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L’ultima volta abbiamo fatto la disciplina sui contratti del consumatore, abbiamo visto peculiarità e

caratteristiche rispetto a quello che è il modello previsto dal codice civile. Ci siamo soffermati sulla
nozione di consumatore e professionista, scopi misti o promiscui e neutri per poi arrivare ad
accennare l’evoluzione della figura del consumatore, con l’avvento della figura del prosumer (colui
che non sembra più quel soggetto debole ma partecipa in parte anche all’attività produttiva). In
questo caso ci domandiamo se il soggetto gode della medesima tutela del consumatore o di nessuna
tutela, cioè quella prevista dal c.c., la soluzione di tale quesito implica la necessità di studiare la
figura del terzo contratto di subfornitura e abuso di dipendenza economica, anche perché nel caso di
specie si ha l’esempio di tizio che partecipa all’installazione del fotovoltaico e contribuisce a
produrre energia, figura mista tra consumatore e professionista, consumatore perché usa la fornitura
di quel servizio ma anche produttore perché partecipa alla produzione per questo non si può
inquadrare in una qualifica specifica, gode di tutela ma è diversa da quella tipica del consumatore.
Andremo a studiare la subfornitura e l’abuso di dipendenza economica, dove vi è un committente e
un subfornitore e la caratteristica di tale contratto è che il subfornitore è alle dipendenze del
committente, svolge infatti un’attività che non ha sbocco diretto sul mercato se non tramite
quell’intervento che è tipico della figura del committente. È una fattispecie simile a quella del
prosumer.

Oggi proseguiamo con la categoria di secondo contratto e spiegheremo quali sono le caratteristiche
principali. Abbiamo visto che questa nozione è stata introdotta con i contratti tra consumatore e
professionista e arricchita da altre discipline confluite nel codice del consumo. Dobbiamo fare un
passo indietro e vedere quale è la visione di scambio presente all’interno del c.c. del 1942, per poi
vedere le novità introdotte dalla legislazione europea. La fase che precede la stipulazione di un
contratto è regolata dagli art. 1337 e seguenti del c.c. laddove si dà luogo alle trattative e alla
responsabilità precontrattuale. In un mercato non regolamentato, dove non vi è un intervento
protettivo nei confronti di un soggetto, quelle che sono eventuali asimmetrie informative vengono
considerate non da un punto di vista patologico ma fisiologico. Cioè io investo per ottenere
informazioni, affronto così un costo, e l’informazione ottenuta dallo scambio posso sfruttarla a mio
vantaggio anche se la controparte non è in possesso di quella informazione, questo è visto come una
vicenda fisiologica e non patologica. Questo accade anche tra imprese, che investono per acquisire
informazioni per poi sfruttarle per ricevere vantaggi competitivi a livello di concorrenza e qui non
c’è abuso, c’è un’asimmetria informativa che viene considerata da un punto di vista fisiologico.
Visione presente nel c.c. e in questa disciplina in materia di trattative e di responsabilità
precontrattuale.
Visione che muta con l’avvento della disciplina consumeristica dove l’asimmetria informativa viene
vista come un evento patologico e non più fisiologico e all’interno di un mercato regolamentato
(come quello del consumo) questa asimmetria deve essere corretta. Stiamo anche paragonando
mercato del consumo regolamentato dove vigono discipline diverse da quelle che regolavano lo
scambio tradizionale. All’interno di questo scambio tradizione, disciplinato dagli art. 1337 cc e
seguenti, è previsto che le parti prima della conclusione del contratto e durante la fase delle
trattative devono comportarsi secondo buona fede. Il successivo articolo, che chiude la normativa in
materia di responsabilità precontrattuale, afferma che “la parte che conoscendo o dovendo
conoscere una causa di invalidità del contratto non l’ha comunicata alla controparte è tenuta a
risarcire il danno da questa subita per aver confidato senza sua colpa sulla validità del contratto”. In
concreto significa che io stipulo un contratto e al momento delle trattative so che sarà un contratto
invalido perché in realtà il consumatore vuole acquistare un altro bene, in questo caso il fatto di non
comunicare alla controparte questa causa di invalidità del contratto mi comporta poi che dovrò
risarcire il danno subito dalla controparte per aver confidato di acquistare il bene x piuttosto che y.
Nello scambio regolato dalla fase precontrattuale nel c.c. vi sono degli obblighi, uno è quello
generico di comportarsi secondo buona fede, che poi ha delle specificazioni nell’art successivo
laddove mi dice che se io sono in possesso dell’informazione che il contratto sarà invalido(perché
tizio voleva acquistare bene x con delle specifiche caratteristiche ma sta acquistando un bene
diverso), e non ho informato la controparte di questo errore, sarò tenuto a risarcire il danno. In luce
c’è una disciplina che corregge un eventuale asimmetria informativa. Si tratta però di un’asimmetria
peculiare che riguarda la stessa validità o efficacia di quel determinato contratto. Se questi sono i
presupposti base, questa normativa è stata interpretata da dottrina e giurisprudenza che ne ha
ampliato il contenuto.

