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DIRITTO EUROPEO DEI CONTRATTI

30 ottobre 2018
Oggetto della lezione è l’adeguatezza in materia di contratti assicurativi e l’applicazione di
direttive europee per quanto riguarda la responsabilità degli intermediari assicurativi. Si tratta di una
problematica spinosa per gli ordinamenti di tutti gli Stati europei.

Gli articoli di riferimento sono 119 bis e 119 ter del Codice delle Assicurazioni Private, introdotti in
virtù di una direttiva europea recepita in Italia dal decreto legislativo 21 maggio 2018, n. 68, che ha
rivisitato gli obblighi di trasparenza e di adeguatezza, inizialmente previsti all’interno del Codice
delle Assicurazioni Private. Secondo la direttiva europea, tutte le norme in materia di trasparenza e
di adeguatezza nell’offerta di prodotti assicurativi devono riguardare soltanto i rapporti tra
distributori e consumatori, cioè devono trovare applicazione soltanto laddove la posizione di
aderente sia rivestita da un consumatore; visto che viene fissato un requisito soggettivo, tali norme
si applicano al secondo contratto. In realtà, però, il legislatore italiano non ha specificatamente
diretto l’applicazione di questa normativa ai rapporti tra distributori e consumatori, ma parla
genericamente di fruitore del prodotto assicurativo. Quindi, rispetto alle indicazioni del legislatore
europeo, il legislatore italiano ha ampliato l’ambito di applicazione di questa normativa; pertanto
essa si applica a tutti i contraenti a prescindere dalla qualifica soggettiva, si applica anche laddove
chi contrae la polizza assicurativa non è un consumatore, ma un professionista. Si tratta di una
normativa che ha trovato recente applicazione per quanto riguarda il contratto di assicurazione
professionale, cioè quel contratto diretto a coprire l’eventuale responsabilità di qualsiasi
professionista che cagiona danni a terzi soggetti. Infatti, in virtù di una normativa entrata in vigore
dal 2011, ciascun professionista è obbligato per legge a contrarre una polizza assicurativa a
copertura della propria responsabilità professionale civile nei confronti di terzi soggetti.

Per quanto riguarda gli obblighi di adeguatezza introdotti dalla direttiva europea, l’intermediario
assicurativo, ai sensi dell’art. 119 bis, deve comportarsi con trasparenza, onestà, correttezza nei
confronti di qualsiasi cliente. A questo obbligo di trasparenza, che comprende anche la pubblicità
del prodotto assicurativo, si aggiunge una specificazione: l’intermediario assicurativo, al pari di
ogni intermediario finanziario, deve acquisire dal cliente, prima della conclusione del contratto,
ogni informazione utile al fine di fornire un prodotto assicurativo adeguato rispetto alle esigenze del
singolo cliente. Quindi, si passa da un monologo informativo ad un dialogo informativo, perché
l’intermediario assicurativo deve acquisire, tramite test di adeguatezza, ogni informazione utile al
fine di fornire una polizza assicurativa che sia adeguata alle esigenze della clientela. Il test di
adeguatezza consiste in domande specifiche con riferimento alla concreta attività professionale
svolta dal soggetto onde offrire un prodotto adeguato alle relative esigenze.

Questa normativa in materia di contratto adeguato ha trovato applicazione di recente; infatti, per
quanto riguarda il contratto di assicurazione professionale ed eventuali responsabilità in capo a
imprese assicurative o intermediari assicurativi, l’ultima sentenza della Cassazione è del 24
settembre 2018. Il legislatore prevede che qualsiasi professionista, il quale cagiona danni a terzi per
esercizio della propria attività, è obbligato a risarcire il pregiudizio subito dal cliente per
responsabilità professionale e pertanto deve munirsi di una polizza assicurativa a copertura di ciò.
Per quanto riguarda la polizza assicurativa, si distingue tra un modello tradizionale, disciplinato
dall’art. 1917 c.c., e il modello claims made o a richiesta fatta, che si è sviluppato nei sistemi
anglosassoni e poi si è affermato anche nell’ordinamento europeo e quindi anche nel nostro
ordinamento. Si tratta di due sistemi assicurativi completamente diversi. Il mercato assicurativo è
riuscito a generalizzare il sistema claims made rispetto a quello tradizionale.

