo (con grande foga) e l’obiettivo.
Lo scopo dello strumento è proprio questo, prima di parlare occorre riflettere e per
riflettere occorre avere ben chiari i termini della questione.
Da questo conflitto così impostato (e ricordatevi che l’impostazione l’ho fatta io
andrebbe invece fatta da qualcuno che il conflitto lo sta vivendo) emergono
chiaramente due fatti:
1 – la soluzione non si troverà facendo compromessi sui codici ateco come si sta
provando a fare, al massimo si troverà un compromesso che lascerà l’amaro in bocca
perché nessuna delle due parti vedrà soddisfatta la propria necessità e entrambe
saranno convinte che si poteva fare molto meglio. Entrambe poi si sentiranno in credito
di qualcosa e proveranno a rivendicarlo in futuro. Per la TOC i compromessi sono un
fatto negativo perché appunto lasciano sul terreno un sacco di unità di obiettivo e
soprattutto creano ulteriori Ude (effetti indesiderati)

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2 – la direzione della soluzione (per la TOC è un passaggio preliminare prima di
progettare la soluzione completa) è indicata dai due assunto che vedete scritti tra D e
D’.

Cosa vedete nell’immagine? Vedete 10 rettangoli, più o meno colorati collegati da


frecce.Ve li presento andando da sinistra verso destra.
Alla vostra sinistra in azzurro contrassegnato dalla lettera A c’è “l’obiettivo comune”, era
facile l’ha proclamato il ministro.
Seguendo le frecce andando verso destra troviamo due rettangoli dello stesso colore
contrassegnati dalle lettere B e C.
Sono le “necessità”, sono collegate all’obiettivo comune da frecce, questo simboleggia
il fatto che per raggiungere l’obiettivo devo soddisfare in toto le due necessità,
entrambe non una sola. Le necessità che vedete sono quelle che secondo sono
“logiche” in base alle posizioni di sindacati e industriali e all’obiettivo comune, ma
ricordate questo lavoro lo devono fare i due che stanno dentro al conflitto. Potrebbero
avere delle sorprese. Vicino alle frecce che congiungono A e B e A e C ci sono delle
affermazioni, si chiamano ASSUNTI. Rappresentano il perché (secondo chi sta scrivendo
il conflitto) le necessità sono tali ai fini del raggiungimento dell’obiettivo.
Secondo me per “salvare vite umane” è assolutamente necessario “preservare i
lavoratori dal contagio” perché “non c’è il vaccino, non siamo immuni e SSN al limite”.
Infatti (faccio la cosiddetta prova del 9) se una di queste 3 condizioni non fosse vera per

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salvare vite umane non avrei bisogno di preservare i lavoratori dal contagio. Li potrei
vaccinare tutti, o sarebbero immuni o avrei infiniti posti nel SSN. Ma questa è solo 1
delle 2 necessità. Per raggiungere l’obiettivo devo anche soddisfare la seconda. Quella
scritta in C, che dice che al fine di salvare vite umane DEVO preservare le imprese dagli
impatti del contagio. Se chiudono le fabbriche non morirò per contagio adesso ma
morirò o la mia vita sarà rovinata dal fatto che non ci sarà più lavoro.

E andiamo ancora più a destra, lo schema rimane lo stesso, a ci sono frecce che
congiungono le necessità (B e C) alle due posizioni (D e D’) che sono facilmente
riconoscibili sono in prima pagina sui tutti i giornali. E vicino alle frecce ci sono
affermazioni , questa volta su sfondo bluette. Proviamo a leggere come prima. Leggete
ad alta voce con me: per “preservare i lavoratori dal contagio” devo (l’unica cosa che si
può fare è) “chiudere le attività produttive” perché “nelle fabbriche vicinanza altamente
probabile” e “nelle fabbriche scarsità di protezioni”. Vi suona sensato? A me sì, allora va
bene. Andiamo in basso. Per “preservare le imprese dagli impatti del contagio” devo
((l’unica cosa che si può fare è) “NON chiudere le attività produttive” perché “molte
imprese non hanno i mezzi per sopravvivere alla chiusura”.
Queste frasi (ricorda si chiamano ASSUNTI) sono in azzurrino perché questi assunti ci
indicano una direzione della soluzione. In gergo TOC si chiama “maiale volante”, è
una cosa che se esistesse porrebbe fine al conflitto.
Se ci pensate questo conflitto ha 3 potenziali direzioni della soluzione:
Riprogettare layout e automazione delle fabbriche per mantenere distanza sicurezza
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Dotare i lavoratori delle protezioni necessarie più un buffer (la storia del buffer ve la
racconto un’altra volta)
I clienti delle imprese garantiscono la sopravvivenza dei fornitori – a catena
Non sono di facile realizzazione, ma hanno un valore che non si limita a questo conflitto.
Hanno tempi e costi di realizzazione diversi. E quindi possono adattarsi alle diverse
situazioni in cui si trova un’impresa. Gli ASSUNTI tra B e D e tra C e D’ sono quelli che
si prestano di più a trovare “maiali volanti”.
Ma veniamo al cuore del problema/conflitto, le affermazioni sempre in azzurrino (così li
riconoscete come ASSUNTI che possono generare “maiali volanti”). Se trovassimo un
maiale volante per una o più di queste affermazioni avremmo trovato una direzione
della soluzione molto più potente di quella trovata concentrandosi sugli altri Assunti. Gli
assunti, le affermazioni che trovate nei rettangoli azzurrini sono . In questa specifico
caso, il CONSTRAINT, il fattore che ci sta limitando nel raggiungimento dell’obiettivo.
Ecco svelato il perché per la TOC impostare correttamente un conflitto è così
importante. Permette di identificare il constraint, che qualcuno potrebbe ricordare
è il primo passo del processo cardine della TOC : i 5 passi di focalizzazione (vedi
video Coronavirus, una lettura con gli occhiali della Theory of Constraints)
E’ stata una bella corsa, spero invogli qualcuno allo studio della TOC e soprattutto al
suo utilizzo. Alla prossima cronaca.

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I Logical Thinking Tools pag. 9
TOC - Theory of Constraints value. La U-
shape
Più lavoro con la TOC più mi convinco che una fetta enorme del valore che questa
metodologia può portare alle organizzazioni è racchiuso nei TP tools. Senza nulla
togliere alle "soluzioni" TOC in ambito operations (DBR, S-DBR, MTA, Replenishment,...)
e senza scalfire la mia passione per Mafia Offer.