L’art 1337 mi dice che devo comportarmi secondo buona fede cioè secondo un principio di
solidarietà, correttezza e non devo pregiudicare l’interesse della controparte ma anzi tutelarlo entro i
limiti di un apprezzabile sacrificio. Tale obbligo di trasparenza non consiste nel dover dire alla
controparte se il prezzo è conveniente o no, oppure acquisire informazioni sul fatto che il bene può
essere utile o le caratteristiche di quel bene possono essere al consumatore utili. Soltanto se il
venditore viene a conoscenza del fatto che il consumatore ha un certo interesse ed è in possesso di
quella informazione, in quel caso nei limiti di un apprezzabile sacrificio vuol dire dare il bene x
piuttosto che y perché confacente ai suoi interessi ma non impone una ricerca della migliore offerta
per il consumatore. Tutto ciò andrebbe al di là di un apprezzabile sacrificio (tutelo l’interesse della
controparte sulla base delle informazioni che ho ma tale tutela non comporta che debba agire in
modo diverso, andare a recuperare altre informazioni, perché ciò comporterebbe uno sforzo di
diligenza maggiore rispetto a quello richiesto, perché andrebbe appunto al di là di un apprezzabile
sacrificio).

Lo scambio non regolato ha un principio generale, comportarci secondo buona fede. La controparte
è libera se concludere o meno il contratto ma non deve pregiudicare l’interesse della controparte e
tale interesse viene disciplinato secondo la precedente clausola generale (tutelare l’interesse della
controparte entro i limiti di un apprezzabile sacrificio). ESEMPIO: se devo consegnare una merce
in un determinato luogo, e chi la deve ricevere mi dice che il luogo è pronto a riceverla ma arrivo e
trovo il magazzino chiuso e se so che a 10 km c’è un altro magazzino aperto dove posso consegnare
la merce questo apprezzabile sacrificio significa che devo recarmi in quel magazzino, se però si
trovasse a 100 km questo apprezzabile sacrificio non comporta che il venditore debba consegnare a
tale distanza perché andrebbe al di là dei limiti di un apprezzabile sacrificio.