Secondo l’art. 1917 c.c., il contratto di assicurazione è quel contratto in virtù del quale
l’assicuratore, dietro pagamento di un premio, si obbliga a tenere indenne l’assicurato di ogni fatto
avvenuto o commesso durante l’arco temporale di efficacia della garanzia. Questo significa che se
la polizza copre ogni fatto avvenuto durante l’arco temporale della garanzia, l’assicuratore deve
tenere indenne l’assicurato per ogni fatto avvenuto durante il tempo dell’assicurazione anche se la
richiesta risarcitoria avviene dopo anni dal termine di efficacia della garanzia. Questo meccanismo è
vantaggioso per l’assicurato, perché sarà coperto dalla compagnia assicurativa anche se è cessata
l’efficacia di quella garanzia. Però, tale modello è stato rifiutato dai sistemi anglosassoni, in quanto
è stato da loro considerato un modello che non può operare sul mercato, perché contrasta con una
gestione attuariale dei rischi da parte delle compagnie assicurative. Infatti, il rischio professionale
viene etichettato come un rischio lungo latente, cioè un rischio caratterizzato da una dissociazione
temporale fra fatto, manifestazione del pregiudizio e richiesta risarcitoria da parte del terzo.
Nell’ambito dell’attività professionale, è normale che, rispetto al fatto illecito commesso,
passeranno degli anni affinché il pregiudizio sia conosciuto dalla vittima e passerà ulteriore tempo
affinché il soggetto danneggiato si decida a chiedere il risarcimento del danno ed è in quel momento
che l’assicuratore sarà obbligato a pagare il corrispettivo. Il modello prescelto per questo rischio
professionale è quello dell’attività medica, ma il rischio lungo latente può essere esteso anche ad
altre attività professionali. Questa dissociazione temporale comporta anche un protrarsi dei termini
di prescrizione. Affinché il terzo possa chiedere il risarcimento del danno, occorre che non sia
decorso il termine di prescrizione, che in materia di responsabilità contrattuale è 10 anni, i quali
iniziano a decorrere da quando il terzo è a conoscenza del pregiudizio. Ad esempio, se il terzo è a
conoscenza del pregiudizio 5 anni dopo la cessazione di efficacia temporale della garanzia
assicurativa, i termini di 10 anni iniziano a decorrere dalla scadenza del quinto anno, quindi l’arco
temporale da coprire sarà costituito da 15 anni + 10 anni per cui sono stato coperto
dall’assicurazione. Pertanto, l’arco temporale diventa molto ampio e le imprese assicurative non
sono disposte a sostenere questa tipologia di rischio, perché dovrebbero continuamente accantonare
riserve per coprire eventuali futuri risarcimenti. Il modello tradizionale si basa sul fatto accaduto
durante il tempo di assicurazione, cioè l’impresa assicurativa è tenuta ad indennizzare l’assicurato
di ogni fatto che si colloca in quell’arco temporale anche se la richiesta risarcitoria perverrà dopo
15/20/25 anni successivi alla stipulazione del contratto.

Inizialmente, come risposta al dilagare del fenomeno della responsabilità civile professionale, è
stata introdotta la formula claims made o a richiesta fatta. In virtù del modello primitivo claims
made, l’impresa assicurativa si obbliga a tenere indenne l’assicurato di ogni fatto avvenuto durante
il tempo dell’assicurazione, purché la richiesta di risarcimento da parte del terzo avvenga entro e
non oltre la durata temporale della garanzia assicurativa. Ovviamente, questo meccanismo è a
favore dell’assicuratore, perché nel momento in cui scade il contratto egli è a conoscenza esatta dei
sinistri che deve indennizzare e dei sinistri per cui si deve ritenere estraneo, in quanto non è giunta
la richiesta risarcitoria da parte del terzo e quindi l’assicuratore può procedere ad una corretta
gestione delle riserve tecniche; così si ha l’eliminazione economica delle conseguenze del rischio
lungo latente per l’assicuratore. Ma gli assicuratori hanno pensato inizialmente ad un modello
ancora più virtuoso per loro; in particolare, nei sistemi anglosassoni la prima formula claims
made ha una durata annuale e il fatto illecito e la richiesta risarcitoria devono avvenire entro l’anno
di polizza, affinché siano oggetto di indennizzo. È un meccanismo che non può funzionare, perché
in un anno il professionista deve commettere il fatto illecito, il terzo deve venire a conoscenza del
pregiudizio e inoltre deve fare la richiesta risarcitoria. Proprio perché materialmente impossibile,
questo meccanismo è stato etichettato come un investimento a fondo perduto, cioè una non
assicurazione, e queste polizze assicurative sono state dichiarate nulle.