La U-shape è il modo migliore per cogliere l'essenza dei TP tools e del loro valore.
La U-shape descrive il percorso che va fatto per passare da una situazione (angolo in
alto a sinistra) dove si registrano prestazioni insoddisfacenti a una situazione (angolo in
alto a destra) dove si registrano prestazioni soddisfacenti. Volete ridisegnare il futuro
della vostra organizzazione? Imparate a usare la U-shape.
In questa immagine c'è tutto. C'è il fatto che se non avete delle misure che siano in
grado di rilevare lo stato della vostra organizzazione non potete intraprendere nessun

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percorso di miglioramento. Badate bene queste misure devono essere delle buone
misure, devono essere sistemiche.
C'è il fatto che la soluzione TOC (angolo in basso a destra) dipende da:
qual è il problema specifico che si vuole affrontare
che nell'ambito TOC c'è una profonda differenza tra "problema" e UDE - effetto
indesiderato; un UDE è una cosa che rileviamo (misuriamo) e che percepiamo come
indesiderata, la cui rimozione dalla realtà corrente genera benefici all'organizzazione.
Come siete messi con il rapporto di conversione di lead in clienti? Come siete messi con
l'affidabilità di consegna? Un "problema" invece è ciò che genera tanti UDE, nel
linguaggio TOC un problema si rappresenta con una Nuvola di Conflitto (angolo in
basso a sinistra). Volete estirpare dalla vostra organizzazione la cultura della caccia al
colpevole e sostituirla con la cultura della caccia al motivo delle scarse prestazioni?
Insegnate alle vostre persone a raccogliere UDE, a connetterli in una UDE map (al
centro a sinistra) a individuare il conflitto di fondo da cui scaturiscono.
che a ogni problema (conflitto) corrispondono molteplici direzioni della soluzione, in
basso a centro (pivot TOC); queste strade sono differenti per quanto costano, per
quanto rendono, per quanto durano (resilienza).
che non è cosa buona e saggia affidarsi a "bona la prima"; una volta DECISA la strada
occorre fare del duro lavoro di validazione; occorre cioè accertarsi che la soluzione non
porti effetti collaterali negativi (NBR's - negative branch reservation, lo strumento per
smontare implicazioni negative arricchendo di nuovi contenuti la soluzione appena
identificata).
che va esplicitato il meccanismo logico (in alto a destra) mediante il quale le soluzioni
sono in grado di produrre gli effetti benefici desiderati (DE); lo strumento per fare ciò si
chiama FRT - future reality tree, è uno straordinario strumento di comunicazione.
che tutto questo lavoro con la U-shape è indispensabile per comunicare con il 99%
dell'azienda che non ha partecipato al disegno del futuro dell'azienda stessa; se non
"portate a bordo" quel 99% il lavoro di ridisegno rimarrà lettera morta. Se avete trovato
strade veramente innovative, quasi sempre contro intuitive, avete bisogno di
comunicare a quel 99%.
Ed eccoci alla domanda cruciale, ma quanto tempo ci vuole per imparare a usare la U-
shape? meno di quanto pensiate. E sopratutto ficcatevi bene in testa che almeno la
prima volta dovrete affidarvi a qualcuno che vi accompagni nel percorso.

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I gioielli della corona – una “parure” di
strumenti sistemici per liberare il valore
intrappolato. DFC – CARTE DI CONTROLLO
– UDEs – CRT (CURRENT REALITY TREE)

Immaginate un incarico di consulenza come un volo con Ryanair, che vi obblighi a


portare pochissimo “bagaglio a mano”, di poter portare con voi solo pochi
strumenti, quali portereste? La mia scelta ricade sui 4 che ho soprannominato “i gioielli
della corona”, se me li portassero via sarebbe come rubare i gioielli della corona
britannica, una tragedia nazionale. E’ una scelta partigiana, d’altra parte le scelte sono
partigiane per definizione.
Per gli amanti dei fumetti Marvel potrebbero essere i Fantastici 4 (anche se io ho
sempre preferito il mitico Thor!!), li elenco in ordine sparso:

DFC – diagrammi di flusso dispiegato


SPC (carte di controllo) – controllo statistico di processo
UDEs – effetti indesiderati
CRT – albero della realtà corrente

Non provengono tutti dalla stessa fonte, hanno età diverse (ci sono gli ultranovantenni e
i poco più che maggiorenni), hanno in comune la visione sistemica delle organizzazioni;
visione sistemica significa aver capito che il miglioramento dell’organizzazione
dipende molto di più da quanto funzionano bene le interdipendenze che da
quanto bene funziona ogni singola area aziendale.
Allacciatevi le cinture, faremo conoscenza dei loro “poteri” con un piccolo caso
aziendle.
In New Economics for Industry, Government, Education c , Deming dice che il
Diagramma di Flusso in Figura 1 era: "...la scintilla che a partire dal 1950 e negli anni
successivi modificò profondamente il Giappone. Il Diagramma di Flusso fornì al top
management e agli ingegneri un sistema di produzione. I Giapponesi avevano
conoscenza, grande conoscenza, ma era frammentata, non coordinata. Il Diagramma di
Flusso indirizzò la loro conoscenza e i loro sforzi verso un sistema produttivo orientato al

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mercato – cioè indirizzato a comprendere i bisogni dei clienti. Tutto il mondo sa quali
sono stati i risultati."
Questo semplice Diagramma di Flusso era sulla lavagna in ogni conferenza del top
management a partire dal 1950.

Un Diagramma di Flusso rappresenta un processo esattamente come una mappa. Tale


rappresentazione

• descrive il flusso di materiali, informazioni e documenti;


• evidenzia le diverse attività che fanno parte del processo;
• mostra che le attività trasformano un input in un output;
• indica quali sono le decisioni che devono essere prese lungo la catena;
• dimostra le interrelazioni e interdipendenze essenziali tra le fasi del processo;
e ci ricorda che la forza di una catena dipende dal suo anello più debole.

La maggior parte dei processi oltrepassa i confini dipartimentali o funzionali per poter
fornire prodotti/servizi al cliente, va oltre le gerarchie disegnate dall'organigramma.

I Diagrammi di Flusso sono dunque gli strumenti necessari a capire dove, come e se, gli
anelli della catena aggiungono valore alla stessa. Poichè i confini fra i compiti sono
definiti più chiaramente e la comprensione dei processi è facilitata le persone sono in
grado di vedere esattamente qual è il loro contributo al raggiungimento dell'obiettivo
del processo. Inoltre, "Un Diagramma di Flusso ci permette di sapere in anticipo, quali
saranno le parti di un sistema che subiranno variazioni - e di che entità - a seguito di un
cambiamento effettuato su uno o più parti dello stesso." E voilà…. Fatti non parole.

Quello rappresentato in figura è un flusso che viene attraversato un paio di centinaia di


volte l’anno. Che coinvolge valore per 10 alla 8 euro. Che impegna 10 alla 3 persone.
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Sarebbe interessante poter predire i suoi effetti? Solo un folle o un amante del gioco
d’azzardo direbbe di no.

Una volta disegnato è facile per tutti vedere in che punto del flusso si sta operando,
quali sono le conseguenze delle proprie azioni, quali cambiamenti possono migliorare il
flusso stesso.

Si possono prendere le misure ed essere sicuri che si sta utilizzando lo stesso metro di
misura (un dfc è un po’ come il mitico metro di platino iridio di Sevre, il campione di
riferimento universale).

Ad esempio su questo dfc si possono definire alcune misure:

il tempo attraversamento reale (TAR)


il tempo attraversamento teorico (TAT)
Scostamento % = TAR –TAT / TAT

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Migliorare i processi di management quindi consiste nel puntare continuamente alla
perfezione, ma anche nel tentare di ridurre il più possibile la variabilità dell’output dei
processi.

