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SEDiritto Europeo del contratti

Lezione del 16 Ottobre 2018

Abbiamo precedente visto che, la nuova normativa sui contratti al consumatore è applicabile sulla base di un
presupposto soggettivo ben evidente, e cioè che si deve trattare di un contratto concluso fra un consumatore
ed un professionista. Queste due definizioni non emergono dal codice civile del 1942 ma provengono dal
legislatore comunitario1. Se prendiamo l’articolo 3 del codice del consumo 2, il consumatore è qualificato
come la persona fisica che agisce, o comunque stipula quel contratto per scopi che vanno al di fuori
dell’esercizio della propria attività professionale eventualmente svolta. Mentre il professionista è colui che
contrae/stipula quel contratto (cioè acquista quel bene o servizio) nell’ambito della propria attività
professionale svolta.
Vi sono però una serie di circostanze in cui è dubbio, dal punto di vista interpretativo, se il soggetto possa o
meno essere qualificato come consumatore e conseguentemente beneficiare della relativa tutela di
protezione/di favore del soggetto debole. Sappiamo che, il presupposto dichiarato, affinché si possa applicare
questa normativa e su cui si fondano queste definizioni (di consumatore e di professionista), riguarda la
presunta asimmetria informativa/di potere contrattuale che vi è nel dato settore di mercato per quanto
riguarda la contrattazione di acquisti di beni di consumo o servizi destinati al consumo. Quindi questa
disciplina di favore si basa sulla presenza di una asimmetria informativa 3 a favore del professionista (e a
svantaggio del consumatore) che è utilizzata per avvantaggiare il professionista nello scambio contrattuale.
Se questo è il presupposto, la conseguenza logica (ma non giuridica), è che questa definizione di
consumatore va applicata a tutte le ipotesi in cui quel soggetto non ha quella competenza professionale (non
è in possesso di quelle informazioni) che gli permettono di operare una scelta consapevole, o comunque di
stipulare un contratto per lui vantaggioso. Ma sulla base di questo presupposto anche l’Hacker che acquista
un pc, pur avendo quelle competenze professionali che fanno venir meno la presenza di asimmetria
informativa/di potere contrattuale, sarà considerato consumatore e non professionista. Viceversa un soggetto
che vuole acquistare lo stesso pc nonostante sia privo delle competenze professionali rispetto a quello
scambio viene considerato professionista per il solo fatto che acquista quel bene e lo destina, anche in parte,
all’esercizio dell’attività professionale. Quindi quello della competenza professionale è un meccanismo da
escludere perché ostacola la certezza degli scambi giuridici.
La soluzione allora è quella di adottare la teoria dello scopo dell’atto cioè che il soggetto verrà considerato
consumatore o meno a seconda se il bene/servizio acquistato rappresenta/manifesta un collegamento o meno
rispetto all’attività professionale svolta. Quindi se c’è un collegamento fra il determinato bene/servizio
acquistato e l’attività professionale svolta, a prescindere di quali siano le competenze professionali, il
soggetto verrà considerato professionista (e non consumatore). Questa è la soluzione che è in parte adottata
dalla Corta di Giustizia Europea. Questa teoria presenta però delle inadeguatezze vi sono delle ipotesi in cui
siamo di fronte a scopi promiscui (misti) o neutri 4. Gli scopi promiscui si hanno nell’esempio del
rappresentante che acquista l’autovettura e la destina in parte per l’esercizio dell’attività commerciale e in
parte per fini personali in quanto non vi è il diretto ed esclusivo collegamento con l’attività professionale. Ad
esempio: un professionista acquista due schede telefoniche nello stesso momento, nello stesso negozio e
davanti lo stesso venditore. Una scheda viene destinata ad uso professionale mentre l’altra scheda, presente
nello stesso telefonino, viene destinata a scopi personali. Se dovessimo applicare la teoria dello scopo