A questo punto, le imprese assicurative non sono tornate al modello tradizionale, ma hanno creato
una formula diversa. Visto che l’impresa assicurativa non può assicurare il futuro, è stata introdotta
una polizza che ha durata annuale o massimo biennale, prevede sempre la formula claims made (la
richiesta deve essere fatta entro la scadenza temporale del contratto), però l’efficacia della garanzia
viene estesa anche ai fatti commessi dall’assicurato nel biennio, triennio o massimo quinquennio
precedente alla stipulazione del contratto. Quindi, la richiesta risarcitoria deve avvenire entro la
scadenza temporale del contratto, però l’assicuratore si obbliga a tenere indenne l’assicurato non più
per i soli fatti commessi durante l’arco temporale della garanzia ma anche per quelli commessi nel
biennio, triennio o quinquennio antecedente alla stipulazione della polizza, quindi la garanzia
dovrebbe retroagire. Questo è un meccanismo favorevole per gli assicuratori: se loro si obbligano a
coprire i fatti per il futuro, non possono gestire in maniera corretta le riserve tecniche; ciò è
possibile se fanno retroagire la garanzia, perché alla scadenza del contratto sono sempre a
conoscenza dei fatti che sono tenuti a indennizzare e dei fatti che non sono tenuti a indennizzare,
dato che la richiesta risarcitoria non è pervenuta. Però, è un meccanismo un po’ subdolo, perché, se
il professionista intende ricevere una copertura continua, sarà obbligato di fatto ad assicurarsi
sempre con la stessa compagnia e sempre con il meccanismo di retroattività, che possa coprirlo di
fatti illeciti commessi in precedenza e per cui non è giunta ancora la richiesta risarcitoria. In questo
modo, si ottiene l’effetto della fidelizzazione del cliente. Invece, il meccanismo tradizionale
garantisce l’assicurato senza alcun effetto retroattivo; infatti, cessata la polizza, il professionista ne
stipula un’altra e sa che, se perviene una richiesta risarcitoria per fatti commessi nella scorsa
polizza, sarà coperto dalla precedente compagnia assicurativa, e se commette un fatto illecito con la
nuova polizza sarà coperto dalla nuova compagnia assicurativa; quindi il professionista è libero
anche di mutare assicuratore, perché sarà sempre coperto. Questo meccanismo non c’è più e oggi il
professionista deve assicurarsi sempre con la stessa compagnia e secondo un’efficacia continua e
retroattiva della garanzia che possa garantire un arco temporale continuo nella copertura. Il sistema
claims made comporta la fidelizzazione del cliente, infatti a tal proposito è intervenuta l’Autorità
garante della concorrenza e del mercato, ma ha un effetto economico anche a vantaggio
dell’assicurato, perché egli è tenuto a pagare un premio certamente minore rispetto a quello del
modello tradizionale. Tale meccanismo comporta degli inconvenienti. Ad esempio, se il
professionista è a conoscenza di aver compiuto un fatto illecito durante il precedente contratto di
assicurazione e lo comunica alla compagnia, egli, rispetto al nuovo contratto, non sta trasferendo
all’assicuratore un rischio ma un debito; quindi l’assicuratore risponde di non essere tenuto a
indennizzare questo fatto perché l’assicurato era a conoscenza, prima della stipulazione del
contratto, di aver commesso un fatto illecito e quindi l’assicuratore gli oppone di aver commesso
dichiarazioni reticenti o inesatte circa il rischio trasferito all’assicuratore, cioè dirà che il contratto è
nullo perché l’assicurato ha trasferito non un rischio ma un debito, e ciò è incompatibile con il
contratto di assicurazione. Il rischio è un evento futuro, incerto e pregiudizievole per l’assicurato, in
quel caso viene meno l’incertezza e l’evento non è futuro perché già si è verificato. Ai sensi
dell’art.1895, il contratto di assicurazione è nullo allorché il rischio non esiste o ha cessato di
esistere al momento della stipulazione del contratto. Nell’esempio considerato, l’assicuratore
oppone al professionista che il rischio è cessato, perché non è più un evento incerto e futuro, ma è
un evento che si è già verificato. A prescindere da ciò, il professionista è indotto a non cambiare
assicuratore, perché il nuovo assicuratore potrà opporgli di aver cambiato compagnia per trasferirgli
un debito e non un rischio, dato che era a conoscenza di aver commesso un fatto illecito. Questa
assicurazione rivolta al passato non funziona laddove l’assicuratore può sempre opporre al
professionista che egli era a conoscenza di aver commesso un fatto illecito; così il rischio rimane
sempre a carico del professionista e non del terzo. Con riferimento alla disciplina contenuta nel
Codice del Consumo, questa clausola comporta un significativo squilibrio tra diritti e obblighi,
perché il professionista paga il premio ma non si sa per quanto tempo l’assicuratore è obbligato a
tenerlo indenne, e quindi potrebbe attaccarlo mediante le clausole vessatorie, ma il problema è che
il contraente è un professionista e questo è un contratto funzionale alla sua attività, pertanto questa
disciplina per lui non vale. Questi contratti sono stati attaccati, perché essi sono di norma contratti
standard e la clausola claims made non è stata specificatamente sottoscritta dal professionista. Tale
clausola comporta una limitazione di responsabilità a favore dell’assicuratore e proprio per questo
molti contratti claims made sono stati dichiarati nulli, perché le imprese assicurative fino al 2010
non facevano specificatamente sottoscrivere questa clausola. Quindi, il giudice tramite questo
meccanismo dei contratti standard ha disposto che questa clausola è nulla perché comporta una
limitazione di responsabilità e non è stata specificatamente sottoscritta; in più è un meccanismo
tecnico, pertanto il giudice sostiene che, a seguito dell’obbligo di trasparenza previsto dall’art.
1341, questa clausola deve essere illustrata a caratteri cubitali, e questo prima non avveniva. Questo
contratto è stato dichiarato nullo proprio per quella clausola non specificatamente sottoscritta. Ma
questa forma di tutela è servita fino al 2010. Infatti, una volta che quei contratti erano stati dichiarati
nulli perché la clausola veniva considerata vessatoria e non specificatamente sottoscritta, a partire
dal 2010 ogni impresa assicuratrice scriveva a caratteri cubitali che la formula era claims made e
imponeva la doppia sottoscrizione. Quindi, è venuta meno quella tutela formale offerta dall’art.
1341 c.c. A questo punto, sono state usate altre tecniche per attaccare questo modello. In
particolare, si è affermato che è un modello immeritevole. Infatti, questo contratto è stato definito
atipico e i contratti atipici sono ammessi all’interno del nostro ordinamento solo se perseguono
interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento giuridico. Parte della giurisprudenza sostiene
che il modello claims made non persegue interessi meritevoli di tutela secondo l’ordinamento
giuridico e quindi ha attaccato questa formula, ma nonostante ciò continuava a circolare.