Quando otteniamo il controllo di un processo, possiamo prevedere accuratamente


l’intervallo entro il quale varierà il nostro output. Questo è ciò che intendiamo quando
diciamo che il nostro processo è in controllo.
In altre parole, possiamo prevedere ciò che il processo farà se rimane in controllo.
Perchè vorremo poter fare questo?
Se vogliamo essere i manager dei nostri processi piuttosto che le vittime, dobbiamo
raggiungere questo controllo.
Quando diciamo che un processo è in controllo, non significa necessariamente che sia
valido. “In controllo” significa solo che il processo è prevedibile. Può essere
prevedibilmente scadente!
Può prevedibilmente produrre risultati di cui non siamo contenti.
Ma quando il nostro processo è in controllo, almeno capiamo meglio il suo
comportamento e siamo quindi nella posizione di poter fare qualcosa a riguardo. Se il
nostro output più prevedibile passa attraverso altre persone dell’azienda, allora anche il
loro lavoro diventa più prevedibile. Essi possono fare affidamento su di noi. Non
devono tener conto di un’ampia variabilità nel loro output.
Possono pianificare meglio il loro lavoro. Ogni cosa inizia a scorrere più
tranquillamente. Possono passare ai loro clienti un prodotto o servizio migliore.
Migliorare il processo di management ha il doppio obiettivo di “ridurre la variabilità e
puntare alla perfezione”

Per fare questo ci serve un metodo che si chiama SPC e che ha nella “carta di controllo”
la sua manifestazione concreta. Per usarlo serve l’aritmetica delle elementari (somme,
sottrazioni, moltiplicazioni, divisioni). I risultati sono strabilianti. La comprensione del
processo è molto maggiore avendo sottomano una carta di controllo, ad esempio
questa:

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I Logical Thinking Tools pag. 15
E se scopriamo che il nostro processo è predicibile MA produce anche UDEs (effetti
indesiderati) cioè risultati non all'altezza delle aspettative (scarti, MUDA, inventory)? Non
ci rimane che migliorare il processo, ma se la situazione è complessa (si veda il
diagramma di flusso in figura) da dove comincio? Qual è il punto su cui fare leva per
ottenere il miglior risultato con il minore sforzo? Come faccio a mettere d’accordo punti
di vista differenti, di persone che vengono misurate in modo diverso?

E qui un colpo di genio, utilizzare gli “scarti” del processo, i nostri UDEs come materia
prima del processo di miglioramento; la strumentazione che ci serve per mettere a
fuoco il punto critico, per ridurre la complessità a semplicità, ce lo fornisce la TOC –
Theory of Constraints, si chiama CRT (current reality tree – albero della realtà corrente).

IL CRT consente di scavare in profondità per risalire dai sintomi (UDEs) alle situazioni
che li causano, è uno strumento che favorisce il lavoro di gruppo, che favorisce la
verbalizzazione degli assunti (ricordate daniel kanheman e il suo libro pensieri lenti e
veloci…) è uno strumento che ingegnerizza e ottimizza le tecniche dei “molti perché”.
Il CRT è una mappa causa effetto che collega il problema centrale (espresso sotto forma
di conflitto – vedi post “il potere liberatorio del conflitto”) ai sintomi percepiti.
Una volta individuata la causa radice è possibile estirparla con tutti i sintomi (UDEs) ad
essa collegati.
Ma il CRT fa anche di più, permette di misurare molto precisamente la quantità di
cambiamento che le persone sono disposte a fare in cambio del miglioramento
ottenibile. Permette di misurare quindi la portata del vero e unico fattore limitante una

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organizzazione, gli assunti delle persone che la compongono e in particolare di quelle
persone cui è demandata la guida dell’organizzazione, il management.

Un CRT ha questa faccia:

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Costruirlo è un lavoro alla portata di tutti, basta avere intuizione, esperienza della realtà
che si vuole mappare, un po’ di tempo e qualche post-it.
Che cosa ottenete in cambio del tempo e dell’energia necessaria per costruire un CRT?
Trovate la causa radice, la possibilità di ristrutturare il processo in modo tale che gli
UDEs non si presentino più (fine dei MUDA, dell’inventory, degli scarti e delle
rilavorazioni) e grazie a SPC sapete anche quanto vi stanno costando…. Calcolare il
break even non è mai stato così facile….
Ottenete anche una grande coesione tra le persone, il CRT illustra molto bene la
“prigione” in cui tutti sono rinchiusi e indica la strada per uscirne. Permette di
spersonalizzare il problema, di coalizzarsi contro il problema comune.
Insomma permette di uscire dalla buca in cui siete e “tornare a riveder le stelle!

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Caso Spedali Civili: quando il vincolo è
cognitivo.
Lessons learned: con l’approccio giusto si può recuperare tanta
efficienza con il consenso delle persone coinvolte

1. Introduzione

Gli ospedali oggi sono remunerati in base alla quantità ed alla qualità delle prestazioni
sanitarie erogate.
I cambiamenti introdotti sono stati numerosi, ma non si può pensare di poter attuare
una trasformazione profonda nel breve periodo in un’organizzazione complessa come
quella ospedaliera.
Inoltre, si registrano criticità in termini di incapacità dei meccanismi di programmazione
e controllo di incidere sulle decisioni e sui comportamenti reali: utilizzo in una logica
eminentemente burocratica, sostanziale scollegamento tra obiettivi di gestione e
finalismi aziendali, orientamento al breve periodo, logiche decisionali di tipo
incrementale.
In quest’ottica, le aziende sanitarie si stanno muovendo alla ricerca di strumenti
innovativi, in grado di superare i principali limiti sopra evidenziati.
Gli Spedali Civili di Brescia sono una realtà complessa, sia per dimensioni sia per
l’attività svolta. 71 mila ricoveri all’anno, 6.000 dipendenti e 2.250 posti letto: governare
questa azienda non è cosa facile.
Come diceva H. Minzberg: «ho il sospetto che governare la più complicata delle
multinazionali sia un gioco da bambini rispetto a governare un qualsiasi ospedale».
Non v’è dubbio che per gli Spedali Civili vale quanto è vero per la Sanità sia pubblica
che privata, ovvero che l’obiettivo sia condensabile in un imperativo:
fornire prestazioni di migliore Qualità
senza impegnare ulteriori risorse.
Questo imperativo è il risultato dell’azione combinata di una serie di forze:

 l’estendersi del consumo di “servizi per la salute”,


 il progressivo invecchiamento della popolazione,
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I Logical Thinking Tools pag. 19
 la continua innovazione nel campo farmacologico e clinico,
 l’incalzare delle tecnologie,
 il continuo “assottigliamento” dei contributi regionali/statali,
solo per citare le più rilevanti.
Logica ed inevitabile conseguenza è un aumento del carico sociale (e clinico) dovuto
alla malattia e alle sue complicanze.
Nella maggior parte delle strutture sanitarie non sono stati adottati, né tanto meno
studiati, molti degli approcci gestionali sistemici sviluppati per risolvere il medesimo
problema in altri settori.
Anche per questo motivo, la situazione nel settore appare quanto mai critica.
La strada della pura riduzione dei costi e del miglioramento delle efficienze locali (di
ufficio, reparto, dipartimento, etc.) è una strada “cieca” in quanto, oltre a non essere
praticabile con continuità, non dà soluzioni alle necessità dell’organizzazione.
Occorre qualcosa di radicalmente diverso. Ma cosa? Qualcosa che consenta di uscire
definitivamente dal dilemma: o meno servizi per il cittadino o più tasse per far fronte a
costi crescenti. Per ottenere questo “miracolo” occorre modificare il paradigma
organizzativo che sta alla base delle strutture sanitarie oggi.
Occorre introdurre l’idea di una struttura sanitaria vista come sistema, aperta
all’interazione con i fruitori dei propri servizi. È questo il modello da noi proposto per far
sì che il “contratto della salute” tra sanità, pazienti e società generi per tutte le parti
valore reale.
In questo contesto altamente sfidante, si è scelto di mettere alla prova una metodologia
innovativa, che ha dato ottimi risultati in contesti industriali e, all’estero, anche in
contesti di servizio e di servizio pubblico.
È stato scelto un reparto operativo, molto quotato all’interno dell’ospedale e nel settore,
che da tempo è vicino culturalmente alle logiche di gestione per processo.
La sfida raccontata in questa sintesi è svolta presso l’Unità Operativa di Diabetologia
degli Spedali Civili di Brescia tra l’ottobre 2005 e l’estate 2006.

2. Lo scenario
Il diabete mellito costituisce un importante problema per la sanità dei paesi
industrializzati per l’incremento della frequenza, legata all’aumento della vita media e
all’adozione di stili di vita insalubri (scorrette abitudini alimentari, scarsa attività fisica
con incremento dell’obesità).

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I Logical Thinking Tools pag. 20
In Italia, anno dopo anno, si registrano sempre gli stessi problemi, a testimonianza del
fatto che occorrono interventi “radicali” che affrontino il problema alla radice e non si
limitino a qualche lifting dei sintomi (Tab. 1).
Nella provincia di Brescia la situazione è nella media nazionale. La situazione dell’uod
degli Spedali Civili è riassunto bene dalle parole di uno dei suoi operatori: «.. la
sensazione è quella di una diga che fatica sempre di più a contenere la marea di
richieste che aumenta anno dopo anno».

Tab. 1 - Le questioni insolute

I problemi più ricorrenti

 Esistenza di percorsi frammentati, in cui è il paziente a


garantirne il raccordo

 Mancanza di trasparenza informativa (esiste un percorso


definito?, qual è il prossimo passo che è necessario
effettuare? Come faccio a scegliere tra le diverse
alternative possibili?)

 Incomunicabilità tra il medico di medicina generale


(MMG) e il centro di cura specialistico (che rallenta
notevolmente il processo di cura e non permette
controllo e prevenzione complicanze)

 Lunghi tempi di attesa per accedere alle prestazioni, che


sono tutt’altro che programmate nel tempo e mancanza
di una forma di prioritizzazione della domanda (perché
manca una misura comune definita sul paziente e sul
processo)

 Scarsa conoscenza da parte del MMG della patologia


cronica e del suo trattamento (con conseguente ritardo
nell’attivazione del processo di cura)

 Scarsa presenza sul territorio di centri specialistici di


riferimento

 Il team multidisciplinare è rimasto lettera morta

 Mancata disponibilità di servizi di assistenza domiciliare

 Assenza di protocolli ben definiti per favorire la


continuità assistenziale

 Difficoltà a partire dal momento della prenotazione

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I Logical Thinking Tools pag. 21
 Tempi di attesa lunghissimi

 Errori di diagnosi e trattamento

Come moltissime realtà sanitarie lombarde ed italiane, l’uod degli Spedali Civili di
Brescia negli ultimi anni ha incrementato le prestazioni erogate senza aumentare gli
organici. Gli sforzi fatti in termini di “qualità del servizio” sono evidenziati dai numeri.
I numeri però dicono anche che il “livello di servizio”, ovvero le liste di attesa, è
peggiorato (nella Tab. 2 è riportata la situazione a fine 2005, mediamente peggiore di
un 20-25% rispetto all’anno precedente).

Tab. 2 - Tempi di attesa attività ambulatoriale Via Biseo

Tipo di Ambulatorio Tempi di attesa

Prime visite 6 mesi


Routinario UOD 8 mesi
Routinario Ex Sumai 3 mesi
Controlli a breve UOD 4 mesi
Controlli a breve Ex Sumai 1 mesi
Gestione Integrata 20 mesi
Martedì pomeriggio 4 mesi

Non solo, ma l’equipe medico infermieristica, e il personale di supporto, soffrono di una


serie di effetti indesiderati.
3. Il progetto

Fase 1 – Progettazione del miglioramento

Una prima serie di interviste collettive, svolte nella fase iniziale del progetto, ha
evidenziato che ci sono un numero impressionante di “cose che non vanno” (in Tab. 4
un piccolo estratto), nonostante i risultati raggiunti, gli sforzi fatti e la professionalità
delle persone.
Questi ude facevano ormai parte della realtà quotidiana delle persone dell’uod. Erano
qualcosa contro cui era “inutile combattere, tanto non ci possiamo nulla”, ragion per cui
ci si concentrava su altre cose o sul tentativo di difendersi da questi problemi.
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I Logical Thinking Tools pag. 22
Tab. 4 - Gli UDEs

1. I tempi di attesa per la prima visita sono lunghi e si


allungano
2. I tempi di attesa per I controlli sono lunghi e si
allungano
3. Il paziente che va male non ho modo per rivederlo
(spazio, tempo e struttura)
4. Gli imprevisti sono di più di quelli messi a budget
5. La costruzione del percorso formativo è resa difficile dai
tempi che intercorrono tra un controllo e l’altro
6. I pazienti in gestione integrata non si riesce a vederli
secondo le specifiche (12 - 18 mesi, ma in 24 mesi)
7. …………..
31. Non sempre ci passiamo la logica degli strumenti che
usiamo
32. Bassa remunerazione delle prestazioni, ASL risparmia,
ma l’ospedale registra alti costi
33. Per parlare con il “capo” occorre prendere
appuntamento

Questo elenco è la “materia prima” del processo di cambiamento così come viene
modellato nella toc.
Pensare i sistemi è una cosa difficile; la mente umana non è naturalmente portata
(programmata direbbero i neuroscienziati) a pensare in termini di sistema, cioè in
termini non lineari. Il nostro linguaggio è costruito per esprimere semplici connessioni
lineari causa-effetto, per di più, ci si aspetta sempre che l’effetto si manifesti
immediatamente dopo la causa, in modo da essere facilmente associato ad essa.
Da qui in avanti il lavoro si è svolto secondo lo schema ormai abituale dei 6 livelli di
resistenza al cambiamento (Tab. 5).
Il primo passo consiste nell’individuare il problema centrale partendo dagli effetti
indesiderati (udes) presenti.
Per semplicità, si suddivide la fase di individuazione del problema centrale in due
momenti:

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I Logical Thinking Tools pag. 23
1. Raggruppamento degli udes in famiglie e verbalizzazione di un ude concentrato per
ognuna delle famiglie;
2. Verbalizzazione di un ude generale che li riassuma.

