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IL SUMERO E L' ACCADICO DI SITCHIN

Alessandro Demontis
luglio 2018
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Indice

Introduzione 5
BIT SHIMTI 7
NIN-IGIKU 9
APIN e DILGAN 11
Kakkab Shanamma ed EN.TI.MASH.SIG 14
TIL e TILMUN 17
Le serie *HE* e SHU* 21
DINGIR parte 1/3 24
DINGIR parte 2/3 28
DINGIR parte 3/3 35

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Introduzione
La questione dell' attendibilità delle traduzioni ed interpretazioni fatte da
Zecharia Sitchin di termini sumeri e accadici va avanti da ormai circa quindici
anni, ed iniziò nei primi anni 2000 con alcuni critici che mettevano in dubbio la
sua conoscenza di queste lingue.

Dal punto di vista linguistico, il suo maggior critico é senza dubbio lo studioso
di ebraico antico Michael S. Heiser, le cui critiche sono state sostanzialmente
riprese da quasi tutti i critici venuti dopo; sporadicamente, altri studiosi,
accademici e non, tra i quali anche alcuni italiani, hanno espresso giudizi
negativi sulle traduzioni di Sitchin, e la pagina Wikipedia dell' autore ne é un
buon sunto.

Negli oltre quindici anni in cui ho studiato il suo materiale, mi sono preso la
briga di verificare molte delle sue traduzioni, sia quando esse erano letterali,
sia quando rappresentavano personali interpretazioni od estensioni; il numero
dei termini che nel corso degli anni ho verificato approfonditamente si attesta
intorno ai quaranta, tra i quali ho effettuato una selezione per comporre questo
breve saggio.

Qui presento, quindi, una selezione di sedici termini, analizzati in nove distinti
capitoli, nei quali fornisco significati dei dizionari, e in molti casi anche le
equivalenze cuneiformi necessarie.

Per le mie analisi mi sono avvalso, nel corso degli anni, dei seguenti dizionari:

 Material for a Suerian Lexicon (J. Prince)

 Sumerian Lexicon (J. A. Halloran)

 Elementary Sumerian Glossary (D. Foxvog)

 Vocabolarium Sumericum (A. Deimel)

 The Sumerian language: an introduction to its history and grammatical


structure (Thomsen)

 Chicago Assyrian Dictionary

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BIT SHIMTI

Nel libro “Il pianeta degli dei”, Sitchin parla a lungo del processo di creazione
dell' Uomo. Descrivendo il luogo e la maniera in cui questa operazione venne
condotta, egli scrive:

La casa simile a un ospedale dove Ea e la dea Madre si misero a produrre


l’uomo era chiamata Casa di Shimti; quasi tutti gli studiosi traducono il
suo nome con “la casa dove vengono decisi i destini”. Ma il termine
Shimti deriva chiaramente dal sumerico SHI.IM.TI, il quale, preso sillaba
per sillaba, significa “respiro-vento-vita“. Bit Shimti significava dunque,
letteralmente, “la casa dove viene soffiato il vento della vita“, e ciò, in
pratica, corrisponde all’affermazione biblica. Anzi, la parola accadica con
la quale in Mesopotamia si traduceva il sumerico SHI.IM.TI era napishtu
– l’esatto corrispondente del termine biblico nephesh. E questo nephesh
o napishtu era un imprecisato “qualcosa” che si trovava nel sangue.

Questa traduzione di Bit Shimti é stata pesantemente criticata, sostenendo


che:

a) i termini Bit Shimti non sono sumeri ma accadici;

b) il significato dei termini non é quello che Sitchin gli attribuisce.

Ebbene verificando nei dizionari, troviamo l'esatta corrispondenza dei termini


con questi segni: BI.ID SHI.IM.TI che permettono di rispondere alla prima
critica: i termini BIT SHIMTI sono sumeri, o hanno una lettura congruente con
le liste dei segni sumere.

Veniamo adesso al significato. Esaminando i quattro dizionari, troviamo che:

BI.ID = proveniente dal semitico BITU = Casa

SHI = a) variante di ZI = Vita -> Napishtu; b) respiro

IM = Vento

TI = a) 'to open the opposite' -> Entrare; b) Vita

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Quindi abbiamo le seguenti possibili traduzioni:

 La Casa (BI.ID) dove entra (TI) il Vento (IM) della VIta (SHI)

 La Casa (BI.ID) dove viene soffiato (SHI) il Vento (IM) della Vita (TI)

Si verifichino i segni dalle fonti:

Akkadian Dictionary (Association Assyrophile de France)

Elementary Sumerian Glossary (D. Foxvog)

Material for a Sumerian Lexicon (J. Prince)

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NIN-IGIKU

Voglio mostrare il risultato di una indagine condotta nel 2011 quando un utente
di un forum sostenne che Sitchin inventava molti nomi ed epiteti di divinità
mesopotamiche, tra i quali l' epiteto (o presunto tale) di Enki: NIN.IGI.KU
trattato da Sitchin nel libro "Il pianeta degli dei".

L' estratto di Sitchin é questo:

I più antichi sigilli cilindrici dei Sumeri raffiguravano Ea sempre


circondato da fiumi in piena, talvolta anche ricchi di pesci. In questi sigilli
Ea era anche associato alla Luna (indicata dalla falce), forse per il fatto
che la Luna influenzava le maree. Fu senza dubbio con riferimento a
questa immagine astrale che a Ea venne attribuito l'epiteto NIN.IGI.KU
("signore dall'occhio brillante")

Fughiamo intanto il dubbio sull' esistenza effettiva di questo nome, e della sua
attribuzione a Enki. Lo si trova in una delle versioni assire del mito della
Creazione dell' Uomo, riportata da James B. Pritchard nel suo "Ancient Near
Eastern Texts Relating to the Old Testament with Supplement".