1
Per raggiungere quell’obiettivo di armonizzazione deve essere il legislatore comunitario a definire concetti nuovi agli
stati membri (ad es. concetto di consumatore, di professionista e di atto di consumo)
2
È un codice (integrato all’interno del codice civile) che raccoglie tutta la legislazione europea a tutela della parte
debole: il consumatore.
3
Che sfocia in seguito in una asimmetria di potere economico/contrattuale fra le parti.
4
Quando non è possibile desumere alcunché dalla stipulazione del contratto e dal collegamento con l’attività
professionale.
dell’atto, rispetto allo stesso soggetto che fa lo stesso acquisto ma con destinazioni d’uso differenti, il
soggetto in un caso sarà professionista nell’altro sarà consumatore.
Altro limite che presenta la teoria dello scopo riguarda l’esistenza degli scopi neutri. I contratti di energia
elettrica, idrica, di telefonia, di conto corrente, se intestati al singolo soggetto che esercita un attività,
possono essere utilizzati sia a scopo personale che per lo svolgimento dell’attività. Questi contratti sono
neutri perché il relativo utilizzo non può essere direttamente ed immediatamente ricollegabile né all’esercizio
dell’attività di impresa né a scopi personali (perché riguarda entrambi).
Detto ciò, qual è la soluzione adottata dalla Corte di Giustizia Europea? A questo proposito, poniamo
attenzione su una particolare sentenza della Corte di giustizia Comunità Europee Sez. II, 20-01-2005, n.
464/01: CASO GRUBER. (In corsivo viene riportata la sentenza)
<<Dal fascicolo della causa principale risulta che il sig. Gruber č un agricoltore proprietario di una fattoria disposta
in forma di quadrato situata in Austria Superiore, in prossimità della frontiera tedesca. Egli vi occupa una decina di
stanze per la sua abitazione con la famiglia. La fattoria comprende anche un allevamento di più di 200 suini, nonché
una grande sala macchine e silos contenenti dal 10 al 15% della quantità totale di mangimi necessari al suo esercizio.
La parte della fattoria usata a fini privati è leggermente superiore al 60% della superficie utile totale dell'immobile.

La Bay Wa possiede in Germania diverse imprese distinte da un punto di vista organizzativo. A Pocking (Germania),
non lontano dalla frontiera austriaca, essa gestisce un negozio di materiali per costruzioni, nonché un magazzino di
bricolage e di orticoltura. Quest'ultimo dipartimento della Bay Wa ha diffuso prospetti pubblicitari che sono stati
altresì distribuiti in Austria. Volendo sostituire le tegole del tetto della sua fattoria, il sig. Gruber ha preso conoscenza
di tali prospetti pubblicitari della Bay Wa che erano allegati alla Braunauer Rundschau, un periodico regionale
distribuito alle famiglie. Le tegole proposte in vendita dal dipartimento dei materiali per costruzioni della Bay Wa, a
Pocking, non erano riportate in tali prospetti.

Il sig. Gruber si è informato a più riprese per telefono presso un impiegato della Bay Wa in merito ai diversi tipi di
tegole ed ai prezzi, segnalando il suo nome ed indirizzo, ma senza menzionare il fatto di essere agricoltore. Tale
impiegato gli ha sottoposto un'offerta telefonica, ma il sig. Gruber ha voluto vedere le tegole in loco. In occasione della
sua visita presso la Bay Wa, l'impiegato gli ha consegnato un preventivo scritto, datato 23 luglio 1998. Durante tale
colloquio, il sig. Gruber ha detto al dipendente della Bay Wa di svolgere un'attività agricola e di voler coprire il tetto
della sua fattoria. Egli ha altresì comunicato di possedere edifici secondari destinati essenzialmente all'impresa
agricola, ma non ha precisato espressamente se l'edificio da coprire fosse essenzialmente destinato all'impresa o ad
uso privato. Il giorno dopo il sig. Gruber ha telefonato dall'Austria al detto impiegato per comunicargli che accettava
il preventivo redatto dalla Bay Wa. Quest'ultimo ha quindi inviato per fax una conferma dell'ordine alla banca del sig.
Gruber in Austria.

Secondo il sig. Gruber, le tegole consegnate dalla Bay Wa, utilizzate da quest'ultima per coprire il tetto della sua
fattoria, presentavano grosse differenze cromatiche, nonostante la promessa di un colore uniforme, tanto che il tetto ha
dovuto essere rifatto. Egli ha pertanto deciso di far valere in giudizio il risarcimento, a titolo di garanzia e
responsabilità del venditore, da un lato, del prezzo di acquisto delle tegole nonché delle spese di posa e rifacimento del
tetto e di spese future.