Tale clausola generale, specificata nell’art 1338, mi impone di comunicare alla controparte solo
se sono a conoscenza di cause di invalidità che possono pregiudicare la validità del contratto. La
clausola è stata interpretata dalla dottrina tedesca in maniera estensiva attraverso i cosiddetti
obblighi di protezione nella fase delle trattative. Attraverso la formula obblighi di protezione, la
giurisprudenza tedesca mi dice che io intanto non devo iniziare trattative allorché so che quel
contratto non lo voglio concludere e proteggo la controparte evitandole perdite di tempo e cioè di
intrattenere quella che è una trattativa inutile che non potrà mai andare a buon fine. Mi dice anche
di proteggerlo informandolo su circostanze note o conoscibili o di cui sono in possesso e, senza
divaricare quell’apprezzabile sacrificio, sono utili alla controparte. Se una impresa viene a
conoscenza di un segreto aziendale dell’azienda con la quale è in corso una trattativa, sono
obbligato a proteggere la controparte non divulgando quelle notizie a terzi. Sono obblighi di
protezione che servono a tutelare interessi della controparte.
Es: trattativa che ha comportato fallimento della impresa Wind jet. Citò in giudizio Alitalia
chiedendole un risarcimento macroscopico. L’acquisizione da parte di Alitalia non avvenne e il
rapporto tra imprese si era fermato allo stadio delle trattative. Secondo l’art 1337 le parti che sono
in trattativa non sono obbligate a concludere il contratto e quindi quella mancata acquisizione era
nella sfera di libertà di Alitalia. Nello specifico, se è vero che la parte non è obbligata a concluderlo
deve comunque tutelare l’interesse della controparte nei limiti di un apprezzabile sacrificio. Wind
jet contestò il recesso ingiustificato e quindi fonte di risarcimento danno, ma essendo in trattativa la
parte non è obbligata a concludere il contratto, la quale può sempre recedere.
Da qui la definizione di punto di non ritorno dalle trattative cioè arrivato a quel punto lì non
posso più recedere, la libertà di concludere il contratto verrebbe meno perché in caso di non
conclusione sarei tenuto a risarcire il danno subito dalla controparte. Il punto di non ritorno è
allorché lo stadio delle trattative è giunto a un punto tale che la conclusione del contratto non può
che essere quasi certa oppure perché ormai la controparte è convinta del fatto che quel contratto
andrà a buon fine. Avrei potuto concludere un contratto anche più favorevole ma ormai vincolato
alla stipulazione di quel contratto non ho concluso altre occasioni (perdita di occasioni alternative e
favorevoli). Quindi più le trattative sono lunghe più vi è convinzione che il contratto si concluda,
più certezze e quindi in caso di non conclusione devo ottenere il risarcimento del danno. Il
corollario è che allorché si è creato questo affidamento, che vuol dire che so che queste trattative
andranno a buon fine, quest’ultime devono andare in porto. Sono criteri soggettivi, non può
funzionare così. È necessario andare a vedere quando si crea questo affidamento. Per un soggetto
può crearsi per l’altro no, è una questione soggettiva. In che maniera tutelo l’interesse della
controparte? La controparte si sta impegnando in base al mio comportamento tenuto in fase di
trattativa. Se la controparte già sà che non lo concluderà, perché in trattativa con altri affari oppure
ha perplessità su quel contratto deve allora comunicarlo. Tornando al caso Windjet e Alitalia,
(quest’ultima diceva che occorreva il parere favorevole dell’autorità garante della concorrenza e del
mercato, perché essendoci una fusione può esserci una limitazione della concorrenza su determinate
rotte, l’ACGM aveva detto che in una specifica rotta questa fusione non dava luogo a effetti
anticoncorrenziali, nonostante ciò Alitalia si rifiutò di concluderlo). Wind jet quindi contestò il fatto
che Alitalia non le comunicò che aveva in corso altre trattative e che sapeva di non concludere
quell’affare, facendo perdere a quest’ultima altre occasioni.
L’obbligo di protezione consiste nel parlare chiaro (se ho altre trattative in corso debbo
comunicarle alla controparte), nel comportarsi in maniera solidare cioè fornire alla controparte
informazioni utili per far sì che questa rimanga o meno in quella determinata trattativa, è un obbligo
reciproco. Si tratta di un principio generale e non di regole specifiche. Non c’è un terzo che mi dice
come comportarmi ma faccio affidamento al buon senso.
Abbiamo finora parlato di mercato non regolamentato dove questa asimmetria informativa viene
riequilibrata entro questi limiti (clausola generale e specificazione).
Stiamo parlando di correzioni delle asimmetrie informative, correzioni che provengono dalla
disciplina tradizionale e dal legislatore europeo. Tradizionalmente si distingue tra consenso interno
ed esterno. Quello interno indica l’interno volere, voglio acquistare il bene con quelle determinate
caratteristiche e ne sono convinto. Per consenso esterno significa quello che manifesto alla
controparte, ho deciso di acquistare quel bene e lo dichiaro alla controparte. Quando i consensi
coincidono non sorgono problemi. Problema che si pone quando il consenso interno diverge da
quello esterno, cioè mi sono convinto di volere acquistare quel determinato bene però poi ne ho
acquistato un altro sulla base di una volontà negoziale differente. Non sarò soddisfatto se i due
consensi non coincidono. Il consumatore ha quindi sbagliato perché voleva un bene ma in realtà ne
ha acquistato un altro con altre caratteristiche, prezzo etc. Questo sbaglio (cioè la divergenza tra i
due consensi) viene corretta e mi permette di entrare in possesso del bene o servizio che realmente
volevo.

Secondo la disciplina tradizionale e in termini giuridici se il consumatore sbaglia è perché è caduto


in errore o è stato ingannato dalla controparte, può essere così tutelato soltanto laddove sussistano i
presupposti di un vizio del consenso che era conoscibile dalla controparte o è stato indotto dalla
controparte, la quale doveva tutelarmi entro i limiti di un apprezzabile sacrificio. Si traduce o in un
errore essenziale e riconoscibile (essenziale perché riguarda il contenuto ossia lo scambio e
riconoscibile perché la controparte lo poteva riconoscere utilizzando la normale diligenza, nei limiti
di un apprezzabile sacrificio la controparte doveva dirmi che stavo sbagliando) o in un dolo
determinante.