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Veniamo ora all' analisi del termine in se, che é uno dei casi in cui Sitchin non
ha nemmeno dovuto interpretare o estendere i significati dei singoli segni (una
pratica che purtroppo ha messo in atto spesso, come nel caso del nome
“Ninurta”).

L' analisi mostra una perfetta corrispondenza con i termini sumeri:

NIN = Signora (utilizzato comunemente per giovani divinità maschili),


principe

IGI = Occhio, vedere

KU3/KUG = Sacro, luminoso, splendente, puro

Abbiamo quindi le possibili traduzioni:

 Signora / Principe (NIN) dall' Occhio (IGI) Splendente / Puro (KU3)

Si verifichino i termini dal dizionario utilizzato:

Elementary Sumerian Glossary (D. Foxvog)

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APIN e DILGAN

Nel libro "Il pianeta degli dei" Sitchin parla del reperto assiro di origine sumera
catalogato come WAK8535. Riguardo a due segni in particolare nello spicchio
che prende in esame (per l' importanza ed il contenuto di questo spicchio
rimando al libro dell' autore) egli scrive:

Alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi che questi fossero nomi di stelle
lontane o di parti di costellazioni, ma il significato dei nomi stessi porta a
escludere tale possibilità: DIL.GAN vuol dire infatti, letteralmente, "la
prima stazione"; e APIN, "dove viene stabilita la rotta giusta".

Trattiamo i due termini separatamente:

APIN: a proposito di questo termine segnalo che i critici Ian Lawton e Gerald
Foster fanno notare che Sitchin traduce con ‘dove viene stabilita la giusta
rotta’, mentre in ogni versione dei lessici APIN è l’ aratro. Questo è senz’ altro
vero, infatti questo è uno dei pochi errori di Sitchin, ma non è un errore di
traduzione, bensì di ‘licenza’. L' oggetto celeste APIN normalmente viene
identificato con la costellazione Orsa Maggiore o meglio con il 'Grande Carro'
che rappresenta l' asterismo in Orsa Maggiore. Il nome antico era 'Aratro' per
la somiglianza con la forma di un aratro. Come si collega l' Aratro al significato
di 'dove viene stabilita la giusta rotta'? Bisogna riflettere su cosa sia un aratro
e quale sia la sua funzione.

L' aratro é un attrezzo per fare solchi e filari, che corrono dritti in un campo. L’
aratro serve per tracciare filari dritti, il ‘giusto percorso’, la 'giusta rotta' per la
semina. Ecco il significato assegnato da Sitchin. E’ una licenza molto fastidiosa,
e i critici fanno bene a segnalare l’ errore di Sitchin, ma che non pecca in
riscontro nel significato.

DILGAN: la traduzione di Sitchin é corretta; il termine, dal sumero DIL.GAN,


formato dai segni con vecchia lettura DILI + GANA/GAN2, ha in effetti questo
significato . E' composto da due segni:

DIL = Uno

GAN2 = Campo, fermata, porzione di terra

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Potremmo essere più precisi usando la traduzione: “Fermata 1”, ma bisogna
ammettere che la versione di Sitchin 'prima stazione' rende molto meglio.

Si verifichino i segni dalle fonti:

Material for a Sumerian Lexicon (J. Prince)

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Qui di seguito l' identificazione dei segni nella tavola in questione:

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Kakkab Shanamma ed EN.TI.MASH.SIG

In questo caitolo analizziamo l' espressione accadica "Kakkab Shamamma", la


quale, secondo Sitchin, descriveva il pianeta Urano, e il nome sumero
EN.TI.MASH.SIG col quale Sitchin afferma fosse noto Urano.

Ricordiamo cosa scriveva Sitchin nel 1976 ne "Il pianeta degli dei":

Urano, il successivo, veniva chiamato Kakkab Shanamma ("pianeta che è


doppio"). Urano, infatti, è talmente identico a Nettuno per forma e
dimensioni da sembrare addirittura il suo gemello. Un elenco sumerico lo
cita con il nome di EN.TI.MASH.SIG ("pianeta della fulgida vita
verdeggiante").

Forse anche Urano è (o era) un pianeta ricco di umida vegetazione?

Analizziamo le singole espressioni.

Kakkab Shanamma:

Se il termine Kakkab é riconosciuto universalmente come descrivente un


oggetto celeste, il termine Shanamma va affrontato esplicitamente. Questo
deriva dall' accadico "šanû" che viene utilizzato in moltissime occasioni con
significati spesso differenti. Per questo termine e per le sue derivazioni sono
attestati i seguenti significati primari:

 come verbo: rifare, fare nuovamente, ritornare, ripetere, duplicare,


imitare, copiare

 come sostantivo: altro, un altro, una cosa diversa, una imitazione, una
cosa simile

Troviamo il termine Shanamma in svariate ricorrenze tra cui una frase in "A
New Boundary Stone of Nebuchadrezzar I from Nippur" di W.J. Hinke:

shum ili u sharri sha shatru uptashshituma shanam iltatru = possono


cancellare i nomi dei re e degli dei e mettere i loro al loro posto

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In questa frase 'shanam' é utilizzato per indicare il concetto che chi cancellava
(da una lista) i nomi dei re e degli dei metteva il proprio al loro posto
'imitando' gli stessi dei e re. Compiva idealmente una imitazione, faceva un
'duplicato' della linea, ma con il proprio nome al posto di quello del dio o del re.