A tal fine, il 26 maggio 1999, il sig. Gruber ha proposto una causa dinanzi al Landesgericht Steyr (Austria), che era
stato designato come giudice competente in Austria dall'Oberster Gerichtshof, conformemente all'art. 28 della legge 1°
agosto 1895 sulla competenza di attribuzione e sulla competenza territoriale dei giudici ordinari in materia civile.Con
sentenza 29 novembre 2000, il Landesgericht Steyr ha respinto l'eccezione di incompetenza sollevata dalla Bay Wa e si
è quindi dichiarato competente a conoscere della controversia…>>

Per quando riguarda la competenza del giudice, se il soggetto Gruber viene considerato come consumatore il
foro esclusivo sarà quello a vantaggio del consumatore e quindi il giudizio potrà svolgersi in Austria o
comunque nel luogo in cui vive il Sig. Gruber 5. Se il soggetto invece non è considerato consumatore (e

5
Ciò viene fatto per non scoraggiare il consumatore ad avviare la controversia.
Ad esempio: ci viene disconosciuto il difetto di conformità (la garanzia) di un tablet. Se il foro non fosse quello
esclusivo del consumatore, noi dovremmo andare ad instaurare un giudizio nel luogo (o nazione) in cui ha sede
l’impresa. A fronte di questa situazione, tenersi il bene in difetto risulta esser più conveniente che affrontare le spese
legali presso uno stato estero.
quindi professionista) Gruber doveva proporre la causa presso la sede giudiziaria in cui si trovava la ditta che
ha venduto le tegole.
<<Secondo tale giudice, sono soddisfatti i requisiti per l'applicazione dell'art. 13 della Convenzione di Bruxelles.
Infatti, in caso di contratto avente una duplice finalità, occorrerebbe ricercare l'obiettivo predominante, privato o
professionale che sia. Poiché, in caso di imprese agricole, la linea di demarcazione fra le operazioni private e le
operazioni professionali è difficilmente individuabile, il detto giudice ha ritenuto che nulla permettesse al venditore di
sapere obiettivamente se, al momento della conclusione del contratto, predominasse l'una o l'altra finalità, di modo
che, nel dubbio, si tratterebbe di un contratto concluso da un consumatore. È stato proposto appello su questa prima
decisione che aveva considerato il Sig. Gruber come consumatore. Con sentenza 1° febbraio 2001, l'Oberlandesgericht
Linz (Austria) ha invece accolto l'appello interposto dalla Bay Wa nei confronti della detta sentenza ed ha respinto la
domanda del sig. Gruber dichiarando che i giudici austriaci non sono competenti a conoscere della controversia.
Secondo il Giudice d’Appello per essere in presenza di un contratto concluso da un consumatore ai sensi dell'art. 13
della Convenzione di Bruxelles, occorre che il contratto costituisca un atto che non possa essere ricondotto all'attività
professionale o commerciale della persona di cui trattasi. Per accertare tale finalità, sarebbe irrilevante l'intenzione
del beneficiario della prestazione. Ciò che conta sarebbero le circostanze obiettive della transazione di cui ha potuto
prendere conoscenza la controparte. Gli artt. 13-15 della Convenzione di Bruxelles sarebbero applicabili solo se
l'interessato ha agito, essenzialmente, al di fuori dell'ambito della sua attività professionale e se la sua controparte
conosceva o avrebbe dovuto conoscere tale circostanza al momento della conclusione del contratto, conoscenza che
deve essere valutata tenendo conto di tutti gli elementi oggettivi.