Il gruppo di lavoro è riuscito a condensare tutti gli udes in due verbalizzazioni:


Tab. 5 - Gli strumenti per superare i livelli di resistenza al cambiamento

Livello di resistenza Tool

1. Disaccordo sul problema Nuvola del problema


centrale
Albero della Realtà
Corrente
2. Disaccordo sulla direzione Injection
della soluzione al problema
3. Disaccordo sull’efficacia della Albero della Realtà
soluzione Futura
4. Preoccupazione a causa delle Ramo/Nuvola delle
implicazioni negative che
Implicazioni Negative
deriverebbero dall’imple-
mentazione della soluzione
5. Preoccupazione dettata dalle Albero dei Prerequisiti
difficoltà ed ostacoli che si
presenterebbero durante l’im-
plementazione della soluzione
6. Perplessità sulla Albero della transizione
capacità/volontà di
implementare

1. accettiamo più impegni e pazienti, spesso con requisiti non sufficienti per dare
un’adeguata prestazione (considerate le risorse a disposizione), di quelli che
potremmo seguire;
2. accettiamo tante piccole infrazioni alle regole che ci siamo dati.

In questa fase è cruciale assicurarsi che:

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a) il team di lavoro sia al completo; ogni partecipante deve formarsi una propria visione
di sintesi della realtà e sentirla propria, almeno quanto sente propri gli udes che ha
verbalizzato. Questa consapevolezza comune garantisce che, nella fase successiva
(generazione delle soluzioni), le persone possano esprimere la propria inventiva in
modo focalizzato.
b) il legame tra gli udes da cui si parte e le verbalizzazioni di sintesi a cui si arriva siano
chiari a tutti. Questa comprensione garantisce che nelle fasi successive (sviluppo del
piano di implementazione delle soluzioni) vengano tenuti in debita considerazione
tutti gli ostacoli pratici alla realizzazione delle soluzioni.
c) le verbalizzazioni siano sufficientemente generiche da ispirare soluzioni abbastanza
radicali e non banali.

Per risolvere il problema centrale, dobbiamo prima definirlo con precisione, utilizzando
la nuvola di conflitto.
Si è costruita una nuvola di conflitto per ciascuno degli ude che riassumono la
situazione nel suo complesso (figg. 3 e 4).

Siamo il collettore di richieste provenienti da Non siamo sicuri di quando


zone non presidiate. un percorso clinico è
Altri ospedali non forniscono servizi ai cronici. completato.
Non riusciamo a dosare il
Accettiamo più impegni e nostro successo.
pazienti, spesso con requisiti Non è chiaro quando
non sufficienti per dare una iniziano i danni al paziente
Evitare danni al prestazione adeguata (senza vederlo).
paziente (considerate le risorse a Non ci sono alternative
disposizione) di quelli che esterne brave come noi.
Fornire prestazioni potremmo seguire Le liste d’attesa hanno una
di qualità, senza loro eticità (il tempo di
tirarci il collo e con attesa non incide sul
soddisfazione del danno).
paziente Non tutto il problema è
Assumere un numero ed una sotto il nostro controllo.
Usare le risorse per
qualità di pazienti e impegni Lo scenario normativo dice
dare la migliore
tali da (compatibili) riuscire a che il nostro modello è
prestazione al fornire una prestazione quello vincente ma i tempi
paziente
adeguata, considerate le di attuazione sono più
risorse a disposizione lunghi di quanto richiede la
nostra situazione.
Le risorse a disposizione non sono Ci misuriamo sul numero di
infinite e il numero di pazienti visite e non su quanti danni
soggetti alla malattia è in costante riusciamo ad evitare.
aumento

Fig. 3- La nuvola di conflitto di fondo (macro UDE 1)

Per comprendere quali sono i fattori vincolanti, ovvero i paradigmi mentali che
inconsapevolmente ci costringono in questo conflitto, la domanda da farsi è perché si
vede un conflitto tra:

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I Logical Thinking Tools pag. 25
Accettiamo più impegni e pazienti, spesso con requisiti non sufficienti per dare una
prestazione adeguata (considerate le risorse a disposizione) di quelli che potremmo
seguire

Assumere un numero e una qualità di pazienti e impegni tali da (compatibili) riuscire a


fornire una prestazione adeguata, considerate le risorse a disposizione
Il conflitto esiste perché assumiamo che

 Non siamo sicuri di quando un percorso clinico è completato.

 Non riusciamo a dosare il nostro “successo”.

 Non è chiaro quando iniziano i danni al paziente (senza vederlo).

 Non ci sono alternative esterne, ovvero “bravi” come noi.

 Le liste di attesa hanno una loro eticità (il tempo di attesa non incide sul danno).

 Non tutto il problema è sotto il nostro controllo.

 Lo scenario normativo dice che il ns. modello è quello vincente, ma i tempi di


attuazione sono più lunghi di quanto richiede la ns. situazione.
 Ci misuriamo sul numero di visite e non su quanti danni riusciamo ad evitare.

Questo elenco di cose mai dette esplicitamente, ma profondamente radicate nei


pensieri delle persone, sono il “vincolo”, quanto ci impedisce di abbandonare la logica
dell’o-o e, quindi, di cambiare la realtà in meglio. Il meccanismo della nuvola di conflitto
permette di portare a galla queste assunzioni, cosa che è fondamentale per cambiare
rotta.

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Le persone che lavorano Tutti infrangiamo le regole.
di malavoglia rendono A nessuno piace essere ripreso
meno.
Un buon clima Non a tutti è chiaro in
organizzativo è un che modo le piccole
potente fattore di infrazioni si ripercuotono
Mantenere un buon Tante piccole infrazioni
motivazione sul lavoro altrui e
clima organizzativo alle regole che ci siamo
dati sull’organizzazione.
Tutti siamo convinti che il
tempo più prezioso sia il
Vantare un’ottima nostro.
qualità del lavoro Pensiamo che si debba
intervenire su un effetto
indesiderato solo quando
Ridurre al minimo le la causa materiale sia
Ottimizzare l’uso stata identificata (e
infrazioni alle regole che
delle risorse finché non lo è non si fa
ci siamo dati
nulla).
Le risorse sono finite.
La quantità di lavoro
svolta influisce sulla Le regole sono il modo più efficace
qualità del medesimo. per organizzare numerose risorse

Fig. 4 - La nuvola di conflitto di fondo (macro UDE 2)

Per comprendere quali sono i fattori vincolanti, i paradigmi mentali che


inconsapevolmente ci costringono in questo conflitto, la domanda da farsi è perché si
vede un conflitto tra:

Tante piccole infrazioni alle regole che ci siamo dati

Ridurre al minimo le infrazioni alle regole che ci siamo dati

Il conflitto esiste perché assumiamo che:

 Non a tutti è chiaro in che modo le piccole infrazioni si ripercuotono sul lavoro altrui e
sull’organizzazione
 Tutti siamo convinti che il tempo più prezioso sia il nostro

 Pensiamo che si debba intervenire su un effetto indesiderato solo quando la causa


materiale sia stata identificata (e finché non lo è non si fa nulla)

Compiuto il primo passo, ci si è cimentati con il secondo: decidere la direzione della


soluzione.
Gli assunti sono il collante che tiene insieme le diverse entità logiche della nuvola
(obiettivo, necessità, posizioni).
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I Logical Thinking Tools pag. 27
Questo significa che se si “sfilano”, cioè se vengono invalidati, uno ad uno gli assunti del
conflitto, viene a mancare la condizione che faceva esistere il conflitto.
Le cose che invalidano gli assunti del conflitto, definiscono la direzione della soluzione e
prendono il nome di injections. La fase creativa del processo consiste nell’immaginarsi
l’impossibile, cioè una injection. In questa fase assume un’importanza cruciale il leader
del gruppo. Sua è la responsabilità che si crei un clima adatto a far emergere idee
innovative. Un clima tale viene favorito se l’unico criterio di giudizio delle idee che il
gruppo esprime è la capacità dell’idea di eliminare uno o più assunti, di essere una
injection.
L’injection rappresenta qualcosa che non esiste nella realtà, ma che se ci fosse,
porterebbe all’eliminazione del problema centrale, con conseguente rimozione di tutti
gli effetti indesiderati.
L’insieme degli assunti dei due conflitti di fondo sono il constraint.
Il concetto di miracolo realizzabile, la sua valenza razionale ed emotiva

«Non c’è possibilità» disse. «Nessuno può credere a qualcosa d’impossibile».


«Non hai molta esperienza» disse la regina. «Quando avevo la tua età, lo facevo ogni
giorno per mezz’ora. Poiché mi prefiggevo di fare 6 cose impossibili prima di
colazione». (Lewis Carrol, Through the Looking-Glass)

Le injections a prima vista possono assomigliare a dei miracoli irrealizzabili; per


superare l’incredulità è stato necessario fare un ulteriore passo, costruirsi una mappa
logica che facesse vedere a tutti come queste injections contribuissero a cambiare la
realtà e come si potessero realizzare. Ma andiamo con ordine.
Il team di lavoro ha inventato 8 injections che, se realizzate, consentono di raggiungere
l’obiettivo:

1. filtrare le richieste di prima visita sulla base del danno potenziale e delle competenze
distintive dell’uod;
2. anticipare la valutazione clinica sugli esami per stimare in quanto tempo il paziente va
visitato per minimizzare i danni;
3. organizzare il lavoro sul paziente suddividendo tra uod, Medici di Base, altre
strutture, in modo che uod applichi le sue capacità distintive;
4. concentrare le risorse sui pazienti che hanno maggiori possibilità di miglioramento;
5. diventare dei consulenti dei reparti a cui il paziente fa riferimento in base alla sua
patologia primaria;
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I Logical Thinking Tools pag. 28
6. misurare il danno tempo dei pazienti;
7. allocare le risorse (diverse professionalità) sul paziente in modo che siano coinvolte
solo quelle strettamente necessarie;
8. favorire una corretta uscita del paziente.

L’idea portante è riorganizzare il “lavoro” attorno alla nuova logica che le visite non sono
tutte uguali, rispetto all’evitare danno al paziente; entra in gioco il fattore tempo: il
tempo speso conta di più, quanto maggiore è il danno evitato (diventa importante
l’effetto indotto dall’uso delle risorse).
Serve allora una misura del danno-tempo (ovvero la pendenza della curva di
peggioramento del paziente), cioè della distanza tra il momento oltre il quale
intervenire costa di più dell’intervento stesso ed il momento in cui visitando il paziente
ci si rende conto della sua situazione e si definisce il percorso di cura adeguato.
Una seconda buona misura del danno-tempo è data dai delta degli indicatori
attualmente in uso nell’uod (e “certificati” a livello nazionale).
Prima la misura prevalente era il numero di pazienti curati/visitati, dopo il criterio
diventa la misura del danno-tempo, calcolando una sorta di teg sanitario.
Il teg sanitario è la misura derivante dalla moltiplicazione del ritardo con cui viene visto il
paziente, rispetto a quanto stabilito per il valore della glicata al momento della visita.
Questa logica innovativa va implementata dapprima all’interno della uod e poi in un
successivo step, in tutti gli attori del sistema.
Per fare ciò, l’uod concentra le sue capacità di eccellenza in una sorta di triage sistemico
e nella cura dei casi più difficili.
La riorganizzazione del lavoro viene supportata da un’analisi statistica degli “arrivi”, al
fine di minimizzare gli effetti della variabilità sull’uso delle risorse (implementando il
concetto di buffer di tempo e di risorsa).
Occorre inoltre riprogettare i percorsi, in modo da liberare le risorse più sature e usare
quelle meno sature (infermieri), ad esempio raggruppando i pazienti per tipologia ed
erogando parte dei servizi in gruppo (autonomia infermieristica), rimandando il
paziente al medico di base con un percorso definito che deve solo essere eseguito. In
questo modo si supera il problema del mancato filtro del medico di base, si distribuisce
meglio l’agenda, dando la precedenza a chi ne ha più bisogno, senza perdere il
controllo del paziente.
Questa soluzione ha anche effetti benefici collaterali: si rompe il conflitto del Medico di
Base che, di fronte ad un paziente con sintomatologia diabetica, invece di fare un primo
screening preferisce rimandare la cosa alla struttura specialistica. Al Medico di Base non

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I Logical Thinking Tools pag. 29
si chiede più di prendersi la responsabilità di definire il percorso, ma solo di farlo
osservare segnalando deviazioni all’uod.
Questo modello di interazione uod-mmg può essere esteso agli altri soggetti che
operano sul territorio. Guardando il sistema complessivo, all’uod si riserva il ruolo di
progettazione dei percorsi e di verifica della loro adeguatezza (audit) e gli altri operano
ciascuno in misura delle loro competenze.
Questo, ovviamente, determina che i percorsi di crescita professionale vanno
coordinati, in quanto non ha senso che tutti migliorino le stesse competenze.
Così agendo, ci si aspetta anche che:

1. diminuisca il numero di prime visite inutili ed, in generale, il numero di visite inutili;
2. diminuisca il danno-tempo dei pazienti o aumenti il danno evitato;
3. aumentino le visite complessive ed il numero di pazienti seguiti.