Il libro "The royal correspondence of the Assyrian Empire" edito dalla MacMillan
Company per la University of Michigan riporta:

 Shanamma = un altro

 Shananu = essere somigliante, uguale

EN.TI.MASH.SIG:

Veniamo ora al nome sumero di Urano. Linguisticamente il nome così composto


trova corrispondenza con i segni sumeri EN + TI + MASH + SIG7

con i seguenti significati:

EN = signore

TI = TIL(A) = vita

MASH = BAR = ???

SIG7 = verde

Il significato di MASH, che viene accomunato al segno BAR, é generalmente


quello di 'taglio, parte, una parte', e sembra non avere a che fare con il resto
del significato dell' espressione. C' é però da segnalare che sia John Prince che
Daniel Foxvog nei loro lessici forniscono per BAR (MASH) il significato di
"apparenza esteriore".

Si potrebbe dunque tradurre: "Signore dall' apparente aspetto di vita verde"?

E da dove viene l' aggettivo "fulgida" ( = dall' aspetto luminoso) che leggiamo
nel libro di Sitchin? Questo é purtroppo un errore di traduzione, o meglio una
aggiunta bella e buona fatta dai traduttori per la edizione italiana. La versione
originale inglese é:

A Sumerian list calls it EN.TI.MASH. SIG ("planet of bright greenish life").

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Purtroppo i traduttori hanno separato 'bright' da 'greenish' e hanno tradotto
come 'fulgida e verdeggiante'. In realtà il concetto di 'bright greenish' (verde
chiaro) é incluso in SIG7 che rappresentava in sumero proprio il verde chiaro
tendente al giallo.

Si controllino i significati con i dizionari citati:

Elementary Sumerian Glossary (D. Foxvog)

Material for a Sumerian Lexicon (J. Prince)

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TIL e TILMUN

Si vuole fare luce su 2 termini importanti e controversi nella teoria di Sitchin;


per comprendere a fondo il discorso relativo a questi due termini bisogna
partire un po' da lontano. Farò riferimento, in questo post, ai libri in lingua
originale di Sitchin, per maggior accuratezza.

TIL = MISSILE

In "The wars of Gods and Men" (in Italia: guerre atomiche al tempo degli dei)
Sitchin scrive:

Enlil instructed Ishkur to go back and tell Ninurta: "In the battle do not
tire, prove thy strength!". More practically, he sent Ninurta a tillu - a
missile to attach to the Stormer that shoots the projectiles"

Tra parentesi riporta il segni pittografico a cui assegna il valore accadico "tillu"
e sumero TIL. Questo segno, con tutta la citazione di Sitchin, é riportato qui
sotto:

E' importante notare che in questo passaggio Sitchin cita solo il termine
accadico "tillu" e non il sumero TIL.

Quando in altri punti del libro (e in altri libri) parla del TILMUN (la terra degli
dei), egli traduce come TIL.MUN = "Terra dei missili". E' quel che succede per
esempio in "The stairway to heaven" (in Italia: le astronavi del Sinai) in cui
scrive:

It was to be a "sacred zone"—a restricted area, accessible only by


permission. It was called in Sumerian TIL.MUN—literally, "Land of the
Missiles."

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Dunque possiamo ritenere che per Sitchin vale l' equivalenza se non altro
fonemica: TIL -> tillu con significato di "missile". Ha ragione?

Intanto bisogna chiarire che segno é TIL. I dizionari di sumero che riportano i
segni pittografici e cuneiformi riportano diverse varianti di TIL/DIL, che ho
numerato come 1, 2 e 3 nell' immagine a fine analisi. Se si osserva il segno
disegnato da Sitchin si constata che esso corrisponde esattamente al segno
che ho marcato come 3 e reso TI(I), che Prince, autore del dizionario, riporta
nella sua forma più comune che significa generalmente "vita" (per intenderci é
il segno utilizzato nell' Enuma Elish per il nome TI.AMAT). Si tenga a mente
questo particolare.

Se si legge la descrizione di Prince, egli scrive: "Il segno primitivo (disegna


esattamente quello disegnato da Sitchin) sembra significare: aprire ciò che é
opposto", significato che egli collega ai rapporti sessuali estendendo a "avere
connessione sessuale" da cui "vita". Prince fornisce alcune equivalenze, ho
segnalato in rosso quella in cui segnala che questo segno TI(I) equivale al
segno che ho numerato come 2 TI-IL.

Se andiamo a leggere la descrizione di Prince per questo segno, notiamo


(sottolineato nella immagine) che egli riporta: "Il significato originale del segno
era aprire, infilarsi, penetrare, distruggere".

Non é forse questa la descrizione di un missile? Non é questa la descrizione


dell'effetto avuto dal "tillu" di Ninurta nel Mito di Zu a cui fa riferimento
Sitchin? Per ora abbiamo stabilito che TIL sumero di Sitchin corrisponde
graficamente ad un segno sumero riportato da Prince come TI(I), che ha
equivalenza con un altro segno molto simile (TI-IL) con il significato
compatibile con la funzione e gli effetti di un missile.

TILMUN = LA TERRA DEI MISSILI

Il territorio chiamato nei testi sumeri DILMUN, menzionato già a partire dal III
millennio a.C. nella letteratura sumera di vario genere, era chiamato in questa
maniera solo come resa fonetica. Il suo nome infatti non si scriveva con i segni
di TIL.MUN, ma con i segni di NI.TUK (come riportato da Jean Jacques Glassner
citando Englund e Nissen nel suo articolo "Dilmun, Magan and Meluha"), il cui
significato non é ancora stato chiarito (per NI si accettano in genere i significati
di "Olio, straripante, riposare, suffisso di 3a persona" e per TUK si accettano i
significati di "avere, prendere possesso"). Bisogna quindi analizzare la resa
fonetica DILMUN (presente in lungo e largo dalla metà del III millennio fino al I
millennio) nelle sue possibili traduzioni o interpretazioni.