Nel 2016 è avvenuto il primo intervento alle Sezioni Unite, l’ultimo intervento è avvenuto il 24
settembre 2018. In questa sentenza si è definitivamente avallato questo modello ed è stato disposto
che tale modello può funzionare soltanto laddove correttamente interpretato e correttamente
modulato. Vediamo cosa si intende per “correttamente interpretato”. Il primo problema che
comporta il modello claims made è che la compagnia assicurativa, nel periodo successivo di
efficacia della polizza, allorché riceve una richiesta per un fatto accaduto nel triennio/quinquennio
precedente, potrà opporre all’assicurato l’eccezione di avergli trasferito un debito e non un rischio;
quindi l’impresa assicurativa non lo copre perché del fatto illecito professionale commesso nel
periodo precedente il professionista ne era a conoscenza. Questo modello assicurativo non si basa
sul fatto accaduto ma sulla richiesta fatta, perché è la richiesta che deve pervenire entro il termine di
durata del contratto. L’assicurato può rispondere all’impresa assicurativa che è vero che ha
commesso un fatto illecito nel periodo precedente e che questo non può più considerarsi un evento
futuro e incerto, perché ormai è avvenuto, ma il professionista non sa se il terzo agirà in giudizio per
chiedergli il risarcimento del danno. Quindi, il professionista non sta trasferendo un debito, perché
non sa se avverrà o meno una richiesta risarcitoria. Il fatto illecito non è un evento futuro e incerto,
ma lo è l’eventuale richiesta di risarcimento del danno. Il rischio non è venuto meno, quindi il
professionista non sto violando l’art. 1895, perché egli non sta trasferendo un debito. Visto che
l’impresa assicurativa sta sostituendo il meccanismo tradizionale con la richiesta fatta, l’evento
futuro rilevante ai fini assicurativi non è più il fatto illecito ma la richiesta risarcitoria da parte del
terzo, e rispetto a tale richiesta risarcitoria c’è quell’incertezza oggettiva perché non si sa se
effettivamente perverrà oppure no. Un modello estraneo alla nostra cultura giuridica non può essere
interpretato con l’art. 1917 c.c., ma deve essere interpretato secondo il corretto funzionamento di
questo nuovo modello, basato non sul fatto accaduto ma sulla richiesta risarcitoria. E così è venuta
meno una forma di tutela per il professionista, perché questo modello assicurativo è valido, però va
interpretato secondo questo corretto funzionamento. Vediamo cosa si intende per “correttamente
modulato”. Le compagnie assicurative hanno disposto che se il professionista ha meno di 30 anni o
è da poco iscritto pagherà un premio più basso, perché secondo il meccanismo claims made
verrebbe assicurato per gli anni precedenti in cui non ha svolto attività professionale e quindi
pagherebbe un premio a vuoto. In questo caso, il professionista non sta trasferendo un rischio, egli
non sta trasferendo niente, perché il rischio non può esistere: è impossibile che gli arrivi una
richiesta risarcitoria per un’attività professionale iniziata nel 2018, in quell’anno dovrebbe fare una
catastrofe per avere una probabilità che gli arrivi una richiesta risarcitoria entro il 2018. Questo
meccanismo conviene ad un professionista che sta andando in pensione se ha una retroattività
almeno decennale, che sia paragonata ai termini di prescrizione del terzo danneggiato, perché
altrimenti il professionista è esposto a responsabilità nei confronti dei terzi. A questo punto è
intervenuta l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, secondo la quale il mercato non
può funzionare così, perché è vero che questo modello soddisfa le ragioni d’impresa
dell’assicurazione, ma certamente non può essere l’unico modello presente sul mercato perché non
è adeguato a coprire ogni rischio professionale: l’esordiente non ha passato, per il pensionato l’arco
temporale di copertura è troppo breve. Quindi, sul mercato deve essere presente anche l’offerta di
meccanismi assicurativi alternativi. Un meccanismo assicurativo alternativo è quello tradizionale.