Ora, la transazione di cui trattasi avrebbe una finalità almeno essenzialmente professionale, secondo gli elementi
obiettivi portati a conoscenza della Bay Wa. L'acquisto di tegole effettuato da un agricoltore per coprire la sua fattoria
sarebbe collegato a prima vista alla sua attività di imprenditore agricolo. In un'impresa agricola in attività, la fattoria
sarebbe per sua natura un locale professionale che serve altresì, ma non a titolo principale, da alloggio al suo
proprietario ed ai membri della sua famiglia. Il fatto di abitare in una fattoria deriverebbe in linea di principio
dell'esercizio dell'attività di imprenditore agricolo e presenterebbe quindi uno stretto nesso con quest'ultima; si
tratterebbe essenzialmente, per gran parte della popolazione, del luogo di lavoro dell'agricoltore. Quando il sig.
Gruber ha dichiarato di possedere un'impresa agricola e di voler sostituire le tegole del tetto della sua fattoria, la Bay
Wa sarebbe stata legittimamente indotta a considerare che si trattava essenzialmente di finalità professionali.>>

<<Dopodiché si va in cassazione e il giudice di cassazione tedesca rimette la questione alla Corte di


Giustizia Europea sottoponendole le seguenti questioni pregiudiziali:
1. Se ai fini della qualità di consumatore ai sensi dell'art. 13 della Convenzione di Bruxelles (e attraverso
l’interpretazione dell’articolo 3 del codice di consumo), in caso di parziale rispondenza della prestazione ad
esigenze private, sia decisivo il prevalente scopo privato o professionale della prestazione stessa e quali
criteri siano determinanti per la prevalenza dello scopo privato o di quello professionale.
Ci si domanda: qual è lo scopo dell’atto? Lo scopo è promiscuo.

2. Se per la determinazione dello scopo siano rilevanti le circostanze obiettivamente riconoscibili dal punto di
vista della controparte del consumatore.
3. Se, in caso di dubbio, un contratto, riconducibile sia all'attività privata che a quella professionale, debba
essere considerato come un contratto concluso da un consumatore. (Cioè se lo scopo privato deve prevalere su
quello professionale).
4. Se la conclusione del contratto sia stata preceduta da una pubblicità ai sensi dell'art. 13 della Convenzione di
Bruxelles, allorché colui che in seguito sarà la controparte del consumatore ha distribuito nello Stato del
consumatore un prospetto pubblicitario per i suoi prodotti, senza tuttavia avervi propagandato il prodotto
successivamente acquistato dal consumatore…….

Alla luce di tali principi che occorre esaminare il problema di sapere se ed in quali limiti un contratto come quello di
cui trattasi nella causa principale, relativo ad attività in parte professionali ed in parte private possa rientrare
nell'ambito di applicazione delle regole di competenza derogatorie. A tale riguardo emerge chiaramente già
dall'obiettivo degli artt. 13-15 della Convenzione di Bruxelles, vale a dire quello di proteggere efficacemente la
persona che presumibilmente si trova in posizione di debolezza rispetto alla sua controparte, che il beneficio di tali
disposizioni non può essere fatto valere, in linea di principio da un soggetto che conclude un contratto per un uso
relativo in parte alla sua attività professionale e quindi solo in parte estraneo a quest'ultimo. La conclusione sarebbe
diversa solo nell'ipotesi in cui il nesso fra il detto contratto è l'attività professionale dell'interessato fosse talmente
modesto da divenire marginale ed avesse quindi solo un ruolo trascurabile nel contesto dell'operazione, considerata
nel suo insieme, per cui il contratto è stato concluso. Quindi affiche si possa considerare consumatore comunque
occorre che l’attività professionale sia irrilevante e questo non è il caso.
Infatti, come rilevato dall'avvocato generale ai paragrafi 40 e 41 delle sue conclusioni, dal momento che una persona
conclude un contratto per un uso connesso alla sua attività professionale, si deve considerare che essa agisce su un
livello di parità con la sua controparte, di modo che la particolare protezione riservata ai consumatori dalla
Convenzione di Bruxelles in tal caso non è giustificata.

Tale considerazione non è affatto inficiata dalla circostanza che il contratto di cui trattasi soddisfa al contempo una
finalità di natura privata e rimane rilevante quale che sia il rapporto tra l'uso privato e quello professionale che
potrebbe farsi del bene o del servizio di cui trattasi, anche qualora l'uso privato fosse predominante, a condizione che
la proporzione dell'uso relativo all'attività professionale non sia trascurabile.