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La resa DILMUN diversa da quella di Sitchin TILMUN non deve ingannare,
foneticamente TIL e DIL corrispondevano ed erano intercambiabili; in testi
DILMUN viene menzionato come la terra degli dei, e nell' epopea di Gilgamesh
esso viene chiamato "la terra dei viventi", come fa notare Sitchin in "The
stairway to heaven" (le astronavi del Sinai) in cui scrive:

In three days, "a run of a month and fifteen days"—a forty-five day
journey overland—"they left behind." He arrived at TIL.MUN—"The Land
of the Living."

Ebbene, come fa notare lo stesso Sitchin, questo é un gioco di parole (o


meglio, di significati) che ci permette di accettare l' equivalenza fonemica DIL
= TIL poichè, come scrive Sitchin:

The Sumerians, masters of word-plays, called the Land of the Missiles


TIL.MUN; yet the term could also mean "Land Of Living," for TIL also
meant "Life."

Al punto precedente abbiamo constatato la possibile valenza di TIL come 'missile', ora
il fatto che la stessa parola significhi "vita" (riportato sia da Sitchin che da Prince) e
che DILMUN in Gilgamesh viene chiamato "terra dei viventi" rende accettabile l'
equivalenza.

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Le serie *HE* e SHU*

Doi seguito analizziamo alcuni nomi che Sitchin in "Il pianeta degli Dei", nel
contesto della sua descrizione del sistema solare, riferendosi a non precisate
fonti. Possiamo dividere questi termini in due serie, -HE- e SHU-, più alcuni
nomi fuori serie:

La serie *HE* comprende i termini:

GIR.HE.A

MU.HE

UL.HE

La serie SHU* comprende i nomi:

SHU.NU

SHU.PA

avanzando così i termini:

SIB.ZI.AN.NA

SAG.ME.GAR

I tre nomi elencati nella prima serie sono tradotti come:

GIR.HE.A = Le acque che confondono i razzi. GIR indica secondo Sitchin


le navicelle e i razzi, lo sappiamo da DINGIR, tramite un ragionamento
che si basa sul significato si 'luminoso, fiammeggiante, illuminante', che
ho illustrerò nelle analisi del termine DINGIR. Il segno A é confermato
con il significato di 'Acque'.

MU.HE = Confusione delle navette, sempre dal fatto che secondo Sitchin
i MU sono le navicelle degli Anunnaki (ricordiamo il suo ragionamento di
SHU-MU = Ciò che é un MU). Dimostrerò nel capitolo apposito che
effettivamente i MU possono essere le navette degli dei.

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UL.HE = Banda di confusione, e qui non abbiamo nessuna
corrispondenza, ma abbiamo in sumero UL4-HE2 col significato di 'base
del cielo'.

Iniziamo subito a dire che non sono riuscito a trovare nessun riferimento a
'Confusione' per il termine sumero HE, la confusione in sumero era in genere
indicata con il termine SUH. Riguardo al termine UL.HE c' é da notare una cosa
curiosa... secondo Sitchin questi tre nomi erano utilizzati per descrivere la zona
esterna del sistema solare nell' avvicinarsi di Nibiru trovando i pianeti da
Plutone a Urano. Venendo dall' esterno, quella zona era davvero la 'base dei
cieli' (UL.HE) come per noi lo sarebbe la zona di Mercurio e Venere perchè
siamo all' interno del sistema. Sitchin ha dunque probabilmente dato una
traduzione errata ma, per coincidenza, fatto un riferimento corretto.

La serie SHU ha legame con il significato che Sitchin dà al termine:

SHU = supremo

Per questo termine ho trovato le equivalenze:

SHU = Potere / Controllo (J. Prince)

SHU = Controllo / Controllare (J. Halloran)

Solo vagamente si potrebbe estendere a 'supremo' o 'più importante' come


traduce Sitchin. Chiarito ciò:

SHU.NU: Sitchin traduce una intera frase "the Seven Shiny Ones
SHU.NU" con "I sette che riposano nella parte suprema". Questa
traduzione non ha nessuna corrispondenza nei miei dizionari.

SHU.PA: Sitchin traduce in “Supervisore dello SHU”, e qualsiasi cosa


questo 'SHU' fosse, l' utilizzo di PA/PAD (Prince, Deimel e Halloran) col
significato di 'guardare, osservare, controllare' rende la traduzione
verosimile.

Fuori dalle due serie abbiamo i termini:

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SIB.ZI.AN.NA = la vera / giusta guida del cielo, che trova piena
conferma con:

SIB/SIBA = pastore, guida

ZI = giusto, corretto

AN.NA = del cielo

SAG.ME.GAR = Il grande dove le tute di volo vengono assicurate. Una


descrizione molto prosaica per un significato basato sulla convinzione più
vecchia di Sitchin che i ME fossero 'qualcosa di indossabile', che a volte
descrive le tute di volo e altre volte delle specie di dischi di memoria.

I significati attestabili sono:

SAG = principale, grande

GAR = stabilire, definire, assicurare

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DINGIR parte 1/3

Questo é il primo di tre articoli relativi all' analisi linguistica e grafica del
termine utilizzato dai sumeri per descrivere le loro 'divinità', il termine DINGIR.