Con il modello tradizionale, l’esordiente non avrebbe alcun problema perché stipula nel 2018 ed è
tenuto indenne a prescindere da quando perviene la richiesta risarcitoria. Per le imprese assicurative
questo modello è troppo costoso. Visto che loro non tornano al modello tradizionale e non è
possibile mantenere il meccanismo claims made, viene creato un meccanismo ibrido: l’impresa
assicuratrice copre le richieste risarcitorie con una clausola di ultra attività, cioè garantisce il
professionista anche se la richiesta risarcitoria non perviene entro la durata del contratto ma
perviene nei 5 o 10 anni successivi. Con il modello tradizionale, il professionista è coperto a
prescindere da quando perviene la richiesta risarcitoria, quindi anche se perviene tra 25 anni, ad
esempio; secondo il meccanismo claims made, egli non sarebbe coperto. Pertanto, le imprese
assicurative hanno creato un nuovo modello, in base al quale gli assicurati sono immessi sempre nel
meccanismo claims made, ma viene esteso l’arco temporale entro cui deve pervenire la richiesta
risarcitoria. Pian piano il professionista va immettersi in quel meccanismo della retroattività, perché
nel momento in cui ha accumulato 5/6 anni di attività, non è più esordiente e comincia a funzionare
la clausola di retroattività e sarà di nuovo assicurato per il passato e non per il futuro. Questa
corretta modulazione viene addossata alla responsabilità del distributore. Oggi si parla di
distributori di prodotti assicurativi siano essi imprese o intermediari. Questa garanzia può
funzionare solo se correttamente modulata alla luce non di quel monologo informativo ma di quel
dialogo informativo previsto dagli art. 119 bis e ter del Codice delle Assicurazioni Private. Il
distributore assicurativo non può offrire al professionista che svolge attività professionale da 2 anni
una claims made con retroattività decennale; così come non può offrire una claims made con
un’ultra attività decennale ad un pensionato, perché a lui interessa essere assicurato per il passato.

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