Di conseguenza, in caso di contratto avente una duplice finalità, non è necessario che l'uso del detto bene o servizio a
fini professionali sia preponderante per dare applicazione agli artt. 13-15 della detta convenzione. Una siffatta
interpretazione č confermata dal fatto che la definizione della nozione di consumatore riportata all'art. 13, primo
comma, della Convenzione di Bruxelles è redatta in termini nettamente restrittivi, ricorrendo ad una formula negativa.
Del resto, la definizione del contratto concluso da un consumatore deve essere interpretata restrittivamente, in quanto
rappresenta una deroga alla regola di competenza di principio sancita all'art. 2 >>

Nel caso seguente, questo principio elaborato dalla Corte di Giustizia europea poi è stato applicato anche dalla
Cassazione civile italiana. Questo è il caso di un avvocato che aveva stipulato un contratto di mutuo per l’acquisto di un
immobile in cui esercitava ANCHE la relativa attività professionale. Il giudice lo considera consumatore perché dalla
contrattazione di quel tipo di contratto non emergeva in alcun modo alcun collegamento con l’attività professionale
svolta e poiché non si evinceva nessun collegamento con l’attività professionale svolta (nonostante l’avvocato sia
competente rispetto all’atto) questo non può essere considerato professionista bensì consumatore.

Questa teoria è stata a lungo criticata (per i motivi sovraesposti) perché è discriminatoria. Dobbiamo
ricordare che sia i regolamenti, le direttive e le sentenze della corte di giustizia europea sono sovrastanti
rispetto agli atti normativi interni e alle norme costituzionali ma devono comunque rispettare principi
fondamentali della carta costituzionale. L’art. 3 della carta costituzionale mette in evidenza il principio di
eguaglianza secondo il quale tutti siamo uguali alla legge ma sono ammessi trattamenti differenti per
situazioni differenti che permettano di agevolare la parità fra gli individui. La teoria dello scopo tende a non
essere conforme con il principio di eguaglianza. Agricoltore e Avvocato si differenziano dal fatto che
rispetto all’atto uno dei due è dotato delle competenze specifiche e l’altro no e, proprio alla luce di queste
differenze, i due casi richiedevano trattamenti diversificati per soddisfare l’interesse produttivo. Ed è proprio
questo il motivo per cui questa definizione di consumatore in riferimento allo scopo dell’atto è stato messo in
discussione all’interno dell’ordinamento italiano e per questo si tende a preferire una diversa teoria che
distingue gli atti della professione dagli atti relativi alla professione6.
Gli atti della professione sono gli atti tipicamente collegati all’esercizio dell’attività professionale.

Gli atti relativi alla professione sono gli atti promiscui (l’acquisto delle tegole per il tetto del capannone e della casa
dell’agricoltore, il contratto di mutuo stipulato dell’avvocato per l’acquisto di un edificio in parte adibito all’esercizio
dell’attività professionale e in parte ad abitazione).

Con questo criterio i due casi (dell’agricoltore e dell’avvocato) verrebbero risolte allo stesso modo.

Nonostante tutto, al momento la giurisprudenza nazionale continua ad applicare il principio dello scopo dell’atto e ciò è
desumibile dalla sentenza Gruber della Corte di giustizia europea in quanto essa rappresenta un precedente vincolante
per i giudici nazionali. L’unico modo per superare questo precedente vincolante sarebbe quello di mettere in discussione
il principio dello scopo dell’atto in quanto lede il principio di eguaglianza.

Fino a questo punto abbiamo studiato sia la normativa dei contratti standard e delle condizioni generali di contratto e sia
i contratti del consumatore. Mettendole a confronto:
6
Per quando riguarda poi gli atti relativi alla professione si possono distinguere ulteriormente:
1. Atti eccezionali
2. Atti sporadici
Art. 1341 contratti standard Contratti del consumatore
Dal punto di vista soggettivo, i contratti standard Dal punto di vista soggettivo, il contratto deve essere
prescindono dalla qualifica dei soggetti e fanno stipulato fra un consumatore e un professionista.
riferimento solo e soltanto alle condizioni generali di
contratto.
Clausole vessatorie: vi è un elencazione che è tassativa e Clausola vessatorie: non vi è un elencazione ma qualsiasi
dà luogo a una tutela meramente formale perché la clausola generale che comporta uno squilibrio fra diritti e
semplice doppia sottoscrizione rende formale quella obblighi a danno dei consumatori è considerata
clausola. vessatoria. L’elencazione negli articoli 33 e 34 del
codice del consumo è un elencazione meramente
semplificativa (cioè serve ad individuare la vessatorietà
della clausola. Queste clausole sono divise in due liste:
 Lista nera. Non è ammessa alcuna prova
contraria
 Lista grigia perché è ammessa una duplice
prova contraria