DINGIR come rappresentazione della 'navicella' degli dei

E' bene innanzitutto farsi una idea della conoscenza ufficiale riguardo gli dei
sumeri, riassumendo brevemente il rapporto che la linguistica sumera aveva
con questi esseri. Altresì bisogna sottolineare che la sumerologia ortodossa
tratta il termine in esame come una unica parola, scritta DINGIR al quale si dà
il significato di ‘dio, divinità, gruppo di divinità’ e che viene fatta derivare da DI
+ GAR = ‘emanare un decreto’, riferimento al fatto che questi esseri
regolamentavano la vita a Sumer.

Il termine Dingir viene quasi sempre traslitterato in forma abbreviata davanti


ai nomi di divinità, nella forma d.NINGIRSU o (d)NINGIRSU, assai raramente
troviamo una forma con il termine per esteso scritto in apice dingir.AMAR.UD
generalmente utilizzata per i sostantivi quando si vuole indicare a che ‘famiglia’
essi appartengono. Per chiarire, quando in un testo compare il termine UTU,
che è sia il nome di un dio sia il Sole, quindi un corpo celeste, nel primo caso
verrà traslitterato dingir.UTU, nel secondo caso mul.UTU.

Ma quale è il cuneiforme per DINGIR?

Generalmente in quasi tutte le grammatiche e nei lessici sumeri si dice che il


glifo per il termine sia quello corrispondente al termine AN, che era anche il
nome della massima divinità del pantheon sumero, e che significa ‘alto’ o
‘cielo’. Wikipedia stessa, in tutte le sue versioni, riporta che il termine 'dingir'
nasce con il segno cuneiforme di una stella.

Insomma secondo gli studiosi il termine DINGIR significa ‘emanare un decreto’


ma veniva scritto con un segno cuneiforme che significa ‘alto, cielo’. Il segno in
questione è rappresentato, nella immagine composita qui a fine articolo, dalla
figura [1], ed effettivamente questo è il segno che compare nelle tavole
sumere davanti ai nomi di divinità, come possiamo vedere per esempio da una
delle iscrizioni lasciate dal re Gudea (figura [2] nella immagine composita).

Ma c’ è un altro aspetto del termine che ci interessa, che si può comprendere


analizzando i singoli segni cuneiformi che vanno utilizzati se vogliamo scrivere

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DINGIR. Essi non sono i segni di DIN + GAR, ma DI(N) + GIR. I segni per DIN
e GIR sono riportati, nella forma risalente alla metà del II millennio a.C. (e
stilizzati in forma artistica) nella figura [3].

I due simboli sono molto particolari. Demplicemente guardandoli ed


analizzandoli non si capisce come, da loro, si possa essere passati alla forma
cuneiforme che si legge AN e che ha significato diverso. Dunque la scelta di
utilizzare il glifo per AN per soppiantare il termine DINGIR deve essere stata
basata non sulla forma grafica ma sul significato.

Come già visto il termine AN significa ‘cielo’ o ‘alto’. Lo stesso concetto è


stranamente espresso dai segni che compongono DINGIR quando essi sono
presi nella loro versione pittografica o cuneiforme ‘prima della rotazione’ del
verso di scrittura (circa 2800-2700 a.C.). Tale versione infatti indica una sorta
di ‘basamento’ quadrato o rettangolare sormontato da un cuneo a punta verso
l’ alto (figura [4]).

La prima volta che vidi questa rappresentazione rimasi abbastanza sorpreso


perché mi ricordava in modo strabiliante la foto di una incisione su placca
presente nella tomba del governatore egiziano Hui, tomba sita nella parte
occidentale della penisola del Sinai. Tale raffigurazione, riportata in forma
parziale da Gaston Maspero (e in forma completa da Karl Lepsius) in una sua
celebre opera archeologica alla fine del XIX secolo, è riprodotta in forma di
disegno da Zecharia Sitchin nei suoi libri. Andai a ricercare la foto del dipinto, e
comparandolo con la forma intera proposta da Sitchin e con i segni di cui
abbiamo parlato riuscii a comporre ciò che vedete in figura [5].

Le linee in azzurro poste nel disegno mostrano come sia possibile ricavare da
questo le forme dei glifi che compongono il termine DINGIR.

Ma di cosa si tratta? Gaston Maspero nel suo libro presenta il contenuto di


questo dipinto come una ‘scena di adorazione nel deserto della Nubia’. Non
spiega cosa sia la costruzione tronco-conica che spunta dal terreno, e non offre
nella sua riproduzione la parte ‘sottoterra’. Ne mostra in effetti soltanto una
minima parte come vediamo in figura [6].

La versione originale e completa della riproduzione dal libro di Maspero, fa


intendere che sotto il livello del terreno ci sia effettivamente qualcosa, che però
lui non riproduce, forse non ritenendola interessante. Si vede comunque una
porzione di ciò che è invece rappresentato fedelmente nella versione data da
Sitchin. La versione completa fu pubblicata però da Lepsius (figura [7]), e ci
permette di stabilire l' esattezza del disegno di Sitchin. L’ autore russo
identifica questa ‘costruzione’ come una ‘navicella spaziale’, una sorta di
modulo spaziale che si staccherebbe dal ‘corpo’ per esempio come fanno i

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nostri Shuttle al rientro dalle missioni spaziali. Ciò é legato al fatto che secondo
Sitchin gli ‘dei’ sumeri erano esseri capaci di voli spaziali con mezzi di trasporto
aereo dei quali si trova traccia in vari miti sumeri.

Per quanto assurda possa apparire questa ipotesi, che ricordo essere basata su
decine di riferimenti nei testi, se fosse plausibile sarebbe la perfetta
spiegazione della composizione del termine DINGIR, come vediamo dalla mia
immagine composita, sia dal punto di vista grafico (i contorni delle due parti
della navicella, quella sotterranea e quella sopra terra) sia dal punto di vista
del significato (la navicella è rivolta verso l’ alto, verso il cielo, e serve appunto
per salire in cielo).