Quando i miracoli sembrano troppo difficili da fare e quando le persone realizzano


quanto lontano li porteranno le injections si spaventano. Inizia così quella che viene
definita la “fase di rinculo”: c’è chi si gasa oltre modo, chi fa ostruzionismo (prima
dobbiamo trovare il modo di farli uscire), chi vorrebbe non esserci stato. Il ruolo della
leadership nei processi di cambiamento lo si apprezza pienamente in questi momenti.
Ma grande importanza assume anche la costruzione comune dell’albero della realtà
futura, ovvero il nostro piano strategico.
Le injections, come detto, rappresentano la direzione della soluzione.
Per verificarne la completezza, per verificare cioè che siano necessarie e sufficienti per
soddisfare le necessità e raggiungere l’obiettivo, abbiamo costruito l’albero della realtà
futura o frt (Fig. 5).
Il frt sintetizza le tappe primarie del piano strategico ed i collegamenti logici e temporali
tra di esse.
La struttura di un albero della realtà futura è semplice:

 in mezzo ci sono gli obiettivi e le necessità;


 in cima ci sono gli effetti positivi sul sistema;
 in basso le cose da fare per perseguire gli obiettivi dichiarati e di conseguenza
generare gli effetti positivi voluti;
 le frecce guidano la lettura in termini di causa-effetto (se-e-allora).

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Fornire prestazioni di qualità,
senza tirarci il collo e con
soddisfazione del paziente

Usare le risorse per Evitare danni al


dare la migliore paziente
prestazione al paziente

INJ8 - Favorire una corretta uscita


del paziente.
INJ2 - Anticipare la valutazione clinica
sugli esami per stimare in quanto
tempo il paziente va visitato per
minimizzare i danni

INJ7 - allocare le risorse (diverse


professionalità) sul paziente in modo che siano
INJ1 - Filtrare le richieste di prima coinvolte solo quelle strettamente necessarie
visita sulla base del danno potenziale
e delle competenze distintive dell’UOD

INJ3 - Organizzare il lavoro sul paziente


suddividendo tra UOD, Medici di Base, altre
INJ4 - Concentrare le risorse sui pazienti strutture, in modo che UOD applichi le sue
che hanno maggiori possibilità di capacità distintive; diventare dei consulenti
miglioramento dei reparti a cui il paziente fa riferimento in
base alla sua patologia primaria

INJ6 - Misurare il danno tempo dei


pazienti

Fig. 5 - Il piano strategico dell’UOD


Fase 2 – Implementazione del miglioramento
3.2.1. Misure, misure e ancora misure

La prima fase operativa ha riguardato le misure e, soprattutto, l’introduzione di un modo


intelligente per leggere i dati e scoprire vie di uscita ai problemi cronici (spc).
Il risultato tangibile di questa fase è stato toccare con mano quanto si poteva migliorare
e la manifestazione più evidente di ciò è stata la faccia delle persone quando hanno
realizzato fin dove potevano arrivare.
Una serie di attività di misura effettuate preliminarmente ha consentito di riorganizzare
le risorse e le procedure interne in base a quanto sviluppato nel piano strategico:

 Analisi dei carichi di lavoro;


 Analisi della disponibilità delle risorse;
 Dimensionamento e posizionamento dei buffer;
 Analisi delle richieste rifiutate, accettate e totali;
 Analisi delle assenze mediche ed infermieristiche;
 Misura dell’efficacia;
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I Logical Thinking Tools pag. 31
 teg sanitario e sue componenti (delta glicata, danno-tempo).

Da questa analisi è emerso come, organizzandosi attorno ad un vincolo e


sincronizzando le risorse al meglio, si possono ridurre i tempi d’attesa di almeno un
terzo.
L’azione concreta messa in atto è stata la realizzazione di un buffer di tempo medico al
fine di minimizzare gli impatti della variabilità sulla disponibilità di tempo medico (e
delle altre professionalità).
Questa soluzione è nata da una logica molto semplice.
Utilizziamo la prestazione “prima visita” per esemplificarla.
Considerando che la richiesta di prima visita si aggira intorno alle 880 unità annue, con
una media settimanale di circa 20 e che il tempo medio di visita stimato è di 20 minuti a
paziente, abbiamo verificato come il tempo necessario per far fronte a tutte queste
richieste sia più o meno di 7 ore a settimana.
Considerato, inoltre, che le 7 ore possono variare a seconda di un modesto numero di
variabili quali: l’arrivo o meno dei pazienti, il numero di richieste, le assenze dei medici,
la durata delle visite, la presenza/assenza degli esami, etc.., è sembrato chiaro come,
per proteggersi da questa variabilità fosse necessario definire un buffer temporale
dimensionato sulla base del concetto di variabilità cumulata.
Dall’applicazione delle tecniche di ottimizzazione delle scorte famose nel settore
automotive si evince che se abbattessimo le barriere tra un giorno e l’altro o tra una
fascia oraria e l’altra e, al posto di assegnare al medico 2 ore di lunedì e 2 al mercoledì,
lo facessimo visitare una giornata intera insieme ad un collega, otterremo il risultato di
evitare che, mentre l’uno non fa niente, l’altro debba tirarsi il collo per visitare tutti i
pazienti.
Al monte ore totali, che nel caso analizzato è 7, aggiungiamo un “buffer” per
proteggerci dalla variabilità, in modo che nel migliore dei casi lo si occuperà tutto
lavorando, nel peggiore ci si dedicherà a fare attività non prioritarie.
In questo modo, il lavoro viene organizzato come in Fig. 6.
Per dimensionare correttamente il buffer sono state eseguite alcune analisi:

 Analisi della disponibilità delle risorse;


 Analisi delle richieste rifiutate, accettate e totali;
 Analisi richieste prime visite rifiutate per lunghezza lista di attesa (che ci dà la misura
dell’incremento delle visite nel caso le liste di attesa si riducessero a 2 settimane).

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I Logical Thinking Tools pag. 32
In parallelo, per verificare che si potessero conseguire i risultati “calcolati”, sono state
eseguite delle valutazioni sulla misura dell’efficacia attuale ovvero teg sanitario e sue
componenti (delta glicata, danno-tempo) e ammontare di risorse necessario per
portare le liste di attesa a zero.
Si sono raccolti i dati degli ultimi 3 mesi, quindi è stata effettuata una stratificazione per
tipo di visita (Tab. 6).

N° medio richieste Tempo necessario per


di prima affrontare tutte le
visita/settimana Medico richieste
= =

20 7 ore +/-
[richieste annue “variabilità”
(880)/settimane tot [20 richieste x 20 min
in 1 anno (50) cad = 400 min
approssimato per
eccesso] 400 min/60 min = 6,6
ore)

Variabilità =
Ognuna di queste Quindi:
• Arrivo/meno pazienti
situazioni presenta una Per proteggere la
• Numero richieste
propria variabilità variabilità cumulata
• Assenza medico
inserisco un
• Durata visita
BUFFER
• Presenza esami

Fig. 6 – Il buffer che protegge il sistema dagli effetti della variabilità

Tab. 6 - Tabella riassuntiva TEG

Tipo prestazione ritardo medio 3 sigma


(mesi) (mesi)

Ctrl-autoctrl 3,2 3,6


Ctrl-ctrl 3,65 5
Autoctrl-autoctrl 2,25 5,7
Autoctrl-ctrl 4,75 7
1 vis-ctrl 3,7 5,5
1vis-autoctrl 2,9 2,8