http://studium.unict.it/dokeos/2019/courses/12545/document/shared_folder/view.pdf?cidReq=12545 Da Pagina 21 a
pagina 23: WHATSAPP-CLAUSOLE VESSATORIE. Commento: Nonostante sia un provvedimento della AGCM 7
esso ha ad oggetto clausole vessatorie. In questo caso siamo davanti a condizioni generali di contratto 8. Queste clausole
ritenute vessatorie dall’antitrust le riscontriamo all’interno dell’art. 1341 secondo comma, vengono accettate tramite un
click e producono squilibri tra diritti e obblighi a danno del consumatore. Ciò significa che, indipendentemente
dall’intervento dell’antitrust e nonostante il contratto abbia doppia sottoscrizione (attraverso il click), in relazione alla
nuova disciplina, dette clausole sono vessatorie per il fatto che esse producono squilibri tra diritti e obblighi a danno del
consumatore. Il professionista (in questo caso whatsapp) potrebbe liberarsi dalle accuse dimostrando: -L’esistenza di
trattativa individuale; -Che le clausole non comportano uno squilibrio fra diritti e obblighi al danno del consumatore.

L’AGCM, a seguito di un’istruttoria, verifica se si è in presenza di clausole vessatorie o di pratiche commerciali


scorrette. Nel momento in cui accerta che l’impresa utilizza costantemente clausole vessatorie all’interno dei contratti
con i rispettivi clienti, essa emana un provvedimento in cui afferma che quelle clausole sono vessatorie e la
pubblicazione di questo provvedimento deve avvenire a spese dell’impresa condannata e deve essere comunicato ai
consumatori. Quest’ultimi infatti devono venire a conoscenza che quell’impresa utilizza, nelle relative contrattazioni,
clausole che sono vessatorie (che sul piano civilistico sarebbero clausole nulle). Se l’impresa non ottempera né alla
pubblicazione del provvedimento né ad espellere le clausole vessatorie, l’AGCM provvede a sanzionare l’impresa per
ottemperanza a quello che è l’ordine dell’autorità. La pubblicazione del provvedimento che afferma la vessatorietà delle
clausole agevola i singoli individui perché questi non devono dimostrare più nulla in quanto c’è già il provvedimento
che né accerta la vessatorietà delle clausole e quindi li agevola nella possibilità di ottenere il risarcimento del danno.
Whatsapp quindi alla fine è stata condannata sia per non aver pubblicato il provvedimento sia per non aver eliminato
quelle condizioni di contratto ritenute vessatorie.

http://studium.unict.it/dokeos/2019/courses/12545/document/shared_folder/view.pdf?cidReq=12545 da pagina 24: APP


POKEMON GO.

I consumatore fino ad ora è stato rappresentato come un soggetto debole e passivo che necessita di tutela e protezione.
In base agli studi economici, sappiamo che il consumatore è anche un soggetto attivo all’interno del mercato. Se oggi si
vuole svolgere un’attività, le prime informazioni che si acquisisco derivano da comportamenti attivi e da scelte operate
dal consumatore.

7
È un autorità indipendente. Il suo compito è quello di regolamentare determinati settori di mercato, per renderli
concorrenziali ed evitare pratiche commerciali scorrette e abusive. Laddove accerta pratiche commerciali scorrette
(come l’inserimento continuo di clausole vessatorie all’interno di condizioni generali di contratto), l’AGCM non
provvede a risarcire il singolo cittadino ma provvede a sanzionare l’impresa che ha attuato la pratica scorretta.
8
Quasi tutti abbiamo attivato il servizio di whatsapp.

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