Questo termine dunque, composto da due glifi che ricalcano la forma di una
navicella o di un razzo multi stadio, per la proprietà di questa navicella di
‘dirigersi verso il cielo’, sarebbe poi stato reso dal glifo più semplice AN che
significa ‘cielo’.

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DINGIR parte 2/3

Nell' articolo precedente ho mostrato come la forma dei segni cuneiformi


utilizzati per costruire il termine DINGIR somigliassero ad una 'navicella', o
meglio ad una sorta di razzo multi-stadio... so che può far ridere a primo
impatto, ma legando il tutto al discorso di Zecharia Sitchin secondo il quale
questi 'Dingir' erano esseri venuti dallo spazio, ed esaminando tutta una serie
di indizi, questa somiglianza diventa un forte legante di tutta la teoria stessa.

Il discorso, riassumendolo, sosteneva questo:

 il termine DINGIR deriva dall' unione dei segni DIN+GIR che messi in fila
ricordano un razzo

 il termine DINGIR descriveva le divinità

 il termine DINGIR veniva normalmente rappresentato non con la somma


dei suoi singoli segni, ma con un terzo segno a forma di stella che
significava 'alto, cielo'.

Ne traiamo adesso la conclusione che probabilmente, essendo DIN+GIR non


esattamente immediati da incidere (tanto meno su argilla), i sumeri decisero di
utilizzare un segno più facile da ricordare che rimandasse allo stesso
significato; e siccome i Dingir erano gli 'dei' che stavano in cielo (o in alto,
come volete), e i segni di DINGIR rappresentava un razzo che vola in cielo (o in
alto, come volete), perchè non usare il semplicissimo segno che significa
proprio 'alto – cielo'? In questo articolo dunque voglio approfondire il tutto
linguisticamente, utilizzando segni presi da materiale accademico e più vicino
alla scrittura cuneiforme e pittografica del primissimo periodo sumero. Per farlo
non possiamo prescindere il ricordare cosa scriveva lo stesso Sitchin nel suo “Il
pianeta degli dei” nel 1976:

Diamo un'occhiata, infine, al segno pittografico che indicava gli "dèi" in


lingua sumerica. La parola era composta da due sillabe: DIN.GIR.
Abbiamo già visto che cosa significava il simbolo di GIR: un razzo
pinnato a due comparti, DIN, la prima sillaba, significava "virtuoso",
"puro", "luminoso". Unite, dunque, le due sillabe DIN.GIR indicavano il
concetto di "virtuosi degli oggetti luminosi, appuntiti", o, più
esplicitamente, "i puri dei razzi fiammeggianti". Questo era il segno
pittografico per din. Viene subito in mente un motore a reazione che

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sprigiona fiamme dalla parte posteriore, mentre quella anteriore è
stranamente aperta. Proviamo ora a "scrivere" dingir combinando i due
segni pittografici: scopriremo che la coda del gir pinnato si inserisce
perfettamente nell'apertura frontale del din! (figure 84, 85). Ed ecco
dunque lo sbalorditivo risultato: ci troviamo davanti a una vera navetta
spaziale con razzo propulsore, munita di un modulo di atterraggio
perfettamente agganciato.

Le figure citate da Sitchin nei suoi libri sono riprodotte, nella immagine
composita a fondo articolo, tramite la figura [1].

Il discorso che farò qui é prettamente linguistico e documentale, e reputo sia


importante scendere in dettaglio perchè l' opinione diffusa riguardante questo
termine e quanto Sitchin ha scritto in merito é che le asserzioni dell' autore
azero siano pura invenzione.

Da dove viene questa convinzione?

Come abbondantemente rimarcato, se prendete un qualsiasi lessico di lingua


sumera contenente la resa cuneiforme, trovate che DINGIR era scritto con un
segno che si leggeva foneticamente AN, di cui riporto l' evoluzione in figura
[2]. I due segni - DINGIR e AN - sono completamente diversi, ma a parte il
discorso della somiglianza (si tratta chiaramente di segni non confondibili) il
punto focale é: il termine DINGIR era scritto / letto solo come termine intero o
aveva una resa sillabica che ne giustifica la scrittura usata da Sitchin, e cioè
DIN.GIR? Bisogna affrontare questa domanda perchè i critici della
interpretazione del DINGIR fatta da Sitchin sostengono che MAI e IN NESSUN
MODO il termine poteva essere scritto o compariva scritto con i due segni
componenti.

In effetti il problema del termine Dingir verte su tre punti distinti:

 I segni riportati da Sitchin esistono? Hanno quel significato?

 I segni riportati da Sitchin, se esistenti, sono collegati al termine


DINGIR?

 Il termine DINGIR poteva essere scritto con resa sillabica tramite i segni
DIN+GIR o era solo una lettura di un unico e singolo segno chiamato AN?

Finora abbiamo dimostrato che la risposta ai primi due punti é SI, quindi
adesso inizierò la mia analisi dal terzo punto, e poi ritornerò indietro per

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aggiungere sui primi due punti.

Sulla questione qualche anno fa é intervenuto anche l' amico e studioso Biagio
Russo, uno dei più rigorosi e precisi studiosi che abbia avuto il piacere di
conoscere. Russo, per indagare sulla questione, ha contattato un emerito
professore di assiriologia, il prof. Claudio Saporetti, il quale ha definito la
scrittura sillabica DIN.GIR come un “errore grave”.