Questo bilanciamento tra consenso esterno ed interno richiede la presenza di un vizio che è frutto di
un soggetto che doveva informarmi perché nei limiti di un apprezzabile sacrificio, altrimenti io non
ho che fare perché secondo la disciplina tradizionale non ho modalità di attaccare quello scambio
perché quello sbaglio è un costo che io debbo sopportare perché addossarlo alla controparte
significherebbe imporgli una diligenza che va al di fuori di un apprezzabile sacrificio.

Questo principio generale e questa specificazione vengono sommerse da una serie di regole
comportamentali che il legislatore europeo detta in capo al professionista per regolamentare interi
settori di mercato e determinate tipologie di scambio. Un passo fondamentale è avvenuto nel 2011
con la direttiva intitolata DIRITTI DEI CONSUMATORI. (questa direttiva aveva un obiettivo ben
più ampio, inizialmente il legislatore europeo voleva introdurre un codice europeo dei contratti che
contenesse regole comuni per regolare gli scambi tra professionista e consumatore ma il progetto
fallì. Questa direttiva è un ulteriore tentativo del legislatore europeo di introdurre questa tipologia di
codice, inizialmente voleva accorpare in una unica legislazione la materia sulle clausole vessatorie,
sul credito al consumo, sulla multiproprietà e su altre normative. Progetto poi fallito, per cui questa
direttiva riguarda soltanto obblighi informativi sia nei CONTRATTI DIVERSI sia nei
CONTRATTI A DISTANZA e CONCLUSI FUORI DAI LOCALI COMMERCIALI.

Prima queste informazioni non erano facilmente riconoscibili dal consumatore, adesso li troviamo
perché sono regole specifiche dettate dal legislatore europeo al fine di permettere al consumatore
una scelta consapevole in ordine all’acquisto o meno, sono informazioni che venditore deve fornire
alla controparte ed è un costo che viene addossato al professionista e di cui beneficia il
consumatore. Questa asimmetria informativa viene così modificata, perché specificatamente
regolata. 1

I contratti a distanza comprendono tutte le tipologie di contratto in cui l’acquirente è


nell’impossibilità di valutare materialmente le caratteristiche del bene o del servizio che vuole
acquistare. Ciò che mi interessa in uno scambio è saggiare le caratteristiche essenziali del bene,
allorché sono nell’impossibilità di farlo mi trovo all’interno del contratto a distanza, che segue una
disciplina peculiare. Tutto il commercio elettronico dà luogo ad un contratto a distanza.

Per quanto riguarda i contratti conclusi al di fuori dei locali commerciali (porta a porta, spazi
commerciali dediti all’offerta in aeroporto) supponiamo che il consumatore decida di recarsi in
negozio per acquistare un determinato bene, ci troviamo davanti ad un contratto in cui l’iniziativa
proviene dall’acquirente, la scelta nasce dal soggetto che si reca nel locale commerciale del
rivenditore per acquistare quel bene. Se vado all’aeroporto e leggo l’offerta presente in uno spazio
commerciale dedito all’offerta e decido di acquistare il bene, la decisione proviene sempre da me,
ma il presupposto è che tizio si trovava in un luogo del tutto diverso e ha fatto quella scelta. È una
vendita più aggressiva rispetto alla prima, perché c’è intanto un effetto sorpresa che nella prima non
c’è, sempre nel secondo caso la decisione dell’acquisto è sorta dalla presenza in un luogo del tutto
diverso di quel locale. In questi contratti l’elemento essenziale è l’effetto sorpresa, cioè il
consumatore ha avuto un tempo minore per ponderare la scelta sul se o meno acquistare. L’esigenza
di tutela consiste nel dare un tempo utile per ponderare se effettivamente ho compiuto una scelta
consapevole o se sono incorso in uno sbaglio, non da me indotto ma dall’effetto sorpresa. Se così è,
questa esigenza di tutela può essere corretta attraverso il DIRITTO DI RECESSO.

Il diritto di recesso mi permette di sciogliere unilateralmente il diritto di contratto allorché mi


rendo conto che nei contratti a distanza il bene acquistato ha caratteristiche essenziali che a me non
piacciono, nel caso dei contratti conclusi al di fuori dei locali commerciali la dissociazione tra
consenso interno ed esterno viene recuperata permettendo entro pochi giorni di valutare se quella
scelta per me è giusta perché consapevole o frutto di un effetto sorpresa indotto dal fatto che
concluso fuori dai locali commerciali.

1
Leggere art.48 e 49 del codice del consumo.

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