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I Logical Thinking Tools pag. 33
Gestione integrata 12 0

Sempre nell’ottica di recuperare tempo medico, ridurre le liste d’attesa e minimizzare il


danno-tempo, sono stati riorganizzati i controlli in modo da passare da un’ottica di
controlli “a tempo prefissato” ad una di “quando lo richiede la malattia”.
Per farlo, oltre che costruire un buffer per i pazienti che hanno realmente bisogno di
una visita, si definiscono le cose per cui un’uod è eccellente.
Esistono, infatti, fasi di cura del diabetico che non devono necessariamente essere
portate avanti dall’uod ma possono passare ad altre unità operative in grado di operare
con le stesse competenze. In questo modo si snelliscono i tempi di cura, apportando
notevoli miglioramenti in termini di redditività.
4. I risultati

Sono così riassumibili:

 Misurare ha permesso di “toccare con mano” che le risorse per raggiungere gli
obiettivi c’erano già ed erano sufficienti, a patto che fossero organizzate nel modo
adeguato (constraint e buffer);
 Misurare ha permesso di definire obiettivi realistici;
 Misurare ha permesso di stabilire le priorità delle azioni contemplate dal piano
operativo;
 Riorganizzazione del “tempo” degli ambulatori;
 Miglioramento dei tempi di attesa (Tab. 7)
 Passaggio (Tab. 8) dagli effetti indesiderati (udes) agli effetti desiderati (des)

Tab. 7 – Il miglioramento dei tempi di attesa

Prima del progetto Dopo il progetto

Prestazione Attesa (1) Prestazione Attesa (1)


Prima visita Da 3 a 9 Prima visita 2 settimane
mesi

Gestione 12 mesi Gestione 0


integrata integrata

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Controllo Da 3 a 8 Controllo 0
mesi

Autocontrollo Da 2 a 11 Autocontrollo 0
mesi

(1) il valore rappresenta lo scostamento tra quando il paziente dovrebbe essere visto e
quando viene effettivamente visto

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I Logical Thinking Tools pag. 35
Tab. 8 – Dagli UDEs ai DEs

Prima del progetto Dopo il progetto


Gli UDEs I DEs
37 effetti indesiderati Tutti i pazienti in
segnale di mancanza di gestione integrata
controllo, rassegnazione: vengono trattati
“non possiamo fare nulla secondo specifica
per migliorare!!”

Dei 2100 pazienti in TEG paziente: misura la


gestione integrata, solo corrispondenza tra
1000 vengono trattati quanto si può fare e
all’anno!! quanto si fa con le
risorse disponibili
(efficienza del sistema)

Non c’era una misura Delta glicata: misura


dell’efficacia e l’efficacia del percorso
dell’efficienza di cura
commisurata alle risorse
Per migliorare si pensava Si sa che cosa fare per
che l’unica strada fosse: migliorare e abbiamo
“iniettare risorse” ripreso il controllo della
situazione

Conclusioni, lezioni apprese e sviluppi futuri

L’attività svolta sul progetto ha dimostrato che, con un’opportuna organizzazione delle
risorse ed un’adeguata misura della variabilità, è possibile aumentare l’efficienza del
sistema fino al 30% e ridurre le liste d’attesa, ovvero i ritardi rispetto alla prestazione
ottimale fino a zero.
Queste prestazioni sono mantenibili a patto che il super sistema, di cui l’uod è un
elemento, si adegui alla medesima logica organizzativa, altrimenti questi risultati di
assoluta eccellenza saranno molto rapidamente sciupati (Fig. 7).

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I Logical Thinking Tools pag. 36
Il fiume in
ingresso/uscita non
viene governato
secondo le logiche
TOC
Riorganizzazione
risorse UOD intorno a
constraint e buffer

6 mesi 12-18 mesi

Le parti del sistema


non si muovono in
sincronia

Fig. 7 – La curva del miglioramento

In che direzione proseguire? Molto semplicemente, individuando i fattori esogeni che


maggiormente possono mettere a repentaglio le capacità dell’uod di produrre risultato
e, dopo averli individuati, subordinandoli al vincolo del sistema, cioè alla capacità
distintiva dell’uod di disegnare e supervisionare percorsi di cura efficaci.
Occorre, inoltre, rivedere il sistema di misurazione dei risultati giacché, oggi, ad un
incremento delle prestazioni corrisponde un incremento dei costi per l’asl ma, in questo
specifico caso, ad un incremento del servizio (30%) non corrisponde un analogo
incremento dei costi. Accettando passivamente il sistema di misura attuale, ci si
troverebbe costretti a rinunciare ad uno straordinario beneficio per la collettività.

La parola ai protagonisti
Perché fare un progetto simile? Nella sanità le risorse umane sono definite, ci sono i
blocchi delle assunzioni e i blocchi del turnover. Un metodo che proclama di poter far
aumentare le prestazioni dei processi sanitari agendo su vincoli organizzativi, senza
richiedere risorse aggiuntive è abbastanza interessante da meritare una
sperimentazione.
Il giudizio finale poi è positivo anche perché i tempi di lavoro sono stati contenuti,
appropriati per una realtà sanitaria. Sono rimasto, non dico stupito, ma favorevolmente
impressionato dalla grande enfasi e soddisfazione mostrate dal capo dell’uod; una
persona navigata, che tiene corsi a livello nazionale sull’organizzazione dei processi
sanitari, che non è facilmente impressionabile. Deve essere un metodo di valore.
Il metodo poi si integra completamente con quanto in essere, certificazione iso, jca; non
si butta nulla del già fatto, non si danneggia il sistema. Immaginandone un uso esteso è
un punto importante a favore. La stessa jca sprona al lavoro di gruppo per ottenere
miglioramenti. Anche se noi abbiamo utilizzato solo una piccola parte dello std jca.

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I Logical Thinking Tools pag. 37
Si è dimostrata una buona metodologia per motivare il gruppo a lavorare assieme ,
qualcosa tra la catarsi e il cambiamento organizzativo.
Il candidato ideale per usarlo è un reparto che abbia un minimo di cultura sulla
“qualità”, che sia familiare con i concetti di processo, di indicatore. Certo se non è così è
sufficiente iniettare delle dosi di formazione ulteriore, qualche giornata nulla di
trascendentale.
I risultati sono stati positivi, si è data prova di reale valore aggiunto, non è solo una bella
teoria. Certo rimanere una monade sarebbe limitante, si verrebbe plafonati nel
miglioramento dagli altri anelli della catena.
Avendo carta bianca andrebbe utilizzato su servizi trasversali, tipo la diagnostica per
immagini, che sono i più critici e significativi all’interno di una realtà sanitaria. Ancora
meglio sui processi trasversali di governo, andando a toccare aspetti complessi e di non
facile soluzione.
Per appropriarsi della metodica e non rimanere dipendenti dai consulenti, dopo aver
fatto un paio di progetti pilota affiancando ai consulenti degli interni, fare un terzo
progetto guidato da personale interno alla struttura sanitaria e affiancato dal
consulente. Poca spesa tanta resa.

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I Logical Thinking Tools pag. 38

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