Quando scrissi il mio primo articolo relativo a questo termine (“Analisi del
termine DINGIR”, 2009), cercai materiale relativo alla questione per ben otto
mesi, e non riuscii mai a trovare nessun riferimento alla scrittura sillabica
DIN+GIR. Ma notando la somiglianza dei segni riportati da Sitchin con i simboli
di DI(N) + GIR trovati in una delle liste di segni in mio possesso (pur stilizzati)
mi convinsi che Sitchin aveva probabilmente assunto i valori sillabici dei due
segni ma che il suo discorso era più che corretto. In quell' occasione però non
condussi un' analisi linguistica ma mi limitai a notare la curiosa somiglianza dei
due glifi nella versione che aveva nella mia lista di segni con il reperto della
tomba di Hui che, secondo Sitchin mostra un 'razzo'. Supposi fosse anche per
questa somiglianza che Sitchin mentalmente collegò il termine ai 'razzi
fiammeggianti', ma mi ripromisi di ritornare sull' argomento.

Lo scrittore Gaston Maspero, a fine del XIX secolo, pubblico una monumentale
opera in 12 volumi, intitolata “Storia d' Egitto, Chaldea, Siria, Babilonia e
Assiria”, che racchiudeva il frutto delle sue esplorazioni e delle sue ricerche
condotte sia sul campo che nelle biblioteche; quest' opera fu edita niente po'
po' di meno che dal prof. Archibald Henry Sayce, eminente pioniere dell'
assiriologia linguistica, docente all' Università di Oxford, paradossalmente
ricordato più per i suoi studi sulla civiltà e linguistica ittita che per i suoi
contributi all' assiriologia.

Nel 3° volume, parte C, del suo libro, Maspero riporta una tavoletta bilingue
molto curiosa, dove troviamo (per ben 2 volte, il termine DINGIR in resa
sillabica, non di due, ma di 3 segni. L' interna tabella contenuta nella pagina
del libro é riprodotta in figura [3].

Abbiamo dunque stabilito che Dingir si poteva scrivere in maniera sillabica;


rimane la questione: 2 o 3 sillabe/segni? La domanda trova risposta solo
tenendo conto di due delle proprietà della scrittura cuneiforme.

La prima proprietà é che i segni potevano essere scritti in successione o essere


'uniti' per formare nuovi segni che potevano avere una lettura derivata e/o una
completamente nuova. A titolo di esempio riporto in figura [4] alcuni segni
dalla lista di segni standardizzata nel 2006 dall' ICE (Initiative for Cuneiform
Encoding) l' ente che si é occupato della produzione e dell' aggiornamento in

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formato elettronico dei più completi cataloghi di segni cuneiformi neo-assiri,
elenchi che sono il riferimento per le opere elettroniche contenenti caratteri di
questo periodo storico-linguistico.

Nella riga 20 abbiamo il segno denominato ITI definito come UDxESH, mentre
nella riga 21 abbiamo una sua variante chiamata ITI2 (scritto con la prima I
accentata) definita come ITIxBAD.

In ultima colonna, quella che mostra quali segni sono stati utilizzati per creare
le due versioni di ITI, abbiamo che ESH é definito U+U+U per la riga 20,
questo perchè, alla riga 711, ESH é definito come “3 volte il segno U”, come
mostrato in figura [5].

Questo modo di unire i segni, come detto, produceva omofoni (come nel caso
di ITI e ITI2) con diversi segni e nome completamente diverso dai due segni
che li compongono, ma anche segni con nome proprio che conservavano i due
(o più) segni dei nomi che li componevano, come nel caso della figura [6] nella
quale i segni di MASH e di U sono uniti per formare GIDIM2 con resa sillabica
MASH2.U.

Verifichiamo cosa succede nel caso di DIN, DI e IN, in figura [7], notando che
DI e IN corrispondono alla resa grafica della tavola di Maspero. DIN invece -
figura [8] - é parecchio diverso dall' unione dei due singoli segni, anche se
presenta la 'punta' e il cuneo verticale di DI sommati al lungo cuneo
orizzontale di IN.

Come dipanare la matassa? Ci viene in aiuto la seconda proprietà di cui tenere


conto: alcuni segni erano tra di loro intercambiabili, pur se scritti e letti
diversamente. Per esempio (é un esempio scelto NON a caso, tra poco
capirete) il segno DE2 (chiamato generalmente SIMUG) era intercambiabile
nelle liste e negli scritti con DU3 (GAG/KAK) nonostante questi simboli fossero
completamente diversi, come visibile in figura [9]; questo avveniva perchè é
assodato che DE2 era una forma dialettale di DU3/KAK.

Possiamo dunque ipotizzare che intercambiabilità simili intervenissero anche


nel caso di DIN o dei due DI e IN?

Per cercare di rispondere dobbiamo ora affrontare i primi due punti della
discussione - che ricordo, avevamo già confermato nella prima parte - sotto un
nuovo punto di vista: l' esistenza o meno dei due segni riportati da Sitchin e il
loro significato. A confermare la tesi di Sitchin ci pensa il “Material for a
sumerian lexicon with full syllabary and cuneiform signs” di John Prince,
autorevole etimologo e linguista di fine XIX secolo. A pagina 73 e 74 del suo
libro egli riporta la definizione proprio di DE2, riprodotta in figura [10],

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mostrando esattamente (con al dovuta differenza di stile di disegno) il segno
che secondo Sitchin sarebbe DIN, specificando che esso sarebbe una forma
dialettale di DU2 e DU3, e connesso a DI, DIM, DU, SI, SIMUG e UMUN.

Secondo Prince questo segno ha i molteplici significati di 'emettere bagliore',


'splendere', 'essere luminoso'. Alla pagina successiva (figura [11]) Prince
riporta le varie occorrenze di DI nelle sue varie forme, quella grafica
corrispondente a DE2 e quella omofona con diverso segno. Questa ultima
versione corrisponde graficamente al DI della tavola di Maspero, e di questa
Prince dice che significa “giudizio – giudice” e che il segno sembra indicare
“dirigersi, essere corretto” da cui il concetto di “giudice – giudicare”.

Notiamo a questo punto che Sitchin, descrivendo il significato di DINGIR,


sostiene che rappresenti (o significhi) "i giusti dei razzi fiammeggianti /
luminosi / splendenti", e che quel 'giusti' ipotizzato da Sitchin trova
corrispondenza del 'corretti' di Prince.

Andiamo oltre: il libro di Prince non contiene una voce per DIN, ma contiene
una voce (figura [12]) per GI.IR che conferma il segno che Sitchin riporta per
GIR. Il segno originale aveva il significato di “irrompere” da cui derivano
“illuminare, illuminante” con un paragone con i fulmini. Il termine inglese
'lighting' bene rende l' idea del bagliore luminoso squarciante emesso dal
lampo. Questo simbolo - indicato da Prince sillabicamente GI.IR - nei cataloghi
attuali é reso come una unica sillaba GIR2 ed é esattamente quello indicato
come GIR nella tavola di Maspero. Ce ne rendiamo conto guardando figura
[13], ma sappiamo che nella notazione utilizzata attualmente GIR2 é indicato
come: NGIR2 (es: “Sumerian Lexicon” di J.Halloran - figura [14]).

Ecco secondo me da dove viene la N di DI+IN+GIR, che più correttamente


andrebbe scritto DE2.NGIR2.

La tavola di Maspero dunque risulta essere la resa sillabica del termine


DE2.NGIR2 espressa tramite i 3 segni delle sillabe che lo compongono.

A titolo di conferma della identificazione di GIR2 come GI.IR e quindi dell'


equivalenza della forma sillabica con quella classica (entrambi sono tradotti
come 'dio') riporto in figura [15] quanto presente nel libro dello stesso Prince
per la voce DINGIR.

Dunque finora abbiamo assodato che:

 i simboli che Sitchin ha riportato nel suo libro esistono e sono


rintracciabili almeno su un lessico ufficiale

 esistono almeno 2 esempi di scritta sillabica di DINGIR

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 la notazione attuale DINGIR sarebbe più corretta come DE2.NGIR2 e
corrisponde alla resa sillabica DI.IN.GIR

 DI.IN.GIR scritto con i 3 segni distinti nella tavola di Maspero corrisponde


esattamente alla resa sillabica del termine DE2.NGIR2 / DINGIR

Anche con questo metodo di indagine, possiamo confermare che:

 i segni riportati da Sitchin davvero rappresentano formalmente il termine


DINGIR (propriamente DE2.NGIR2) utilizzato per descrivere gli dei;

 il significato ipotizzato da Sitchin di "i giusti delle astronavi


fiammeggianti / lampeggianti" basandosi sui segni da lui riportati
corrisponde al significato cumulativo di "i corretti (degli oggetti)
lampeggianti" che si deduce dai segni DE2+NGIR2 come conosciuti
tramite i dizionari e le liste di segni accademici.

Nella terza ed ultima parte esaminerò altre occorrenze accademiche di GIR2, poichè
occasionalmente mi é stato criticato l' uso del dizionario di Prince (considerato
antiquato) e il lexicon di Halloran (considerato non abbastanza attendibile).

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DINGIR parte 3/3

Concluse le due analisi sul termine sumero DINGIR, sia dal lato linguistico che
iconografico, e dopo aver ricordato 1) quale idea il termine esprima, 2) come questo si
colleghi al segno cuneiforme AN comunemente usato per rappresentarlo, e 3) la
corrispondenza del suo significato con l' idea che Zecharia Sitchin gli attribuisce, in
questa ultima parte voglio fornire nuove indicazioni accademiche a supporto, poichè
occasionalmente son stato criticato di basarmi su materiale inadatto.

Il materiale da me utilizzato é sempre stato accademico, riconosciuto ufficialmente,


ma stranamente viene definito a volte 'antiquato' o 'superato' (nel caso del Lexicon di
John Prince) o 'non affidabile' (nel caso del Lexion di John Halloran).

In questa occasione allora utilizzerò un estratto del dizionario di Marie Louise Thomsen
intitolato "The Sumerian language: an introduction to its history and grammatical
structure" edito nel 1984. Utilizzo questo perchè é recente e recensito molto
positivamente su JSTOR, uno dei principali siti accademici di studi linguistici e storici.

Dal suddetto dizionario mostro - in figura [1] nella immagine composita - la voce
GIR2, confermando in pieno i significati già stabiliti.

Ma andando oltre, mi rivolgo di nuovo al passato, ad un passato ancora più remoto...


reputo molto utile il "Vocabolarium Sumericum" di Antonius Deimel (professore di
Assiriologia all' Istituto degli Studi Pontifici di Roma) edito nel 1910 e scritto
interamente in latino. Scelgo questo vocabolario in quanto riporta le definizioni in
latino (più vicine alla lingua italiana) e, come Prince, anche i segni cuneiformi
corrispondenti. In figura [2] notiamo i segni di GIR e GIR2, equivalenti, con il
significato esplicito di 'fulminare', da interpretare nel senso di 'emettere fulmini',
mentre in figura [3] potete vedere riportati DE2 con il suo originario DE, e in figura [4]
anche DI.

Alle forme grafiche, corrispondenti con quelle finora viste, troviamo tanti nuovi
significati attribuiti, tra i quali 'splendere' e 'perire' per DE, e 'fiamma' per 'DE2'. La
voce DI riporta 'giudice' e 'giudizio'.

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